venerdì 15 dicembre 2017

NOTE SUL LAVORO DI GRAZIANI

Ernesto Graziani (Università degli Studi di Macerata) è l'autore di Ontologia temporale, contributo pubblicato su APheX, portale italiano di filosofia analitica (N° 9 gennaio 2014, pagg. 158-218, redattore Francesca Ervas). Il lavoro è consultabile e scaricabile liberamente al seguente url:


Questo è l'indice dell'opera:

1. INTRODUZIONE
2. ONTOLOGIE TEMPORALI
3. SOSTANZIALITÀ DEL DIBATTITO
4. ARGOMENTI
   4.1. Senso comune
   4.2. Considerazioni fenomenologiche
   4.3. Grazie al cielo è finita!
   4.4. Libero arbitrio
   4.5. Il presente è ora
   4.6. Riferimento a momenti non presenti
   4.7. Riferimento dei nomi propri e proposizioni
         singolari
   4.8. Fondamento delle verità passate
   4.9. Relazioni intertemporali
   4.10. Teoria della relatività ristretta
5. BIBLIOGRAFIA

Questo è l'abstract: 

"L’ontologia temporale è la riflessione sullo statuto ontologico delle entità meramente passate o future. In questo contributo intendo chiarire il significato di questa questione, presentare le principali opzioni teoriche che si delineano rispetto ad essa e, concentrandomi sulle due principali teorie contendenti, B-eternismo e presentismo, illustrare gli argomenti più rilevanti formulati a favore dell’una e dell’altra."

L'autore si addentra nella classificazione delle ontologie temporali, che si distinguono in due blocchi: teorie tensionali (A) e teorie atensionali (B). Tra queste due classi di teorie del tempo esistono abissi incolmabili, al punto che i rispettivi sostenitori nemmeno riescono a comunicare tra loro in modo razionale, come se fossero specie aliene provenienti da universi del tutto dissimili. A distinguere le teorie A dalle teorie B è proprio il modo in cui vengono intesi gli eventi: la tensionalità corrisponde alla definizione di tempo basata sul passaggio temporale e sulla differenza di stato tra presente, passato e futuro", mentre il tempo atensionale è semplicemente l'ordine di un insieme di configurazioni statiche, spesso distinte solo per convenzione. Se il presentismo è una tipica teoria A, l'eternismo si presenta sia in forme tensionali che atensionali.

Principio di economia ontologica

Il problema principale di numerose ontologie temporali è la loro natura antieconomica. Premetto che non sono un fanatico sostenitore del rasoio di Occam. Se ho di fronte a me due teorie A e B, essendo A più semplice di B, allora se A spiega le cose in un dominio X mentre B spiega le cose in un dominio Y più grande e contenente X, scelgo la teoria B - dato che rende conto di una realtà più ampia rispetto alla teoria concorrente. Quando si tratta di teoria del tempo si va ben oltre quanto pensato da frate Guglielmo di Occam. Non si tratta infatti di postulare più enti semplici anziché un singolo ente più complesso, o di fare tramite un certo numero di enti ciò che può esser fatto in altro modo con un ente singolo: si tratta di generare infiniti non normalizzabili. Un'eruzione spaventosa di infiniti, come quella che ci ha portato a guardare con sospetto e scetticismo la teoria del multiverso. Ogni quanto che compone la realtà dello spaziotempo sarebbe a sua volta un intero universo, pietrificato o dinamico, in un flusso infinito in ogni direzione, con una potenza che supera quella delle parti del continuo come questa trascende il finito. Una mostruosità che paralizza e toglie il respiro, e che per giunta non ha utilità o causa alcuna. Per comprenderlo basta passare in rassegna le principali criticità. 

Se nell'eternismo B-teorico l'intera realtà temporale, passata, presente e futura, è data in blocco, allora sorgono in me domande ossessive, che a quanto pare non sfiorano nemmeno la mente degli accademici. Come possiamo spiegare l'esistenza di questo blocco di realtà? Come identificarne una causa? Che senso avrebbe? Se il divenire è una collezione di cartoni animati, chi li ha disegnati? Partendo da quale universo? Per quale motivo? Si cerca in un universo acausale la radice dell'esistenza, che esperiamo come causale. Un universo il cui tempo statico è acausale non può in alcun modo spiegare l'universo causale in cui siamo immersi.

Sono possibili varie soluzioni A-teoriche non presentiste, anche se non va nascosto che ognuna presenta punti deboli e aspetti fortemente critici. 

Il concetto di incrementismo è una tipica forma di eternismo tensionale. Esisterebbe il passato, ma non il futuro. Cosa genera dunque il futuro? Si forma a partire dal presente o prende corpo dal nulla?

Un'altra soluzione è la teoria del riflettore in movimento: il presente acquisterebbe il suo statuto ontologico privilegiato come se un fascio di luce lo investisse prima del suo sprofondamento nell'ombra e nell'oblio. Si potrebbe trattare di un generatore di ologrammi. Anche qui sorgono inquietanti interrogativi. Chi ha collocato il riflettore al suo posto? Qual è il suo senso? Qual è la sua funzione? In che mondo esso si colloca nella struttura dello spaziotempo di Minkowski? Il raggio di luce illuminatore parte da un altro universo? Come spiegare quell'universo? Esiste un nesso causale tra quell'universo e il nostro?

Direi proprio che è stato pensato di tutto per rendere conto dell'esperienza sensibile. Nell'eternismo a gradi di realtà il presente ha un'ontologia che manca al passato e al futuro, a cui pure è attribuita l'esistenza. La sua variante più nota è senza dubbio l'A-eternismo a futuri ramificati, in cui si introduce un filtraggio quantistico centrato sul presente: "Poiché solo uno dei possibili corsi di eventi futuri trova realizzazione entrando a fare parte del presente, e poi del passato, il passaggio temporale comporta un progressivo cessare di esistere di tutti i corsi di eventi futuri che non si realizzano".

Secondo Graziani, tutte queste teorie appaiono inferiori al presentismo proprio perché antieconomiche: "La forma ontologicamente più parsimoniosa di teoria A è il presentismo, secondo il quale esistono solo le entità temporali presenti; non esistono entità passate né future. L'intera realtà temporale si riduce a ciò che di volta in volta è collocato nell'istante presente e il passaggio temporale consiste in un continuo cominciare ad esistere e cessare di esistere da parte delle entità temporali." Tuttavia l'autore non è un sostenitore del principio di economia ontologica e subito si perde nei meandri di vane considerazioni metalinguistiche. Così scrive: "L'ontologia presentista esclude l'esistenza di momenti passati o futuri: esiste un unico momento ed è l'istante presente. Eppure, parliamo continuamente di momenti passati o futuri. Diciamo, p.e., che l'invasione della Polonia da parte della Germania cominciò ufficialmente alle 04:45 del 1° settembre 1939 o che all'inizio del 2030 non esisterà ancora alcuna base spaziale umana su Marte. E questo è qualcosa di cui il presentismo sembra non poter render conto. (Il medesimo problema si pone ovviamente anche per l'ontologia incrementista, anche se limitatamente al caso dei momenti futuri.)". Si tratta di una forma di paranoia del tutto vana e insostanziale, che dà tuttavia origine a pagine e pagine piene di simboli logici nel tentativo di sviscerare i costituenti primi di una realtà che sfugge ad ogni ulteriore analisi proprio perché ci è impossibile collocarci al di fuori di essa e osservarla da quella posizione privilegiata. Tutti sappiamo che anche se il passato non esiste più, ne permangono le conseguenze e le attestazioni, in alcuni casi i ricordi: a queste cose concrete facciamo riferimento ogni santo giorno quando pensiamo, parliamo e apprendiamo. Il futuro non esiste ancora, eppure è possibile azzardare previsioni a breve termine a partire da un algoritmo di proiezione degli eventi passati e presenti. Queste proiezioni, seppur spesso siano fallaci, ci guidano, ci aiutano e ci evitano di incappare in pericoli. Non è necessario attribuire un'ontologia a eventi passati e/o futuri per poterne parlare o per poter fare riferimento ad essi, dal momento che siamo in possesso di un linguaggio simbolico, oltre che della facoltà di ricordare e di azzardare previsioni. Queste cose sembrano sfuggire agli ontologi temporali, che a quanto pare vivono le loro esistenze in un mondo di astrazioni inapplicabili. Nessuno di loro sembra comprendere che dire "passato/presente/futuro" oppure dire "prima/ora/poi" è la stessa cosa ontologicamente parlando: non si tratta di buone etichette verbali per rendere conto di differenze metafisiche tra tensionalità e atensionalità, fondate sulla diversa concezione dello status ontologico del passato e del futuro rispetto al presente. Solo grammaticalmente cambia qualcosa usando i due set di parole. Per gli anglosassoni la questione è rilevante perché essi parlano una lingua che distingue tra time e tense. In altre lingue questa distinzione non è espressa dall'uso di diverse parole e non viene dunque intesa. Giova far notare che se si parlasse una lingua che non distingue i tempi grammaticali nella flessione dei verbi, la realtà delle cose non cambierebbe. Trovo che sia della massima importanza trovare un nuovo linguaggio per esprimere i concetti della filosofia del tempo evitando queste ambiguità fuorvianti e grossolane.

Non potendo razionalizzare lo scorrere del tempo, le teorie eterniste moltiplicano all'infinito il qui-ora generando collezioni di universi passati e/o futuri la cui ontologia presenta formidabili difficoltà di spiegazione. Di fatto ogni forma di eternismo concepibile da mente umana, che sia esso A-teorico o B-teorico, moltiplica l'universo all'infinito senza offrire alcun punto di appiglio: corrisponde a una dichiarazione di resa nei confronti dell'Ignoto, portandoci all'enunciato definitivo di una specie senziente terminale: ignoramus et ignorabimus. Andando aventi per questa strada ci si può soltanto illudere e riempire la testa di fumisterie, senza riuscire a trovare in alcun modo una spiegazione dell'esistenza. Soprattutto non si comprenderà mai un dato di fatto ineluttabile che gli ontologi temporali tendono a trascurare: la freccia temporale.

NOTE SUL LAVORO DI INGTHORSSON

Rögnvaldur D. Ingthorsson (Università di Lund, Svezia) è l'autore dell'articolo Challenging the Grounding Objection to Presentism, ossia "Sfidando l'obiezione fondante al presentismo", revisionato, accettato e apparso su Academia.edu nel 2017. Il lavoro può essere consultato e scaricato liberamente al seguente link: 


L'autore critica la cosiddetta obiezione fondante al presentismo, che si basa su due premesse:

i) Ogni proposizione vera P ha un'entità T chiamata "fattore di verità" o "truthmaker" che la rende vera; 
ii) Alcune affermazioni sul passato e sul futuro sono ovviamente vere; se tuttavia il futuro e il passato non esistono, non ci possono essere fattori di verità per espressioni tensionali del futuro e del passato.

La conseguenza di queste premesse, è secondo gli eternisti atensionali, la falsità del presentismo. Dal canto loro, i presentisti tendono ad accettare tutto ciò passivamente, limitandosi a dire che il presente ha tutti i fattori di verità necessari per ogni proposizione vera. Questa è chiamata "strategia di riallocazione" (relocation strategy), perché i fattori di verità delle proposizioni vere passate e future vengono a trovarsi nel presente. Tra gli altri, la strategia di riallocazione è stata sostenuta dal filosofo e logico neozelandese Arthur Prior, nato nell'anno dell'inizio della Grande Guerra e morto nel quarto anno dell'Era di Satana. Ingthorsson, che non riesce a liberarsi dalle catene della teoria dei fattori di verità, parteggia chiaramente per i presentisti e afferma che essi dovrebbero sfidare le premesse i) e ii) dell'obiezione fondante anziché investire sulla riallocazione prioriana di cui sopra.

Queste sono le conclusioni che trae l'accademico islandese: 

a) Cercare nel presente fattori di verità per ogni proposizione vera risulta nella postulazione di entità "implausibili" o "eteree";
b) Nessuna conseguenza assurda deriva dalla mancanza di valori di verità per espressioni tensionali;
c) L'obiezione fondante richiede non soltanto che ogni proposizione vera abbia un fattore di verità, ma anche che a ogni fattore di verità corrisponda una proposizione vera. Si può negare la seconda affermazione senza intaccare la prima: non necessariamente un fattore di verità implica l'esistenza di una proposizione vera.

Per quanto mi riguarda, sono ancor più radicale. Non mi limito a trovare un modo per aggirare l'obiezione fondante al presentismo: la rigetto interamente. Con buona pace di molti ontologi temporali, l'intera discussione è di lana caprina e può essere portata a termine col metodo usato da Alessandro il Grande per sciogliere il nodo di Gordio. Non si sente nessun bisogno di una fantomatica entità chiamata "fattore di verità" o "truthmaker" per garantire la verità di una proposizione o di un evento. Emerge con la massima chiarezza l'irrealtà del Puffo Truthmaker, creazione di gran lunga più artificiosa e antieconomica degli universali di cui si disquisiva nel Medioevo. Non ha alcuna esistenza fisica sperimentabile e misurabile. È un ente fittizio creato per far tornare i fallaci conti della paranoia. Perché diamine dovrebbe esistere da qualche parte una cosa simile e tanto vana? Gli adepti dell'eternismo atensionale dovrebbero innanzitutto fornire spiegazioni su questa pretesa necessità, ma non ci riescono in alcun modo. La loro logica sembra al livello di quella di un mio compagno di classe del liceo, che di fronte a una saliera in pizzeria affermava: "Non capisco perché lo chiamano sale se scende!". Metafisici di questo livello forse farebbero meglio a tornare all'asilo infantile, che sembra essere il posto più adatto a loro.

A un certo punto Ingthorsson arriva a fare alcune considerazioni oltremodo interessanti. L'astrazione del fattore di verità, che acquisisce un'esistenza autonoma e totalmente scorrelata dalle proposizioni vere, diventa come l'Iperuranio di Platone. I realisti immanenti che ne hanno postulato l'esistenza sono in realtà diventati filosofi neoplatonici, nella maggior parte dei casi senza nemmeno accorgersene. Tra questi si può menzionare l'australiano David Malet Armstrong, che faceva di tutti i fattori di verità concepibili da mente umana autentiche ipostasi emanate gerarchicamente dall'Uno, portando Plotino direttamente nel XX secolo.

Eliminata l'obiezione fondante al presentismo, possiamo tornare al problema dell'eternismo. Ammettiamo ora che valga l'eternismo atensionale (B-eternismo). Dunque quando la proprietà di "presente" era in un preciso momento dei primordi del pianeta Terra, la nostra esistenza attuale sarebbe stata già definita. Anche se non accessibile a un paramecio del Paleozoico, in qualche recesso dello spaziotempo sarebbe già esistito un futuro remotissimo, poniamo Giulio Cesare che attraversa il Rubicone. Orbene, il paramecio in questione non avrebbe potuto in nessun modo trovare un fattore di verità per Giulio Cesare che attraversa il Rubicone. Eppure, l'eternismo non tensionale dovrebbe ammettere la reale esistenza di questo fattore di verità, visto che dichiara illusorio il flusso temporale e attribuisce eguale dignità ontologica a passato, presente e futuro. In contrasto con questo, vediamo che nessun B-eternista si scandalizza se gli diciamo che gli eventi futuri non possono avere alcun fattore di verità a noi sondabile, dato che sono sconosciuti. Eppure gli stessi B-eternisti fanno il diavolo a quattro per quanto riguarda gli eventi del passato, riempiendo pagine e pagine di simboli logici. Cosa distingue dunque il fattore di verità di un evento passato dal fattore di verità di un evento futuro? Nulla, visto che entrambi appartengono allo stesso reame delle chimere e dei centauri!

martedì 12 dicembre 2017

NOTE SUL LAVORO DI LOBO-CRAWFORD

Francisco Lobo e Paulo Crawford (Universidade de Lisboa, Portogallo) sono gli autori dell'articolo Time, closed timelike curves and causality, ossia Tempo, curve "timelike" chiuse e causalità, risalente al 2002 e revisionato per l'ultima volta l'anno successivo. Il lavoro può essere consultato e scaricato liberamente al seguente link: 


Dopo un'introduzione in cui gli autori riassumono l'evoluzione del concetto di tempo dall'antichità a Newton e quindi ad Einstein, giungono finalmente al punto. Il problema è quello delle curve temporali chiuse (CTC), annosa crux filosofica. La teoria della relatività generale fornisce un'analisi approfondita del flusso temporale in presenza campi gravitazionali, siano essi di debole o di forte intensità. Com'è risaputo, tale teoria contiene geometrie non banali che implicano curve temporali chiuse. Accade così che un osservatore, seguendo una traiettoria lungo una curva di questo tipo, ritorni a un evento che coincide con la sua partenza. Per l'osservatore in questione, la freccia del tempo misurata localmente punta in avanti, tuttavia globalmente egli procede verso eventi che si trovano nel suo passato. Ciò viola la causalità e porta ai cosiddetti paradossi temporali, giustamente paragonati dagli autori al vaso di Pandora. I paradossi si possono classificare in due diversi tipi:

1) Paradossi di consistenza;
2) Anello causale (anello temporale). 

Il classico paradosso di consistenza è quello dell'uomo che torna nel passato e uccide il proprio nonno, minando così la propria esistenza.

Negli anelli causali, informazioni od oggetti sono intrappolati nello spaziotempo in un circuito di retrocausalità. Lobo e Crawford fanno l'esempio di un uomo che viaggia nel passato con una macchina del tempo, raggiunge se stesso quando era giovane, dando a questo suo sé un manuale su come costruire la macchina del tempo. La costruzione del congegno crononautico è resa possibile proprio dalla consegna del manuale. Posso fare esempi ancora più chiari per illustrare questo paradosso:

i) In un racconto di Philip K. Dick, Il fattore letale (Meddler), si parla di una macchina che fotografa il futuro. Tramite questo marchingegno, vengono fatte fotografie da cui risulta che nel giro di un secolo non si trova più traccia alcuna del genere umano. Viene così usata una macchina del tempo per inviare un crononauta nel futuro per capire la causa della catastrofe. L'uomo parte e al suo arrivo trova la Terra disabitata: il genere umano si è estinto. Esplora una città fatiscente, abbandonata da molto tempo. Recupera libri e giornali da una biblioteca, quindi si accinge a fare ritorno alla macchina del tempo. A questo punto scopre che a sterminare l'umanità sono stati sciami di strane farfalle, a cui riesce a sfuggere per il rotto della cuffia. Quando ritorna nel suo tempo, porta con sé alcuni bozzoli di queste farfalle, innescando così il processo che porterà l'umanità all'annientamento. Domanda: qual è l'origine di questa specie di lepidottero mortifero?

ii) In un racconto di Anne Lear, L'avventura del viaggiatore integrale (The Adventure of the Global Traveler), Sherlock Holmes trova una lettera scritta dal suo mortale arcinemico, James Moriarty, il Napoleone del Crimine. Il punto è che la lettera è datata 1640. Il geniale furfante ha inventato la macchina del tempo ed è precipitato sul palcoscenico di Shakespeare mentre veniva rappresentato il Macbeth. In origine nella tragedia dovevano esserci soltanto due sicari, ma ecco che Moriarty, trovatosi nel ben mezzo della scena, improvvisa, recitando la parte del Terzo Assassino, da lui conosciuta a memoria. La sua interpretazione piace a Shakespeare, che la include nella sua opera. Moriarty, che è rimasto intrappolato nel passato, scrive l'accaduto nella lettera sperando che un giorno Holmes la troverà. Lettera che si conclude così:
“La prima volta che le battute del Terzo Assassino furono mai pronunciate, erano solo il frutto della mia buona memoria.
“Dunque, di grazia, signor Holmes, chi le ha scritte?
 

Si hanno così oggetti, esseri e informazioni esistenti nello spaziotemo senza che nessuno sia responsabile della loro creazione. Un manuale che viene dal nulla. Una farfalla che viene dal nulla. Battute teatrali che vengono dal nulla.

Dopo aver introdotto e commentato brevemente i paradossi sopra citati, gli autori partono in quarta analizzando tutte le soluzioni delle equazioni di campo di Einstein che implicano curve temporali chiuse, fornendo al lettore un'immersione in un oceano di matematica superiore. Se un navigatore nutre per l'estetica matematica la stessa passione che Casanova nutriva per le donne, sarà sicuramente soddisfatto. Se devo essere sincero, le conclusioni di Lobo-Crawford mi lasciano esterrefatto. In sintesi, questa è la summa argomentativa dei due portoghesi: 

a) La teoria della relatività generale ha avuto un grandissimo successo, che ha una base sperimentale molto solida.
b) La teoria della relatività generale porta a soluzioni alle equazioni di campo che implicano curve temporali chiuse.
c) Si evince che se la teoria della relatività generale è valida, è necessario includere la possibilità di viaggio nel passato attraverso curve temporali chiuse.
d) Siccome l'accettazione del viaggio nel passato attraverso curve temporali chiuse implica paradossi, si evince che detti paradossi vanno accettati come possibilità non soltanto matematiche, bensì anche fisiche.
e) Stanti i punti precedenti, ne consegue che il paradosso dell'uccisione del nonno, così come gli anelli temporali, corrispondono a situazioni possibili e realistiche.

A questo punto fa magicamente la sua comparsa la ridicola baggianata papista del libero arbitrio. Così ragionano Lobo e Crawford: "È logicamente inconsistente che il crononauta uccida suo nonno. Ma per l'esattezza, ci si può chiedere, cosa gli ha impedito di compiere il suo atto omicida se egli ha avuto ampie opportunità e la libera volontà di fare così". Parlano sì del principio di autoconsistenza, formulato da vari autori per aggirare il problema, ma ora della fine sono autentici sostenitori della possibilità di viaggiare fisicamente nel passato.  

Il problema è che è inconsistente il fatto stesso che il crononauta possa raggiungere suo nonno al di fuori della catena causale che ha portato alla propria esistenza. Ricordo che H.G. Wells aveva a un certo punto introdotto un paradosso estremamente interessante nel suo romanzo La macchina del tempo (Time Machine). Il protagonista aveva costruito una macchina del tempo in miniatura, quindi aveva incaricato uno psicologo scettico di azionare una minuscola leva. A questo punto la macchinetta si era sfocata per scomparire. Un astante aveva sollevato l'obiezione, dicendo che, se quella minuscola macchina del tempo avesse viaggiato nel passato, l'avrebbero dovuta vedere nello stesso luogo anche appena entrati nella stanza, e anche il giovedì prima e quello prima ancora, e via discorrendo. Wells ha cercato di risolvere il paradosso con un cavillo, immaginando che la velocità della macchina fosse tale da impedirne la vista agli umani. In realtà il paradosso resta e sarà bene meditare sulle sue conseguenze.   

domenica 10 dicembre 2017

NOTE SUL LAVORO DI PELCZAR

Michael Pelczar (National University of Singapore) è l'autore dell'articolo Presentism, Eternalism, and phenomenal change, ossia "Presentismo, eternismo e cambiamento fenomenico", composto nel 2008 e pubblicato nel 2010 dopo un lungo iter. Il lavoro in questione può essere liberamente consultato e scaricato seguendo questo link al sito dell'autore: 


In modo oscurissimo, Pelczar pronuncia oracoli in un linguaggio più denso della materia che compone le stelle a neutroni: "Di norma, quando ci accorgiamo che sta avvenendo un cambiamento, la nostra esperienza cosciente ha una corrispondente qualità di cambiamento fenomenico. Qui si argomenta che la propria esperienza può avere questa qualità a o durante un tempo in cui non c'è cambiamento in cui le proprietà fenomeniche si possono rappresentare come istanza. Questo mina un numero di argomenti altrimenti cogenti contro le principali teorie metafisiche del cambiamento, ma richiede anche queste teorie per costruire il cambiamento come una qualità secondaria, simile al colore."

Lo studioso si occupa del problema della durata degli eventi nell'ambito dell'esperienza del cambiamento. Mi preme far notare che il problema potrebbe essere fittizio, proprio come la classica questione di lana caprina. La natura continua dell'esperienza degli esseri senzienti può essere dovuta non tanto alla reale estensione temporale degli eventi, ma ai tempi di reazione degli organi di senso, per loro natura lenti e fallaci. Non si deve dimenticare che un film è composto da un certo numero di fotogrammi e che pure è in grado di simulare la realtà che sperimentiamo, soltanto perché gli stessi fotogrammi sono messi in moto a una velocità tale da farci perdere la possibilità di distinguerli. Se i nostri sensi sono ingannati da un rudimentale manufatto umano come una pellicola in movimento, a maggior ragione non è necessario postulare un'estensione del presente oltre i confini dell'istante, definito come entità singolare e indivisibile. 

Questa è la summa argomentativa dell'autore, da lui utilizzata per sostenere posizioni eterniste: 

B1 Il presentismo implica che ogni esperienza è un'esperienza "presentacea" (mi si perdoni l'orrido aggettivo), dato che le sole esperienze esistenti, secondo i presentisti, sono quelle che esistono nel tempo presente.
B2 Tuttavia, un'esperienza come quella del cambiamento comprende essenzialmente multiple sotto-esperienze, che esistono tutte allo stesso modo, nonostante esistano in tempi differenti (e non, quindi, nello stesso tempo presente).
B3
Quindi il presentismo implica, erroneamente, che non ci sono esperienze come quelle del cambiamento.

Nella sostanza, sono argomentazioni estremamente primitive, proprio come il famoso paradosso di Zenone, tuttora usato dai settari wahabiti dell'Arabia Saudita per dimostrare che la Terra è piatta. Negare la natura oggettiva del flusso temporale serve a poco: può essere soggettiva la sensazione del tempo che scorre, ma il passaggio da un istante all'altro è reale. Cosa poi ci sia dietro a tutto questo, credo che la sua comprensione esuli dalle capacità dell'intelletto umano.

Risale al 2016 la bozza di un altro articolo di Pelczar sulla metafisica del tempo e dello spazio: What is Time? ossia "Cos'è il tempo?", consultabile e scaricabile al seguente link: 


L'autore giustamente critica l'eliminativismo che prevale nel mondo accademico, ossia la posizione di coloro che semplicemente rimuovono il tempo e la coscienza, giudicando inesistenti tali fenomeni. Fatto questo, egli cerca di dimostrare la possibilità di un'analisi del concetto di tempo, riducendo i fatti fisici a fatti relativi all'esperienza cosciente. Resta il fatto che non riesce a spiegare davvero cosa sia l'esperienza cosciente: l'unico risultato è addentrarsi nelle sabbie mobili di un iperformalismo ai confini con la paranoia, affondando in modo inesorabile. In buona sostanza, non si arriva da nessuna parte.

NOTE SUL LAVORO DI ROMERO-PÉREZ

Gustavo E. Romero (Universidad Naccional de La Plata, Buenos Aires) e Daniela Pérez (Instituto Argentino de Radioastronomía, Buenos Aires) sono gli autori del lavoro Presentism meets black holes, ossia "Il presentismo incontra i buchi neri", pubblicato nel 2014. Può essere consultato e scaricato liberamente a questo indirizzo url:  


Un articolo denso di matematica superiore, che intende calare il lettore addirittura all'interno di un buco nero, oltre l'orizzonte degli eventi, oltre quello che può essere soltanto l'annientamento di ogni struttura concepibile da mente umana. Le equazioni e i ragionamenti sono molto interessanti, ma le perplessità restano. Il punto è che nei buchi neri - e anche solo in loro prossimità - la fisica a cui siamo abituati cessa di valere. Quindi disquisire sui buchi neri nel tentativo di acclarare la natura ontologica del tempo può non essere una cosa molto furba.

Lo stratagemma è sempre quello prediletto dai B-eternisti: affermare che la simultaneità di due eventi A e B in un sistema di riferimento xyzt implica l'eternismo soltanto perché gli stessi eventi A e B non sono simultanei se visti da un altro osservatore che ha un sistema di riferimento diverso, x'y'z't'. Il problema è che Romero costruisce il primo sistema di riferimento xyzt in condizioni tanto estreme da non essere esperibili, mentre il secondo sistema di riferimento x'y'z't' è situato lontano dalla singolarità spaziotemporale, in condizioni a noi familiari. Queste macchinazioni non possono dirci nulla di quantificabile sull'ipotetico osservatore immerso nel buco nero, sottoposto a spaventose distorsioni dello spaziotempo: non sappiamo come potrebbe essere definito - ammesso e non concesso che la sua definizione sia possibile - e soprattutto ignoriamo come si potrebbe vedere la realtà esterna da tale prospettiva.

Si può soltanto affermare come sacrosanto quello che già vale nello spaziotempo di Minkowski. Al di fuori del cono di luce di un evento, non si può dire assolutamente alcunché di sensato: è una zona d'ombra fatta di fantasmi e di Nulla. Non è lecito trarre conoscenza dagli spettri che vi regnano e che non possono comunicare in alcun modo con l'ente a cui il cono di luce appartiene, istante per istante. Come Romero fa notare, man mano che ci si avvicina a un buco nero, il proprio cono di luce si appiattisce sempre più, tanto che una volta giunti all'orizzonte degli eventi si avrà un cono di luce che coincide con un piano in cui passato, presente e futuro collassano. Se ci si viene a trovare in una situazione simile, non si potrà dedurre da essa alcunché di utile a definire lo statuto ontologico del tempo passato e del tempo futuro di osservatori il cui cono di luce non è appiattito. 

Pur ammirandone il rigore di quest'opera, non trovo alcun modo di risolvere quello che considero un problema definitorio.

Lo stesso Romero nel 2014 ha pubblicato un altro articolo a qualche mese di distanza da quello sopra trattato: si tratta di Philosophical Issues of Black Holes, ossia "Problemi filosofici dei buchi neri", consultabile al seguente url: 


La trattazione matematica è molto approfondita. No, per capirci qualcosa non bastano le famose "insalate di matematica" mangiate da Goldrake: occorrono anni di paziente studio. I problemi filosofici affrontati sono notevoli. Si parla del determinismo, degli orizzonti di Cauchy e del secondo principio della termodinamica. Si ammette che il mondo non è un oggetto matematico, che soltanto alcune nostre descrizioni del mondo sono matematiche. Si ammette che se le equazioni che rappresentano le leggi della fisica ammettono certe soluzioni, queste non hanno per necessità esistenza fisica. Quindi si giunge a trattare il problema del presentismo e dell'eternismo. Romero ribadisce la propria posizione: egli reputa l'esistenza stessa di buchi neri nel nostro universo come incompatibile col presentismo. Questa è la summa argomentativa romeriana: 

Argomento A1:
P1: Ci sono buchi neri nel nostro universo.
P2: I buchi neri sono descritti correttamente dalla relatività generale.
P3: I buchi neri hanno superfici nulle chiuse (orizzonti).
Quindi ci sono superfici nulle chiuse nell'universo. 

Argomento A2:
P4: Tutti gli eventi su una superficie nulla chiusa sono simultanei con ogni evento sulla stessa superficie.
P4i: Tutti gli eventi su una superficie nulla chiusa sono simultanei con la nascita del buco nero.
P5: Alcuni eventi lontani sono simultanei con la nascita del buco nero, ma non con altri eventi correlati al buco nero.
Quindi ci sono eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento e non in un altro.

L'indebita conclusione è la seguente: "La simultaneità dipende dal sistema di riferimento. Siccome ciò che esiste non può dipendere dal sistema di riferimento che usiamo per descriverlo, concludiamo che ci sono eventi non simultanei. Quindi il presentismo è falso." 

Il punto è che il tempo nel buco nero non ha relazone con il tempo definito nel normale spaziotempo di Minkowski e ogni correlazione tra l'orizzonte degli eventi e ciò che si trova al suo esterno è da rigettarsi.

NOTE SUL LAVORO DI NÉMETI

Istvan Németi (Hungarian Academy of Sciences, Budapest) è l'autore, assieme a Hajnal Andréka, Judit Madarász, M. Stannett e Gergely Székely, dell'articolo Faster than light motion does not imply time travel ossia "Più veloce della luce non implica viaggio nel tempo", pubblicato nel 2014. L'interessante opera è scaricabile in formato pdf in questa pagina:


Questo è l'abstact in inglese:

«Seeing the many examples in the literature of causality violations based on faster-thanlight (FTL) signals one naturally thinks that FTL motion leads inevitably to the possibility of time travel. We show that this logical inference is invalid by demonstrating a model, based on (3+1)-dimensional Minkowski spacetime, in which FTL motion is permitted (in every direction without any limitation on speed) yet which does not admit time travel. Moreover, the Principle of Relativity is true in this model in the sense that all observers are equivalent. In short, FTL motion does not imply time travel after all.»

Questo è l'abstract in italiano (traduzione del sottoscritto):

«Vedendo i molti esempi in letteratura di violazioni della causalità basati su segnali più veloci della luce (faster than light, FIL), è naturale pensare che il moto più veloce della luce porti inevitabilmente alla possibilità del viaggio nel tempo. Mostriamo che questa inferenza logica non è valida, dimostrando un modello, basato sullo spaziotempo di Minkowski a 3+1 dimensioni, in cui il moto più veloce della luce è permesso (in ogni direzione senza limitazioni di velocità), che tuttavia non ammette viaggio nel tempo. Inoltre il Principio di Relatività è vero in questo modello nel senso che tutti gli osservatori sono equivalenti. In breve, il moto più veloce della luce dopotutto non implica il viaggio nel tempo.»

Un articolo estremamente ingegnoso e a prima vista in controtendenza rispetto alla tirannia del B-eternismo negatore della freccia temporale. È tuttavia uno scritto molto tecnico che implica una certa conoscenza del formalismo logico-matematico per essere compreso. Detto questo, non va nascosto un limite intrinseco: vengono costruiti modelli di spaziotempo non esperibili, completi di abitanti che vivono nell'insondabile condizione di velocità superluminale. Quindi possiamo ben sostenere che ogni singolo passo dell'opera di Németi e dei suoi colleghi potrebbe essere fallace. Potrebbe essere per mia mancanza di conoscenza, ma intravedo un altro punto ostico. A quanto mi risulta, nella teoria di Einstein è ipotizzata l'esistenza dei tachioni, particelle che si muovono a velocità maggiore di quella della luce. Stando al fisico di Ulm, questi tachioni si muoverebbero all'indietro nel tempo, procedendo dal presente al passato e lasciandosi alle spalle il futuro. Il nesso causa-effetto nell'universo tachionico risulterebbe invertito: gli effetti precederebbero per necessità le cause. Per via delle proprietà definitorie di queste particelle, tutti i tentativi fatti per rilevarle nel nostro universo appartengono al reame della follia. Ho l'impressione che Németi et alteri postulino invece anche per i tachioni le proprietà delle particelle subluminali e del nostro tempo, che procede dal presente al futuro, lasciandosi alle spalle il passato. Un'incongruenza mica da ridere! Sarebbe utile se qualche profondo conoscitore di questa complessa materia giungesse a commentare per fornirmi lumi. 

venerdì 8 dicembre 2017


INDIETRO NEL TEMPO 

Titolo originale: Time and Again
Autore: Jack Finney
Lingua originale: Inglese
1a ed. originale: 1970
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Viaggio nel tempo; fantascienza
      romantica; fantascienza crepuscolare
   Ontologia temporale: B-eternista
  
Reversibilità degli eventi: Sì
   Nesso causale: Retrocausalità diretta
  
Tipo di viaggio nel passato: Non ludoviciano
   Tecnologia di viaggio: Ipnotismo
   Macchina del tempo: Assente

   Draga temporale: Sì
Editore (it.):
   Mondadori (collana Altri Mondi);
   Marcos y Marcos (collana Gli alianti)
1a ed. it.: 1990
2a ed. it.: 2004
Traduttore: Marco Pinna, Riccardo Valla
Codici ISBN: 
   ISBN-10: 880434203X
   ISBN-13: 9788804342038
Codice EAN:
   9788871683867

Trama:

New York. Simon Morley è un impiegato in un'industria di grafica e passa le sue giornate a fabbricare sagome adorne per saponette. Percepisce in modo netto che la sua vita è vuota e vana, anche se ha qualche amico ed è allietato dalla compagnia di una ragazza, la fulva Katherine Mancuso. Un giorno Simon viene avvicinato da un certo Ruben "Rube" Prien, che gli propone di partecipare a un progetto governativo della massima segretezza. Va detto che Rube da una parte istiga e incuriosisce l'interlocutore, tuttavia si rifiuta di fornire il benché minimo dettaglio e persino di dare una vaga definizione dell'incarico. All'inizio Simon è molto perplesso, scettico e vittima dell'accidia, così pensa di rifiutare per rimanere nella sua vita di nullità. Poi qualcosa lo spinge a unirsi al progetto e a recarsi all'indirizzo fornitogli da Rube. Giunge così fino a un edificio di nudi mattoni rossicci, inoltrandosi in un labirinto di corridoi e di uffici. Qui, dopo essere stato sottoposto a una singolare prova, una sorta di test di realtà, viene a conoscere il dottor Oscar Rossoff e il capo del progetto, il dottor E.E. Danziger. All'inizio tutto è molto nebuloso: a Simon vengono mostrate aule in cui persone dagli strani abiti sono impegnate in attività incomprensibili, come la simulazione di un duello con le baionette o una conversazione nella lingua d'oil del XV secolo. Sarà proprio il dottor Danziger a spiegare ogni cosa in dettaglio: il progetto consiste nel mandare indietro nel tempo alcuni collaboratori opportunamente addestrati, in un piccolo numero di contesti scelti. Questi viaggi nel passato non avvengono tramite particolari congegni, ma soltanto servendosi dei poteri dell'ipnosi. Il crononauta si prepara calandosi nella parte, vivendo per qualche tempo in un ambiente acconciato in modo da contenere soltanto oggetti dell'epoca in cui si vuole arrivare, mangiando soltanto cibi prodotti appositamente e via discorrendo. Quando tutto è perfetto, e il crononauta è giunto a pensare in tutto e per tutto come un uomo del passato che è stato scelto, ecco che si sottopone a ipnosi e avviene la magia: uscendo dal suo covo, si viene a trovare proprio nel tempo desiderato! In pratica, si tratta del viaggio nel tempo condotto soltanto con mezzi "psicologici": le ingenti spese dell'ente governativo presieduto dal dottor Danziger sono relative alla produzione dei contesti adatti e all'addestramento dei crononauti. Così Simon Morley, vestito come un gentiluomo della New York ottocentesca, prende residenza in un enorme quanto vetusto palazzone chiamato Dakota, in cui un appartamento viene arredato in modo opportuno, eliminando ogni oggetto o elemento che possa anche remotamente ricordare il XX secolo. La tecnica ipnotica ha successo e Simon riesce a fare un'incursione nell'anno 1882, durante una nevicata abbondante. Vede un uomo e una donna su una slitta trainata da cavalli e, rientrato nel suo appartamento al Dakota - che a quei tempi esisteva già - riesce a scorgere il Museo delle Scienze Naturali, solo in seguito nascosto da una selva di grattacieli. È l'inizio di un'avventura coinvolgente, che porterà il protagonista a imbattersi in una bella ragazza, Julia Charbonneau, di cui si innamorerà perdutamente. L'architettura dell'opera è molto complessa, comprendendo non pochi intrighi e misteri; di certo molti dettagli sollevano interessanti problematiche di ontologia temporale.

Recensione: 

Alla base di Indietro nel tempo c'è la teoria dell'eternismo atensionale, o B-eternismo, sostenuta tra gli altri da Albert Einstein: essa afferma che presente, passato e futuro coesistono come configurazioni spaziali statiche, e che il flusso degli istanti è illusorio. Che il B-eternismo sia tanto popolare tra i fantascientisti non deve stupire più di tanto: essendo il presentismo una teoria che nega lo statuto ontologico degli eventi passati e di quelli futuri, ogni viaggio nel tempo viene ad essere impossibile. In questo modo per scrivere un romanzo sui viaggi nel tempo, non resta che scegliere un'ontologia temporale eternista. A parer mio, le ontologie temporali più utili a questo scopo sono quelle eterniste tensionali, o A-eterniste, come la teoria dei futuri ramificati o quella dei blocchi in accrescimento - dato che rendono conto del flusso degli istanti. Peccato che gli scrittori anglosassoni, con poche eccezioni tra cui Philip K. Dick, stravedano per la negazione della freccia temporale, generando così infiniti paradossi non necessari. In particolare, Finney non comprende il nesso causale tra gli eventi ed è portato a ritenere il concetto stesso di causalità come qualcosa di "soggettivo" e "psicologico". Un'idea originale quanto priva di senso. La narrazione è comunque avvincente, nonostante la sua sostanziale assurdità. Peccato che lo stile sia troppo ampolloso: eventi cruciali vengono sommersi da un'incredibile mole di descrizioni fatue di vestiti e di paesaggi urbani, per non parlare del labirinto della toponomastica di New York, in cui difficilmente un lettore italiano può pensare di orientarsi. Tanto fitta è la rete di riferimenti geografici come "l'incrocio tra Nassau Street e Park Row", "l'angolo della Quarantasettesima", "il marciapiede tra la Third Avenue e la Quarantaduesima" e via discorrendo, che si è colti da un senso di vertigine.

Viaggi temporali non ludoviciani

Il viaggio nel passato è detto ludoviciano se comporta l'impossibilità di cambiare gli eventi. Per contro, il viaggio nel passato è detto non ludoviciano se permette il cambiamento degli eventi. Come mai queste denominazioni così strane? Semplice: esse derivano dal nome del filosofo statunitense David Lewis (1941-2001). Orbene, il suo cognome deriva dal nome proprio Lewis "Luigi", la cui origine ultima è una forma volgare di Ludovico, come ben sa chi si interessa di filologia germanica. Sono un convinto assertore dell'impossiblità del viaggio temporale non ludoviciano. Tuttavia, anche sospendendo l'incredulità e calandosi nell'ambientazione del romanzo, ne emergono tali contraddizioni intrinseche da far saltare dalla sedia. 

La metafora del fiume

Pur negando l'esistenza della freccia temporale, Finney non esita a paragonare il tempo a un grande placido fiume. A suo dire, l'inaccessibilità del passato e del futuro sarebbe causata soltanto nel fatto che ci troviamo in un'ansa che ci impedisce di vederli. Ecco la conversazione tra Simon Morley e il dottor Danziger: 

«<Einstein> intendeva dire che la nostra concezione del passato, del futuro e del presente non è corretta. Noi pensiamo che Il passato se ne sia andato, che il futuro debba ancora venire, e che esista solo il presente. Perché il presente è tutto ciò che siamo in grado di vedere».
«In effetti, devo ammettere che anche a me sembra che le cose vadano più o meno così».
Danziger sorrise. «Naturalmente. E lo stesso vale per me. È più che naturale. Come del resto ha detto lo stesso Einstein. Ha detto che siamo come persone in una barca senza remi che procede lungo un fiume serpeggiante. Attorno a noi vediamo solo il presente, e non riusciamo a vedere il passato, dietro le anse e le curve del fiume alle nostre spalle. Eppure esso esiste».

Come conseguenza di queste premesse, il concetto di irreversibilità non è compreso, e lo stesso Einstein a quanto pare lo considerò irrilevante. Eppure l'irreversibilità esiste ed è un dato di fatto che non può essere rimosso dalle ruminazioni della psicologia. Che la relatività einsteiniana non implichi in automatico il B-eternismo è provato tra l'altro dal fatto che il dibattito filosofico tra eternisti e presentisti è ancora vivacissimo. Siamo ben lungi dal comprendere la natura del tempo. Credo con fermezza che l'intero mondo scientifico dovrebbe rinsavire e prendere sul serio Ilya Prigogine, che sostenne la natura termodinamica della freccia temporale, definendo l'irreversibilità degli eventi come principio di sensatezza dell'universo. Mi si permetta di aggiungere, è la sola sensatezza che si può ravvisare in un universo di aberrazioni!     

La teoria della pagliuzza nel fiume

Così spiega il dottor Danziger: 

«Ecco, il tempo viene spesso paragonato a un fiume, a una corrente. Quel che accade in un dato punto del fiume dipende almeno in parte da quel che è successo a monte. Ma in ciascun istante si verifica un'infinità di eventi, alcuni dei quali sono di portata enorme. Perciò, se il tempo è un fiume, è più grande del Mississippi in piena. Mentre lei... è come una pagliuzza in mezzo a quella corrente. È possibile che anche una pagliuzza possa produrre un effetto: per esempio, può rimanere incastrata sulla sponda e con il tempo formare una barriera capace di bloccare il corso del fiume. La possibilità di un cambiamento, il pericolo, esiste. Ma è infinitesimale. Virtualmente possiamo essere sicuri al cento per cento che una pagliuzza caduta in quella corrente gigantesca e incredibilmente potente, nel turbine di quel Mississippi di eventi, non influisca affatto sul suo corso!» 

Ebbene, anche ammettendo il viaggio temporale non ludoviciano, questa teoria è falsa. Non ha in sé nemmeno una vaghissima fibra di verità. Moltissime opere fantascientifiche sui viaggi nel passato si fondano su questo presupposto fallace e ignorano del tutto i nessi causali che generano gli eventi. La tentazione del narratore è quella di credere che esistano pochissimi eventi determinanti, messi lì per necessità storica e assolutamente immutabili, che non potranno mai essere scalfiti da nulla -  e che tutti gli altri eventi siano assolutamente irrilevanti, tanto che mutandoli non si sortirebbe mai alcun effetto sul corso storico. Questo perché alla base del giudizio ci sono i libri di storia, che elencano l'insieme degli eventi assoluti definiti "necessità storiche". Quanto tutto ciò sia un'illusione puerile lo dimostra la stessa vita di Adolf Hitler. Purtroppo la fantascienza si basa ancora in gran parte sulla meccanica classica e ignora il concetto di Caos. Non esistono eventi irrilevanti in un sistema caotico. Si può dimostrare che anche un semplice sternuto innesca una catena di conseguenze in grado di ridefinire l'intero aspetto del pianeta: è sufficiente che favorisca o che impedisca anche soltanto una singola copula.

Il ridicolo Progetto Cuba

Ogni singolo elemento di questo universo è parte di una catena causale che rimonta ad epoche remotissime. La natura tragica di questa catena non viene compresa da Finney e di conseguenza neppure dai suoi personaggi. Allo stesso modo sfugge l'estrema interconnessione di tutte le catene causali che compongono l'esistenza. Vediamo così due militari minchioni, Rube Prien e il colonnello Esterhazy, fare un progetto folle. Secondo il loro ragionamento lineare da meccanici classici, se Cuba fosse stata acquisita dagli Stati Uniti nel 1890, quando la cosa era possibile, non sarebbe mai andato al potere Fidel Castro, con tutto quel che ne consegue. E al contempo, tutto il resto sarebbe stato identico alla realtà a noi tutti nota. Prien ed Esterhazy, in altre parole, credono di poter asportare in modo chirurgico qualcosa che non piace loro, come il regime comunista cubano, senza tener conto della propagazione degli eventi e dell'impossibilità di controllare il cambiamento delle catene causali. Una prospettiva che definire stolta è poco.

La draga temporale

Philip K. Dick ha definito "draga temporale" un congegno capace di portare nel presente oggetti o persone prendendole dal passato. Il concetto è introdotto ne La penultima verità, ma compare anche altrove. Così, ne I simulacri, Hermann Goering viene catturato dalla draga temporale e portato nell'epoca in cui la vicenda si svolge - solo per essere sommariamente fucilato per essersi dimostrato "poco utile". Nel romanzo di Finney, Simon Morley riesce tramite la solita ipnosi a portare Julia Charbonneau nel proprio tempo d'origine, nella New York del XX secolo. La ragazza cammina per le strade congestionate da flussi di automobili e osserva i grattacieli. Viene condotta nell'appartamento di Simon, dove sfoglia alcuni libri e si veste con abiti moderni. Poi a un certo punto comprende che il suo posto è nel suo tempo, si rimette gli abiti con cui è arrivata e tramite la tecnica dell'ipnotismo ritorna nel passato. Quindi, possiamo dire che il dragaggio temporale nel romanzo di Finney avviene senza la presenza di un congegno, contrariamente a quanto avviene nelle opere di Dick.

L'Ipertempo di Van Inwagen 

Si segnala come degna di nota la teoria di Peter Van Inwagen (University of Notre Dame, South Bend, Indiana), che postula il concetto di ipertempo. Secondo lo studioso statunitense, lo spaziotempo comprenderebbe più di una dimensione temporale. In linea di principio sarebbe possibile per un crononauta ritornare nel passato: la sua interazione creerebbe l'eruzione di un nuovo corso temporale, come un corno che si viene a formare per poi propagarsi. In questo modo non ci sarebbero paradossi. Le vari linee temporali create dagli interventi sul passato non interagirebbero tra loro, e i vari doppioni dei crononauti e degli abitanti di ogni ipertempo sarebbero sezioni di oggetti con parti temporali che non possiamo cogliere dalla nostra limitata visuale. Peccato che l'entropia ontologica implicita in tale teoria sia grande e generi infiniti non normalizzabili, di per sé indizio della sua falsità. 

Reazioni nel Web

Nel sito Anobii sono presenti numerose recensioni brevi di questo romanzo, consultabili al seguente indirizzo: 


Con poche eccezioni, direi che i lettori di fantascienza non hanno gradito Indietro nel tempo, per motivi abbastanza prevedibili. Manca il gingillo tecnologico, sola cosa in grado di attirare l'attenzione. Infatti si è usata la locuzione "fantascienza ipotecnologica". Per alcuni non è neppure fantascienza e sarebbe classificabile come "romanzo storico". Non sembra che tra il pubblico, perso nel mare della banalità, ci sia qualcuno interessato agli studi sulla natura del tempo.

martedì 5 dicembre 2017

 

TEMPO DI MOSTRI, FIUME DI DOLORE 

Autore: James Kahn
Titolo originale: World enough, and time (1980)
Anno: 1980
Lingua originale: Inglese
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza catastrofica, Fantasy/SF
Editore (Italia): Mondadori
Pubblicazione (Italia): 26/12/1982Urania: n. 934 
Traduzione: Beata della Frattina
Copertina: Karel Thole
Sinossi:


"Un urlo rauco, profondo, inumano lacera il tessuto della notte. I sei abitanti della capanna di tronchi si guardano sbigottiti l'un l'altro poi guardano la finestra e la porta. "Dio mio!" dice la Madre. "Che sarà stato?" "Ho paura, mamma" dice il bambino più piccolo. Dopo un intervallo di silenzio l'urlo si rinnova più vicino, poi d'improvviso la porta scoppia all'indietro, strappata dai cardini, e tre esseri orrendi si precipitano sulla famigliola facendone scempio... Ma siamo appena all'inizio. Il romanzo - uno dei più lunghi e spettacolari presentati quest'anno da Urania - procede con lo stesso ritmo mozzafiato fino all'ultima delle sue fittissime pagine."

Trama:

In seguito a una tremenda calamità geologica, la calotta artica si è espansa giungendo fino alla California. La geologia del pianeta è stata stravolta e si è avuta la diffusione di numerose specie di esseri mostruosi. Alcuni di loro, come i Centauri, sono benigni e dotati di intelletto. Altri, come gli Abominii, i Vampiri, i Grifoni, sono invece potenze devastatrici in grado di apportare danni spaventosi ai superstiti del genere umano. Joshua è un cacciatore e appartiene alla setta degli Scribi, gli unici a conservare la scrittura in un'epoca di barbarie e di oblio. Rientrando da una spedizione, si trova di fronte a una drammatica realtà: la sua famiglia è stata distrutta e che la sua promessa sposa, Dicey è stata rapita da un gruppo di mostri: un Abominio, un Grifone e un Vampiro. Assieme al suo amico, il Centauro Beauty, Joshua inizia l'inseguimento. Nel rapire l'indomita Rose, amante di Joshua e moglie del Centauro, l'Abominio è rimasto ferito da una pugnalata e ha lasciato la fetida traccia del suo sangue, ben distinguibile. Così Beauty e il cacciatore-scriba si avventurano in un territorio ignoto e pericoloso, alla ricerca delle donne sottratte. Si imbatteranno in molte meraviglie e in molti orrori, facendo nuove sorprendenti conoscenze.   

Recensione:

Kahn disegna uno scenario surreale e sommamente implausibile, che può comunque essere goduto sospendendo l'incredulità, rinunciando ad applicare ogni minimo criterio di coerenza interna e tuffandosi nell'onirismo. Al giorno d'oggi una simile lettura potrebbe allontanare un neofita dalla Fantascienza anziché avvicinarlo, eppure all'epoca il romanzo aveva avuto qualche successo. Questo scrive l'anobiano Brush Steven: "Rileggerlo da adulto è stata una delusione". E ancora: "Premesso che lo avevo valutato 5 stelline, sulla base dei miei ricordi delle letture da adolescente. Mi è capitato sotto mano in libreria e ho deciso di rileggerlo... che delusione! quanto mi aveva entusiasmato 30 anni fa, oggi mi ha deluso. Degradato a tre stelline. mi sono ripromesso anche di rileggere il seguito, speriamo bene". Visto che non ho mai letto questa opera di Kahn quando ero giovane, ho deciso di imbarcarmi nell'impresa. All'inizio sono rimasto un po' perplesso. Mi sono subito trovato ai confini tra la Science Fiction obsoleta e un denso Fantasy, ma addentrandomi nella lettura ne sono in qualche modo rimasto avvinto e ho compreso che è un opera non priva di qualche contenuto interessante. Pertanto si perdoneranno alcune assurdità affioranti qua e là nella trama - come ad esempio questa perla di grande valore: "Estratti i coltelli, Josh ne impugnò uno per mano e cominciò a girare la maniglia." A poco a poco, tutto ciò che c'è di Fantasy trova una sua spiegazione scientifica ineccepibile: ad esempio si scopre che le numerosissime creature mitologiche sono in realtà il frutto dell'ingegneria genetica che imperversava prima del crollo tecnologico. Allo stesso modo si comprendono gli elementi incongrui come il fanatico culto di Nettuno, il Doge di Venezia, il Papa e via discorrendo: queste cose non hanno una continuità col nostro passato, essendo sorte nei giorni caotici del declino del genere umano. Ad esempio, Venezia non è la città italiana, bensì l'evoluzione di un parco giochi nei pressi di Los Angeles, diventato la capitale di un regno quando la costa californiana si è staccata dalla terraferma e hanno avuto origine nuovi arcipelaghi. 

La lingua degli Abominii

Una delle peculiarità del romanzo di Kahn è che dà spazio a una lingua non umana. Riportiamo alcuni brani molto interessanti, commentandoli brevemente. 

1) Le ultime parole di un Abominio morente.

     L'Abominio era là, appeso per il collo al grosso cavo spezzato che univa le pale al generatore. Stava per morire. Josh si arrampicò sulla scala, tagliò il cavo e l'orrida creatura cadde pesantemente a terra.
I due amici gli s'inginocchiarono accanto.
Uluglu domo — disse l'Abominio. Aveva il ventre squarciato. Era il marchio del Grifone.
— Cosa dice? — chiese Josh. — Conosci la sua lingua?
Beauty annuì. — Domo dulu — disse all'Abominio. — Odooo glutamo nol?
Il mostro aprì l'occhio e li guardò. — Ologlu Bal — disse, sputando sangue. — Bal ongamo, na ayrie gludemos, oglo du, Bal neglor nopar dos. Gluanda Bal seco, ologlu tas ululu. Endera Gor Murruru, gul endamo eglor.

Beauty annuì. — Nglimo tu? Nagena gli asta log mak to.
Glumpata no glas enti bora, ma noglu esta tas Bal o Scree tudama glu. Tudama gluanda, Gor es to narag.
Ednatu? — chiese Beauty.
Glisanda nef. Riaglo tor ologlu mindamo. Orogra tomo orogra mu. Ti do gorogla mel donu.
Beauty scrollò la testa. — Gluana no tomo, ululu gorono Gor.
Nef nef gliamo — disse l'Abominio. — Ologlu Bal enta gashto boro, ologlu lev Scree, es piram glu. Gogolasma. Engelli tor, glidon gliamo, miralli aj gol.
Fece una smorfia e spirò.

Come si può vedere, la lingua parlata dall'Abominio è complessa e articolata. Meriterebbe uno studio approfondito. Purtroppo non sono in grado di ottenere traduzioni per le singole parole a partire dalle frasi riportate, essendo il contesto combinatorio alquanto incerto. L'unica cosa sicura, perché spiegata nel seguito del brano riportato, è che Gor è il nome dell'Abominio, Bal è il nome del Vampiro e Scree è il nome del Grifone: Gor parla del tradimento e di come i suoi compagni gli abbiano teso un'imboscata, squarciandolo. L'Abominio poco prima di spirare dichiara una grandissima verità: "La vita è un fiume di dolore". Contenuti profondi che non ci si aspetterebbe da un bruto. Purtroppo non sono riuscito a isolare questi concetti e a conoscere le parole per "vita", "fiume", "dolore".  

2) Un Abomino esprime il suo disprezzo per gli esseri umani.

Ma Bal intervenne poco dopo dicendo: — Basta, Messer Uli. Un Umano morto è inutile. — Un Abominio, che aveva sentito, si voltò verso un suo compagno e disse: — Uman dugro. Oglo dor. — Tutti gli Abominii risero.

È possibile che "Uman dugro. Oglo dor" significhi proprio "Un umano morto è inutile". Certo, sarebbe davvero singolare se "uman" fosse un banale prestito dall'inglese human e significasse proprio "umano"

3) Un Abominio cerca di catturare la Gatta, volendo mangiarne le carni. Impreca quando capisce che l'impresa è al di là delle sue possibilità.

Iside aveva quasi finito di rosicchiare la corda quando l'Abominio sternuti e si svegliò. I suoi acuti occhi gialli si posarono istantaneamente sulla Gatta. — Glombo tog! — grugnì. La carne di gatto era una leccornia rara per gli Abominii.
Iside non attese oltre e con un balzo si precipitò fra i cespugli protetta dall'oscurità della notte.
Tog lumpu! — tuonò l'Abominio. — Oglondo tog! — e corse dietro a Iside.
Bal uscì dalla tenda. — Cosa sta borbottando quel bestione? — mormorò seccato.
— Mah, qualcosa a proposito di un gatto — rispose Uli che era uscito con lui.
L'Abominio le arrancava appresso finché non si fermò perché aveva capito che non sarebbe mai riuscito a raggiungerla. — Tog debluk — imprecò e tornò furibondo dai prigionieri che riteneva responsabili del contrattempo.

Mi sembra evidente:
tog = gatto
debluk = maledetto 
Infatti il vocabolo tog ricorre in tutte le frasi pronunciate dall'Abominio e indica anche l'oggetto dei suoi voraci desideri del momento: lo stesso felino. Se, come credo, gli aggettivi seguono i sostantivi e il nome del possessore precede il nome della cosa posseduta, si potrebbe postulare che valga lumpu = carne. Per il resto, posso soltanto dire che non ho la minima idea dell'origine di questo idioma così singolare.

Residui di francese e altre bizzarrie linguistiche

A quanto pare, oltre a una lingua veicolare derivata dall'inglese, esiste ancora una qualche conoscenza del francese, almeno in alcune espressioni tecniche ormai stereotipe usate dagli spadaccini: épée "spada", en garde "in guardia", allez! "su!", prét "pronto" (al posto del corretto prêt) e persino coupé-degagé dessous, che indica un tipo di attacco (degagé sta per il corretto dégagé). Si noterà che Beauty è chiamato Beauté Centauri da un suo compagno d'armi, un orso parlante il cui nome, D'Ursu Magna, reca traccia di una qualche lingua romanza non ben precisata o forse di una forma di latino sine flexione del tutto priva di concordanze grammaticali, non molto lontana dal famigerato latino dei metallari. Ovviamente Kahn, come tutti gli anglosassoni, non è in grado di comprendere le gravi condizioni di instabilità della lingua inglese d'America e i mutamenti a cui potrebbe dare origine in breve volgere di tempo. Si è limitato a proporre dialetti grafici (es. il nome della Neurumana Sum-Thin, formato a partire da "something"), o a cimentarsi in cervellotiche false etimologie basate su acronimi, come PINEAL fatto assurdamente derivare dalle iniziali di "Passion, Intuition, Nullity, Energy, Altruism, Libration". Una labile eco della lingua norrena si trova nel nome del Re Orso, Jarl - anche se non è in alcun modo spiegato come quel colossale orso dotato di favella abbia ricevuto quel nome. Interessanti le antiche e potenti formule che la promessa sposa di Joshua, essa stessa una Scriba, traccia sulla sabbia umida sperando di averne giovamento: Heil Hitler, A-OK, Abbacadabba e Apiti Sesamo (le ultime due nella versione italiana sono alterazioni per Abracadabra e Apriti Sesamo).

Bestialità erotica

Quando E-Doll di Francesco Verso vinse il Premio Urania, l'autore fu sottoposto a un linciaggio morale da parte di numerosi troll. Moltissimi uranisti insorsero contro di lui perché a detta loro la Science Fiction dovrebbe essere asettica, del tutto priva di qualsiasi allusione sessuale. Vediamo allora cosa ha da offrirci il libro di Kahn. Rose è sposata a un Centauro di nome Beauty e si capisce che non è un matrimonio bianco: è quindi inevitabile che gli provochi la fuoriuscita dello sperma, masturbandolo, fellandolo o copulando more ferarum. I numeri migliori però avvengono in un bordello che è un tempio della zoofilia tale da far impallidire il paese di Sodoma e Gomorra. Un gatto nero dagli occhi umani lecca avidamente una donna calva tra le gambe. Uno stallone in preda al calore molta una Centaura. Un Vampiro si fa sedere una piccola Driade in grembo, la penetra, le tocca i seni e le conficca i canini nel collo - lei ne prova grande piacere, visto che rivolge uno sguardo complice a Josh che la spia dalla finestra. Anche nel seguito scopriamo cose interessanti. Il Centauro Beauty fa l'amore con la Neurumana Jasmine, che si scopre aver avuto un'intensa relazione saffica con una sua simile, nella turpe città di Magas. Nelle bettole e negli angiporti di quel covo di depravazione si consumano orge al di là di ogni immaginazione e si allude persino ad atti di necrofilia. Diabole, direi che questi uranisti sono piuttosto disattenti nelle loro letture! 

Neurumani e Transumanismo 

La Neurumana Jasmine, una splendida semidea dai capelli fulvi, spiega per filo e per segno i misteri della sua origine. In un lontanissimo passato era un'umana, che si è ammalata di cancro a causa della contaminazione radioattiva. Per salvarsi si è sottoposta a un complesso intervento. Tutto il suo corpo, tranne il sistema nervoso centrale, è stato attaccato da un batterio divoratore ed è scomparso. Quindi il cervello, il midolo spinale e gli altri nervi, tenuti in animazione sospesa, sono stati collegati a vasi sanguigni in grado di veicolare sangue artificiale. Poi è stato ricostruito il resto del corpo, ricorrendo a materiali sintetici, fino a formare una nuova donna. Certamente questi contenuti appartengono al Transumanismo. Anche se le idee transumaniste hanno cominciato a fare la loro comparsa già nei primi anni '20 del XX secolo con l'opera di J.B.S. Haldane, si sono sviluppate nella loro forma moderna proprio a partire dagli anni '80, quindi il libro di Kahn può essere considerato come una testimonianza profetica e di estremo interesse.  

Altri contenuti profetici

Così dice Jasmine la Neurumana:

"Sono nata nel millenovecentoottantasei, l'anno del Grande Mutamento. Sai cosa accadde quell'anno?"
Lo Scriba Josh risponde:
"Non ne so molto, ma dai racconti che ho sentito credo che ci sia stato l'Avvento del Ghiaccio."
La Neurumana spiega:
"No, l'Avvento del Ghiaccio non si verificò in quell'anno, ma subito dopo l'estate del Grande Terremoto, l'estate del duemilacentonovantuno."
E ancora:
"Qualcuno l'aveva predetto, ma allora circolavano tante profezie che non si erano mai avverate, quindi... Bene, tornando all'anno della mia nascita, fu allora che si verificò il disastro del grande impianto nucleare all'est, nel quale perirono un milione di persone. Non lo ricordo personalmente perché ero appena nata, ma la gente continuò a parlarne a lungo commossa per anni e anni."

Ebbene, proprio nl 1986 ci fu il disastro di Chernobyl. Le stime delle morti in eccesso dovute alla contaminazione sono estremamente incerte e vanno da 5.000 a 6.000.000. Un milione di vittime sull'intero pianeta nel corso degli anni potrebbe anche essere una stima verosimile. Certo, se si prosegue la lettura ci si rende conto che la fulva Neurumana parla di un atto di terrorismo alla centrale nucleare di Oceanspring, con un milione di morti nell'immediato, affermando che quella fu la fine dell'energia atomica. Resta comunque la singolare coincidenza dell'anno.

Energia nucleare e ingegneria genetica

Nel romanzo di Kahn, l'incidente di Oceanspring ha traumatizzato talmente il genere umano da portare all'immediata abolizione delle centrali nucleari. Nella nostra realtà un simile risultato sarebbe puramente utopico: nemmeno la sindrome oceanica prodotta dall'incidente di Fukushima del 2011 ha insegnato qualcosa, e il pianeta è in ostaggio della vetustà di molti impianti, che minacciano di cedere in ogni istante o di essere colpiti da attentati terroristici. Per contro, il rapporto che il mondo descritto da Kahn aveva con l'ingegneria genetica era estremamente disinvolto, mentre nella nostra realtà si è ben lontani dalla produzione di esseri ibridi, essendovi una fortissima ripugnanza verso tali opere. Se anche qualcuno sapesse in concreto come produrre centauri, hobbit e sirene, non riuscirebbe nemmeno a mettere per iscritto gli schemi genetici di tali creature senza incontrare una feroce opposizione.   

Il Ciclo del Nuovo Mondo

Tempo di mostri, fiume di dolore ha avuto un seguito: L'oscuro fiume del tempo (Time's Dark Laughter, 1982), pubblicato in Italia da Mondadori nel 1983 (Urania n. 948). Si menziona poi un terzo romanzo, Timefall (1987), che a quanto mi risulta non è mai stato tradotto in italiano. Sembra che non sia un vero e proprio seguito dei primi due, ma una sorta di contorto spin-off fondato su un'architettura di universi paralleli in cui pullulano doppioni dei personaggi (doppelgänger). Non ho mai letto né L'oscuro fiume del tempo né tantomeno Timefall. Quando l'avrò fatto, non mancheranno le recensioni. 

Alcune note sull'autore

A quanto pare, James Kahn non è molto noto in Italia, pur essendo l'autore delle novellizzazioni di alcuni importanti film: Il ritorno dello Jedi, Indiana Jones e il tempio maledetto, Poltergeist, Poltergeist II e I Goonies. Ha anche scritto per alcune serie televisive come Melrose Place e Star Trek: The Next Generation. Oltre ad essere uno scrittore, si è laureato in medicina all'Università di Chicago e ha completato i suoi studi specialistici in medicina di emergenza all'Università della California (UCLA). Senza dubbio una personalità stravagante e degna di nota.