venerdì 15 dicembre 2017

NOTE SUL LAVORO DI INGTHORSSON

Rögnvaldur D. Ingthorsson (Università di Lund, Svezia) è l'autore dell'articolo Challenging the Grounding Objection to Presentism, ossia "Sfidando l'obiezione fondante al presentismo", revisionato, accettato e apparso su Academia.edu nel 2017. Il lavoro può essere consultato e scaricato liberamente al seguente link: 


L'autore critica la cosiddetta obiezione fondante al presentismo, che si basa su due premesse:

i) Ogni proposizione vera P ha un'entità T chiamata "fattore di verità" o "truthmaker" che la rende vera; 
ii) Alcune affermazioni sul passato e sul futuro sono ovviamente vere; se tuttavia il futuro e il passato non esistono, non ci possono essere fattori di verità per espressioni tensionali del futuro e del passato.

La conseguenza di queste premesse, è secondo gli eternisti atensionali, la falsità del presentismo. Dal canto loro, i presentisti tendono ad accettare tutto ciò passivamente, limitandosi a dire che il presente ha tutti i fattori di verità necessari per ogni proposizione vera. Questa è chiamata "strategia di riallocazione" (relocation strategy), perché i fattori di verità delle proposizioni vere passate e future vengono a trovarsi nel presente. Tra gli altri, la strategia di riallocazione è stata sostenuta dal filosofo e logico neozelandese Arthur Prior, nato nell'anno dell'inizio della Grande Guerra e morto nel quarto anno dell'Era di Satana. Ingthorsson, che non riesce a liberarsi dalle catene della teoria dei fattori di verità, parteggia chiaramente per i presentisti e afferma che essi dovrebbero sfidare le premesse i) e ii) dell'obiezione fondante anziché investire sulla riallocazione prioriana di cui sopra.

Queste sono le conclusioni che trae l'accademico islandese: 

a) Cercare nel presente fattori di verità per ogni proposizione vera risulta nella postulazione di entità "implausibili" o "eteree";
b) Nessuna conseguenza assurda deriva dalla mancanza di valori di verità per espressioni tensionali;
c) L'obiezione fondante richiede non soltanto che ogni proposizione vera abbia un fattore di verità, ma anche che a ogni fattore di verità corrisponda una proposizione vera. Si può negare la seconda affermazione senza intaccare la prima: non necessariamente un fattore di verità implica l'esistenza di una proposizione vera.

Per quanto mi riguarda, sono ancor più radicale. Non mi limito a trovare un modo per aggirare l'obiezione fondante al presentismo: la rigetto interamente. Con buona pace di molti ontologi temporali, l'intera discussione è di lana caprina e può essere portata a termine col metodo usato da Alessandro il Grande per sciogliere il nodo di Gordio. Non si sente nessun bisogno di una fantomatica entità chiamata "fattore di verità" o "truthmaker" per garantire la verità di una proposizione o di un evento. Emerge con la massima chiarezza l'irrealtà del Puffo Truthmaker, creazione di gran lunga più artificiosa e antieconomica degli universali di cui si disquisiva nel Medioevo. Non ha alcuna esistenza fisica sperimentabile e misurabile. È un ente fittizio creato per far tornare i fallaci conti della paranoia. Perché diamine dovrebbe esistere da qualche parte una cosa simile e tanto vana? Gli adepti dell'eternismo atensionale dovrebbero innanzitutto fornire spiegazioni su questa pretesa necessità, ma non ci riescono in alcun modo. La loro logica sembra al livello di quella di un mio compagno di classe del liceo, che di fronte a una saliera in pizzeria affermava: "Non capisco perché lo chiamano sale se scende!". Metafisici di questo livello forse farebbero meglio a tornare all'asilo infantile, che sembra essere il posto più adatto a loro.

A un certo punto Ingthorsson arriva a fare alcune considerazioni oltremodo interessanti. L'astrazione del fattore di verità, che acquisisce un'esistenza autonoma e totalmente scorrelata dalle proposizioni vere, diventa come l'Iperuranio di Platone. I realisti immanenti che ne hanno postulato l'esistenza sono in realtà diventati filosofi neoplatonici, nella maggior parte dei casi senza nemmeno accorgersene. Tra questi si può menzionare l'australiano David Malet Armstrong, che faceva di tutti i fattori di verità concepibili da mente umana autentiche ipostasi emanate gerarchicamente dall'Uno, portando Plotino direttamente nel XX secolo.

Eliminata l'obiezione fondante al presentismo, possiamo tornare al problema dell'eternismo. Ammettiamo ora che valga l'eternismo atensionale (B-eternismo). Dunque quando la proprietà di "presente" era in un preciso momento dei primordi del pianeta Terra, la nostra esistenza attuale sarebbe stata già definita. Anche se non accessibile a un paramecio del Paleozoico, in qualche recesso dello spaziotempo sarebbe già esistito un futuro remotissimo, poniamo Giulio Cesare che attraversa il Rubicone. Orbene, il paramecio in questione non avrebbe potuto in nessun modo trovare un fattore di verità per Giulio Cesare che attraversa il Rubicone. Eppure, l'eternismo non tensionale dovrebbe ammettere la reale esistenza di questo fattore di verità, visto che dichiara illusorio il flusso temporale e attribuisce eguale dignità ontologica a passato, presente e futuro. In contrasto con questo, vediamo che nessun B-eternista si scandalizza se gli diciamo che gli eventi futuri non possono avere alcun fattore di verità a noi sondabile, dato che sono sconosciuti. Eppure gli stessi B-eternisti fanno il diavolo a quattro per quanto riguarda gli eventi del passato, riempiendo pagine e pagine di simboli logici. Cosa distingue dunque il fattore di verità di un evento passato dal fattore di verità di un evento futuro? Nulla, visto che entrambi appartengono allo stesso reame delle chimere e dei centauri!

Nessun commento: