domenica 10 ottobre 2021

RELITTI DELLA LINGUA PICTICA PRE-CELTICA NELLO SHELTA

La lingua Shelta (/ˈʃɛltə/) è parlata in particolare in Irlanda e nel Regno Unito dalla popolazione itinerante dei Mincéirí, la cui denominazione anglosassone è Pavees o Irish Travellers (ossia "Viaggiatori Irlandesi"). In passato erano spesso chiamati Tinkers (ossia "Stagnini"), come altri gruppi con cui non devono essere confusi; questo termine basato sulla professione è ora considerato spregiativo. Anche l'epiteto White Gypsies è inappropriato, dato che non esiste alcuna parentela genetica con le genti di lingua Romaní. Soltanto il modo di vivere presenta analogie, cosa che potrebbe essere dovuta a contatti occorsi durante i secoli. Questi sono alcuni nomi della lingua Shelta, tanto peculiare che avrebbe meritato un maggior interesse accademico: the Cant, de Gammon, Tarri (Thari), Shelta Thari, Seiltis, Sheldru, Shelter, Shelteroch, the Ould Thing, Tinker's Cant. Il termine inglese Cant è sinonimo di gergo o di argot, soprattutto con riferimento all'ambiente criminale (ben noto è il Thieves' Cant, il Gergo dei Ladri, equivalente anglosassone del furbesco). Seiltis è semplicemente la forma gaelica di Shelta. Sheldru è invece la corrispondente forma in lingua Shelta. Tarri e Thari sono modi di trascrivere la parola Shelta che significa "linguaggio", "parlare". Non è facile avere una stima credibile del numero di parlanti. La rivista Ethnologue: Languages of the World riporta questi numeri: 30.000 parlanti nel Regno Unito, 6.000 in Irlanda e 50.000 negli Stati Uniti. Si noti che gli Irish Travellers oppongono una grande resistenza a ogni tentativo di indagine. A quanto pare, esiste tra loro una singolare superstizione, secondo cui se uno straniero avrà la conoscenza completa della lingha Shelta, ne farà uso per infliggere nuove discriminazioni.  

Per trascrivere le parole della lingua Shelta utilizzo l'ortografia di Robert Alexander Stewart MacAlister (1870 - 1950), che fu professore di Archeologia Celtica allo University College Dublin. La sua opera, The Secret Languages of Ireland ("Le lingue segrete dell'Irlanda", Cambridge, 1937), resta di fondamentale importanza come fonte di informazioni. Molto utile è anche la tesi di laurea di Alice Binchy, Shelta: An Historical and Contemporary Analysis (1985), che usa un'ortogafia alquanto diversa. 
 
Riporto un prospetto riassuntivo dell'ortografia usata da MacAlister. 
 
Vocali e dittonghi: 
 
a /æ/ (-a- nell'inglese bat
e /ε/ (-e- nell'inglese pen)
i /ɪ/ (-i- nell'inglese drink)
o /ɔ/ (-o- nell'inglese britannico odd)
u /ʌ/ in sillaba tonica (-u- nell'inglese but)
u /ə/ in sillaba atona (-u- nell'inglese oakum)
ā /a:/ (-a- nell'inglese far)
ē /eɪ/ (-ay nell'inglese pay
ī /i:/ (-ee- nell'inglese need
ō /oʊ/ (-o- nell'inglese americano know)
ū /u:/ (-oo- nell'inglese boot
ai /εɪ/ (-ay nell'inglese pay)
au /aʊ/ (-ou- nell'inglese mouse)
å /ɔ:/ (-aw nell'inglese paw)
aw /ɔ:/ (-aw nell'inglese paw)
ei /aɪ/ (-i- nell'inglese nine)
oi /ɔɪ/ (-oy nell'inglese boy)
ou /aʊ/ (-ou- nell'inglese mouse
 
Consonanti: 
 
p è l'occlusiva labiale sorda (p- nell'italiano pari)
t è l'occlusiva dentale sorda (t- nell'italiano toro)
k è l'occlusiva velare sorda (c nell'inglese come)
b è l'occlusiva labiale sonora (b- nell'italiano bue)
d è l'occlusiva dentale sonora (d- nell'italiano due)
g è l'occlusiva velare sonora (g- nell'italiano gatto
f è la fricativa labiodentale sorda (f- nell'inglese fit)
θ è la fricativa interdentale sorda (th- nell'inglese thin
χ è la fricativa uvulare sorda  (-ch- nel tedesco Achtung
   ma più intensa) 
h è la fricativa glottale sorda (h- nell'inglese high)
v è la fricativa labiodentale sonora (v nell'inglese
   vixen)
m è la nasale bilabiale sonora (m- nell'inglese man)
n è la nasale dentale sonora (n- nell'inglese not)
l è la laterale approssimante alveolare (l- nell'inglese
   let)
r è la monovibrante alveolare /ɾ/ (r- nell'inglese raw
s è la fricativa alveolare sorda (s- nell'inglese sin)
š è la fricativa postalveolare sorda /ʃ/ (sh- nell'inglese
   she
)
c è l'affricata postalveolare sorda /tʃ/ (ch- nell'inglese
   chat
)
w è l'approssimante labiale (w- nell'inglese window)
y è l'approssimante palatale /j/ (y nell'inglese you
' dopo consonante indica un'approssimante palatale /j/: 
  b' /bj/ (-bi- nell'italiano biondo)
  d' /dj/, /dʒ/ (d- nell'inglese duty o j- nell'inglese jet
  g' /gj/ (ghi- nell'italiano ghiotto)
  p' /pj/ (pi- nell'italiano più)
  t' /tj/, /tʃ/ (t- nell'inglese tube o ch- nell'inglese chat)
  k' /kj/ (chi- nell'italiano chiave)
  m' /mj/ (mi- nell'italiano miagolare)
  n' /nj/ (n- nell'inglese britannico new
  l' /lj/ (-gli- nell'italiano moglie)
  r' /rj/ (ri- nell'italiano riuscire)
  χ' /ç/ (-ch nel tedesco ich)
 
Talvolta si trovano in MacAlister ortografie diverse da questa, ad esempo alcune parole hanno la fricativa interdentale trascritta con th anziché con θ. Anche in questi casi non ho effettuato alcun cambiamento rispetto alla fonte. 
 
Pubblico in questa sede una versione del Padre Nostro in Shelta, riportato dallo stesso MacAlister come trascrizione dell'originale raccolto dallo ziganologo John Sampson. Lo studioso ha indicato gli elementi grammaticali di origine inglese mettendoli tra parentesi; ho preferito evidenziarli non mettendoli in grassetto corsivo:

Mwīlša's gāter swurt a mun'iaθ |
mun'i-grå a krad'i dīlša
's munik |
grå
be grēdid šedi ladu as a-swúrt in mun'aθ |
bug mwīlša talósk-min'úrt gošta dura |
get'al
our šako arḗk mwīlša get'as nīd'as gredi g'amiaθ mwīlša |
nīdeš salk mwī'l sturt g'amiaθ
but bog mwīlša aχím g'amiaθ |
dī'l
the srīdug tād'iraθ and mun'iaθ gradum a gradum. 

Si noti la presenza della Dossologia, "Perché tuo è il Regno, (tua) la potenza e la gloria nei secoli". Il finale "Amen" non è riportato da MacAlister, ma il testo di Sampson ha Naemia. Esiste anche un'altra versione del Padre Nostro, senza Dossologia, redatta in uno Shelta più recente. In realtà sembra essere in una lingua molto anglicizzata in cui soltanto alcune parole sono in Shelta. 
 
Una questione della massima importanza è l'origine della lingua Shelta, che non può essere liquidata come un semplice linguaggio segreto usato per non farsi capire dagli estranei. È documentato che esistevano un tempo parlanti monolingui (MacAlister, 1937). Michael Daniel Schmidt, nel suo lavoro Beyond Indo European, si pone una domanda cruciale: 
"Is the Shelta language a mixed language of Irish or English, or is it far older?" ("La lingua Shelta è una lingua mista di irlandese o inglese, o è molto più antica?"
A questo interrogativo posso rispondere con certezza. La lingua Shelta non è un semplice miscuglio di parole irlandesi e inglesi. È qualcosa di molto più antico e posso fornirne le prove.
 
Moltissime parole dello Shelta non hanno etimologia convincente. Non sono gaeliche irlandesi né Romaní, né Yiddish, etc. La loro pretesa origine da complicate metatesi e altri stravolgimenti di parole gaeliche irlandesi sembra in molti casi piuttosto improbabile e diverse proposte etimologiche dello stesso MacAlister sono evidentemente dovute a persistenti preconcetti - primo tra tutti quello della natura artificiale dello Shelta. Più di un autore ha osato supporre che si trova materiale antichissimo in questa lingua, troppo spessa considerata un semplice gergo o slang. L'origine di questi strati lessicali è stata riportata al popolo pre-celtico dei Picti (chiamati Cruithne in antico irlandese), discendenti dei Caledoni e attestati anche nel patrimonio mitologico dell'Irlanda. Tra gli autori che hanno sostenuto questa tesi, possiamo menzionare senz'altro Charles Godfrey Leland (1882) e Kuno Meyer (1909). Putroppo il mondo accademico sta conducendo una politica di negazione radicale e ideologica della stessa esistenza di una lingua pre-celtica e pre-indoeuropea dei Picti. Gli autori che non aderiscono a questa linea di pensiero sono pochi (esempi: Francisco Villar e Theo Venneman).      
Riporto un elenco di parole Shelta la cui etimologia è da considerarsi oscura, con traduzione in italiano e in inglese. 

alamaχ, elima, elimloχ "latte" (ingl. milk
anált "pulire" (ingl. to clean)
   vedi nalk 
astúrt "in", "dentro" (ingl. in, into)
atomier "tanto più", "inoltre" (ingl. all the more, moreover)
awárt, wart "uno" (ingl. one)
aχáram "domani (ingl. tomorrow)
aχḗr "la notte scorsa" (ingl. last night)
aχím "fuori" (ingl. out
aχíver "prima"; "sempre" (ingl. before; ever)
aχónšk "questa notte" (ingl. this night)
blānōg "vacca" (ingl. cow)
brauen "grano", "chicco di grano" (ingl. corn, grain)
brās, pras "cibo" (ingl. food)
brāsi "nutrire" (ingl. to feed)
brod "casa" (ingl. a house)
bug "dare" (ingl. to give)
b'ēg "rubare" (ingl. to steal)
b'ini "piccolo" (ingl. little, small)
b'ōr' "donna" (ingl. woman)  
Dāl'on "Dio" (ingl. God
dolimi "oscurità, tenebra" (ingl. darkness)
dorahōg "crepuscolo, sera" (ingl. dusk, evening)
dunik "vacca" (ingl. cow)
dura
, turan "pane" (ingl. bread
d'arelallan "occhio" (ingl. an eye)
d'asag
"persona" (ingl. person)
d'ima "bastoncino" (ingl. stick)
d'onådu "andare" (ingl. to go)
d'orker, yergan "stagno (metallo)" (ingl. tin)
d'ūχ "vestiti" (ingl. clothes)
elum, helm "città" (ingl. city, town)
enaχ "berretto" (ingl. cap)
enok
, enoχ, inoχ, ainoχ "cosa, qualcosa" (ingl. thing,
    something
ērpa "altro" (ingl. other
fīk'ir "spazzata", "scopata" (ingl. a sweep; è documentato
    un suo uso anche in senso sessuale, vedi Binchy, 1985)
fīn "uomo" (ingl. man)
galapa "felce" (ingl. fern
gāter "birra" (ingl. beer
gåt "giovane" (ingl. young
gåt'ena "un giovane" (ingl. a young person
gåt'rin "bambino" (ingl. child)
getūl "scuotere", "tremare", "temere", "tremante", "paura",
   "impaurito" (ingl. to shake, tremble, to fear, trembling,
   fear
, afraid)
   agetūl, agratis "impaurito" (ingl. afraid)
get' "caldo" (ingl. hot)

gifan, g'ofan "cavallo" (ingl. horse
gita "paura" (ingl. fear)
    vedi getūl
gloχ "uomo" (ingl. man)
    gloχi "uomini" (ingl. men)
glōnsk "uomo" (ingl. man)
glōri "udire", "ascoltare" (ingl. to hear, listen to)
glōrōg "orecchio" (ingl. ear)
glūtug "lana" (ingl. wool)
goithean "cane" (ingl. dog)
goiχera "bambino" (ingl. child)
gop "povero" (ingl. poor)
gori "dare" (ingl. to give)
goχ', goχ'i "lasciare", "mettere" (ingl. to leave, put, place)
gōti "dare" (ingl. to give)
gradum "vita; anima" (ingl. life; soul)
graisk "filo" (ingl. thread)
grani "sapere" (ingl. to know)
grani "volere" (ingl. to want
granlum "ottone" (ingl. brass
granlum "vicino (n.)" (ingl. a neighbour)
graχu "fretta" (ingl. hurry)
graχul "verso" (ingl. towards
grādna, gran'a "chiodo" (ingl. nail, irl. tairnge)
gråt "oro" (ingl. gold)
grent'a "rapido" (ingl. quick)
gresko "voce" (ingl. voice
grēdi "fare" (ingl. to make)
grēd' "capelli" (ingl. hair)
grēχol "dente" (ingl. tooth)
grifi "cavalla" (ingl. mare)
gris "anima" (ingl. soul
gris "sorte", "incantesimo" (ingl. fortune, charm)
griso "predire la sorte" (ingl. to tell fortunes)
grīsk "paglia" (ingl. straw)
grīson "novità" (ingl. news)
grīwa "spazzare", "spazzata" (ingl. to sweep; a sweep)
grīwog "fata"; "strega" (ingl. fairy; witch)
grōmug, rūmōg "uovo" (ingl. egg
grunim "farina d'avena" (ingl. oat-meal)
gruχ "brina", "ghiaccio" (ingl. frost, ice)
grūd', klūd' "piuma" (ingl. feather)
grūsku "mentre" (ingl. whilst
grūt "nuovo" (ingl. new)
guš, gūš "sedersi" (ingl. to sit)
gušu "bollitore" (ingl. kettle)
gušu "sella" (ingl. saddle)
gut "filo di metallo, cavo" (ingl. wire)
gūt "nero" (ingl. black)
gūtena "fabbro" (ingl. smith
gwōp "freddo" (ingl. cold)
g'ami, g'amoχ "cattivo" (ingl. bad)
g'et'a "venti (20)" (ingl. twenty)
g'ofag "scrofa" (ingl. sow)
g'ōr' "pene" (ingl. penis
g'ūk "uomo anziano" (ingl. old man
g'ūksta "scimmia" (ingl. monkey)
g'ūk'ra "mendicante" (ingl. beggar)

hal "attraverso" (ingl. across
hālor "berretto" (ingl. cap)
hawrum "mattino" (ingl. morning)
horsk "attraverso; sopra" (ingl. across; over)
kad'ōg
"pietra" (ingl. stone)
kamag "gallina" (ingl. hen)
kamrailid' "lite", "lotta" (ingl. quarrel, fight)
kam'ra, komera "cane" (ingl. dog)
karb "vecchia" (ingl. old woman
karbug, karbu "mercato" (ingl. market)
kari "comprare" (ingl. to buy)
karib "rubare" (ingl. to steal
karib "uccidere" (ingl. to kill)
kartson "ago" (ingl. needle)
kauvi "testicolo" (ingl. testicle)
klisp "rompere" (ingl. to break)
klītug "pecora" (ingl. sheep)
koldni "germoglio" (ingl. bud)
kolum "pecora" (ingl. sheep)
kon "notte" (ingl. night
korib "scaldare" (ingl. to warm)
kōri, kōli "piede" (ingl. foot
kōrig "vulva" (ingl. cunt)
kraudug "gallina" (ingl. hen)
kretum "sabbia" (ingl. sand)
kriš "vecchio" (ingl. old)
krišena "il vecchio" (ingl. the old one, the elder, the eldest)
krīmūm "pecora" (ingl. sheep
krīpa, krīpuχ "gatto" (ingl. cat)
kun'a "feci, escrementi" (lat. excreta)  
kun'i "defecare" (lat. cacare
kuri "cavallo", "asino" (ingl. horse, donkey
kurlim "chiudere" (ingl. to close)
kūn'a "prete" (ingl. priest)
k'erp, t'erp "mentire" (ingl. to lie)
k'ērk "indumento" (ingl. garment)
laskon, laskern, lóskum "sale" (ingl. salt
ladu "terra", "sporcizia" (ingl. earth; dirt
larsp, lasp "gusto" (ingl. taste)
lat'rum "burro" (ingl. butter)
lābi "nascondere" (ingl. to hide)
liba "sangue" (ingl. blood
linska "nome" (ingl. name)
līspa "piatto" (ingl. dish)
lobān "tenda" (ingl. tent)
lod "bianco" (ingl. white)  
lodaχ, glodaχ "fango", "sporcizia", "fuliggine" (ingl. mud,
   dirt, soot
lork "carro" (ingl. car, cart)
luba "parola" (ingl. word
ludus "luce" (ingl. light)
lud'ra "nord" (ingl. North)
   Lud'ra munk'ri "Ulster" (lett. Paese del Nord)
lugil "gridare", "urlare" (ingl. to cry out, to cry aloud)
luš "mangiare", "bere", "mordere", "fumare"  (ingl. to eat,
   drink, bite, smoke)
lutram "prostituta" (ingl. a prostitute)
lūrk "occhio" (ingl. eye)
lūt "pappa di cereali" (ingl. porridge
l'art "mente" (ingl. mind)
l'īrk "intelligenza" (ingl. wit, sense
l'īrko "arguto" (ingl. witty
l'ogaχ "ragazzino" (ingl. a small boy)
madel "coda" (ingl. tail)
mang "discorso" (ingl. talking
maχon "coppa, tazza" (ingl. cup)
mašīn "oca" (ingl. goose)
mål'a "mano"; "braccio"; "maniglia" (ingl. hand; arm;
    handle)
medel "nero" (ingl. black)
med'ri "portare (un figlio)" (ingl. to carry)
mērko, mērkōg "naso" (ingl. nose)
milk "pezzo" (ingl. a bite, piece)
min'úrt "ora", "oggi" (ingl. now, today)
misli "andare, camminare", "andarsene" (ingl. to go, walk
    depart
    ar-mislo "andato" (ingl. gone)
mīder, mīdril "diavolo" (ingl. devil)
mīlšōg "lingua" (ingl. tongue)
molson "asino" (ingl. an ass)
mong "stupido" (ingl. a fool)
mugel "mela" (ingl. apple)
mul "donna" (ingl. woman)  
munik, munika, munska "nome" (ingl. name)
munk'ri "paese" (ingl. country)
mun'i "buono" (ingl. good
mwik "occidente, ovest" (ingl. West)
Mwikamo "Connacht"
m'aur "grasso (agg. e n.)" (ingl. fat)  
m'ena, mwēn'a "ieri" (ingl. yesterday)
m'iskon "seno di donna" (ingl. breast)
nalk
"pulire, lavare" (ingl. to clean, to wash)
    nalki "pulito" (ingl. clean)
    nolk "pulito" (ingl. clean)
nanti "rapa" (ingl. turnip)
naper "immischiarsi" (ingl. to meddle with)
naper "vanga" (ingl. spade)
nglū "chiodo" (ingl. a nail)
nīd'a "persona" (ingl. person)
nīp "giallo" (ingl. yellow)
nolsk
"vicino (agg., avv.)" (ingl. near
nōb'ri "torba", "acquitrino" (ingl. turf, peat; bog)
nulsk? "quando?" (ingl. when?)
nup "dietro" (ingl. back, at the back of, behind)
nūp "orinare" (ingl. to micturate)
n'akul "legare", "legaccio" (ingl. to tie; binding)
n'āk "mancare" (ingl. to lack)
n'edas "luogo" (ingl. place)
n'ēfin "vergogna" (ingl. shame
n'ērp "odore", "annusare" (ingl. a small, to smell)
n'ok "volere, desiderare" (ingl. to wish, to want)
n'uk "testa", "punta", "uno" (ingl. head, top, one)
   n'uki "teste"
oid
, aid "burro" (ingl. butter
   oid t'erpu "formaggio" (lett. burro cotto)
olomi
"notte" (ingl. night)
pāni "lepre" (ingl. hare)
pek
"pane" (ingl. bread
radam "guerra" (ingl. war
   gloχ radam "soldato (lett. uomo di guerra)
rāgli "giardino" (ingl. garden)
rāk, rark "modo, maniera" (ingl. a way, manner)
rāks "senza" (ingl. without
rågli "ridere" (ingl. to laugh)
rengan "pentola" (ingl. kettle, pot)
rēb' "fieno" (ingl. hay)
rēglum "ferro" (ingl. iron
rid'u, ridyū "incinta" (ingl. enceinte)
rilū "pazzo" (ingl. mad)
rīl'e "bevanda intossicante (ingl. intoxicating drink
rīsk "rasoio" (ingl. razor)
rīšpa "paio" (ingl. pair)
robikin "pioggia" (ingl. rain)
rud'u "innamorato" (ingl. sweetheart)
sahu, satu "affogare" (ingl. to drown, drowning)
sakel "demolire" (ingl. to demolish)
salk, solk "prendere", "arrestare" (ingl. to take, to arrest)
sārk' "campo" (ingl. field)
sinål "birra" (ingl. beer)
skai, skok "acqua" (ingl. water)  
   skai m'aura "olio" (lett. acqua di grasso") 
skaihan "marinaio" (ingl. sailor)
skaihōp "whisky" (ingl. whisky
skåfer, skawfer "argento"; "lega da saldatura" (ingl. silver;
   solder; il significato di "argento" è confermato in Binchy,
   1985)
skēv "pesce" (ingl. fish)
skōbug "nave" (ingl. ship)
skōp "aperto" (ingl. open)
skraχo, sk'aχo, škråχ "albero"; "cespuglio" (ingl. tree;
    bush)
skrål "decente" (ingl. decent)
skurlum "bruciare" (ingl. to burn)
slang "catena" (ingl. chain)
slāhog "ratto" (ingl. rat)
slug "cadere" (ingl. to fall)
sluχul, sruχul "legno" (ingl. a wood)
slūfa "legno" (ingl. wood)
smarag "naso" (ingl. a nose)
    vedi mērko, mērkōg
smaχ "sputare" (ingl. to spit)
sori "sepoltura" (ingl. burial)
sorš "resina" (ingl. resin)
spurk, "coire" (lat. coire; ingl. to have sex)
spurk'ra "fornicatore", "fornicatrice" (ingl. fornicator)
sragon, srāgon "vestito" (ingl. cloth)
sramala "ladrone" (ingl. robber
sringan "bevanda" (ingl. drink)
srīd'a, srīχa "vino" (ingl. wine)
stam'ra "sputare" (ingl. to spit)
sturt "in", "dentro" (ingl. in, into
   vedi astúrt 
st'ēmon "ratto" (ingl. rat)
st'īmon "collo" (ingl. neck)
subaχ "cinghiale" (ingl. boar)
sugad' "medico" (ingl. doctor)
sugū "guerra" (ingl. war)
sumōl "ladrone"; "rapinare" (ingl. robber; to rob
surdu "commercio" (ingl. trade)
surgu "mare" (ingl. sea)
surgu "mercato" (ingl. market)
surgu "spina" (ingl. thorn
surk "appendere, impiccare" (ingl. to hang)
   gloχ surku "boia" (lett. uomo dell'impiccagione)
surtul "aratro" (ingl. plough)
sūbl'i "fratello" (ingl. brother)
sūni "vedere", "guardare" (ingl. to see, to look)
sūrk "capelli" (ingl. hair)
swudal "gentiluomo" (ingl. gentleman)
swurk, swurko "cantare" (ingl. to sing)
swurkin "canzone" (ingl. song
swurt "su, sopra"(ingl. on, upon, up, above
šal'wa "muto" (ingl. dumb)
šan "vapore" (ingl. steam)
šang "pensare", "capire" (ingl. to think, to understand)
šangar "serpente"; "anguilla" (ingl. a snake; an eel)
šarig "vessare" (ingl. to vex)
   šarog "vessato" (ingl. vexed)

šarog "rosso" (ingl. red)
šark "tagliare" (ingl. to cut)
šākr "fratello" (ingl. brother)
šākr, šāka "quattro (4)" (ingl. four)
šeb, šib "chiamare", "nominare" (ingl. to call, to name)
šedi "riparare" (ingl. to mend)
šedi "stare in piedi" (ingl. to stand)
šedi "su", "sopra" (ingl. on, upon)
šelk "vendere" (ingl. to sell)
šeltu "sette (7)" (ingl. seven
šēkar, šelkar "sorella" (ingl. sister)
šērkū "figlia" (ingl. daughter)
šīkr, šīka, šēka "tre (3)" (ingl. three)
šīrk "erba" (ingl. grass
šīrt "giù", "in basso" (ingl. down, downwards
šl'ēma "rana" (ingl. frog)
šorknes "maledizione" (ingl. cursing)
šoru
"veglia", "funerale" (ingl. wake, funeral)
šuri "correre" (ingl. to run)
šūkr, skūkar "cinque (5)" (ingl. five
talop "ventre" (ingl. belly)
talōsk, tarosk "giorno" (ingl. day)
tarpōn "pappa di avena" (ingl. porridge)
tarsp "morire", "morte", "morto" (ingl. to die, death, dead)
tar'in "corda" (ingl. rope)
tāral "discorso", "modo di parlare", "lingua, linguaggio"
    (ingl. talk, saying, mode of speech, language)
tāri "parlare", "discorso", "lingua" (ingl. to talk, talk,
    language)
tån "giorno" (ingl. day)
tån "pieno" (ingl. full)
tåp, tåpa "vivo", "vita" (ingl. alive; life)
tom, tōm "grande", "molti" (ingl. big, great, many)
topa "coraggioso"; "bello" (ingl. brave; fine)
tōim, tāim "bianco" (ingl. white)
tōri
"venire" (ingl. to come)
tribli "famiglia" (ingl. family)
tripus "lotta", "lottare" (ingl. a fight; to fight)
trīp "minestra"; "goccia" (ingl. sup; drop)
tul "valore, prezzo" (ingl. worth, price)
tūr "ano" (lat., ingl. anus
tūrk "su" (ingl. up
tūrk "tempo" (ingl. time)
t'era "fuoco" (ingl. fire)
t'ērp
, t'elp "cuocere; bollire" (ingl. to cook; to boil)
t'ērpin "dito (della mano o del piede)" (ingl. finger, toe
t'oli "seguire" (ingl. to follow)
"necessità, bisogno" (ingl. necessity, need)
χaran
"mare" (ingl. sea)
yōrum
"latte" (ingl. milk)  

Alcuni importanti prestiti celtici in Shelta non provengono dall'irlandese, dato che non mostrano traccia di aspirazione, ossia di lenizione delle consonanti /p/, /t/, /k/, /b/, /d/, /g//m/. Talvolta si trovano occlusive anziché consonanti nasali. Si è parlato, a mio avviso impropriamente, di "deaspirazione" e di "denasalizzazione", come se si trattasse di giochini fatti a partire dalla forma scritta delle parole irlandesi - cosa assurda, anche perché lo Shelta è la lingua di un popolo agrafo. Ancora più assurdo è l'utilizzo del termine "perversione" per indicare fenomeni di metatesi e di sostituzione di consonanti.
 
Prefissi o articoli pre-celtici: 
 
d- 
g- 
gr- 
m- 
s- 
sr- / šr- 

Queste consonanti iniziali, che spesso si trovano aggiunte a parole ben note, di origine irlandese o addirittura inglese, devono essere resti di antichi elementi grammaticali fossilizzati, poi trasformati in un sistema di mascheramento. Il prefisso gr- porta spesso all'eliminazione di una consonante s- successiva. Il prefisso sr- (šr-) porta spesso all'eliminazionie di una consonante m- successiva.
 
Altri residui grammaticali:  

-al, suffisso che forma nomi dai verbi
-i, suffisso del plurale dei nomi 
-u, -o, suffisso del genitivo singolare 
-p, suffisso verbale (non celtico) 
 
Analizziamo ora, in concreto, la formazione del lessico Shelta.

Senza metatesi, con o senza articolo pre-celtico:
 
garo, goro "toro" < Proto-celtico *tarwos + articolo g-
gāter "padre" < Proto-celtico *ati:r "padre" + articolo g-  
  Si noti che la consonante -t- non mostra lenizione.  
dātair "padre" < Proto-celtico *ati:r "padre" + articolo d-
  Si noti che la consonante -t- non mostra lenizione.
grūla
"mela" < Proto-celtico *aballu- "mela" + articolo gr-
mugel "mela" < Proto-celtico *aballu- "mela" + articolo m-
  Si noti che la -g- sta per -b- ma non è lenita.
laburt "maledizione" < Proto-celtico *labar- "parlare"
  Si noti che la consonante -b- non mostra lenizione.
nad'ram "madre" < Proto-celtico *ma:ti:r "madre" +
     suffissoide -am 
  Si notino la dissimilazione della consonante iniziale *m- in n- e la consonante sonora -d'- per l'antica -t-, con un trattamento radicalmente dissimile da quello riscontrato in gaelico.  
srīgo "re" < Proto-celtico *ri:ks, *ri:go- "re" + articolo s-
  Si noti che la consonante -g- non mostra lenizione.
tribli "famiglia" < Proto-celtico *trebo- "villaggio"
t'al "metà" < Proto-celtico *leto- "metà" 
  Si noti che la consonante -t- non mostra lenizione.

Con metatesi, senza articolo pre-celtico:

aburt "del tutto" < Proto-celtico *are bitu "sul mondo"
åd, od < Proto-celtico *duwo "due"
kam "figlio" < Proto-celtico *makkwos 
  Nelle iscrizioni pictiche si ha MAQQ "figlio"; la metatesi è
  servita ad oscurare la parola. 
l'ibis "dolce" (agg.) < Proto-celtico *melissis 
  Si noti che la consonante -m- si è denasalizzata in -b-.
mark "osso" < Proto-celtico *kna:mis 
  Si noti che la consonante -m- non mostra lenizione. La forma
  Shelta deve essere da un precedente *kram, con kr- da *kn-
nap "bianco" < Proto-celtico *ba:nus "bianco, splendente"
  Si noti la vocale breve. 
nap "allattare" < Proto-celtico *bandijon "latte" 
  Irlandese bainne "latte" 
  Anche se si comprende l'origine comune, sono parole molto
  distanti. 
tōber "strada" < Proto-celtico *ba:tron,
  Gallico BATORON (Piatto di Lezoux, linea 10), 
  Irlandese bóthar "strada; via, modo"
  Si noti che le consonanti -b- e -t- non mostrano lenizione. 

Alcune notevoli parole di possibile origine celtica, anche se con trafila abbastanza oscura: 
 
ayen "nove" : Proto-celtico *nawan "nove" 
brauen "grano" : Proto-celtico *brawu: "macina"
   (lett. "cosa macinata")
brās, pras "cibo" : Proto-celtico *bra:ston "cibo"
    (lett. "cosa mangiata" < IE *gwerh3-
d'asag "due" : Proto-celtico *duwo "due"
   (forse IE *dwis "in due"; la fonetica non si spiega)
fīn "uomo" : Irlandese antico fían "banda di guerrieri" 
    < Proto-irlandese *we:na: (di origine oscura)
glōri "udire", "ascoltare", glōrōg "orecchia" :
   Proto-celtico *klinu- "udire"
grēsol, grisōg "barba" : Irlandese antico fésóg "barba",
    fés
"labbro; pelo di barba" < Proto-irlandese *winson
grēχol "dente" : Irlandese antico fiacail "dente"
    < Proto-irlandese *we:kkalis (parola di sostrato) 
grīš "cuore" : Proto-celtico *kridijon "cuore"
grīto "vento" : Irlandese antico gáeth "vento"
    < Proto-irlandese *gaita: (parola di sostrato)
grug'im "cagliata" : Proto-celtico *grutus "cagliata"
kesig "cavalla" : Proto-celtico *kankstika: "cavalla"
    (Gallese caseg; l'Umlaut della forma Shelta non si spiega)
skai "acqua" : Proto-celtico *udenskijos "acqua"
skok "acqua" : Proto-celtico *udenskijos "acqua"
skēv "pesce" : Proto-celtico *eiskos "pesce" < *peiskos  
slāhog "ratto" : Proto-celtico *lukots, *lukoto- "topo"
    (parola di sostrato) 
šorik, šroχar "chiave" : Proto-celtico *eks-koris "chiave"
tād'ir "forte, potente" : Irlandese antico láitir "forte,
    potente" < Proto-irlandese *la:didiris (parola di sostrato)
tūr "ano" : Proto-celtico *tukna: "ano" (presuppone 
    rotacismo)
 
In numerosi casi si hanno prestiti più recenti dal gaelico, spesso riconoscibili per la presenza del fenomeno della lenizione.

āvari, āvali, oura "città" < Irlandese a-bhaile "a casa" 
   (Baile Átha Clíath "Dublino) 
bilsag "labbra", "bocca" < Irlandese béal "labbro"
ēn "uno" < Irlandese aon "uno"
"carne" < Irlandese feoil "carne"
gaverog "capra" < Irlandese gabhar "capra"
goiχil "tutto", "ogni" < Irlandese gach uile "tutto e ogni 
grå "amore" < Irlandese grádh "amore" 
hāvari, havalo "casa, dimora" (ingl. home) < Irlandese 
   a-bhaile "a casa" 
lākīn "ragazza < Irlandese cailín "ragazza"
"letto, giaciglio" < Irlandese luighe "letto, giaciglio"
mwog "maiale" < Irlandese muc "maiale" 
rodus "porta" < Irlandese doras "porta"

Alcune parole devono essere prestiti dal latino connessi con la cristianizzazione dei Picti: 

1) Shelta d'umnik "domenica" (ingl. Sunday) - Latino dominica (diēs) "domenica"  
Nota:
Non può essere un prestito dall'Irlandese, che ha domhnach /'do:naχ/, sempre della stessa origine ma tramite una diversa trafila. Si nota che la parola Shelta ha la consonante -m- non lenita. La consonante palatale iniziale non si spiega. 
2) Shelta krimašt, kummašt "prete" (ingl. clergyman) - Latino presbyter, praebyter "presbitero". Antico irlandese cruimther "prete", nelle iscrizioni ogamiche QRIMITIR.    
3) Shelta risp "battezzare" (ingl. to christen) < *χrist-p, da *Xrist "Cristo" (latino Christus) con un tipico suffisso verbale pictico -p, che si trova anche in tarsp "morire", klisp "rompere" e t'ērp "cuocere".  
 
A questi possiamo aggiungere un termine "laico": 

4) Shelta kasin, kesum "formaggio" - Latino cāseus "formaggio". Alcuni dettagli fonetici non si spiegano, come la presenza dell'Umlaut nella forma kesum.
 
Riscontri onomastici ed epigrafici  

1) ACHIUIR 
Nome di un sovrano dei Picti. Corrisponde evidentemente allo Shelta aχíver "davanti", "sempre". Il suo significato deve essere "Principe". 
2) BRUDE 
Nome di diversi sovrani dei Picti, secondo alcuni era il termine per dire "re". Ha la stessa radice dello Shelta brod "casa". Il suo significato deve essere "Signore" (cfr. latino dominus "signore", corradicale di domus "casa).
3) EROP 
Nome di diversi sovrani dei Picti. Corrisponde evidentemente allo Shelta ērpa "altro". Il suo significato deve essere "Secondogenito".
4) TALORC 
Nome di diversi sovrani dei Picti. Ha la stessa radice dello Shelta talōsk "giorno". Il suo significato deve essere "Radioso", "Splendente".
5) TRZB 
La parola compare incisa su una stele di pietra in Scozia (Keiss Bay, Caithness). Il testo dell'iscrizione è NEHTO TRZB "Nechton è morto". Si tratta evidentemente dello Shelta tarsp "morte", "morire", "morto". Purtroppo il mondo accademico trascura o contesta questa lettura, a quanto pare perché lo studioso che l'ha proposta, Barry Fell, sarebbe stato "problematico". Fallacia logica ad hominem.

Somiglianze con il basco 

1) Shelta d'onådu "andare" - Basco joan "andare" 
   Proto-basco: *e-onan-i "andare"
2) Shelta elum, helm "città" - Basco hiri, iri, uri "città" 
   Proto-basco: *ili "città"
   Iberico: iltiŕ, iltun "città" 
3) Shelta g-, gr-, prefisso nominale - Basco har "quello",
      -a
, articolo determinativo 
   Proto-basco: *(h)aR "quello" (pronome distale)
4) Shelta galapa "felce" - Basco garo "felce" 
   Proto-basco: *galo "felce" 
5) Shelta grōmug, rūmōg "uovo" - Basco errun "deporre 
      uova", arraultze "uovo" (i)
   Proto-basco: *e-Run-i "deporre uova", *e-Ro-kun-tze(h)e 
      "uovo" 
6) Shelta kon "notte" - Basco gau "notte" 
   Proto-basco: *gau "notte"
7) Shelta kuri "cavallo"; "asino" - Basco behor "cavalla" 
   Proto-basco: *be-(h)oR "cavalla"
8) Shelta medel "nero" - Basco beltz "nero" 
   Proto-basco: *beletz < *mel- "nero, scuro"
   Paleosardo: MELE "nero"  
9) Shelta sluχul, sruχul, slūfa "legno" - Basco zur "legno" 
   Proto-basco: *zur "legno" 
10) Shelta šelk "vendere" - Basco sari, sal- "prezzo",
       saldu "vendere" 
   Proto-basco: *sali "prezzo"
   Iberico: śalir "valore" (di una moneta, etc.)  
11) Shelta šorknes "maledizione" - Basco sorgin "strega" 
   Proto-basco: *sor-gin "che fa maledizioni" 
12) Shelta tōri "venire" - Basco etorri "venire"
   Proto-basco: *e-toR-i "venire"
 
(i) La parola basca presenta moltissime varianti locali: arrautza, arrauntza, arroltze, arroitze, arrultze, arrontza, etc.
 
Somiglianze con l'etrusco

1) Shelta kad'ōg "pietra" - Latino catīnum "bacinella; apertura nella roccia" (di origine etrusca)
2) Shelta koldni "germoglio" - Etrusco clan "figlio" (ii)
3) Shelta kun'a "escrementi", kun'i "defecare" - Latino coenum, caenum "fango; sporcizia", inquināre "sporcare" (di origine etrusca) (iii) 
4) Shelta molson "asino" - Latino mūlus "mulo" < *mus(k)lo- (di origine etrusca, vedi l'antroponimo Musclena)
5) Shelta spurk "coire" - Latino spurcus "sporco", spurius "illegittimo" (di origine etrusca) (iv)
6) Shelta šērkū "figlia" - Etrusco seχ "figlia"
7) Shelta šākr, šāka "quattro" - Etrusco śa "quattro"
8) Shelta šīkr, šīka "tre" - Etrusco ci "tre" (in Shelta si è avuta assibilazione)
9) Shelta tāral "lingua, linguaggio", tāri "parlare" - Etrusco trin- "pronunciare"
10) Shelta tån "giorno" - Etrusco tinś- "giorno"
11) Shelta turan, dura "pane" - Latino turunda "tipo di focaccia" (di origine etrusca) 
 
A questi possiamo aggiungere il seguente raffronto: 
 
12) Shelta mul "donna" - Latino mulier "donna" (di origine sconosciuta)  

(ii) Trovo ridicola l'etimologia proposta da MacAlister per questa parola Shelta, dall'Irlandese coinnle, coindle "candela". 
(iii) Riferimento I
(iv) Riferimento II

Somiglianze con il proto-germanico 

1) Shelta nglū "chiodo" - Proto-germanico *naglaz "chiodo;
    unghia"
    (norreno nagl, inglese nail, tedesco Nagel, etc.)
2) Shelta skōbug "nave" - Proto-germanico *skipan "nave"
   (gotico skip, norreno skip, inglese ship, tedesco Schiff, etc.)
3) Shelta sringan "bevanda" - Proto-germanico *drinkanan  "bere"
   (gotico drigkan, norreno drekka, inglese to drink, tedesco
   trinken, etc.)

I tre confronti che ho riportato li ho individuati a colpo d'occhio. Confido che questa sezione possa essere considerevolmente ampliata nel corso di ulteriori studi.

Somiglianze con lingue afroasiatiche

1) Shelta brod "casa" - Berbero (Ahaggar) afarra "recinto";
    Egiziano pr /'pa:rə/ "casa" 
2) Shelta guš, gūš "sedersi" - Ebraico kisse "sedia",
    Accadico kussûm "sedia"
3) Shelta m'aur "grasso" - Ebraico merī' "bestiame grasso";
    Accadico marû "grasso" (agg.) 
4) Shelta oid, aid "burro" - Berbero udi "burro", 
   Guanche oche "burro" (< *odi) (v) 
   Nota: Si tratta con ogni probabilità di un prestito culturale. 
5) Shelta surgu "spina" - Ebraico sīrīm "spine";
    Egiziano sr.t /'si:ra/ "spina" 
6) Shelta šīrk "erba" - Egiziano s3rj /'su:rə/ "tipo di pianta" 

(v) In Guanche l'antica /d/ del berbero si palatalizza e diventa /tʃ/, scritto ch nell'ortografia spagnola. 

Due di questi confronti li ho trovati io e non li ho visti trattati altrove: guš, oid
I quattro confronti rimanenti si trovano nell'opera di Michael Daniel Schmidt e Carla Acebo (2018): brod, m'aur, surgu, šīrk; altri ancora, proposti dagli stessi autori, non mi sembrano convincenti e non li tratto in questa sede.  

Somiglianze con il nord caucasico e con l'hurritico  
 
1) Shelta Dāl'on "Dio" - Ceceno Dēla "Dio"  
2) Shelta hawrum "mattino" - Ceceno ˀüüre "mattino";
    Hurritico hurri "mattino; oriente" 
3) Shelta kōri, kōli "piede" - Hurritico ukri "piede",
   "gamba", Urartaico kuri "piede", "gamba"
4) Shelta lork "carro", "carretto" - ceceno lār "guide
   ovali della culla; ventola della ruota del mulino"; Tindi
   raku "ruota"
5) Shelta mērko, mērkōg "naso" - Andi mahar "naso", 
    Bezhta märö "naso" 
6) Shelta t'era "fuoco", t'ērp, t'elp "cuocere; bollire" -
    Hurritico tari "fuoco" 
 
Sergei Starostin e altri hanno dimostrato che l'hurritico e l'urartaico sono imparentati con le lingue Nord est caucasiche, anche se la maggior parte del mondo accademico non considera provata questa proposta e permane nel suo scetticismo (più che altro seguendo vani ragionamenti sulla tipologia linguistica). 
 
Prestiti dal Romaní  
 
Sono numerosi i prestiti di materiale lessicale di origine Romaní. Eccone un elenco, che non ha la pretesa di essere completo: 
 
balast "capelli" < Romaní bal "capelli"
bēro "nave" < Romaní bero "nave"
bura, buri "grande; bello" < Romaní baro "grande"
čålra "coltello" < Romaní čuri "coltello"
fōki "gente" < Anglo-Romaní fowki "gente" (vi)
fōros "fiera" < Romaní foro, foros "città; mercato"
gošta "abbondanza", "molti" < Romani kušto "buono" 
kaine "orecchie" < Romaní kanya "orecchie" 
k'en, k'ena "casa" < Romani kher, ker "casa" (vii)
maksti "gatto" < Romaní mačka "gatto" 
muskro "poliziotto" < Romaní moskero "poliziotto" 
pāni "acqua" < Romaní pani "acqua"
pokkonus "magistrato" < Anglo-Romaní pokonyus
    "Giustizia della Pace"
simi "brodo" < Anglo-Romaní zimin "brodo" 
skipsy "cestino" < Romaní kipsi "cestino"
smentena "crema" < Romaní smetana "panna acida" (viii) 
stardy "cappello" < Romaní stadi, stadik "cappello"
šušei "coniglio" < Romaní šošoi "coniglio"
vonger "denaro" < Anglo-Romaní vonger "carbone"
yūr "orologio" < Romaní yora, (h)ora "orologio; ora"

(vi) Prestito evidente dall'inglese folk "gente".
(vii) Probabilmente la parola Shelta in origine era una forma declinata.
(viii) Questo è un evidente prestito slavo.

Prestiti da altre fonti 
 
Esistono non pochi prestiti da altre lingue, come lo Yiddish, il Polari e svariati gerghi inglesi. Questi sono alcuni esempi: 

blaci, blatchi "carbone" < Inglese black "nero"
blinkam "candela" < Inglese to blink "lampeggiare" 
bovi "toro" < Polari bovi "toro" < Italiano bove 
bulla "lettera, nota" < Latino medievale bulla "bolla" 
bonar "buono" < Polari bona "buono" < Italiano buono
cid /tʃɪd/ "agnello" < Inglese kid "capretto"
finnif "cinque pence" < Yiddish finf "cinque"
mund'ari "pranzo" < Polari mangarie "cibo"
    < Italiano mangiare
"bocca" < Yiddish pi "bocca" (viii)
stīmera "pipa" < Inglese steam "vapore"
 
(viii) Termine di origine ebraica (pe "bocca", "bocca di"; "la mia bocca). La parola Yiddish più comune per indicare la bocca è moyl (plurale mayler, diminutivo maylkh; cfr. tedesco Maul). Esempio: makhn fun moyl a kholyeve "mettere un piede nella bocca di qualcuno". 

Può ora essere utile un glossarietto Shelta - Irlandese 

aχím = amach
aχíver = roimh
ayen = naoi
brauen = arbhar
bug
= gabh
b'ōr'
= bean
Dālyon
= Día
gāter "birra" = leann
gāter
"padre" = athair
gifan
= capall
gloχ
= fear
glōnsk
= fear
gråt
= ór 
gresko = guth 
grōmug = ubh
gūt
= dubh
gūtena
= gabha
g'ami
= olc
g'amiaθ
= olcas
g'amoχ
= olc
g'ofan
= capall
hal
= thar 
hawrum = maidin
horsk
= thar 
kraudug = cearc
kriš
= sean
laskon
= salann
liba
= fuil
mark
= cnámh
medel = dubh
mwog
= muc
oid = im
skai
= uisce
skēv
= iasc
skok
= uisce  
srīd'a = fíon
šarog
= dearg
talop = bolg
talōsk
=
tarsp
= bás 
tribli = teaghlach 
t'al = leath
t'era
= tine 
yōrum = bainne 

Questo è un brevissimo frasario di espressioni tipiche (tratte da MacAlister, con un'ortografia lievemente diversa da quella usata nel dizionario):
 
gåp my thūr "baciami il culo" 
lŭsh my kunya lyē smolkera "mangia la mia merda con
    un cucchiaio"
spŭrk dhī-īlsha! "fottiti!"
labúrth sheltū a Dhalyōn dhī-īl! "le sette maledizioni
    di Dio su di te!"
 
Conclusioni  

Questo è il prospetto riassuntivo dell'analisi del lessico Shelta: 

1) Materiale lessicale pre-goidelico
   i) Materiale lessicale pre-celtico e pre-indoeuropeo 
     - Pictico
     - Altre lingue pre-indoeuropee 
   ii) Materiale lessicale celtico pre-goidelico
      - originale
      - criptato (linguaggi segreti dei Druidi e dei Vati)
2) Materiale lessicale goidelico 
    - originale 
    - criptato (linguaggi segreti dei Druidi e dei Vati)
3) Materiale lessicale recente 
   - Inglese (originale e criptato) 
   - Romani
   - Polari 
   - Yiddish 
   - Altro

mercoledì 6 ottobre 2021

UN RELITTO OSCO IN NAPOLETANO, SALERNITANO E LUCANO: ATTRUFE 'OTTOBRE'

Quando nel V secolo a.C. i Sanniti conquistarono la Campania, presero il nome degli Osci, detti anche Opici (trascritto in greco come ᾿Οπικοί), una precedente popolazione non sannitica che abitava da tempo immemorabile in quegli ameni luoghi. Da questa fusione etnica ebbe origine la sinonimia di osco e sannitico per indicare la lingua italica dei conquistatori, che prevalse su quella dei vinti. Tale lingua era ricca e complessa come quella di Roma e con essa strettamente imparentata - eppure diversa, più o meno come lo era il gallico. 

"Molte parole dialettali utilizzate nelle varie zone dell'Italia centro-meridionale presentano elementi di sostrato di derivazione osca" (Fonte: Wikipedia). 
Quanto riporta la famosa Enciplopedia corrisponde al vero. Tuttavia trovo che sia necessario approfondire l'argomento. Di affermazioni generiche è pieno il Web. Partiamo quindi da un esempio concreto e importante, di cui molti non avranno mai sentito parlare. Molti non sanno nemmeno che questa antica lingua italica sia mai esistita. Sono rimasto commosso leggendo il commento di una navigatrice che ammetteva di non aver mai sentito parlare della lingua osca. Memorie perdute. Occorre ripristinarle una per una e permettere a tutti l'accesso alle origini, che è stato per troppo tempo ostacolato e negato dal sistema scolastico. 
 
A Napoli la parola più genuina per dire "ottobre" è attrufe /at'trufə/ (varianti: attufre /at'tufrə/, ottrufe /ot'trufə/). Secondo alcuni si tratta di un vocabolo piuttosto antiquato, essendo la forma più comune uttombre /ut'tombrə/
A Salerno il mese di ottobre si chiama attrufe, pronunciato proprio come a Napoli. Alcuni lo trascrivono come attrufa o attrufo, ma il suono finale è lo stesso: una vocale indistinta /ə/, a cui i linguisti danno il nome di schwa
Si trova attrufë, attrufu "ottobre" anche in Basilicata, sempre con lo stesso suono finale indistinto.  
 
Si vede subito che il napoletano uttombre ha la stessa origine dell'italiano ottobre: deriva dal latino volgare octombre(m), una variante ben attestata di octobre(m), plasmata per analogia di septembre(m), novembre(m), decembre(m). Invece forme come attrufe non possono essere in alcun modo derivate dal latino. Proprio la presenza della consonante -f- le qualifica come pre-romane e giunte fino ai nostri tempi tramite una tradizione ininterrotta. 
La protoforma ricostruibile come antenato diretto di attrufe è il sannitico *ohtūfrim, al caso accusativo. Questa è la vera origine delle parole sopracitate degli attuali dialetti della Campania e della Basilicata. L'estensione del fenomeno non è certo casuale: gli antichi Lucani parlavano la stessa lingua dei Sanniti.
 
Il bello è che i romanisti non si sognano nemmeno di negare questi dati di fatto: li hanno riportati nelle loro opere da lungo tempo (esempi: Planta, 1897; Șăineanu, 1935; Lahti, 1935). Il problema è che non viene data alcuna risonanza a questa chiara sopravvivenza di una lingua pre-romana, indoeuropea e imparentata con il latino. Viene ritenuta un fatto marginale, a cui dedicare soltanto poche parole. Noi invece di importanza ne attribuiamo molta e ci spingiamo fino al punto di ricostruire l'intera declinazione della parola: 
 
Nominativo: *ohtūfer 
Genitivo: *ohtūfreis 
Dativo: *ohtūfrei 
Accusativo: *ohtūfrim 
Vocativo: *ohtūfer 
Ablativo: *ohtūfrīd  

Il tema indoeuropeo della protoforma di origine è chiaramente in -i-. Abbiamo poche attestazioni di sostantivi di questa classe nel materiale epigrafico. Uno di questi è senza dubbio *slāx, un vocabolo oscuro interpretabile come "confine", "territorio", attestato sul Cippo Abellano. Tecnicamente si tratta di un hapax. Trovo tale interpretazione ragionevole, anche se alcuni considerano questa parola "intraducibile" o "di significato sconosciuto". Queste sono le occorrenze su tale documento: 

sakaraklúm Herekleís [úp / slaagid púd íst ...
(linee 11-12, lato A)
"il tempio di Ercole che è sul confine ..."

pústin slagím / senateís suveís tangi-/núd tri/barakavúm lí/kítud
(linee 34-37, lato B)
"sia permesso costruire per decisione del senato di ogni (città) secondo il territorio'

avt anter slagím / A]bellanam íním Núvlanam
(linee 54-55, lato B)
"ma tra il territorio di Abellla e di Nola ..."  

í = e chiusa; i aperta
= dittongo ei chiuso
ú = o chiusa (breve); u (lunga)
av = dittongo au
úv = dittongo ou chiuso 
 
Questa è la declinazione ricostruita a partire dalle attestazioni: 

Nominativo: *slāx 
Genitivo: *slāgeis 
Dativo: *slāgei 
Accusativo: slāgim (scritto slagím
Vocativo: *slāx 
Ablativo: slāgīd (scritto slaagid

Per un'interessante trattazione di questo termine, completa di ipotesi su suoi paralleli in altre lingue indoeuropee, rimando senz'altro all'articolo di Brian D. Joseph (Università dell'Ohio, 1982), consultabile seguendo questo link: 

 
Sono convinto che potranno derivare abbondanti frutti dagli approfondimenti sulla morfologia e sul lessico delle lingue italiche. L'importante è non arrendersi all'Oblio e lavorare per riportare alla luce, frammento dopo frammento, ciò che ha fagocitato.  
 
L'enigma dello spagnolo octubre 
 
È stato ipotizzato che lo spagnolo octubre "ottobre" sia un prestito dall'italico, per via della decisa anomalia della vocale tonica -u-, in luogo dell'attesa -o-: in tale lingua normalmente il latino -ō- non dà -u- (Corominas-Pascual). Anche se l'idea pare a prima vista suggestiva, i problemi non mancano. Riporto qui una lista di esiti delle protoforme secondo diverse trafile ipotizzabili o realmente attestate. 
 
forma attesa dal latino volgare octōbre(m), octombre(m)
   ochobre (asturiano), *ochombre 
forma attesa dal latino dotto octōbrem
   *octobre 
forma attesa dall'osco *ohtūfrim
   *ochufre, *otufre 
   con sonorizzazione di -f-
   ochubre (antico spagnolo), otubre (aragonese) 
 
In tutti i casi siamo lontani dalla forma reale, octubre, che comprende in sé, in modo paradossale e inspiegabile, due caratteristiche contraddittorie: la vocale anomala -u- e il gruppo consonantico -ct-, tipico di un crudo latinismo. Tecnicamente parlando, si potrebbe dire che octubre è una forma semidotta. Si noterà che la stessa parola si trova anche in catalano, mentre in antico catalano era vuitubri, uitubri. Anche il portoghese e il galiziano hanno un esito con vocale -u-: outubro. Non sono riuscito a trovare una soluzione al problema e le lingue pre-romane dell'Iberia non sono di alcun aiuto.  

lunedì 4 ottobre 2021

UN RELITTO PALEOSARDO IN SARDO CAMPIDANESE: NEA 'AURORA'

Tra le più strane e interessanti parole sarde che mi sia capitato di incontrare, posso annoverare sicuramente il campidanese nea "aurora, alba". Come c'era da aspettarsi, il tentativo di spiegare questo vocabolo erratico ha fatto impazzire gli studiosi. 
 
Così il Salvioni: 
 
 
CAMPID. néa AURORA   
 
Non vedo altra via per dichiarar la voce, che di invocare ēōs, riconoscendo nel n un resto della preposizione in concresciuta, e nell' -a, un facile metaplasma.  
 
Una simile invocazione è più stupida degli escrementi di una mosca su uno specchio di un postribolo d'infimo ordine. 
 
Salvioni invoca addirittura il greco epico ἠώς (ēṓs) "aurora", nemmeno il greco attico ἕως (héōs). E come diavolo avrebbe fatto una forma antiquata e dotta come quella ad arrivare tra i pastori del Campidano? 
Questo è l'elenco degli esiti del proto-indoeuropeo *h₂éwsōs "aurora" negli antichi dialetti della lingua dell'Ellade.
 
Epico: ἠώς (ēṓs) 
    trascrizione IPA: /e:'o:s/
Attico: ἕως (héōs)
    trascrizione IPA: /'heo:s/
Eolico: αὔως (áuōs), ᾱ̓́ϝως ´wōs)
    trascrizione IPA: /'auo:s/, /'a:wo:s/
Dorico: ᾱ̓ώς (āṓs)
    trascrizione IPA: /a:'o:s/
Beotico: ᾱ̓́ας
´as)
    trascrizione IPA: /'a:as/
Laconico: ᾱ̓ϝώρ (āwṓr), αβώρ (abṓr)
    trascrizione IPA: /a:'wo:r/, /a:'bo:r/
 
Possiamo essere sicuri che nessuna di queste varianti avrebbe trovato la sua via nell'impervia Sardegna. I romanisti, quando si trovano davanti una voce che non deriva da una trafila di una protoforma latina, vanno in marasma, perché gli schemi che hanno appreso non riescono a sorreggerli. In queste condizioni critiche, troppo spesso proferiscono scemenze! 
 
Tra l'altro, all'epoca in cui le genti di Bisanzio avevano contatti con la Sardegna, l'antico nome dell'aurora era stato sostituito da un'altra parola, αὐγή (augḗ). 
 
αὐγή (augḗ) f. (genitivo αὐγῆς); prima declinazione 

 1. luce del sole
 2. raggi del sole (plurale)
 3. aurora, alba  
 4. luce splendente (come quella del fuoco)
 5. riflesso sulla superficie di oggetti splendenti 
 
In greco antico la pronuncia era /au'ge:/, mentre in greco bizantino si era già evoluta in /avˈʝi/
 
I Neogrammatici sostengono che questo nome dell'aurora derivi dalla ben nota e produttiva radice indoeuropea *h₂ewg- "crescere, accrescere", da cui sono discese anche le parole latine augēre "crescere" (augeō "io cresco", augēs "tu cresci", auxī "io crebbi", auctum "essendo cresciuto"), augmen "aumento, crescita" e augustus "maestoso, venerabile". 
Non sono convinto dell'esattezza di questa ipotesi, nata da una grossolana applicazione del Rasoio di Occam. A parer mio ci sono le basi per postulare una radice indoeuropea omofona di *h₂ewg- "crescere, accrescere", ma indipendente: *h₂ewg- "raggio di sole", "splendore", con paralleli anche extra-indoeuropei (vedi nel seguito). 
 
Altri esiti indoeuropei di *h₂ewg- "raggio di sole": 
Albanese: ag "aurora" 
     < proto-albanese *(h)aug-
  agòj "albeggiare, fare giorno"  
Proto-slavo: *ju:gu "sud", "vento del sud"
     Slavo ecclesiastico: *jugŭ "meridione, sud",
          "vento del sud"  
     Russo: юг (jug) "sud" 
     Ucraino: юга (juhá) "vento caldo del sud"  
     Serbo: ју̏г (jȕg) "sud" 
     Croato: jȕg "sud" 
     Sloveno: jȕg "sud" 
     Polacco: jug "disgelo" (dialettale)
     Ceco: jih "sud" 
     Slovacco: juh "sud" 

Nemmeno il greco αὐγή può essere l'origine della parola campidanese.

Le opinioni di Pittau

Pittau sosteneva che il sardo campidanese nea "aurora" fosse un grecismo, ma non lo identificava con l'antico nome della Dea Eos: lo confrontava invece con il greco νέα ἡμέρα (néa hēméra) "nuovo giorno". La pronuncia in greco moderno è /'nea i'mera/
 
Ben noto è il quotidiano Νέα Ημέρα Τεργέστης (Néa Iméra Tergestis), ossia "Nuovo Giorno di Trieste" (fine XIX secolo - inizi XX secolo).  

Ancora una volta, riesce difficile comprendere tutti i passaggi. Ci saremmo aspettati che dalla locuzione greca derivasse in campidanese *neamera, *neimera o *nemera anziché semplicemente nea

Un possibile prestito dal ligure 

La soluzione più ovvia e razionale, quella di un termine proveniente dal sostrato pre-romano, a quanto pare non è stata mai nemmeno considerata. Lo reputo un grave errore, nato dal pregiudizio che offusca la visione e impedisce di conoscere. Procediamo per gradi.   
 
Il greco νέος (néos) "nuovo" e il latino novus "nuovo" hanno la stessa origine, come anche il gallico novio- "nuovo" (attestato ad esempio in Noviomagus "Campo Nuovo", etc.). Queste parole risalgono tutte alla stessa radice: 
 
Proto-indoeuropeo: *newos, *newyos "nuovo" 

La lingua degli antichi Liguri era indoeuropea, anche se con un sostrato lessicale più antico. Il concetto di "nuovo" era espresso dall'aggettivo *nevios, come provato da importanti documenti. 
L'idronimo ligure Neviasca è attestato nella Tavola bronzea di Polcevera, scritta in latino arcaico e risalente al 117 avanti Cristo, che ci conserva toponimi notevolissimi. Riporto in questa sede il brano che ci interessa (i grassetti sono miei): 

Langatium fineis agri privati: ab rivo infimo, qui oritur ab fontei in Mannicelo ad flovium / Edem: ibi terminus stat; inde flovio suso vorsum in flovium Lemurim; inde flovio Lemuri susum usque ad rivom Comberane(am); / inde rivo Comberanea susum usque ad comvalem Caeptiemam: ibi termina duo stant circum viam Postumiam; ex eis terminis recta / regione in rivo Vendupale; ex rivo Vindupale in flovium Neviascam; inde dorsum flovio Neviasca in flovium Procoberam; inde / flovio Procoberam deorsum usque ad rivom Vinelascam infumum: ibei terminus stat; inde sursum rivo recto Vinelesca: / ibei terminus stat propter viam Postumiam, inde alter trans viam Postumiam terminus stat; ex eo termino, quei stat / trans viam Postumiam, recta regione in fontem in Manicelum; inde deorsum rivo, quei oritur ab fonte en Manicelo, / ad terminum, quei stat ad flovium Edem.

Traduzione (di Agostino Giustiniani): 
 
"I confini dell'agro privato dei Langati: presso il fiume Ede, dove finisce il rivo che nasce dalla fonte in Manicelo, qui sta un termine. Quindi si va su per il fiume Lemuri fino al rivo Comberanea. Di qui su per il rivo Comberanea fino alla Convalle Ceptiema. Qui sono eretti due termini presso la via Postumia. Da questi termini, in direzione retta, al rivo Vindupale. Dal rivo Vindupale al fiume Neviasca. Poi di qui già per il fiume Neviasca fino al fiume Procobera. Quindi già per il Procobera fino al punto ove finisce il rivo Vinelasca; qui vi è un termine. Di qui direttamente su per il rivo Vinelasca; qui è un termine presso la via Postumia e poi un altro termine esiste al di là della via. Dal termine che sta al di là della via Postumia, in linea retta alla fonte in Manicelo. Quindi già per il rivo che nasce dalla fonte in Manicelo sino al termine che sta presso il fiume Ede."

L'idronimo Neviasca significa qualcosa come "quella del (luogo) nuovo".

La radice ligure in questione, ha formato almeno un toponimo oltre al nome di fiume sopra considerato. Nell'entroterra genovese, in Val Graveglia, si trova il piccolo borgo di Ne (pronuncia /nɛ/, con la vocale aperta). I romanisti hanno tentato di ricondurlo all'antroponimo Nevius, da loro considerato "romano" - e confuso col gentilizio Naevius. Molto peggio dei romanisti hanno fatto i latinisti d'accatto pullulanti nelle parrocchie ottocentesce e novecentesche. Alcuni di loro hanno preso il latino nāvis "nave" e lo hanno fatto diventare Ne, incuranti del fatto che in genovese ha dato nae. Altri hanno preso il latino nemus "bosco sacro" e lo hanno fatto diventare Ne, incuranti del fatto che la consonante -m- intervocalica non può dileguarsi nel latino volgare che ha dato il genovese. Questi escrementi concettuali, che dovrebbero stare sepolti in una fossa settica, sono stati esumati da Google e messi sotto il naso degli utenti. 
 
Ne deriva direttamente dal ligure *Neviom "(Luogo) Nuovo" (pronuncia /'newiom/). 
Propongo così la ricostruzione *nevia /'newia:/ "cosa nuova", che tra i vari significati doveva avere anche "inizio del giorno". 
Sappiamo che alcuni elementi indoeuropei di provenienza ligure si sono insinuati nel paleosardo (Blasco Ferrer, 2011). Ad esempio il sardo tevele "debbio", elemento di sostrato, è derivato in ultima analisi dal ligure *debelo- (Debelus fundus) < protoindoeuropeo *dheghw- "bruciare". Così è plausibile che si sia verificata questa trafila: 
 
ligure /'newia:/ > paleosardo /'neia/ > /'nea/.  

Decisamente meglio delle storture dei romanisti!
 
Altra proposta etimologica per nea "aurora"
 
Quando sono venuto a conoscenza della parola campidanese nea "aurora", la mente mi è andata subito al basco egun "giorno", derivato dal verbo proto-basco *e-gun-i "splendere" (detto del sole). La protoforma ricostruibile sarebbe dunque n-egu-a. Tuttavia mi è sembrata troppo contorta e insoddisfacente la derivazione, carente soprattutto dal punto di vista morfologico: trovavo difficoltà a spiegare l'iniziale n- e la terminazione -a (considerato che questa non può essere l'articolo basco -a, il cui antenato suonava diversamente). Così ho abbandonato questa etimologia.
 
Conclusioni 
 
Un annoso problema è stato finalmente risolto. Peccato che al mondo accademico non importerà mai nulla di tutto questo: basta che una cosa sia scritta su un blog e la considerano automaticamente immondizia, senza nemmeno leggerla.   

sabato 2 ottobre 2021

UN RELITTO RETICO IN ROMANCIO: NUORSA 'PECORA'

Tra le parole di sostrato presenti nella lingua romancia, ne ho notata una che senza dubbio è un resto dell'antica lingua retica. Mi sembra molto importante, anche perché non è la solita parola tecnica: appartiene a una parte fondamentale del lessico alpino. È il nome della pecora: nuorsa. Questi sono i dati: 
 
Sursilvano: nuorsa "pecora" 
   traduzione inglese: sheep 
Sursilvano, Puter, Vallader: nuorsa "pecora femmina"  
   traduzione inglese: ewe 
Rumancio grigionese: nursa "pecora", "pecora femmina"
   traduzione inglese: sheep, ewe  
Sottosilvano: nursa "pecora", "pecora femmina"
   traduzione inglese: sheep, ewe  
Surmirano: nursa "pecora", "pecora femmina" 
   traduzione inglese: sheep, ewe  
 
Forme plurali: 
nuorsas, nursas "pecore", "pecore femmine"
 
Derivati: 
nurser "pecoraio"  

Protoforma retica ricostruita: 
*nurza
Nota: 
Il suffisso tirrenico -za, in origine un diminutivo, è molto comune e produttivo in etrusco; si trova inoltre fossilizzato in almeno un nome di animale: marza "maiale" (cfr. Facchetti, 2000).
 
Chiaramente i romanisti si sono sempre trovati in grande difficoltà con una parola tanto bizzarra. Hanno cercato in tutti i modi di ricondurla al latino, evocando una derivazione da nūtrīx (genitivo nūtrīcis) "nutrice", o di una sua variante con vocale breve, nŭtrīx - cosa che è foneticamente impossibile, oltre che semanticamente contortisimo, ben oltre i confini del ridicolo. Queste sono le mie obiezioni: 
 
i) Posizione dell'accento: 
 
La forma accusativa nūtrīce(m) porta l'accento sulla seconda sillaba, ovvero sulla vocale -ī- lunga: non è plausibile che l'accento si sia ritratto sulla prima sillaba. 
La forma nominativa nūtrīx porta l'accento sulla prima sillaba, ma non può aver dato nu(o)rsa
 
ii) Evoluzione della vocale finale: 
 
È implausibile che la finale -e(m) dell'accusativo nūtrīce(m) si sia evoluta in -a, anche visto che avrebbe dovuto produrre l'assibilazione della consonante -c-
La terminazione -īx del nominativo  non avrebbe potuto evolvere in -a.

iii) Evoluzione del gruppo consonantico -tr-:

Il gruppo consonantico -tr- non può aver dato -rs- in romancio: il suo esito è -dr-.
Così il verbo nūtrīre (nūtriō "io nutro", nūtrīs "tu nutri", nūtriī "io ho nutrito", nūtrītum "a nutrire") ha dato nudrir, non *nursir
 
iv) Semantica: 
 
È cosa sommamente implausibile che un animale tra i più comuni e utili non conservi il proprio nome e che al suo posto ne venga fabbricato uno nuovo derivato da un verbo. Questo processo di sostituzione non è di per sé impossibile, ma in genere si ravvisa in caso di tabù, per via di un timore superstizioso che in genere è connesso ai predatori o ad altri animali considerati pericolosi, nocivi, sinistri (ad esempio il lupo, l'orso, la volpe, etc.). 
 
Purtroppo, sembra che ormai questa derivazione da nutrīce(m) sia ormai ritenuta ufficiale, quasi una sorta di dogma della romanistica. Solo per fare un esempio, basti vedere il sito del progetto VerbaAlpina, diretto da Thomas Krefeld e Stephan Lücke, in cui il romancio nu(o)rsa è mostrato come esito del tipo latino nutrīcem. I dati possono essere visualizzati su mappa, in modo molto efficace: 
 
 
Eppure qualche dubbio talvolta emerge dalla crosta compatta della sicumera e della disonestà intellettuale, come un baco che rode la coscienza. Così il Salvioni menziona nuorsa nel trattare la voce francese nourrice (priva di qualsiasi connessione), in Romania, volume 43, N° 171 (1914): 


FRANC. nourrice

Pare strano che il REW ponga al num. 6008, e cioè tra le rispondenze di nŭtrix, questa voce (ch'egli scrive nourrisse) e il prov. noirissa. Già il Dict. gén., e chissà quanti prima di esso, avevano esposto che vi si tratti di nŭtrīcia. Questa forma è ben confermata dal nap. notriccia nutrice e meglio ancora dal sic. nurrizza ch'è appunto (questo non quello) un gallicismo e che ha figliato un nurrizzu balio, che ha allato a se un nutrizziu ampliato da *nutrizzu, che presuppone un indigeno *nutrizza. Mi pare invece che sbagli il Dict. gén. e con lui il REW, 6007, nel muovere dall'astratto nŭtrītio per ispiegare nourrison, ecc. che sarà il diminutivo di quel positivo ch'è nel prov. noiritz, che anche il REW colloca erroneamente al num. 60031. Io avrei accolto l'articolo nŭtrīcius "poppante". - E mi si lasci dire che mi par ben problematica la spettanza allo stesso num. del REW, di grig. nuorsa pecora. A me almeno non riesce in nessun modo di venirne foneticamente a capo. 

1. Starà a nŭtricia come poupon a poupe. (nota dell'autore)
 
Rileggete tutti le conclusioni del Salvioni: "A me almeno non riesce in nessun modo di venirne foneticamente a capo". A lui e a nessun altro può essere riuscita una simile impresa, perché siamo di fronte a una falsa etimologia fabbricata ad hoc.
 
Una citazione interessante del termine nuorsa si trova nell'Almanacco dei Grigioni (2016), nell'articolo Di come la Val Orsera divenne italiana, di Fabrizio Lardi:
 
 
"La storia del contenzioso sulla Val Orsera ha inizio nella notte dei tempi, da quando cioè le prime mandrie di armenti salite brucando dai pascoli della Vall’Agoné vennero a incontrarsi con quelle bormine che estivavano nell’ampia conca di Livigno. Erano quelli tempi grami, in cui la pastorizia, soprattutto di bestiame minuto, pecore e capre, faceva la ricchezza delle comunità. Così si saranno incontrati anche i primi pastori. Probabile è che Ursera, più che da orso, come vuole un* romantica toponomastica, venga dal romancio «nuorsa», pecora.2 Troppo importanti quegli animali, che fornivano tutto il necessario per vivere: carne, latticini, lana. La valle delle pecore per antonomasia, insomma. Tuttavia le vaste e selvagge vallate e i remoti altipiani di questa parte dell’Arco alpino sembravano in quei tempi garantire sufficiente disponibilità di pascoli a tutti. Sotto la spinta della crescita demografica la situazione andò però pian piano inasprendosi. Il mercato di prodotti ovini, soprattutto dell’affamata pianura lombarda in forte espansione, spinse a uno sfruttamento sempre più intensivo delle risorse alpine."

* Sic! (nota mia)
2) Sul modello di Alp Nursera, sopra Andeer. (nota dell'autore) 
 
Queste osservazioni del Lardi sono molto interessanti. Già da tempo mi ero imbattuto nella menzione dell'esistenza di toponimi in Urs-, presenti lungo l'arco alpino e non connessi con il nome latino dell'orso. Prima di poter stabilire con sicurezza che questa radice sia una variante di quella che ricorre nel romancio nu(o)rsa, occorrerebbero ulteriori studi e dati che molto probabilmente sono andati perduti.
 
Gli Aruspici e il fegato di pecora 
 
In etrusco la Dea della Fortuna era chiamata *Nurθia. Il teonimo in latino era trascritto come Nortia, con numerose varianti: Nurtia, Norcia, Norsia, Nursia, Nercia, Nyrtia. Questo nome doveva significare per l'appunto "Destino", "Fortuna", anche se dobbiamo dire che finora non si è trovato il modo di chiarirne l'etimologia. Queste sono le attestazioni di gentilizi derivati dal teonimo:  

Nurziu 
 genitivo: Nurziuś    
    femminile: Nurziunia  
    genitivo femminile: Nurziunias
Nurtine 
Nota: 
Cfr. Bezzembergher, 1877; D'Aversa, 1984; Morandi Tarabella, 2004.
 
Ora si spiega finalmente perché gli Aruspici usassero il fegato della pecora per scrutare i segni divini. La pecora doveva essere chiamata *nurza, proprio come in retico. Si capisce come l'assonanza con il teonimo *Nurθia fosse motivo sufficiente per giustificare e fondare una tradizione. Ovviamente si tratta di una somiglianza accidentale: il nome della divinità non è connesso a quello dell'ovino. 
 
Consideriamo ora alcuni altri antroponimi etruschi che potrebbero avere a che fare col teonimo *Nurθia. Il primo è un gentilizio:
 
Nufrzna  
 genitivo: Nufurznas 
    femminile: Nufrznei  
    genitivo femminile: Nufrznal 
Cfr. Benelli, 2015; Pittau, 2012, 2018. 

Il secondo è attestato come cognomen e come praenomen (es.: CIE 196, Tabula Cortonensis) ed è senza dubbio la base da cui è stato formato il gentilizio sopracitato:
 
Nufre   
  genitivo: Nufreś 
  genitivo patronimico: Nufresa
Cfr. Alberghina, 2013 
 
Il gentilizio Nufrzna, tipico di Perugia, è reso in latino con Noborsinius, Noforsinius o Nufronius (femminile Noborsinia, Noforsinia, Nufronia). Potrebbe anche essere che *Nurθia sia derivato da un precedente *Nufrθia. Se così fosse, sarebbe utile notare la somiglianza di queste forme con la ben nota parola egiziana nfr "buono, bello", femminile nfr.t "buona, bella". La pronuncia nel Medio regno doveva essere questa: maschile /'na:fa/; femminile /'nafra/. In epoca ellenistica, la pronuncia era ormai simile a quella del copto: maschile /'nu:fə/; femminile /'nɔfrə/. In copto il maschile è ⲛⲟⲩϥⲉ, il femminile ⲛⲟϥⲣⲉ (Sahidico), ⲛⲟϥⲣⲓ (Bohairico). Si fosse avvenuto un prestito dall'egiziano all'etrusco, molte cose si spiegherebbero. Non posso esserne sicuro al cento per cento, ma la trovo un'ipotesi affascinante. Certo è che sono documentati rapporti culturali tra l'Etruria e l'Egitto.