PHILPADELPHIA EXPERIMENT
Titolo originale: The Philadelphia Experiment
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1984
Lingua: Inglese
Durata: 102 min
Genere: Fantascienza
Regia: Stewart Raffill
Soggetto: Wallace C. Bennett, Charles Berlitz, Don Jakoby,
William I. Moore
Sceneggiatura: William Gray, Michael Janover
Produttore: Douglas Curtis, Joel B. Michaels, Pegi Brotman
Produttore esecutivo: John Carpenter
Casa di produzione: New World Pictures
Distribuzione in italiano: Life International
Fotografia: Dick Bush
Montaggio: Neil Travis
Effetti speciali: Max W. Anderson, Lawrence J. Cavanaugh
Musiche: Kenneth Wannberg
Interpreti e personaggi
Michael Paré: David Herdeg
Nancy Allen: Allison Hayes
Eric Christmas: Dottor James Longstreet
Bobby Di Cicco: Jim Parker
Louise Latham: Pamela
Kene Holliday: Maggiore Clark
Joe Dorsey: Sceriffo Bates
Michael Currie: Magnussen
Stephen Tobolowsky: Barney
Gary Brockette: Assistente / Andrews
Debra Troyer: Pamela da giovane
Miles McNamara: Longstreet da giovane
Ralph Manza: Jim da vecchio
Patrick DeSantis: Jim da giovane
James Edgcomb: Ufficiale Boyer
Glenn Morshower: Meccanico
Rodney Saulsberry: Dottore
Stephany Faulkner: Giornalista televisivo n° 1
Michael Villani: Giornalista televisivo n° 2
Vivian Brown: Mamma Willis
Ed Bakey: Papà Willis
Vaughn Armstrong: Cowboy
Lawrence Lott: Tecnico
Bill Smillie: Predicatore evangelico
Stephan O'Reilly: Punk rocker
Clay Wilcox: Travestito
Pamela Brull: Doris
Pamela Doucette: Infermiera
Deborah E. Dixon: Infermiera
Charles Hall: Comandante
Michael Ruud: Camionista
Mary Lois Grantham: Signora Waite
Rick Shrand: Mandell
Robin Krieger: Tecnico dei raggi X
Anthony R. Nuzzo: Tecnico del generatore
Raymond Kowalski: Tecnico radio
Jay Bernard: Ingegnere
Steve Sachs: Primo marinaio
Harry Beer: Secondo marinaio
Andrew Bracken: Marinaio obnubilato
Brent S. Laing: Tecnico radar
Doppiatori italiani
Saverio Moriones: David Herdeg
Premi
Fantafestival 1985 - Best Film
Titoli tradotti:
Tedesco: Das Philadelphia Experiment
Polacco: Experyment Philadelphia
Russo: Филадельфийский эксперимент
Finlandese: Tuhon kuilu (lett. "Abisso di distruzione")
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1984
Lingua: Inglese
Durata: 102 min
Genere: Fantascienza
Regia: Stewart Raffill
Soggetto: Wallace C. Bennett, Charles Berlitz, Don Jakoby,
William I. Moore
Sceneggiatura: William Gray, Michael Janover
Produttore: Douglas Curtis, Joel B. Michaels, Pegi Brotman
Produttore esecutivo: John Carpenter
Casa di produzione: New World Pictures
Distribuzione in italiano: Life International
Fotografia: Dick Bush
Montaggio: Neil Travis
Effetti speciali: Max W. Anderson, Lawrence J. Cavanaugh
Musiche: Kenneth Wannberg
Interpreti e personaggi
Michael Paré: David Herdeg
Nancy Allen: Allison Hayes
Eric Christmas: Dottor James Longstreet
Bobby Di Cicco: Jim Parker
Louise Latham: Pamela
Kene Holliday: Maggiore Clark
Joe Dorsey: Sceriffo Bates
Michael Currie: Magnussen
Stephen Tobolowsky: Barney
Gary Brockette: Assistente / Andrews
Debra Troyer: Pamela da giovane
Miles McNamara: Longstreet da giovane
Ralph Manza: Jim da vecchio
Patrick DeSantis: Jim da giovane
James Edgcomb: Ufficiale Boyer
Glenn Morshower: Meccanico
Rodney Saulsberry: Dottore
Stephany Faulkner: Giornalista televisivo n° 1
Michael Villani: Giornalista televisivo n° 2
Vivian Brown: Mamma Willis
Ed Bakey: Papà Willis
Vaughn Armstrong: Cowboy
Lawrence Lott: Tecnico
Bill Smillie: Predicatore evangelico
Stephan O'Reilly: Punk rocker
Clay Wilcox: Travestito
Pamela Brull: Doris
Pamela Doucette: Infermiera
Deborah E. Dixon: Infermiera
Charles Hall: Comandante
Michael Ruud: Camionista
Mary Lois Grantham: Signora Waite
Rick Shrand: Mandell
Robin Krieger: Tecnico dei raggi X
Anthony R. Nuzzo: Tecnico del generatore
Raymond Kowalski: Tecnico radio
Jay Bernard: Ingegnere
Steve Sachs: Primo marinaio
Harry Beer: Secondo marinaio
Andrew Bracken: Marinaio obnubilato
Brent S. Laing: Tecnico radar
Doppiatori italiani
Saverio Moriones: David Herdeg
Premi
Fantafestival 1985 - Best Film
Titoli tradotti:
Tedesco: Das Philadelphia Experiment
Polacco: Experyment Philadelphia
Russo: Филадельфийский эксперимент
Finlandese: Tuhon kuilu (lett. "Abisso di distruzione")
Trama:
Anno del Signore 1943. I marinai David Herdeg e Jim Parker della Marina degli Stati Uniti, sono assegnati al cacciatorpediniere USS Eldridge, mentre fervono i preparativi di un esperimento con campi elettromagnetici intensissimi, che dovrebbe rendere l'imbarcazione bellica invisibile ai radar. La nave è ormeggiata nel porto di Filadelfia ed è carica di equipaggiamento usato dalla squadra scientifica guidata dal dottor James Longstreet. Quando l'esperimento ha inizio, la USS Eldridge non scompare soltanto sui radar, ma diventa invisibile agli occhi degli spettatori. Sulla nave le apparecchiature impazziscono; i marinai Herdeg e Parker cercano di bloccare il generatore per interrompere l'esperimento, ma ricevono spaventose scosse elettriche e sono eiettati fuoribordo, nel vuoto. Non si vengono a trovare nel porto di Filadelfia durante il giorno, come si sarebbero aspettati, ma in uno sconosciuto deserto notturno. Un elicottero militare perlustra la zona con un fascio di luce, dando la caccia agli intrusi. Presto i due giovani si rendono conto di essere stati catapultati nel 1986, ben 43 anni nel futuro rispetto alla loro scomparsa. Qualcosa non va nell'aria, misteriose tenebre diurne offuscano la luce solare e dovunque spira un vento che porta desolazione. Gli eventi prendono una china frenetica e sempre più angosciante. Jim Parker, che è rimasto saturato di radiazioni, emette lampi e scariche blu da un braccio, provando dolore e arrecando danni a tutto ciò che tocca. In seguito alla distruzione di un punto di ristoro, andato a fuoco proprio a causa dei fenomeni elettrici descritti, David Herdeg prende in ostaggio la bella Allison, sequestrando la sua auto. La polizia riesce a catturarli. La sofferenza di Jim peggiora: viene portato in ospedale, dove sprofonda in una distorsione spaziotemporale e finisce risucchiato nel passato. David e Allison riescono quindi ad evadere dalla custodia degli agenti, dietro cui si nasconde la longa manus del maligno dottor Longstreet. Non soddisfatto del suo pernicioso esperimento del '43, lo scienziato pazzo lo ha replicato, dando vita a una spaventosa singolarità spaziotemporale senza orizzonte degli eventi, che minaccia di divorare l'intero pianeta. Visto che tutto sta per collassare, sarà proprio il marinaio David Herdeg, catturato dalla polizia militare, a offrirsi volontario per una missione disperata nel perfetto stile degli Yankee: ritornare indietro nel tempo fino all'origine degli eventi luttuosi, catapultandosi proprio sulla USS Eldridge per interrompere l'alimentazione del generatore e rimuovere la singolarità. Com'è naturale, nemmeno questa radicale manipolazione della realtà è in grado di cancellare l'amore tra David e Allison, che si ritrovano e si amano. Il finale puffesco è garantito!
Anno del Signore 1943. I marinai David Herdeg e Jim Parker della Marina degli Stati Uniti, sono assegnati al cacciatorpediniere USS Eldridge, mentre fervono i preparativi di un esperimento con campi elettromagnetici intensissimi, che dovrebbe rendere l'imbarcazione bellica invisibile ai radar. La nave è ormeggiata nel porto di Filadelfia ed è carica di equipaggiamento usato dalla squadra scientifica guidata dal dottor James Longstreet. Quando l'esperimento ha inizio, la USS Eldridge non scompare soltanto sui radar, ma diventa invisibile agli occhi degli spettatori. Sulla nave le apparecchiature impazziscono; i marinai Herdeg e Parker cercano di bloccare il generatore per interrompere l'esperimento, ma ricevono spaventose scosse elettriche e sono eiettati fuoribordo, nel vuoto. Non si vengono a trovare nel porto di Filadelfia durante il giorno, come si sarebbero aspettati, ma in uno sconosciuto deserto notturno. Un elicottero militare perlustra la zona con un fascio di luce, dando la caccia agli intrusi. Presto i due giovani si rendono conto di essere stati catapultati nel 1986, ben 43 anni nel futuro rispetto alla loro scomparsa. Qualcosa non va nell'aria, misteriose tenebre diurne offuscano la luce solare e dovunque spira un vento che porta desolazione. Gli eventi prendono una china frenetica e sempre più angosciante. Jim Parker, che è rimasto saturato di radiazioni, emette lampi e scariche blu da un braccio, provando dolore e arrecando danni a tutto ciò che tocca. In seguito alla distruzione di un punto di ristoro, andato a fuoco proprio a causa dei fenomeni elettrici descritti, David Herdeg prende in ostaggio la bella Allison, sequestrando la sua auto. La polizia riesce a catturarli. La sofferenza di Jim peggiora: viene portato in ospedale, dove sprofonda in una distorsione spaziotemporale e finisce risucchiato nel passato. David e Allison riescono quindi ad evadere dalla custodia degli agenti, dietro cui si nasconde la longa manus del maligno dottor Longstreet. Non soddisfatto del suo pernicioso esperimento del '43, lo scienziato pazzo lo ha replicato, dando vita a una spaventosa singolarità spaziotemporale senza orizzonte degli eventi, che minaccia di divorare l'intero pianeta. Visto che tutto sta per collassare, sarà proprio il marinaio David Herdeg, catturato dalla polizia militare, a offrirsi volontario per una missione disperata nel perfetto stile degli Yankee: ritornare indietro nel tempo fino all'origine degli eventi luttuosi, catapultandosi proprio sulla USS Eldridge per interrompere l'alimentazione del generatore e rimuovere la singolarità. Com'è naturale, nemmeno questa radicale manipolazione della realtà è in grado di cancellare l'amore tra David e Allison, che si ritrovano e si amano. Il finale puffesco è garantito!
Recensione:
Se devo essere franco, questa pellicola non mi è piaciuta granché. L'ho subito trovata abbastanza pacchiana e ingenua, a tratti irritante come un paio di mutande piene di larve di processionaria. Gli effetti speciali mi paiono approssimativi e di scarso valore, molto al di sotto delle possibilità dell'epoca in cui il regista ha confezionato il suo prodotto. La trama è tutto sommato futile, i personaggi sono privi di spessore, persino infantili. Con lo stesso materiale si sarebbe potuto fare di meglio, anche senza possedere doti particolari di genialità. Anche se duole ammetterlo, il contributo del mitico Carpenter quasi non lo si riesce a distinguere nell'amorfa massa di trovate scontate. Un film brutto. Brutto come un gelato al gusto Gianni Morandi - o Veronica Moser, se preferite.
Se devo essere franco, questa pellicola non mi è piaciuta granché. L'ho subito trovata abbastanza pacchiana e ingenua, a tratti irritante come un paio di mutande piene di larve di processionaria. Gli effetti speciali mi paiono approssimativi e di scarso valore, molto al di sotto delle possibilità dell'epoca in cui il regista ha confezionato il suo prodotto. La trama è tutto sommato futile, i personaggi sono privi di spessore, persino infantili. Con lo stesso materiale si sarebbe potuto fare di meglio, anche senza possedere doti particolari di genialità. Anche se duole ammetterlo, il contributo del mitico Carpenter quasi non lo si riesce a distinguere nell'amorfa massa di trovate scontate. Un film brutto. Brutto come un gelato al gusto Gianni Morandi - o Veronica Moser, se preferite.
Il mito memetico dell'esperimento di Filadelfia
È molto in auge tra le genti la favola superstiziosa dell'esperimento di Filadelfia, detto anche Project Rainbow, che sarebbe avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale e che avrebbe avuto inquietanti finalità militari. Esiste persino una data precisa per questo supposto esperimento scientifico: il 28 ottobre 1943. A dirigerlo sarebbe stato un individuo noto come Franklin Reno, anche noto come dottor Rinehart e di sospetta natura fantomatica. Com'è ovvio, dietro questo Rinehart ci sarebbe stato nientepopodimeno che Albert Einstein, coinvolto in ogni genere di porcheria. Sarebbe stata proprio la cosiddetta teoria del "campo unificato" a fornire le basi teorice del Project Rainbow. Gli eventi si sarebbero svolti nel seguente modo: alle ore 17:15 del 28 ottobre 1943, il cacciatorpediniere USS Eldridge (D-173), che era ormeggiato nel porto di Filadelfia, è svanito nel nulla, facendo la sua spettrale apparizione a Norfolk, in Virginia. Nel giro di alcuni minuti la nave sarebbe scomparsa da Norfolk per fare ritorno alla sua originaria sede, presso un molo del porto di Filadelfia. I corpi dei marinai ritrovati sarebbero stati trovati compenetrati con le strutture metalliche della nave. Se fosse vero ci sarebbe da cagarsi in mano dal terrore, perché nessuno di noi sarebbe al sicuro. Una distorsione nel tessuto della realtà potrebbe ghermire chiunque in qualunque momento. Il punto è che tutto ciò non è vero: si tratta di una leggenda metropolitana. Per usare un linguaggio più al passo coi tempi, diciamo che è una bufala, una fake news del XX secolo. In sostanza è una pataccata invereconda. La diffusione di questo mitologema obbedisce alle leggi della memetica. Il corredo memetico della bufala non è poi tanto complesso. Basta prendere Einstein e ogni barlume di razionalità si perde: allo scienziato di Ulm sono attribuiti dal volgo poteri al limite del sovrumano. Dal momento che egli incarnava la natura stessa del genio, nulla gli era davvero impossibile. Si noterà che oggi si parla spesso di teletrasporto quantistico, cosa che può trarre in inganno gli sprovveduti. Consiste infatti nel teletrasportare particelle subatomiche, non imbarcazioni!
Non si può dire che lo spaziotempo immaginato dall'artefice di questa pellicola sia simile a una forma di groviera, dato che i buchi di quel formaggio non sono tra loro comunicanti (nascono da bolle di gas di fermentazione dei batteri). Qui abbiamo invece a che fare con una topologia complessa e contorta, in cui i cunicoli uniscono passati e futuri molteplici, ramificandosi all'infinito. Sembra più di avere a che fare con un immenso termitaio, la cui mappa non è a disposizione di nessun essere umano. Ogni individuo trova dopo una lunga ricerca le radici del proprio presente in un lontano futuro in cui vede se stesso ormai anziano. Non si tiene conto delle difficoltà che una simile impostazione genera senza fine. A quanto pare lo spettatore medio non prova irritazione di fronte a paradossi e a tarli logici di ogni specie. Registi, sceneggiatori e produttori non sono in grado di gestire un simile caos filosofico. A dire il vero, sembra proprio che non si pongano nemmeno il problema.
Non c'è niente da fare: le genti degli States sono affascinate, quasi ipnotizzate, dalla teoria del tempo statico. Credono fin nel più profondo del midollo che il flusso temporale e il succedersi degli eventi siano soltanto illusioni senza significato. Non vogliono sentire ragioni. Persino gli accademici di quel paese ostacolano con ogni mezzo qualsiasi teoria sulla natura del tempo che affondi le sue radici in un'ontologia tensionale e presentista, mentre stravedono per tutto ciò che è atensionale ed eternista. Questo esasperante B-eternismo ha poi ripercussioni spaventose nella produzione letteraria e cinematografica. Sono consapevole dell'inesistenza del tempo newtoniano ed assoluto. Non ignoro la relatività di Einstein. Tuttavia affermo che una teoria sulla natura del tempo deve rendere conto della realtà che osserviamo. Le discontinuità spaziotemporali devono essere compatibili con la successione ordinata degli eventi per ogni osservatore del cosmo fisico. Se invece il tempo è statico e ogni istante esiste ab aeterno proprio come esiste lo spazio, diventa possibile prendere scorciatoie che permettono di bypassare la natura irreversibile dei singoli eventi, facendosi delle belle passeggiate nel passato e nel futuro. Diventa possibile seminare assurdità come un fallo eretto semina spermatozoi. Questa macchina di produzione di paradossi, che tanto sollecita la fantasia degli Yankee, a me genera emicrania, sintomi di intossicazione e disgusto.
Uno spaziotempo labirintico
Non si può dire che lo spaziotempo immaginato dall'artefice di questa pellicola sia simile a una forma di groviera, dato che i buchi di quel formaggio non sono tra loro comunicanti (nascono da bolle di gas di fermentazione dei batteri). Qui abbiamo invece a che fare con una topologia complessa e contorta, in cui i cunicoli uniscono passati e futuri molteplici, ramificandosi all'infinito. Sembra più di avere a che fare con un immenso termitaio, la cui mappa non è a disposizione di nessun essere umano. Ogni individuo trova dopo una lunga ricerca le radici del proprio presente in un lontano futuro in cui vede se stesso ormai anziano. Non si tiene conto delle difficoltà che una simile impostazione genera senza fine. A quanto pare lo spettatore medio non prova irritazione di fronte a paradossi e a tarli logici di ogni specie. Registi, sceneggiatori e produttori non sono in grado di gestire un simile caos filosofico. A dire il vero, sembra proprio che non si pongano nemmeno il problema.
Il postulato del tempo statico
Non c'è niente da fare: le genti degli States sono affascinate, quasi ipnotizzate, dalla teoria del tempo statico. Credono fin nel più profondo del midollo che il flusso temporale e il succedersi degli eventi siano soltanto illusioni senza significato. Non vogliono sentire ragioni. Persino gli accademici di quel paese ostacolano con ogni mezzo qualsiasi teoria sulla natura del tempo che affondi le sue radici in un'ontologia tensionale e presentista, mentre stravedono per tutto ciò che è atensionale ed eternista. Questo esasperante B-eternismo ha poi ripercussioni spaventose nella produzione letteraria e cinematografica. Sono consapevole dell'inesistenza del tempo newtoniano ed assoluto. Non ignoro la relatività di Einstein. Tuttavia affermo che una teoria sulla natura del tempo deve rendere conto della realtà che osserviamo. Le discontinuità spaziotemporali devono essere compatibili con la successione ordinata degli eventi per ogni osservatore del cosmo fisico. Se invece il tempo è statico e ogni istante esiste ab aeterno proprio come esiste lo spazio, diventa possibile prendere scorciatoie che permettono di bypassare la natura irreversibile dei singoli eventi, facendosi delle belle passeggiate nel passato e nel futuro. Diventa possibile seminare assurdità come un fallo eretto semina spermatozoi. Questa macchina di produzione di paradossi, che tanto sollecita la fantasia degli Yankee, a me genera emicrania, sintomi di intossicazione e disgusto.
Una toponomastica enigmatica
Surreale è l'ingresso dei due marinai, David Herdeg e Jim Parker, in un punto di ristoro che sorge nel Nulla in mezzo al Niente, in un deserto che nemmeno Dio ha mai concepito nei suoi più oscuri periodi di down cocainico. Spaesati, i due militari si avvicinano al bancone, al cospetto di una grannie bisbetica, come di consueto con capelli canuti tinti di biondiccio, il volto contratto in smorfie sgradevoli. Se non fosse certo che è una donna del Midwest, aspra come il vomito più pastoso, si potrebbe persino pensare che sia giunta dall'Ucraina. Ecco uno dei due giovani bellimbusti ordinare la colazione, ovviamente a base di uova. La gerente chiede come gli ospiti vogliono queste benedette uova. Strapazzate, è la timida risposta. Poi accade che i marinai piovuti dalla distorsione spaziotamporale vogliono capire dove sono. Così si informano sulla toponomastica. "Come si chiama questo posto?", chiede uno dei due, non si riesce a distinguerli, visto che portano abiti identici e hanno fisionomie confondibili. La risposta della donna è raggelante, per quanto apparentemente normale: "Scotty John's Show. Non lo trovate su nessuna carta, questo è sicuro." Beh, ho trascritto il toponimo come Scotty John's Show perché mi sono trovato disorientato. Senza dubbio sarà un nome amerindiano, che nulla ha a che fare con l'anglosassone. Qualcosa che suona algonchino. Forse sarebbe meglio usare un'ortografia diversa, come Scottiejawnshaw. Tutte le ricerche su Google si sono dimostrate fallimentari, come spesso accade.
La peste dei sequel
Disgraziatamente è stato prodotto un seguito: Philadelphia Experiment 2, di Stephen Cornwell (1993). La casa produttrice è la Trimark Pictures. Nel cast non è presente alcun attore del film di Stewart Raffill. La trama è fondata su una banalità che definire pornografia concettuale è ancor poco. I brutti-cattivi nazisti del Reich hanno vinto la guerra, facendo sprofondare gli Stati Uniti in un incubo distopico. La vittoria tedesca è stata il frutto dell'aereo futuribile Phoenix, che da solo è riuscito a distruggere Washington DC provocando ben 15 milioni di morti, finendo però esso stesso in cenere nelle esplosioni. Questo Phoenix era l'opera di uno scienziato pazzo, Friedrich Mahler (notare il cognome d'origine ebraica). L'artefice di tale macchina di morte cade in disgrazia presso il Führer per la sua incapacità di costruirne una nuova. In realtà è stato il figlio di Mahler, l'anglizzato William Maller, a rendere possibile la vittoria, teletrasportando il Phoenix sulla capitale americana. Spetterà a David Herdeg, celebre risolutore di nodi storici, ritornare in piena Germania nazista per uccidere l'ebreo antisemita Friedrich Mahler, facendo dissolvere suo figlio all'istante grazie al paradosso del nonno (e de li mortacci sua). Tutto torna a posto, il Phoenix non viene mai costruito e Hitler si avvia all'istante sulla traiettoria che ha come punto finale il bunker di Berlino. Direi che il macero è il posto più adatto per questo genere di escrementi di celluloide.
La peste dei remake
C'è anche un remake del 2012, The Philadelphia Experiment, di Paul Ziller. A quanto ho letto, tra gli attori c'è ancora Michael Paré, ma questa volta nella parte del cattivo. Non perderò nemmeno tempo a visionare tale opera, tanto le probabilità che si tratti di una porcheria immonda sono elevatissime. Sono nauseato da questi tentativi di cavare sangue dalle rape. Un piatto di densa zuppa di bruconi è infinitamente meglio.
Altre recensioni e reazioni nel Web
Girando nella Rete alla ricerca di riscontri su Philadelphia Experiment, ho trovato soltanto commenti anodini e opinioni mancanti di vigore. Sembra fare eccezione il sito Filmscoop.it, in cui troviamo qualche giudizio caustico. Ecco alcune gemme:
Fiacco e poco appassionante ma non del tutto malvagio, l'idea per esempio è piuttosto originale anche se sviluppata un pò così; probabilmente nelle mani di Carpenter in veste di regista (ebbe l'idea quando era studente alla USC) oltre alla suspense ne avrebbe guadagnato anche in quanto a curiosità e divertimento.
Ma non essendo così il tutto si riduce ad una trama campata per aria intrisa di inseguimenti monotoni e dialoghi scialbi. Anche il finale, frettoloso, non suscita la minima emozione. La recitazione dei protagonisti è imbarazzante, ma assieme fanno una bella coppia ed è davvero uno dei pochissimi fattori che tiene lo spettatore ai confini della sonnolenza.(Angel Heart)
Ma non essendo così il tutto si riduce ad una trama campata per aria intrisa di inseguimenti monotoni e dialoghi scialbi. Anche il finale, frettoloso, non suscita la minima emozione. La recitazione dei protagonisti è imbarazzante, ma assieme fanno una bella coppia ed è davvero uno dei pochissimi fattori che tiene lo spettatore ai confini della sonnolenza.(Angel Heart)
Fra "Ritorno al futuro" e "Tron", un film talmente povero e ingenuo da riuscire quasi ad intenerire. Effetti speciali simpaticamente al risparmio, sceneggiatura risibile ("Stai bene?-Benone!/L'importante e che tu stia bene-Si, non ho niente, andiamo!/Si. Sei sicuro di star bene?-Dobbiamo far presto!/ Si certo, andiamo. Come ti senti?), attori imbambolati. Un b-movie divertente, noiosetto, lontanissimo dagli obiettivi che si prefiggeva. (atticus)
Se questi sono attori ho una speranaza anche io di diventarlo!!!
veramente brutto!!!! (Bouree)
veramente brutto!!!! (Bouree)
Mai voto fu più azzeccato per un'ottima idea, ma con attori cani.
Un vero peccato perchè gli ingredienti c'erano tutti, ma la maionese è impazzita.
(Franx)
Un vero peccato perchè gli ingredienti c'erano tutti, ma la maionese è impazzita.
(Franx)
Troviamo poco di buono su Filmtv.it. In tutto vedo soltanto due recensioni classificate come negative. Ne riporto una, a pubblica edificazione, con tanto di spaziature anomale:
In Italia fece una comparsata o poco più nelle sale,ed ebbe maggiori fortune nel mercato home video, dove conquistò consensi e simpatie,visto che c'era,ai tempi, chi lo paragonava a "Ritorno al futuro" addirittura ritenendolo forse meglio. Senza scomodare quella chicca di Zemeckis, c'è da dire che lo spunto di "Philadelphia Experiment" non è niente male, anche se il fatto del viaggio spazio-temporale con una nave militare di mezzo assomiglia non poco al di poco precedente "Countdown":solo che,a parte quello, nel film non c'è granchè di memorabile.Non gli interpreti, tra i quali un Michael Parè nella sua stagione decisiva, ma che dimostrò che un bel ragazzo non sempre diviene una star, nè una stinta Nancy Allen reduce dalle sue collaborazioni con l'allora partner Brian De Palma, nemmeno gli effetti speciali, già vecchiotti se paragonati a quelli dei coevi "Ghostbusters" e "Indiana Jones e il tempio maledetto".La regia del modesto Stewart Raffill, su un'idea alla quale si appassionò John Carpenter,che pare dovesse dirigere la pellicola, tanto da produrla, è manieristica, non costruisce tensione nè pathos,e non sfrutta a dovere le occasioni possibili di due giovani degli anni Quaranta catapultati nell'era post-Vietnam. Ne fu fatto,nove anni dopo,un sequel che è stato praticamente trasmesso solo in tv.
(Will Kane)
(Will Kane)
Nessun commento:
Posta un commento