sabato 28 settembre 2019

NORRENO KILTING 'GONNA' E INGLESE KILT 'GONNELLINO MASCHILE'

Approfondendo i miei studi di lessico norreno, la mia attenzione è caduta sulla seguente voce, estratta dal dizionario di Zoëga: 

kilting (f.), gonna 

Questa voce norrena rimanda immediatamente al kilt scozzese. Il vocabolo, ben naturalizzato in inglese già da epoca bassomedievale, si è poi diffuso ovunque nel mondo, anche in Italia. Tutti lo conosciamo fin da piccoli. Già Macario ironizzava sul fatto che gli Scozzesi sotto il kilt non indossavano le mutande. Anni fa mi fu riferito da Riccardo G. di una vecchia foto in cui uno scozzese in kilt era accovacciato nel corso di una festa campestre, e da sotto l'indumento sporgeva una massiccia e grassa proboscide marrone. L'uomo delle Highlands si era accovacciato a defecare senza pensare troppo all'igiene, ulteriore dimostrazione del fatto che sotto il celebre gonnellino per tradizione non viene portata alcuna forma di biancheria intima.

Questo è quanto riporta il dizionario etimologico della lingua inglese Etymonline.com

kilt (n.) 

"gonna intrecciata di tartan", in origine la parte del plaid con cintura che pendeva al di sotto della cintola. Circa 1730, quelt, dal verbo medio inglese kilten "rimboccare" (metà del 14° secolo), da una fonte scandinava (confronta il danese kilte op "rimboccare"; norreno kilting "gonna", kjalta "piega fatta raccogliendo le ginocchia"). 

Esiste anche un verbo, ormai obsoleto: 

kilt (v.)

"rimboccare", metà del 14° secolo. Sopravvive in scozzese ed è una parola di origine scandinava (confronta danese kilte "rimboccare", svedese kilta "fasciare"); vedi kilt (n.). Forme collegate: kilted, kilting.

In realtà il nostro kilt potrebbe essere un discendente diretto del norreno kilting, anche se a rigor di logica sarebbe dovuto rimanere immutato. Occorrerebbe anche postulare un lieve slittamento semantico, dal momento che il norreno kilting dovrebbe indicare un indumento femminile.  Va detto che Sergei Nikolayev fornisce la seguente glossa in tedesco: "Bauschige Schossfalte des Kleides", ossia "piega gonfia del vestito".

Zoëga riporta la seguente voce, corradicale di kilting

kjalta (f.), grembo
   (glossa inglese lap)
   gen. kjǫltu 
   nom. pl. kj
ǫltur
  
gen. pl. kjaltna


La traduzione riportata in Etymonline.com è in ogni caso confermata da Sergei Nikolayev, che fornisce la seguente glossa in tedesco: "Brustfalte, gebildet durch das über den Gürtel hinaufgezogene Kleid", ossia "piega del grembo, formata tirando su il vestito fin sopra alla cintura". In islandese moderlo kjalta è la semplice traduzione dell'inglese lap "grembo". Non mi risultano significati secondari. Noto però la variante kelta = kjalta, che può ben spiegare la fonetica del quelt citato da Etymonline.com. Qualcuno penserà che evocare lo spirito di un vichingo potrebbe giovare per chiarire meglio queste traduzioni.

Secondo alcuni autori (es. etymologeek.com) sarebbe proprio questo vocabolo kjalta "grembo" l'origine diretta di kilt, per l'appunto tramite il medio inglese kilten "rimboccare" citato da Etymonline.com.

Tra i Wikipediani c'è chi reputa questa famiglia di parole come imparentata con altri termini simili (ma con significative differenze nel consonantismo): 

gotico kilþei (f.), seno, grembo    
gotico inkilþo (f.), incinta
antico inglese ċild (n.), bambino > inglese moderno child danese kuld, bambini dello stesso matrimonio


I Neogrammatici si sbizzarriscono, anche se il materiale è scarno e controverso.

Le forme germaniche con -t- (norr. kilting, kjalta, etc.) le fanno risalire a un indoeuropeo *geld-, a cui attribuiscono il significato di "rigonfiamento", adducendo come unici paralleli i seguenti vocaboli sanscriti:

gaḍu- (m.), escrescenza sul collo; gobba sulla schiena
guḍa- (m.), globo, palla
guḍaka- (m.), globo, palla


Tutto ciò nella pietosa assunzione che la consonante retroflessa (cacuminale) -ḍ- risalga necessariamente a un precedente gruppo consonantico -ld-, postulando in aggiunta che l'alternanza tra le vocali -a- e -u- sia tipica di voci indoeuropee e che il suffisso -k- sia spiegabile in qualche modo. A me paiono piuttosto parole di un sostrato preindoeuropeo. Si noti poi la discrepanza semantica tra le voci germaniche e quelle sanscrite.

Le forme germaniche con -θ- (got. kilþei, etc.) le fanno risalire a un indoeuropeo *g(')elt-, a cui attribuiscono il significato di "seno, grembo" (ingl. womb), adducendo come unico parallelo il seguente vocabolo sanscrito:

jarta-, jartu- (m.), vulva

Tutto ciò incontra il mio profondo scetticismo. 

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