mercoledì 30 dicembre 2015

ANCORA SUI FORMANTI ANTROPONIMICI IBERICI

Proseguiamo l'analisi dei formanti che compaiono negli antroponimi della lingua iberica. Dopo le 92 radici analizzate nel nostro precedente articolo sull'argomento, ne aggiungiamo altre 68, arrivando così a un totale di 160 voci. In pratica quasi tutti i formanti antroponimici trattati da Jesús Rodríguez Ramos nei suoi lavori, escludendo alcuni elementi che si sono dimostrati cattive letture (come quelli in cui la sillaba ta era letta erroneamente bo) e includendone alcuni nuovi. Questi sono i link agli articoli di tale autore:



Si tenga conto che questo materiale è praticamente inedito in Italia: non sono riuscito a trovare studi di alcun genere condotti nella nostra lingua sull'iberico, a parte le mie elucubrazioni pubblicate in questo blog. Ecco la seconda lista dei formanti antroponimici: 

1) aŕbi, ALBE /'arbi, 'albe/ "lato, fianco; pendio,
        montagna"
  
     basco alpi 'lato, fianco'
Attestazioni: ALBENNES (= lat. Montanus), ARBISCAR, aŕbiskaŕ, kaisuraŕbitan, śikaŕbi  

2) ASTE(R) "studio"
    basco azterren 'studio, indagine'
Attestazioni:
ASTERDUMARI*, ASTEDUMAE, astebeikeaie *Attestato in contesto vasconico, è evidente la sua natura iberica. Anche le voci basche devono essere prestiti iberici.

3) atun /'atun/ "cento; immenso" 
Orduña Aznar (2005) propone che possa essere il corrispondente iberico del basco ehun "cento". Accolgo la proposta; che la parola iberica sia imparentata con quella basca mi appare in ogni caso dubbio.
Attestazioni: atun-iu (con congiunzione), ATULLO.

4) AUSTIN- "prossimo"
   basco auzo 'prossimo; abitante'
Il vocabolo basco funge sia da sostantivo che da aggettivo ("comunale"), una caratteristica che è molto comune in iberico. Attestazioni: AUSTINCOauśtikum (Botorrita)*, auśtunikum (Botorrita)*
*Elementi onomastici iberici in contesto celtiberico

5) ban /man, -ban, -pan/ "caro"
    basco maite 'caro' < *banite 
Falsi parenti: iberico ban "uno" è chiaramente un omofono (o un quasi-omofono), dato che è evidente la sua occorrenza in contesti molto diversi. 
Per molto tempo si è ritenuto che basco maite fosse un celtismo: cfr. irlandese maith "buono". Soltanto che la parola gaelica è dal celtico (ibernico) *mati-, che non sembra un buon corrispondente della forma basca.

Attestazioni: baniteḿbaŕ, bilosban, kaŕesban-ite (ablativo) 

6) baŕstin /'barstin/ "sommo"
   < IE precelt.
   celtiberico barskunes
La forma celtiberica è la prima attestazione nota del nome dei Vascones.
Attestazioni: baŕstintike[

7) basto /'batsto/ "roccia; costa" 
    basco bazter 'costa', Baztan (topon.)
Evidentemente è la base da cui le parole basche citate sono state formate con l'ausilio di suffissi. Potrebbe trattarsi di antichi prestiti dall'iberico. È a parer mio da scartarsi l'ipotesi di un'origine dalla radice celtica *ba:s- "morire", essa stessa d'incerta etimologia.
Attestazioni: BASTOGAUNIN, bastobaśor-en (genitivo), bastokitaŕ, BASTUGITAS

8) bekon, bekoŕ /'bekon, 'bekor/ "cavallo, stallone" 
   basco behor 'giumenta', behoka 'puledro'
È possibile ricostruire, dalla stessa radice, la forma *bekiŕ "torello", corradicale di basco behi "vacca". Tale sarebbe infatti la protoforma da cui è derivato lo spagnolo becerro. Il trattamento dell'occlusiva velare implica un prestito precoce.
Attestazioni: bekoniltiŕ, bekoniltun, bekonkine, bekontekeŕ

9) beloŕ /'belor/ "ardente"
   basco bero 'caldo'
Si trova in pochi antroponimi, e in un caso Rodríguez Ramos segnala la possibilità di una cattiva lettura.
Attestazioni: beloŕtin, aibeloŕ-ar (genitivo), unibelo[

10) berton /'beṛton/ "mortale" < celtib.
Abbiamo attestato in celtiberico kormertones < *kobmertones.
Attestazioni: lauŕberton-te (ablativo), lauŕberton-ar (genitivo)

11) boŕ /bor/ "pugno; combattivo"
   basco borroka 'battaglia';
   basco bortz 'cinque' < *pugno
Per la semantica, confronta la lingua latina. Il numerale iberico bors "cinque" è dalla stessa base; l'alternanza tra le due rotiche è dovuta a qualche dettaglio perduto della protolingua.
Attestazioni: aŕkeboŕ, eikeboŕ-en (genitivo), kuleśbuŕ-ka (ergativo), SILLIBOR-I (dativo), tuitubor-en (genitivo)

12) boś /bos/ "combattivo" < *borś
Formato dalla radice boŕ tramite un suffisso sigmatico.
Attestazioni: anbośiltun-u (con congiunzione), ganikbos

13) boton /'bodon/ "battagliero"  < celt.
La radice celtica è *bodw- "battaglia", e di ritrova in antico irlandese nel nome della dea Bodb.
Attestazioni: botoltiŕ, BODONILUR, botoleis, bototaś, bototiki

14) ekaŕ /'egarr/ "bramoso"
    basco egarri 'sete'
In ultima analisi il termine basco pare un derivato di gar "fiamma". Ho notato che alcune mie proposte di traduzione sono simili a quelle di Silgo Gauche, ma in altri casi si distinguono. Non mi sembra infatti che il verbo basco egari "sopportare" (dal significato un po' distinto da quello di ekarri "portare") sia credibile in questo contesto. Se all'origine ci fosse un verbo transitivo, dovremmo avere un prefisso oggetto (cfr. takeŕ, tikirs, etc.). Anche ugari "quantità, molto" non sembra molto meglio.

Separo questo formante da eke(r)s (vedi nel seguito).
 
Attestazioni: ekaŕbilos, ekaŕśor-e (dativo)

15) eke(r)s, -kes /'ege(ṛ)ts, -gets/ "uomo"  
    basco gizon 'uomo'
    aquitano CIS(S)ON, GISON-; -GES
    paleosardo (etnonim.) -KES-
Come suffisso -qes si ritrova aggiunto a nomi di luogo la cui radice finisce in vocale (Serra, 1956). Una formazione simile deve essere postulata per il paleosardo, visto che ancora si trovano etnonimi in -kesu come Fonnikesu "uomo di Fonni" e Bittikesu "uomo di Bitti".
Attestazioni: ENNEGES*, koroiekers La lingua dei Vascones ha presi il suffisso a prestito dall'iberico
Etnonimi: ARSAQES (da Arsa), CALAQURIQES (da Calagurris), OLAISEQES (da Olaise), Pulaqes (da Pula). 

16) ELAN /'ellan/ "rondine"   
   basco elai 'rondine' < *eLana
A differenza di Rodríguez Ramos, separo questa forma da eleŕ (vedi sotto), che è di diversa origine.
Attestazioni: ELANDUS (Turma Salluitana) 

17) eleŕ /'eller/ "gregge; gruppo"     basco eli "gregge" Attestazioni: eleŕbaś, elerte[ke]r

18) eŕter /'erdeṛ/ "straniero"
    basco erdera 'lingua straniera' 
È diverso da erter /'eṛdeṛ/ "metà" (basco erdi), che è attestato tra i valori monetari (vedi Orduña Aznar).
Attestazioni: eŕtebaś-ka (ergativo), lakueŕter

19) eter /'edeṛ/ "splendore" 
    basco eder 'bello'
La forma iberica ha una rotica non trillata, a differenza di quella basca. Va anche detto che la forma iberica è un sostantivo, mentre quella basca, che è un aggettivo, ha un suono rotico trillato che potrebbe essere un suffisso. Lakarra ricostruisce *de-deR come antenato della forma protobasca.
Attestazioni: etenbilos, eteiltuŕ, eteitor, EDESCO

20) eton /'eton/ "sommo" 
   basco: -to, -do *'sommità'
Si trova come suffisso fossilizzato in formazioni come aizto "coltello" < *(h)anez-to (lett. "punta di pietra"), etc.
Attestazioni: BILESETON, SERGIETON 

21) -i- /i/ "e" (congiunzione)  
Già citato come elemento produttivo nella formazione dei numerali, era usato anche negli antroponimi per separare due aggettivi o due sostantivi. Attestazioni: aiunibaiser, anieskoŕ, basibalkar, iaribeŕ

22) ibeś, ibei(s) /'ibes, 'ibei(ts)/ "impeto; impetuoso"
    basco ibai 'fiume'
È ben possibile che l'aggettivo iberico abbia la stessa radice che è alla base dell'etnonimo Iberi. L'alternanza era bai- / ibei-. Al basco manca una simile flessibilità.
Attestazioni: ibeisur, ibeśor-en (genitivo), soribeis, basibeś-ka (ergativo)

23) -ike- /ike/ "e" (congiunzione)
    basco: -
Già citato come elemento produttivo nella formazione dei numerali, era usato anche negli antroponimi per separare due aggettivi o due sostantivi.
Attestazioni:
aiunikaŕbi, aitikeltun, tueitikeiltun Falsi formanti: keltun = ike + iltun

24) ike /'ike/ "altezza"
   baso: ike 'salire; costa pendente'
     (variante di igan 'salire')
Attestazioni: eike[, ikeatin, eikeboŕ-en (genitivo) 

25) ikoŕ /'ikor/ "duro, strenuo"
   basco gogor 'duro'
Mentre in basco si ha una forma reduplicata < *go-goR, in iberico abbiamo una forma semplice con un prefisso i-, comunissimo in questo gruppo di lingue. Un suffisso -kor col senso di "duro" si trova in alcune parole basche di sostrato, e va detto che spesso in iberico una k- sorda corrisponde in basco a una sonora g-.
Attestazioni: ikoŕbeleś, ikoŕbeleś-e (dativo), ikoŕiskeŕ, ikoŕtaŕ, ikoŕtas-te (ablativo), ikoŕtaś, ikoŕtibaś, taŕbanikoŕ, tikirsikoŕ

26) itor /'itoṛ/ "sommo" 
   basco: -tor, -dor *'sommità'
Si trova come suffisso fossilizzato in formazioni come gandor "sommità", etc.
Attestazioni: eteitor, lakeitor

27) kakeŕ /'kaker/ "curvo"
Derivato dalla stessa base del basco kako "gancio" con un suffisso aggettivale -eŕ che si trova anche in altri casi. 
Attestazioni: kakeŕikoŕ, baŕkakeŕ

28) CACU /'kaku, 'kako/ "curva, gancio"
    basco kako 'gancio'
Attestazioni: kuku, CACUSUSIN (Turma Salluitana) 

29) kaŕko /'gargo/ "selvaggio" < celt.
Attestazioni: kaŕkeskeŕ, kaŕkoskaŕ

30) kani /'kani, 'gani/ "sommità; sommo"
    basco gain 'sommità'
Attestazioni: kanibeŕon-ka (ergativo), ganikbos, κανικωνε, kanio

31) keltaŕ, kertaŕ /'keltar, 'keṛdar/ "nobile" < celt.
Distinguo questo raro formante dalla forma kelti- (vedi nel seguito), anche per motivi semantici.
Attestazioni: keltaŕerker, balakertaŕ, keltaio

32) kelti /'kelli/ "riva, costa, greto"
   paleosardo KILI- "ruscello, letto roccioso"
Considerato un lemma idronimico, date le evidenze della Sardegna, era a mio parere relativo alle rocce che costituiscono le rive o il letto del corso d'acqua, per motivi etimologici: lo riconduco al nord-caucasico *q̇wiłǝ "pietra, roccia, scogliera".
Attestazioni: keltibeleś, keltibeleś-ite (ablativo)
Il nome, data la sua frequenza di attestazione, non sarà sempre un antroponimo, ma un toponimo (vedi Blasco Ferrer).

33) kine /'gine/ "carne, midollo, parte centrale"
   basco giharre 'parte magra della carne'
      < *gin(h)aRe
Lo stesso vocabolo indica anche la parte interna del legno di un albero. 
Attestazioni: bekonkine, betukine-te (ablativo), ildiŕgine, tikirskine

34) koŕo /'gorro/ "sangue"
    basco gorri 'rosso'
Attestazioni: aŕskoŕo-ite (ablativo), goŕotigi-nai (con nai "io sono"), koŕasiŕ-en (genitivo), γολοβιυρ (con dissimilazione)

35) koŕś /kors/ "duro; strenuo" 
   basco gogor 'duro'
Attestazioni: tautinko : ŕś

36) lakeŕ /'laker/ "appariscente"
   basco lako 'somigliante a'
Derivato dal formante laku con il suffisso aggettivale -eŕ.
Attestazioni: lakeŕbelauŕ, lakeŕeiar, iskelaker, LACERIL-IS (gen. lat.)

37) leis /leits/ "desideroso; desiderio"
   basco lehia 'desiderio'
Attestazioni: leibiur, leisir, leisir-en (genitivo), bilos leistikeŕ, leistikeŕ-ar (genitivo), botoleis 

38) nere /'neṛe/ "donna"
    basco andere 'signora'
    aquitano ANDERE 'signora', ER(H)E- 'femmina' 
In un caso la forma aquitana ANDERE è scritta ANNERE.
Attestazioni: nereiltun

39) neron /'neṛon/ "giovane, fiorente"  
Si tratta di un derivato del formante nere "donna" (vedi sopra). 
Attestazioni: neron-ken (genitivo plurale)

40) NES /nets/ "uomo"
A parer mio si tratta di una variante di -kes (abbreviazione di eke(r)s), con la differenza che occorre soltanto aggiunta a nomi che finiscono in consonante. Così abbiamo BELENNES = beleś + -nes. Esiste una variante -NAS. Queste forme non hanno alcun parallelo in basco. 
Attestazoni: AGIRNES, ARRANES, BELENNES, ORDENNAS, NESILLE, niskeŕe 

41) niś /nis/ "donna"
    basco neska 'ragazza'
    aquitano NESCATO 'ragazzina'
    paleosardo NIS- 'donna'
    sorotaptico (ligure IE) NISCAS 'ninfe' (< vasc.)
Attestazioni: niśuni-ar (genitivo), niśunin 

42) olor, oloś /'oloṛ, 'olos/ "tutto; popolo" 
   basco oro 'tutto'
Rodríguez Ramos mostra la frequenza di questo elemento nella toponomastica catalana (Olor-, Oler-, Oles-), e arriva a proporre che in una lingua di sostrato significasse "villaggio, centro abitato". Un corrispondente basco in realtà esiste, anche se dotato di grandi anomalie (si usa dopo plurali in -ak, ma non vuole mai tale suffisso; si trova solo nei dialetti orientali). 
Attestazioni: olośortin, olośaiŕ, olortikirsbeŕian

43) ośor /'ossoṛ/ "lupo"
    basco otso 'lupo'
    aquitano OXSON-, OSSON-
Attestazioni: ośortaŕban
Toponimi: OSSONUBA 

44) sabaŕ /'tsabar/ "ventre; panciuto"  
   basco sabel 'stomaco'
Secondo Rodríguez Ramos il formante è incerto. Propongo questa interpretazione, avendo ragione di ritenere che il corrispondente iberico del vocabolo basco zabal 'largo' avesse un'occlusiva iniziale t-.
Attestazioni: sabaŕida-i (dativo), sabaŕbas-de (ablativo)

45) saiŕ /tsair/ "duro, strenuo"
    basco zail 'duro; arduo'
Attestazioni: beleśaiŕ (con assimilazione), olośaiŕ, toŕosair (con dissimilazione), iltuŕsaiŕ-sai

46) sekel, seken /'tsekel, 'tseken/ "avido"
   basco zeken 'avaro'
La consonante liquida finale è eccezionale in iberico. In ultima analisi può essere un prestito da IE *segh- "detenere, stringere", con una affricata come esito della sibilante originaria. Si noti anche la consonante velare sorda come esito di IE /gh/
Attestazioni: sekel-ka (ergativo), sekenius-u (con congiunzione), lakuseken, TASCASECER-IS (gen. lat.)

47) selki /'tselgi/ "catturato, prigioniero" < celt.
   basco: -
Le iscrizioni duali mostrano che l'occlusiva velare è sonora. La sibilante celtica mostra una corrispondenza irregolare, avendo come esito una affricata in iberico. Va comunque detto che la radice celtica *selga:- "caccia" non ha chiara origine ed è priva di corrispondenze IE credibili. Dev'essere un relitto di sostrato.

Attestazioni: selkibeleś, selkiskeŕ, selkinius-tai, selkisosin-kaste, selgitaŕ, [s]elgitibaś

48) seti, SEDE /'tsede/ "trono; regale" < celt.
Dalla radice IE *sed- "sedersi" deriva anche l'etnonimo SEDETANI.
Attestazioni: σεδεγων, setibios, -beŕiseti-, ḿbaŕseti

49) sike /'tsike/ "flusso, impeto" < IE precelt.  
   basco: -
Si tratta della radice *sik- attestata nell'idronimia in Spagna e altrove. Probabilmente l'antica sibilante era percepita come laminale ed è diventata una affricata. Da questa antichissima radice deriva l'idronimo ispanico Sicanus (oggi Júcar), da cui gli antichi autori romani facevano derivare il popolo dei Sicani, secondo una tradizione che li riteneva migrati in Sicilia dall'Iberia. Non ritengo tuttavia plausibile che la radice dell'etnonimo sia la stessa degli idronimi, a dispetto dell'omofonia.
Attestazioni: SICAE, siketaneś-ka (ergativo), sikeunin, sikounin

50) sine /'tsine/ "giuramento; leale"
   basco zin 'giuramento; leale'
Attestazioni: sinebetin, sinekun

51) sir /tsiṛ/ "splendore; splendido" 
  basco zirats 'bello'
La parola basca è formata con il suffisso -tsu "pieno di", poi abbreviato in -ts.
Attestazioni: sirbaiser, kaŕesir-te (ablativo), leisir, kuleśir (con assimilazione) 

52) SOCED(E) /so'kede/ "guardiano" 
Una radice dall'aspetto decisamente inconsueto. Rodríguez Ramos suggerisce un prestito culturale dal semitico škd "vigilare". La forma d'origine potrebbe essere fenicio /*ʃo:'ke:d/, piuttosto che neopunico /*su:'xe:d/
Attestazioni: SOCEDEIAUNIN, SOCED

53) sor, soŕ /tsoṛ, tsor/ "fortuna; fortunato"
    basco zori 'fortuna'
Attestazioni: soribeis, soŕike, beleśur, etesur, ibeśor-en (genitivo), kanisoŕ

54) śakin, SAGIN /'sagin, 'tsagin/ "piacere"
    basco: atsegin 'piacere'
Non è improbabile che la tradizionale spiegazione del basco atsegin (hats "respiro" + egin "fare") sia paretimologica.
Attestazioni: ENASAGIN, beleśakin-eai (dativo)

55) śitu /'situ/ "lungo; durevole" < celt.
Un prestito dal celtico (non è chiaro se dal celtiberico o da una lingua affine al gallico). Non deve essere troppo remoto, visto che ha ś /s/ per celtico /s/, mentre abbiamo appurato che negli strati più antichi di prestiti si ha s /ts/ per celtico e IE preceltico /s/.
Attestazioni: śitubolai

56) taŕkun /'tarkun/ "molto virile"
   basco ar 'maschio' 
Attestazioni: taŕkunbiuŕ

57) taś /tas/ "virile" < *taŕś
Attestazioni: atintaś, baisetaś, balketaś, bototaś, ikoŕtaś

58) tasbeŕ /'tatsberr/ "giovane maschio"
Attestazioni: tasbeŕiun, tasbarikibas 

59) teita /'deita/ "visibile, splendente"
     < IE precelt.
La radice è *dey- / *dya- "dare luce, essere visibile". Per la formazione, cfr. protogermanico *taita- "chiaro, visibile". Da questa radice deriva anche l'etnonimo DEITANI
Attestazioni: TEITABAS, teitataŕ

60) tetel /'tetel/ "balbuziente" 
    basco zezel 'balbuziente'
Attestazioni: tetel-i (dativo), biuŕtetel, URCHATETELL-I (dativo)

61) tilauŕ /'tilaur/ "egli lo accorcia, lo rimpicciolisce" 
   basco labur 'corto'
Forma verbale transitiva derivata dalla stessa radice di lauŕ "corto" - da non confondersi con laur "quattro". Ancora una volta vediamo come l'iberico aveva una flessibilità sconosciuta al basco. La comprensione della lingua è molto difficile anche per questo: il basco ha sclerotizzato pochi verbi transitivi dotati di flessione, mentre il sistema flessivo in iberico era pienamente sviluppato.
Attestazioni: biuŕtilauŕ

62) tileis /'tileits/ "egli lo desidera"
     basco lehia 'desiderio'
Attestazioni: aluŕtileis, kuleśtileis

63) tolor /'toloṛ/ "bianco, chiaro"
    basco: -
In alcune varietà di castigliano sopravvive la parola tolba "caolino bianco" < iberico *toluba. La possibilità che il toponimo Tolosa sia formato da questa radice iberica, con riferimento a terra argillosa chiara, non è poi così remota.
Attestazioni: bardaśtolor, TOLOCO, toloku, tolośar, taŕtoloi-keta-  

64) torsin /'toṛtsin/ "virile"
    basco -ots, -dots 'maschio di animale'
    aquitano -HOX (e varianti), 'maschio'
Attestazioni: torsinkeŕe, TORSINNO

65) tuitu /'tuitu/ "giusto, retto"
   -tuin /-tuin/ "giusto, retto"
   basco zuzen 'giusto, retto';
   basco zuin 'solco' < *'linea retta'
La forma più antica della radice era tueit-.
Attestazioni: tuitubolai, tuituiboŕ-en (genitivo), tuituiskeŕ-ar (genitivo), tueitikeiltun 

66) tuŕkes, tuŕkin /'turkets, 'turkin/ "alto"  
   paleosardo (topon.) TURKI 'fortezza'
Attestazioni: tuŕkeatin, TURCIRADIN, tuŕkeskeŕ, tuŕgosbetan

67) ulti /'uldi/ "gloria, glorioso" < IE precelt.
Cfr. protogermanico *wulθuz "gloria". Le iscrizioni in scrittura duale provano che l'occlusiva dentale era sonora. Questo morfo non può essere un prestito dal celtico, che invece conserva integro il nesso -lt- indoeuropeo. Possiamo ammettere che sia stato preso da una lingua indoeuropea preceltica, simile al lusitano, in cui la sonorizzazione di occlusive in nessi di questo genere era frequente (es. Pelendones, etc.).
Attestazioni: ultibaiser-te (ablativo), ultibei-kate, ultibeleś

68) ustain /'utstain/ "pesante, grave; peso"
    basco astun 'pesante'

Il termine ricorre anche come nome comune in un contesto combinatorio che ne permette l'attribuzione di un significato connesso con una qualche unità monetaria. Quindi l'identificazione con il vocabolo basco appare sensata, nonostante l'aspetto fonetico non sia molto simile. Si noti la differenza di sibilante, la metatesi vocalica e il fatto che la parola iberica è anche un sostantivo mentre quella basca soltanto un aggettivo. 

Attestazioni: uśtalaibi, ustainabaŕ-ar (genitivo), ustarike, ISTAMIUR-IS (gen. lat.) 

Il prossimo passo sarà la trattazione esaustiva dei morfi iberici non pertinenti al dominio dell'onomastica personale, in particolare dei verbi. Sono convinto che da tutto questo si potranno porre le basi per capire in che modo il protobasco e l'iberico, lontani parenti, si sono separati dal comune antenato. Se in Italia nessuno si occupa di questi argomenti, spero che in Spagna gli studiosi avranno accesso a questo mio materiale, che proprio per la sua audacia potrebbe contribuire al progresso delle conoscenze.

21 commenti:

Octavià ha detto...

Carissimo Marco,
L'iberico <b>toloŕ</b> e i toponimi come <b>Tolosa, Tolobi</b> sono derivati del lessema IE <b>*tel-</b> 'suolo'. Questa è anche 'oirigin del basco occidentale <b>oru, orube</b> 'terreno per costruire, suolo'.
Per quanto riguarda l'aquitano <b>BORT-</b>, aggiungerei il basco odierno <b>bortu, mortu</b> 'i Pirenei' (e dialettalmente anche 'deserto').

Antares666 ha detto...

Carissimo Octavià,
resta il fatto che i toponimi in tol- e il formante iberico in questione appaiono ben più antichi delle forme di IE con /a/ distinto da /o/. Ricordiamoci che persino in celtico si ha la forma *talamu: "terra", con /a/, che ha l'aria di essere un arcaismo preso da un precedente popolo IE (il cosiddetto strato degli idronimi). Una radice *tol- "terra" dovrebbe essere più recente della forma celtica, ma non si trova attestata. Le possibilità che diverse radici abbiano subito interferenze è concreta.
La forma basca orube è abbastanza enigmatica, ma potrebbe ben derivare da *tolube come da te suggerito: mi sembra preferibile alle farneticazioni di Trask, che la vorrebbe dal latino forum, con una semantica forzatissima e senza poter spiegare il suffisso. Per quanto riguarda basco mortu, bortu "Pirenei": "deserto", se non è dal latino portus (inteso come "valico montano"), sarà da un'omofona parola sorotaptica, che sarebbe di ottima etimologia IE. Mi pare poco adatta a spiegare l'antroponimo aquitano, in ogni caso sono richiesti approfondimenti. 
Saluti

Octavià ha detto...



Carissimo Marco,
Al mio avviso, la parola sorotaptica omofona al latino portus (graze mille, Coromines) non sarebbe dal lessema IE *bhergh´- (perché in tal caso avremmo f- iniziale come nel latino fortis) ma di una variante *perk- attestata nel nome del dio baltico Perkūnas. Più che 'montagna', il senso originale de la parola sarebbe 'alpeggio', come nel sino-tibetano *mrǝ̆k.
Per quanto riguarda il celtico *talamon 'terra', il vocalismo /a/ è coerente coll'indo-iranico (sanscrito tala-) ed il greco thálassa 'mare' (< 'pianura larga') dal pelasgico. Ciò vorrebbe dire que /o/ in *tol- non corrisponde alla vocale apofonica IE ma l'essito sorotaptico di /a/. Aggiungerei che il fitonimo *kol-ostri (sardo colostri, basco gorosti), dove *ostri ~ slavo *ostrƄ e *kol- ~ russo kólos 'pannocchia' sarebbe l'equivalente semantico del latino aqui-folium.
Il basco orube sarebbe un composto di oru < *tolu ed il suffisso *-be 'luoco' fosilizzato in molti toponimi e spesso scambiato per l'omofono 'sotto'. Non dimentichiamo nemmeno l'antico Tolobi in Catalonia. La dentale iniziale fu conservata in iberico ma scomparsa già in paleobasco, come nei doppioni TALSCO ~ HALSCO, TARBELES ~ HARBELEX.

Octavià ha detto...

Carissimo Marco
Sebbene il Coromines aveva già proposto l'essistenza di un omofono sorotaptico al latino <b>portus</b>, lui incluse lì il senso 'valico di montagna', che appartiene chiaramente al latino. Il suo sbaglio fu ritenere che ambedue parole, la latina e la sorotaptica, avevano la stessa etimologia IE.
Inoltre il basco, il senso originario è conservato nell'asturiano puertu 'zona [alta d’un monte, d’un cordal con mayaes y pastu a onde se lleva’l ganáu]', ciò è, 'pastura di estate'.

Antares666 ha detto...

Carissimo Octavià,
in effetti non è una questione semplice, anche perché doveva esistere dal Portogallo alla Liguria tutta una serie di lingue indoeuropee con tratti affini a quelli dell'italico e del celtico. Una realtà di difficile classificazione, anche perché poco attestata ed estremamente fluida. Il senso di "valico montano" della parola latina non è di certo tra i più diffusi, e potrebbe anche essere stato adottato proprio nella regione pirenaica, per influenza sorotaptica. Concordo pienamente sul fatto che non possa essere da *bherg'h-. Del resto anche un'origine da *per- nel senso di "passaggio" rende male la semantica. Il *perk- da te proposto può essere una soluzione, anche se mi convince poco per via del suffisso. Purtroppo si può soltanto sperare nel rinvenimento di nuovo materiale.
Per quanto riguarda la forma celtica per "terra" di cui sopra, non la trovo molto coerente con greco thálassa. Il cosiddetto "pelasgico" presupposto da alcuni studiosi come varietà di indoeuropeo potrebbe in realtà essere nient'altro che tirrenico male interpretato e con prestiti IE. L'interpretazione di -ostri in *kol-ostri dovrà tener conto della presenza di altri fitonimi con simile suffisso, che non si adattano bene al concetto di "aguzzo".

Octavià ha detto...



Carisssimo Marco,
In Europa Occidentale, il celtico si è sovrapposto a lingue IE affine all'italico o "italoidi". Ciòe, il celtico ha un sostrato italico o affine a questo.
Per quanto riguarda la parola sorotaptica, è concepibile che la forma originale fosse *purd- o anche *burd-, poi scambiata con portu per etimologia popolare. In tal caso, il senso originale sarebbe 'palude' (cfr. tracico purda), con un sviluppo semantico simile a quello dell'asturiano braña dal celtico *mrak-nā.
Per quanto riguarda l'elemento fitonimico -ostri, ritengo che il suo senso sia 'aguzzo', per quanto kolostri ha una corrispondenza essata nel greco kêlastros (Theophrastus). Al mio avviso, il lessico pre-greco non può essere ridotto a un singolo sostrato IE o non-IE.

Antares666 ha detto...

Carissimo Octavià,
purtroppo in questo periodo gravi motivi familiari mi impediscono di essere presente come vorrei, spero così che mi perdonerai il ritardo nella risposta. Se devo essere sincero, la proposta  derivazione del lemma sorotaptico in questione da una radice col significato di "palude" mi sembra inverosimile già per motivi semantici: i precedenti tentativi etimologici erano comunque molto migliori. E' certo possibile che esistano in greco i contributi di sostrati diversi, il che non implica che si possa estrarre una radice *astro- "aguzzo" dalla glossa di Teofrasto, la cui corrispondenza esatta con il lemma paleosardo e basco resta tutta da dimostrare.

Octavià ha detto...

Carissimo Marco,
Nell'ultimi due anni ho perso i miei genitori, ambedue per diversi tipi di cancro. Così posso simpatizzare con i tuoi "gravi motivi familiare".
Al mivo avviso, l'asturiano braña < celtico *mrak-nā proverrebbe dello stesso lessema IE che il latino marceō 'marcire', alludendo all'acqua stagnante delle paludi formate in alta montagna o elevate rispetto ai tirreni circondanti (tedesco Hochmoor). 

Se la parola sorotaptica era analoga a quella del tracico, credo che è stata trasmessa al romanzo da un intermediario celtico, forse lo stesso gallico, poi scambiata per portu- a causa d'una etimologia popolare.
Per quanto riguarda i nomi dell'agrifolio, l'elemento *ostri/*astr- ha una corrispondenza ottima in slavo, ciò che indicherebbe che la lingua di origine era imparentata, forse lo stesso tracico o anche il sorotaptico.

Octavià ha detto...

Il celtico *mrak-nā avrebbe il senso di 'torbiera', cioè, una palude di origine glaciale dove si accumula materia vegetale in putrefazione.

Antares666 ha detto...

Carissimo Octavià,
mi ci vorrà un po' per riprendermi dal lutto che mi ha colpito. Sto pubblicando articoli che avevo già pronti, limitandomi a rifinirli. Forse andrà avanti così per qualche tempo. 
Per  quanto riguarda l'asturiano braña, l'etimologia da te proposta è ottima e la condivido appieno. Questo però non significa che il lemma sorotaptico abbia qualcosa in comune. Dovremmo sempre tener presente che da quanto ne sappiamo, non esisteva un passaggio da /b/ a /p/, ossia non vi erano rotazioni consonantiche. Così pure il continuum di lingue IE che andavano dal lusitano al ligure era chiaramente di tipo centum, non satəm, così il suffisso (o suffissoide) -ostri- non ha poi corrispondenze tanto buone in slavo e in tracico. Notiamo poi che in un'iscrizione sorotaptica con molti prestiti latini (territorio dei Sordones, se non vado errato) abbiamo la forma EVOSTRI "eterna", con lo stesso suffisso, che evidentemente non ha nulla a che fare con la radice IE per dire "aguzzo, punta".


RE NVMENE MAXIMI EFLAVERE
ILLIVS SSROES SNVQVAI PANTOVIE SRVID
AGETI NET LAVOKRIOS
S ACAPOSIMA ATXILIAIA
S NISKAS CATIONTS AXI(LIAIAS)
NESCA EVOSTRI IO
NETATI NOS IO
CHIRVLE (E)XKIGKI


Octavià ha detto...

Carissimo Marco,
Aspetto che ti hai riffato della perdita nel più breve tempo possible.
Per quanto riguarda il basco gorosti e le sue corrispondenze in sardo, il rapporto col greco kêlastros, kêlastra 'llatro (Philyrea latifolia)' già fu proposto da autori come Hubschmid, eppure la mia etimologia è sbagliata.
Ho scoperto che alcune sottospecie di questo arbusto hanno un frutto azzurro come il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), chiamato ğüštrún, šištrún < *wolostrone nel dialleto ticinese, da una base gallica *glast- 'verde-azzurro'.
https://books.google.es/books?id=pDcieB0ilugC&pg=PA182&lpg=PA182&dq=g%C3%BCstrun+sistrun&source=bl&ots=MzNfCZBiNy&sig=3D07FWt9lFFKq2yT4VFHRjx1td4&hl=es&sa=X&ved=0ahUKEwjiqpnfgc3LAhXJvhQKHYCiAckQ6AEIHTAA#v=onepage&q=g%C3%BCstrun%20sistrun&f=false

Antares666 ha detto...

Carissimo Octavià,
il punto è che l'agrifoglio più diffuso (e in particolare quello che si trova in Sardegna) produce bacche rosse. Sulle forme ticinesi dovrei informarmi meglio, ma posso citare la voce bresciana glasù "bacche di mirtillo nero" < *glasto:n-, riportata ad esempio dal Biondelli. E' di chiara origine celtica. Si segnala la mancata palatalizzazione del nesso gl-, che si trova in diversi dialetti alpini (lo stesso fenomeno si trova per cl-), oltre alla -s- sonora intervocalica. Non credo che il nome pre-IE dell'agrifoglio possa avere qualcosa a che fare con questa base.

Tochtli ha detto...

Buonasera, Antares666,
Ho letto con molto interesse il suo post, ma non sono sicuro di concordare su tutto. Non mi intendo specificatamente di iberico, però lavorato per un certo periodo sul basco nel tentativo di pervenire (sempre che sia possibile) a una comprensione più accurata circa le sue origini. A tal proposito, anch’io cercai di render conto delle corrispondenze tra il basco e l’iberico, e devo dire che ad oggi, se si eccettuano i lavori di Ferrer (2009) e Orduña (2011, 2013) ‒ che pure hanno le loro problematicità (cfr. Lakarra 2013) ‒ sul sistema numerale dell’ibero, nessun tentativo di interpretazione dei formanti antroponimici che mi sia capitato di leggere mi ha mai convinto appieno. L’interrogativo che spesso mi pongo è il seguente: «Qual è il preciso significato di quei formanti? Le comparazioni con il basco sono intavolate soltanto in virtù della somiglianza fonetica con l’iberico, oppure c’è anche un raffronto semantico?». Ebbene, me lo chiedo perché, a quanto mi risulta, conosciamo il (probabile) significato solamente di un manipolo di parole iberiche, cfr. tra le altre o ‘città’, o forse ‘castello’, forse ‘servo’, e ‘si è incaricato (lat. coeravit)’, sempre che non significhino ‘figlio’ e ‘figlia’ rispettivamente, una voce del verbo ‘fare’, ‘denaro, moneta’; a questi si può aggiungere la locuzione ‘qui giace’ (che nelle iscrizioni funerarie corrisponde al lat. hic est situs); meno chiaro appare il significato di che forse voleva dire ‘tomba’. Non è dato sapere, fino a prova contraria, cosa significhino tutti gli altri termini che figurano come membri dei composti negli antroponimi. Dunque, le reitero il mio dubbio: sulla base di quale criterio sono stati associati i significati che compaiono a fianco delle parole iberiche in questo post? Con questo non voglio dire che lei abbia scritto delle falsità, né posso affermare di essere in grado di smentire le sue comparazioni.

[fine parte I]

Tochtli ha detto...

[parte II]

Inoltre, non concordo su alcune comparazioni. Vorrei, se me lo permette, riportare le mie perplessità, avendo cura di riportare la sua numerazione:

5) iber. ban ~ pan : eusk. maite ‘caro’. In basco la parola in questione è sia un aggettivo che un sostantivo. Per poter affermare che essa continui il proto-basco *banite occorrerebbe dare un’occhiata al suo equivalente nel dialetto roncalese o in quello suletino. Questi due dialetti, come immagino lei saprà, sono gli unici che preservano con una certa regolarità la *n intervocalica. In effetti il roncalese ha moite (Mitxelena 1990 [1961]: 107; Trask 2008: 280; OEH #2035). Da una protoforma *banite ci aspetteremmo un succedaneo **/mõĩte/ (con la nasalizzazione) nei dialetti sopracitati. E invece, a quanto pare, così non è. Per quanto il vocalismo di questa voce sia tutt’altro che trasparente, tendo a preferire la derivazione dal PCelt *matis ‘buono’; il dittongo /ai/ potrebbe rappresentare l’anticipazione di una palatalizzazione. Concordo che è strano, ma non è impossibile.

16) iber. ELAN : eusk. elai ‘rondine’. Il termine basco presenta in realtà numerose varianti, cfr. ainhara, ainhera, añera, inhara, inara, iñara soprattutto in navarrino e in laburdino; la forma da lei citata è attestata praticamente solo in Vizcaya e Guipúzcoa. Il roncalese ha añari, mentre il suletino l’enigmatico kiñuri. Con tutta questa variabilità non è facile ricostruire una protoforma univoca; generalmente ho visto autori che ricostruiscono tanto *eLana ~ *eLane, quanto *aiNala. Trask (2008: 80) ritiene che sia quest’ultima la forma originaria, mentre il vizcaino elai si sarebbe prodotta per metatesi. Vale la pena notare anche l’alternanza tra forti e leni nelle differenti proposte ricostruttive. Non conviene sbilanciarsi.

17) iber. eleŕ : eusk. eli ‘gregge, gruppo’. Neanche questa forma è priva di complicazioni. Perché vi sia corrispondenza perfetta è necessario che il proto-basco sia *eLi, il che può benissimo darsi, considerando che sono attestate anche le varianti elhi ed elli, tuttavia occorrerebbe prendere in esame il suletino teli, citato da Azkue (1905, II: 274). Difficile dire se la t iniziale di quest’ultimo sia etimologica oppure si sia estesa per analogia da composti come arteli ‘gregge’ (< ardi ‘pecora’ + eli), ma si dovrebbe quantomeno procedere con cautela e valutare questa possibilità.

[fine parte II]

Tochtli ha detto...

[parte III]

22) iber. ibeś, ibei(s) ‘impetuoso’ : eusk. ibai ‘fiume’. Questa è la comparazione che meno condivido, in quanto è assai ardua sia sotto il profilo semantico che sotto quello morfologico. In primo luogo, l’attribuzione del significato mi sembra un poco gratuita: capisco che l’impeto di un corso d’acqua che scorre giù dalle montagne a capofitto sia senza dubbio evocativo, ma manca di attinenza. Qui, semplicemente, l’accostamento con l’iberico si rivela privo di senso una volta chiarita l’effettiva etimologia del termine basco. Allo scopo di gettare luce sulla questione non possiamo astenerci dal considerare l’ambito dialettologico. Innanzitutto, ibai non è l’unica forma attestata, bensì esiste anche hibai, con l’aspirazione iniziale. In base a queste limitate informazioni Lakarra (2002: 432, 434) era incappato nell’errore di ricostruire a monte di (h)ibai un composto avente come primo elemento ibi ‘guado’. Da circa un decennio ormai, dall’analisi di alcuni cartulari medievali navarrini sono venute alla luce nuove attestazioni della parola basca in causa, talune preziosissime per la sua ricostruzione. È oramai ben dimostrato che questo termine presentasse le varianti medievali , e, non ultimo, il toponimo , che indica una località ancor’oggi esistente nei pressi di Pamplona. Le ultime due forme sono particolarmente illuminanti: esibiscono entrambe la nasale intervocalica conservata, e la seconda ha l’iniziale /u/ in luogo di /i/. Perciò la ricostruzione più calzante e che meglio spiega questi dati sembra essere *(h)ur-ban-i, analizzabile sì come un composto, ma di ur ‘acqua’ e di una radice *ban- ‘tagliare, interrompere’ (Lakarra 2009: 580; Gorrochategui & Lakarra 2013: 227; Manterola 2019). Ora, ci si potrebbe domandare da dove salti fuori la radice *ban-; ebbene, i codici medievali forniscono una risposta anche a questo interrogativo. Secondo l’ipotesi di Mitxelena (1961: 275) e Trask (1995; 2008: 160), il verbo ebaki, ebagi ‘tagliare’ si sarebbe dovuto analizzare come *e-ban-ki ~ *e-ban-gi, dove -ki è il suffisso applicativo che incrementa la valenza del verbo con un ruolo indiretto (es. dativo). Il dileguo di /n/ finale si osserva talvolta nei composti anche quando il secondo elemento inizia in consonante. Quella che fino a non molto tempo fa era solo una speculazione, oggi può essere sostenuta con prove materiali: un cartulario medievale riporta il termine ‘fossati’, che altro non è se non un composto di lur ‘suolo, terreno’ + *e-ban- ‘tagliato (part. pass.)’ reinterpretato poi come un sostantivo maschile in spagnolo (ecco il perché della desinenza -os). In definitiva, il basco ibai esibiva, a secondo membro, la radice *ban- ‘tagliare’, e di conseguenza non può corrispondere regolarmente all’iberico ibeś, ibei(s).

33) iber. kine ‘carne, midollo’ : eusk. giharre ‘carne magra’. Bisogna ammettere che la forma basca mostra troppa variabilità per poter ricostruire una protoforma stabile: accanto a quella già citata ci sono anche ginharra, (g)iñar, gigarra, gidarra e il roncalese gĩarre; a Guipúzcoa esiste addirittura gizarra (OEH, #38), omessa in Trask (2008). È vero che sia quest’ultimo che Lakarra (2002: 431) ricostruiscono generalmente un protobasco *ginaRe e lo considerano un composto di *gi- ‘carne’, ma la natura del secondo elemento non è affatto chiara. Se lei pensa che la parola iberica sia monomorfematica, allora non può confrontarla con giharre < *gi-naRe, giacché la *n della parola basca non faceva parte del prefisso.

[fine parte III]

Tochtli ha detto...

[parte IV]

37) iber. leis ‘desideroso’ : eusk. lehia ‘desiderio’. Il basco non significa ‘desiderio’, bensì è più corretto tradurlo con ‘fretta, agitazione, fervore, zelo’ ma anche ‘competizione, contesa, dibattito, lotta’. Insomma, ha un’estensione semantica pressoché vasta. Va detto, per giunta, che ha tutta l’aria di essere un prestito (Lakarra 2006: 604, nota 107).

38) iber. nere ‘donna’ : eusk. andere ‘donna’. So che si tratta di una parola di antica attestazione dato che si rispecchia anche nell’aquitano ANDERE ‘ragazza, donna’ e che forma un buon parallelo con il suo equivalente maschile ANDOS(S)-, ma non possiamo escludere che il termine basco sia un prestito dal celtico *anderā ‘giovane donna’, donde il medio irlandese ander ‘id.’ e il medio gallese anneir ‘giovenca’. Inoltre, come si spiega l’assenza della /a/ iniziale nel supposto corrispondente iberico?

56) iber. taŕkun ‘molto virile’ : eusk. ar ‘maschio’. Qui come si fa a confrontare le due forme esattamente? Hanno in comune solo un segmento mediano e, anche volendo, non è affatto sicuro che il basco possa risalire a *taR, che è quello che ci vorrebbe per far quadrare i conti.

60) iber. tetel : eusk. zezel ‘balbuziente’. Si tratta di una parola di chiara origine onomatopeica. Non so se è il caso di cercare delle corrispondenze: dato il suo patente fonosimbolismo, qualsiasi comparazione rischia di essere arbitraria.

Per il resto delle parole iberiche vale quanto ho già detto prima: i significati che lei adduce sono riportati in qualche glossa o sono stati desunti?

[fine parte IV]

Tochtli ha detto...

[parte V, ultima]
Ad ogni modo, quanto lei scrive è molto interessante e merita di essere preso in considerazione. D’altro canto, come lei stesso nota, in Italia non si parla tanto di questi argomenti, che invece sono estremamente affascinanti.

Buona serata.

Bibliografia consultata:
- AA. VV., Orotariko Euskal Hiztegia [= OEH], https://www.euskaltzaindia.eus/index.php?option=com_oehberria&task=bilaketa&Itemid=413&lang=eu-ES.
- Azkue, Resurrección María de, Diccionario vasco-español-francés = Dictionnaire basque-espagnol-français, vols. 1-2, Bilbao, 1905.
- Ferrer, Joan J., “El sistema de numerales ibérico: avances en su conocimiento”, in Paleohispanica, vol. 9, 2009, pp. 451-479.
- Gorrochategui, Joaquín, Lakarra, Joseba A., “Why Basque Cannot be, Unfortunately, an Indo-European Language”, in The Journal of Indo-European Studies, vol. 44, n. 1, 2013, pp. 203-237.
- Lakarra, Joseba A., “Etimologiae (proto)uasconicae LXV”, in Artiagoitia, Xabier et al. (a cura di), ERRAMU BONETA: FESTSCHRIFT FOR RUDOLF P. G. DE RIJK (Anuario del Seminario de Filología Vasca «Julio de Urquillo», vol. 44), 2002, pp. 425-442.
- Lakarra, Joseba A., “Notas sobre iniciales, cambio tipológico y prehistoria del verbo vasco”, in Anuario del Seminario de Filología Vasca «Julio de Urquillo», vol. 40, 2006, pp. 561-622.
- Lakarra, Joseba A., “Forma canónica y cambios en la forma canónica de la lengua vasca: hacia los orígenes del bisilabismo”, in Paleohispanica, vol. 9, 2009, pp. 557-609.
- Lakarra, Joseba A., “Grámatica Histórica vasca o vasco-iberismo”, in Paleohispanica, vol. 13, 2013, pp. 567-592.
- Manterola, Julen, “The contribution of medieval data to the reconstruction of proto-Basque”, in Recent Advances in Comparative Linguistic Reconstruction (Workshop), SOAS University of London, 2019, https://www.youtube.com/watch?v=0SC-7FF9eGc.
- Mitxelena, Koldo L., Fonética Histórica Vasca (Anejos del Anuario del Seminario de Filología Vasca «Julio de Urquijo», vol. IV), San Sebastián, Diputación Floral de Guipúzcoa, 1990 [1961].
- Orduña, Eduardo A., “Los numerales ibéricos y el protovasco”, in Veleia, vol. 28, 2011, pp. 125-139.
- Orduña, Eduardo A., “Los numerales ibéricos y el vascoiberismo”, in Paleohispanica, vol. 13, 2013, pp. 517-529.
- Trask, Larry R., Towards a History of the Basque Language (Current Issues in Linguistic Theory, vol. 131), Lakarra J. A., et al. (a cura di), John Benjamins Publishing Co., 1995.
- Trask, Larry R., Etymological Dictionary of Basque, Wheeler M. W. (a cura di), University of Sussex, 2008.

[fine]

Tochtli ha detto...

P.S. Non so perché ma nella parte I non compaiono le parole iberiche che avevo scritto, e di cui possiamo ragionevolmente conoscere il significato. Le riporto qui:
iltiŕ o iltun ‘città’,
aŕs o ars forse ‘castello’,
abiner forse ‘servo’,
eban e teban ‘si è incaricato (lat. coeravit)’, sempre che non significhino ‘figlio’ e ‘figlia’ rispettivamente,
ekiar una voce del verbo ‘fare’,
sali ‘denaro, moneta’,
aŕe take ‘qui giace’ (che nelle iscrizioni funerarie corrisponde al lat. hic est situs),
seltar forse ‘tomba’.

Tochtli ha detto...

P.P.S. Abbia pazienza, Antares666, rileggendo la parte III mi sono accorto che anche le varianti di ibai non si riescono a leggere. Le riporto nuovamente di seguito (esse sono comunque visibili consultando le fonti in bibliografia):

ibahi,
ibani,
Ubani (il toponimo).
Inoltre, il termine basco medievale contenente la radice *ban- è: luebanos (composto di lur + *ban- + suffisso m. pl. -os).

Antares666 ha detto...

Benvenuto in questo spazio, carissimo Tochtli! Conosco abbastanza il Nahuatl e comprendo il significato del nick: la trovo una scelta davvero singolare. Grazie degli interventi! Comprendo che ci siano tanti dubbi sul materiale esposto. In effetti ho fatto il possibile per trovare un'etimologia credibile per ogni morfo. I significati da me riportati sono frutto delle mie elucubrazioni. Alcune proposte sono senz'altro discutibili. Sono però convinto che sia meglio una proposta poco solida rispetto alla completa mancanza di una proposta. Cerco di trovare qualcosa col meglio che ho a disposizione, se poi si può dimostrare che c'è un'etimologia più adatta e difendibile, ben venga. Quello che mi paralizza è l'inerzia degli studiosi, che non osano, non cercano di spingere sempre più in là il confine tra noto e ignoto. Purtroppo faccio molta fatica, date le mie precarie condizioni di salute, a discutere di ogni cosa in tempi rapidi. Chiedo quindi pazienza, ma avrò cura di entrare nel dettaglio e di approfondire ogni osservazione. Solo per fare un esempio, il celtico *andera: "giovane donna" è con ogni probabilità un termine di adstrato o di sostrato, non una genuina parola indoeuropea. Tutto è molto complesso: in altri casi è promettente cercare prestiti indoeuropei (ad esempio celtici e lusitani) in iberico.

Antares666 ha detto...

L'etimologia di ibai "fiume" è tutt'altro che chiara. Nonostante esistano evidenze, anche in Sardegna, di una forma *u(r)-bani, è verosimile che si tratti di una parola diversa, su cui hanno agito meccanismi di etimologia popolare. Innanzitutto non esistono forme nasalizzate in roncalese e in suletino. Non sempre si conserva la nasalizzazione in tali dialetti: prima hai usato l'assenza di nasalizzazione per confutare l'etimologia di maite da *banite, però non puoi riportare varianti nasalizzate di ibai. Tra l'altro non esiste nessuna variante *ibain a me nota in alcun dialetto. Esiste invece una variante hibai. Una protoforma *ibani è molto improbabile. Avevo pensato di ricostruire *i-ban(h)i, con una variante *ur-ban(h)i, con riduzione precoce di -n(h)- in -(h)-, ma è tutto molto oscuro. Anche in sardo si trovano sopravvivenze di forme senza nasale: Baku ORBAI. Lo spagnolo vega "terreno palustre" presuppone una protoforma iberica *ibaika, non *ibanika. Che dire poi dell'idronimo Iber e del nome stesso degli Iberi?