mercoledì 26 maggio 2021

QUALIS ARTIFEX PEREO!

Mentre era in procinto di suicidarsi, il Divo Nerone, che come me nacque il 15 Dicembre, pronunciò una frase famosa tramandata da Svetonio. Queste sono le sue parole: "Qualis artifex pereo!" La traduzione più comune e tradizionale è "Quale artista muore con me!" o "Che artista muore con me!" Tutto sembra chiaro, tuttavia analizzando bene la questione si scopre che le cose non stanno esattamente così. Innanzitutto notiamo che il punto esclamativo è un'aggiunta degli editori, che hanno la tradizione di adattare i testi alle necessità moderne.  
 
Ecco il brano di Svetonio in cui è descritto il suicidio di Nerone (De vita Caesarum, VI, XLIX): 
 
 
Tunc uno quoque hinc inde instante ut quam primum se impendentibus contumeliis eriperet, scrobem coram fieri imperavit dimensus ad corporis sui modulum, componique simul, si qua invenirentur, frustra marmoris et aquam simul ac ligna conferri curando mox cadaveri, flens ad singula atque identidem dictitans: 'Qualis artifex pereo!'. Inter moras perlatos a cursore Phaonti codicillos praeripuit legitque se hostem a senatu iudicatum et quaeri, ut puniatur more maiorum, interrogavitque quale id genus esset poenae; et cum comperisset nudi hominis cervicem inseri furcae, corpus virgis ad necem caedi, conterritus duos pugiones, quod secum extulerat, arripuit temptataque utriusque acie rursus condidit, causatus nondum adesse fatalem horam. Ac modo Sporum hortabatur, ut lamentari ac plangere inciperet, modo orabat, ut se aliquis ad mortem capessendam exemplo iuvaret; interdum segnitiem suam his verbis increpabat: 'Vivo deformiter, turpiter - οὐ πρέπει Νερωνι, οὐ πρέπει· νήφειν δεῖ ἐν τοῖς τοιούτοις· ἄγε ἔγειρε σεαυτόν--'. Iamque equites appropinquabant, quibus praeceptum erat, ut vivum eum adtraherent. Quod ut sensit, trepidanter effatus: 'Ἵππων μ᾽ ὠκυπόδων ἀμφὶ κτύπος οὔατα βάλλει·' ferrum iugulo adegit iuvante Epaphrodito a libellis. Semianimisque adhuc irrumpenti centurioni et paenula ad vulnus adposita in auxilium se venisse simulanti non aliud respondit quam 'Sero' et 'Haec est fides'. Atque in ea voce defecit, extantibus rigentibusque oculis usque ad horrorem formidinemque visentium. Nihil prius aut magis a comitibus exegerat quam ne potestas cuiquam capitis sui fieret, sed ut quoquo modo totus cremaretur. Permisit hoc Icelus, Galbae libertus, non multo ante vinculis exsolutus, in quae primo tumultu coniectus fuerat.       
 
Traduzione:  

Poi, dal momento che ognuno dei suoi compagni, a turno, lo invitava a sottrarsi senza indugio agli oltraggi che lo attendevano, ordinò di scavare davanti a lui una fossa della misura del suo corpo, di disporvi attorno qualche pezzo di marmo, se lo si trovava, e di portare un po' d'acqua e un po' di legna per rendere in seguito gli ultimi onori al suo cadavere. A ognuno di questi preparativi piangeva e ripeteva continuamente: "Quale artista muore con me!" Mentre si attardava in questo modo, un corriere portò un biglietto a Faone: Nerone, strappandoglielo di mano, lesse che il Sento lo aveva dichiarato nemico pubblico e che lo faceva cercare per punirlo secondo l'uso antico; chiese allora quale fosse questo tipo di supplizio e quando seppe che il condannato veniva spogliato, che si infilava la sua testa in una forca e che lo si bastonava fino alla morte, inorridito, afferrò i due pugnali che aveva portato con sé, ne saggiò le punte, poi li rimise nel loro fodero, protestando che l'ora segnata dal destino non era ancora venuta. Intanto ora invitava Sporo a cominciare i lamenti e i pianti, ora supplicava che qualcuno lo incoraggiasse a darsi la morte con il suo esempio; qualche volta rimproverava la propria neghittosità con queste parole: "La mia vita è ignobile, disonorante. -Non è degna di Nerone, non è proprio degna. -Bisogna aver coraggio in questi frangenti. -Su, svegliati." Ormai si stavano avvicinando i cavalieri ai quali era stato raccomandato di ricondurlo vivo. Quando li sentì, esclamò tremando: "Il galoppo dei cavalli dai piedi rapidi ferisce i miei orecchi." Poi si affondò la spada nella gola con l'aiuto di Epafrodito, suo segretario. Respirava ancora quando un centurione arrivò precipitosamente e, fingendo di essere venuto in suo aiuto, applicò il suo mantello alla ferita; Nerone gli disse soltanto: "È troppo tardi" e aggiunse: "Questa sì è fedeltà." Con queste parole spirò e i suoi occhi, sporgendo dalla testa, assunsero una tale fissità che ispirarono orrore e spavento in coloro che li vedevano. La prima e principale richiesta che aveva preteso dai suoi compagni era che nessuno potesse disporre della sua testa, ma che fosse bruciato intero a qualunque costo. Il permesso fu accordato da Icelo, liberto di Galba, da poco uscito dalla prigione in cui era stato gettato all'inizio della rivolta.
 
Si deducono alcune cose interessanti: 
1) Nerone non conosceva alcuni importanti dettagli dei costumi antichi del Senato; 
2) Nerone aveva una grande familiarità col greco, al punto di usare questa lingua per comporre brevi frasi poetiche mentre la Morte si avvicinava a grandi passi;
3) Nerone aveva una personalità fortemente bipolare, tanto che passava da momenti di esaltazione e di megalomania a momenti di profonda depressione, spesso all'improvviso e in modo imprevedibile; 
4) Nerone era terrorizzato all'idea di essere destinato a terribili punizioni ultraterrene in quanto matricida e credeva di poter subire ulteriori sofferenze in caso il suo cadavere non fosse stato cremato intero secondo i riti.  
 
Pur sembrando chiarissima nel concetto espresso, la frase "Qualis artifex pereo" è stata soggetta a non pochi problemi interpretativi. Se diamo per buona la traduzione "Quale artista muore con me", dobbiamo notare che la struttura grammaticale della frase è abbastanza insolita. Qualcuno ha tradotto liberamente "Che artista perde il mondo" In ogni caso, i moderni se la cavano in qualche modo soltanto aggiungendo qualcosa a ciò che ha detto l'Imperatore: o c'è un pronome oppure il mondo, tutte cose assenti nella frase in latino. Dopo tanti secoli c'è inquietudine. Noi in italiano diremmo "Quale artista muore", con un verbo alla terza persona singolare, riferito al vocabolo "artista". La mentalità degli antichi Romani era di certo molto diversa dalla nostra: possiamo pensare che la concordanza fosse con il pronome personale a cui si riferiva l'esclamazione. Così avrebbero detto qualcosa che possiamo tradurre come "Quale artista muoio" Ne sono consapevole, in italiano non suona affatto bene. Tuttavia suonerebbe bene se intendessimo "Muoio come un artista" La cosa sarebbe perfettamente razionale e rientrerebbe benissimo nella mentalità neroniana, che era abbastanza teatrale. Dobbiamo però stare attenti. Cosa intendere per artista? Un creatore di nuovi concetti, un demiurgo riformatore del mondo, oppure un attore, un teatrante, un miserabile guitto? Ignoramus. Vediamo inoltre che il problema non è soltanto il termine artifex. Anche un semplice qualis prensenta difficoltà. Ho letto che Vittorio Sermonti, uomo di cui ho la massima stima, discuteva con Cesare Garboli all'epoca degli studi universitari, a proposito di cosa intendere per artifex e dell'accezione da dare a questo pronome qualis. "Quale artista" o "Come un artista" esprimono due concetti diversi, che tuttavia in latino erano indistinguibili, a meno di non usare un mezzo espressivo diverso da qualis. Riporto il link all'articolo di Cesare Garboli, Ma un imperatore muore come un artista o come un attore?, apparso nel lontano 2003 su Repubblica. Ne raccomando vivamente la lettura.   

 
Sermonti, Garboli avevano enunciato l'idea che artifex dovesse essere tradotto con "attore" indipendentemente dal filologo Raffaele Cantarella, che nel 1931 scrisse un contributo sull'argomento, in cui sosteneva la stessa tesi, Le ultime parole di Nerone morente, apparso su Mondo classico, I, pagg. 53-58. In questo suo intervento, specificava che "il τεχνίτης o l'artifex non è l'artista, ma è l'auleta o il vasaio o il fabbro o il barbiere o magari il carnefice". Fu da lui scelta l'interpretazione di "attore" per via delle notorie velleità artistiche di Nerone. Ecco un estratto dell'articolo di Garboli, che a un certo punto era arrivato a intendere "attore" nel modo più negativo possibile: 
 
"I diversi punti di vista si combattono ancora con grande vigore. E chissà che un giorno, tempo e salute permettendo, non proseguano con Sermonti (ma con il Forcellini sottomano), le nostre lontane conversazioni. In una recente, breve telefonica è saltata fuori, ineluttabile, un'altra lettura tanto fantastica e improbabile quanto suggestiva per la sua attualità: "Muoio come un buffone, come un povero guitto"."
 
E ancora: 
 
"Allora le parole di Nerone sembreranno riassumere in un solo enunciato tristemente rivelatore la vanità e insieme la tragica commedia della sua vita, unificando il suo delirio d’imperatore e la sua vocazione d'istrione. Mi piaceva che quelle parole si formassero come un soprassalto riflessivo, uno di quei pensieri che nascono lì per lì, una meditazione sul proprio stato fanciullesca, querula, ma non per questo meno lucida."
 
Una nuova interpretazione 
 
Grazia Sommariva (Università di Tuscia - Viterbo) è l'autrice dello studio "Morire come un artifex". Ancora sulle ultime parole di Nerone presso Svetonio (Nero 49), Amicitiae munus. Miscellanea di studi in memoria di Paola Sgrilli, La Spezia 2006, pagg. 221-239 (2006). In quest'opera si menzionano Sermonti, Garboli e il suo articolo del 2003. Ecco il link allo studio, liberamente consultabile: 


Una nuova interpretazione della frase del Divo Nerone vi è enunciata e sta prendendo piede nel mondo accademico. "Qualis artifex pereo" significherebbe "Muoio come un artigiano", ossia "Muoio come un operaio" (glossa inglese: craftsman, artisan). Né artista, né attore, dunque, ma umile produttore e plasmatore professionale di materia, puro meccanico. Il concetto espresso sarebbe dunque questo: "Sono condannato a morire come un semplice artigiano", ovvero "Sono condannato a morire in condizioni indegne di un imperatore" Sarebbe un triste modo per sottolineare lo squallore di una morte considerata non all'altezza della propria vita. Dal punto di vista semantico e grammaticale, questa traduzione pare ineccepibile. Non presenta alcun elemento interno che ne rimarchi l'incoerenza. Ecco un riassunto degli elementi che ci servono, che possono essere verificati da chiunque sul Dizionario Latino Olivetti:
 
 
artifex, gen. artificis 
scansione metrica: ar-tĭ-fex, ar-tĭ-fĭ-cis
 
1) artefice, artista, artigiano 
2) esperto 
3) creatore, autore 
4) furfante, maestro in intrighi  
 
Può anche essere usato come aggettivo nel senso di "abile, capace, da artista", anche se il Dizionario Latino Olivetti non riporta questa accezione in modo esplicito tra i significati.  

Nello Wiktionary in inglese abbiamo menzione dell'uso aggettivale. Ecco le defnizioni: 
 

Noun

artifex m or f (genitive artificis); third declension

  1. artist, actor
  2. craftsman, master (of a craft)
     Synonyms: opifex, faber
  3. mastermind, schemer
 
Adjective

artifex (genitive artificis); third-declension one-termination adjective

   1. skilled, artistic
   2. expert
   3. artful, cunning
   4. creative

Ecco alcune locuzioni interessanti: 
 
artifex aerārius "bronzista" 
artifex dicendī "maestro nell'arte del dire" 
artifex lignārius "carpentiere" 
artifex lignōrum "carpentiere"
artifex morbī "medico, dottore" 
artifex mōtus "movimento fatto con arte" 
artifex plombārius (plumbārius) "idraulico" 
artifex sceleris "l'autore di un delitto" 
artifex scelestus "orditore di inganni"
artifex scēnicus (scaenicus) "commediante, attore"
artifex signārius "scultore" 
artifex stilus "abile penna", "penna da artista" 
artificēs argentāriī "artigiani che lavorano l'argento" 
artificēs manūs "mani abili"
artificēs lapidum "muratori" 
artificis scelus "orditore di inganni"
claustrārius artifex "fabbro ferraio" 
 
Come si vede, nelle locuzioni artifex mōtus, artifex stilus e artificēs manūs troviamo la parola artifex usata come se fosse un aggettivo. Questo fatto è a mio avviso abbastanza notevole. Purtroppo gli insegnanti di latino nelle scuole raramente scendono in dettagli tanto sottili. 
La Sommariva segnala la contraddizione tra lo stato d'animo prostrato in cui Nerone pronunciò la frase e l'esplicita idea megaolomane secondo cui la morte avrebbe impoverito il mondo privandolo di un artista geniale. Questa contraddizione è sorprendente solo per chi non conosce persone bipolari. Conoscendone diverse, non ravviso alcuna reale incongruenza. La studiosa afferma altresì che l'interpretazione di artifex come "artista geniale" o come "attore" sarebbe in contraddizione con le misere esequie che l'Imperatore stava organizzando per sé. Un artista di genio o un buon attore avrebbero avuto funerali molto più lussuosi. Tuttavia sembra sfuggire un piccolo ma significativo dettaglio. Nerone era un artista geniale braccato, un attore braccato, che i rivoluzionari volevano uccidere in modo atroce. Un uomo braccato e condannato a una morte terribile, per quanto nobile sia il suo rango, non può certo sperare che gli saranno tributati funerali lussuosi. 

L'assillo dell'indeterminazione 
 
In sostanza, cosa ha detto Nerone? Svetonio avrà compreso quello che Nerone intendeva realmente dire o lo ha riportato fraintendendolo? Traduzioni come "Quale artista perde il mondo", "Muoio come un artista" o "Muoio come un attore" esprimono concetti drasticamente contrastanti con quello veicolato dalla traduzione "Muoio come un artigiano". Come faceva un antico romano a capire la differenza tra queste possibilità? È una strada in salita. Dovremmo scandagliare l'intera letteratura antica in latino e verificare con cura ogni singola ricorrenza della parola artifex, per stabilire se il concetto di "artigiano" (anziché di "artista" o di "attore") fosse almeno in certe condizioni oggetto di disprezzo. Per quanto circostanziati siano gli argomeniti della Sommariva, non mi sembra una cosa plausibile. Ho quasi l'impressione che la traduzione "Muoio come un artigiano" sia frutto di un intervento decostruzionista. Se così fosse, costituirebbe un pacchetto memetico di informazioni distorte, concepito e diffuso ad arte nella Noosfera col preciso compito di creare confusione e di affermare l'assoluta inconoscibilità di ogni cosa. Il punto è che non posso in alcun modo dimostrare, allo stato attuale delle mie conoscenze, che si tratti di un pacchetto memetico di questo genere. Potrebbe invece essere una sfida meritoria a posizioni consolidate ma fragili. Anche le ultime parole pronunciate dal Divo morente, "Haec est fides", dovrebbero essere oggetto di discussione. In genere si traduce "Questa sì è fedeltà", eppure la Sommariva intende "È questa la (tua) fedeltà?", forte di quanto riportato appena prima: in auxilium se venisse simulanti. Il militare che soccorse Nerone stava soltanto fingendo di prestargli aiuto. Anche in questo caso si tratta di interpretazioni diametralmente opposte! Persino chi fu testimone oculare della morte di Nerone potrebbe non aver capito cosa il moribondo intendesse davvero dire! Forse dovremmo concludere che non riusciremo mai a penetrare nel densissimo muro dell'Oblio e del rumore di fondo. Ignoramus et ignorabimus

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