domenica 12 gennaio 2014

LA GORGIA TOSCANA NON HA ORIGINI ETRUSCHE

Alcuni studiosi, tra i quali Merlo, Agostiniani ed altri, hanno ipotizzato che la gorgia toscana possa avere origini etrusche. Si tratta invece di un fenomeno completamente privo di connessioni con l'antica lingua dei Rasna, come intendo dimostrare con argomenti solidissimi. Non soltanto la gorgia è qualcosa di completamente diverso dall'aspirazione delle consonanti etrusche, ma si vede che non può risalire a un tempo troppo remoto. 

Riassumiamo alcuni dati di fatto. 

La lingua etrusca ha un'opposizione contrastiva tra consonanti occlusive aspirate (trascritte φ, θ, χ) e non aspirate (trascritte p, t, c) quando il suono è iniziale di sillaba. Il potere contrastivo sembra invece essere neutralizzato alla fine di una sillaba, soprattutto in fine parola. Persino il limitato lessico etrusco di cui disponiamo ci permette di illustrare tutto ciò con alcuni esempi significativi:  

caru, "fatto" - Χaru, "Caronte" 
ci
"tre" - χi "tutto" 
Tina
"Giove" - θina "vaso da acqua"  

Sappiamo che tec non è la stessa cosa di θec; e allo stesso modo ten-, "detenere una carica", non è la stessa cosa di θen-, prob. "area sacra", etc...  

Abbiamo invece le seguenti variazioni: 

mlaχ - mlac - malak "buono" 
huθ
- hut "sei" 
maχ
- mac "cinque"  

La lingua etrusca permette inoltre un'occlusiva aspirata prima o dopo un'altra consonante: parole come alχu "dato", urχe- "dopo, dietro", hamφe "destra", urθanice "fabbricò", sono piuttosto comuni.  

Esiste poi una consonante fricativa h, che non ha nulla a che fare con χ e non alterna con essa:  

hia "qui" - χia "ogni"  

Questa aspirazione non è un vezzo aggiunto a piacimento alle parole, ma è un fonema: la sua presenza o assenza può cioè distinguere parole diverse: 

ar- "andare"; "portare" - har- "dentro" 

In qualche parola, nei testi più recenti tende a sparire: 

hia "qui" > ia 
heitva
"grande, magnifico" > etva 

Raramente ricorre nel corpo di una parola, le eccezioni sono arcaismi. Talvolta essa alterna con f- in inizio parola: 

farθan "vergine"; "genio", scritto anche harθan 

A questo proposito va riportato un singolare aneddoto. Catullo, rappresentante dei Poeti Nuovi, esaltava la cultura neoterica importata dall'Ellade e disprezzava l'eredità etrusca: derideva coloro che a sua detta perdevano il loro tempo a studiare i rotoli scritti al contrario degli Etruschi (segno che per contro la conoscenza della lingua dei Rasna destava ancora grande interesse in ambienti colti di Roma). Così non perdeva occasione di presentare gli Etruschi come macchiette, ad esempio descrivendo un personaggio che aveva il vezzo di pronunciare le parole latine riempiendole di aspirazioni, trasformando il Mar Ionio - con un brivido - in Hionio (dal greco χιων = neve). Questo ci dimostra che ai tempi di Catullo la χ- greca era una fricativa h-, e il suo equivalente in lingua etrusca era paragonato al suono greco, non all'aspirazione di parole latine come homo, hiems, che con ogni probabilità non si pronunciava più da tempo. Catullo potrebbe non aver descritto una situazione reale: in tal caso la sua trovata guittesca sarebbe piuttosto da ritenersi una caricatura di qualcosa a lui incomprensibile. Casi simili si danno anche ai nostri giorni. In un gioco a premi, un conduttore italiano che è pietoso non menzionare per nominativo, anni fa si è lanciato in una grottesca imitazione della parlata toscana, trasformando arbitrariamente consonanti nell'aspirazione -h-, del tutto a caso. Vi era in Splinder un blogger, Sifossifoco, che riportava nell'intestazione del suo portale un detto apocrifo "pareha mota unn'era", facendolo risalire a un fantomatico anonimo toscano del secolo XVII. Ha poi corretto in "parea mota unn'era", evidentemente quando qualcuno gli ha fatto notare che -h- in toscano corrisponde al suono duro di -c- nell'italiano standard. O forse la colpa era invece dell'etrusco, che non avendo appreso bene il latino ne imitava in modo penoso i suoni, cercando il più possibile di adattare le parole a una struttura fonetica tipica della sua lingua nativa.  

La gorgia toscana si trova quando una consonante occlusiva sorda originaria ricorre tra due vocali (anche in posizione sintattica, ossia se le due vocali appartengono a parole diverse) o in alcuni altri contesti (ad esempio il nesso cr- subisce aspirazione e diventa hr-, la labiovelare qu- diviene hu- e in certi dialetti addirittura v-). L'esito di questo mutamento regolare, che può essere considerato una lenizione, è la produzione di consonanti fricative, trascritte φ, θ, h 

/p/ > /φ/ 
/t/ > /θ/ 

/k/ > /h/  

Così, trascrivendo il vernacolo in caratteri fonetici, abbiamo: 

/toφo/ "topo" /il toφo/ "il topo" (o /ittoφo//i θoφi/ "i topi" /un toφo/ "un topo" /kane/ "cane" /il kane/ "il cane" (o /ikkane//i hani/ "i cani" /un kane/ "un cane" /kaφiθano/ "capitano" /i haφiθani/ "i capitani"  

In certe parole e nei suffissi dei participi passati in "-ato" la /θ/ si indebolisce ulteriormente dando /h/ 

/praho/ "Prato"
/andaho/ "andato" 

Questo non avviene quando la consonante occlusiva è preceduta da un'altra consonante o è forte (ossia "doppia"), anche in contesti sintattici. Allo stesso modo, il raddoppiamento sintattico neutralizza la lenizione:  

/akkasa/ "a casa"  

In tali casi, in alcuni dialetti come quello di Firenze, si produce invece un'occlusiva aspirata, che si realizza in modo simile ai fonemi aspirati etruschi scritti φ, θ, χ. Tuttavia la sua produzione a differenza di quanto avviene in etrusco non ha potere distintivo: è un mutamento condizionato dal contesto fonetico e quindi automatico. 

Fiorentino:  

/la hakkha/ "la cacca"  

In etrusco l'opposizione tra /k/ e /kh/ distingue ad esempio una voce verbale attiva da una passiva.

Etrusco:   

alce "diede" - alχe "fu dato"  

Come si può vedere, la fonotattica dell'etrusco e quella del toscano sono profondamente diverse, fondate su princìpi che non sono comparabili.  

Esiste però un altro argomento, letale per la tesi della gorgia di origine etrusca: in latino non esistevano le consonanti palatali che tanto abbondano in italiano. Così le parole canis, cornu, carrus avevano la stesso suono /k/ velare di Caesar, cerrus, cisterna. La voce verbale facit suonava quasi come l'inglese "fuck it", soltanto con la -a- centrale come in italiano. La palatalizzazione di /k/ seguita da vocali anteriori (-e- e -i-) è iniziata durante l'Impero, ed è stato un processo molto graduale, dato che i Romani non si sono accorti del suo svilupparsi e non hanno perciò sentito la necessità di riformare l'ortografia. In lingua italiana l'esito di questo processo è la produzione di un suono analogo alla ch- dell'inglese chip: Cesare, cerro, cisterna. La lingua sarda è rimasta in gran parte immune alla palatalizzazione e usa ancora oggi kentu "cento", kelu "cielo". 

Se la gorgia risalisse all'epoca della romanizzazione dell'Etruria, avrebbe agito anche sulla /k/ davanti a vocali anteriori. Si sarebbero facilmente avuti i seguenti esiti:  

/wo:ke(m)/  voce(m) > *vohe /pa:ke(m)/  pace(m) > *pahe  

Questo però non è avvenuto. Inoltre va fatto notare che se la gorgia fosse stata così antica, avrebbe portato a mutamenti tanto profondi che il toscano odierno sarebbe molto diverso e l'italiano cui siamo abituati non si sarebbe potuto formare. 

Già nella lingua etrusca si possono arguire prove del fatto che le consonanti occlusive aspirate tendevano a diventare fricative, e questo è provato dal fatto che certe parole, che mostrano un'ortografia singolare ed anomala. Da alcune iscrizioni etrusche in caratteri latini si evince che almeno localmente -θ- era realizzato come -d-; in altri casi invece abbiamo -θ- nel corpo di parola o alla fine scritto come -z-: Araz per Araθ, etc. In un caso troviamo addirittura un ipercorrettismo: qutumuθa per qutumuza "piccolo bicchiere". Il fenomeno è analogo a quanto avvenuto in greco e in altre lingue: le occlusive aspirate tendevano a mutare, divenendo in alcuni contesti fricative. Questo prova una volta di più il fatto che il tardo etrusco e il latino volgare fossero indipendenti nella loro evoluzione fonetica e non comparabili. 

Dante Alighieri avrebbe menzionato la gorgia, se alla sua epoca fosse esistita. Si hanno prove e documentazioni del fatto che per molto tempo in Toscana la gorgia è stata combattuta aspramente, essendo ritenuta un vero e proprio difetto; ancora oggi essa è più sviluppata tra i ceti popolari che tra quelli colti. Vi sono fiorentini che non pronunciano più la -h-. Una volta ho incontrato un amico fiorentino con cui conversavo abitualmente in chat. Quando l'ho incontrato e l'ho sentito parlare, ho potuto constatare che capivo la metà di quello che diceva. Non potevo ovviamente chiedergli di ripetere: egli era convinto di parlare il miglior italiano e si sarebbe certamente offeso. Nella sua pronuncia era ben difficile distinguere "miele" da "Michele".  

2 commenti:

Ettore Fobo ha detto...

Ben ritrovato Antares. E' un piacere risentirti.

Antares666 ha detto...

 Grazie a te, carissimo! Benvenuto in questo spazio :)