lunedì 28 febbraio 2022


PIETRO DI BRUIS:
IL DISTRUTTORE DI CROCI  

Pietro nacque sul finire del XI secolo nella regione delle Hautes-Alpes, cantone di Rosans, nella regione attualmente nota come Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Non si conosce l'anno della sua nascita e non è neppure sicura la sua provenienza dal villaggio di Bruis dal quale trasse il suo nome. Nonostante la grafia Bruys sia molto diffusa, preferisco usare la variante Bruis per evitare confusioni: esiste infatti anche un borgo della Piccardia (in Francia del Nord) chiamato Bruys

Quasi tutto quanto sappiamo della sua tormentata esistenza terrena ci viene dal trattato
Contra Petrobrusianos hereticos, opera dell'abate di Cluny Pietro il Venerabile, noto anche come Pietro di Montboissier.  

Pietro di Bruis divenne un chierico, ma non restò a lungo all'interno della Chiesa di Roma. Una vocazione incoercibile lo spinse a dissociarsi e ad adottare idee radicali quanto di facile comprensione per chiunque. 

Verso il 1112 divenne un predicatore itinerante nella sua terra nativa, e cominiciò a diffondere con grande ardore il suo verbo attraverso le vallate della Provenza e del Delfinato, spingendosi in seguito anche a occidente del Rodano. Egli accettava come testi sacri soltanto i Vangeli, rifiutando con identica veemenza gli Atti degli Apostoli, le Epistole e l'Antico Testamento. Anche se non arrivò al punto di affermare esplicitamente la natura diabolica dell'Antico Testamento, lo ritenne comunque di dubbia origine. L'odiata autorità della Chiesa Romana era l'unico fondamento dell'accettazione di tali scritti da parte delle genti. Un'altra notevole peculiarità era l'individualismo: qualsiasi persona doveva poter avere accesso a Dio senza bisogno di intermediari di qualsiasi genere, e senza bisogno di doversi recare in una chiesa o in altra terra consacrata. Infatti, se Dio è ovunque, può essere pregato allo stesso modo in una basilica o in una stalla. 

In comune con il Catarismo, anche se su basi diverse, era condannata ogni manifestazione esteriore di religiosità cattolica. La croce era vista come idolo e come odioso strumento di tortura. Non solo non ne era accettata in alcun modo l'adorazione, ma era addirittura ritenuta opera di Satana. Sarebbe bello vedere che faccia farebbero gli esorcisti e certi filmografi nel sentire affermare questa idea dissidente, secondo la quale ben lungi dal cacciare i demoni, la croce ne è la diretta manifestazione.  


Pietro di Bruis fece un gran cumulo di tutte le superstizioni del clero romano e lo diede alle fiamme. Non servivano più chierici di nessun genere e nessuno doveva più essere ordinato. Era da abolire la celebrazione della messa, in quanto insignificante. Non serviva più alcuna preghiera per i defunti, perché questi sono salvati o dannati secondo il volere di Dio, e la volontà di Dio non può essere manipolata in alcun modo dalle parole umane. Di tutti i sacramenti, uno solo rimaneva valido: il battesimo impartito agli adulti. Il pedobattesimo non poteva avere alcun valore spirituale, essendo soltanto il lavacro di un corpicino. In ogni caso anche se amministrato a persone in grado di credere, il battesimo aveva un valore puramente simbolico, essendo la salvezza ottenibile unicamente per mezzo della fede personale. Infatti secondo il Vangelo di Marco (Mc 16, 16): "chi avrà creduto e sarà stato battezzato, sarà salvo; chi invece non avrà creduto, sarà dannato". 

Di tutti i sacramenti, quello più avversato fu l'eucarestia:  era respinta con particolare avversione la transustanziazione, che allora non era ancora stata formulata in modo chiaro come dogma dalla Chiesa di Roma. Non era possibile ripetere in senso sacramentale il Sacrificio di Cristo, evento unico nella storia dell'umanità, e il pane eucaristico non poteva che essere un qualunque cibo destinato alle brutture dei visceri. 

La predicazione di Pietro di Bruis durò oltre venti anni e conobbe un grandissimo successo e sempre più nutrito divenne il seguito dedito alla distruzione degli idoli. Ai credenti della nuova dottrina fu dato il nome di Petrobrusiani. La lotta iconoclasta si diffuse e conobbe punte di grande furore. Era costume dei Petrobrusiani fare roghi di croci, e il venerdì Santo essi cuocevano della carne su questi fuochi, mangiandola avidamente davanti agli occhi di coloro che erano rimasti fedeli alla Chiesa di Roma. Mangiavano tale carne e costringevano anche i monaci a nutrirsene. Davanti a tutti li denudavano, obbligandoli a sposarsi e a copulare in pubblico con le loro mogli sotto minaccia di tormenti. Gli altari furono abbattuti, le chiese distrutte, i preti percossi e umiliati, e un gran numero di persone ribattezzate. 

Pietro il Venerabile ci tramanda informazioni che ci permettono in qualche modo di tracciare la storia di questo singolare movimento. Secondo la prima impressione del cluniacense, i Petrobrusiani
sarebbero stati bande di montanari incolti la cui diffusione non poteva che essere limitata alla regione di nascita del predicatore. Ne attribuiva il sorgere all'ignoranza di quelle genti, tagliate fuori da ogni influsso culturale, tra le quali ancora vivevano residui di paganesimo. In seguito giunsero a Pietro rapporti dai quali risultava che i Petrobrusiani avevano messo radici in molte città del mezzogiorno francese, presso ceti tutt'altro che incolti. A questo punto fu costretto a rivedere le sue idee, e ne fu molto turbato. 

Prima che il clero di Roma potesse prendere una decisione repressiva, si ebbe il tragico epilogo della vicenda in un villaggio nei pressi di Nîmes, Saint Gilles, in un giorno di Venerdì Santo. Si ignora l'anno preciso, ma con ogni probabilità l'evento si colloca tra il 1132 e il 1139. La popolazione che pure in precedenza aveva acclamato Pietro di Bruis, forse presa da timore superstizioso a causa dei suoi eccessi, lo catturò e lo gettò in uno dei suoi roghi di croci. La sua eredità non andò comunque dispersa: di lì a poco un ex monaco, Enrico di Losanna, l'avrebbe ripresa con successo, pur senza ricorrere a provocazioni tanto estreme. 

Come si può vedere, le caratteristiche della dottrina petrobrusiana mostrano qualche influenza bogomile, ma non vi è presente alcun elemento dualista. Non si ha traccia di docetismo: secondo Pietro di Bruis, Cristo patì veramente nella carne. Il suo odio verso la croce è l'odio verso lo strumento di un tormento reale. Manca del tutto la condanna del matrimonio, dell'accoppiamento e della procreazione: i monaci vengono fatti sposare con la forza. Manca del tutto ogni riferimento al consumo di carne come male: tale alimento viene arrostito e mangiato il Venerdì Santo dallo stesso Pietro senza alcun senso di colpa. Allo stesso modo non si trova traccia dell'attribuzione della creazione materiale a Satana e della natura malvagia di tutta la materia.  

Si noti anche che le regioni comprese tra il Rodano e le Alpi, ossia la Provenza propriamente detta, furono toccate solo marginalmente dal Catarismo nei decenni successivi. Se le connessioni tra il movimento petrobrusiano e la religione dei Buoni Uomini sono labili, è invece molto probabile un'influenza dell'iconoclasmo di Claudio di Torino


Chiunque abbia dimestichezza con la storia della Riforma Protestante noterà una somiglianza o addirittura quasi un'identità tra le idee del predicatore di Bruis e gli insegnamenti caratteristici di Lutero, Calvino e altri riformatori nel XVI secolo. I metodi violenti e teatrali non saranno ripresi, ma il concetto di Salvezza individuale senza intermediari ecclesiastici giocherà un ruolo molto importante nella storia dell'intero continente europeo. 

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