Questo scrisse il poeta e scrittore Arturo Graf (1848 - 1913) nel suo libro Il Diavolo (1889):
Se non che, salvarsi quando Dio ci vuol salvi, non è poi merito così grande, e più assai di Merlino mi par degno d’ammirazione quel Roberto il Diavolo della cui storia si fecero poemi, drammi, fiabe, esempii morali e persino un’opera in musica. Terribile storia in verità, ma piena di nobile insegnamento.
C’era dunque una duchessa di Normandia, che si struggeva dal desiderio d’aver figliuoli, e non ne poteva avere. Stanca di raccomandarsi a Dio che non l’esaudisce, si raccomanda al diavolo, ed è tosto appagata. Nasce un figliuolo, una saetta. Bambino, morde la balia e le strappa i capezzoli; fanciullo, sventra a coltellate i maestri; giunto a vent’anni si fa capitano di ladri. L’armano cavaliere, credendo così di vincere in lui quella furia d’istinti malvagi; ma dopo ei fa peggio di prima. Nessuno lo passa di forza e di bravura. In un torneo vince ed ammazza trenta avversarii; poi va gironi pel mondo; poi ritorna in patria, e si rimette a fare il bandito e il ladrone, rubando, incendiando, assassinando, stuprando. Un giorno, dopo avere sgozzato tutte le monache di un’abbazia, si ricorda della madre, e va a trovarla. Come prima lo scorgono, i servitori scappano, chi di qua e chi di là; nessuno s’indugia a domandargli d’onde venga, che voglia. Allóra, per la prima volta in sua vita, Roberto stupisce dell’orrore che inspira a’ suoi simili; per la prima volta ha coscienza di quella sua mostruosa malvagità, e sente trafiggersi il cuore dal dente acuto del rimorso. Ma perchè mai è egli più malvagio degli altri? Perchè nacque, chi lo fece tale? Un’ardente brama lo punge di penetrare il mistero. Corre dalla madre, e con in pugno la spada sguainata le impone di svelargli il segreto de’ suoi natali. Saputolo, freme ed inorridisce, sopraffatto dallo spavento, dalla vergogna e dal dolore. Ma la sua forte natura non s’accascia per questo, non cede alla disperazione; anzi, la speranza di un laborioso riscatto, di una mirabil vittoria, stimola e solleva l’anima sua tracotante. Egli saprà vincere l’inferno e sè stesso, saprà render vani i disegni dello spirito maledetto che in proprio servigio lo creava, che aveva voluto far di lui un docile strumento di distruzione e di peccato. E non frappone indugi. Va a Roma, si butta ai piedi del papa, si confessa a un santo eremita, si assoggetta ad asprissima penitenza, e giura di non prender più cibo se non sia strappato alla bocca di un cane. Per ben due volte, essendo Roma assediata dai saraceni, egli combatte sconosciuto per l’imperatore, e procaccia la vittoria ai cristiani. Riconosciuto finalmente, rifiuta i premi! e gli onori, la corona imperiale, la stessa figliuola del monarca, e si ritrae a vivere col suo eremita nella solitudine, e muore come un santo, ribenedetto da Dio e dagli uomini. In altri racconti gli si fa sposare da ultimo la bella principessa innamorata di lui.
(http://www.classicitaliani.it/Graf/Graf_il diavolo)
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La leggenda di Roberto il Diavolo (Robertus Diabolus) ha la sua origine in Francia nel XIII secolo ed è sopravvissuta a lungo, fornendo tra l'altro l'ispirazione al compositore Giacomo Meyerbeer (1791 - 1864) per la sua opera in cinque atti Robert le diable, da un libretto scritto da Eugène Scribe e German Delavigne. L'opera di Meyerbeer ha soltanto una vaga connessione con la leggenda medievale. Gli accademici sostengono che non è chiaro se la narrazione di Robertus Diabolus abbia o meno la sua base nella vita di un individuo in carne d'ossa. Va detto che in molte versioni il cavaliere che scopre di essere figlio di Satana è identificato con Roberto I di Normandia, detto il Magnifico o il Diavolo. La figliazione demoniaca è attribuita a inseminazione diretta, perché il questa è la spiegazione più comprensibile al popolino: il padre di Roberto il Diavolo, ossia Riccardo II il Buono, detto anche l'Irascibile, secondo queste voci sarebbe stato Satana incarnato e avrebbe lasciato il suo sperma nella vagina della Duchessa. Così sarebbe nato il Figlio del Demonio. Per inciso, affermare che Riccardo II fu il Maligno ha tutto l'aspetto di una fanfaluca. Un'alternativa che pure si trova attestata è quella del travestimento: Satana avrebbe assunto le sembianze del Duca Riccardo, ingannando così la Duchessa e ingravidandola. Si è anche tentato di collegare Robertus Diabolus a un nobile Anglo-normanno, Roberto di Bellême (Belesme) - tecnicamente Roberto di Montgomery, II di Bellême, terzo Conte di Shrewsbury e Visconte di Hiesmois (circa 1052 - circa 1130). Questo nobiluomo fu un tiranno di una rara crudeltà, che considerava un genere voluttuario infierire sui deboli. Questo ci tramanda Orderico Vitale, che fu uno storico a lui contemporaneo: cujus crudelitatis in diebus nostris super miseras plebes nimium efferbuit (Historia Ecclesiastica, tomo II, libro III). A quanto sembra, Roberto di Bellême si spinse oltre ogni limite concepibile nel suo contesto e fece persino perseguitare la Chiesa, usando una crudeltà che difficilmente ebbe pari nella Cristianità; purtroppo non ho potuto reperire informazioni più approfondite sull'argomento. Quello che sappiamo per certo è che la vita del feroce nobiluomo fu colvulsa e si concluse in prigione. A parte la crudeltà, che non doveva essere rara tra i Normanni, non mi sembra che la complessa biografia del Conte di Shrewsbury sia molto compatibile con la leggenda in questione. C'è stata persino la proposta di identificare Robertus Diabolus con Roberto il Guiscardo (1015 - 1089), per via delle sue selvagge incursioni in Puglia e della sua strenua lotta contro i Turchi, ma di tutte le proposte questa appare la più improbabile. In tal caso la leggenda si sarebbe originata in Italia, dove non se ne trova traccia - oltre al fatto che i dettagli reali della vita di Roberto il Guiscardo non collimano affatto con quelli di Roberto il Diavolo.
La documentazione più antica della figura di Robertus Diabolus appare nell'opera di un frate domenicano, Etienne de Bourbon, risalente alla metà del XIII secolo (secondo Laura A. Hibbard sarebbe databile al 1261). Nella collezione di esempi del domenicano non si fa però menzione alcuna della nobile famiglia del cavaliere demoniaco e l'intera vicenda è condensata in sole diciotto righe. Löseth ha pubblicato nel 1902 a Parigi un roman d'aventures intitolato Robert le Diable, che a giudicare dalla lingua è stato datato dallo stesso editore alla fine del XIII secolo. Nel testo si fa rierimento a un'opera precedente, andata perduta. Il romanzo cavalleresco consiste di ben 5000 linee di versi e per la prima volta menziona le origini di Roberto: i suoi genitori sono il Duca e la Duchessa di Normandia. La storia è quella descritta da Arturo Graf: Roberto, dopo una vita di azioni inique e mostruose, si pente e si reca in pellegrinaggio in Italia, rifiutando il Ducato di Normandia. Dopo la morte fu sepolto nella cattedrale di San Giovanni in Laterano, a Roma; in seguito le sue spoglie, trafugate da un ricco francese, furono collocate nella grande abbazia di St. Robert, così chiamata in onore dell'eroe. Nel XIV secolo abbiamo il Dit de Robert le Diable, un poema di più di duecento strofe di quattro versi, oltre al Miracle de Robert le Dyable. A partire dal XV secolo è tutto un pullulare di opere derivate. La leggenda ha un notevole successo e si diffonde anche fuori dalla Francia. Il 7 maggio del 1496 viene stampato a Lione un incunabolo intitolato La vie du terrible Robert le Dyable, che può essere considerato "la matrice di una lunga posterità" (Élisabeth Gaucher, 1998). In Inghilterra abbiamo il Sir Gowther, scritto in Middle English, che risale al XV secolo, non essendo possibile una datazione più precisa: anche se il protagonista ha un altro nome e l'ambientazione è diversa, è evidente l'influenza della storia del cavaliere Normanno figlio di Satana. Nel XVI secolo tornò poi in Albione la leggenda di Roberto il Diavolo propriamente detta, grazie a traduzioni dal francese. In Olanda il romanzo Robrecht den Duyvel fu messo all'indice dal Vescovo di Antwerp nel 1621. Ormai identificato con Roberto I il Magnifico o il Diavolo, Robertus Diabolus è associato con Riccardo Senza Paura, che da suo nonno diventa addirittura suo figlio - complice una virulenta ignoranza - tanto nel 1796 la leggenda viene pubblicata in Francia in un'opera intitolata Histoire de Robert le Diable, duc de Normandie, et de Richard Sans Peur, son fils.
Per maggiori dettagli, rimando direttamente all'opera della Hibbard, consultabile e scaricabile a questo indirizzo url:
Questo è il link all'opera della Gaucher:
La documentazione più antica della figura di Robertus Diabolus appare nell'opera di un frate domenicano, Etienne de Bourbon, risalente alla metà del XIII secolo (secondo Laura A. Hibbard sarebbe databile al 1261). Nella collezione di esempi del domenicano non si fa però menzione alcuna della nobile famiglia del cavaliere demoniaco e l'intera vicenda è condensata in sole diciotto righe. Löseth ha pubblicato nel 1902 a Parigi un roman d'aventures intitolato Robert le Diable, che a giudicare dalla lingua è stato datato dallo stesso editore alla fine del XIII secolo. Nel testo si fa rierimento a un'opera precedente, andata perduta. Il romanzo cavalleresco consiste di ben 5000 linee di versi e per la prima volta menziona le origini di Roberto: i suoi genitori sono il Duca e la Duchessa di Normandia. La storia è quella descritta da Arturo Graf: Roberto, dopo una vita di azioni inique e mostruose, si pente e si reca in pellegrinaggio in Italia, rifiutando il Ducato di Normandia. Dopo la morte fu sepolto nella cattedrale di San Giovanni in Laterano, a Roma; in seguito le sue spoglie, trafugate da un ricco francese, furono collocate nella grande abbazia di St. Robert, così chiamata in onore dell'eroe. Nel XIV secolo abbiamo il Dit de Robert le Diable, un poema di più di duecento strofe di quattro versi, oltre al Miracle de Robert le Dyable. A partire dal XV secolo è tutto un pullulare di opere derivate. La leggenda ha un notevole successo e si diffonde anche fuori dalla Francia. Il 7 maggio del 1496 viene stampato a Lione un incunabolo intitolato La vie du terrible Robert le Dyable, che può essere considerato "la matrice di una lunga posterità" (Élisabeth Gaucher, 1998). In Inghilterra abbiamo il Sir Gowther, scritto in Middle English, che risale al XV secolo, non essendo possibile una datazione più precisa: anche se il protagonista ha un altro nome e l'ambientazione è diversa, è evidente l'influenza della storia del cavaliere Normanno figlio di Satana. Nel XVI secolo tornò poi in Albione la leggenda di Roberto il Diavolo propriamente detta, grazie a traduzioni dal francese. In Olanda il romanzo Robrecht den Duyvel fu messo all'indice dal Vescovo di Antwerp nel 1621. Ormai identificato con Roberto I il Magnifico o il Diavolo, Robertus Diabolus è associato con Riccardo Senza Paura, che da suo nonno diventa addirittura suo figlio - complice una virulenta ignoranza - tanto nel 1796 la leggenda viene pubblicata in Francia in un'opera intitolata Histoire de Robert le Diable, duc de Normandie, et de Richard Sans Peur, son fils.
Per maggiori dettagli, rimando direttamente all'opera della Hibbard, consultabile e scaricabile a questo indirizzo url:
Questo è il link all'opera della Gaucher:
Dopo aver riportato in modo estremamente sintetico lo scibile, formuliamo la spiegazione. La Duchessa è una donna in carne ed ossa, anche al momento se non sappiamo con esattezza chi sia. La cosa però, per quanto strano possa apparire, non è così importante come il movente delle sue gesta. La nobildonna, come comprende l'assoluta inanità delle preghiere rivolte al Dio dei Cristiani, si reca fuori da Rouen, in un boschetto dove gli adoratori di Thor celebrano sacrifici di sangue. Thor è infatti una divinità della fecondità, il cui martello benedice gli sposi nella tradizione degli Antichi e che assicura l'abbondanza dei raccolti. Rimasta finalmente gravida, la Duchessa attribuisce il suo successo procreativo a Thor e fa sì che il figlio cresca nel suo culto.
Passiamo ora all'identificazione. A parer mio in questo caso l'ipotesi più semplice è anche quella vera. Robertus Diabolus con ogni probabilità è proprio Roberto I il Magnifico, detto anche il Diavolo. Scarto già da subito ogni tentativo di identificazione con Roberto di Belleme e Roberto il Guiscardo. La madre di Roberto, Giuditta di Bretagna, era di stirpe celtica da parte di padre e franca da parte di madre - quindi estranea al culto delle divinità scandinave. Tuttavia aveva una suocera, Gunnora di Danimarca, che l'ha consigliata, spingendola a rivolgersi agli adoratori di Thor per risolvere ogni difficoltà a concepire. Quindi ha preso con sé il figlio, la cui nascita attribuiva al potere del Dio dal Martello, educandolo nella sua devozione. Tanto i dettagli più scabrosi della vita di Roberto furono rimossi dagli storici dei Normanni, tanto ansiosi di nascondere ogni vestigia pagana. Mi sembra quasi da avere le scene davanti agli occhi. Il giovane Roberto cresceva selvaggio e pieno di implacabile odio verso il Cristianesimo. Le gesta a lui attribuite sono vere, e ancor più truculente. Ricevuta l'iniziazione cavalleresca, sfidò un gran numero di rivali ardenti di fede in Cristo e li uccise tutti, spaccando loro il cranio con un grosso martello e urlando il nome del suo Patrono: "Thor!!!" A me sembra di rivedere il mito del duello tra Cristo e Thor, riportato nel contrasto tra la poetessa Steinunn e il missionario Thangbrand.
Il punto è questo: in Normandia il potere del Duca era a quanto pare senza limiti. Evidentemente non poteva essere moderato né dalla Chiesa, che versava in condizioni abbastanza pietose e che era sostenuta più che altro per calcolo politico, né tanto meno dal baronaggio. Così Roberto il Diavolo dovette sfuriare a lungo. Poi accadde qualcosa che lo portò a recarsi in pellegrinaggio in Oltremare, finendo col morirne. Non sappiamo identificare le cause di questo repentino cambiamento di rotta (pentimento? sincera conversione? un trauma? ragioni politiche?), ma notiamo che c'è soltanto un dettaglio che non collima con la narrazione di Robertus Diabolus: la destinazione del pellegrinaggio. In entrambi i casi la morte coglie l'eroe lontano dalla sua terra d'origine. Comunque le cose stiano, gli storici sono riusciti a cancellare molte cose scomode, e nel corso dei secoli è avvenuto un fatto decisamente interessante: Thor, ormai caduto nell'oblio o ridotto a una semplice favola, è stato sostituito con Satana.
Passiamo ora all'identificazione. A parer mio in questo caso l'ipotesi più semplice è anche quella vera. Robertus Diabolus con ogni probabilità è proprio Roberto I il Magnifico, detto anche il Diavolo. Scarto già da subito ogni tentativo di identificazione con Roberto di Belleme e Roberto il Guiscardo. La madre di Roberto, Giuditta di Bretagna, era di stirpe celtica da parte di padre e franca da parte di madre - quindi estranea al culto delle divinità scandinave. Tuttavia aveva una suocera, Gunnora di Danimarca, che l'ha consigliata, spingendola a rivolgersi agli adoratori di Thor per risolvere ogni difficoltà a concepire. Quindi ha preso con sé il figlio, la cui nascita attribuiva al potere del Dio dal Martello, educandolo nella sua devozione. Tanto i dettagli più scabrosi della vita di Roberto furono rimossi dagli storici dei Normanni, tanto ansiosi di nascondere ogni vestigia pagana. Mi sembra quasi da avere le scene davanti agli occhi. Il giovane Roberto cresceva selvaggio e pieno di implacabile odio verso il Cristianesimo. Le gesta a lui attribuite sono vere, e ancor più truculente. Ricevuta l'iniziazione cavalleresca, sfidò un gran numero di rivali ardenti di fede in Cristo e li uccise tutti, spaccando loro il cranio con un grosso martello e urlando il nome del suo Patrono: "Thor!!!" A me sembra di rivedere il mito del duello tra Cristo e Thor, riportato nel contrasto tra la poetessa Steinunn e il missionario Thangbrand.
Il punto è questo: in Normandia il potere del Duca era a quanto pare senza limiti. Evidentemente non poteva essere moderato né dalla Chiesa, che versava in condizioni abbastanza pietose e che era sostenuta più che altro per calcolo politico, né tanto meno dal baronaggio. Così Roberto il Diavolo dovette sfuriare a lungo. Poi accadde qualcosa che lo portò a recarsi in pellegrinaggio in Oltremare, finendo col morirne. Non sappiamo identificare le cause di questo repentino cambiamento di rotta (pentimento? sincera conversione? un trauma? ragioni politiche?), ma notiamo che c'è soltanto un dettaglio che non collima con la narrazione di Robertus Diabolus: la destinazione del pellegrinaggio. In entrambi i casi la morte coglie l'eroe lontano dalla sua terra d'origine. Comunque le cose stiano, gli storici sono riusciti a cancellare molte cose scomode, e nel corso dei secoli è avvenuto un fatto decisamente interessante: Thor, ormai caduto nell'oblio o ridotto a una semplice favola, è stato sostituito con Satana.
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