RIPENSAMENTI
Tra le offerte di lavoro affisse alla bacheca dell’istituto di Antropologia ve n'era una scritta a mano, con calligrafia incerta: “Cercasi commesso per negozio di antiquariato. Si richiedono puntualità e serietà. In fede, Melvin Grimshaw”.
Tra i tanti annunci stampati a computer, taluni dei quali persino a colori, quel foglietto, che pareva provenire da epoche remote, faceva una strana impressione.
Carmello annotò su un taccuino il numero di telefono e l’indirizzo del negozio. Decise di recarvisi immediatamente, senza farsi precedere da una telefonata.
Uscendo di casa, quella mattina, aveva assistito a una scena singolare. Dinanzi ai suoi occhi, il portalettere – un sordomuto – era caduto in un tombino lasciato incautamente aperto dagli operai del gas. Le urla gutturali dello sventurato attirarono sul posto un nugolo di pensionati che presero subito a discutere animatamente circa il da farsi. Una pattuglia della polizia che transitava da quelle parti, richiamata dall'assembramento, accostò e, appurata la situazione, allertò via radio i vigili del fuoco. Dal tombino non giungevano ormai che suoni sporadici, disarticolati e raschianti.
L’episodio non turbò Carmello: il portalettere era un individuo crudele e perverso, che si divertiva a catturare gli uccellini per poi staccare loro la testa a morsi. Anni prima, gli aveva mostrato un barattolo di vetro pieno zeppo di testoline rinsecchite di passeri.
Il negozio del signor Grimshaw sorgeva all’incrocio fra Aberdeen Road e Kent Street, non lontano dalla Chiesa dell’Ascensione.
La fermata del bus più vicina distava pochi minuti a piedi. Il quartiere, ricco di alberi e di edifici in pietra a vista, era piuttosto gradevole a vedersi – una piccola oasi, a confronto del distretto limitrofo.
Il negozio sorgeva in una casa sulle cui pareti un’edera tenace e rigogliosa si era arrampicata sin quasi a raggiungere il tetto.
La vetrina era stata allestita con gusto: vi erano esposti volumi antichi, ceramiche, statue lignee, strumenti musicali. Il negozio era deserto: l’odore delle rilegature in cuoio, della carta pergamena e del legno, unitamente al silenzio ovattato, contribuivano a trasmettere una sensazione straniante al visitatore.
Parve a Carmello di essere entrato in una dimora situata fuori dal tempo, sospesa in una specie di bolla d’aria. Uno scricchiolio, proveniente da dietro a un armadio ricolmo di libri, richiamò d’un tratto la sua attenzione. Si sporse a guardare e vide un uomo disteso sul pavimento, con le mani giunte sul petto.
Si trattava di un vecchio dalla barba candida, elegantemente vestito.
Senza perdere la calma, Carmello esclamò:
“Signor Grimshaw?”.
L’anziano aprì gli occhi e gli rivolse uno sguardo bonario.
“Sarebbe così gentile da aiutarmi ad alzarmi?”.
La manovra non richiese fatica: l’antiquario pesava come una piuma.
“Si sente bene? Vuole che chiami un medico?”
“Non si preoccupi, ho avuto un semplice mancamento. Mi capita, a volte. Fortunatamente il mio sistema neurovegetativo ha il buon gusto di darmi sempre una sorta di preavviso, così ho il tempo di adagiarmi a terra ed evito di schiantarmi. Ciò mi risparmia bernoccoli, lussazioni o peggio.”
Carmello sorrise, divertito dall’insolito frasario del suo interlocutore.
“Immagino che lei sia qui per l’annuncio.”
In quel preciso istante un orologio a cucù prese a battere le ore.
“E’ intagliato in un legno della Foresta Nera. Posso sapere il suo nome?”.
Carmello si presentò.
“Ha mai fatto il commesso prima?”
“Sì, per un breve periodo, presso un negozio di alimentari.”
“Beh”, osservò l’antiquario carezzando il dorso di un volume “Anche questo è cibo, in fondo. Cibo per l’anima. Questo invece,” disse indicando un tavolo Servant fine Ottocento inglese in mogano massello, “è cibo per le tarme. Lasci che le mostri una cosa.”
L’antiquario sparì dietro a uno scaffale e ricomparve poco dopo recando un volume vetusto.
“Una rarità assoluta: la traduzione dall’arabo in lingua latina del Necronomicon di Abdul Alhazred, eseguita da Pietro il Venerabile.”
“Ho sempre creduto che il Necronomicon fosse un testo immaginario”.
“E invece eccolo qui.”
“E in questo libro ci sono formule magiche, rituali?”.
“No. Questo libro è una porta.”
“Una porta? E quanto costa?”
“Non è in vendita. Ne esistono solamente altri due esemplari: uno è custodito in Germania; l’altro in Spagna. Da privati”.
“Io non so il latino.”
“Ho provveduto personalmente a tradurlo nella nostra lingua.”
“Mi piacerebbe leggerlo.”
“Non ci capirebbe nulla. Io stesso non ci ho capito granché. Alhazred era quasi certamente un folle o un posseduto, oppure entrambe le cose insieme. Si narra che Pietro il Venerabile, ultimata la traduzione del testo, si sia segregato in un eremo e non abbia più scritto nulla, né predicato in pubblico. Le entità descritte nel Necronomicon sono reali, non immaginarie.”
“Lei ha provato ad evocarle?”
“Certo che no, del resto non saprei neppure come procedere, il libro non dice come farlo”.
“E cosa c'è nel libro allora?”
“Il Necronomicon descrive queste entità demoniache primordiali e ne indica i nomi, ma non spiega come evocarle. Non è un testo di demonomanzia, capisce?”
“In che senso, allora, lei lo ha definito una porta?”
“Perché tale è, a tutti gli effetti. Solo che ad adoperarlo non siamo noi, ma loro. Mi capisce?”
Carmello avvertì un brivido corrergli lungo la schiena.
“Quindi il Necronomicon è una porta attraverso la quale le entità possono entrare nel nostro mondo?”
“Precisamente.”
“E le è mai capitato che lo facessero?”
“In tutta sincerità non saprei dirglielo. Se ciò è accaduto, io non me ne sono accorto. Ed ora, se permette, vado a riporlo nella teca in cui lo custodisco da decenni”.
Dopo un paio di minuti Grimshaw riapparve. "In questa busta troverà i dettagli del contratto. Non amo discutere a voce certe questioni. Ne prenda visione e decida come crede.”
Carmello aprì la busta che l’antiquario gli porgeva: su un foglio sottilissimo erano indicati gli orari di apertura del negozio e la somma che avrebbe ricevuto a fine mese.
"Grazie signor Grimshaw. Non la deluderò, vedrà".
"Ci conto, figliolo, ci conto".
Rientrando a casa Carmello vide che un paranco elettrico a catena era stato collocato nei pressi del tombino: il portalettere ne veniva estratto proprio in quell’istante, inzaccherato ma vivo.
I pensionati, posizionati a distanza di sicurezza, osservavano la scena confabulando fra loro.
Uno di essi prese da terra un ciottolo e lo scagliò contro il portalettere, subito imitato dai presenti. In breve, il sordomuto fu fatto segno di una vera e propria sassaiola.
La polizia dovette intervenire con decisione per disperdere la folla di vecchietti decisi a lapidare lo sventurato, il quale approfittò della circostanza per darsi alla fuga. Una muta di cani delle più diverse taglie e razze, scavalcate le recinzioni dei cortili adiacenti, si lanciò immediatamente all’inseguimento dell’uomo latrando in modo indiavolato.
Carmello notò che l’uscio della sua abitazione era fuori squadra: qualcuno doveva aver tentato di forzarlo durante la sua assenza. Imprecò a bassa voce e diede un gran calcio a una lattina di birra vuota. La lattina si sollevò in aria, percorse una lunga traiettoria parabolica e cadde in testa a un passante, che si accasciò al suolo senza un lamento.
Indeciso sul da farsi, Carmello diede uno strattone alla maniglia della porta, che cedette rumorosamente, schiantandosi in mille pezzi.
La disintegrazione della porta – evento inaspettato e inspiegabile – produsse un’impressione profonda sul giovane, che osservò attonito le minute scaglie di legno sparse un po’ dappertutto, sulla veranda e sui gradini.
Il cane del vicino, uno spitz tedesco, approfittando di un varco nella rete metallica che separava le due proprietà, si mise a curiosare qua e là, annusando i resti della porta. Carmello si lasciò cadere sul divano del soggiorno, sopraffatto dalla stanchezza, e si appisolò.
A dividerlo dal mare era solo una lingua di terra. Correva e gli pareva di camminare, camminava e gli sembrava di star fermo. E se si fermava, le onde si ritiravano. Non c’era verso di potersi immergere, in quel mare insocievole e scostante. Un’imbarcazione a vela apparve all’orizzonte. Un istante dopo scompariva fra i flutti. Gli parve di udire le voci dei naufraghi, ma non si esprimevano in una lingua a lui conosciuta.
Si svegliò di colpo. Il cane del vicino era ai piedi del letto, addormentato sul tappeto. Erano da poco trascorse le quattro del pomeriggio, un refolo di vento spargeva foglie secche in giro per la casa. Il telefono in cucina squillò due volte e poi tacque. Dopo circa un minuto riprese a squillare. “Sono Grimshaw, può raggiungermi in negozio? E’ un’emergenza”. Seguì un lungo silenzio: la comunicazione si era interrotta.
Carmello se ne accorse dopo un quarto d’ora di attesa al ricevitore. Riappese e diede un calcio a una palla da tennis finita chissà come in cucina. La palla si alzò in volo, traversò la finestra aperta e colpì alla tempia un nano che transitava proprio in quell'istante sul marciapiede.
Nell’uscire di casa, Carmello ne scavalcò il corpo e si diresse verso la fermata del bus, zoppicando a causa di un crampo improvviso al polpaccio.
Benché provato nel fisico e nel morale, il giovane sentiva di non potersi sottrarre alla richiesta d’aiuto dell’antiquario.
Appena giunto in prossimità del negozio percepì delle urla animalesche provenire dall’abitazione di Grimshaw. Sembrava che vi fossero state liberate delle scimmie o dei maiali. Carmello aprì la porta con circospezione e il baccano cessò come d’incanto. Dall’interno si udì la voce dell’antiquario.
“E’ lei? Venga, presto!”
L’anziano indicò una porta situata nel retro del locale.
“Che succede signor Grimshaw?”
“Succede che quei maledetti stanno cercando di entrare!” esclamò l’antiquario, scosso da un tremito convulso.
Carmello lo guardò basito.
“Quelli chi?”
“Le cose innominabili che strisciano e gorgogliano nelle intercapedini fra il nostro ed altri mondi!”
Carmello vacillò come un albero colpito da una violentissima raffica di vento.
Da dietro la porta si levò un coro di ruggiti, seguito da una raffica di colpi che ne fecero sussultare i cardini.
“Mi aiuti a puntellare l’uscio, in nome del cielo!”
Sembrava che un’orda di creature grottesche stesse premendo per uscire dalla cantina, i suoni che ne provenivano non avevano nulla di umano: si trattava, piuttosto, di una cacofonia infernale, che avrebbe fatto cedere i nervi al più compassato degli individui.
Carmello sospinse una pesante cassettiera contro la porta e prese ad accatastarvi ogni genere di oggetti su cui riuscì a metter mano.
Grimshaw, pallido come un cencio, farfugliava parole inudibili, reggendosi a malapena sulle gambe.
Il telaio della porta in legno massiccio parve sul punto di cedere in seguito a un colpo di inaudita violenza.
Dalla fessura apertasi tra il telaio e la parete si sprigionò un fetore nauseabondo di putredine.
D’improvviso, le urla si interruppero.
Nel locale invaso dal lezzo calò il silenzio.
Carmello si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano e si rivolse all’antiquario.
“Signor Grimshaw”.
"Sì?"
"Mi sa che non accetto il posto".
Pietro Ferrari, 2015
Pietro Ferrari, 2015
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