venerdì 8 aprile 2022


LA CARTA DI LARMENIUS E IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ OCCULTA DEL TEMPIO 

Sfogliando un dizionario che riporta molte informazioni su società occultiste di ogni genere (Greer, 2008), mi sono imbattuto nella voce Johannes Marcus Larmenius. Su questo argomento l'utile volume riporta quanto segue:  

Secondo le tradizioni elaborate nei circoli massonici francesi di inizio Ottocento, Larmenius, un Cavaliere Templare, fu segretamente nominato Gran Maestro dell'Ordine nel 1314 da Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro storicamente riconosciuto. 

Larmenius presumibilmente scrisse e trasmise ai suoi successori un documento, la Carta di Trasmissione, che concedeva loro i poteri di Gran Maestro dei Templari. La Carta emerse nel 1804 nelle mani di Bernard Favré-Palaprat, un massone francese, che la utilizzò come base per un ordine templare rinnovato. 

La Carta di Trasmissione è stata esaminata da esperti ed è chiaramente ritenuta essere un falso settecentesco, anche se l'identità del falsificatore non è in alcun modo certa. La Carta è l'unico documento in cui viene citato il cavaliere templare chiamato Johannes Marcus Larmenius, e le prove suggeriscono in modo definitivo che lo stesso Fabré-Palaprat, o il falsificatore da cui ottenne il documento, semplicemente si inventarono di sana pianta la figura di Larmenius. Fatto questo non inusuale nella creazione di storie sulle origini di società segrete. 

(Dal Dizionario Enciclopedico dei Misteri e dei Segreti, di John Michael Greer, pag. 306, edito da Mondadori) 

Il nome di questo misterioso personaggio di pura finzione è in realtà un appellativo derivato da una sua presunta origine armena: è infatti nota anche la variante Jean-Marc de l'Armenie. La forma Larmenius contenuta nel manoscritto implicherebbe un'agglutinazione dell'articolo francese, cosa un po' strana, dal momento che un autore del XIV secolo avrebbe piuttosto usato forme come Armenus o Armeniacus (una variante della seconda in effetti ricorre nella Carta, ma è riferita a due personaggi diversi e forse sta per D'Armagnac). Larmenius è descritto come nato in Palestina da genitori cristiani la cui origine ultima, armena o meno, non è precisata. 

Questo è l'inizio della Carta di Trasmissione, scritta in un latino ineccepibile al punto da sembrare libresco e sospetto: 

"Ego frater Johannes Marcus Larmenius, hierosolymitanus, Dei gratia et secretissimo venerandi santissimisque martyris supremi Templi militiae magistri (cui honos et gloria) decreto, communi fratrum concilio confirmato, super universum Templi ordinem, summo et supremo magisterio insignitus, singulis has decretales litteras visuris, Salutem! Salutem! Salutem! .........Fiat sicut dixi. Fiat! Amen! Ego Johannes-Marcus Larmenius, dedi die decima tertia februari 1324." 

Consultando documenti dell'epoca alla quale la Carta è ascritta dai sostenitori della sua autenticità, troviamo tutta una varietà di  forme bizzarre e sgrammaticate, che spesso ripugnano a chi ha studiato il latino a scuola (ad esempio, molto spesso il dittongo -ae- è ridotto a -e-, compare -y- dove dovrebbe esserci -i- e viceversa, a volte manca la h-, ecc.). 

Il documento contiene una lista di tutti coloro che avrebbero nei secoli ricoperto la carica occulta di Gran Maestro. Johannes Marcus Larmenius avrebbe ricoperto il suo incarico fino al 1324, quindi avrebbe scelto come successore Franciscus Theobaldus (da altri è riportato come Thomas Theobald), che avrebbe retto il Priorato di Alessandria fino al 1340. A questi sarebbero succeduti Arnaud de Braque (1340-1349), Jean de Claremont (1349-1357), Bertrand de Guesclin (1357-1381), Bertrand Arminiacus (1381-1392), Jean Arminiacus (1419-1451),
Jean de Croy (1451-1472), Bernard Imbault (1472-1478), Robert Leononcourt (1478-1497),  Galeatius de Salazar (1497-1516), Phillippe Chabot (1516-1544), Gaspard de Galtiaco Tavanensis (1544-1574), Henri de Montmorency (1574-1615), Charles de Valois (1615-1651),  Jacques Ruxellius de Granceio (1651-1681), Jacques Henri Duc de Duras (1681-1705), Phillippe, Duc d'Orleans (1705-1724), Louis Augustus Bourbon (1724-1737), Louis Henri Bourbon Conde (1737-1741), Louis-Francois Bourbon Conti (1741-1776), Louis-Hercule Timoleon, Duc de Cosse Brissac (1776-1792), Claude-Mathieu Radix de Chavillon (1792-1804), Bernard Raymond Fabre Palaprat (1804-1838). 

Cosa possiamo dedurre da questa lista? Innanzitutto mi balza agli occhi un membro di una famiglia legata alla stirpe di Simon de Montfort, la cui moglie aveva il cognome De Montmorency. Un'altra cosa notevole è una lacuna nella successione tra Bertrand Arminiacus e Jean Arminiacus: il primo avrebbe dismesso il suo incarico nel 1392, e un successore sarebbe stato trovato solo nel 1419. A questo fatto non viene a quanto mi consta data alcuna spiegazione. Dulcis in fundo, la lista si conclude proprio con il nome del suo scopritore/autore!  

In alcuni siti massonici sono date forme lievemente diverse dei nominativi, e la trasmissione del titolo di Gran Maestro viene fatta continuare dopo Palaprat con nomi anglosassoni. 

A parer mio, la Carta di Trasmissione fu creata in risposta a una richiesta di nobilitazione delle origini della Massoneria, inizialmente fatta derivare dalle Gilde dei Muratori della Scozia (risalgono alla sua fase più antica le leggende sull'Architetto Hiram). Quando la società segreta fu importata nel continente, molti nobili sentirono con disgusto ogni connessione con una qualche forma di lavoro manuale. Fu così ideata la connessione all'Ordine dei Cavalieri Templari, sentito come la quintessenza del mistero per via delle orribili ed oscure circostanza della sua scomparsa. Non dimentichiamoci che non era estranea alle società segrete del XVIII secolo una dimensione goliardica (basti pensare alle inverosimili leggende dell'Ordine dei Gormogons). In seguito la goliardia degenerò in falso storico, e ancora oggi ci si imbatte abbastanza spesso in residui di questa attività di mistificazione. 

Le conseguenze a lungo termine del falso in questione si sono rivelate macroscopiche: è di certo in quella lista di pretesi Maestri Segreti l'origine dell'odierna pullulazione di associazioni neotemplari. 

mercoledì 6 aprile 2022


I TEMPLARI, IL BAPHOMET E LA SINDONE 

Un articolo sui Templari è apparso recentemente sui quotidiani, recando un sunto degli studi di una studiosa vaticana che ha libero accesso agli archivi segreti della Chiesa di Roma: Barbara Frale. L'idea portante - da lei presentata come una sconvolgente scoperta - è l'adorazione tributata dai Cavalieri del Tempio a un manufatto di incerta origine, già tacciato di falso dalle autorità ecclesiastiche non appena la sua esistenza è stata resa manifesta: la Sindone

Secondo questa ipotesi, il famoso idolo barbuto denominato Baphomet e presumibilmente oggetto di culto da parte dei Templari altro non sarebbe che il dubbio sudario custodito oggi a Torino (dagli anglofoni noto appunto come Shroud of Turin). Eppure la stessa Frale non può nascondere che l'identificazione con la Sindone era già stata fatta nei tardi anni settanta del novecento, da parte di uno studioso di nome Oxford Ian Wilson. Aggiungo che tale ipotesi è stata subito bollata come pseudoscienza, così come al reame della fantasia sono state assimilate molte altre proposte. Q
uindi la storica del Vaticano non ha inventato proprio nulla: ha solo attinto a materiale preesistente datato di almeno un ventennio, e per giunta neppure di buona qualità. 

L'immagine più diffusa del Baphomet è quella che lo identifica con il Capro di Mendes, una divinità egizia connessa con la fertilità. Non c'è alcun fondamento storico per questa iconografia: si tratta del frutto della fantasia del massone Eliphas Lévi in pieno XIX secolo. Fu nel suo Dogma e rituale dell'alta magia, edito nel 1845, che questo autore produsse un'immagine di questa divinità ermafrodita cornuta dal vello nero. I suoi attributi sono densi di significati esoterici, basti pensare alle ali, alla torcia fallica sulla fronte, alla posizione delle mani. Non c'è nulla di tutto questo che abbia la benché minima connessione con i Templari; tra l'altro le fonti dell'epoca non alludono mai a corna, ma solo al fatto che si trattava di una testa barbuta. 

Le etimologie proposte per il nome Baphomet sono tante, una più assurda dell'altra. Ne citerò soltanto alcune. Friedrich Nicolai, un libraio tedesco, ha collegato il nome al verbo greco che significa 'immergere' e che è anche l'origine della parola 'battesimo'. In questo caso resterebbe in ogni caso un residuo suffisso -met, inanalizzabile. Invece Elipas Lévi sostenne un anagramma da un fantomatico TEM.O.H.P.AB, che starebbe per Templi omnium hominum pacis abbas (ossia 'Abate del Tempio della Pace di tutti gli uomini'). Alesteir Crowley, che in preda all'esaltazione orgiastica aveva assunto Baphomet come epiteto, arrivò a proporne l'origine da una frase bizzarra da lui inventata e tradotta come 'Padre Mitra'. 

Qualcuno afferma che Baphomet derivò dalla pronuncia popolare del nome Maometto, di cui si registrano molte varianti, dal veneziano Malcometto fino all'inglese Mahound, ora usato soltanto in Scozia. Esiste però una difficoltà. Com'è risaputo, l'Islam è una religione che rifiuta il culto delle immagini, al punto che rappresentare Maometto è assolutamente vietato ai suoi fedeli. Tra i musulmani non c'è mai stato un culto dell'immagine di Maometto, né dipinta né scolpita. I fautori di questa origine del Baphomet affermano che Filippo IV di Francia considerava del tutto irrilevante questo fatto: a lui importava solo inculcare l'idea che i Templari avessero tradito la Cristianità per servire segretamente l'Islam, insozzando così la loro integrità morale. 
 

Se inseguire un manufatto a forma di testa non ci porta da nessuna parte, le cose non vanno meglio con l'immagine impressa su telo. Stando sempre al racconto della Frale, "I Templari si procurarono la
sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie"

Inizierei col mettere i puntini sulle i, precisando che soltanto il Catarismo nega la corporeità di Cristo. Le altre forme di dissidenza religiosa note all'epoca, come il Valdismo, affermano la natura carnale del corpo di Cristo esattamente come fa la Chiesa Romana.
L'idea della Sindone come 'antidoto' all'eterodossia non regge affatto, anche perché per un cataro un idolo è soltanto il Nulla. Nessun docetista si convertirebbe all'idolatria vedendo l'immagine di un uomo barbuto stampata su un telo, e nessun cattolico di una certa levatura avrebbe bisogno di un idolo per dimostrare la sua teologia. Siamo ai livelli degli strani racconti sulla mummia di Cristo che si trovano nella Rete. 

Se i Templari avessero avuto tutto questo terrore dell'eresia, difficilmente avrebbero mantenuto una posizione di neutralità nei confronti dei Catari, ma anzi avrebbero partecipato attivamente alla crociata di Montfort. 

Non contenta, la Frale insiste. Aggiunge che "L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo". 

Incredibile. Forse nessuno ha detto all'autrice che anche i Catari dei secoli XIII-XIV erano uomini del Medioevo?  

Inoltre vale la pena di riportare che nel 1353 la Sindone fu esibita a Lirey, in Francia, da Goffredo di Charny. Il vescovo di quella regione ne fu scandalizzato e ordinò subito un'indagine. Risultato: fu stabilito che il telo era un falso ed è anche riportato che il vescovo riuscì a contattare il suo autore! Non dimentichiamoci che i Sudari di Cristo proliferavano, tanto che ci sono notizie di una quarantina di reliquie di questo tipo. Come distinguere un vero dai tanti falsi? Impossibile. Tant'è che calmatesi le acque, Goffredo di Charny rimise in mostra l'idolo, provocando una nuova inchiesta, con lo stesso esito. Gli ecclesiastici dell'epoca avevano le idee più chiare di quelli odierni? Si direbbe di sì. D'altronde spopolavano anche i prepuzi rinsecchiti detti reliquie della Circoncisione di Gesù. Bisogna credere che simili contraffazioni costituissero un antidoto al Catarismo? Lascio al lettore le conclusioni. 

In contrasto stridente con l'idolatria della Sindone è il rituale eminentemente docetico del calpestamento del crocifisso. Difficile negare l'esistenza di questa strana pratica richiesta alle reclute dei Templari. La
Frale propone un'interpretazione goliardica del rituale, assimilandolo persino a un atto di nonnismo malinterpretato e ingigantito. La cosa è tanto assurda che non vale nemmeno la pena di sforzarsi a deriderla: la verità è su queste basi la studiosa non può dare una spiegazione consistente con le sue premesse.   

D'altro canto, si può smentire con certezza l'appartenenza dei Templari al Catarismo. Se ci fosse anche stata l'ombra di un sospetto, i nemici dell'Ordine avrebbero sicuramente colto l'occasione. L'inquisitore Bernardo Gui, che studiò approfonditamente la distruzione del Tempio, non menziona mai una sola traccia del Catarismo - e se avesse avuto anche solo una mezza idea della presenza di Catarismo tra i Templari l'avrebbe certamente menzionato nella sua opera (non dimentichiamoci che i Domenicani sono molto precisi). 
Si deduce quindi che il calpestamento del crocifisso, pur di essenza docetica, doveva avere un'origine diversa. Ritorneremo su questo affascinante argomento.  

In buona sostanza, concordo con la Frale soltanto su una cosa, che il 99% di ciò che si dice sul Tempio è spazzatura. Comprese molte cose che lei afferma.
Non so ancora dire quasi nulla in positivo a proposito della strana vicenda dei Templari, mentre non riesce difficile confutare assurdità dette da altri. 

Meditando su tutto ciò si arriva a una conclusione desolante: il destino più orribile dei Poveri Cavalieri di Cristo non furono le torture e i roghi, ma la caduta del loro nome nell'abisso della Disinformazione. Che il Dio dei Buoni Spiriti protegga la Conoscenza del Bene e la Chiesa dei Buoni Uomini da un simile fato. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 13 aprile 2009) 

lunedì 4 aprile 2022


I TEMPLARI E IL GIOVANNISMO 

Una delle ipotesi più strane formulate nel tentativo perennemente vano di spiegare il mistero dei Templari, è quella che li collega al Mandeismo o Giovannismo. Secondo alcuni studiosi o sedicenti tali, tra cui si annoverano anche i famigerati Leigh e Baigent, i Poveri Cavalieri di Cristo sarebbero in qualche modo venuti in contatto con i Mandei in Mesopotamia e ne avrebbero assunto segretamente la religione. In altre parole, questa interpretazione ammette che i Templari avrebbero praticato una forma di Gnosticismo non connesso con il Catarismo. 

I Mandei, chiamati anche Cristiani di San Giovanni, sono i soli eredi diretti degli Gnostici ancora viventi alla luce del sole. Essi continuano di generazione in generazione una religione di tipo gnostico sicuramente antica: alcuni pensano che vi aderisse già il padre di Mani. Documentati nel III secolo dopo Cristo, i Mandei sono qualcosa che lega il mondo antico a quello odierno attraverso una linea di successione autentica e ininterrotta. A differenza dei Neognostici, che hanno ripreso insegnamenti antichi leggendoli sulla carta. 

Si devono tuttavia fare alcune precisazioni di importanza capitale. Il Mandeismo è molto diverso dalle altre forme di Gnosticismo antico, al punto che qualcuno ha formulato l'idea che si tratti di uno Gnosticismo non cristiano, poi cristianizzato solo in superficie. 

Il Mandeismo non è propriamente anticosmico. Sostiene sì che il mondo materiale è opera dello Spirito delle Tenebre, Ruha, ma ammette anche che l'anima dei morti fa ritorno alla Luce subito dopo la morte, in modo quasi automatico. Il rito fondamentale di questa religione è il Battesimo d'Acqua di Giovanni il Battista e non vi esiste invece alcun equivalente del Battesimo di Fuoco o di Spirito. Infatti il Mandeismo è  chiamato anche Giovannismo proprio per il ruolo centrale di Giovanni il Battista. I Mandei si battezzano più volte nella loro vita nelle acque di un fiume sacro, che nella loro lingua aramaica è sempre chiamato Giordano. Propugnano il matrimonio come unione carnale, e sostengono anzi  che nessuno può salvarsi se non ha contratto tale vincolo - in netta opposizione con le religioni dualiste anticosmiche. Il ciclo delle rinascite lo credono una maledizione riservata a chi muore senza essersi sposato. Questa condanna del celibato, ritenuto peccato, dimostra in modo irrefutabile la lontananza dalla teologia catara. Non è ammesso il proselitismo: per diventare Mandei occorre avere almeno un parente che lo sia per nascita. 

I Mandei non solo non ammettono un Cristo venuto sulla Terra, ma addirittura lo considerano malvagio e incarnato. Chiamano questo uomo, Ishu Mshiha (Gesù Terreno), un impostore: dicono infatti che fu crocifisso realmente nella corpo terreno e contrapposto allo Spirito di Luce, Manda d-Haiye. Secondo la tradizione mandea, Cristo sarà smascherato alla fine dei tempi dall'angelo Anosh Uthrà, identificabile con l'Enoch biblico. Egli "accuserà Cristo il romano, il mentitore, figlio di una donna che non
è dalla luce" e "smaschererà Cristo il romano come mentitore; egli sarà legato dalle mani dei giudei, i suoi devoti lo legheranno e il suo corpo sarà trucidato"

Questa avversione per Cristo si adatterebbe alla perfezione alla pratica del calpestamento del crocifisso ricorrente tra i Templari.  Per rendere più verosimile l'ipotesi, Baigent e gli altri citano alcune testimonianze del rifiuto di Cristo. Alcune frasi, che sarebbero state pronunciate durante la cerimonia di iniziazione, sono ad esempio riportate nel libro Il Santo Graal di M. Baigent, R. Leigh e H. Lincoln, edito da Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.: 

"Tu credi erroneamente, perché egli [Cristo] è in verità un falso
profeta. Credi soltanto in Dio nel cielo, e non in lui". 

"Non credere che l'uomo Gesù, crocifisso dai Giudei in Outremer, sia
Dio e possa salvarti" 

"Credi solo in un Dio Superiore" e "Non riporre grande fede in questo
[Cristo], perché è troppo giovane". 

Se devo essere franco, non ho molta fiducia nell'attendibilità di questi documenti. Non riuscendo a trovarne traccia da nessuna parte, se non appunto nell'opera di Baigent, attendo che qualche esperto che ha più conoscenza di me mi illumini. Fino ad allora, sarò propenso a ritenere questo materiale falso e costruito ad hoc per dimostrare la tesi del Giovannismo templare. 

Il problema è che non si capisce come il Mandeismo sia potuto passare nel Tempio, visto che è una religione priva di attività missionaria. Dovremmo pensare all'esistenza di un mandeo eterodosso entrato nelle file dei Templari per poi spargere tra di loro una religione mandea modificata - cosa di cui non esistono documenti e che appare di per sé molto improbabile. 

Chi accetta l'interpretazione giovannita della dottrina occulta dei Templari, identifica il Baphomet con la testa di Giovanni il Battista. Il problema è che non si ha nessuna documentazione di un rito battesimale mandeo tra i Poveri Cavalieri di Cristo. Nessuno afferma che essi propugnassero forme di anabattismo, né tantomeno che ripetessero un battesimo d'acqua più volte in un anno. Non risulta neppure che avessero un particolare culto per Giovanni il Battista. 

Ammettendo l'ipotesi di una dottrina templare occulta, si dovrebbe sperare di trovare le prove di una forma di religione finora ignota che spieghi alla perfezione tutti i fatti documentati. Comunque la si metta, non si riesce ad avere che una visione sfocata dell'argomento,
soprattutto perché gli accademici rimangono chiusi nella loro torre d'avorio ed evitano con cura di cimentarsi in un'ardua battaglia contro le forze della Disinformazione. 

sabato 2 aprile 2022


 
L'INSIDIA DEI FALSI STORICI NEOTEMPLARI:
IL CASO MALNIPOTE

La carenza di informazioni può essere meno problematica della loro sovrabbondanza, perché spesso queste risultano essere fondate sul nulla. Se la Rete rende agevoli le ricerche, introduce al contempo grandi incertezze, perché così come si può condividere un'informazione vera, è altrettanto agevole e immediato pubblicare falsità. Tra i tanti, a farne le spese sono i Catari e il Tempio, forse a causa dell'alone di mistero che li circonda. Soprattutto sui Cavalieri Templari si trova una pletora impressionante di falsi storici non sempre grossolani, al punto che è davvero difficile districarsi per ogni navigatore che voglia accrescere la propria conoscenza.

Mentre discutevamo sul controverso argomento dei rapporti tra i Buoni Uomini e i Templari, io e la carissima amica Krak abbiamo scoperto in diversi siti una corrispondenza tra da Roncelin (Roncelinus) de Fos e Richard de Vechiers, entrambi Poveri Cavalieri di Cristo. Vale la pena di analizzare queste lettere, perché sembra che abbiano incuriosito e tratto in inganno diverse persone. Tutte le informazioni disponibili concordano nel collocare il carteggio e in una biblioteca nota come Fondo Malnipote, aggiungendone a volte anche un codice identificativo. La traduzione, non si sa se dal latino o dal francese antico, è ascritta a Opizzo Malnipote, mentre uno studio sui testi in questione è a nome di un certo professor Umberto Cardini. 

Riporto i testi in versione integrale:

MANOSCRITTO 1

A Richard de Vichiers da Roncelin de Fos

Mio caro fratello in Cristo,
qui ad Acri, posso oggi scriverti per riferirti il successo della missione che mi affidasti il giorno della nascita del Nostro Signore nell'anno 1243 quando il diacono dei Buoni Uomini, Pierre Bonnet, giunse alla nostra Casa e chiese il nostro aiuto per proteggere il loro Tesoro. Tu mi affidasti l'impegno di accompagnare e scortare le Buone Dame e la loro Reliquia al nostro Tempio e consegnarla segretamente a tuo fratello. Partii la sera stessa dalla nostra casa di Pieusse e fui guidato dal Buon Uomo Bonnet fino alla grotta fortificata di Niaux, dove protette da un Buon Uomo trovai sette Buone Dame. La notte stessa ci separammo: mentre i due Buoni Fratelli continuavano il loro cammino per nascondere il resto del loro tesoro, le dame viaggiarono, protette da me, su un carro con la Reliquia di Giuseppe. Seguendo il tuo suggerimento, per confondere gli eventuali inseguitori non ci dirigemmo verso i nostri porti del Mediterraneo ma andammo fino a La Rochelle dove ci imbarcammo per Bari; ritenni infatti più prudente sbarcare in Terra Santa proveniente dalla Sicilia e non dalla Francia. Alcuni mesi dopo, nonostante la tragica notizia della  caduta di Gerusalemme decidemmo di imbarcarci da Bari per la Terra Santa ma quando sbarcammo ad Acri sapemmo della tragedia: un mese prima le forze cristiane erano state massacrate a La Forbie, dove perì anche il nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia in gloria; la speranza di recuperare Gerusalemme era perduta. Arrivato, fortunatamente, seguii di nuovo il tuo consiglio: invece di rivolgermi al Gran Maestro mi rivolsi direttamente a tuo fratello Renaud e questi, quando seppe di cosa si trattasse, mi fece giurare di non farne parola al nuovo Gran Maestro, Richard de Bures, uomo molto amico (e secondo tuo fratello prezzolato) del signore di Tiro, Filippo Montfort, nipote di quel Simone che sta combattendo contro i Buoni Uomini. La crociata contro il conte di Tolosa, mi spiegò tuo fratello, è stata scatenata da forze malvagie per impossessarsi della Reliquia di Giuseppe e tuo fratello sospetta addirittura che la nomina del Gran Maestro sia stata favorita da queste forze per recuperare altri potenti oggetti che noi Templari proteggiamo, custodiamo e nascondiamo dai nemici perché non siano rivelati prima dall'ora designata. Tuo fratello si rivolse invece ad un altro fratello, Guillaume de Sonnac, di cui aveva assoluta fiducia; la tremenda situazione in cui si trovano oggi i cristiani sotto gli attacchi di Satana è dimostrata dal fatto che tuo fratello decise, con l'avvallo di Guillaume, di chiedere aiuto agli infedeli, ai seguaci del Saggio della Montagna. Per calmare i miei scrupoli per questa alleanza con i nemici, non solo mi convinse che il Saggio era più amico nostro che il Montfort, ma mi mostrò un documento straordinario: in esso il nostro fondatore racconta che alla sua morte il Saggio della Montagna gli aveva inviato un sigillo di grande potere magico chiedendogli di nasconderlo e proteggerlo dai seguaci di Satana; perplesso il nostro fondatore era partito per la Francia per consegnarlo al santo uomo che ha redatto la nostra regola. Ma il santo abate ebbe parole di onore per il Saggio e ordinò al nostro fondatore di custodire questo oggetto. Sappi che il sigillo e la documentazione alla morte del nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia in gloria, sono stati nascosti da tuo fratello e da Guillaume che temono le trame del Montfort. Tale sono gli intrighi di Satana che per difendersi bisogna essere "prudenti come serpenti". I seguaci del Saggio della Montagna, contattati da tuo fratello accompagnarono lui, me e le sette Buone Dame fino alla Valle di Mosè. Lì vidi una meraviglia che mi lasciò senza fiato: una montagna in cui sono stati scolpiti e scavati templi e palazzi e chiese e tombe. Lì i seguaci del Saggio ci guidarono ad un altare scavato sul fianco della montagna sulla cima del quale era inciso un simbolo che ti disegno:

(Il disegno è quello del simbolo dell'infinito; ognuno dei due cerchi contiene il simbolo di un otto; ognuno dei quattro cerchi degli otto contiene un punto spesso. N.d.E.)

I seguaci del Saggio ci mostrarono come l'altare può aprirsi: è necessario introdurre contemporaneamente in ognuno dei quattro buchi al centro dei cerchi un medaglione dalla foggia curiosa. Consegnarono quindi una di queste chiavi a ciascuna delle sette Buone Dame che deposero nella tomba la Reliquia di Giuseppe. Voglia Dio che resti per sempre nascosta e protetta dagli attacchi di Satana fino all'ora designata per la sua rivelazione, nonostante una possibile minaccia. Una delle sette Buone Dame fu infatti catturata dal signore di Tiro e torturata a morte, che Dio abbia pietà della sua anima. Il signore è venuto quindi in possesso di una delle chiavi ed è a conoscenza del ruolo di tuo fratello, mio e dei seguaci del Saggio a fargli perdere per sempre la reliquia per la quale la sua famiglia ha versato tanto sangue innocente. 

MANOSCRITTO 2 

A Richard de Vichiers da Roncelin de Fos

Mio caro fratello in Cristo,
devo scriverti notizie dolorose e che straziano il mio ed il tuo cuore. Forse ti è già giunta la notizia della tragica morte di tuo fratello, che Dio lo abbia in gloria, insieme a malevoli commenti. Sappi che tuo fratello è immune delle macchie di cui è accusato: la sua sola colpa è quella di aver seguito il compito che ci era stato affidato dal sant'uomo Bernando che scrisse la nostra regola e ci impose di proteggere, custodire e nascondere dai nemici di Dio e dai servi di Satana quegli oggetti potenti che non devono essere rivelati prima dall'ora designata. Quando Re Luigi sbarcò a Cipro si crearono subito degli scontri nella gestione delle operazioni tra il Re che voleva agire immediatamente e i nobili locali (tra cui il nostro Gran Maestro Guilleume) che suggerirono prudenza. Lo scontro divenne più duro quando il re ordinò al Gran Maestro di cessare le trattative col sultano di Damasco. La campagna in Egitto del Re, fu una follia militare e causò la morte  del nostro Gran Maestro Guilleume, che Dio lo abbia in gloria, e si concluse con la cattura del Re.

Liberato il Re e tornato ad Acri, Luigi, istigato da Filippo Montfort, pretese che il maresciallo del Tempio, Ugo di Jouy, il quale aveva trattato col sultano per ordine del Gran Maestro Guilleume, venisse rimosso e bandito dalla Terra Santa. Tuo fratello fu costretto a cedere ed Ugo divenne maestro in Catalogna. Quando il Re lasciò Acri e tornò (finalmente!) in Francia, Filippo Montfort colpì di nuovo: i suoi seguaci nel Capitolo, nel corso di una deliberazione segreta, deposero tuo fratello. Due giorni dopo, tuo fratello fu trovato ucciso. Non ho dubbi su chi abbia mosso la mano dei sicari. Come non ho dubbi su chi ha fatto girare voci sui rapporti tra tuo fratello e i mussulmani. È vero che tuo fratello da sempre ebbe stretta collaborazione con i seguaci del Saggio della Montagna, ma io, che fui il suo amico e il suo servitore, ti giuro che il suo obbiettivo in ciò era difendere la Terra Santa e seguire il compito segreto affidato a noi dal sant'uomo Bernardo. E sappi che tuo fratello mi insegnò che noi, i Buoni Uomini e il Saggio della Montagna in questo santo compito siamo stati da sempre alleati. Sappi dunque che tuo fratello è morto per compiere il nostro compito segreto ed è stato ucciso dall'uomo della stirpe che Satana ha generato sulla terra per recuperare quegli oggetti di potere che non devono essere rivelati prima dall'ora designata.

MANOSCRITTO 3

A Richard de Vichiers da Roncelin de Fos

Mio caro fratello in Cristo,
mi sembra doveroso farti sapere che tuo fratello è stato vendicato. Alcuni giorni fa un seguace del Saggio della Montagna, fingendosi un convertito al cristianesimo entrò nella cappella dove Filippo di Tiro e suo figlio Giovanni stavano pregando e pugnalò entrambi. Giovanni è sopravvissuto mentre l'anima di Filippo ha raggiunto il suo sovrano Satana. Si dice qui che la mano è stata armata dal sultano dell'Egitto ma io credo che il Saggio abbia voluto vendicare il suo fratello e proteggere ulteriormente il segreto della reliquia di Giuseppe.

Il prezioso contributo di Krak permette di mettere a fuoco alcune significative criticità:

1) Un professor Umberto Cardini non è mai esistito, esiste un Franco Cardini che è uno storico e un saggista specializzato in studi sul Medioevo.

2) Il Fondo Malnipote, che dovrebbe essere una biblioteca contenente manoscritti inestimabili, si è rivelato inesistente.

3) Opizzo Malnipote, da cui l’omonimo Fondo, è una figura inconsistente: non esiste nessuna traccia storica della sua esistenza.

4) L’autenticità dei manoscritti sarebbe stata confermata da verifiche scientifiche preliminari - che sono tuttavia inaccessibili.

5) Si dice che le lettere sono databili 1245, 1256, 1270 – ma non si specifica da chi… nel testo che si trova in rete non ci sono queste date.

6) Le lettere sono state scritte da Roncelin de Fos a Richard de Vichiers, ma il tono con cui parla il Templare è quello di una persona che in questi 25 anni in cui sono distribuite le lettere non si è mai mossa da Acri. Nella presentazione del personaggio si parla invece di vari incarichi che ha ricevuto anche in Europa.

7) Richard de Vichiers è storicamente sconosciuto: non vi sono conferme storiche che fosse fratello del Gran Maestro Rinald de Vichiers, né che fosse vissuto nella domus Templare di Pieusse.

8) La scelta di Gerusalemme risulta alquanto bizzarra, considerando le disfatte subite dai crociati in quegli anni. La Città Santa non era di certo un luogo sicuro per nascondere “una reliquia così importante”. Lo dimostra il fatto che nel 1244 ad agosto Gerusalemme cade in mano ai Turchi.

9) Le lettere giungono ad Acri, un mese dopo la sconfitta della Forbie (17 ottobre), quindi presumibilmente intorno alla metà di novembre. Ora mi chiedo se effettivamente il viaggio era dovuto alla “reliquia”, se si può stare un anno in giro con un oggetto talmente importante, a rischio che venisse catturato dai “nemici” da cui lo stavano nascondendo…. Mi sembra altamente improbabile e rischioso. Si notino le incerte conoscenze di geografia: “non ci dirigemmo verso i nostri porti del Mediterraneo ma andammo fino a La Rochelle dove ci imbarcammo per Bari; ritenni infatti più prudente sbarcare in terra santa proveniente dalla Sicilia” (Bari è in Puglia non in Sicilia).

10) Acri in quegli anni era una degli ultimi presidi crociati, mi sembra anche in questo caso altamente improbabile che un’operazione di tale portata rimanesse segreta.
 
11) I rapporti tra Fos, Vichies, Sonnac (1247-1250) e gli Assassini sono problematici. Secondo la lettera questi ultimi offrono un nascondiglio tra le rovine di Petra, azionata con un meccanismo segreto che viene rivelato alle sette custodi, ognuna delle quali ha consegnato un medaglione - anche in questo caso a parte la storia del meccanismo segreto mi sa tanto di storiella, mi sembra molto pericoloso avere così tante “chiavi” per accedere alla “reliquia”. Una di loro viene catturata dal signore di Tiro, quindi si presume che il nipote dell’infame Simone di Montfort fosse entrato in possesso di una delle “chiavi” e quindi conoscesse il segreto e le persone che lo avrebbero occultato………allora perché non impegnarsi per trovarlo? O per eliminare chi ne era a conoscenza?

12) Si fa poi riferimento a Richard de Bures (1244-1247), Guillaume de Sonnac (1247-1250), Rinaldo di Vichiers (1250-1256) e Tomas Bérard (1256-1273) - Molti studiosi tra cui Runciman e Malcom Barber nella lista dei Grandi Maestri del Tempio omettono il de Bures.

13) Il de Sonnac racconta la pia leggenda (dove e quando?) secondo la quale il Vecchio della Montagna avrebbe consegnato al fondatore dei Templari un “sigillo di grande potere” perché lo consegnasse a San Bernardo - Storicamente i rapporti tra i Templari e gli Assassini non sono mai stati provati tanto meno ritengo fossero possibili all’origine dell’Ordine. Inoltre se tutto ciò fosse stato portato al cistercense ci si dovrebbe domandare com’è possibile la seguente affermazione: “Sappi che il sigillo e la documentazione alla morte del nostro Gran Maestro Armand… sono stati nascosti da tuo fratello e da Guillaume che temono le trame di Montfort” (perché questi oggetti dalle mani di San Bernardo sarebbero stati di nuovo portati in Terra Santa?).

14) Quando i Templari, hanno perso definitivamente i presidi in Terra Santa che ne hanno fatto della reliquia…. In ultimo il contenuto delle presunte lettere fosse stato reale, sarebbe stato di vitale importanza, per cui è impensabile che tali notizie vengano scritte in modo così esplicito, potevano cadere in mano del nemico in qualsiasi momento….
Saluti
Krak

Per quanto mi riguarda, sono stato quasi immediatamente assalito da dubbi sull'intera struttura narrativa anche senza verificare date, personaggi ed avvenimenti. La menzione della Reliquia di Giuseppe mi ha subito convinto che questi testi non sono genuini, ma interamente costruiti ad arte. Infatti il Catarismo non ha mai ammesso il culto di qualsiasi reliquia, idolo o simulacro. E' chiara la posizione dei Buoni Uomini: quando un sant'uomo muore, il suo spirito abbandona il carcere materiale, che ritorna agli elementi diabolici da cui è stato generato. Nessuna elevazione spirituale può venire da un resto mortale mummificato o conservato altrimenti, non più di quanta ne possa venire dalla carcassa di un asino o da una latrina. Anche ammettendo che non si tratti di resti umani, non appare credibile che un oggetto di qualsivoglia natura possa essere stato tanto importante per i Buoni Uomini da giustificare una simile perigliosa impresa.

Alla fine io e Krak siamo riusciti a svelare l'arcano: abbiamo trovato le lettere di Roncelin de Fos e Vechiers in un
sito che riportava nell'url la dicitura "giochidiruolo".

http://www.mclink.it/com/agonistika/giochidiruolo/
pathos2/archivio/a1/graal.htm 

Il cammino dello studioso è irto di difficoltà, ma per fortuna esistono criteri che permettono di non lasciarsi ingannare. Di fronte a un testo è buona norma cercare di reperirlo in lingua originale. Se la cosa non è agevole, si può avere il sospetto che si tratti di un falso. Capita che dei testi siano scritti in un linguaggio moderno, seguendo un'ordine di idee moderno: questa potrebbe essere frutto di una traduzione troppo libera, oppure la firma di un falsario. Bisogna avere una conoscenza di base del soggetto che si sta studiando, in modo da scoprire incongruenze. Per quanto riguarda i Catari la cosa è più facile: la dottrina è così peculiare e inconfondibile che qualsiasi frode viene immediatamente scoperta. Nel caso del Tempio le cose sono più complicate, perché la dottrina segreta di cui tanto si parla non è nota con altrettanta certezza. Deve esistere inoltre un potere nascosto, sulla cui vera natura non ho potuto avere certezza, che mira a diffondere su questo argomento confusione. Si ha come l'impressione che questo marasma cognitivo sia deliberatamente coltivato. Forse la cosa è da mettere in relazione alla galassia delle associazioni cosiddette Neotemplari. Di queste una cosa sola so per certo: non ne esiste neanche una che possa veramente affermare di rappresentare il Tempio. Un autentico cavaliere non persegue infatti menzogna ed inganno, ma verità.

Di Roncelin de Fos avremo occasione di occuparci ancora in altra sede, perché il suo nome compare in relazione a un documento controverso: la Regola Segreta

La pseudostoria è un nemico subdolo. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 18 gennaio 2008)

Nel gennaio 2011 i contenuti di questo post hanno attratto l'attenzione lodevole dei gestori del blog Tradizione Templare, ospitato sulla piattaforma Blogspot, che hanno pubblicato il post Quando i polli scrivono la storia. A loro va tutta la mia gratitudine! Questo è il link:  

Anche se nel frattempo le pagine del sito di giochi di ruolo sono diventate inagibili, resta la prova della creazione fraudolenta. Il post di Tradizione Templare è tuttora accessibile e spero ardentemente che lo resterà a lungo!

martedì 29 marzo 2022

 

IL CATARISMO DI HIERONYMUS BOSCH

La Conoscenza Segreta

La scrittrice inglese Lynda Harris è l'autrice di un libro molto interessante: "The Secret Heresy of Hieronymus Bosch", ossia "L'Eresia Segreta di Hieronymus Bosch". Questo volume non è facilmente reperibile, e non mi risulta che sia mai stato tradotto in italiano. In attesa di potermente procurare una copia e di leggerlo con attenzione, penso sia il caso di pubblicare qualcosa sulla sua affascinante idea di base: il pittore olandese Hieronymus Bosch (1450-1516) aderiva di nascosto al Catarismo. Purtroppo al momento le uniche evidenze su cui posso basarmi sono, oltre all'analisi diretta dei dipinti di Bosch, alcuni estratti del libro della Harris, le sue recensioni e le discussioni reperibili nella Rete. Mi riprometto di riaggiornarmi quando finalmente sarò riuscito ad avere una copia del libro in questione.

Riporto e commento in questa sede qualche brano particolarmente significativo. Il primo è tratto dal sito www.pittorifamosi.it:

Hieronymus Bosch “il significato dietro l’evidenza”

Jeroen Anthoniszoon van Aken detto Hieronymus Bosch o Jeroen Bosch nato a Hertogenbosch il 2 ottobre del 1450 - 1516. Pittore fiammingo firmò alcuni dei suoi dipinti con “Bosch” che in olandese significa “bosco”.
Rappresentata nei suoi dipinti è l’umanità che cede al peccato ed è condannata all’inferno. Tuttavia vi sono due tavole dipinte dove l’artista suggerisce la strada per redimersi dai peccati e si trova nella tavola con la vita dei santi, ossia imitare la loro vita dedita alla meditazione anche se circondati dal male, sia nella tavola con la Passione di Cristo, attraverso la comprensione delle pene sofferte dal Cristo per riscattare dal peccato universale il genere umano.
Le centinaia di personaggi che affollano ogni suo quadro, tra diavoli, civette, scimmie, topi mostruosi e pesci fantastici, accanto ai grandi personaggi della storia sacra, fanno pensare a un surrealista o a un Salvador Dalí (1904-1989).
Ma nelle sue opere è presente un forte simbolismo di cui forse è andata persa la vera chiave di lettura.
Ciò che entusiasma ogni appassionato di arte è la sua possibile maschera di cattolico, ossia avrebbe finto di esserlo partecipando oltretutto attivamente alla vita della pia Confraternita di Nostra Signora. In realtà era uno gnostico, legato alle ultime sopravvivenze dell’eresia catara che cercava di preservare, in un linguaggio cifrato, nella sua pittura e di trasmettere così ai posteri.

“Quando anche l’ultimo cataro fosse scomparso dall’Europa i quadri di Bosch ne avrebbero conservato e trasmesso le dottrine a chi avesse avuto orecchie per intendere e soprattutto occhi per vedere.”

Lynda Harris

Il secondo brano, sempre da
www.pittorifamosi.it, è una spiegazione molto interessante del Giardino delle Delizie

Bosch raffigura nel pannello al centro la festa della sensualità e della carne non per celebrarla, ma per evidenziare la forte corruzione senza speranza di riscatto. Non si tratta di offrire alle realtà terrene una speranza, ma di negarle come radicalmente perdute e dannate.
Bosch rappresenta del resto un inferno che non è ultramondano, ma terreno.
L’inferno è semplicemente la terra come sarà quando gli iniziati gnostici l’avranno abbandonata, e le presunte delizie si riveleranno nel loro significato di corruzione e di morte. Lo stesso paradiso terrestre è ambiguo, in quanto il Cristo che tiene per mano Eva ha una funzione ambivalente, la salva o la introduce al peccato? e si potrebbe perfino sospettare che si tratti di Satana sotto mentite spoglie. Al centro della fontana del paradiso terrestre una civetta, simbolo del diavolo.
Secondo Bosch
in realtà "il creatore di questo mondo è cattivo e il mondo è cattivo."

L’unica speranza è costituita dalla reincarnazione, simboleggiata da rondini che volano a spirale attraverso le cavità di una strana roccia che compare sullo sfondo del pannello di sinistra del Giardino. Niente è dato per scontato, una volta che si ingrandiscono le minute figurine di Bosch si notano strani particolari: una casa sullo sfondo ha tutte le caratteristiche del bordello, un asino su cui avanza una scimmia in un panorama dominato da un idolo pagano sembra una caricatura della tradizionale rappresentazione della fuga in Egitto, e della leggenda secondo cui gli idoli cadevano infranti al passaggio del Bambino.

Un terzo brano, estratto da www.fictionwise.com e tradotto in italiano:

Gli enigmi di Bellini e di Piero erano del tipo più primitivo. Bosch, che vedeva altre possibilità, insegnò a se stesso come disporre strati di simboli e di allusioni nei suoi dipinti. Avvertiamo che essi sono lì, anche quando non possiamo leggerli, ed è questo che dà al suo lavoro il suo potere ipnotico.

La critica di Bosch durante i passati settant'anni ha stipato i dipinti in captegorie non adatte, proprio come hanno fatto i Padri della Chiesa nel tentativo di spiegare l'Antico Testamento. Questi critici hanno due scuse per il consistente fallimento di questo metodo. La prima è che Bosch aveva predisposto i suoi enigmatici dipinti in modo che fossero compresi soltanto da alcuni gruppi esoterici - gli Adamiti, per esempio (nudisti e fautori del libero amore del XV secolo), gli Alchimisti, i Catari e i Rosacroce. La seconda scusa, che ha il vantaggio della semplicità, è che Bosch era un buon cattolico e quindi non c'è nulla da spiegare a riguardo. 
Alcuni storici dell'arte fanno notare che in effetti chiunque in Europa era ai tempi di Bosch un cattolico romano, e che quindi egli stesso doveva essere un cattolico. La logica è impeccabile, ma la premessa di base è errata: non è affatto vero che tutti fossero cattolici in Europa.  Anche senza considerare per un attimo i Mori, gli Ebrei e i Pagani, migliaia di Cristiani negavano l'autorità della Chiesa di Roma e respingevano il suo dogma. Queste persone erano chiamate ERETICI (dal greco hairetikos, "capace di scegliere").  [...] 

Lynda Harris, autrice di The Secret Heresy of Hieronymus Bosch (L'Eresia Segreta di Hieronymus Bosch) ci fornisce molte prove che Bosch era un dualista, e procede dimostrando che dovette essere un Cataro, perché il Catarismo era la sola eresia dualista sopravvissuta nel quindicesimo secolo.

I dipinti fantastici e bizzarri dell'artista olandese Hieronymus
Bosch hanno confuso e affascinato coloro che per secoli li hanno contemplati. Seguendo anni di ricerche che l'hanno portata in ogni angolo d'Europa, Lynda Harris offre sorprendenti e nuove osservazioni delle fantasie visuali dettagliate e criptiche di Bosch.

Riconducendolo a una grande varietà di nuove fonti, l'autrice decifra il simbolismo di Bosch come
l'espressione nascosta delle sue credenze religiose eretiche. Suggerisce che Bosch apparteneva alla Fede Catara, un'eresia Manichea che fu perseguitata e costretta alla clandestinità dalla Chiesa di Roma durante il Medioevo. Questo studio illustrato in modo favoloso rivela che mentre Bosch portava avanti commissioni per i suoi ricchi mecenati cattolici, al contempo codificava le proprie intime convinzioni ereticali nel significato nascosto dei suoi dipinti, come una memoria per la posterità delle credenze della sua setta religiosa minacciata di scomparsa.

Il quarto brano è la traduzione di "
Some background on Hieronymus Bosch" di William Max Miller, che può essere letto in lingua originale su member.tripod.com.

Senza dubbio, il Giardino delle Delizie Terrene è uno dei dipinti più strani della lunga storia dell'arte.
Hieronymus Bosch, che eseguì questo enigmatico lavoro agli inizi del XVI secolo, è stato acclamato come un precoce esploratore della mente inconscia, lodato come precursore dei Surrealisti del XX secolo, e anche condannato come un folle.

Hieronymus Bosch (1450?-1516) nacque nella città di '
s-Hertogenbosch in Olanda, e anche se passò la maggior parte della sua vita in questo ambiente provinciale, la sua fama di pittore di opere religiose dettagliate in modo ossessivo e disturbanti si diffuse attraverso il tardo mondo medievale. I suoi dipinti sono pieni di immagini apocalittiche di fuoco infernale e di dannazione, e sembrano alludere ad altri incomprensibili terrori chescavano ben al di sotto i loro riferimenti escatologici evidenti, nelle profondità ctonie dell'inconscio. [...]


Il simbolismo di questo notevole trittico sembra scaturito da un incubo
. Una moltitudine di figure si intreccia in schemi così complessi ed intricati che l'occhio si lascia facilmente confondere dalle immagini. Gente si mescola in modo delirante a piante, animali e mostri, e tutti saltano, ballano, corrono, copulano, defecano e si tormentano tra loro con frenesia quasi convulsiva

I tre pannelli del Giardino delle Delizie Terrene ritraggono la caduta dell'uomo dal Giardino dell'Eden e illustrano il fato infernale che attende coloro che soccombono alle tentazioni sensuali
. Il pannello destro mostra Adamo ed Eva in piedi con Cristo nel paradiso primordiale, ma anche qui l'interprete moderno incontra elementi disturbanti. Lo strano paesaggio nella distanza, nel comportamento e nell'apparenza bizzarra di alcuni animali indica che non tutto è ciò che sembra persino nell'Eden. Il pannello centrale illustra tutti i piaceri carnali dell'esistenza terrena. Gli umani folleggiano con animali e altre creature ibride in una frenetica dissoluzione di intensità incubica. Il terzo pannello ci mostra i tormenti dell'Inferno, e qui Bosch dimostra il suo oscuro genio nell'escogitare strumenti di tortura. Persone sono tagliate, affettate, bruciate, arrostite allo spiedo e divorate da un'orda di mostruosità demoniache mentre il fuoco eterno del pozzo infuria immortale sullo sfondo
.

Abbondano le teorie per tentare di spiegare il significato profondo di queste sconvolgenti immagini
. Nel 1947, lo storico dell'arte tedesco Wilhelm Fraenger suggerì che Bosch appartenesse alla setta eretica degli Adamiti, che celebrava rituali orgiastici segreti. Questi riti clandestini, secondo Fraenger, sarebbero stati dipinti in alcune delle opere di Bosch.
Un'altra opinione è quella di chi ritiene che Bosch fosse un alchimista, e che egli incorporasse allegorie e simbilismi alchemici nei suoi lavori. Carl Jung vedeva il simbolismo sconvolgente di Bosch come derivante in ultima analisi dall'inconscio collettivo. Dirk Bax e Walter Bosing dimenticarono l'interpretazione psicoanalitica, e ritengono invece che le bizzarre immagini usate dal pittore olandese sembrano misteriose soltanto perché sono basate su parabole, giochi di parole e storie popolari che sono oscure o del tutto dimenticate al giorno d'oggi, ma che erano luoghi comuni facilmente compresi dalla gente del XV secolo. La teoria più recente, proposta da Lynda Harris, dichiara che Bosch fu influenzato dalle dottrine dei Catari, un altro movimento eretico medievale.

Al giorno d'oggi, la nostra reazione iniziale a questo trittico sgargiante è la tipica reazione di ripugnanza
. Sia il soggetto che la sua composizione dettagliata in modo ossessivo lo rendono ripugnante ai gusti contemporanei. Ma c'è anche un innegabile fascino. Il dipinto sembra sfidare la capacità dell'osservatore di comprendere visualmente tutte le sue trame confuse.
Molti sono lasciati con l'impressione di non aver colto certi dettagli, e notano dopo molte osservazioni di seguito che si vede qualcosa di diverso ogni volta che si esamina il lavoro.
Una persona che conosco ha sviluppato l'irrazionale convinzione che le figure le figure dei pannelli si sono mosse in diverse posizioni ogni volta che studia il dipinto, giurando che nuove figure sono apparse. Anche se questo tipo di reazione è raro, illustra l'impatto che l'opera di Bosch può avere sull'immaginazione.

William Max Miller

A questo punto è necessario citare anche l'opinione di Massimo Introvigne, riportata in un articolo pubblicato nel sito del CESNUR, e a suo tempo anche su Avvenire. Esse è venata di un certo scetticismo, anche se non è recisamente sfavorevole all'associazione tra Bosch e la Fede dei Buoni Uomini. Mi preme evidenziare l'opinione dei critici di Lynda Harris, di cui si fa menzione nel testo di Introvigne. Essi insistono con l'associare Bosch ai Fratelli del Libero Spirito ed in particolare agli Adamiti, ricollegandosi alle posizioni di Fraenger. Le argomentazioni che forniscono sono però insostanziali. Esse si riassumono in questi passi:

Certo, i quadri di Hyeronimus Bosch sono pervasi da un pessimismo cupo e da un notevole anticlericalismo (il trittico della Tentazione di Sant’Antonio, conservato a Lisbona, può essere letto come una critica feroce del monachesimo, un punto su cui la studiosa londinese insiste ma che non è la prima a segnalare). Ma si tratta di un atteggiamento tipico del cattolicesimo olandese della fine del Quattrocento, attraversato da ansie di riforma cattolica e da fermenti che annunciano il protestantesimo. Certo, non mancano simboli alchemici ed esoterici. Ma tutti gli studiosi di Hyeronimus Bosch li hanno notati, rilevando che negli stessi ambienti della Confraternita di Nostra Signora - pure certamente cattolici - si manifestavano interessi di questo genere. Al massimo - obiettano i critici di Lynda Harris - si potrebbe ipotizzare, come già aveva fatto lo storico dell’arte tedesco Wilhelm Fraenger (1890-1964), un contatto fra Hyeronimus Bosch e gli eretici Fratelli del Libero Spirito. Ma questi ultimi erano panteisti, non dualisti; celebravano il mondo e la carne - particolarmente nella variante degli Adamiti, che secondo Wilhelm Fraenger avrebbe influenzato Hyeronimus Bosch - e non li consideravano radicalmente malvagi come i catari. Sarebbe dunque sbagliato presentare il pittore olandese come un dualista cataro.

Il punto è che nessuna forma di panteismo può spiegare un dato di fatto: l'assoluta avversione verso la corruzione carnale dimostrata da Hieronymus Bosch e il suo immenso, pervadente sentimento anticosmico. Come ben sappiamo, i panteisti minimizzano il Male e in buona sostanza ne negano la reale esistenza, mentre è proprio il Male ad innervare tutta l'opera del pittore olandese. Gli adepti delle sette del Libero Spirito non avevano alcuna nozione dell'Inferno Mondano, che è caratteristica esclusiva delle religioni dualiste. Non dimentichiamoci il motto del Libero Spirito "tutto è puro per i puri", utilizzato per negare l'esistenza del Peccato: appare del tutto assurdo anche solo cercare di applicarlo a Bosch. Inoltre se davvero fossero state le idee del Libero Spirito o dell'Alchimia ad ispirare l'artista in questione, viene spontaneo chiedersi come mai - visto che erano diffuse all'epoca - non abbiano portato alla nascita di una fiorente corrente artistica fondata su immagini simili. L'intuizione della Harris è notevole, perché riconduce in modo semplice l'unicità di Bosch alla decadenza e all'esiguità numerica della comunità religiosa di cui faceva parte. Solo ulteriori studi potranno far piena luce su questa branca del Catarismo Renano sopravvissuta in condizioni catacombali almeno fino al XVI secolo.

domenica 27 marzo 2022


IL LIBERO SPIRITO  

Nel panorama delle forme di eterodossia che si sono sviluppate nel XII secolo, un posto particolare occupa la filosofia del Libero Spirito. Essa non fu appariscente come il Catarismo, ma le sue conseguenze sull'Occidente furono profonde e durature. A determinare la sua sopravvivenza e il suo rigoglio fu la sua incoerenza organizzativa: il Libero Spirito non si è manifestato come un movimento definito, ma come una galassia di gruppuscoli numericamente poco consistenti.

La natura di questa religiosità era utopica e affondava le sue radici nel Neoplatonismo.
L'iniziatore del Libero Spirito fu Amalrico (Amaury) da Bène. A pochi anni dalla sua morte, nel 1209 (singolare coincidenza con l'inizio della luttuosa crociata contro gli Albigesi) i suoi insegnamenti erano già diffusi, e di questo abbiamo documentazione dagli atti dell'Inquisizione. Silenziosamente era iniziata una nuova era, e ad essa dovrebbero far riferimento i razionalisti, gli atei, i materialisti, i libertini come anche i crowleyani (thelemiti) e la maggior parte dei neopagani. Cosa accomuna una simile varietà di ideologie? La risposta è semplice: sono tutte forme di monismo estremo, in cui l'universo è considerato indistinguibile dalla sua causa (Dio, l'Uomo, la Materia o il Nulla). 

La dottrina della Chiesa di Roma ammette un solo principio all'origine di tutte le cose visibili ed invisibili, ma ritiene che Dio sia nettamente distinto dalle sue creature. In altre parole, pur essendo Dio onnipresente, il suo essere non coincide affatto con le cose da lui create ex nihilo. La dottrina del Libero Spirito invece fa cadere questa distinzione. Dio non è soltanto l'onnipresente Creatore di ogni cosa, ma È ogni cosa. Si identifica con le sue creature, con l'intero universo. In altre parole la filosofia amalriciana è una forma di panteismo (dal greco antico pan = tutto + Theos = Dio: tutto è Dio).

Già Scoto Eriugena scrisse che "ogni uomo può considerarsi una teofania, una manifestazione divina al pari dello stesso Cristo". Queste parole ritornano in Aleister Crowley, che sosteneva che "non vi è altro Dio oltre all'Uomo" e che "ogni uomo e ogni donna è una stella".

Per il Libero Spirito ogni essere umano è chiamato a credere di rappresentare una parte tangibile del Corpo di Cristo, e che qualsiasi atto compiuto senza peccare da chi ha raggiunto questa consapevolezza. Da qui scaturisce un marcato individualismo.

La Chiesa di Roma indisse persecuzioni contro questa nuova religiosità, ma non ritenne mai di dedicarle l'attenzione che invece rivolgeva alla soppressione del Catarismo.

I seguaci del Libero Spirito seguivano alla lettera il passo di San Paolo che dice "Tutto è puro per i puri" (Tt 1, 15), e argomentavano che nulla di peccaminoso e di impuro potesse esistere nel corpo, neppure l'accoppiamento o le funzioni escretorie. Nella pratica si abbandonavano a rituali orgiastici. La metafisica serviva da maschera e da copertura per attività sessuali sfrenate e promiscue. Altra caratteristica era l'antinomismo, ovvero l'opposizione alle leggi degli uomini, che erano ritenute un ostacolo alla realizzazione del Regno dello Spirito. Le differenze tra il Catarismo e il Libero Spirito sono totali, stridenti: le due tradizioni si collocano alle opposte estremità di uno spettro religioso. Anche quando i comportamenti potevano sembrare simili, erano dettati da motivi assolutamente diversi, incompatibili. Il credente cataro poteva anche avere una sessualità incoercibile. Tuttavia non riteneva tale attività pura o addirittura santa, ma dovuta all'influsso di Satana che governava chi non aveva ricevuto il Consolamentum. Il Catarismo era spesso antinomico come il Libero Spirito, ma il motivo di ciò era dovuto a una totale sfiducia nei confronti di un ordine costituito emanante dal Creatore Malvagio. Se per l'amalriciano nulla è impuro nel mondo, tutto ciò che è mondo è impuro per il cataro. Se per l'amalriciano il corpo è il tempio dello Spirito, per il cataro è invece il suo carcere. Il movimento faceva presa dovunque fosse sentita la necessità di una spiritualità puramente mistica, non soggetta a dogmi e a regole. 

Si infiltrò anche in molti ambiti monastici, soprattutto tra i Beghini e tra i Francescani, al punto che la Chiesa Romana decise di non concedere la fondazione di nuovi ordini monastici mendicanti. In particolare i Beghini e i Begardi furono sempre al confine con l'eterodossia, e guardati con estremo sospetto a causa del loro rifiuto delle regole. Mentre il Catarismo si riduceva a un'esistenza catacombale nel più stretto segreto, il Libero Spirito continuava a prosperare e a dare nuovi esiti macroscopici. Nel XVI secolo iniziarono a proliferare le sette dei Libertini: un cambiamento inarrestabile era ormai avviato nell'intero Occidente. 

venerdì 25 marzo 2022


COPROFAGIA E SANTITÀ NELLA CHIESA ROMANA 

Un misticismo pericoloso

Pochi al giorno d'oggi hanno sentito parlare di Margherita Maria Alacoque, una visionaria venerata come santa dalla Chiesa di Roma. Nacque a
Verosvres, in Borgogna, nel 1647. Eppure la sua figura riveste un'importanza primaria nel cattolicesimo, visto che è all'origine della festa del Sacro Cuore. Il culto inteso come adorazione materiale del cuore di Gesù, creduto di carne dai papisti, portò alla reazione dei Giansenisti, i quali giustamente vedevano in tutto ciò una forma di abominevole idolatria. Siccome i Giansenisti sostenevano che si potesse parlare di Cuore di Gesù solo in senso metaforico, ecco che si attirarono la parsecuzione. In funzione antigiansenista fu così istituita dal Papato la festa in questione.

Maria Alacoque sosteneva di aver ricevuto apparizioni di Cristo nella carne, che hanno dato origine a quelle che sono ancora note a qualche cattolico come "grandi rivelazioni del Sacro Cuore di Gesù" (e insisto col dire a qualche cattolico, vorrei tanto vedere facendo un'intervista casuale quanti risponderebbero di conoscerne anche solo qualcosa). Vediamo ora cosa scrisse la mistica francese a questo proposito, visto che tutto ciò non sembra essere molto propagandato al giorno d'oggi. A scanso di equivoci, avverto chiunque voglia procedere nella lettura che il contenuto è semplicemente ributtante. La stessa Wikipedia, che riporta parte del testo, mette un disclaimer: "Alcuni dei contenuti di questa pagina potrebbero urtare la sensibilità di chi legge. Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo. Wikipedia può contenere materiale discutibile, illegale o vietato: leggi le avvertenze." Chi prosegue è quindi da considerarsi consenziente e non può poi lamentarsi.

"Ero talmente schifiltosa, che la minima sporcizia mi sconvolgeva lo
stomaco. Lui mi rimproverò tanto su questo punto, che una volta, volendo pulire il vomito d'una malata, non riuscii a impedirmi di farlo con la lingua e di mangiarlo, dicendogli: «Se avessi mille corpi, mille amori, mille vite, io li immolerei per esservi schiava». E allora trovai in quell'azione tali delizie, che avrei voluto trovarne di simili ogni giorno, per imparare a vincermi, senza altro testimone che Dio. Ma la sua bontà, cui solo ero in debito di avermi dato la forza per dominarmi, non mancò di rendermi palese il piacere che quel gesto gli aveva procurato. Infatti, la notte successiva, se non mi sbaglio, mi tenne quasi due o tre ore con la bocca incollata sulla piaga del suo sacro Cuore, e mi sarebbe difficile esprimere ciò che provavo allora e gli effetti che questa grazia produsse nella mia anima e nel mio cuore. Questo basta a spiegare le grandi bontà e misericordie riversate dal mio Dio su una creatura così miserabile. Tuttavia, Lui non voleva affatto attenuare la mia sensibilità né le mie grandi ripugnanze, sia per onorare quelle che Lui aveva voluto patire nel giardino degli Ulivi, sia per fornirmi strumenti di vittorie e umiliazioni. Ma, ahimè, io non sono sempre fedele e spesso cado! Era una cosa cui pareva prendere gusto, sia per confondere il mio orgoglio, sia per rafforzarmi nella diffidenza verso me stessa, mostrandomi che senza di Lui potevo solo far male e avere continue cadute senza potermi risollevare. Allora quel sovrano Bene della mia anima veniva in mio soccorso e, come un buon padre, mi tendeva le braccia del suo amore, dicendomi: «Sai bene che non puoi nulla senza di me». Questo mi faceva sciogliere di riconoscenza per la sua amorevole bontà e mi mettevo a piangere, vedendo che non si vendicava dei miei peccati e delle mie continue infedeltà, ma m'inondava di eccessi d'amore con cui sembrava combattere le mie ingratitudini. Talvolta me le metteva sotto gli occhi, insieme alla moltitudine delle sue grazie, e mi ritrovavo nell'impossibilità di parlargli se non con le lacrime agli occhi, soffrendo più di quanto riesco a riferire. Così quel divino Amore si divertiva con la sua indegna schiava. E una volta in cui ero stata colta da nausea mentre accudivo una malata che aveva la dissenteria, mi rimproverò così aspramente, che, per riparare a questa colpa, mi vidi costretta, mentre andavo a buttare via ciò che quella aveva fatto, a bagnarvi a lungo la lingua dentro e a riempirmene la bocca. Avrei ingoiato tutto se Lui non mi avesse ricordato l'obbedienza, che non mi permetteva di mangiare nulla senza permesso. Dopodiché mi disse: «Sei davvero pazza a fare queste cose!». Io gli risposi: «O mio Signore, lo faccio per farvi piacere e conquistare il vostro cuore divino, che spero non mi rifiuterete. Ma Voi, mio Signore, cosa non avete fatto per conquistare il cuore degli uomini e, nonostante ciò, loro ve lo rifiutano e molto spesso vi cacciano via». «È vero, figlia mia, che il mio amore mi ha fatto sacrificare tutto per loro, senza esserne ricambiato. Ma io voglio che tu supplisca, per i meriti del mio sacro Cuore, alla loro ingratitudine»."

Così veniamo a sapere che il culto del Sacro Cuore nella sua
materialità è stato propagandato a livelli di delirio da una donna che coltivava perversioni coprofaghe. Simili comportamenti non hanno nulla di santo, nascono dalla carne generata dalla corruzione. I seguaci di Giansenio, coraggiosi negatori del Libero Arbitrio, dovettero subire persecuzione da parte dei poteri mondani del Papato, mentre una coprofaga veniva esaltata, dando origine a perniciose ondate di superstizione e di follia. Perché è questo che accadde, è sotto gli occhi di tutto, ben documentato e incontestabile. Sterco contro la Verità? Fatto sta che le idee di Giansenio furono combattute dalla Chiesa Romana anche tramite pratiche di scatofagia, ossia di ingestione di materia fecale. Mi è capitato di leggere un thread di un forum, in cui erano riportati brani degli scritti di Maria Alacoque. Un sedicente prete non voleva credere alla genuinità dei testi, che riteneva privi di fonti. Poi affermava che il Cattolicesimo si basa sulla tradizione della Chiesa e non sulle affermazioni di "queste persone" (alludendo alla Alacoque e ad altri "santi"). Siccome il thread è pubblico, quanto riporto non può intendersi come dannoso per l'utente di cui sto parlando.

Ebbene, la prova che il testo non è un'invenzione esiste. Infatti è
stato pubblicato in questo sito (*):

http://www.preghiereagesuemaria.it/
libri/margherita maria alacoque
.htm

Come chiunque può vedere, quello citato non è affatto un sito anticlericale. Non inneggia all'ateismo. Non è gestito da massoni. Non ha nulla a che vedere neppure con noi Credenti Catari. È un sito al di là di ogni dubbio cattolico, che non pochi lettori potrebbero addirittura definire "integralista". Evidentemente ci sono papisti tanto ingenui da utilizzare questo materiale con grande candore, pretendendo di descrivere queste immonde perversioni scatofile come "atti di eroismo". Quello che è incontestabile, è che tecnicamente parlando la visionaria in questione non era migliore di Veronica Moser, una pornodiva che si faceva defecare in faccia e in bocca, ingurgitando le feci di decine di uomini. Dal punto di vista sessuale e fisiologico non si può scorgere alcuna differenza tra le due donne.

Appurato tutto questo, veniamo al Vangelo, anche a costo di ripeterci.
Un albero si riconosce dai frutti. La domanda che dobbiamo porci è allora la seguente: "Può un concetto di santità essere compatibile con perversioni escrementizie?"

Come è ben noto, ci sono moltissime persone al mondo che ingeriscono
feci e che girano persino film sull'argomento, diffondendoli in Rete. La coprofagia è più diffusa di quanto non si creda, e non risulta affatto che abbia in sé qualcosa di eroico. Circolano voci insistenti sulla coprofagia di un famoso cantautore. Sembra che anche Adolf Hitler la praticasse: aveva anche ritratto sua nipote Geli Raubal in pose defecanti (i disegni, rubati da un giornalista, sono stati recuperati da Ernst Röhm; forse li ha poi tenuti Hanfstaengl). Il punto è che oggi si ritiene assurdo che un coprofago pretenda di santificato dal Vaticano per le sue pratiche. Si vorrebbe come minimo che una persona in fama di santità rifuggisse ogni contaminazione e che mantenesse il suo corpo puro.

Infatti questo disse l'Apostolo delle Genti (1 Cor 3,16-17):
"Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Iddio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi."

Ancora una volta è chiaro che il Catarismo rappresenta lo spirito evangelico originale, mentre il Papato è in tutto e per tutto apostata. Guardate la differenza tra la maligna Chiesa di Roma e la Vera Chiesa
di Dio. Coloro che ricevono gli ordini e sono chiamati preti, frati, monaci e suore, a parole affermano di mantenersi puri, ma poi espongono il proprio corpo alla contaminazione, macchiandosi delle più gravi colpe. Invece coloro che sono chiamati Buoni Uomini e Buone Dame vivono mantenendo il corpo come veste e tempio dello Spirito che abita in loro, pulito da ogni compromissione con la carne e con l'atto che la genera.

Occorre altresì mettere in guardia contro il pericolo gravissimo di
quel misticismo implicante un rapporto diretto e personale con Dio, per le aberrazioni che può comportare, soprattutto nelle donne. È fin troppo facile che spiriti immondi possano convincere menti suggestionabili delle cose più turpi. Così quello che parlava con Maria Alacoque non era affatto Cristo, ma un demonio che come lei
stessa ebbe a dire "le riempiva la bocca dei suoi escrementi". Impossibile non pensare alla copula leggendo cose come: "Un giorno che Gesù mi si mise sopra con tutto il suo peso, egli rispose così alle mie proteste: «Lascia che ti usi a mio piacere perché ogni cosa va fatta a suo tempo. Adesso io voglio che tu sia l'oggetto del mio amore, abbandonata alle mie volontà, senza resistenza da parte tua, in modo che io possa godere di te»." Neppure si può accettare la scusante estrema di definire tutto questo "amore incondizionato per Gesù": Cristo non proferisce le parole di Belial per irretire persone dalla mente debole.

La morale e la santità come sono intese in questa società portano fin troppo spesso
le luttuose stigmate del dominio pontificio: gli stessi concetti in questione sono deturpati da secoli di papismo e di indottrinamento capillare. Con i roghi e con le persecuzioni, la maligna Chiesa Romana ha cancellato quasi del tutto il ricordo della Vera Chiesa di Dio e ha imposto le proprie storture, le proprie perversioni. Per questo è assolutamente necessario, per continuare l'opera dei Buoni Uomini, purificare il sentire, imparando a rimuovere ciò che è incompatibile con la Dottrina dei Due Princìpi.
La Vera Santità viene solo dallo Spirito. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 1 giugno 2010)

(*) Anche se la pagina in questione non esiste più, sono numerosi i siti cattolici che riportano i contenuti citati.

lunedì 21 marzo 2022

UN PROBLEMA SCATOLOGICO

"Ora in Dio non c’è difetto alcuno, ma somma perfezione, come più sopra abbiamo dimostrato. Perciò il male consistente in una deficienza dell'azione, causata da un difetto dell'agente, non si può riportare a Dio come a sua causa."

(Summa Theologiae Suppl. q. 49)

Queste argomentazioni, fatue quanto altisonanti, sono state imposte con la punta della spada e col terrore dei roghi: sono ancor oggi popolari soltanto perché coloro che sostenevano idee diverse sono stati massacrati. Non solo i Martiri sono stati torturati e bruciati, le loro ceneri disperse, ma il Rex Mundi ha fatto di tutto affinché tra le genti non ne rimanesse il ricordo. L'apparato scolastico, mostruoso e leviatanico, si occupa precisamente di mettere a tacere la Conoscenza del Bene, mentre dà la massima risonanza alle mostruosità propalate nei secoli dalla maligna Chiesa Romana.

Per smentire la Summa Theologiae nella sua interezza e per dimostrare l'assurdo della dottrina di Nicea è sufficiente poco. Basta un secchio pieno di escrementi. Lo si raccolga e lo si mostri ai sapienti e ai teologi. Che tutti osservino tale secchio, porporati e filosofi, tomisti, plotiniani e monisti di ogni genere. Mi si dirà che ho il chiodo fisso, che penso sempre allo sterco e ad altre vilissime sozzure, di cui scrivo quotidianamente con dovizia di particolari. Eppure, nessuna delle autorità culturali di questo pianeta è in grado di dire qualcosa di sensato di fronte a un secchio zeppo di feci fumanti appena deposte da un gran numero di deretani.

Orbene, Agostino d'Ippona, Tommaso d'Aquino ed epigoni, vi pongo questa fatidica domanda: "Di cos'è assenza lo sterco? Di quale Bene è mancanza? Come può il difetto di qualcosa portare a una simile pasta marrone e maleodorante?"
A questo punto mi immagino il mutismo assoluto da parte dell'assemblea, seguito da un tumulto di voci piene di scandalo. Ma lo scandalo non risolve il problema che ho posto.

Se il corpo umano è una creazione di Dio, anzi, qualcosa di fatto a sua immagine e somiglianza, allora mi si deve spiegare come mai questo corpo tanto perfetto e mirabile digerisce i cibi degradandoli in un fetore infernale per poi espellerne le scorie, così schifose da destare il ribrezzo alla sola vista.
Le soluzioni dei nostri avversari sono una più insensata e grottesca dell'altra.
Qualcuno dirà che all'Inizio dei Tempi, nell'Eden, Adamo ed Eva si nutrivano di frutti e di fiori e defecavano nettare profumato, che magari potevano anche ingerire a piacimento. Quindi, in seguito al Peccato Originale, quel nettare si sarebbe trasformato fino a diventare abominio fecale. Ma questo pone altri problemi: il Peccato non si sarebbe quindi limitato a produrre un difetto nel Bene, ma vi avrebbe imposto dei ben precisi contenuti, in nessun modo qualificabili come assenza.
Dovremmo quindi ammettere che partendo dal racconto di Genesi, si arriverebbe comunque ad ammettere un ruolo creatore di Satana. Quindi chi accoglie tale testo e l'esistenza di un unico Principio Creatore, cade nella contraddizione, perché un altro Principio sarebbe l'autore dello sterco.
Ai sostenitori del Principio Unico e del Male come assenza non resterebbe allora che un'unica possibilità: affermare che il corpo è interamente buono, che tanta maleodoranza è cosa buona e che quindi anche gli escrementi provengono da Dio, rappresentando non una mancanza ma la perfezione. Ma seguendo questo ragionamento, i nostri avversari dovrebbero annusare con gioia tali residui della digestione, strofinarseli sulla faccia, prenderli in bocca e ingoiarli davanti a tutti. Non ho mai visto nessuno di loro fare questo, quindi si deduce che non credono davvero a quello che sostengono: il loro agire non è consistente con le premesse da cui partono.