EXTENSION DU DOMAINE DE LA LUTTE
(film)
Titolo originale: Extension du domaine de la lutte
Titolo internazionale: Whatever
Anno: 1999
Paese: Francia
Lingua: Francese
Durata: 120 min circa
Rapporto: 1,85:1
Genere: Drammatico
Regia: Philippe Harel
Soggetto: Dall'omonimo romanzo di Michel Houellebecq
Sceneggiatura: Philippe Harel, Michel Houellebecq
Produttore: Adeline Lécallier
Casa di produzione: Lazennec, Le Studio Canal+, Canal+
Fotografia: Gilles Henry
Montaggio: Bénédicte Teiger
Scenografia: Louise Marzaroli
Costumi: Anne Schotte
Fotografia: Gilles Henry
Montaggio: Bénédicte Teiger
Scenografia: Louise Marzaroli
Costumi: Anne Schotte
Interpreti e personaggi:
Philippe Bianco: Voce narrante
Philippe Harel: Protagonista
José Garcia: Raphaël Tisserand
Catherine Mouchet: La psicologa
Cécile Reiger: Catherine Lechardoy
Marie Charlotte Leclaire: Segretaria di Henri La Brette
Philippe Agael: Henri La Brette
Alain Guillo: Buvet
Yvan Garouel: Un rappresentante del Ministero
Christophe Rossignon: Bernard
Nicolas Simon: Schnabele
Philippe Staw: Lo psichiatra
Philippe Bianco: Voce narrante
Philippe Harel: Protagonista
José Garcia: Raphaël Tisserand
Catherine Mouchet: La psicologa
Cécile Reiger: Catherine Lechardoy
Marie Charlotte Leclaire: Segretaria di Henri La Brette
Philippe Agael: Henri La Brette
Alain Guillo: Buvet
Yvan Garouel: Un rappresentante del Ministero
Christophe Rossignon: Bernard
Nicolas Simon: Schnabele
Philippe Staw: Lo psichiatra
Julie Delafosse: La pseudo-Véronique
Roger Dolléans: L'insegnante di ballo
Jean-Luc Abel: Il mendicante sulla metropolitana
Emilie Benoît: La predicatrice sulla metropolitana
Michka Assayas: Il capo del servizio informatico
Marc Bonnel: Norbert Lejailly
Budget: 2,8 milioni di dollari US
Box office: 420.000 dollari US
Trama:
Il film parte con una musichetta irritante e la visione notturna, dantesca, della città che sembra un immenso ospedale. I palazzi spettrali sono come urne dalle mille finestre illuminate da carboni ardenti. Il faccione del protagonista, il Nostro Eroe, si staglia nell'oscurità. È in corso una festa domestica. Una milf dai capelli corvini e corti si esibisce in uno spogliarello. Quando però si tratta di togliersi le mutandine, lo spettacolo finisce. Il Nostro Eroe è sfinito dai bagordi. Fuma come un comignolo e ingurgita un distillato. Riflette sulle particelle elementari e sul Nulla della vita. Si stende sul pavimento, tra i cuscini e discorre tra sé e sé delle aberrazioni del femminismo, mentre alcune milf sul vicino divano chiacchierano di cose idiote. Si è fatto giorno, il Nostro Eroe è nel suo appartamento con vista carceraria sugli edifici ospedalieri. Reduce da una depressione a causa della fine della relazione con Véronique, continua il suo monologo senza sosta. Annusa i lezzi di decomposizione che provengono dal lavandino, in cui giacciono piatti con avanzi a cui mancano solo i cagnotti. Un annusare incalzante, fastidioso. Poi si mette sul divano e fa colazione con peperonata accompagnata da rum bianco, bevuto da una grossa tazza. I mozziconi si accumulano nel posacenere. Visioni spettrali della periferia. Le gru di un cantiere deserto, un uomo calvo coi capelli untuosi riportati, che porta a spasso un grosso cane nero. Ritorna la notte. Insonnia. Il mattino dopo, il Nostro Eroe è sulla metropolitana, diretto al lavoro. Viene infastidito da mendicanti aggressivi e da una predicatrice pazza. Entra nella sua prigione lavorativa e rimane schifato dai cinguettii delle colleghe. Nelle sue ruminazioni permanente, ci spiega che dalla separazione da Véronique, due anni prima, non ha più fatto sesso. Medita sull'elettronica e sull'automatismo. Un collega molesto, seduto nello stesso ufficio, indossa una camicia di un color blu carico e un'inguardabile cravatta gialla come un tuorlo con sopra un quadrato rossa. Il Nostro Eroe deve tenere un corso su un prodotto informatico. Ha un appuntamento con Catherine Lechardoy al Ministero dell'Agricoltura, ma una segretaria gli dice che non c'è. Si ritrova ad aspettare invano in un ufficio cadente. Rientra in sede e si becca un cazziatone dal capo. Al supermercato riflette sulla mercificazione. Compra pane di miglio e rum bianco. Rincasato, si scola la bottiglia di rum e prende alcune compresse di antidepressivi. Insonnia. L'indomani viene ricevuto dalla Lechardoy, una donna dal modo di parlare estremamente fastidioso, che esprime scetticismo sull'utilità del corso. La sera, il Nostro Eroe si ritrova a cena in un ristorante, con un amico prete, riconoscibile dal vestito nero con una piccola croce metallica appuntata sul petto. Parlano di stronzate sociali. Il giorno dopo visita un grande magazzino, dove prova un materasso e finisce con l'addormentarsi. Viene svegliato a fatica da un dipendente, che a un certo punto lo crede morto. È già sera. Altra notte insonne. Antidepressivi à gogo. Ancora una giornata di Nulla. Riunione con i funzionari del Ministero dell'Agricoltura. Durante una pausa caffé, si ritrova a fantasticare sulla Lechardoy, che immagina mezza nuda e in pose sexy, ma non raccoglie le sue avances quando lei si mostra disponibile. Anzi, va subito al cesso e vomita una massa di succhi gastrici. Nella tazza si vedono quelli che sembrano frammenti di merda. Forse aveva compiuto un atto di coprofagia e si è liberato lo stomaco! Il giorno dopo è in partenza per Rouen col collega Raphaël Tisserand, un bipolare esuberante che veste con abiti appariscenti. I due prendono il treno, il difficile viaggio ha inizio. Tutte le volte che vede una ragazza, Tisserand si lancia all'assalto e la approccia, senza rendersi conto di ruscirle irritante. Le sue avances falliscono in modo sistematico. Il Nostro Eroe attribuisce questi insuccessi del collega all'aspetto fisico, che non sembra però così mostruoso. Ha inizio l'estenuante corso di formazione, tenuto da Tisserand. Pausa pranzo, con irritanti domande di un funzionario. Esercitazione ai computer. Serata in discoteca con Tisserand, il cui umore si altera all'improvviso, quando si rende conto che ogni suo tentativo di ottenere sesso è vano e destinato a restare irrealizzabile, forse per anni, forse per sempre. Al supermercato il Nostro Eroe assiste al collasso di un vecio, che viene portato via in ambulanza nella generale indifferenza. Poi va in un cinema porno e osserva i relitti umani che lo popolano (si nota un rozzo pappone che conduce una donna nella sala per poi assaltarla sessualmente). Uscito nella notte, si reca alla stazione ferroviaria, che a quell'ora è un deserto surreale, e riflette una volta di più sull'introvabile senso dell'esistenza. Quando ormai è a letto nella sua camera, la luce spenta, corre in bagno a causa di un improvviso dolore lancinante al torace. Esce nella notte, cercando l'ospedale. Si dispera perché non riesce ad avere informazioni dagli automobilisti. Viene ricoverato d'urgenza. Si ritrova in camera con un bonaccione, un ingenuo operaio grassoccio assistito dalla moglie biondiccia. Riceve una visita di Tisserand. Quando l'incertezza raggiunge il culmine, fa irruzione nella stanza il primario dell'ospedale con una torma di medici. Il Nostro Eroe apprende così che la diagnosi è meno grave del previsto: è una pericardite, non un infarto. Quando si è un po' ripreso, telefonata in ufficio per dare notizie di sé, e alla chiamata risponde una collega, una milf fulva che fa "gnì gnì gnì". Non passa molto e viene dimesso. Ritorna nello squallore urbano, percorrendo scale mobili e tratti di strada col suo trolley bluastro. Prende un altro cazzo di treno e giunge a Parigi, in ufficio. Eccolo in riunione con Tisserand, mentre il capo blatera esponendo i propri desiderata stronzeschi. Presto i due sono di nuovo in viaggio, questa volta in macchina. Tisserand è alla guida e sembra euforico. Il Nostro Eroe fuma come al solito una sigaretta; guardando bene si nota che ha un dito sporco di materia fecale. La nuova missione, questa volta in Vandea, procede con la registrazione in albergo. A cena Tisserand rivela al collega di essere ancora vergine a 28 anni, rifiutando però di porre fine alla propria maledizione tramite i servigi di una prostituta, dal momento che vuole aspettare l'amore. In camera il Nostro Eroe inizia ad esprimere i suoi famosi pensieri sul liberalismo sessuale mentre fruga nel frigo bar e ne estrae microscopiche bottigliette di liquore. Passeggiata mattutina. Una spiaggia sotto il sole pallido. Candide strutture abitative dall'aspetto cimiteriale si estendono a perdita d'occhio. Un pescatore fruga nella sabbia cercando i cannolicchi. Il Nostro Eroe giunge a un residence deserto, pranza in un ristorante che sembra una casa degli Hobbit e poi va al supermercato, dove compra un coltellaccio. A cena con Tisserand, gli chiede cosa ha in mente di fare per Natale. Lui gli risponde di essere ebreo, anzi, che i suoi genitori sono ebrei. A notte fonda i due arrivano alla discoteca Le Malibu. Ennesimo fallimento di Tisserand, respinto da una danzatrice sculettante. Il Nostro Eroe va al cesso a vomitare, poi si masturba pensando a una fica infiammata. Tisserand si riprende e riesce a ballare con una ragazza bruna. Per un po' sembra avere successo, ma lei approfitta di un'interruzione della musica per raggiungere alcune amiche, deridendo il suo goffo corteggiatore. Tisserand, annientato dall'umiliazione, torna al tavolo dal Nostro Eroe, che nel frattempo è riuscito a procurarsi una bottiglia di Jack Daniel's e focalizza la sua attenzione su una coppia: una ragazza bionda somigliante a Véronique e un mandingo. Qualcosa scatta nella mente del Nostro Eroe, che istiga Tisserand: i due in macchina inseguono la coppia fino a giungere alla spiaggia. A questo punto il Nostro Eroe consegna al collega il coltellaccio che aveva comprato. Gli dice di vendicarsi uccidendo la ragazza bionda e il mandingo. Il bipolare afferra l'arma e si allontana nelle tenebre. Poi però ritorna e dice che non ce l'ha fatta a uccidere. Getta il coltello ancora pulito, sale in macchina e parte, lasciando il Nostro Eroe sulla spiaggia, in condizioni di abbrutimento. I due non si sentiranno mai più. Il Nostro Eroe tenta invano di contattare Tisserand per telefono, che nel frattempo è morto in un incidente d'auto. In ufficio, giunge la ferale notizia, che lascia attonito l'intero personale. Il Nostro Eroe è distrutto, la depressione ritorna. Tenta di gassare uno scarafaggio usando il fumo di tabacco. Brucia una foto di Véronique. Non è più in grado di lavorare. Piange in ufficio. Una collega magrolina e rossiccia gli chiede di spegnere la sigaretta, al che lui le tira una sonora sberla. Subito dopo si congeda dicendo che deve andare dallo psichiatra. Lo psichiatra, che ha una tipica fisionomia sefardita, gli diagnostica la depressione. Il Nostro Eroe passa il suo tempo a fare bizzarri collage coi giornali. Una notte si sveglia in preda al terrore, dopo aver avuto un incubo agghiacciante in cui si vedono molti cadaveri di donne squartate, pieni di sangue rappreso, su cui torreggia un gigantesco fallo eretto. L'indomani decide di farsi ricoverare in una clinica psichiatrica, in cui passa molto tempo. Viene infine dimesso quando la psicologa si rende conto delle sue prodigiose capacità logiche. Ripresa la sua libertà, il Nostro Eroe visita la tomba di Tisserand, una sepoltura ebraica in marmo nero, con la Stella di David sulla lapide, in alto a sinistra. Sulla tomba si trovano alcuni sassolini. Sono le pietre del lutto. Ignaro, il Nostro Eroe le spazza via, credendole sporcizia. Poi esalta il collega defunto, considerandolo un eroe, un martire morto per la coraggiosa ricerca dell'amore. Fatto questo, si iscrive a un corso di ballo. L'insegnante invita a formare le coppie, e il Nostro Eroe si ritrova con una bella brunetta, più alta di lui, che gli sorride: è l'inizio di una relazione.
Recensione:
Adattamento del romanzo Estensione del dominio della lotta (1994) di Michel Houellebecq, la pellicola di Philippe Harel non ha avuto alcun successo già in Francia. Al di fuori della Francia, si può dire che sia praticamente invisibile o addirittura quasi inesistente. Ha recuperato con gli incassi al botteghino soltanto il 15% delle spese. Un fallimento epocale. Anche se il titolo internazionale del film è Whatever, l'unica versione è al momento quella in francese. A quanto mi risulta dalle ricerche nel Web, esistono soltanto due versioni sottotitolate: una con sottotitoli in inglese e una con sottotitoli in olandese.
Lo dico usando un francesismo. Dal punto di vista tecnico il film fa cagare. Non funziona. Non può funzionare. È un mattone inguardabile di quasi due ore! La trama da me riportata è volutamente lunghissima, estenuante e iper-dettagliata, perché deve dare un'idea seppur vaga della natura di questo film di Harel. Le pause tra una rimuginazione del Nostro Eroe e la successiva sono davvero piccolissime. Lo spettatore non fa in tempo ad apprezzare il dono del silenzio e subito viene aggredito da una nuova massa di fricative uvulari e di vocali nasalizzate. Vale la pena far notare che non tutti i romanzi sono automaticamente traducibili in una pellicola. Può anche uscirne qualcosa che non è affatto godibile.
Per quanto riguarda i contenuti, la trasposizione dell'opera di Houellebecq sembra abbastanza fedele, curata fin nei minimi dettagli. Eppure, analizzandola con attenzione, si notano alcune importanti differenze, non soltanto formali. Il finale del film diverge in modo drastico da quello del romanzo. Non so se questo si debba alla fantasia del regista o a una bizzarria di Houellebecq.
Nel film il Nostro Eroe, appena dimesso dalla clinica psichiatrica, si reca al cimitero a visitare la tomba di Tisserand, descrivendo la sua infelice esistenza come una lotta eroica. Non si trova traccia di questa visita nel romanzo. Alcune parole simili al panegirico funebre del film, ma più stringate, sono tuttavia state pensate dal protagonista dell'opera cartacea quando ha ricevuto la notizia della tragica morte del collega:
"Almeno, mi dissi quando seppi della sua morte, si è battuto sino in fondo. Il villaggio-vacanze, le settimane bianche... Almeno non ha abdicato, non ha abbassato la guardia. Fino in fondo e malgrado i ripetuti insuccessi, ha cercato l'amore."
Nel film il Nostro Eroe riesce a trovare una compagna, durante un corso di ballo. Manca qualsiasi somiglianza col finale del romanzo. Se mi è permesso, in questo caso la distanza ontologica tra le due opere è fortissima. Nel film, il protagonista crede di ritrovare un senso della propria esistenza: una donna che gli sorride è la premessa di un periodo nuovo della vita, che gli porterà gioie e dolori. Nell'opera cartacea, il protagonista perde invece completamente la possibilità di ritrovare un senso della propria esistenza: giunto tra le montagne dell'Ardèche, piange durante i pasti, va in bicicletta tra i boschi e fallisce nel tentativo di cogliere un istante di lucidità. I Wikipediani affermano che questo viaggio in Ardèche "si rivelerà solo un'altra occasione persa".
Mancano le lunghe storie morali con animali come protagonisti: sono state omesse perché avrebbero introdotto eccessive discontinuità nella narrazione, già di per sé difficile e tormentata.
L'apparizione del fallo
In tre occasioni si vede qualcosa di completamente inatteso: un membro virile eretto. Quando il Nostro Eroe si trova in un cinema, sullo schermo scorrono le immagini di una copula. Un grosso cazzone durissimo scivola in una vagina e stantuffa, anche se questa tensione non sfocia in un culmine e non si vede il torrente spermatico. Poi, nella squalida discoteca Le Malibu, si vede chiaramente il Nostro Eroe nell'atto di masturbarsi. Il pene è eretto ma non turgidissimo, tanto che l'esercizio manuale si fa furioso, ossessivo. Nemmeno in questo caso è mostrato il liquido seminale. Infine vediamo un fallo torreggiante nell'incubo grandguignolesco che spinge il Nostro Eroe a farsi ricoverare. Queste scene priapiche sono abbastanza inconsuete in un film non pornografico.
Il Nostro Eroe e la coprofagia
In alcune sequenze viene fatta una rivelazione importante, tale da lasciare di sasso lo spettatore. Il Nostro Eroe mangia abitualmente escrementi umani! Ha contatto con gli stronzi! Dal momento che si lamenta della propria solitudine, possiamo dedurre che lo sterco sia il suo. Avrebbe potuto usufruire di una escort per toccare e ingerire i prodotti di un intestino tanto venusto! Però in questo caso non sarebbe stato così lancinante il problema dell'assenza di contatto col corpo femminile. Quindi resta il sospetto che il Nostro Eroe raccogliesse la merda dal proprio retto e la masticasse, salvo poi vomitarla nelle latrine! A quanto pare, nessun recensore o commentatore si è mai accorto finora di questi scabrosi fatti. Nel testo scritto non ho trovato menzioni della coprofagia del protagonista: si deve trattare quindi di un'innovazione pensata appositamente per la pellicola. Dubito molto che l'idea possa essere di Philippe Harel, sarà piuttosto un frutto della mente frenetica di Houellebecq.
Alcune riflessioni sul caso Tisserand
Questo è quanto ci dice il protagonista del romanzo sulla morte del povero Tisserand:
"Non avrei mai più rivisto Tisserand; si uccise con la macchina quella notte stessa, durante il viaggio di ritorno a Parigi. Dalle parti di Angers c'era molta nebbia; lui correva a tutta birra, come al solito. La sua 205 GTI si schiantò contro un camion ribaltatosi in mezzo alla carreggiata. Morì sul colpo, poco prima dell’alba. L'indomani era giorno di ferie, per festeggiare la nascita di Cristo; i suoi famigliari lasciarono passare tre giorni prima di comunicare in ufficio la notizia dell'incidente. Le esequie avevano già avuto luogo, cosa che annientò qualsiasi ipotesi di corona di fiori o di condoglianze formali. Vennero pronunciate brevi frasi sul pericolo della guida nella nebbia, si riprese a lavorare, fine."
Quell'uso del verbo "si uccise" (nell'originale francese "il se tua") non sembra lasciare adito a dubbi, anche se potrebbe essere interpretato come "rimase ucciso". Nel film si vede la macchina di Tisserand frenare fino a fermarsi, senza alcuno schianto. Una rappresentazione grottesca, come se un guidatore esperto potesse rimanere ucciso da una semplice frenata. Si capisce che il suicidio del collega è una certezza, sia nel film che nel romanzo. Il protagonista è infatti straziato da questa consapevolezza, si porta un immenso peso sulla coscienza, perché sa bene di essere la causa di quella morte. Eppure, suicidarsi a 28 anni per mancanza di sesso o di amore è una cosa poco conveniente, già soltanto per il fatto che - come ci ricorda Cioran - un morto si pone in una condizione in cui ogni azione è impossibile, ogni cambiamento è precluso, per l'eternità. Anche solo respirare o muoversi nel giaciglio, per un cadavere appartiene al reame dell'impossibilità. A parte il fatto che è meglio andare con una puttana e finire devastati dalla gonorrea, piuttosto che essere umiliati in inutili corteggiamenti fallimentari, non potremmo dire di aver vissuto una vita davvero inutile neanche a 56 anni o a 112 anni, quando siamo guidati dalla Conoscenza.
Il Dialogo della Disperazione
Riporto le parole, tratte dal film e tradotte, che hanno causato il suicidio di Tisserand.
Tisserand: "Così è senza speranza?"
Nostro Eroe: "Certamente. Lo è sempre stato. Fin dall'inizio. Tu non sarai mai il sogno erotico di una ragazza. Fattene una ragione. Non fa per te. In ogni caso, è troppo tardi. Tutti i tuoi fallimenti sessuali fin dall'adolescenza, la frustrazione che ti ha perseguitato fin dalla pubertà, ti hanno segnato per sempre. Anche se tu potessi trovare una donna, cosa che francamente dubito, non funzionerebbe. Non funzionerà mai. Sei orfano degli amori giovanili che non hai mai avuto. Il danno è già stato fatto. Diventerà peggio. Un'amarezza agonizzante ti riempirà il cuore. Non c'è redenzione. Nessuna liberazione. Questo è quanto."
Nostro Eroe: "Certamente. Lo è sempre stato. Fin dall'inizio. Tu non sarai mai il sogno erotico di una ragazza. Fattene una ragione. Non fa per te. In ogni caso, è troppo tardi. Tutti i tuoi fallimenti sessuali fin dall'adolescenza, la frustrazione che ti ha perseguitato fin dalla pubertà, ti hanno segnato per sempre. Anche se tu potessi trovare una donna, cosa che francamente dubito, non funzionerebbe. Non funzionerà mai. Sei orfano degli amori giovanili che non hai mai avuto. Il danno è già stato fatto. Diventerà peggio. Un'amarezza agonizzante ti riempirà il cuore. Non c'è redenzione. Nessuna liberazione. Questo è quanto."
Giudizi impietosi, disumani
Questo sentenzia l'autore di un articolo apparso su Wired, parlando di Tisserand:
""uomo bruttissimo" ed estremamente perverso, che tratta le donne in modo bestiale".
Questo sentenzia l'autore di un articolo apparso su Lidenbrock.org, sempre sullo stesso argomento:
"Il protagonista viaggia per lavoro con il ripugnante Tisserand, impiegato che cerca a tutti i costi la compagnia di una donna senza ottenerla: ha rinunciato all’amore, cerca soltanto l’avventura ma nemmeno questo gli riesce. Tisserand è un uomo ridicolo, grottesco, e così Houellebecq ci ricorda come l’uomo privato delle sue fedi o delle sue illusioni si abbassa al rango di un animale ma con la coscienza di essere qualcosa di più."
Se c'è qualcosa che trovo ripugnante, sono proprio le parole di questi articolisti, che non mostrano nessun rispetto verso la sofferenza umana - anche se in ultima analisi si parla di un personaggio letterario/cinematografico, non di una persona reale. Eppure ogni personaggio di un romanzo o di un film ha il suo fondamento in un individuo in carne ed ossa. Detesto simili giudici seduti sui loro iniqui troni moralistici! Loro pensano di aver capito tutto della vita. Chi non rientra nei loro schemi è soltanto una nullità da stritolare. Forse non dovremmo stupirci più di tanto. Nella specie Homo sapiens si è sviluppata nei millenni un'inclinazione deleteria, quella di infierire sui più deboli, su chi nell'esistenza non si trova a proprio agio.
Altre recensioni e reazioni nel Web
Con mia grande sorpresa, ho scoperto che esiste una vera e propria Wikipedia degli Incel, che dedica una pagina al film di Harel. Questo è l'interessante commento che vi è riportato: "It is considered the most brutal film about inceldom ever made". Quindi la pellicola non è completamente fallimentare, perché vive di una sua inattesa vita underground. Ecco il link:
Che altro dire? Possano questi semi crescere, diventare alberi rigogliosi e dare frutto!