venerdì 15 dicembre 2017

NOTE SUL LAVORO DI GRAZIANI

Ernesto Graziani (Università degli Studi di Macerata) è l'autore di Ontologia temporale, contributo pubblicato su APheX, portale italiano di filosofia analitica (N° 9 gennaio 2014, pagg. 158-218, redattore Francesca Ervas). Il lavoro è consultabile e scaricabile liberamente al seguente url:


Questo è l'indice dell'opera:

1. INTRODUZIONE
2. ONTOLOGIE TEMPORALI
3. SOSTANZIALITÀ DEL DIBATTITO
4. ARGOMENTI
   4.1. Senso comune
   4.2. Considerazioni fenomenologiche
   4.3. Grazie al cielo è finita!
   4.4. Libero arbitrio
   4.5. Il presente è ora
   4.6. Riferimento a momenti non presenti
   4.7. Riferimento dei nomi propri e proposizioni
         singolari
   4.8. Fondamento delle verità passate
   4.9. Relazioni intertemporali
   4.10. Teoria della relatività ristretta
5. BIBLIOGRAFIA

Questo è l'abstract: 

"L’ontologia temporale è la riflessione sullo statuto ontologico delle entità meramente passate o future. In questo contributo intendo chiarire il significato di questa questione, presentare le principali opzioni teoriche che si delineano rispetto ad essa e, concentrandomi sulle due principali teorie contendenti, B-eternismo e presentismo, illustrare gli argomenti più rilevanti formulati a favore dell’una e dell’altra."

L'autore si addentra nella classificazione delle ontologie temporali, che si distinguono in due blocchi: teorie tensionali (A) e teorie atensionali (B). Tra queste due classi di teorie del tempo esistono abissi incolmabili, al punto che i rispettivi sostenitori nemmeno riescono a comunicare tra loro in modo razionale, come se fossero specie aliene provenienti da universi del tutto dissimili. A distinguere le teorie A dalle teorie B è proprio il modo in cui vengono intesi gli eventi: la tensionalità corrisponde alla definizione di tempo basata sul passaggio temporale e sulla differenza di stato tra presente, passato e futuro", mentre il tempo atensionale è semplicemente l'ordine di un insieme di configurazioni statiche, spesso distinte solo per convenzione. Se il presentismo è una tipica teoria A, l'eternismo si presenta sia in forme tensionali che atensionali.

Principio di economia ontologica

Il problema principale di numerose ontologie temporali è la loro natura antieconomica. Premetto che non sono un fanatico sostenitore del rasoio di Occam. Se ho di fronte a me due teorie A e B, essendo A più semplice di B, allora se A spiega le cose in un dominio X mentre B spiega le cose in un dominio Y più grande e contenente X, scelgo la teoria B - dato che rende conto di una realtà più ampia rispetto alla teoria concorrente. Quando si tratta di teoria del tempo si va ben oltre quanto pensato da frate Guglielmo di Occam. Non si tratta infatti di postulare più enti semplici anziché un singolo ente più complesso, o di fare tramite un certo numero di enti ciò che può esser fatto in altro modo con un ente singolo: si tratta di generare infiniti non normalizzabili. Un'eruzione spaventosa di infiniti, come quella che ci ha portato a guardare con sospetto e scetticismo la teoria del multiverso. Ogni quanto che compone la realtà dello spaziotempo sarebbe a sua volta un intero universo, pietrificato o dinamico, in un flusso infinito in ogni direzione, con una potenza che supera quella delle parti del continuo come questa trascende il finito. Una mostruosità che paralizza e toglie il respiro, e che per giunta non ha utilità o causa alcuna. Per comprenderlo basta passare in rassegna le principali criticità. 

Se nell'eternismo B-teorico l'intera realtà temporale, passata, presente e futura, è data in blocco, allora sorgono in me domande ossessive, che a quanto pare non sfiorano nemmeno la mente degli accademici. Come possiamo spiegare l'esistenza di questo blocco di realtà? Come identificarne una causa? Che senso avrebbe? Se il divenire è una collezione di cartoni animati, chi li ha disegnati? Partendo da quale universo? Per quale motivo? Si cerca in un universo acausale la radice dell'esistenza, che esperiamo come causale. Un universo il cui tempo statico è acausale non può in alcun modo spiegare l'universo causale in cui siamo immersi.

Sono possibili varie soluzioni A-teoriche non presentiste, anche se non va nascosto che ognuna presenta punti deboli e aspetti fortemente critici. 

Il concetto di incrementismo è una tipica forma di eternismo tensionale. Esisterebbe il passato, ma non il futuro. Cosa genera dunque il futuro? Si forma a partire dal presente o prende corpo dal nulla?

Un'altra soluzione è la teoria del riflettore in movimento: il presente acquisterebbe il suo statuto ontologico privilegiato come se un fascio di luce lo investisse prima del suo sprofondamento nell'ombra e nell'oblio. Si potrebbe trattare di un generatore di ologrammi. Anche qui sorgono inquietanti interrogativi. Chi ha collocato il riflettore al suo posto? Qual è il suo senso? Qual è la sua funzione? In che mondo esso si colloca nella struttura dello spaziotempo di Minkowski? Il raggio di luce illuminatore parte da un altro universo? Come spiegare quell'universo? Esiste un nesso causale tra quell'universo e il nostro?

Direi proprio che è stato pensato di tutto per rendere conto dell'esperienza sensibile. Nell'eternismo a gradi di realtà il presente ha un'ontologia che manca al passato e al futuro, a cui pure è attribuita l'esistenza. La sua variante più nota è senza dubbio l'A-eternismo a futuri ramificati, in cui si introduce un filtraggio quantistico centrato sul presente: "Poiché solo uno dei possibili corsi di eventi futuri trova realizzazione entrando a fare parte del presente, e poi del passato, il passaggio temporale comporta un progressivo cessare di esistere di tutti i corsi di eventi futuri che non si realizzano".

Secondo Graziani, tutte queste teorie appaiono inferiori al presentismo proprio perché antieconomiche: "La forma ontologicamente più parsimoniosa di teoria A è il presentismo, secondo il quale esistono solo le entità temporali presenti; non esistono entità passate né future. L'intera realtà temporale si riduce a ciò che di volta in volta è collocato nell'istante presente e il passaggio temporale consiste in un continuo cominciare ad esistere e cessare di esistere da parte delle entità temporali." Tuttavia l'autore non è un sostenitore del principio di economia ontologica e subito si perde nei meandri di vane considerazioni metalinguistiche. Così scrive: "L'ontologia presentista esclude l'esistenza di momenti passati o futuri: esiste un unico momento ed è l'istante presente. Eppure, parliamo continuamente di momenti passati o futuri. Diciamo, p.e., che l'invasione della Polonia da parte della Germania cominciò ufficialmente alle 04:45 del 1° settembre 1939 o che all'inizio del 2030 non esisterà ancora alcuna base spaziale umana su Marte. E questo è qualcosa di cui il presentismo sembra non poter render conto. (Il medesimo problema si pone ovviamente anche per l'ontologia incrementista, anche se limitatamente al caso dei momenti futuri.)". Si tratta di una forma di paranoia del tutto vana e insostanziale, che dà tuttavia origine a pagine e pagine piene di simboli logici nel tentativo di sviscerare i costituenti primi di una realtà che sfugge ad ogni ulteriore analisi proprio perché ci è impossibile collocarci al di fuori di essa e osservarla da quella posizione privilegiata. Tutti sappiamo che anche se il passato non esiste più, ne permangono le conseguenze e le attestazioni, in alcuni casi i ricordi: a queste cose concrete facciamo riferimento ogni santo giorno quando pensiamo, parliamo e apprendiamo. Il futuro non esiste ancora, eppure è possibile azzardare previsioni a breve termine a partire da un algoritmo di proiezione degli eventi passati e presenti. Queste proiezioni, seppur spesso siano fallaci, ci guidano, ci aiutano e ci evitano di incappare in pericoli. Non è necessario attribuire un'ontologia a eventi passati e/o futuri per poterne parlare o per poter fare riferimento ad essi, dal momento che siamo in possesso di un linguaggio simbolico, oltre che della facoltà di ricordare e di azzardare previsioni. Queste cose sembrano sfuggire agli ontologi temporali, che a quanto pare vivono le loro esistenze in un mondo di astrazioni inapplicabili. Nessuno di loro sembra comprendere che dire "passato/presente/futuro" oppure dire "prima/ora/poi" è la stessa cosa ontologicamente parlando: non si tratta di buone etichette verbali per rendere conto di differenze metafisiche tra tensionalità e atensionalità, fondate sulla diversa concezione dello status ontologico del passato e del futuro rispetto al presente. Solo grammaticalmente cambia qualcosa usando i due set di parole. Per gli anglosassoni la questione è rilevante perché essi parlano una lingua che distingue tra time e tense. In altre lingue questa distinzione non è espressa dall'uso di diverse parole e non viene dunque intesa. Giova far notare che se si parlasse una lingua che non distingue i tempi grammaticali nella flessione dei verbi, la realtà delle cose non cambierebbe. Trovo che sia della massima importanza trovare un nuovo linguaggio per esprimere i concetti della filosofia del tempo evitando queste ambiguità fuorvianti e grossolane.

Non potendo razionalizzare lo scorrere del tempo, le teorie eterniste moltiplicano all'infinito il qui-ora generando collezioni di universi passati e/o futuri la cui ontologia presenta formidabili difficoltà di spiegazione. Di fatto ogni forma di eternismo concepibile da mente umana, che sia esso A-teorico o B-teorico, moltiplica l'universo all'infinito senza offrire alcun punto di appiglio: corrisponde a una dichiarazione di resa nei confronti dell'Ignoto, portandoci all'enunciato definitivo di una specie senziente terminale: ignoramus et ignorabimus. Andando aventi per questa strada ci si può soltanto illudere e riempire la testa di fumisterie, senza riuscire a trovare in alcun modo una spiegazione dell'esistenza. Soprattutto non si comprenderà mai un dato di fatto ineluttabile che gli ontologi temporali tendono a trascurare: la freccia temporale.

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