martedì 20 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI BONOSI 'DISSIDENTI DUALISTI'

Tra i molti termini usati in Linguadoca per indicare i Catari, c'era anche la denominazione Bonosi. Alcuni autori, tra i quali Jean Duvernoy, hanno tentato di connettere questa denominazione con Boni Homines, facendo riferimento a citazioni del  tipo "ad Bonomios sive Bonosios". Tuttavia per ragioni fonetiche l'ipotesi risulta destituita di qualsiasi fondamento. Di fronte a questo nome, avevo pensato che potesse significare 'bosniaco' e che derivasse quindi dal nome della Bosnia - tesi questa sostenuta esplicitamente da Malcolm Lambert. 

Questo riporta infatti tale autore: 

"La dinastia Trencavel era complice dell'eresia. Il Lavaur era nelle terre di Ruggeri II quando vi si erano rifugiati gli eretici per motivi di sicurezza. Il cronista Guglielmo di Puylarens narra l'aneddoto doloroso del vescovo di Béziers, ingannato da un suo parente cataro in punto di morte, che insistette per essere sepolto tra i "Bonosii", ossia i bosniaci (questo termine alludeva ai catari); si riferisce con tutta probabilità a Guillaume Peyre de Brens, il siniscalco di Ruggero".
(I Catari, pag. 97) 

La metatesi necessaria per far tornare l'etimo non mi ha però mai davvero convinto. Ho poi scoperto che l'origine è invece da Bonoso, un antico eresiarca, Vescovo di Sardica a cavallo tra il VI e il V secolo. Egli riteneva Cristo figlio adottivo di Dio. Essendo questa anche l'idea dei Buoni Uomini, ecco come mai il termine Bonosi è passato ad indicare i Catari. La spiegazione è questa: "Bonosi Episcopi Haeretici sectatores, Christum non verum, sed adoptivum Dei Filium esse, delirarunt" (fonte: Hofmann, Johann Jacob: Lexicon Universale. - Leiden, 1698). Si noti però che gli eresiologi denominavano Bonosiani i seguaci di Bonoso, la cui dottrina era in nettissima opposizione con quella dei Buoni Uomini, in quanto ammetteva la natura carnale di Cristo. Mentre per i Catari Cristo era un angelo fatto di Spirito, per i Bonosiani Maria ebbe molti figli nella carne. Essendo questa denominazione derivata da ignoranza ed equivoco, va respinta con fermezza. 

Si nota infine che il cognome Bonosi è tuttora presente in Catalogna ed anche in Italia: nella nostra penisola è raro ma documentato in tre comuni situati in Lombardia, in Trentino e in Toscana. 

domenica 18 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI OSSOP, OSEPH 'INFERNO'

Parole di etimologia incerta, Ossop e Oseph indicano questo mondo, l'Inferno. Secondo alcuni, si tratterebbe della Valle di Giosafat di cui in Gioele 3,2: "Io adunerò tutte le nazioni, e le farò scendere nella valle di Giosafat. Là le chiamerò in giudizio a proposito della mia eredità, il popolo d'Israele, che esse hanno disperso tra le nazioni, e del mio paese, che hanno spartito fra di loro." 

La forma Ossop è contenuta nella Redazione di Carcassonne dell'Interrogatio Iohannis, mentre la variante Oseph è contenuta in una glossa alla Redazione di Vienna, che spiega il termine così: "Vallis Josaphat idem sunt, scilicet Oseph et Asco et Infernus et Tartarus et generatio ignis, sed secundum diversas linguas nominantur, non est spiritus neque aliquid vitale, sed locus est, sicut est Bossina et Lombardia et Tuscia".

La Redazione di Carcassonne spiega Ossop come "Principio del Fuoco", usando l'enigmatica parola per indicare l'Inferno in cui Lucibello si è calato dai Cieli del Dio dei Buoni Spiriti: 

"Et cum descendisset deorsum, invenit suum ossop, quod est genus ignis, et postea non potuit descendere deorsum propter flammam ignis ardentis."

Bisognerà assumere la spiegazione di Ossop e Oseph come Valle di Giosafat, data l'assenza di altre proposte plausibili. Tale luogo biblico era infatti associato all'idea di Fine dei Tempi e ritenuto sinonimo di Armageddon. L'etimologia ultima sarebbe dunque dall'ebraico Yehoshaphat (יְהוֹשָׁפָט) 'Dio ha giudicato'.

Non c'è contraddizione alcuna in queste definizioni di "paese come la Bosnia, la Lombardia o la Toscana" e al contempo "Principio del Fuoco". Questo mondo è l'Inferno, è l'Abisso, definito proprio come l'Estrema Palude dei testi manichei. Infatti è il luogo in cui gli Spiriti Caduti sono stati intrappolati. Quando giungerà la Fine dei Tempi, gli elementi da cui sono state plasmate le sue forme visibili saranno dissolti e tutto in esso arderà. Anche questo trova rispondenza nelle fonti manichee antiche - ma soprattutto nel Vangelo, letto con la corretta Esegesi.

ETIMOLOGIA DI ILEM, YLEM 'MATERIA PRIMORDIALE'

Nel Tesoro Volgarizzato di Brunetto Latini (il celebre letterato che Dante mise all'Inferno per sodomia), figura un interessante lemma usato in ambienti catari. 

Ilem
n. sost.

Materia primitiva, di cui Dio fece il mondo. Ma ella (materia) era di sè fatta norma e sì apparecchiata, ch'elli ne potea figurare e traggere quello che delli volea, e quella matèra è appellata Ilem p. 52. 
Chè alquante cose funo fatte di neiente: ciò sono li angeli e 'l mondo e la chiarezza e Ilem P. 53.

Come si vede, la teologia esposta dal Latini si accorda col Catarismo soltanto ammettendo che quel Dio di cui parla sia il Rex Mundi, Satana. In ogni caso, la parola ilem fu ritenuta spesso dagli Inquisitori una prova sufficiente di adesione alla religione dei Buoni Uomini. I Credenti di scarsa cultura negavano di conoscere il lemma.  

Questo riporta Jean Duvernoy: 

"È possibile che i catari colti abbiano identificato il cattivo principio con la materia. Un'opera attribuita a Prevostino da Cremona fa dire lotro che "Il diavolo ha creato ylem, vale a dire la materia originaria del mondo, che Platone chiama ciste". Andando oltre, il vescovo inquisitore Jacques Fournier, nel 1320, cerca di far dire a una vedova di costumi leggeri di avere inteso dire a dei catari che il diavolo era in sé e per sé un principio e che gli si dava il nome di hyle. Lei naturalmente rispose di no."

L'origine di ilem, ylem è dalla forma latinizzata hylem (in caso accusativo) del lemma greco hyle, spesso usato col significato di 'materia' (in origine 'legna', 'foresta'). Per quanto riguarda l'etimologia, il parente latino genuino di questa parola è silva, di origine etrusca. L'uso di hyle nell'accezione teologica di 'materia' è ben  documentato negli scritti degli antichi Manichei già prima di Agostino d'Ippona: è una traduzione greca del lemma persiano Az

Girando nel web, si scopre che qualcuno in ambienti scientifici usa tuttora ylem per indicare la materia primordiale: il nome è stato proposto per indicare uno stato della materia anteriore al Big Bang e alla formazione degli elementi chimici.   

ETIMOLOGIA DI MANISOLA, MALISOLA 'FESTA DEI MANICHEI'

Con grande stupore nel corso dei miei studi mi sono imbattuto in una menzione della Manisola. Una parola controversa. La versione inglese di Wikipedia ancora nel 2009 riportava la seguente definizione: 

"The Manisola was a holiday or feast celebrated by the Cathars, a Christian religious sect that emerged during the Middle Ages in the Languedoc region of France. It was a major initiation ceremony of the Perfecti, the members of the spiritual elite according to Cathar doctrine." 

ossia: 

"La Manisola era una festa celebrata dai Catari, una setta religiosa Cristiana che è emersa durante il Medioevo nella regione della Linguadoca in Francia. Era una cerimonia maggiore di iniziazione dei Perfetti, i membri della classe spirituale, secondo la Dottrina Catara".

Il riferimento riportato, "De Rougemont, Denis. Love in the Western World", è alquanto dubbio. 

Infatti i contenuti in questione sono stati in seguito rimossi dai Wikipediani in quanti spurii, assieme a farfugliamenti su Otto Rahn, sul Graal e sul Nazismo esoterico. L'intera pagina relativa alla voce Manisola è stata quindi cancellata. 

Noi sappiamo che i Rituali con cui un Postulante veniva ammesso tra i Buoni Uomini erano chiamati diversamente. Si parla sempre di Tradizione della Preghiera e di Consolamentum (Battesimo di Spirito), mai di Manisola. Una volta mi sono imbattuto in un massone inglese che su Facebook parlava della Manisola come di una festa dei Catari in cui i partecipanti si sarebbero scambiati del sale, qualcosa di molto diverso da un'iniziazione. Forse aveva associato in qualche modo -sola con sal 'sale', cosa a dir poco assurda. Questa definizione massonica, ovviamente posticcia, è in netta contraddizione con il fatto incontestabile che la Buona Gente non aveva feste di alcun tipo.  

Un tentativo di razionalizzare la Manisola, di cui tuttora si trova traccia nel Web, consiste nell'identificarla con l'imposizione delle mani, atto facente in effetti parte del rituale del Battesimo di Spirito. La falsa etimologia proposta è quasi lapalissiana, dal latino manus 'mano'. Il problema, oltre all'assenza di fonti, è che il suffissoide -sola continuerebbe a restare oscuro.  

La voce wikipediana spuria poi cancellata è inattendibile anche per un altro motivo. Studiando la Storia del Catarismo, si capisce che il Bene non è affatto emerso in Linguadoca, come popolarmente si crede. Le Chiese di Linguadoca si erano originate altrove, nella Francia Settentrionale, nelle Fiandre, la sorgente essendo in Bulgaria. 

A conferma di questo, ho scoperto che il mome Malisola (non Manisola) è davvero documentato. Non in Linguadoca, bensì in territorio germanico. 

Il Dizionario della Sorbona della media e bassa Latinità, riporta questa definizione

MALISOLA, Festum Manichæorum. Vide Bema

BEMA, Festum Manichæorum, sic appellatum : dies nempe quo Manes occisus est, quem Manichæi quinque gradibus instructo tribunali, et pretiosis linteis adornato, ac in promptu posito et objecto adorantibus, magnis honoribus prosequebantur, ut est apud S. Augustinum contra Episto. Manichæi cap. 8. Vide eumdem lib. 18. contra Faustum cap.  4. et Anselmum Episc. Havelbergensem lib. 3. Dialog. cap. 12. Eckbertus Schonaviensis contra Catharos Serm. 1. ait idem festum a Catharis sui temporis Malisola appellatum. Vide Glossar. med. Græc. voce Βῆμα col. 196.  

In seguito qualcuno deve aver modificato Malisola in Manisola per migliorare l'assonanza con il nome di Mani. A quanto sembra, per la maggior parte degli studiosi, le citazioni di Ecberto di Schönau sarebbero state fabbricate a bella posta per dimostrare un nesso diretto tra i Catari e gli antichi Manichei. L'argomento della Malisola è tuttora irrisolto, data la carenza di fonti cristalline. 

venerdì 16 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI BUGGERARE, BUGGERONE

Tutti sanno che la parola buggerare significa 'imbrogliare', 'ingannare'. Ebbene, essa in origine significava 'sodomizzare', e buggerone indicava il sodomizzatore. Lo slittamento semantico è del tutto analogo a quello subito dal veneziano gazarar 'imbrogliare': buggerone corrisponde al francese bougre e all'occitano bolgre, derivati a loro volta dal latino tardo bulgarus, ossia 'bulgaro'. Il motivo di questo è semplice: bulgarus era un epiteto dato ai Catari, la cui religione proviene in ultima analisi dalla Bulgaria. L'associazione con la sodomia nasceva dalla condanna del matrimonio e della procreazione, come già spiegato analizzando il sopracitato lemma veneziano. Per molto tempo in italiano bulgaro (variante bulghero) è stato usato come sinonimo di buggerone e di sodomita. Il termine buggerone ha avuto immensa fortuna. Passato anche in inglese come bugger, è diffuso con molte varianti dialettali in aree anche molto lontane: nei dialetti lombardi è documentato bolgiròn, in quelli veneti buzeròn, in siciliano buzzarruni. Echi si trovano anche nel tedesco Puzeron (ora desueto), nello spagnolo bujarrón (notare gli sviluppi fonetici anomali), nel basco bugre (dal francese) e persino nel cèco buzerant

All'epoca in cui la dissidenza dualista ancora fioriva in Occidente, esisteva anche il corrispondente femminile del buggerone: era la buggeressa (o buggioressa) 'donna che si lascia sodomizzare'. Un'attestazione notevole si ha in Rustico Filippi (fra il 1230 e il 1240 - fra il 1291 e il 1300), fiero ghibellino di Firenze con fama di misogino d'assalto. Glorioso maestro del vituperium, in una soave poesia intitolata Dovunque vai con teco porti il cesso, menziona una "buggeressa vecchia puzzolente". Tutto ciò è segno che nell'immaginario dell'epoca la buggeressa non faceva venire in mente una bella morettina donatrice di delizia. Comunque sia, ancora nella Firenze in cui infuriava il Savonarola, vi si trovavano donne dedite al coito anale - cosa che mandava il fanatico frate su tutte le furie. 

Girando nel web mi sono imbattuto in alcuni documenti antropologici sulla prostituzione nel XIX secolo, che poi non sono più riuscito a ritrovare. La propaganda cattolica è stata a dir poco martellante e a lungo non si è trovata alcuna resistenza. Mi sono reso conto di come fino a pochi decenni fa fosse ben dura la vita del povero buggerone, specie se era un uomo virile e bramoso di infilare il randello in un deretano femminile. Ancora quando ero giovane la norma era questa: nessuna donna, per quanto libidinosa e dissoluta, amava prestarsi a una tale penetrazione. Persino le meretrici di più infima categoria rifuggivano i clienti che chiedevano loro di potersi infilare nell'entrata posteriore. Non accettavano di soggiacere alla sodomia nemmeno se pagate a peso d'oro.

ETIMOLOGIA DI CAZZAGAZARO 'INQUISITORE'

Ormai pochi sanno che cazzagàzaro era il termine veneto usato per indicare l'inquisitore. Questa voce non dovrebbe cadere nel dimenticatoio, eppure è stata relegata all'oscurità dell'Ignoto perché è caduta in disuso l'istutizione maligna che serviva a descrivere. Letteralmente significa 'caccia-catari': si tratta di un composto di cazzar 'cacciare' e di gàzaro 'cataro'. Di solito il cazzagàzaro era un frate domenicano, ma spesso l'odioso incarico era ricoperto da francescani o da cistercensi. Sarebbe un errore lasciarsi ingannare dalla proverbiale mitezza dell'Ordine di San Francesco d'Assisi, visto che al suo interno si sono trovate anche delle autentiche belve. 

Nel Glossarium mediæ et infimæ latinitatis, un meritorio sito dell'Università della Sorbona, troviamo questa definizione:

CAZZAGAZARO, vox Ferrariensis dialecti, qua Cazaro, pro Cattaro, dicebatur : Itali pronunciarent Caccia Cattaro ; quo titulo utebantur hi, qui Catharos seu eorum sectarios insectabantur ex officio, uti notat Murator. ad Examen testium ab ann. 1270. tom. 5. Antiq. Ital. med. ævi col. 124 : 

    Dominus Henricus, qui erat officialis inquisitoris in 1270. die iij. exeunte Novembri juratus dicit, etc.

Et col. 127 :

    Dominus Nicolaus......
    []
    juratus dicit, quod modo sunt octo anni vel circa, quod ipse testis erat officialis inquisitoris et Cazzagazaro pro ecclesia Veronæ.

ETIMOLOGIA DI GAZARAR 'IMBROGLIARE'

In veneziano è tuttora in uso il verbo gazarar, ossia 'imbrogliare'. La connessione etimologica è con Gàzari 'Catari', per una complessa serie di slittamenti semantici. La motivazione profonda è di carattere dottrinale. Il Catarismo condanna ferocemente il matrimonio e la procreazione, che sono le cause prime della condizione infernale in cui l'essere umano si trova imprigionato. Come conseguenza ritiene la sodomia - per quanto peccaminosa - migliore di un rapporto procreativo. Così i cattolici iniziarono a collegare i Catari con la sodomia. 

In questo modo in Veneto, territorio in cui la denominazione Gàzari era assai diffusa, il verbo gazarar è stato usato per indicare l'immissio penis in anum, cioè il coito sodomitico (indipendentemente dal sesso del soggetto ricevente). Si capisce a questo punto come  gazarar sia passato da 'sodomizzare' a 'imbrogliare'. In modo abbastanza naturale - se mi si consente l'ironia. Colui che è stato imbrogliato, ingannato, è paragonato a colui a cui è stata carpita la verginità anale. Per questo spesso si dice inculare per 'imbrogliare' e inculato per 'imbrogliato'.

Un parallelo meno ovvio ma semanticamente simile è il verbo italiano infinocchiare 'imbrogliare', che in origine significava alla lettera 'rendere finocchio', ossia 'sodomizzare un uomo' - essendo finocchio derivato da un diminutivo del latino femina (cfr. napoletano femminiello), usurato foneticamente e venuto a collassare col nome del vegetale.

ALBIGESI E ALBANESI

Com'è risaputo, le genti del mondo chiamano i Buoni Uomini e i Credenti usando molte denominazioni, tra cui una delle più note ed usate è Albigesi. Ad esempio, la funesta guerra di sterminio bandita da Innocenzo III contro la Linguadoca è chiamata crociata contro i Catari e gli Albigesi. Il funesto pontefice romano voleva sradicare i suoi ex correligionari dalla società umana, emanando un Decreto di Estinzione che non è mai stato revocato: così come gli Israeliti hanno tuttora il comandamento di estinguere la stirpe di Amalek, allo stesso modo è ancora incluso nei canoni della Chiesa Romana il comandamento di annientarci, dovunque noi siamo, anche se tutto ciò che ci resta è un'idea. Il nome Albigesi è stato attribuito in modo prevalente ai Buoni Uomini e i loro Credenti per tutto il XIX secolo e buona parte del XX. Eppure non si tratta di una definizione teologica, bensì geografica. 

Come fa notare il Duvernoy, l'origine del termine Albigesi risiede nella lingua del Paese di Oïl, dove era uso comune chiamare in questo modo l'intera popolazione della Linguadoca. In particolare l'aggettivo si riferisce alla città di Albi, che in epoca antica era chiamata Albiga. Pars pro toto. Si pensa che il toponimo sia di origine ligure, anteriore all'arrivo dei Celti: è derivato da una radice *alb- che indica l'altura, la montagna, e che si ritrova non soltanto nel nome delle Alpi, ma anche in quelli di città come Alba Longa. A conferma dell'uso geografico dell'epiteto, sono stati chiamati Albigesi non soltanto i Buoni Uomini e i loro Credenti, ma anche i Valdesi, che non aderiscono certo all'Entendensa de Be. Non sono rare le menzioni di autori del XVIII e del XIX secolo riguardanti i Valdesi, descritti erroneamente come discendenti di Albigesi. Ancora oggi alcuni integralisti cattolici sono convinti dell'origine catara del Valdismo soltanto perché alcune comunità di Credenti Catari hanno trovato scampo nelle Valli Valdesi in Piemonte, permanendovi a lungo. 

Altro significativo problema è quello dell'origine del termine Albanese, che in Italia indicava coloro che professavano il Dualismo Assoluto della Chiesa di Dragovitsa - ad esempio la comunità di Desenzano. Secondo alcuni tale epiteto sarebbe semplicemente derivato dal nome di un Vescovo chiamato Albano, ma va detto che di un tale prelato dualista non si trova alcuna traccia sicura nelle cronache. Resta ad illuminarci come un faro il Compendio scritto da Giovanni di Lugio, che afferma in una frase: "i Veri Cristiani che a giusto titolo sono chiamati Albanesi"

Jean Duvernoy nota: "Se si trattasse di un appellativo di convenzione derivato da una località oppure da una persona, ormai dimenticata, "a giusto titolo" (recto nomine) non avrebbe senso. Quale sinonimia può esserci tra "veri cristiani" e "albani o albanesi"? Se, invece, Albanenses è la forma italiano di Albigesi, come non vedere dei veri cristiani in coloro che si richiamano ai martiri dell'immenso massacro?" (maiuscole e minuscole sono dell'autore).

Altre ipotesi più stravaganti ipotizzano che il termine Albanesi sia derivato da Alba, in Piemonte, oppure dall'Albania. Secondo i dati del sito Gens Labo, il cognome Albigese, inequivocabile, è presente in due soli comuni, uno i Friuli e uno in Campania. Un cognome Albigesi, altrettanto sicuro, si trova nei pressi di Torino. 

mercoledì 14 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI CASTELNAUDARY

Situato a circa 55 km da Tolosa e a circa 30 km da Carcassonne, Castelnaudary sorge nei pressi del centro che nell'antichità era chiamato Sostomagus. Il toponimo, chiaramente preromano, mostra il tipico suffisso celtico -magos 'campo'. In lingua occitana l'abitato è invece conosciuto come Castelnau d'Arri, che è da interpretarsi come 'Castelnuovo di Ario', con riferimento al gran numero di dissidenti dualisti che vi abitavano quando fu edificato il maniero che diede nome al centro medievale. In latino il luogo è citato come Castellum Novum Arri. La prima menzione risale al 1103; in un altro documento del 1118 si cita: "Castellum novum quod cognominatur Arri". Si trova anche la variante Castellum novum Arianorum, ossia 'Castello Nuovo degli Ariani'. 

Alcuni autori hanno messo in dubbio questa etimologia, interpretando invece Arri come la parola guascone arri, harri, che indica il rospo. Questa connessione con il nome di un anfibio non è probabile, dato che non rende conto delle forme latine e non è giustificabile a livello grammaticale. La parola guascone (h)arri 'rospo' è senza dubbio un termine del sostrato preindoeuropeo, ma non sono al momento in grado di fornirne una spiegazione più profonda. Non mi sembra molto credibile l'opinione di coloro che associano il vocabolo in analisi al basco harri 'pietra', affermando che un grosso batrace verrucoso somiglierebbe a una roccia scabra. Nel lessico neolatino del guascone la consonante h- in genere è derivata da una precedente f- (es. hemna 'femmina'). 

Esiste in provincia di Mantova un comune chiamato Castel d'Ario (o Casteldario). Certo, sarebbe suggestivo immaginare che l'origine sia simile a quella di Castelnaudary. Ebbene, possiamo escluderlo. Fino al 1867 Castel d'Ario si chiamava più prosaicamente Castellaro (in mantovano Castlàr). Il sindaco Luigi Boldrini chiese a Giosuè Carducci, suo amico, di trovare una denominazione poetica per il borgo lombardo, qualcosa che facesse sognare. Ecco che il poeta, autore degli eroici versi "Vino e ferro vogl'io, come a' begli anni...", trasse spunto dalle tradizioni locali che volevano il paesino fondato da un centurione chiamato Ario (o Dario). Nacque così Castel d'Ario, che nulla ha a che fare con l'eresiarca alessandrino o con i Dualisti medievali - pure molto numerosi in quelle terre.

ARIANO, ARRIANO, ARIÀN

Nel Vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini è riportata la voce ariàn per indicare il bestemmiatore, nella locuzione "bestemmà come on ariàn", facente rima con "bestemmà come on can". Questo vocabolo non era sconosciuto all'italiano, nelle forme ariano e arriano. Anche in alcuni dialetti piemontesi se ne trovava traccia. 

L'origine del termine è dal nome del prete alessandrino Ario (256 - 336 d.C.), che negava la consustanzialità del Figlio rispetto al Padre, ritenendolo invece una sua creatura. Ario diede origine alla Chiesa Ariana, che si diffuse soprattutto tra i popoli di lingua germanica, come Ostrogoti, Visigoti, Vandali, Eruli, Burgundi e Longobardi. 

In passato era molto diffusa l'idea che non esistesse differenza tra opinioni eterodosse e parole blasfeme, e ancora oggi si sente a volte usare la parola eresia con il senso di 'bestemmia' o di 'sproposito'.  

Ci si potrebbe chiedere come mai fino a non molto tempo fa persistessero ricordi dei seguaci di Ario in Italia. La risposta a questo interrogativo è semplice: non si tratta di una denominazione conservata ininterrottamente dai tempi della Chiesa Ariana, ma di una sua reintroduzione avvenuta nel XI secolo per designare i Protocatari. Come riporta Duvernoy, la prima attestazione sicura di questo termine attribuito a dissidenti dualisti è molto precoce, addirittura del 1048. In una lettera del Vescovo Vasone di Liegi al Vescovo di Châlons si parla esplicitamente di eresia ariana con riferimento al rifiuto di certi eretici di uccidere animali per cibarsene. Il Legato Enrico di Marsiac nel 1178 affermò che "Ario è risorto in Occidente"

In epoca successiva ricorre specialmente in Francia la denominazione Ariani o Arriani, applicata specificamente ai Buoni Uomini e ai loro Credenti. Ad esempio Bernardo di Chiaravalle nel XII secolo scrisse della presenza di una setta a Tolosa, i cui membri erano da lui chiamati Ariani. Il fatto che egli li definisse anche Tessitori è prova sicura che fossero Catari. A dire il vero, il Duvernoy sostiene che il termine sarebbe stato usato soprattutto dai Cistercensi, ritenendolo quasi esclusivo della Francia, cosa quest'ultima che forse è un po' esagerata, dato il perdurare di suoi residui cristallizzati in Italia almeno fino al secolo XIX. Una simile imprecisione nell'opera dello studioso francese la trovo a dir poco singolare.  

Occorre fare a questo punto qualche precisazione. La dottrina di Ario, l'Arianesimo, non è dualista. Tecnicamente parlando non è nemmeno antitrinitaria: ammette la Trinità, ma anziché ritenerla composta da persone uguali e distinte come fa la dottrina della Chiesa Romana, ritiene che il Padre sia distinto dal Figlio e dallo Spirito Santo e che ne sia il Creatore. Così Ario afferma che c'era un tempo in cui esisteva unicamente il Padre. La creazione delle altre persone della Trinità sarebbe quindi avvenuta tramite il meccanismo platonico delle emanazioni.

I Buoni Uomini professavano parimenti la creaturalità di Cristo, che divenne Figlio di Dio essendo in origine un angelo, ma per il resto non esiste nulla in comune con gli insegnamenti della Chiesa Ariana. I seguaci di Ario credevano nell'Incarnazione e ritenevano che esistesse un solo Principio, il Dio unico che al pari dei Niceni credevano essere il Creatore del Cielo e della Terra. Chiamare Ariani i Catari è quindi frutto non solo di un malinteso, ma della scarsa preparazione dei teologi della Chiesa di Roma nel XI secolo. 

Va infine notato che i termini Ariani e Arianesimo qui discussi non hanno nulla a che fare con le dottrine razziali di Adolf Hitler. In tale accezione il termine Ariani deriva invece dalla parola sanscrita ārya, che significa 'di stirpe nobile'. Trovo necessario specificarlo, perché mi è capitato di udire una persona usare in modo improprio la parola Arianesimo con riferimento al colore chiaro dei capelli, facendo un commento sui bambini-zombie del film Il villaggio dei dannati (Wolf Rilla, 1960). Non aveva neppure idea dell'esistenza di un significato diverso.