L'UOMO CHE PERDEVA I TRENI
Il giorno in cui mi fu diagnosticato un tumore al polmone in stadio avanzato, ovvero sei mesi prima della mia morte, appena uscito dal policlinico mi recai alla stazione ferroviaria. Mancava circa un'ora alla partenza del mio treno, così andai a sedere in sala d'aspetto. All'epoca ve n'erano due: una di prima e l'altra di seconda classe, quest'ultima stranamente semivuota. I soli presenti, a parte me, erano un'anziana donna e un uomo di mezza età, dall'aria assai patita, che, dopo avermi osservato per alcuni istanti, si alzò dal proprio posto e, avvicinatosi, mi disse: "Signore, mi scusi, le potrei parlare? Non intendo disturbarla".
Annuii.
"Sin dal suo ingresso in questa sala ho capito che lei è una persona cui ci si può confidare. Desidero raccontarle una storia e sono certo di poter contare sulla sua discrezione. Molti anni fa, in questa stazione, io spinsi sotto a un treno il mio insegnante di applicazioni tecniche. No, non mi guardi così, non sono un pazzo né un sadico. Lo uccisi, è vero, ma con ottime ragioni. Era un individuo orribile, un uomo cattivo."
"E non l'arrestarono?"
"No, non ci furono testimoni. Quel demonio tutti i giovedì si recava da una prostituta a Porta Calcinara, cenava in una trattoria e rientrava a casa col treno delle 20. Lei non sa quante volte dovetti rinunciare al mio proposito prima di poterlo attuare. Infine si presentò l'occasione giusta, in una sera nebbiosa di novembre."
"Ed è tutto?"
"Non esattamente. Il destino presenta sempre il conto, e da allora la mia vita è legata a doppio filo a questa stazione. Sa cosa faccio per vivere?"
"Sentiamo."
"Perdo i treni."
"Sarebbe a dire?".
"Sarebbe a dire che, ogni giorno, svariate volte, fingo di dover prendere un treno e lo perdo."
"Scusi, ma non riesco a capire: a che pro?"
"Sono pagato per farlo."
"Pagato da chi?"
"Da un'agenzia. Ce ne sono in tutte le città, non lo sapeva?"
"Sinceramente no."
"In tutte le città italiane ci sono individui pagati per recitare questa scena. E' costume che qualcuno debba giungere in stazione in ritardo, correre appresso al treno in partenza e infine arrendersi imprecando. Una tradizione che non si può interrompere."
"E lei è pagato per perdere i treni?"
"Si."
"Mi sembra una follia."
"Alla stazione di Santa Maria Novella, a Firenze, un mio collega perde i treni da vent'anni."
"E la pagano bene?"
"Per nulla, ma mi mantengo in vita. Inoltre mi hanno messo a disposizione un bugigattolo per dormire, vicino al deposito bagagli. Ora però devo salutarla, devo perdere il treno per Milano delle 12. E' stato molto gentile ad ascoltarmi, le auguro una buona giornata."
Il mio treno partiva alle 12 e 30. Nei mesi successivi, sino al mio decesso, non misi più piede in stazione e non incontrai più quel singolare personaggio. Lo rividi tuttavia in sogno: sostavamo nei pressi di un binario ferroviario, al sopraggiungere del convoglio, l'uomo, dopo avermi rivolto un sorriso disperato, si gettava sui binari venendo travolto dalla locomotiva.
Pietro Ferrari, 2015
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