venerdì 1 gennaio 2016

I NOMI DELLE LETTERE GOTICHE IN UN MANOSCRITTO DI ALCUINO

Queste sono le lettere dell'alfabeto di Wulfila con il loro nome riportato in un manoscritto di Alcuino (Codex Vindobonensis 795):

𐌰    aza
𐌱    bercna
𐌲    geuua 

𐌳    daaz 
𐌴    eyz
𐌵    qertra 
𐌶    ezec 
𐌷    haal 
𐌸    thyth 
𐌹      iiz  
𐌹̈      iiz 
𐌺     chozma  
𐌻     laaz  
𐌼     manna  
𐌽     noicz  
𐌾     gaar  
𐌿     uraz  
𐍀     pertra  
𐍁     -  
𐍂     reda  
𐍃     sugil  
𐍄     tyz  
𐍅    uuinne  
𐍆     fe  
𐍇    enguz  
𐍈    uuaer  
𐍉    utal  
𐍊    

I nomi di queste lettere nella lingua di Wulfila sono stati evidentemente riportati da Alcuino secondo la pronuncia che doveva essere in auge ai suoi tempi. Questo significa che la lingua dei Goti era ancora parlata a quell'epoca e che aveva subìto un'evoluzione fonetica, arrivando ad allontanarsi non poco dalla pronuncia del IV secolo d.C. Sembra probabile che Alcuino abbia appreso questi nomi dalla viva voce di un parlante goto, ingegnandosi a trascriverli come poteva.

Alcuni mutamenti fonetici sono simili a quelli registrati in numerosi antroponimi attestati all'epoca del regno degli Ostrogoti. Così la vocale lunga /o:/ si è chiusa fino a diventare /u:/, mentre la sillaba finale /-us/ è divenuta /-əs/, scritta -as nell'antroponimo Sunjaifriþas (Atti di Napoli) e -az nel nome della lettera /'u:rus/, trascritto come uraz.

Vediamo qualcosa di molto singolare nella lettera che Alcuino ha trascritto come eyz. Questa è tradizionalmente interpretata come aiƕs "cavallo", attestato in aiƕatundi "pruno" (lett. "dente di cavallo") e di ottima tradizione indoeuropea (cfr. latino equus, greco ἵππος, celtico epo-). Tuttavia qualcosa non quadra. La parola gotica infatti suonava /ɛxws/ con la vocale /ɛ/ breve ed aperta. Invece la lettera gotica chiamata eyz esprime il suono di una vocale /e:/ lunga e chiusa, che non si confonde mai con la precedente. Nel gotico di Wulfila questo si vede bene, e la filologia germanica lo conferma.

Quanto esposto prova che eyz non può stare in alcun modo per il gotico aiƕs. Si nota che in numerosi trattati sulle rune si trova una diversa trascrizione, ossia egeis. Basta fare una rapida ricerca per trovare tale voce, che è presentata come un vocabolo realmente attestato. Il punto è che il lemma *egeis /'e:γi:s/ non significa affatto "cavallo". Significa "mare" e corrispondente alla perfezione al teonimo norreno Ǽgir, che indica il Signore del Mare. Lo stesso vocabolo dotto ǽgir si usava in poesia e traduceva "mare", "oceano". Qualche germanista serio deve avere ricostruito il corrispondente gotico *egeis a partire dal norreno, poi i runologi lo hanno male interpretato e diffuso. Questa è la spiegazione del nome eyz

L'identificazione erronea di eyz con aiƕs ha portato a una conseguenza drammatica. Meditando su questi argomenti, mi sono reso all'improvviso conto di cosa è successo in un testo neogotico che narra dei fatti accaduti all'epoca della Migrazione, di cui abbiamo trattato. L'autore scriveva attiuha eiz mein, e io non ero stato in grado di tradurre questo eiz. Ecco gli errori dello sconosciuto autore.
1) Ha preso il nome della lettera eyz da Alcuino, dando per buono il suo significato di "cavallo".
2) Ha sostituito -y- con -i- e ha ottenuto *eiz, credendolo la parola genuina per "cavallo".
3) Ha dato per scontato che questo *eiz fosse un neutro, e ha coniato il fantomatico attiuha eiz mein per dire "condurrò il mio cavallo".

Volendo ottenere un corretto testo neogotico, la frase "condurrò il mio cavallo" si deve invece tradurre attiuha aiƕ meinana. Questa frase Alarico e Teodorico il Grande l'avrebbero capita e ritenuta della lingua avita.

Riporto a questo punto i nomi nell'ortografia di Wulfila, omettendo l'asterisco.

𐌰    ahsa "spiga" (1) 
𐌱    bairkan "ramo di betulla"
𐌲    giba "dono"

𐌳    dags "giorno"

𐌴    egeis "mare"
 
𐌵    qairþra "boccone" (2) 
𐌶    - (3) 
𐌷    hagl "grandine"
𐌸   
þiuþ "il bene"
𐌹      eis "ghiaccio" 

𐌹̈      eis "ghiaccio"

𐌺    kusma "bubbone"

𐌻    lagus "acqua"

𐌼    manna "uomo"

𐌽    nau
þs "necessità"
𐌾     jer "anno"

𐌿     urus "uro" 

𐍀     pair
þra (4)
𐍁     - 

𐍂     raida "carro"

𐍃     sauil "sole"

𐍄     teiws "dio" 

𐍅    winja "gioia"

𐍆     faihu "bestiame; denaro"

𐍇    iggws "dio degli Ingevoni"  

𐍈    
ƕair "calderone" (5)
𐍉    o
þal "patria"
𐍊     -

(1) Probabilmente per motivi superstiziosi ha cacciato l'esito di proto-germanico *ansuz "(semi)dio".
(2) Cfr. antico alto tedesco querdar "boccone".
(3) Forma gotica al momento non ricostruibile. 
(4) Dati i dubbi e le difficoltà etimologiche, non fornisco la traduzione. Potrebbe significare "albero da frutto" o "grembo di donna". Se giungerò a conclusioni ragionevoli, non mancherò di pubblicare un intervento.
(5) La trascrizione di Alcuino, uuaer, non può - per ragioni etimologiche - contenere un dittongo. Sarà un mezzo grafico per esprimere una vocale molto aperta /æ/.

L'ANNOSO PROBLEMA DEL NOME GOTICO DELL'ELEFANTE

La ricostruzione della parola gotica per indicare l'elefante è finalmente un fatto compiuto. Possiamo con sicurezza porre gotico *ailipandus /'ɛlipandus/ "elefante". Nella trascrizione etimologica tradizionale si scriverebbe *aílipandus. Noi non usiamo questa ortografia, dato che ci riferiamo al gotico dell'epoca di Wulfila (IV secolo d.C.), e in quanto la scelta editoriale di esprimere le vocali brevi /ɛ/ /ɔ/ con i digrammi può risultare estremamente ingannevole, soprattutto per i lettori italiani. Così nella lingua gotica ricostruita (conlang neogotica), avremo ailipandus, e per i nostri fini potremo usarlo senza l'asterisco tanto caro agli accademici, che come è risaputo si baloccano nella loro torre d'avorio senza volersi applicare a concrete e sistematiche imprese di ricostruzione delle lingue antiche.

Le basi che provano la fondatezza e la bontà del lemma da noi ricostruito sono le seguenti: 

1) L'antroponimo Elipandus, portato da un dissidente religioso spagnolo (VIII-IX sec.) 
2) Antico alto tedesco elphant, helphant, elepant "elefante"
3) Antico inglese (anglosassone) elpend, ylpend "elefante"

Da questo vediamo che nella lingua di Wulfila *ailipandus "elefante" doveva essere ben distinto da ulbandus "cammello", proprio come in antico alto tedesco elphant "elefante" era ben distinto da olbenta "cammello" (variante olbento, antico sassone olbundeo). In altre parole si tratta di un doppione, entrato in gotico due volte da due fonti diverse (in una con vocale oscurata dalla liquida velare), e con significati diversi. La forma ulbandus sarà da un latino volgare *olifantus, che non è sconosciuto alle lingue romanze (si veda ad esempio il famoso Olifante, corno d'avorio del paladino Orlando, dall'antico francese olifant).
Questo pone fine, si spera una volta per tutte, all'annoso problema del vocabolo gotico per indicare il pachiderma proboscidato.

In particolare: 

1) Non si deve ricostruire *feils "elefante" sulla base del norreno fíll "elefante", che chiaramente ha la sua origine nell'arabo fīl. Questo notevole vocabolo è attestato in un verso risalente al X secolo (Fb. i. 209), che tuttavia alcuni ritengono non autentico. Molto probabilmente è giunto tra i Vichinghi attraverso il persiano, seguendo le rotte commerciali della Russia e di Costantinopoli.
2) Non si dovrebbe usare ulbandus col significato di elefante: l'antico alto tedesco e l'anglosassone distinguono chiaramente l'elefante dal cammello. Ad esempio abbiamo in anglosassone on horsum and on, múlum and on olfendum and on elpendum, tradotto con "equis et mulis et elephantis et camelis" (Nar. 9. 15). Tuttavia pare certo che qualche sovrapposizione potesse sussistere in alcuni casi, come mostrato dall'esempio del norreno, in cui 
úlfaldi "cammello" si può tradurre con "elefante" in un famoso detto latino elephantum ex musca facere "far di una mosca un elefante" (gera úlfalda úr mýflugu).

mercoledì 30 dicembre 2015

ANCORA SUI FORMANTI ANTROPONIMICI IBERICI

Proseguiamo l'analisi dei formanti che compaiono negli antroponimi della lingua iberica. Dopo le 92 radici analizzate nel nostro precedente articolo sull'argomento, ne aggiungiamo altre 68, arrivando così a un totale di 160 voci. In pratica quasi tutti i formanti antroponimici trattati da Jesús Rodríguez Ramos nei suoi lavori, escludendo alcuni elementi che si sono dimostrati cattive letture (come quelli in cui la sillaba ta era letta erroneamente bo) e includendone alcuni nuovi. Questi sono i link agli articoli di tale autore:



Si tenga conto che questo materiale è praticamente inedito in Italia: non sono riuscito a trovare studi di alcun genere condotti nella nostra lingua sull'iberico, a parte le mie elucubrazioni pubblicate in questo blog. Ecco la seconda lista dei formanti antroponimici: 

1) aŕbi, ALBE /'arbi, 'albe/ "lato, fianco; pendio,
        montagna"
  
     basco alpi 'lato, fianco'
Attestazioni: ALBENNES (= lat. Montanus), ARBISCAR, aŕbiskaŕ, kaisuraŕbitan, śikaŕbi  

2) ASTE(R) "studio"
    basco azterren 'studio, indagine'
Attestazioni:
ASTERDUMARI*, ASTEDUMAE, astebeikeaie *Attestato in contesto vasconico, è evidente la sua natura iberica. Anche le voci basche devono essere prestiti iberici.

3) atun /'atun/ "cento; immenso" 
Orduña Aznar (2005) propone che possa essere il corrispondente iberico del basco ehun "cento". Accolgo la proposta; che la parola iberica sia imparentata con quella basca mi appare in ogni caso dubbio.
Attestazioni: atun-iu (con congiunzione), ATULLO.

4) AUSTIN- "prossimo"
   basco auzo 'prossimo; abitante'
Il vocabolo basco funge sia da sostantivo che da aggettivo ("comunale"), una caratteristica che è molto comune in iberico. Attestazioni: AUSTINCOauśtikum (Botorrita)*, auśtunikum (Botorrita)*
*Elementi onomastici iberici in contesto celtiberico

5) ban /man, -ban, -pan/ "caro"
    basco maite 'caro' < *banite 
Falsi parenti: iberico ban "uno" è chiaramente un omofono (o un quasi-omofono), dato che è evidente la sua occorrenza in contesti molto diversi. 
Per molto tempo si è ritenuto che basco maite fosse un celtismo: cfr. irlandese maith "buono". Soltanto che la parola gaelica è dal celtico (ibernico) *mati-, che non sembra un buon corrispondente della forma basca.

Attestazioni: baniteḿbaŕ, bilosban, kaŕesban-ite (ablativo) 

6) baŕstin /'barstin/ "sommo"
   < IE precelt.
   celtiberico barskunes
La forma celtiberica è la prima attestazione nota del nome dei Vascones.
Attestazioni: baŕstintike[

7) basto /'batsto/ "roccia; costa" 
    basco bazter 'costa', Baztan (topon.)
Evidentemente è la base da cui le parole basche citate sono state formate con l'ausilio di suffissi. Potrebbe trattarsi di antichi prestiti dall'iberico. È a parer mio da scartarsi l'ipotesi di un'origine dalla radice celtica *ba:s- "morire", essa stessa d'incerta etimologia.
Attestazioni: BASTOGAUNIN, bastobaśor-en (genitivo), bastokitaŕ, BASTUGITAS

8) bekon, bekoŕ /'bekon, 'bekor/ "cavallo, stallone" 
   basco behor 'giumenta', behoka 'puledro'
È possibile ricostruire, dalla stessa radice, la forma *bekiŕ "torello", corradicale di basco behi "vacca". Tale sarebbe infatti la protoforma da cui è derivato lo spagnolo becerro. Il trattamento dell'occlusiva velare implica un prestito precoce.
Attestazioni: bekoniltiŕ, bekoniltun, bekonkine, bekontekeŕ

9) beloŕ /'belor/ "ardente"
   basco bero 'caldo'
Si trova in pochi antroponimi, e in un caso Rodríguez Ramos segnala la possibilità di una cattiva lettura.
Attestazioni: beloŕtin, aibeloŕ-ar (genitivo), unibelo[

10) berton /'beṛton/ "mortale" < celtib.
Abbiamo attestato in celtiberico kormertones < *kobmertones.
Attestazioni: lauŕberton-te (ablativo), lauŕberton-ar (genitivo)

11) boŕ /bor/ "pugno; combattivo"
   basco borroka 'battaglia';
   basco bortz 'cinque' < *pugno
Per la semantica, confronta la lingua latina. Il numerale iberico bors "cinque" è dalla stessa base; l'alternanza tra le due rotiche è dovuta a qualche dettaglio perduto della protolingua.
Attestazioni: aŕkeboŕ, eikeboŕ-en (genitivo), kuleśbuŕ-ka (ergativo), SILLIBOR-I (dativo), tuitubor-en (genitivo)

12) boś /bos/ "combattivo" < *borś
Formato dalla radice boŕ tramite un suffisso sigmatico.
Attestazioni: anbośiltun-u (con congiunzione), ganikbos

13) boton /'bodon/ "battagliero"  < celt.
La radice celtica è *bodw- "battaglia", e di ritrova in antico irlandese nel nome della dea Bodb.
Attestazioni: botoltiŕ, BODONILUR, botoleis, bototaś, bototiki

14) ekaŕ /'egarr/ "bramoso"
    basco egarri 'sete'
In ultima analisi il termine basco pare un derivato di gar "fiamma". Ho notato che alcune mie proposte di traduzione sono simili a quelle di Silgo Gauche, ma in altri casi si distinguono. Non mi sembra infatti che il verbo basco egari "sopportare" (dal significato un po' distinto da quello di ekarri "portare") sia credibile in questo contesto. Se all'origine ci fosse un verbo transitivo, dovremmo avere un prefisso oggetto (cfr. takeŕ, tikirs, etc.). Anche ugari "quantità, molto" non sembra molto meglio.

Separo questo formante da eke(r)s (vedi nel seguito).
 
Attestazioni: ekaŕbilos, ekaŕśor-e (dativo)

15) eke(r)s, -kes /'ege(ṛ)ts, -gets/ "uomo"  
    basco gizon 'uomo'
    aquitano CIS(S)ON, GISON-; -GES
    paleosardo (etnonim.) -KES-
Come suffisso -qes si ritrova aggiunto a nomi di luogo la cui radice finisce in vocale (Serra, 1956). Una formazione simile deve essere postulata per il paleosardo, visto che ancora si trovano etnonimi in -kesu come Fonnikesu "uomo di Fonni" e Bittikesu "uomo di Bitti".
Attestazioni: ENNEGES*, koroiekers La lingua dei Vascones ha presi il suffisso a prestito dall'iberico
Etnonimi: ARSAQES (da Arsa), CALAQURIQES (da Calagurris), OLAISEQES (da Olaise), Pulaqes (da Pula). 

16) ELAN /'ellan/ "rondine"   
   basco elai 'rondine' < *eLana
A differenza di Rodríguez Ramos, separo questa forma da eleŕ (vedi sotto), che è di diversa origine.
Attestazioni: ELANDUS (Turma Salluitana) 

17) eleŕ /'eller/ "gregge; gruppo"     basco eli "gregge" Attestazioni: eleŕbaś, elerte[ke]r

18) eŕter /'erdeṛ/ "straniero"
    basco erdera 'lingua straniera' 
È diverso da erter /'eṛdeṛ/ "metà" (basco erdi), che è attestato tra i valori monetari (vedi Orduña Aznar).
Attestazioni: eŕtebaś-ka (ergativo), lakueŕter

19) eter /'edeṛ/ "splendore" 
    basco eder 'bello'
La forma iberica ha una rotica non trillata, a differenza di quella basca. Va anche detto che la forma iberica è un sostantivo, mentre quella basca, che è un aggettivo, ha un suono rotico trillato che potrebbe essere un suffisso. Lakarra ricostruisce *de-deR come antenato della forma protobasca.
Attestazioni: etenbilos, eteiltuŕ, eteitor, EDESCO

20) eton /'eton/ "sommo" 
   basco: -to, -do *'sommità'
Si trova come suffisso fossilizzato in formazioni come aizto "coltello" < *(h)anez-to (lett. "punta di pietra"), etc.
Attestazioni: BILESETON, SERGIETON 

21) -i- /i/ "e" (congiunzione)  
Già citato come elemento produttivo nella formazione dei numerali, era usato anche negli antroponimi per separare due aggettivi o due sostantivi. Attestazioni: aiunibaiser, anieskoŕ, basibalkar, iaribeŕ

22) ibeś, ibei(s) /'ibes, 'ibei(ts)/ "impeto; impetuoso"
    basco ibai 'fiume'
È ben possibile che l'aggettivo iberico abbia la stessa radice che è alla base dell'etnonimo Iberi. L'alternanza era bai- / ibei-. Al basco manca una simile flessibilità.
Attestazioni: ibeisur, ibeśor-en (genitivo), soribeis, basibeś-ka (ergativo)

23) -ike- /ike/ "e" (congiunzione)
    basco: -
Già citato come elemento produttivo nella formazione dei numerali, era usato anche negli antroponimi per separare due aggettivi o due sostantivi.
Attestazioni:
aiunikaŕbi, aitikeltun, tueitikeiltun Falsi formanti: keltun = ike + iltun

24) ike /'ike/ "altezza"
   baso: ike 'salire; costa pendente'
     (variante di igan 'salire')
Attestazioni: eike[, ikeatin, eikeboŕ-en (genitivo) 

25) ikoŕ /'ikor/ "duro, strenuo"
   basco gogor 'duro'
Mentre in basco si ha una forma reduplicata < *go-goR, in iberico abbiamo una forma semplice con un prefisso i-, comunissimo in questo gruppo di lingue. Un suffisso -kor col senso di "duro" si trova in alcune parole basche di sostrato, e va detto che spesso in iberico una k- sorda corrisponde in basco a una sonora g-.
Attestazioni: ikoŕbeleś, ikoŕbeleś-e (dativo), ikoŕiskeŕ, ikoŕtaŕ, ikoŕtas-te (ablativo), ikoŕtaś, ikoŕtibaś, taŕbanikoŕ, tikirsikoŕ

26) itor /'itoṛ/ "sommo" 
   basco: -tor, -dor *'sommità'
Si trova come suffisso fossilizzato in formazioni come gandor "sommità", etc.
Attestazioni: eteitor, lakeitor

27) kakeŕ /'kaker/ "curvo"
Derivato dalla stessa base del basco kako "gancio" con un suffisso aggettivale -eŕ che si trova anche in altri casi. 
Attestazioni: kakeŕikoŕ, baŕkakeŕ

28) CACU /'kaku, 'kako/ "curva, gancio"
    basco kako 'gancio'
Attestazioni: kuku, CACUSUSIN (Turma Salluitana) 

29) kaŕko /'gargo/ "selvaggio" < celt.
Attestazioni: kaŕkeskeŕ, kaŕkoskaŕ

30) kani /'kani, 'gani/ "sommità; sommo"
    basco gain 'sommità'
Attestazioni: kanibeŕon-ka (ergativo), ganikbos, κανικωνε, kanio

31) keltaŕ, kertaŕ /'keltar, 'keṛdar/ "nobile" < celt.
Distinguo questo raro formante dalla forma kelti- (vedi nel seguito), anche per motivi semantici.
Attestazioni: keltaŕerker, balakertaŕ, keltaio

32) kelti /'kelli/ "riva, costa, greto"
   paleosardo KILI- "ruscello, letto roccioso"
Considerato un lemma idronimico, date le evidenze della Sardegna, era a mio parere relativo alle rocce che costituiscono le rive o il letto del corso d'acqua, per motivi etimologici: lo riconduco al nord-caucasico *q̇wiłǝ "pietra, roccia, scogliera".
Attestazioni: keltibeleś, keltibeleś-ite (ablativo)
Il nome, data la sua frequenza di attestazione, non sarà sempre un antroponimo, ma un toponimo (vedi Blasco Ferrer).

33) kine /'gine/ "carne, midollo, parte centrale"
   basco giharre 'parte magra della carne'
      < *gin(h)aRe
Lo stesso vocabolo indica anche la parte interna del legno di un albero. 
Attestazioni: bekonkine, betukine-te (ablativo), ildiŕgine, tikirskine

34) koŕo /'gorro/ "sangue"
    basco gorri 'rosso'
Attestazioni: aŕskoŕo-ite (ablativo), goŕotigi-nai (con nai "io sono"), koŕasiŕ-en (genitivo), γολοβιυρ (con dissimilazione)

35) koŕś /kors/ "duro; strenuo" 
   basco gogor 'duro'
Attestazioni: tautinko : ŕś

36) lakeŕ /'laker/ "appariscente"
   basco lako 'somigliante a'
Derivato dal formante laku con il suffisso aggettivale -eŕ.
Attestazioni: lakeŕbelauŕ, lakeŕeiar, iskelaker, LACERIL-IS (gen. lat.)

37) leis /leits/ "desideroso; desiderio"
   basco lehia 'desiderio'
Attestazioni: leibiur, leisir, leisir-en (genitivo), bilos leistikeŕ, leistikeŕ-ar (genitivo), botoleis 

38) nere /'neṛe/ "donna"
    basco andere 'signora'
    aquitano ANDERE 'signora', ER(H)E- 'femmina' 
In un caso la forma aquitana ANDERE è scritta ANNERE.
Attestazioni: nereiltun

39) neron /'neṛon/ "giovane, fiorente"  
Si tratta di un derivato del formante nere "donna" (vedi sopra). 
Attestazioni: neron-ken (genitivo plurale)

40) NES /nets/ "uomo"
A parer mio si tratta di una variante di -kes (abbreviazione di eke(r)s), con la differenza che occorre soltanto aggiunta a nomi che finiscono in consonante. Così abbiamo BELENNES = beleś + -nes. Esiste una variante -NAS. Queste forme non hanno alcun parallelo in basco. 
Attestazoni: AGIRNES, ARRANES, BELENNES, ORDENNAS, NESILLE, niskeŕe 

41) niś /nis/ "donna"
    basco neska 'ragazza'
    aquitano NESCATO 'ragazzina'
    paleosardo NIS- 'donna'
    sorotaptico (ligure IE) NISCAS 'ninfe' (< vasc.)
Attestazioni: niśuni-ar (genitivo), niśunin 

42) olor, oloś /'oloṛ, 'olos/ "tutto; popolo" 
   basco oro 'tutto'
Rodríguez Ramos mostra la frequenza di questo elemento nella toponomastica catalana (Olor-, Oler-, Oles-), e arriva a proporre che in una lingua di sostrato significasse "villaggio, centro abitato". Un corrispondente basco in realtà esiste, anche se dotato di grandi anomalie (si usa dopo plurali in -ak, ma non vuole mai tale suffisso; si trova solo nei dialetti orientali). 
Attestazioni: olośortin, olośaiŕ, olortikirsbeŕian

43) ośor /'ossoṛ/ "lupo"
    basco otso 'lupo'
    aquitano OXSON-, OSSON-
Attestazioni: ośortaŕban
Toponimi: OSSONUBA 

44) sabaŕ /'tsabar/ "ventre; panciuto"  
   basco sabel 'stomaco'
Secondo Rodríguez Ramos il formante è incerto. Propongo questa interpretazione, avendo ragione di ritenere che il corrispondente iberico del vocabolo basco zabal 'largo' avesse un'occlusiva iniziale t-.
Attestazioni: sabaŕida-i (dativo), sabaŕbas-de (ablativo)

45) saiŕ /tsair/ "duro, strenuo"
    basco zail 'duro; arduo'
Attestazioni: beleśaiŕ (con assimilazione), olośaiŕ, toŕosair (con dissimilazione), iltuŕsaiŕ-sai

46) sekel, seken /'tsekel, 'tseken/ "avido"
   basco zeken 'avaro'
La consonante liquida finale è eccezionale in iberico. In ultima analisi può essere un prestito da IE *segh- "detenere, stringere", con una affricata come esito della sibilante originaria. Si noti anche la consonante velare sorda come esito di IE /gh/
Attestazioni: sekel-ka (ergativo), sekenius-u (con congiunzione), lakuseken, TASCASECER-IS (gen. lat.)

47) selki /'tselgi/ "catturato, prigioniero" < celt.
   basco: -
Le iscrizioni duali mostrano che l'occlusiva velare è sonora. La sibilante celtica mostra una corrispondenza irregolare, avendo come esito una affricata in iberico. Va comunque detto che la radice celtica *selga:- "caccia" non ha chiara origine ed è priva di corrispondenze IE credibili. Dev'essere un relitto di sostrato.

Attestazioni: selkibeleś, selkiskeŕ, selkinius-tai, selkisosin-kaste, selgitaŕ, [s]elgitibaś

48) seti, SEDE /'tsede/ "trono; regale" < celt.
Dalla radice IE *sed- "sedersi" deriva anche l'etnonimo SEDETANI.
Attestazioni: σεδεγων, setibios, -beŕiseti-, ḿbaŕseti

49) sike /'tsike/ "flusso, impeto" < IE precelt.  
   basco: -
Si tratta della radice *sik- attestata nell'idronimia in Spagna e altrove. Probabilmente l'antica sibilante era percepita come laminale ed è diventata una affricata. Da questa antichissima radice deriva l'idronimo ispanico Sicanus (oggi Júcar), da cui gli antichi autori romani facevano derivare il popolo dei Sicani, secondo una tradizione che li riteneva migrati in Sicilia dall'Iberia. Non ritengo tuttavia plausibile che la radice dell'etnonimo sia la stessa degli idronimi, a dispetto dell'omofonia.
Attestazioni: SICAE, siketaneś-ka (ergativo), sikeunin, sikounin

50) sine /'tsine/ "giuramento; leale"
   basco zin 'giuramento; leale'
Attestazioni: sinebetin, sinekun

51) sir /tsiṛ/ "splendore; splendido" 
  basco zirats 'bello'
La parola basca è formata con il suffisso -tsu "pieno di", poi abbreviato in -ts.
Attestazioni: sirbaiser, kaŕesir-te (ablativo), leisir, kuleśir (con assimilazione) 

52) SOCED(E) /so'kede/ "guardiano" 
Una radice dall'aspetto decisamente inconsueto. Rodríguez Ramos suggerisce un prestito culturale dal semitico škd "vigilare". La forma d'origine potrebbe essere fenicio /*ʃo:'ke:d/, piuttosto che neopunico /*su:'xe:d/
Attestazioni: SOCEDEIAUNIN, SOCED

53) sor, soŕ /tsoṛ, tsor/ "fortuna; fortunato"
    basco zori 'fortuna'
Attestazioni: soribeis, soŕike, beleśur, etesur, ibeśor-en (genitivo), kanisoŕ

54) śakin, SAGIN /'sagin, 'tsagin/ "piacere"
    basco: atsegin 'piacere'
Non è improbabile che la tradizionale spiegazione del basco atsegin (hats "respiro" + egin "fare") sia paretimologica.
Attestazioni: ENASAGIN, beleśakin-eai (dativo)

55) śitu /'situ/ "lungo; durevole" < celt.
Un prestito dal celtico (non è chiaro se dal celtiberico o da una lingua affine al gallico). Non deve essere troppo remoto, visto che ha ś /s/ per celtico /s/, mentre abbiamo appurato che negli strati più antichi di prestiti si ha s /ts/ per celtico e IE preceltico /s/.
Attestazioni: śitubolai

56) taŕkun /'tarkun/ "molto virile"
   basco ar 'maschio' 
Attestazioni: taŕkunbiuŕ

57) taś /tas/ "virile" < *taŕś
Attestazioni: atintaś, baisetaś, balketaś, bototaś, ikoŕtaś

58) tasbeŕ /'tatsberr/ "giovane maschio"
Attestazioni: tasbeŕiun, tasbarikibas 

59) teita /'deita/ "visibile, splendente"
     < IE precelt.
La radice è *dey- / *dya- "dare luce, essere visibile". Per la formazione, cfr. protogermanico *taita- "chiaro, visibile". Da questa radice deriva anche l'etnonimo DEITANI
Attestazioni: TEITABAS, teitataŕ

60) tetel /'tetel/ "balbuziente" 
    basco zezel 'balbuziente'
Attestazioni: tetel-i (dativo), biuŕtetel, URCHATETELL-I (dativo)

61) tilauŕ /'tilaur/ "egli lo accorcia, lo rimpicciolisce" 
   basco labur 'corto'
Forma verbale transitiva derivata dalla stessa radice di lauŕ "corto" - da non confondersi con laur "quattro". Ancora una volta vediamo come l'iberico aveva una flessibilità sconosciuta al basco. La comprensione della lingua è molto difficile anche per questo: il basco ha sclerotizzato pochi verbi transitivi dotati di flessione, mentre il sistema flessivo in iberico era pienamente sviluppato.
Attestazioni: biuŕtilauŕ

62) tileis /'tileits/ "egli lo desidera"
     basco lehia 'desiderio'
Attestazioni: aluŕtileis, kuleśtileis

63) tolor /'toloṛ/ "bianco, chiaro"
    basco: -
In alcune varietà di castigliano sopravvive la parola tolba "caolino bianco" < iberico *toluba. La possibilità che il toponimo Tolosa sia formato da questa radice iberica, con riferimento a terra argillosa chiara, non è poi così remota.
Attestazioni: bardaśtolor, TOLOCO, toloku, tolośar, taŕtoloi-keta-  

64) torsin /'toṛtsin/ "virile"
    basco -ots, -dots 'maschio di animale'
    aquitano -HOX (e varianti), 'maschio'
Attestazioni: torsinkeŕe, TORSINNO

65) tuitu /'tuitu/ "giusto, retto"
   -tuin /-tuin/ "giusto, retto"
   basco zuzen 'giusto, retto';
   basco zuin 'solco' < *'linea retta'
La forma più antica della radice era tueit-.
Attestazioni: tuitubolai, tuituiboŕ-en (genitivo), tuituiskeŕ-ar (genitivo), tueitikeiltun 

66) tuŕkes, tuŕkin /'turkets, 'turkin/ "alto"  
   paleosardo (topon.) TURKI 'fortezza'
Attestazioni: tuŕkeatin, TURCIRADIN, tuŕkeskeŕ, tuŕgosbetan

67) ulti /'uldi/ "gloria, glorioso" < IE precelt.
Cfr. protogermanico *wulθuz "gloria". Le iscrizioni in scrittura duale provano che l'occlusiva dentale era sonora. Questo morfo non può essere un prestito dal celtico, che invece conserva integro il nesso -lt- indoeuropeo. Possiamo ammettere che sia stato preso da una lingua indoeuropea preceltica, simile al lusitano, in cui la sonorizzazione di occlusive in nessi di questo genere era frequente (es. Pelendones, etc.).
Attestazioni: ultibaiser-te (ablativo), ultibei-kate, ultibeleś

68) ustain /'utstain/ "pesante, grave; peso"
    basco astun 'pesante'

Il termine ricorre anche come nome comune in un contesto combinatorio che ne permette l'attribuzione di un significato connesso con una qualche unità monetaria. Quindi l'identificazione con il vocabolo basco appare sensata, nonostante l'aspetto fonetico non sia molto simile. Si noti la differenza di sibilante, la metatesi vocalica e il fatto che la parola iberica è anche un sostantivo mentre quella basca soltanto un aggettivo. 

Attestazioni: uśtalaibi, ustainabaŕ-ar (genitivo), ustarike, ISTAMIUR-IS (gen. lat.) 

Il prossimo passo sarà la trattazione esaustiva dei morfi iberici non pertinenti al dominio dell'onomastica personale, in particolare dei verbi. Sono convinto che da tutto questo si potranno porre le basi per capire in che modo il protobasco e l'iberico, lontani parenti, si sono separati dal comune antenato. Se in Italia nessuno si occupa di questi argomenti, spero che in Spagna gli studiosi avranno accesso a questo mio materiale, che proprio per la sua audacia potrebbe contribuire al progresso delle conoscenze.

sabato 26 dicembre 2015

ANCORA SULLA LINGUA AQUITANA

Proseguiamo la nostra analisi di antroponimi e teonimi della lingua parlata dagli Aquitani e dai Vascones, iniziata con una descrizione delle principali radici e di alcuni morfemi.

ABI- "proprio; proprietà"
    basco nerabe 'servo' < 'mia proprietà'
Compare in due composti: 

    ABISUNHARI (dat. lat.) "il proprio olmo"
   ABISUNSONIS (gen. lat.) "la propria fibra" 
  Il primo antroponimo è attestato in un'iscrizione di Lerga, il secondo in un'iscrizione di
Ízcue. La voce SUNHAR, che si trova in basco come zunhar, zumar, etc., sarà un composto di zur "legno" e di ar "maschio": alla lettera "albero maschio". L'elemento suns- sembra formato dalla stessa radice di sunhar, ma con diverso suffisso. In basco attuale è zuntz, che significa "fibra". Evidentemente in origine il significato doveva essere "fibra di legno".
   Possiamo fornire un vocabolo basco formato in modo simile agli antroponimi di cui sopra:
abaritz 'quercia coccifera'
   In aquitano la parola sarebbe *ABIHARIX- "quercia coccifera" < ABI- + ARIX-. Lo slittamento è stato "propria quercia" > "vera quercia"

   Anche in iberico esiste un simile elemento. Abbiamo infatti attestata la parola abiner in un'iscrizione bilingue (Caminreal), e la sua traduzione è il latino servus. Vediamo che iberico abiner "servo" corrisponde a basco ner(h)abe "servo" < *neure-(h)abe.
   L'esistenza degli antroponimi ispanici Abinericus e Abinnericus non nega affatto questa traduzione: sarebbe come dire che in latino la parola servus non può indicare lo schiavo perché esiste l'antroponimo Servius. È così confutato l'articolo di Moncunill e Velaza sull'argomento. 
   L'elemento in questione non va confuso con il quasi omofono basco habe "palo, trave", che deriva da un precedente *kabe (cfr. abar "ramo"-kabar) e che avrebbe k- anche in iberico.

AGEIO- "apparenza, aspetto"
   basco agi 'apparenza'
La parola è formata dalla stessa base di AGIR- "appariscente", basco ageri "manifesto".

ARHE "coraggio" < "fegato" 
   basco arhi 'fegato'
Teonimo maschile: ARHE D[EO] [OPT]IM[O] (Lombez). Evidentemente un dio della guerra.

BARHOS- "recinto (di alberi, sterpi, etc.)"
   basco berho, berro 'terra lavorata; recinto vegetale'  
   sardo (neolatino) barrasone 'setto di sterpi' < paleosardo
Attestato con la desinenza latina del genitivo: BARHOSIS (CIL 13, 39).

BEGI "occhio; guardiano" 
   basco begi 'occhio'
   iberico biki(r) /'bigi(ṛ)/ 'occhio; guardiano'
Attestato nel teonimo LACUBEGI in un'iscrizione di Uxue. Si tratta di una divinità degli Inferi che corrisponde ad Ade. È, alla lettera, il Guardiano delle Parvenze.

BELLAIS- "cornacchia"
   basco bele, bela 'cornacchia'
Attestato come genitivo: BELLAISIS (CIL 13, 53). L'uso di una consonante liquida doppia è eccezionale, ma è ben confermato dall'immagine della stele: la trascrizione *BELAISIS non è fondata. Non è chiaro il suffisso -IS-. La stessa radice è attestata come BELHEIO- in BELHEIORIGIS (gen.).  

BEREXE "se stessa"
   basco bere 'egli; ella'
Attestato come antroponimo femminile: BEREXE SEMBI FILIA (Gorrochategui, 2003). L'iscrizione, contenente materiale onomastico aquitano, è stata trovata a Hagenbach, in Germania, assieme a numerose altre, segno che una comunità intera era stata deportata. 

BORROCO- "lottatore"
   basco borroka 'lotta, battaglia'
Antroponimo attestato con desinenza latina del genitivo: BORROCONIS (CIL 13, 30). Il suffisso non è chiaro, potrebbe trattarsi di un'influenza latina o celtica. Le proposte etimologiche dei vasconisti citate nel dizionario di Agud e Tovar per la voce borroka appaiono inconsistenti. 

CALIXSO- "chicco di grano"
   basco gari 'grano' < *gali
   iberico kalir 'grano'
   paleosardo GALILLENSES (etnon.)
Attestato come antroponimo con desinenza di genitivo latino: CALIXSONIS (CIL 13, 54).

EDER- "bello" 
   basco eder 'bello'
Attestato con un suffisso diminutivo onomastico: FABIA EDERETTA (CIL II 2976).

GERE- "roccia" 
   iberico keŕe 'pietra, roccia'
   basco gerenda 'roccia' < iberico
   paleosardo KERE 'pietra, roccia'
Teonimo maschile. Compare con un suffisso -X-, come dativo lat. SUTUGIO GEREXO (CIL 13, 164), che allude di certo al culto di un dio della pietra del focolare (vedi SUTUGIO).  
Dall'iberico è giunta in basco la voce gerenda "roccia".  Evidentemente questa radice esisteva anche in aquitano, come provato dall'onomastica.

LACU- "parvenza, somiglianza"
   basco lako 'somigliante a'
Il termine, documentato nel teonimo LACUBEGI (vedi sopra). Si noterò che in iberico si ha un simile antroponimo, ma con l'ordine dei membri invertito: bikilako /bigi'lako/. Difficile credere che tra le due forme non esista alcun nesso. 

ODOX- "cane maschio" :
    basco (h)or 'cane' + -dots (variante di -ots)
Attestato con desinenza latina del dativo: ODOXO (CIL 13, 268; CIL 13, 11011). Notare l'assenza di aspirazione nella forma aquitana. Questo composto non si è preservato in basco.  

ORCO-, ORGO- "fonte, scaturigine"
    basco: -
    paleosardo: ORGA, ORGO- 'fonte, scaturigine'
Documentati in
ORGOANNO (CIL 13, 80), ORCOTARRIS (CIL 13, 342), ORCUARI (CIL 13, 461) e ORGOT(I) (Epigraphische Datenbank Heidelberg HD016958). È notevole questa testimonianza di una radice scomparsa in basco e conservatasi in Sardegna.

SONBERABON- "crema, formaggio molle"  
    basco zenbera 'formaggio molle'
Attestato con desinenza di genitivo latino nell'antroponimo SONBERABONIS (CIL 13, 157).
In basco troviamo forme estese come zenberauen (ant. basso navarrese) e zendereben (alto navarrese) < *zenbereben con dissimilazione. In latino ca:seus "formaggio" poteva usarsi nell'idiomatica per indicare una persona amabile (in Plauto abbiamo dulciculus caseus e meus molliculus caseus). È possibile che in aquitano si usasse un'idiomatica simile. 

SUTUGI- "focolare"
    basco su 'fuoco' + tegi 'luogo'
Attestato come dativo con la desinenza latina: SUTUGIO (CIL 13, 164 e altre).  

Numerosi sono i prestiti indoeuropei, non necessariamente celtici. 

ABEL(L)IO(N)N- "dio delle mele" 
  < IE precelt.
Attestato al dativo: ABELLIONNI, ABELIONI, ABELIONO, etc. (es. CIL 13, 337). Il nome, corrispondente del celtico *aball- "mela": tardo gallico avallo "mele" (Glossario di Vienne), antico irlandese ubull "mela", gallese afal /'aval/ "mela"). Doveva avere un profondo significato religioso, come dimostrato dal mito britannico della Terra di Avalon.

ALARDOS(S)- "cervo maschio" 
  < IE precelt.
La radice ALAR- si trova attestata con l'aggiunta dell'elemento -DOS(S)-, che significa "maschio" (con numerose varianti). Si trova come dativo ALARDOSSI (CIL 13, 48) o ALARDOSTO DEO (CIL 13, 313). Si vede che il prestito è avvenuto da una forma antica di lingua indoeuropea, dell'ondata "idronimica" che ha la vocale /a/ dove le lingue IE occidentali storiche hanno invece /o/.

BORIENN- "sommo" 
  < IE precelt. gwer- 'montagna'
Attestato come dativo: BORIENNO DEO (CIL 13, 301). Corrisponde alle forme teonimiche lusitane Bora e Borea segnalatemi da Octavià Alexandre. Chiaramente -ENN- è il suffisso superlativo. Questa radice non ha lasciato superstiti in basco.

BORTO- "alto"
   < IE precelt.
Attestato come BORTUS e BORTOSSUS, con desinenza latina (Gorrochategui, 1984). È ben possibile che sia un prestito IE preceltico < *bhorkto-, adottato come *BORTO e parallelo al successivo vocabolo basco bortitz "violento", che proviene dal parente latino fortis.
Un falsi parente è basco bort "bastardo" (cfr. catalano, prov. bord < lat. burdu(m) "mulo", di origine iberica). 

DUSANHAR- "animale maschio" 
Attestato con l'uscita del genitivo latino in -isDUSANHARIS (Sofuentes).
Ritengo che contenga -HAR "maschio" (basco ar 'maschio'): anche se sarebbe preferibile un esito in -HARRIS, non mancano casi di rotica forte trascritta con una semplice -r-. La radice DUSAN- deve essere un prestito. Potrebbe provenire da IE *dhwes- "fumo", gallico *dusios "demone" (attestato come glossa lat. dusius). Compare anche nel basco tusuri "bestia", che però mostra una consonante sorda. Nel qual caso potrebbe significare "animale maschio" o "demonio maschio". Tuttavia la morfologia è abbastanza incerta. 

MONS- "elevato"  
   < IE precelt.
Latinizzato in MONSUS (CIL 13, 301). La radice si trova nel latino mo:ns e nel celtico *monios > gallese mynydd "monte".

OLON- "cervo"
   basco orein 'cervo' < *oleni
   < IE precelt.
La radice è attestata nel toponimo OLONTIGI. La base non è attestata in questa forma in celtico. 

-PENN- "importante; potente"
   basco: ben 'serio; importante', men 'potente' 
Attestato con una desinenza del genitivo latino nell'antroponimo SENIPENNIS (CIL 13, 125), se la lettura verrà confermata, come appare probabile. La forma di base deve essere stata *BENN-: il trattamento fonetico è analogo a quello di BONN- "buono" in SENIPONNIS. Pare un antico prestito dal gallico *penno- "testa", se si ammettesse uno slittamento semantico da "testa" a "capo", quindi a "importante; potente". In ogni caso non mi risulta che nelle lingue celtiche note tale slittamento abbia avuto luogo. 

SEND- "forte, robusto" 
   basco sendo 'robusto'
Attestato come genitivo con suffisso latino: SENDI (CIL 13, 2). A parer mio l'attestazione aquitana confuta l'etimologia della parola basca dal latino exemptus, anche se le varianti sentho (zuberoano) e sento, sonto (roncalese) rimangono problematiche. Esiste la possibilità che la voce sia di origine IE preceltica, parallela a gotico swinþs "forte", e che -nd- sia un esempio precoce di sonorizzazione.
Il lemma basco sendor "catasta di legna" non è adatto a spiegare l'antroponimo aquitano.

Abbiamo fatto grandi progressi nella comprensione degli antroponimi e dei teonimi aquitani, ma vi sono ancora voci che resistono ad ogni tentativo di spiegazione o che in ogni caso si presentano troppo incerte. Eccone una lista: 

ACAN 
Antroponimo, attestato come dedicante di una stele (CIL 13, 130) al dio XUBAN (vedi sotto). Alcuni leggono AGAN, ma dall'immagine della stele questa lettura non mi sembra giustificata. Potrebbe provenire da una lingua sconosciuta e non aquitana. 

ACCATEN
Attestato come nominativo non marcato (CIL 13, 555). Mostra un suffisso accrescitivo, ma la radice permane oscura.

ARSERR-
Attestato con desinenza latina del genitivo: ARSERRIS (CIL 13, 95). Se AR- potrebbe essere la parola per "maschio", anche se in aquitano è HAR- quando ricorre come primo membro di un composto, -SERR- è decisamente enigmatico. Altrimenti è possibile dividere ARS- + ERR-, ma si noterà che in aquitano HARS- "orso" ha l'aspirazione iniziale come in basco hartz id. 

ARSILUNN-
Attestato con desinenza latina del dativo: DEO ARSILUNNO (Argein). È chiaramente formato con ILUNN- "scuro", ma il primo membro del composto è problematico. 

CAHENNA
Antroponimo femminile (ILTG 136, Lasséran). Forse da connettersi con le oscure forme basche kaheka (basso navarrese) e kahaka (zuberoano) "gufo femmina". In ultima istanza potrebbe essere parente del gallico *cavannos "gufo" (attestato come glossa lat. cavannus), se l'aspirazione può essere un separatore iatale nato dalla scomparsa del celtico /w/.

CUNDUESE-
Attestato come dativo CUNDUESE-NI (CIL 13, 125), è un femminile, formato con il noto suffisso -SE. La base tuttavia rimane oscurissima. 

DAHO
Attestato come dativo: DAHO DEO (CIL 13, 87). A rigor di logica deve trattarsi di un prestito, come provato dalla consonante iniziale. Potrebbe essere un termine celtico col senso di "fuoco" o di "ardente" (< *da:w-), se l'aspirazione è un separatore iatale derivato dalla scomparsa di un antico /w/

DERRO
Antroponimo maschile oscurissimo (CIL 13, 30). Data l'iniziale, deve trattarsi di un prestito. Non sembra che possa essere un celtismo. 

ELIAMAR
Antroponimo oscurissimo, che ricorre assieme a USOCAR (Sacaze n. 355, vedi sotto). Non sembrano esserci paralleli in alcuna lingua conosciuta. 

EBERR-
Teonimo maschile attestato con desinenza di dativo latino: DEO EBERRI (ILTG 53, Gensac-de-Boulogne). Potrebbe significare "cinghiale" ed essere un prestito da una forma di indoeuropeo preceltico.

ER(R)IAPE
Teonimo maschile attestato in numerose iscrizioni trovate a Saint-Béat: DEO ERIAPE, DEO ERRIAPE. Anche con desinenza latina del dativo: DEO ERIAPO, ERRIAPO DEO, ma anche ERIAPPO. Non mi è chiaro se possa andare con la radice ERRE- "ardere" presente in ERRENSAE (dat.); la frequenza di forme con -R- semplice mi fa propendere per il no.  

FAFIER-
Attestato come genitivo con suffisso latino: HAHANTEN FAFIERI UXOR (CIL 13, 173). Non ha l'aria di essere un nome aquitano, per via della presenza della fricativa /f/. Non è tuttavia facile fare un'ipotesi sulla sua natura. Non può neppure essere un celtismo.

GELAIS 
Oscuro sia a livello di radice che di morfologia (Sacaze n. 303). Si può soltanto dire che è improbabile che -IS sia una desinenza latina del genitivo: in genere questa si aggiunge a un tema in vocale come -N-IS, e un simile uso è notato anche in antroponimi paleosardi. Più plausibile quindi che GELAIS non sia analizzabile.

HARAUSON-, HAROUSONN- 
Attestato come dativo: HARAUSONI (CIL 13, 78) e HAROUSONNI (Sacaze n. 199). L'aspetto e la variante in -ou- farebbero pensare a un prestito gallico, ma potrebbe ben trattarsi di una suggestione ingannevole, vista anche la presenza di un'aspirata iniziale - a meno che non sia un residuo di un'antica *p- scomparsa. Non credo che possa essere una variante di HERAUS- "cinghiale"

HARONTARR- 
Attestato al genitivo con suffisso latino: HARONTARRIS (CIL 13, 289). La radice potrebbe essere una variante di NAR(H)UN-, NARHON- "nobiltà", ma la cosa non è del tutto certa, così includo l'antroponimo in questa sezione.  

HOTARR-
Attestato con suffisso latino del genitivo: HOTARRIS (CIL 13, 267). Non è affatto certo che sia una variante di HONTHARR- (CIL 13, 306). Una radice *HO- indipendente risulta tuttavia incomprensibile. Se invece fosse una semplice varante di HON- "piede; colle" (basco oin 'piede'), si dovrebbe rilevare una netta divergenza dal trattamento di questa radice in basco.

HUNNU
Nome maschile, del tutto incomprensibile (CIL 13, 334). Si fa notare che la morfologia è del tutto isolata. Potrebbe essere un antroponimo di una popolazione di lingua sconosciuta e non aquitana.

ISCI-
Documentato come teonimo con un suffisso diminutivo: ISCITTO DEO (CIL 13, 00335). Non mi paiono convincenti paralleli le forme basche iski "affanno, ansia" e iski, izki "leggero, insignificante".

ITTI-
Attestato con un suffisso diminutivo, al genitivo: ITTIXONIS (CIL 13, 17). La radice compare anche in paleosardo, ad esempio nel toponimo ÍTTIRI, ma non ho ancora trovato una spiegazione soddisfacene. Non ho trovato esiti baschi documentati.

LAHE
Teonimo femminile: LAHE DEAE (CIL 13, 143). Navighiamo in alto mare, senza la benché minima idea di possibili paralleli. Nonostante l'aspetto fonetico perfettamente compatibile con la fonotattica protobasca, non ho trovato esiti baschi documentati.

LESURIDANTAR-
Attestato come patronimico con la desinenza latina del genitivo: LESURIDANTARIS (CIL II 2900). La formazione è enigmatica.
 

LEXEIA
Nome femminile (CIL 13, 64). La base, LEX- è oscura. La formazione femminile in -EIA è presente anche in altri casi (BELEXEIA, etc.). Un'iscrizione trovata a Lès (Valle d'Aran), che riporta un dativo LEXI DEO è a quanto pare opera di un falsario. 

ODANN-
L'antroponimo potrebbe essere formato dal corrispondente del basco (h)or "cane" e dalla voce DANN- "guardiano", che si trova anche in celtico. Tuttavia la formazione appare decisamente singolare e non sono affatto certo che questa analisi sia attendibile, così includo la voce in questa sezione. 

OSCITAR-
Attestato come genitivo: OSCITARIS (ILTG 138). Con ogni probabilità deriva da un toponimo, col tipico suffisso -TAR.
 

PIANDOSSONN-
Attestato come genitivo con suffisso latino: PIANDOSSONNII FILIUS (CIL 13, 124). Se è chiaro che si tratta di un composto di ANDOSS-, il primo membro del composto è incomprensibile e incompatibile con la fonotattica protobasca. 

SERHUHOR-
Attestato con l'uscita del genitivo latino in -is: SERHUHORIS (Hispania Epigraphica 16131).
Ritengo che contenga -HOR "cane" (basco (h)or 'cane'), già visto in ODOX- e sospettato in ODANN-, ma la prima parte del composto è a dir poco enigmatica. La -r- debole della parola basca sarebbe perfettamente in linea con l'attestazione aquitana.

SEXSARBOR-
Potrebbe essere interpretato come latino SEX ARBORES, e in effetti si trova un dativo plurale SEX ARBORIBUS (CIL 13, 129). Tuttavia la presenza della forma singolare SEXSARBORI DEO (CIL 13, 132), oltre alla grafia -XS-, invita a rinunciare all'identificazione.

SIHAR-
Attestato con desinenza latina di genitivo: SIHARI FILIUS (Saint-Aventin).

SIRICCO-
Attestato al dativo: SIRICCONI F(ILIO) (CIL 13, 265), Naturalmente non può avere nulla a che fare con basco ziriko "seta", che è dal latino sericu(m). Non può neanche essere connesso con basco zirin "escrementi di uccelli", per ovvi motivi semantici.

SOMENAR-
Attestato come genitivo SOMENARIS (Sacaze n. 403)
.

ULOHOX-
Attestato come genitivo ULOHOXIS (CIL 13, 334) e come dativo ULOHOXO (CIL 13, 170). C'è anche una variante ULOHOSSII (ILTG 136, Lasséran). Direi che a giudicare dal suffissoide -HOX- "maschio" deve essere il nome di un animale, soltanto che non è chiara la radice ULO-. Potrebbe essere connessa a basco urubi "allocco" < *ulubi, ma questo è ben lungi dall'essere certo. 

ULUCIRR-
Formato dalla stessa base di ULOHOX- (vedi sopra): in un'iscrizione (CIL 13, 00170) si trova ULOHOXO ULUCIRRIS. Questa constatazione tuttavia non è di grande aiuto. 

USOCAR
Attestato in un ex voto nella formula onomastica ELIAMAR USOCAR (Sacaze n. 355). Non sembrano esserci paralleli in alcuna lingua nota.

XUBAN
Un teonimo enigmatico (CIL 13, 130). Potrebbe provenire dalla lingua di una popolazione sconosciuta e non aquitana.

Occorre infine menzionare il fatto che esistono numerosi falsi teonimi pirenaici, ad esempio ARAM, ARMASTON, ISORNAUS, NARDOSION, TEIXONOX, TEOTAN-. Alcuni sono dovuti a cattive letture, altri a falsificazioni consapevoli. Tra questi falsi, ne discutiamo uno particolarmente interessante.

HELIOUCMOUN- 
Attestato al dativo in un ex voto che sarebbe stato trovato a Martres-Tolosane: HELIOUCMOUNI DEO (Du Mège, 1814). Oggi è ritenuto un falso coniato dallo stesso Du Mège, e il monumento su cui l'iscrizione sarebbe stata incisa non si trova da nessuna parte. Il teonimo era stato costruito, non senza ingegno, come un nome preso a prestito dal greco, traducibile con "Cammino del Sole". L'intenzione dell'autore era di produrre un termine della religione dei Druidi.