martedì 25 febbraio 2020

 
IMPROVVISAMENTE, L'ESTATE SCORSA 
 
Titolo originale: Suddenly, Last Summer
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1959
Durata: 114 min
Colore: B/N
Rapporto: no
Genere: Drammatico 
Regia: Joseph L. Mankiewicz
Soggetto: Tennessee Williams (pièce teatrale)
Sceneggiatura: Tennessee Williams e Gore Vidal
Produttore: Sam Spiegel per Columbia Pictures
Fotografia: Jack Hildyard
Montaggio: William Hornbeck Thomas Stanford
Musiche: Malcolm Arnold, Buxton Orr
Interpreti e personaggi:
    Katharine Hepburn: Violet Venable
    Montgomery Clift: Dott. John Cukrowicz
    Elizabeth Taylor: Catherine Holly
    Albert Dekker: Dott. Hockstader
    Mercedes McCambridge: Sig.ra Holly
    Gary Raymond: George Holly
    Mavis Villiers: Miss Foxhill
    Patricia Marmont: Infermiera Benson
    Maria Britneva: Lucy
    Joan Young: Suor Felicity
    Sheila Robbins: Segretaria del dott. Hockstader
    David Cameron: Infermiere biondiccio
    Richard Bakalyan: Paziente
    Mark Cavell: Paziente
Doppiatori italiani:
    Giuseppe Rinaldi: Dott. John Cukrowicz
    Lydia Simoneschi: Catherine Holly
    Andreina Pagnani: Violet Venable
    Giorgio Capecchi: Dott. Hockstader
    Rosetta Calavetta: Sig.ra Holly
    Massimo Turci: George Holly
    Wanda Tettoni: Miss Foxhill
Budget (stimato):
3 milioni di dollari US
Box office: 6,37 milioni di dollari US
 

 
Trama e recensione:  
 

Suddenly, Last Summer è una pièce teatrale composta da Tennessee Williams (vero nome Thomas Lanier Williams). In italiano la traduzione è letterale: Improvvisamente, l'estate scorsa. È una tragedia di orrori, livida e tenebrosa. La storia racconta di Catherine, una donna che ha viaggiato per l'Europa in compagnia di suo cugino Sebastian. Durante un viaggio alle Canarie, Sebastian incontra una morte atroce e inspiegabile. Al ritorno da questa sfortunata spedizione, ogni frammento della sanità mentale di Catherine sembra compromesso definitivamente. La madre del morto, Violet, ha una personalità magnetica e inquietante. È a conoscenza dell'omosessualità del figlio, con cui aveva un rapporto malsano e morboso, al limite dell'incesto. Per evitare che la scomoda verità si risappia, preme affinché Catherine sia al più presto sottoposta a lobotomia. Dopo alterne vicende la verità emerge come un cadavere dal fondo di una palude. Si viene così a sapere che, in modo molto cinico, Sebastian usava la madre Violet come esca per procacciarsi rapporti sodomitici. Essendo però essa invecchiata troppo per tale scopo, egli aveva deciso di usare al suo posto la giovane cugina Catherine. La scelta si è rivelata poco felice: nel corso di uno sfortunato tentativo di adescamento, le genti delle Canarie lo hanno ucciso smembrandolo e divorandone brani di carne. 
 
Di questa opera fu tratto l'omonimo adattamento televisivo diretto da Joseph L. Mankiewicz e splendidamente recitato da Katharine Hepburn (Violet). Tra i personaggi principali ci sono anche Elizabeth Taylor (Catherine) e Montgomery Clift (il dottor Cukrowicz). Il film ebbe due nomination per l'Oscar per la Migliore Attrice (Katharine Hepburn) e per la Migliore Sceneggiatura. Il Codice Hays imponeva al cinema americano una ferrea censura, vietando in particolar modo di parlare di omosessualità. Eppure nonostante le limitazioni, questo capolavoro trasmette tuttora la plumbea atmosfera di uno scenario di feroce persecuzione, ricostruendo tramite meccanismi micrometrici le più intime pulsioni dei personaggi.  
 
Quello che a me interessa in particolar modo, è ciò che Violet Venable dice al dottor Cukrowicz in uno dei dialoghi più significativi e drammatici della storia del cinema. Tanto più che è un testo che trasmette il Dualismo Anticosmico e la consapevolezza dell'assoluta malvagità della creazione materiale e di ciò che gli umani chiamano "vita". Lo riporto qui di seguito: 
 
"È una cosa che non ho mai detto a nessuno, una cosa così... così strana e terribile. Lei penserà che sia pazza anch'io, ma è la verità, lo giuro. Sebastian ha visto il volto di Dio! Sì... sì, mi ricordo che era estate, tanti anni fa, ed eravamo proprio in questo giardino. Sebastian mi disse "mamma, ascolta", e si mise a leggere la descrizione che Melville fa delle Encantadas, le isole Galapagos. Lesse la descrizione e disse che dovevamo andarci. E ci andammo quell'estate stessa, con un trealberi preso in affitto che sembrava proprio la nave che avrebbe potuto portare Melville alle Encantadas. E vedemmo le Encantadas, ma sulle Encantadas vedemmo qualcosa di cui Melville non aveva scritto. Vedemmo le grandi tartarughe marine venire alla spiaggia per deporre le uova. Ogni anno le femmine di queste tartarughe risalgono dal mare sulle sabbie di quelle isole vulcaniche rese roventi dal sole equatoriale, per scavarvi le fosse e depositarvi le uova. È una lunga e terribile cosa, la deposizione delle uova dentro le fosse, e quando ha finito, la femmina, esausta di forze, si trascina di nuovo al mare semimorta. E non vede mai la prole. Ma noi sì. Sebastian sapeva con esattezza quando  si sarebbero dischiuse le uova, e tornammo lì apposta per vedere... In tempo per vedere le tartarughe appena nate e la loro disperata corsa al mare. L'esigua spiaggia, scura di colore, era tutta in movimento. Ma anche il cielo sopra brulicava nero di falchi, e il frastuono che facevano, le orribili strida che lanciavano volteggiando sulla piccola spiaggia arroventata dell'isola, mentre le tartarughe appena nate uscivano dalle buche e incominciavano la loro corsa verso il mare... Per sfuggire ai falchi marini, che rendevano il cielo del colore della sabbia. Io gli dissi: "Sebastian, no! Non può essere così!" Ma lui mi tenne lì, e mi fece assistere all'orribile spettacolo... Dicevo: "No! No! Non è vero!" Ma lui mi disse: "È così". Mi disse: "Guarda là, Violet, guarda là sulla spiaggia!" E io guardai, e vidi la sabbia come viva, come viva, mentre le tartarughe si affannavano verso il mare, e i falchi su di loro attendevano il momento opportuno. Aspettavano e volteggiavano. E poi si tuffavano sulle loro prede, e le rovesciavano per trovare il morbido ventre sotto il guscio. E lo squarciavano a colpi di rostro, per ingozzarsi avidi della loro carne. Sebastian mi disse che secondo lui nemmeno l'uno per cento degli animali doveva arrivare al mare... La Natura è crudele, questo Sebastian lo aveva sempre saputo, ma io no. Gli dissi: "No, qui si tratta di falchi e di tartarughe, non di noi." Non sapevo che per noi è lo stesso. E siamo tutti preda di questa Natura divoratrice.  Io non volevo affrontare l'orrore della verità. Anche l'ultimo giorno alle Encantadas, quando Sebastian mi lasciò e passò tutta l'arida giornata equatoriale sulla coffa del bastimento a guardare l'orribile scena sulla spiaggia, finché ci fu luce per vedere. E quando scese dalle sartie, mi disse: "Ora ho visto. HO VISTO DIO." 
 
Salta subito agli occhi che il Dio di cui si qui parla è il Creatore Malvagio di cui è scritto nel Libro dei Due Princìpi. Tanto potente è questa suggestione, che sembra quasi di vedere descritto un corso storico parallelo diverso dal nostro, in cui il Catarismo si è mantenuto influente e visibile. 
 
Poprio il Codice Hays che tanto schifiltosamente si adoperò per sostenere il vincolo del matrimonio, non si accorse del potere anticosmico di questo brano che descrive e denuncia l'implacabile mostruosità del Rex Mundi. 
 
(Il Volto Oscuro della Storia, 12 settembre 2009)

Alcune citazioni 

"La vita per molti che cos'è se non una scia di rovine? Ogni giorno un nuovo mucchio di ruderi, tutta una via fiancheggiata da ruderi. Ruderi che solo la morte può alla fine sgombrare."
(Violet Venable)

Sig.ra Venable: "Ma questa operazione che lei fa è proprio efficace?"
Dott. Cukrowicz: "Sì, sì, è efficace, ma certo è ancora qualcosa di sperimentale."
Sig.ra Venable: "Mi ha colpito quello che lei diceva nel suo articolo, quell'immagine della lama nella mente..."
Dott. Cukrowicz: "Che uccide il demone che vi alberga? Mi sono lasciato un po' trasportare."
Sig.ra Venable: "No, era un'immagine piuttosto poetica, davvero..." 

Catherine Holly: "Io volevo salvarlo, dottore."
Dott. Cukrowicz: "Salvarlo da che?"
Catherine Holly: "Staccarlo dall'idea che si era fatto di se stesso, di doversi sacrificare a una tremenda..."
Dottor Cukrowicz: "Divinità?"
Catherine Holly: "Sì! Sebastian, che era buono, gentile, vedeva solo cose tremende e spietate, in tutto l'Universo e persino... qualcosa di tremendo in se stesso."  
 
"La spiaggia era tutta bianca. Ah come bruciava il sole! Era come se l'occhio di Dio ci guardasse! La pelle scottava. Mancava l'aria, come se il sole l'avesse divorata tutta, e fuori pareva di essere in una fornace."
(Catherine Holly)
 
Sequenze memorabili
 
Catherine Holly, interpretata da Liz Taylor, rischia di finire nella fossa dei leoni. La donna bellissima entra in una porta, avanzando in un corridoio, e sotto c'è un luogo terribile dove stanno i pazzi furiosi. Non appena la vedono, gli uomini sbavano e si avventano su di lei, saltando, cercando di raggiungerla per violentarla. Un energumeno famelico riesce ad afferrarle una caviglia, ma a questo punto suona l'allarme. Arrivano gli infermieri, che la traggono in salvo.   

La figura di una donna anziana, seduta in una via assolata a Cabeza de Lobo, si rivela essere la stessa Morte. Sotto il cappuccio si scorge il suo teschio ghignante sbiancato dal sole, proprio poco prima dell'immolazione cannibalica di Sebastian su un altare pagano. Quando si vedono queste immagini da giovani, restano impresse vita natural durante!
 
Pronunce ortografiche di cognomi slavi 
 
Il dottor Cukrowicz fa un po' il vanesio in occasione quando si presenta e dice alla Signora Venable che il suo cognome in polacco significa "zucchero". Sì, secondo lui cukrowicz sarebbe proprio la parola per dire "zucchero". Quello che più stupisce è la sua pronuncia del proprio cognome, con una consonante velare iniziale: /'kukrovits/. In realtà la parola polacca per dire "zucchero" è cukor e si pronuncia con una /ts/ iniziale: /'tsukor/. Il cognome del dottore è per l'appunto un derivato di cukor tramite un tipico suffisso. L'equivoco si deve al fatto che in inglese la lettera c davanti alla vocale u trascrive sempre un suono velare /k/. Gli Anglosassoni hanno una fede incrollabile in quella diavoleria che è lo spelling: ognuno di loro passa mezz'ora a pronunciare le lettere che compongono il proprio cognome, per far sì che gli altri lo scrivano correttamente. Il problema è che non esiste un efficace meccanismo inverso che spieghi come si deve leggere un nome scritto di cui si ignora la pronuncia. Ecco come nascono le pronunce aberranti. 
 
Atrocità della medicina autoritaria 

La trapanazione del cranio è una pratica nota fin dal Paleolitico. La lobotomia, che ne è la naturale evoluzione, cominciò ad essere praticata già sul finire del XIX secolo: nel 1890 il dottor Sarles estrasse dal cranio parti dei lobi frontali di alcuni pazienti. Tuttavia la prima lobotomia controllata risale al 1936 e fu eseguita dal medico neurologo portoghese Antonio Egas Moniz tramite un'iniezione di alcol nel lobo frontale di alcuni pazienti, distruggendone la materia bianca. Quindi non si ha alcuna imprecisione quando il dottor Cukrowicz nel 1937 definisce la lobotomia "innovativa". 

Cabeza de Lobo 
 
Il toponimo Cabeza de Lobo, ossia "Testa di Lupo", è immaginario. Errano gravemente quanti lo identificano con l'omonimo paese di Cabeza de Lobo in Galizia, che è lontano dal mare. Si capisce subito che si tratta invece di una località insulare, dal clima molto caldo, che presenta importanti vestigia preispaniche, pagane: rovine di antichi luoghi di culto. Tali caratteristiche permettono di collocare tale luogo proprio nelle Canarie. 

Reazioni furiose 
 
Le restrizioni imposte dal Codice Hays non bastarono a evitare vigorosi attacchi da parte di elementi reazionari.

John Wayne reagì in modo furibondo al film di Mankiewicz, arrivando a definirlo "un veleno che inquina il sangue della Nazione, troppo disgustoso persino per discuterne", o qualcosa del genere. 

Il critico Bosley Crowther scrisse un articolo smerdante in cui condannava il film di Mankiewicz come opera di "degenerati ossessionati dallo stupro, dall'incesto, dalla sodomia e dal cannibalismo".

sabato 22 febbraio 2020

I PERCORSI DELLA MISTIFICAZIONE 

A tutti sono ben noti i mefitici miasmi delle mistificazioni di Dan Brown, che sono state propalate al preciso scopo di impedire una corretta informazione sulla Conoscenza del Bene e sulle conseguenze della sua Dottrina. Al giorno d'oggi è ben risaputo che Dan Brown ha utilizzato come fonte il pernicioso libro di Michael Baigent, Henry Lincoln e Richard Leigh intitolato "Il santo Graal" (The Holy Blood and the Holy Grail), che è stato pubblicato per la prima volta nel 1982 a Londra. In Italia è comparso nello stesso anno e ha conosciuto numerose ristampe. In ogni caso a quell'epoca di questi argomenti non parlava quasi nessuno, e non esisteva il prurito misteriologico che sarebbe esploso anni dopo. Esiste però un altro volume, il cui autore era più popolare di Baigent, Lincoln e Leigh. Si tratta del famoso "Libro dei fatti incredibili ma veri" (World of strange phenomena) di Charles Berlitz. Pubblicato nel 1995, contiene un gran numero di notizie stravaganti e di aneddoti, di cui appare in molti casi evidente la natura totalmente fabbricata. Alcune di queste brevi descrizioni sono entrate nell'immaginario collettivo e date per vere da molte persone, anche istruite. Spesso hanno tutti i caratteri delle leggende metropolitane, e neanche a farlo apposta non menzionata l'ombra di un riferimento bibliografico. Ho udito in diverse circostanze novellacce come quella del ragazzo che ha ricevuto una telefonata dalla nonna morta. In un mio racconto ho incluso una descrizione di un fulmine globulare capace di fintare e assalire gli esseri umani, senza ricordarne la fonte: ho poi scoperto che avevo letto qualcosa di simile sul libro di Berlitz. Ricordo che un noto scrittore, Danilo Arona, appassionato di discontinuità spazio-temporali, ha parlato in un'occasione della vicenda di una persona scomparsa nelle Filippine ed apparsa a Città del Messico, e di un altro uomo che abitava a Goa, in India, e si è ritrovato senza accorgersene a Lisbona. Ebbene, la fonte di questo racconto del terrore è ancora una volta il libro di Berlitz. Anche l'idea assurda che gli Indiani Mandan parlassero una lingua affine al gallese ha questa stessa origine (si può facilmente trovare un'efficace confutazione nel web). Non mi dilungherò troppo sul materiale virale prodotto e propalato da Berlitz. Ebbene, mi limiterò a riportare qualcosa che ho scoperto. Si tratta del seguente brano, trascritto in questa sede nonostante l'immane ripugnanza che mi ispira:

Un prete cataro

Avrebbe dovuto essere un povero prete di parrocchia. Invece Francois-Berenger Saunière era amico di una bellissima e celebre cantante lirica di Parigi e aveva quattro conti in banche estere, con cui finanziò il restauro di un'oscura cappella nella cittadina francese di Rennes-le-Château. La chiesa era decorata con una statua del diavolo, e questo indusse la gente a chiedersi se l'improvvisa ricchezza di Saunière provenisse da Dio o da Satana.
La risposta può essere trovata nelle leggende che circondano una setta eretica del tredicesimo secolo nota come dei Catari, che una volta controllava la provincia francese della Linguadoca, sulla costa del Mediterraneo. I Catari (dalla parola greca che significa "purificato") credevano che il mondo fosse stato creato dal Demiurgo, il rivale di Dio, per così dire.
Il Demiurgo, un male che doveva essere superato se si voleva raggiungere la salvezza, era ritenuto in grado di accordare favori ai suoi servitori così come il Dio dei cristiani poteva fare coi suoi devoti.
Il 2 marzo 1244 l'ultima roccaforte catara di Montségur fu espugnata dalle forze cattoliche. Ma si sussurrò poi che il tesoro dei Catari fosse stato portato al sicuro altrove prima della caduta finale. Stando alle chiacchiere dei villici, si trattava dello stesso tesoro che Saunière scoprì, poco dopo aver preso possesso della chiesetta di Sainte-Madeleine, a Rennes-le-Château, nel 1885.
Saunière fece in seguito un viaggio a Parigi, e la vita cambiò totalmente per il povero prete di campagna. I suoi parrocchiani si scandalizzarono quando l'umile Saunière ricevette a Rennes-le-Château la visita di Emma Calve, la soprano di fama mondiale. Essa continuò a vedersi col sacerdote fin dopo il suo matrimonio col tenore Gasbarri nel 1914.
Oltre alle altre spese da lui sostenute, Saunière sborsò più di un milione di franchi per restaurare e trasformare la chiesa, prima ignota, di Sainte Madeleine, compresi i demoni di pietra. Al di sopra del porticato anteriore aveva fatto incidere un'iscrizione: "Questo è un luogo terrificante".

È più che probabile che sul finire dello scorso secolo l'argomento presentato da Berlitz si sia diffuso in Italia con maggior efficacia rispetto alla trattazione di Baigent, Lincoln e Leigh, predisponendo al formarsi di tutto un humus pseudoculturale incentrato sulla fuffa di Rennes-le-Château. Si noti come la narrazione riportata sia piena zeppa di pregiudizi e falsità diffuse negli ambienti cattolici più conservatori. Evidentemente ignaro di qualsiasi fondamento di Dottrina Dualista, ecco che Berlitz racconta le solite baggianate sul presunto culto satanico dei Catari. I Buoni Uomini vengono descritti con infinite calunnie, addirittura come una conventicola di gente che pregava Satana per avere in cambio ricchezze. È ora che simili sconci siano esposti al pubblico ed etichettati per quello che sono: immondizia. E veniamo ora al diabolico Saunière e alle fanfaluche sul preteso "tesoro dei Catari". Questo oscuro curato di campagna, crapulone, lascivo e truffaldino, si è arricchito con un singolare espediente. Siccome i preti della Chiesa Romana possono chiedere piccole somme di denaro per la celebrazione di messe in suffragio dei defunti, capita che qualcuno di loro approfitti della dabbenaggine del popolino per accumulare somme ben più cospicue, semplicemente facendosi pagare per messe in realtà mai celebrate. Così ha fatto Saunière, e nei suoi appunti sono state trovate annotazioni di un tal numero di messe retribuite che nessuno sarebbe mai stato in grado di celebrare neanche in mille anni. Naturalmente di questo non parla quasi nessuno: fa più comodo ai media alimentare una misteriosa menzogna piuttosto che non presentare la squallida realtà. Allo stesso modo ai cortigiani di Roma Imperiale faceva più comodo credere che i Cristiani fossero cannibali, incestuosi e avvelenatori piuttosto che non considerarli persone semplici, povere e oneste. Sarebbe anche ora che non si sentisse mai più parlare di un figuro come Saunière in relazione ai Catari. 

giovedì 20 febbraio 2020

ADVERSUS JAMES REDFIELD: COME SMASCHERARE LE UNDICI ALLUCINAZIONI

Facendo una ricerca in rete, mi sono imbattuto in un messaggio postato più di un anno fa in un forum ora abbandonato.

Un ragazzo chiedeva aiuto perché un suo amico si era rovinosamente invaghito di una fanatica della Profezia di Celestino, e la sua vita era diventata impossibile. Nessuno è stato in grado di produrre una confutazione delle idee di quella donna. Soltanto un utente ha fatto qualcosa, fornendogli con scarsa convinzione un
link al CICAP. Mi è già capitato di avere a che fare con l'opera di James Redfield, così riprendo e sviluppo alcune riflessioni che avevo messo per iscritto di getto. Di certo molti penseranno che sia una perdita di tempo discutere delle opere che sono il prodotto di pura fantasia.

Il punto è che Redfield non intende i suoi libri come un semplice passatempo, ma come i Vangeli della Nuova Era. C'è chi ha preso tanto sul serio tali scritti da cambiare la propria vita, dando addirittura vita ad associazioni più o meno segrete. 
 
In sintesi i contenuti delle prime 9 Illuminazioni (la Profezia di Celestino) sono i seguenti:

1) Prendere coscienza del risveglio spirituale in atto e delle coincidenze che si presentano nella nostra vita;
2) Questo risveglio rappresenta il sorgere di una nuova visione del mondo  ed un nuovo passo importante dello sviluppo umano;
3) Tutto ciò che esiste è energia sacra che possiamo percepire ed intuire. Possiamo assorbire l'energia che si irradia, in particolare dalla bellezza;
4) La competizione per l'energia è la causa di tutti i conflitti tra gli esseri umani.
5) Si attinge energia attraverso il connubio con l'universo provando amore per il tutto;
6) Comprendere il proprio passato alla luce degli scambi di energia, partendo dai drammi infantili che creano intimidatori, inquisitori, riservati e vittime;
7) Scoprire la corrente attraverso cui l'energia scorre: coincidenze e casi fortuiti che intuiscono e guidano la realtà, sogni che vanno interpretati e rapportati alla vita;
8) Interagire con gli altri positivamente: quando si parla con un'altra persona, per elevarne l'energia, bisogna concentrarsi sul suo viso con amore. 
9) L'evoluzione ci porta ad una crescita spirituale. In  un mondo 'ecologico' si chiarirà il rapporto fra tutte le religioni si opererà per creare nuove condizioni di convivenza pacifica e di benessere.

La Decima Illuminazione, volume che ha avuto minor successo, indica in sostanza l'ottimismo come base della crescita spirituale. Nel Segreto di Shambhala, viene spiegata in quattro punti l'Undicesima Illuminazione, una sorta di guida pratica su come realizzare uno stucchevole paradiso terrestre.

Tutta l'impalcatura è molto stupida, innervata da un utilizzo inappropriato e parodistico dei principi della Scienza. Il becero sincretismo tra paranormale e fisica moderna non ha di per sé nulla di originale, ma è una delle grottesche caratteristiche distintive della filosofia
New Age. Con la loro pretesa di penetrare i segreti stessi dell'Universo, questi guru sono avvolti in una totale cecità.

Le teorie di Einstein sono ritenute un pilastro portante, in quanto dimostrano l'equivalenza tra massa ed energia. Illustro brevemente l'equivoco. La massa è legata all'energia tramite un'equazione in cui tutti si sono imbattuti nel corso della loro vita: E = mc2 , dove E è l'energia, m è la massa e c è la velocità della luce nel vuoto. L'energia è ovviamente intesa come grandezza fisica misurabile. Ora, secondo gli Acquariani, questa energia sarebbe invece una quantità mistica (fisicamente NON misurabile). La dimostrazione dell'esistenza di una dimensione trascendente è cosa difficile usando i semplici artifici della fisica e della matematica, al punto che a tutt'oggi prevalgono orientamenti materialisti. Bisogna andare nel campo della filosofia, e anche qui è molto difficile mettere tutti d'accordo. Almeno Tommaso di Aquino era meno ingenuo, e prima di sostenere o confutare qualcosa
si facesse un dovere di capirla a fondo.

Anche la quantistica è fraintesa al punto che un fisico e un celestino chiamano con gli stessi nomi cosa del tutto incompatibili. Il
Principio di Indeterminazione di Heisenberg non solo è un caposaldo della fisica moderna, ma ha ripercussioni di importanza capitale anche nella filosofia. Si può utilizzarlo per affermare che non può esistere un unico principio creatore onnisciente ed onnipotente. Non è infatti possibile conoscere al contempo due grandezze complementari come posizione e velocità, e questo non per imprecisione dei nostri strumenti di indagine, ma per una proprietà intrinseca della natura delle particelle stesse.

Sorprende sentire parlare del lavoro di Heisenberg nell'opera di Redfield. Egli ne travisa completamente i contenuti già a livello elementare, e ne fa uno strumento che a sua detta permetterebbe di guidare il flusso
di energia per dominare gli eventi!
Assurdità. Anzi, è vero l'esatto contrario. È stata data la dimostrazione scientifica della nostra totale incapacità di controllare gli eventi. Ogni nostra azione altera le cose, e solo il fatto di studiare una particella la influenza, in qualche modo la cambia. Ma questo non significa affatto che noi possiamo influenzare e cambiare ciò che osserviamo o pensiamo imponendogli di seguire i
nostri desideri.

Gli errori illustrati si riflettono in modo pesante nel concetto stesso di Profezia di Celestino. Prevedendo il futuro si prevede una possibilità, ma non la si determina. Ci sono così tante quantità che si influenzano in modo incontrollabile per poterlo fare, anche
ammettendo di poter davvero avere visioni di un possibile futuro.

A parte l'inconsistenza delle trovate narrative (sorvoliamo sul senso di un testo in aramaico nel Perù del I millennio a.C.), che nel 600 a.C. fosse possibile fare previsioni con la precisione di DECENNI è impensabile. La quantistica impone l'essenziale inconoscibilità del futuro. All'epoca in cui il manoscritto fittizio sarebbe stato composto non era neppure concepibile che Roma sarebbe assurta a dominatrice d'Europa, il corso storico più probabile sembrava prevedere invece un'Europa celtica. Nulla lasciava presagire il sorgere della piaga delle religioni monoteistiche e il loro dilagare in Europa, in Asia, in America. Come potesse in tali condizioni essere evidente il movimento dei Figli dei Fiori è qualcosa di
inconcepibile.

Si dà della storia una visione schematica da manuale scolastico, fatta a comparti stagni, con le epoche considerate monadi senza alcuna comunicazione reciproca. Per fissare le idee, basta leggersi la descrizione che Redfield dà del passaggio dal Medioevo all'Evo Moderno. Secondo le inconsistenze celestine, l'uomo medievale vedeva ogni risposta in Dio e nella Chiesa che lo rappresentava, accorgendosi poi che i preti facevano dell'abuso sessuale e dei bagordi orgiastici il loro stile di vita. Ecco allora che all'improvviso all'uomo medievale venne il dubbio, e si domandò: "Forse che Cristo morì per questi porci zozzoni maledetti?" Come conseguenza automatica ecco procedere dal cielo il Rinascimento, ecco prendere corpo la Riforma. L'uomo avrebbe allora cercato la sua strada senza avere più un riferimento, e avrebbe mandato esploratori a trovare una risposta ai suoi perché. Non tornando più questi ricognitori, ecco iniziare un'età di bagordi e pazza gioia, nel completo oblio dello spirito. Il XX secolo con le sue atrocità sarebbe stato solo una parentesi in atteso dell'irruzione del Verbo Redfieldiano...

Non si fa notare una cosa fondamentale in questo delirante scenario: mentre Galileo fondava il metodo scientifico e veniva processato dall'Inquisizione, mentre sorgeva il Secolo dei Lumi, mentre scoppiava la Rivoluzione Francese e si espandeva poi il Positivismo, per il contadino la pioggia continuava ad essere Dio che piscia da un setaccio! Esattamente come per un ilota di Sparta.
 
La cultura ha una grande inerzia, ovvero una difficoltà a penetrare in tutti gli strati della popolazione. A volte si ha la netta impressione che certe conoscenze non abbiano mai davvero sfiorato la massa. Ancor oggi la gente della ricca Brianza crede che la carne marcia generi vermi e che le camice sudate facciano formare topolini. Io stesso ho avuto occasione di documentare il persistere della credenza nella generazione spontanea in quel di Albiate, a una ventina di km da Milano. Quanti ancora sono portati a pensare che sia il sole a girare attorno alla terra? Per molti non è realmente
cambiato granché.

Possibile poi che la Storia sia vista in modo così asettico? Possibile che in tutto questo organigramma non vi sia un posto per i genocidi, per le pestilenze, per i cataclismi, per tutte le ferite che da sempre affliggono l'umanità? La cosa che più urta in tutta
questa oscena filosofia è la Minimizzazione del Male.

La Profezia afferma, come già enunciato nella fisica classica, che a ogni azione corrisponde una reazione. Si dimentica però di specificare che la reazione si oppone all'azione. L'idea acquariana sostiene che ogni nostra azione porta su di noi una reazione dello stesso segno, in modo che chi pensa a cose belle avrà cose belle, chi pensa a cose brutte, avrà cose brutte. Cerca in tutti i modi di far credere che quanto ci capita non è che una conseguenza della nostra negatività. Ogni idea va messa alla prova portandola agli estremi. Se un uomo è corroso da un cancro che gli rende la vita impossibile e lo destina a una morte atroce soffocato nel suo stesso pus, si dovrebbe quindi pensare che non è stato abbastanza positivo e non ha pensato al suo corpo attirando su di sé energie benefiche? Se un bambino viene violato e torturato, e dopo il trattamento gli vengono espiantati gli organi, è andato forse incontro a un fato orripilante perché non ha coltivato una visione zuccherosa dell'universo? Un Cosmo candito per risolvere tutti i mali, e chi non ci riesce va dimenticato come se fosse un inutile oggetto? Al danno si
aggiunge la beffa.

È inutile mentirsi. Bisogna guardare in faccia la realtà delle cose, quanto è avvenuto e tuttora avviene su questo pianeta dovrebbe essere sufficiente allo scopo. Shambhala è una menzogna. Proiettate la vostra mente tra gli orrori, conducendola in luoghi di di sterminio, dove migliaia di uomini, donne e bambini sono trucidati senza pietà. Pensate alle peggiori aberrazioni che divampano in questa società, concentrate la vostra attenzione sulle più abominevoli violenze inflitte a inermi creature umane e animali. Provate a creare in voi il silenzio per sentire urlare milioni di spettri. Tutto vi sarà chiaro. Una sola goccia di questo inferno sarebbe in grado di annichilire qualsiasi egoistico paradiso. Questo universo è il Male, e la religione di Celestino è solo una delle tante droghe deleterie iniettate dal Creatore Malvagio in questa umanità agonizzante assetata di illusioni. 

Chi è cieco all'Orrore ne sarà la prima vittima. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 5 febbraio 2008)  

Tanto tempo è passato. Ormai è sprofondato nel Nulla quel forum in cui un ragazzo che chiedeva aiuto per un amico innamorato perso di una deficiente new ager. Forse è diventata polvere anche lei.

martedì 18 febbraio 2020

VANGELI DELLA NUOVA ERA, URINOTERAPIA E ACARI

Per illustrare gli effetti pratici e deleteri che un libro può avere sulla vita dei suoi lettori, riporto un episodio che ho vissuto in prima persona.
 
Una dozzina di anni fa mi capitò di conoscere una celestina. All'epoca non sapevo nulla della sua perniciosa religione, e stavo a sentire le idiozie con cui cercava di imbambolarmi. Faceva comunque sfoggio di una certa apertura mentale, e nel complesso trovavo la sua compagnia gradevole. Ricordo che mi diede una fotocopia con l'enunciato completo delle 9 Illuminazioni contenute nel primo volume di James Redfield. Cercò anche di spiegarmi qualcosa della sua dottrina, per lo più ripetendo le parole del ciclostilato. Preso da altri pensieri, non riuscivo neppure a capire dove volesse parare. Ero del tutto ignaro delle operazione di marketing del subdolo mondo acquariano e non avevo neppure letto la Profezia di Celestino.

Ricordo che questa ragazza poco prima di conoscermi si distorse un piede inciampando, e disse che il capitombolo non era stato un caso. Mi spiegò che aveva trascurato di proiettare energia positiva sui suoi piedi, e non avendo pensato intensamente ogni giorno a tali parti del suo corpo, le era capitato quel danno. Rimasi allibito nell'udire una simile spiegazione, bislacca e inconsistente. Per quel che mi riguarda, data la mia eredità culturale, l'avrei capita alla perfezione se mi avesse detto che un demone l'aveva fatta incespicare servendosi di un bastone invisibile. La mia innata diffidenza verso qualsiasi forma di ottimismo mi portava a nutrire un interesse davvero basso per i suoi deliri. Una volta, senza alcun timore, mi disse che usava bere la propria orina, attribuendo a tale pratica ogni sorta di virtù salutare. Disse anche che tutti dovrebbero farlo, e che quando avesse avuto dei figli, avrebbe insegnato loro a fare lo stesso.

Di professione faceva la bibliotecaria, e passava la sua esistenza in mezzo a montagne di volumi polverosi. Un giorno i suoi colleghi mi dissero che era svenuta e che le era stata diagnosticata una grave allergia agli acari. Trovò il modo di non farsi più sentire, chiedendo addirittura il trasferimento in un altro ente, che non permetteva con facilità l'accesso ad estranei. La vidi una volta ancora, per puro caso, quando tornò in biblioteca a far visita agli ex colleghi: mi trovavo lì per consultare alcuni libri. Fu talmente evasiva e sfuggente che non potei fare a meno di notare la cosa.
Era tesa, mi guardava quasi come se fossi un lebbroso, e prima ancora di chiedermi come stavo voltò il discorso per farmi sapere che aveva in corso una convivenza. Da quel momento sparì nel nulla.

Le cose cominciarono ad avere una spiegazione qualche tempo dopo, quando lessi in un solo giorno la Profezia di Celestino, durante una lunga attesa in un ospedale. Come romanzo era molto scorrevole, e spiegava in modo chiaro concetti che ritenni necessario confutare. Non ci potevano essere dubbi. L'idea celestina porta a ritenere gli incidenti, dai più banali ai più gravi, come segnali di un turbamento energetico. Nello specifico caso, lo svenimento non sarebbe stato provocato dagli acari, ma dai miei influssi negativi. Evitare chi soffre diventa così una necessità di primaria importanza. I problemi di amici e parenti non sono qualcosa che deve essere risolto, ma sono interpretati come un marchio di indegnità capace di far venir meno il proprio equilibrio. Mi stupisce come questo approccio sociale sia del tutto simile a quello vigente in ambienti edonistici, avvezzi a isolare chiunque si trovi in difficoltà. Tutto positivo finché non cade una tegola in testa, e tutti pensano che le tegole cadano solo in testa agli altri. Il pensiero positivo è una delle molteplici emanazioni della peste. 

Ogni visione positiva della realtà è egoismo. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 10 febbraio 2008)

A distanza di anni da quando ho pubblicato per la prima volta questo testo, qualcosa mi ha spinto a cercare in Facebook notizie della celestina fulva dedita al pissing. Ho così trovato il suo profilo, constatando che si è messa assieme a uno spaventoso energumeno, a cui per giunta ha dato un figlio. Ha fatto cadere un nuovo dannato in questo Inferno, fabbricandolo con lo sperma di un vero e proprio pitecantropo. E gli farà anche bere la propria orina. Le mie congratulazioni.

sabato 15 febbraio 2020

MANIFESTAZIONI GNOSTICHE ILLUSORIE
NELLA SOCIETÀ MODERNA

A prima vista diverse tendenze sviluppatesi in Occidente negli ultimi decenni potrebbero far pensare a un riemergere di temi gnostici molto simili ai fondamenti dei Catarismo. Significativi sono il vegetarianismo, le filosofie animaliste e nonviolente, l'orientamento asessuale e l'estinzionismo ecologico. In realtà si può dimostrare che si tratta di somiglianze soltanto apparenti. A caratterizzare un'idea o una scelta di vita come gnostico-manichea è l'Anticosmismo, ovvero il riconoscere la Natura come opera di un Principio Malvagio. Come conseguenza, ogni cosa materiale ha in sé i segni della sua origine diabolica. Non solo tutto ciò è in totale antitesi con le religioni normative, che vedono un Dio buono come origine di ogni cosa esistente, ma si distingue anche da ogni sistema di pensiero mondano. 
 
Se consideriamo le basi del vegetarianismo, troviamo sia componenti salutiste che componenti etiche. Le prime si fondano sull'idea che mangiare carne possa nuocere all'organismo, le seconde trovano il loro senso nel rifiuto della violenza sugli animali. Ora, entrambe le ragioni non sono affatto anticosmiche. O questi moderni vegetariani hanno una vera e propria idolatria per il corpo, o la hanno per gli animali. I vegani più estremisti sono anche antispecisti, ovvero rifiutano la distinzione tra umani e animali.

Senza entrare nel merito delle differenze tra le varie diete, non si trova mai in queste impostazioni la repulsione verso il frutto dell'accoppiamento, ossia dell'atto che manda avanti l'esistenza biologica. Il Catarismo ritiene il corpo, umano o animale, come un nulla privo di qualsiasi nobiltà che costringe in sé l'anima sofferente. Quindi se i Buoni Uomini non mangiavano carne, non lo facevano per lo stesso motivo di certi fanatici che ucciderebbero un essere umano perché ha dato un calcio a un cane. 

Esistono oggi molte persone che si fanno chiamare Asessuali, e che rivendicano il riconoscimento di questo loro stato d'essere. Affermano di non poter provare alcuna attrazione erotica per altre persone, e tendono a ritenere biologica la base di questa loro differenza con il resto degli umani. Una significativa comunità asessuale è stata aggregata on line da David Jay, ed è in costante espansione. Gli studiosi non sanno spiegarsi il fenomeno, e credo che bisognerà aspettare del tempo prima che sia pronta una teoria convincente. Anche in questo caso, il fondamento non è anticosmico. È qualcosa di molto diverso dall'Encratismo. Marcione avrebbe battezzato gli asessuali, così come battezzava gli eunuchi, ma non era certo il suo pensiero a crearli là dove non ce n'erano. Quello che distingue una persona anticosmica non è l'assenza di desiderio sessuale, bensì il riconoscimento della sessualità procreativa come Male e causa di tutte le sofferenze umane.
 
L'Estinzionismo Ecologico è senza dubbio l'argomento più interessante, anche perché si pone una finalità nobilissima, pratica e realizzabile: l'estinzione volontaria dell'umanità. È portato avanti da una associazione denominata VHEMT (Voluntary Human Extinction Movement), che accoglie anche quei moderati che mirano soltanto a una riduzione drastica della popolazione terrestre. Anche se può sembrare strano, non sono rari coloro che spingono il loro amore per la biosfera terrestre al punto da auspicare la scomparsa dell'Uomo pur di conservare integri ecosistemi e habitat. Ancora una volta la differenza delle motivazioni è sostanziale; si realizza però una tale convergenza nello scopo, che ogni dualista dei nostri giorni dovrebbe aderire al movimento.
 
Lo studioso Gian Carlo Benelli ha visto nel pensiero anticosmico  l'emergere di un disagio collettivo dovuto a sconvolgimenti sociali che, seppure in forme diverse, si sono presentati sia all'epoca dell'Impero Romano che nel Basso Medioevo. Di certo le condizioni per una nuova rinascita esistono, ma sono come fiumi carsici che scavano strutture sociali ormai vetuste. Vanno cercate nell'esaurimento spirituale e nell'agonia dell'Occidente, nonostante le loro manifestazioni siano ancora confuse. Non sarà dall'ottimismo etico che si svilupperà l'Uomo Manicheo, ma da un nichilismo consapevole e dalla rivolta contro la tirannia materica. È necessario compiere ancora un piccolo passo.

mercoledì 12 febbraio 2020

PROVE ESTERNE E INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: LA TRASCRIZIONE DEL PUNICO CISSU MEZRA 'MELONE'

Dioscoride riporta il nome punico del melone come κισσου μεζρα, che in caratteri romani si trascrive kissou mezra. Apuleio lo riprende, trascrivendolo cissu mezra, secondo le convenzioni della sua epoca. La traduzione letterale è "melone di campo". Il termine mezra è formato a partire dal punico zera, zyra "seme" e sta per "campo seminato": nelle lingue semitiche un prefisso labiale m- si trova in moltissimi sostantivi derivati. In ebraico abbiamo zeraʻ "seme". È evidente che il vocabolo cissu citato da Apuleio aveva una consonante velare o addirittura uvulare, in ogni caso chiamata "dura" dal volgo: in ebraico abbiamo qiššīm "meloni", pronunciato in epoca antica addirittura con una /q/ uvulare (attualmente realizzata come una semplice /k/). Le conseguenze di questa trascrizione sono chiarissime: se la lettera c fosse stata usata dai Romani per trascrivere un suono palatale, come vorrebbero i nostri avversari, non sarebbe stata ritenuta idonea per scrivere cissu mezra. Apuleio avrebbe fatto ricorso a uno stratagemma per far capire che il suono qui doveva essere occlusivo. Per esempio, avrebbe potuto usare una ch e il vocabolo punico sarebbe stato scritto *chissu.

Lo stesso identico discorso vale per il greco antico. Per quanto incredibilmente i nostri avversari attribuiscano a k davanti a vocale anteriore /i/ o /e/ un valore di consonante palatale, è chiaro che il kissou mezra glossato da Dioscoride presenta la consonante /k/ nel suo solo valore possibile per il contesto dell'epoca: quello di occlusiva velare. È una grande stoltezza  prendere le attuali pronunce del neogreco e dei dialetti grecanici per proiettarle ai tempi di Dioscoride e persino a quelli di Omero, come se nel corso dei secoli non fossero avvenuti cambiamenti di sorta.

sabato 8 febbraio 2020

PROVE ESTERNE E INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: IL CASO DI CEPHALOEDIUM 'CEFALÙ'

Il toponimo siciliano Cefalù (provincia di Palermo) risale al latino Cephaloedium, a sua volta di origine greca. Queste sono alcune attestazioni antiche:
 
Cephaloedium (Strabone)
Cephaloedis (Tolomeo, Plinio)
Cephaledum (Tavola di Peutinger) 
 
Etimologia: Si tratta di un nome derivato dal greco κεφαλή (kephale) "testa", attribuito in origine a una roccia sulla riva del mare. Secondo alcuni questa roccia doveva avere una forma bizzarra, che ricordava vagamente quella di una testa umana. Secondo il mio parere non ce n'è alcun bisogno: i Greci devono aver interpretato con falsa etimologia una precedente forma fenicia, analoga all'ebraico e all'aramaico kepha "roccia".

Vediamo che il latino volgare mostrava un esito -e- del dittongo -oe- in questo toponimo: è proprio il Cephaledum che compare nella Tabula Peutingeriana. Tuttavia un esito di gran lunga più comune aveva il dittongo integro oe, pronunciato /oe/ o /oi/ e poi mutato in -u- nella forma romanza Cefalù. Il suffisso di origine è il greco -oidis, che deriva direttamente da un precedente -*o-wid- "che ha l'aspetto di". Errano quindi coloro che pretendono di attribuire al latino di epoca classica la pronuncia ecclesiastica prevalente nel sistema scolastico italiano, ritenendola valida fin dalla più lontana epoca preistorica.  
 
Veniamo ora alla consonante iniziale c-, che in Cefalù è attualmente il suono chiamato "molle" dagli insegnanti e che noi preferiamo chiamare palatale o postalveolare. In greco antico il suono era "duro", ossia velare, /k/. Non conta nulla il fatto che nel greco moderno si sia sviluppata una palatalizzazione e il suono sia pronunciato /kj/ (quella che le genti chiamerebbero la chi- di chiesa). Meno ancora rileva il fatto che questo suono nei moderni dialetti grecanici sia realizzato come la nostra postalveolare /tʃ/ (quella che le genti chiamerebbero la c- di cena): si tratta di un mutamento del tutto naturale. Non si possono usare pronunce attuali, la cui origine è ben chiara e documentabile, per proiettarle all'infinito nel più remoto passato. 

C.H. Grandgent riporta che in Sicilia l'antica velare /k/ si è mantenuta anche davanti a vocale anteriore /e/ e /i/ più a lungo che in altri luoghi della Romània, anche se alla fine si è palatalizzata. Si veda il paragrafo 258 (C e G davanti a vocali palatali) del manuale Introduzione allo studio del latino volgare edito dalla Cisalpino-Goliardia (pag. 144): 
 
"Nella Sardegna centrale, in Dalmazia, in Illiria k' non progredì, e in Sicilia, nell'Italia meridionale, in Dacia il grado k' si è conservato, a quanto pare, più che nella maggior parte delle altre regioni".    
 
A riprova di tutto questo, facciamo notare che in arabo Cefalù è chiamata Gafludi. Evidentemente quando i Saraceni sono giunti in Sicilia hanno adottato un toponimo pronunciato /ke'flu:di(u)/, adattando la /k/ iniziale con una sonora /g/. Cosa bizzarra, visto che in arabo tale suono è abbastanza problematico. L'antico suono protosemitico /g/ è stato palatalizzato in /dʒ/ (la g- di gelo); soltanto la varietà egiziana ha un suono velare nelle parole ereditate. Sarebbe stato più semplice mantenere la consonante sorda /k/, ma è indubitabile che se il toponimo avesse già avuto una consonante postalveolare nel volgare romanzo, l'esito arabo sarebbe stato molto diverso.

martedì 4 febbraio 2020

IL GROTTESCO CASO DEL GARGOYLE A FORMA DI XENOMORFO

 
Nel 2013 si è scatenata un'ondata incontrollabile di sensazionalismo quando nei social è comparsa la foto di un gargoyle di un'antica chiesa, l'abbazia di Paisley, che sorge nell'omonima città della Scozia, non lontano da Glasgow. Alcuni internauti scrivono che è del XII secolo, altri che è del XIII, altri ancora che è del '300 (ossia del XIV secolo). La forma dell'elemento architettonico richiama subito alla mente quella di uno xenomorfo nella sua fase denominata chestburster (alla lettera "che fa esplodere il petto"). Siccome c'è sempre qualcuno che mi chiede cos'è uno xenomorfo, non ometterò di specificare che si tratta della creatura del celeberrimo film Alien (Ridley Scott, 1979), frutto del genio dell'artista svizzero Hans Ruedi Giger. Quando le prime foto hanno cominciato a circolare, non hanno tardato a manifestarsi complottisti di vario genere, che se ne sono usciti con teorie strampalate sui viaggi nel tempo. A detta di questi commentatori, il gargoyle poteva spiegarsi soltanto ammettendo che un crononauta fosse tornato all'epoca in cui l'abbazia è stata costruita, portando in pieno Medioevo le cognizioni di chi ha visto Alien. Altri insestevano invece su visite di archeoastronauti, ma la sostanza non è diversa. La soluzione più semplice del mistero, che è anche la sola possibile, non è stata nemmeno presa in considerazione. Eppure è così semplice da essere lapalissiana.
 
Il Reverendo Alan Birss, ministro dell'abbazia di Paisley dal 1988, ha rilasciato alcune importanti dichiarazioni sull'argomento. I dodici gargoyle erano in uno stato pietoso, quasi completamente consunti, così nei primi anni '90 sono stati sostituiti nel corso di un restauro ad eccezione di uno che ha potuto essere recuperato. In tale contesto, così ha ammesso il simpatico Reverendo, un estroso scalpellino di Edimburgo ha dato libero sfogo alla sua creatività. La BBC riportava la notizia già nell'agosto del 2013, per la precisione il giorno 23: 
 
 
The Reverend Alan Birss said most of the gargoyles were replaced during a refurbishment in the early 1990s.
He thinks that one of the stonemasons must have been having a bit of fun.
Mr Birss, minister at the abbey, said that 12 medieval gargoyles which had been on the abbey for hundreds of years had to be taken down in 1991 because they had "crumbled and were in a very bad state".
 
E ancora: 
 
Mr Birss said a stonemason from an Edinburgh firm was contracted to create the new gargoyles.
"I think it was a stonemason having a bit of fun," he said.
"Perhaps the film was fairly new when they were carving this and if he was thinking of an alien perhaps the alien from the film was his idea of an alien.
"I'm sure he wasn't deliberately copying the alien in the film. It was just a concept of an alien."
 
  
A quanto riportato nello stesso articolo, la somiglianza tra il gargoyle e lo xenomorfo era già stata fatta notare nel lontano 1997. Quindi era tutto noto, anzi, arcinoto e documentabile fin dall'inizio. Avrebbero dovuto saperlo anche i sassi, i polli e le lucertole che si trattava di una ristrutturazione moderna e non di una reliquia medievale anacronistica! Eppure ancora nel 2020 c'è chi pubblica foto dello xeno-gargoyle urlando al mistero! Questo caso a dir poco surreale illustra bene l'innata creduloneria delle genti e la diffusione inarrestabile dei pacchetti memetici, coacervi di informazioni degenerate che si comportano come virus.
 
Un'altra cosa sorprendente è la scarsa familiarità che le masse hanno con i numeri romani e con la computazione dei secoli. Dire che un luogo di culto risale al XII secolo significa che si colloca tra il 1101 e il 1200, ossia che è del Millecento. In effetti è questo il caso, visto che il monastero cluniacense di Paisley è stato fondato nel 1163. Tuttavia suddetto monastero ha acquisito lo stato di abbazia soltanto nel 1245. Quindi si può dire che è un'abbazia del XIII secolo, ossia del Milleduecento. Molti leggendo XIII secolo capiscono Milletrecento e si domandano come sia possibile la raffigurazione di Alien "in una chiesa del 1300". Una bella confusione, non c'è che dire. Dato che in Italia la scuola è troppo occupata ad allevare bulli e a spargenre demenza, tutto questo non sorprende affatto. Se si indaga sull'affascinante storia di Paisley, si scopre che le cose sono ancora più ingarbugliate. Nel 1307 l'abbazia fu bruciata per ordine del Re Edoardo I Plantageneto, ma fu ristrutturata ed estesa nel corso dello stesso secolo. Si crede che il glorioso William Wallace vi abbia studiato da piccolo. Finisco con una domanda insidiosa: a quale secolo risalgono realmente i gargoyle originali?

venerdì 31 gennaio 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI BWANA

La parola swahili bwana "signore" era già abbastanza nota in Italia quando ero ancora uno scolaretto. Veniva usata in imitazioni di africani, che oggigiorno non sarebbero permesse. Non sempre veniva compreso il suo vero significato: molti pensavano addirittura che fosse "una specie di verso che fa il negro" e lo consideravano meritevole di irrisione. Sarebbe difficile per i moderni avere un'idea anche vaga del contesto scolastico degli anni '70 e del calderone di ripugnante ignoranza che vi ribolliva costantemente. Ormai credo che non ci sia bisogno di spiegarlo: bwana  è un termine di deferenza che ha conosciuto una notevole fortuna, venendo adottato anche in inglese, dove si pronuncia /'bwa:nə/. Essendo giunto agli anglofoni dalla diretta lingua parlata, non si sono formate deprecabili pronunce ortografiche. Nei dizionari bwana è spiegato come sinonimo di "mister" e di "boss", non sempre in contesti considerati positivi. Il sito etimologico Etymonline.com aggiunge che la prima attestazione nota di bwana in inglese risale al 1875, in Africa Orientale. Altre fonti riportano una data di poco diversa, il 1878. È un vocabolo coloniale usato dalla popolazione africana per rivolgersi a persone europee (e immagino anche agli arabi). Un tipico saluto swahili è "Jambo Bwana!", ossa "Salve padrone!", dove la parola jambo, corrispondente all'inglese hello, è formata dal verbo -amba "dire", con paralleli in altre lingue Bantu.  

Lo swahili bwana è considerato all'unanimità un prestito dall'arabo َبُونَا 'abūnā "nostro padre", che è 'abū "padre" con l'aggiunta del suffisso possessivo di prima persona plurale -nā. Entrambi gli elementi sono tipicamente semitici. In ebraico abbiamo אָב av "padre" e אָבִֽינוּ avinu "nostro padre". Non dobbiamo dimenticarci che proprio le genti dell'Arabia si sono dimostrate spietate schiaviste nei confronti della popolazione dell'Africa Subsahariana. Per motivi ideologici, a mio avviso deprecabili, ai nostri giorni viene passato sotto silenzio questo sfruttamento secolare imposto dai Saraceni.     
 
Un'audace proposta alternativa 

Molti anni fa mi capitò di vedere esposta in un museo una maschera tribale proveniente dalla regione dei Grandi Laghi africani, che aveva incisa sulla fronte una croce ramificata. La didascalia riportava un'informazione sconcertante: si affermava che il simbolo in questione era di origine cretese. Così come un simbolo aveva viaggiato dal regno di Minosse per finire nell'Africa profonda, allo stesso modo mi venne in mente che la radice pre-ellenica WANAK- "principe" fosse l'origine autentica dello Swahili bwana. In greco abbiamo ἄναξ (anax) "principe", "sovrano", genitivo ἄνακτος (anaktos). Anticamente la parola aveva una consonante w- iniziale, scritta con la lettera digamma  (F): ναξ (wanax), genitivo Fάνακτος (wanaktos). Nel testo eteocipriota dell'iscrizione bilingue di Amathus la stessa radice è attestata come WANAKA-. Finché non si chiarirà come l'arabo 'abūnā "nostro padre" abbia potuto dittongarsi e sviluppare una -a- tonica, il dubbio mi rimarrà. Certo, ha l'apparenza di un'idea folle e senza fondamente alcuno. Purtroppo non sono riuscito a trovare una documentazione in grado di risolvere questo problema etimologico. Innanzitutto mi servirebbe sapere se esistono forme affini a bwana in altre lingue Bantu o se si tratta di una peculiarità unica dello swahili. Proprio in ricerche di questo tipo Google si dimostra deleterio. Un ostacolo, non un aiuto.

martedì 28 gennaio 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI MARACAIBO

La città venezuelana di Maracaibo è nota in Italia soprattutto per via di un brano musicale di Lu Colombo. Questa canzone, intitolata per l'appunto Maracaibo, fu scritta nel 1975 dalla stessa Colombo e da David Riondino, ma venne pubblicata come singolo soltanto nel 1981, dopo una serie  di rifiuti da parte di svariate case discografiche. Spesso è attribuita apocrifamente a Raffaella Carrà, a Giuni Russo o addirittura a Jerry Calà. Lo strano motivetto è stato considerato scomodo: parla di una prostituta resa pingue da insane abitudini voluttuarie. Rum e cocaina, bordelli, gangbang e simili. Zazà ballava nuda tra gli uomini (nudi anch'essi). Cocaetilene a mille nel sangue, con annesso rischio di arresto cardiaco. Anche grazie a questa turpe melodia, in Italia si crede fermamente che si debba pronunciare Maracaìbo, con l'accento sulla -i-. Infatti il ritornello fa MA-RA-CA-Ì-BO, con uno stridente iato, proprio come quello che ricorre nella parola "cocaina". Invece la pronuncia corretta è Maracàibo, con un dittongo discendente -ai- come quello della parola "zaino". La trascrizione fonologica della pronuncia spagnola è /mara'kaibo/, mentre la trascrizione fonetica è [mara'kaβo]. Una variante ortografica antica è Maracaybo
 
Sorge dunque una domanda. Da dove deriva il toponimo Maracaibo? Una leggenda vernacolare parla di un cacicco, ossia un capotribù, forse dei terribili Motilones, che dava il tormento ai coloni tedeschi e spagnoli stanziatisi nell'area. Il nome di questo irriducibile nemico dei nuovi arrivati sarebbe stato Mara. Si racconta che durante un assedio, dopo una lunga ed estenuante battaglia, il cacicco Mara sarebbe stramazzato a terra, ucciso da un colpo di archibugio. Gli spagnoli dell'avamposto si sarebbero messi a giubilare, urlando: "Mara cayó!", ovvero "Mara è caduto!" Da questa liberatoria frase di gioia sarebbe derivato presto il nome Maracaibo, forse grazie alla pronuncia dei Lanzichenecchi di Ambrosio Alfinger (Ambrose von Ehinger), che avevano scarsa dimestichezza col castigliano. Ormai pochi ricordano che il primo nome dato allo stanziamento era Neu Nürnberg, ossia Nuova Norimberga. Certo, è vero che in molti tuttora credono alla reale esistenza del fierissimo Mara, eppure non sembrano esistere documenti attendibili in grado di comprovarla. In tempi più recenti ci si è messa anche la politica, facendo di questa figura un simbolo della lotta per la libertà e delle rivendicazioni dei nativi. La domanda che ci poniamo è la seguente: Mara è davvero esistito? Oppure è stato costruito ex post per dare un'etimologia credibile al toponimo Maracaibo
 
Ovviamente ci appare ridicolo pensare che Maracaibo sia davvero derivato dalla deformazione della frase in spagnolo "Mara cayó". Sarebbe qualcosa di surreale e di grottesco, come spesso accade con questo genere di false etimologie. Il buonsenso ci dice che le alternative devono essere ricercate nelle lingue indigene, idea che possiamo soltanto sostenere fino alle estreme conseguenze. Va detto che a questo punto sorgono subito grandi difficoltà, per gli ostacoli quasi insuperabili incontrati nel tentativo di reperire materiale utile per la ricerca. Le proposte al momento disponibili sono tre: 
 
1) Maracaibo deriva da MAARA-IWO, che significa "Luogo dove abbondano i serpenti".
2) Maracaibo deriva da MARACAYAR-MBO, che significa "Zampa di giaguaro" (ma alcuni traducono "Fiume dei pappagalli").
3) Maracaibo deriva da MAARE KAYE, che significa "Luogo davanti al mare". 
 
Cosa significa cosa? E in che lingua? Non si sa. Un utente di Quora, scoraggiato, afferma che Maracaibo in soldoni non significa un cazzo. Nessun documento in tutto il vasto Web ci permette di appurare a quale lingua farebbero riferimento le etimologie sopra riportate, che sono tra loro incompatibili. Si parla dovunque soltanto di "lingua nativa" o "lingua degli indigeni" (come se ce ne fosse una sola), in modo generico, senza precisare nulla di più. Il nome di questa lingua non è però menzionato. L'unica volta che qualcuno tenta un'attribuzione, se ne esce con una baggianata "ad mentulam canis" (MARACAYAR-MBO per un webmaster sarebbe Guaraní). Non è riportato da nessuna parte nemmeno il nome dell'autore di ciascuna delle proposte menzionate. Non uno straccio di bibliografia. Si converrà che la cosa è fortemente sospetta. Le tre "etimologie" proposte hanno tutta l'aria di essere semplici pacchetti memetici senza la benché minima realtà storica. 
 
Dopo una lunga e infruttuosa ricerca tramite Google, la cui onniscienza è millanteria, i risultati sulle prime sono stati sconfortanti. Alla fine però sono riuscito per purissimo caso a reperire un'informazione interessante in un file pdf scaricato molto tempo fa. Si tratta di un vocabolario comparativo delle lingue native della Colombia, compilato da Randall Q. Huber e Robert B. Reed. Il titolo dell'opera è Vocabulario comparativo. Palabras Selectas de Lenguas Indígenas de Colombia (Asociación Instituto lingüístico de Verano, 1992). Tra le lingue trattate, divise per famiglia di appartenenza, figura anche quella degli Yukpa, che appartengono al ceppo Caribe e sono denominati Motilones. Tale popolo è diffuso anche nel vicino Venezuela, proprio nella regione di Maracaibo. In lingua Yukpa il serpente a sonagli è chiamato tu-máraka, trascritto foneticamente dagli autori come tɨ-máraka. Si tratta di una parola composta, dove *máraka doveva essere proprio un antico nome del serpente. Questa deve essere la radice da cui è stato ricavato il toponimo Maracaibo, anche tenendo conto del fatto che una comune glossa spagnola è "Tierra de cascabeles" (cascabel è il serpente a sonagli).  Se poi ammettiamo che la terminazione -ka sia un suffisso fossilizzato e che la radice della parola sia *mara-, possiamo pensare che il nome del capotribù Mara dovesse significare "Serpente". Così potremmo dedurre questo: 
 
1) sia Mara che Maracaibo hanno la loro comune origine in un nome Caribe del serpente - e forse specificamente del serpente a sonagli;
2) la storiella della caduta di Mara è stata inventata ex post in modo del tutto indipendente, nel tentativo di spiegare questa assonanza; ovviamente i responsabili non conoscevano alcuna lingua nativa. 
3) Resta il fatto che tutto è molto debole e che la forma esatta MAARA-IWO non l'abbiamo potuta trovare da nessuna parte (non è chiara la funzione del suffisso -IWO: locativo o plurale/collettivo?). 
 
Altre parole Caribe per indicare tipi di serpente sono molto diverse e non portano alcun aiuto: 
 
Carijona: aka'i "serpente"
Yukpa: samámu "anaconda"

Carijona: ʔa'kaima "anaconda" 
 
Yukpa: takújemo, takújemu "serpente corallo"
    (-j- trascrive la semiconsonante, come -y- in spagnolo) 

A complicare le cose, anche i Barí sono chiamati Motilones come gli Yukpa, ma la loro lingua appartiene invece alla famiglia Chibchá. Nella loro lingua non ho trovato parole adatte a sostenere una traduzione di Maracaibo come "Luogo dei serpenti" o simili. Sono riuscito a trovare un'unica parola per indicare un ofide: 
 
Barí: tʃiduurə "serpente"  
 
Altre parole di lingue Chibcha per indicare il serpente sono molto diverse tra loro, al punto che non si riesce a ricostruire una protoforma.  
 
Ika: gwi.ómɨ "serpente"
Kogui: tákbi "serpente"
Dimina: guma "serpente"
Chimila: mannuʔ "serpente"
Tunebo Centrale: kumoroá "serpente" 

Ika: makúku "anaconda"
Kogui: kámawaldi "anaconda"
Dimina: mɨnta "anaconda"

Ika: áku "serpente a sonagli"
     geiróta "serpente corallo"
Kogui: guíjuba "serpente a sonagli"
       ge-takbé "serpente corallo"
Dimina: guma teʒaku "serpente a sonagli"
Chimila: síŋ "serpente a sonagli",
      mbuwaʔ "serpente a sonagli; serpente corallo"
 
Forse il Chimila mannuʔ "serpente" potrebbe venire da *mar-nu-? Tutto è molto labile. Non c'è null'altro di utile nel documento. Invitiamo l'eventuale lettore a verificare di persona. 


Anche ammettendo che l'etimologia giusta sia quella che postula MARACAYAR-MBO "zampa di giaguaro", non troveremmo niente per poterlo provare. Non siamo riusciti a trovare una lingua in cui il nome del giaguaro si avvicinasse al supposto MARACAYAR-. In una singola lingua Caribe, tra l'altro parlata in una regione del Brasile distante anni luce da Maracaibo, abbiamo evidenza di una voce KAMARA "guaguaro", ma dovremmo supporre una metatesi in *MARAKA, che non avrebbe una chiara giustificazione. Questa è una lista di parole col significato di "giaguaro; cane" in varie lingue Caribe:    
 
Yukpa: eʃo "giaguaro; cane"
Tiriyó: kaikui "giaguaro; cane"
Hixkaryana: kamara "giaguaro; cane" 
Makushi: kaikusi "giaguaro; cane" 
Panare: akərə "giaguaro; cane"
Bakairi: udodo "giaguaro; cane"
Ikpeng: akari "giaguaro; cane"
Kuikuro: ekeγe "giaguaro; cane"
 
Tutto questo l'abbiamo riportato per dare un'idea della marasmica complessità del problema. Non dobbiamo infine trascurare la possibilità che all'epoca dell'arrivo dei Conquistadores si parlassero in Venezuela e in Colombia lingue oggi estinte senza lasciare traccia e non appartenenti a ceppi noti - il che vanificherebbe ogni sforzo. Riportiamo un fatto singolare. Prima che si cominciasse a parlare del cacicco Mara e della sua caduta, la regione di Maracaibo era chiamata Coquibacao
 
Il Web: diffusore di peste memetica 
 
Non soltanto Google non ci è stato di aiuto, ma ci ha dato serissimi problemi. Il motore di ricerca diffonde i pacchetti memetici costituiti da tre proposte etimologiche difficilmente valutabili, mettendo in evidenza centinaia di siti che le riportano acriticamente, spesso copiando e incollando da fonti ormai non più identificabili. Come conseguenza, se anche ci fosse da qualche parte un documento significativo, sprofonderebbe sotto tonnellate di spazzatura in una vera e propria discarica virtuale.