mercoledì 15 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE L'ESCRESCENZA DELL'OSSO

Testo in longobardo (ricostruito), con istruzioni in latino:

CONTRA OBERPAIN.
LIGNUM DE SEPE UEL ALIUNDE SUMPTUM PONE SUPER OBERPAIN FACIENS CRUCEM ET TER DICENS PATER NOSTER, ADDITIS HIS TEUTONICIS UERBIS: 

IH PISUARIU THIH, OBERPAIN, PI THEMO ULZE, THA THER ALMACTIGO GOD AN ORSTERPAN GUILDA THUR MANNISCON SUNDAS, THAZ THU SUINIST ANDI IN AL SUACCHOST.
SI HOC TRIBUS DIEBUS DILUCULO FECERIT, OBERPAIN EUANESCERE CITIUS UIDEBIS.  

Trascrizione fonologica (semplificata):

/'kontra 'ɔberpain.
'lignum de 'sepe vel a'ljunde 'sumptum 'pone super 'ɔberpain 'fatsjens 'krutsem et 'ter 'ditsens 'pater 'noster, 'additis is teu'tonitsis 'verbis :
iç pi'swarju θiç 'ɔberpain pi θɛmo 'ultse, 'θa: θɛr al'makti:go 'gɔd an or'stɛrpan 'gwilda θur 'mannisko:n 'sundas, θats θu: 'swi:nist andi in 'al 'swaχχo:st.
si 'ok 'tribus di'ebus di'lukulo 'fetserit, 'ɔberpain evan'essere 'tsitsjus vi'debis/ 

Per la pronuncia delle parole latine in questo genere di formule rimando a quanto specificato a proposito dell'incantesimo per curare la paralisi del cavallo

Traduzione: 

Contro il soprosso. Metti sopra il soprosso il legno di una siepe o ricavato da qualche altra parte, facendo una croce e dicendo tre Padre nostro, aggiungendo queste parole tedesche: ti scongiuro, soprosso, per il legno sul quale Dio onnipotente volle morire per i peccati degli uomini, che tu sparisca e ti indebolisca completamente. Se farai questo per tre giorni all’alba, vedrai presto sparire il soprosso.

Testo di partenza in antico alto tedesco (latino-francone, XII sec.):

Contra uberbein.
Lignum de sepe uel aliunde sumptum pone super uberbein faciens crucem et ter dicens pater noster, additis his teutonicis uerbis: Ih besueren dich, uberbein, bi demo holze, da der almahtigo got an ersterban wolda durich meneschon sunda, daz du suinest unde in al suacchost*.
Si hoc tribus diebus diluculo feceris, uberbein euanescere citius uidebis. 

*Altri riportano suachost.

Per approfondimenti rimando al lavoro di Eleonora Cianci (2004).

Commenti: 

Il termine francone ersterban "morire" è ben attestato nei testi in a.a.t.: irstërban, urstërban, arstërban e anche senza prefisso, stërban, stërpan. Il prefisso er-, ir-, ar-, ur- deriva dal protogermanico *uz- (gotico us-, uz-). Queste variazioni vocaliche sono state causate dal rotacismo dell'antica sibilante sonora, che ha prodotto un precoce Umlaut (senza relazione alcuna con quello causato da -i- atona). In longobardo ricostruito è OR-, ER- (cfr. ERRAHIT "paralizzato") se atono (nei verbi), mentre è OR- se tonico (nei sostantivi). Si noterà che uno dei più nobili termini giuridici del latino medievale, ordalium "giudizio di Dio", permette di ricostruire la forma longobarda ORDAIL /'ɔrdail/, variante ORDALI /'ɔrda:li/ < *uz-daili(ja)-. La radice da cui il composto deriva dà invece longobardo ricostruito TAIL "parte" (la sonora d- si conserva in taluni casi nei composti). In a.a.t si ha urteil, variante urteili "giudizio, sentenza". Anche il tedesco moderno mantiene la forma Urteil, con vocale /u/.

Il termine francone suinest deriva dalla protoforma germanica *swi:nanan "sparire". Esiste anche una protoforma *swindanan "sparire", cfr. tedesco moderno schwinden "diminuire". In longobardo ricostruito abbiamo sia SUINAN /'swi:nan/ che SUINDAN /'swindan/.

Per il termine francone sua(c)chost, cfr. a.a.t. swahhōn, swachōn "indebolirsi", tedesco moderno schwach "debole".

Nel suo lavoro, Eleonora Cianci riporta un interessantissimo testo in tedesco moderno che mostra sorprendenti analogie con quello antico, a riprova di come spesso le conoscenze umane non muoiano ma scorrano attraverso i secoli come fiumi carsici. 

Gegen das Oberbein:
Der Mond, den ich sehe, der nehme zu,
und mein Oberbein, das cih bestreiche,
Das nehme ab
Wie der Tote im Grab.
Im Namen Gottes usw.
 

Un'altra formula contro l'escresceza ossea, in latino, si deve a Ildegarda di Bingen:

Apis de calore solis est, et aestatem diligit, sed et velocem calorem habet, ita quod frigus pati non potest. Et si alicui uberbeyn crescit, aut si aliquod membrum de loco suo motum est, aut si aliqua membra contrita sunt, apes quae in vasculo suo mortuae sunt, et non vivas accipiat, et sufficienter ex eis in lineum pannum istum apibus interius consutum in baumoleo sveysze, et eumden pannum dolenti membro superponat, et hoc saepe faciat, et melius habebit.
(Physica, Liber subtilitatum diversarum creaturarum)

Si noti la parola m.a.t. uberbeyn "soprosso" presente nel testo. Un altro frammento m.a.t. è in baumoleo sveysze, che si tradurrà "nel sudore di olio d'albero". Questo "sudore di olio d'albero" è a quanto pare il semplice olio di oliva. In antico alto tedesco si aveva soltanto olei, oli "olio" (< lat. oleum). In medio alto tedesco sono comparse forme composte con boum "albero", come boumolei, boumoleum, boumoleo, boymoleo, etc. La declinazione latina non era ben compresa dai parlanti, così la forma latina ha dato origine a tutta una serie di desinenze sclerotizzate. L'opera di Ildegarda contiene moltissime parole germaniche degne di nota, incorporate nei suoi testi in latino medievale. Basta dare un'occhiata alle sue pagine per raccoglierne in gran numero: 

amsla "merlo"
  longobardo ricostruito AMPSELA 

biber "castoro" 
  longobardo ricostruito
PIPOR 

cungelm "scricciolo"
  longobardo ricostruito CHUNINGELM 

dasch "tasso" (animale) 
  longobardo ricostruito THAX 

eichorn "scoiattolo" 
  longobardo ricostruito AICHORNO 
 

gans "oca" 
  longobardo ricostruito GANS 

glimo "lucciola" (insetto)
  longobardo ricostruito GLIMO 

hamstra "marmotta"
  longobardo ricostruito AMISTRA 


harmini "ermellino" 
   longobardo ricostruito ARMO 

humbelen "ape terrestre"
  
longobardo ricostruito UMPOL 

illediso "puzzola" 
  longobardo ricostruito ILLINDISO 

isenbrado "martin pescatore"
   longobardo ricostruito ISENPRADO,
   ISARNO
 

luchs "lince" 
   longobardo ricostruito LUX

marth "martora" 
   longobardo ricostruito MARTH, MARD

mugga "pappataci, flebotomo"
   longobardo ricostruito MUCCA 

mus "topo"    
longobardo ricostruito MUS 

nachtgalla "usignolo"
  longobardo ricostruito NACTEGALA 

nebelkraha "corvo incappucciato" 
  longobardo ricostruito NEBULCRAHA 

otther "lontra" 
  longobardo ricostruito OTTAR 

rech "capriolo"
   longobardo ricostruito RAIH, RAH 

reyger "airone" 
  longobardo ricostruito ACHIRO, AHIRO 

sperwere "sparviero" 
  longobardo ricostruito SPARUARI 

spiczmus "toporagno" 
  longobardo ricostruito SPITZEMUS 

steynbock "stambecco" 
  longobardo ricostruito STAINEPOCH

swinegel "riccio" 
  longobardo ricostruito ICHIL, IHIL 

vedehoppo "upupa" 
  longobardo ricostruito GUIDEOPPHO 


vynco "fringuello"
   longobardo ricostruito FINCHO 

wachtela "gallo cedrone"
   longobardo ricostruito GUACTELA 

wasser marth "martora d'acqua" 
   longobardo GUATZEMARTH

wespa "vespa"
   longobardo ricostruito GUASPA 

wisand "bisonte" 
   longobardo ricostruito GUISAND 

wisela "donnola" 
  longobardo ricostruito GUISILA 

domenica 12 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE IL MAL CADUCO

Testo in longobardo (ricostruito), con introduzione e altre parti in latino:

CONTRA CADUCUM MORBUM
ACCEDE AD INFIRMUM IACENTEM ET A SINISTRO USQUE AD DEXTRUM LATUS SPACIANS, SICQUE SUPER EUM STANS DIC TER:
THONOR THUTIGO, THEUDEUIGO! 
THAU QUAM THES TIUFOLES SUNO, UF ADAMES PRUCCON, ANDI SCHITODA AINAN STAIN ZO GUIDE. THAU QUAM THES ADAMES SUNO, ANDI SLOH THES TIUFOLES SUNO ZO AINERU STUDON. PETRUS CASANTIDA PAULUM SINAN PRODER THAZ ER ADERRUNA ADERON FERPUNDI, FERPUNDI THEN PANDON. FERSTEZ ER THEN SATANAN. ALSUA TON IH THIH UNRAINER ATHMO FRAM THISEMO CHRISTINON LICHAMON. SUA SCAIRO IH MIT THEN ANDON THEA ERDA PIRORIU. POST HEC TRANSILIAS AD DEXTRAM ET DEXTRO PEDE DEXTRUM LATUS EIUS TANGE ET DIC: STAND UF GUAZ GUAS THIR. THER GOD CAPAUT THIR IZ. HOC TER FAC ET MOX VIDEBIS INFIRMUM SURGERE SANUM. 
 

Trascrizione fonologica (semplificata): 

/'kontra ka'dukum 'morbum
ats'tsede ad in'firmum ja'tsentem et a si'nistro 'uskwe ad 'dekstrum 'latus 'spatsjans, 'sikkwe super 'eum 'stans et 'dik 'ter :
'θɔnor 'θu:ti:go 'θeud'e:wi:go
θau 'khwam θɛs 'tiufoles 'suno u:φ 'adames 'prukko:n, andi 'skito:da ainan 'stain tso: 'gwide.
θau 'khwam θɛs 'adames 'suno andi 'slo:χ θɛs 'tiufoles 'suno tso: 'aineru 'stu:do:n
'petrus ka'santida 'paulum si:nan 'pro:der θats er 'a:derru:na 'a:dero:n fer'pundi, fer'pundi θe:n 'pandon. fer'ste:ts 'ɛr θɛn 'satanan. 'alswa: 'to:n iç 'θiç, 'unraine:r 'a:tmo, fram 'θisemo 'kristi:non 'li:ççamon. swa: 'skairo iç mit θe:n 'andon θea 'ɛrda pi'ro:rju. post 'ek tran'siljas ad 'dekstram et 'dekstro 'pede 'dekstrum 'latus 'ejus 'tanje et 'dik : 'stand 'u:φ, gwats 'gwas θir. θɛr 'gɔd ka'paut 'θir its. ok 'ter 'fak et 'moks vi'debis in'firmum 'surjere 'sanum/ 

Per la pronuncia delle parole latine in questo genere di formule rimando a quanto specificato a proposito dell'incantesimo per curare la paralisi del cavallo.   

Traduzione: 

Contro il morbo caduco.
Avvicinati al malato che sta disteso e, protendendo<ti> dal lato sinistro al destro e stando così sopra di lui, di’: 
Donar* Tonante, Eterno del Popolo!
Allora venne il figlio del Diavolo sul ponte di Adamo e spaccò una pietra sul legno. Allora venne il figlio di Adamo e uccise il figlio del Diavolo a un ramo.
Pietro mandò suo fratello Paolo perché legasse la runa delle vene alle vene, <la> legasse con legacci. Egli cacciò fuori Satana. Allo stesso modo faccio io con te, spirito immondo, da questo corpo cristiano, così velocemente come io tocco la terra con le mani. E tocca la terra con entrambe le mani e di’ un Padre nostro.
Dopo questo, passa a destra e tocca il piede destro dal lato destro e di’:
Alzati! Cosa avevi? Dio te lo ordinò! Fai questo per tre volte, e subito vedrai il malato alzarsi sano.

*Corrisponde a Thor, teonimo universalmente noto ai lettori. 

Testi di partenza:

1) Testo in antico alto tedesco tardo (francone renano, XII sec.):

Contra caducum morbum.
Accede ad infirmum iacentem et a sinistro vsque ad dextrum latvs spacians. sicque super eum stans dic ter.
Donerdutigo. dietewigo.
do quam des tiufeles sun. uf adames bruggon. unde sciteta einen stein ce wite. do quam der adames sun. unde sluog des tiufeles sun zuo zeinero studon. petrus gesanta. paulum sinen bruoder. da zer aderuna. aderon ferbunde pontum patum. ferstiez er den satanan. also tuon ih dih unreiner athmo. fon disemo christenen lichamen. so sciero so ih mit den handon. die erdon beruere. et tange terram utraque manu. et dic pater noster. Post hęc transilias ad dextram et dextro pede dextrum latus eius tange et dic. stant uf waz was dir. got der gebot dir ez. hoc ter fac. et mox uidebis infirmum surgere sanum.

2) Testo in antico alto tedesco tardo (bavarese, XI sec.):

pro cadente morbo
Doner dutiger
diet mahtiger
stuont uf der adamez prucche schitote den stein zemo Wite.
Stuont des adamez zun. unt sloc den tieules zun. zu der studein.
Sant peter. sante zinen pruder paulen daz er arome adren ferbunte frepunte den paten. frigezeden samath friwize dih unreiner atem. fon disemo meneschen.
zo sciero zo diu hant wentet zer erden.
ter cum pater noster. 

Per approfondimenti rimando al lavoro di Eleonora Cianci (2004).

Commenti: 

Giustamente si è visto nell'incantesimo francone renano e nel suo analogo bavarese un'eredità dell'epoca in cui i missionari cristiani combattevano contro il paganesimo dei Germani. Il tema del duello tra Cristo e Donar (Thor) si trova ben documentato. Tra i Sassoni pagani in guerra contro i Franchi era credenza comune che uno dei passatempi del dio rossochiomato fosse duellare con il dio dei cristiani. In Islanda è riportata la discussione tra un missionario e una valente poetessa, Steinunn Refsdóttir (Brennu-Njáls saga, ossia Saga di Njáll del rogo, cfr. Chiesa Isnardi). Steinunn affermò che Thor aveva sfidato a duello Cristo, chiedendosi con parole di scherno come osasse il nuovo dio confrontarsi con il dio dei Padri.

Esiste però anche un altro tema nel materiale a.a.t., che non è stato finora messo nella giusta evidenza. Nella mitologia scandinava, Thor combatte contro il gigante Hrungnir e riceve nel cranio il frammento di una cote (pietra per affilare). La maga Gróa cerca di estrarre il frammento di selce, ma non ci riesce: come conseguenza quel corpo estraneo continua a causare a Thor forti dolori e periodiche convulsioni. Le coti erano ritenute manufatti magici e pericolosi, tanto che non era permesso ai bambini usarle per giocare. Si deduce quindi che l'epilessia era ritenuta dai Germani il prodotto di questo problema cranico del fulvo figlio di Wotan. Nulla di più naturale quindi di una serie di invocazioni a tale divinità per guarire dal mal caduco. A riprova di questo, nel testo francone renano la divinità pagana viene invocata esplicitamente. Sono perciò indotto a credere che le formule siano rudimentali cristianizzazioni di qualcosa di più antico e che il motivo del duello tra Donar e Cristo sia soltanto un'innovazione successiva sovrapposta al racconto del frammento di cote conficcato nel cranio del dio pagano. Con ogni probabilità il duello originale era tra Donar e un gigante. Se così fosse, sarebbe Donar ad essere chiamato "Figlio di Adamo", mentre il nome del gigante sarebbe finito rimosso e sostituito da "Figlio di Satana". Non dimentichiamo infine che il nome norreno Hrungnir ha la stessa radice del gotico hrugga "bastone" (-gg- suona -ng-): nel materiale tedesco abbiamo una pietra scagliata e un ramo. La studiosa dell'Università di Chieti fa molti interessanti riferimenti a materiale biblico, tuttavia non si cura molto della religione nativa e conclude che non si riesce a giungere a un'interpretazione soddisfacente. 

A.a.t. Donerdutigo e Doner dutiger: l'aggetivo è una crux per i germanisti. Credo di poterne finalmente offrire una sicura soluzione. Elenchiamo le proposte finora fatte dagli accademici per passare poi a confutarle:

1) A.a.t. dutigo viene tradotto con "del popolo" e ritenuto corradicale di a.a.t. diota "popolo, gente", che è come il gotico þiuda "popolo, nazione", dal protogermanico *θiuðo: id. La Cianci aderisce a questa proposta, seppur obtorto collo.
2) A.a.t dutigo viene tradotto con "pettoruto" e ricondotto ad a.a.t. tutto, tutta "mammella, poppa". Secondo Grienberger, il riferimento sarebbe stato al torace muscoloso dell'Aso dalla barba rossa.
3) A.a.t. dutigo viene tradotto con "valente", riconducendolo a un vocabolo anglosassone *dytig, glossato con lat. valens. La proposta si trova in un testo della Catholic University of America (Studies in German, 1944, vol. 19-21), più vecchio del famoso chinotto di Leone di Lernia. 
4) A.a.t. dutigo viene tradotto con "benigno" e ricondotto al gotico þiuþeigs "buono, degno di lode".

Tutte queste proposte non sono soltanto errate, ma sono anche impossibili per elementari ragioni fonetiche.

1) A.a.t. dutigo non può aver nulla a che fare con diota. In nessuna varietà di germanico la forma protogermanica mostra qualcosa di diverso dal dittongo /iu/ (con l'accento sulla -i-). Se guardiamo anche le altre lingue indoeuropee in cui la radice è rappresentata, vediamo che tutte le forme attestate sono riconducibili a una protoforma IE col dittongo /eu/. Anche il latino totus /'to:tus/ "tutto", l'osco touto "cittadinanza" e tovtix "pubblico", così come le forme celtiche, mostrano regolari esiti di /eu/. Dove sarebbe dunque la variante con una /u/ semplice? Anche l'ittita tuzzi "armata" a parer mio ricade in quanto visto: la sua vocale /u/ è chiaramente il frutto di una monottongazione. Se un celtico *toutikos fosse l'antenato della voce a.a.t. dutig-, per avere /u:/ dovremmo essere in presenza di un prestito tardo e non si spiegherebbe d- iniziale, che viene regolarmente da th-2) Per prima cosa a.a.t. tutto, tutta "poppa" è una forma di origine basso tedesca dovuta a prestito. La forma genuina con II rotazione è documentata dal m.a.t. zutzel, glossato con Sauglappen "panno assorbente". Grienberger non si è accorto che il consonantismo non quadra per nulla e che d- sarebbe impossibile, perché evidentemente era uno studioso scadente. Inoltre tutto, tutta indica solo il seno femminile e non il torace maschile. Giova ricordare che a Thor è attribuita quella che i buonisti oggi chiamerebbero omofobia feroce. Soltanto insinuare che la divinità avesse atteggiamenti femminei o caratteristiche equivoche era un insulto che avrebbe portato i suoi fedeli a uccidere i responsabili della bestemmia. Tra i Germani una simile onta poteva essere lavata soltanto col sangue.   3) L'anglosassone *dytig "valente" non può essere corradicale al nostro dutig-. Non è proprio possibile, visto che la corretta parola anglosassone è dyhtig. In a.a.t. /χt/ non si semplifica mai in /t/. Evidentemente gli studiosi della Catholic University of America erano troppo distratti dalla presenza di bambini nell'ateneo per ricordare correttamente parole in antico inglese. 
4) La soluzione non è soddisfacente per il vocalismo e neppure per il consonantismo. Ci aspetteremmo *diedigo come riflesso di *θiuθi:ɣ- e *dietigo come riflesso di un'eventuale variante *θiuði:ɣ-. Resta il fatto che forme con un'antica /u(:)/ non se ne trovano.

In protogermanico abbiamo la radice verbale *θiutanan "fare rumore, tuonare", donde è formata una variante ablautica *θu:tanan, documentata ad esempio nel gotico wulfiliano þuthaurn /'θu:t-hɔrn/ "tromba" e nel norreno þútr "rumore", "frastuono". Noi ipotizziamo che in gotico esistesse un derivato *þuteigs /'θu:ti:xs/ "tonante", che sarabbe entrato in longobardo come prestito, a causa della forte influenza del germanico orientale su tale lingua. Così la forma longobarda si espanse nell'area bavarese e francone renana in un tempo in cui il mutamento da /t/ a /ts/ e a /s̪/ non era più attivo, ma in cui restava vivo l'adattamento di /θ/ con /d/. Questo portò alle forme dutigo (flessione aggettivale debole) e dutiger (flessione aggettivale forte). Tutto ciò è ben plausibile, vista la natura magica delle formule. La genuina forma a.a.t. del verbo è diozan "fare frastuono". Le forme corrispondenti in longobardo ricostruito sono THUZAN /'θu:tsan/ e THEUSSAN /'θeus̪s̪an/

A.a.t. zuo zeinero studon è una grave crux. Cianci traduce con "al suo ramo", come fanno molti altri accademici. La parola per dire ramo in questo testo è studa, con la flessione debole, gen. e dat. studon. Il problema, ben grave, è che c'è un errore marchiano. Tradurre zuo zeinero con "al suo" (dat. f.) è una palese assurdità. C'è un anacronismo, perché l'aggettivo possessivo sarebbe sinero! Potremmo supporre una traduzione errata. Qualche studioso avrebbe confuso zeinero col la forma moderna dittongata, interpretando incredibilmente z- iniziale come la s- sonora del tedesco moderno sein "suo"! L'errore si sarebbe poi propagato e nessuno se ne sarebbe accorto, nemmeno la Cianci. Il problema è che un aggettivo a.a.t *zein o *zeini non sembra esistere. Non c'è alcuna connessione con a.a.t. zein "ramo", che corrispondente a gotico tains "ramo" ed è di genere maschile. Infatti zuo zeinero è una contrazione di un più antico zuo zi einero. Tutto è iniziato da zi einero contratto in zeinero, rafforzato quindi con zuo. Reduplicazioni di questo tipo non sono rare.

A.a.t aderuna aderon: a quanto pare la corretta traduzione era finora impossibile. C'è chi etichetta il termine aderuna come ungedeutet, ossia "non interpretato". C'è chi considera la parola ostica come un nome proprio e non lo traduce, lasciando Aderun. C'è chi lo vede come semplice plurale della parola ādra, ādara "vena", cosa che dal punto di vista morfologico è impossibile. Cianci sorvola su aderuna, limitandosi a parlare di aderon, che è un dativo plurale. A parer mio sta per *āderrūna, un antico composto formato da ād(a)ra "vena" e da rūna "segreto, mistero", i.e."formula magica" o "segno magico".  

A.a.t. pontum patum: un altro passaggio difficile. Per alcuni sarebbe una fantasiosa abbreviazione di Pontium Pilatum (acc.), che non ha il minimo senso nel contesto. Il testo bavarese ha invece frepunte den paten, che potrebbe spiegarsi bene se paten stesse per panten "ai legacci". Senza il minimo senso è la proposta di vedere patum come voce del verbo beiten "spingere, impellere" non quadra assolutamente il vocalismo, oltre al fatto che è un verbo debole. Sbagliare è certo una cosa normale, ma questi sono errori che difficilmente uno si aspetta di trovare tra gli accademici. 

giovedì 9 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA UTILE PER IL FLUSSO FEMMINILE E PER LE FERITE

Testo in longobardo (ricostruito): 

TUMPO SAZ IN PERGHE MIT TUMPEMO CHINDE IN ARME
TUMP EEZ THER PERG, TUMP EEZ THAZ CHIND:
THER AILAGO TUMPO FERSECHINO THISA UNDA.
AD STRINGENDUM SANGUINEM.

Trascrizione fonologica (semplificata):

/'tumpo 'sats in 'pɛrge mit 'tumpemo 'khinde in 'arme
'tump 'e:ts θɛr 'pɛrg, 'tump 'e:ts θats 'khind
θɛr 'ailago 'tumpo fer'sɛxino θisa 'unda.

ad strin'jendum 'sangwinem/

Per la pronuncia delle parole latine in questo genere di formule rimando a quanto specificato a proposito dell'incantesimo per curare la paralisi del cavallo.

Traduzione:

Tumpo (uno Stupido) sedeva su un monte con un bimbo stupido in braccio.
La montagna si chiamava Tump, il bambino si chiamava Tump.
Il Santo Tumpo benedica questa ferita.
Per fermare il sangue.

Testo di partenza in antico alto tedesco (alemannico, XI sec.): 

Tumbo saz in berke mit tumbemo kinde enarme
tumb hiez ter berch, tumb hiez taz kint:
ter heiligo Tumbo uersegene tivsa uunda.
Ad stringendum sanguinem.

Commenti: 

Non è chiara l'origine di questo singolarissimo incantesimo. Eleonora Cianci (Università di Chieti) è convinta che si tratti di un calco dell'uso latino del verbo stupeo, da cui anche stupidus è formato. In seguito, stupidus sarebbe stato sostituito da stultus e quindi tradotto in germanico come tumbo, facendo perdere la trasparenza dell'originale. 

Questi sono i significati di stupeo riportati sul Dizionario Latino Olivetti online:

1) restare stupito, rimanere attonito, essere stupefatto
2) essere intontito, stordito
3) guardare con stupore, ammirare
4) fermarsi, arrestarsi, rimanere immobile
5) (delle acque) ristagnare; ghiacciare

Come si vede, esistono alcuni significati pertinenti: gli ultimi due. Dal concetto di fermare le acque facendole ristagnare o ghiacciare, si sarebbe arrivati infine a quello di fermare il sangue, anche se un simile slittamento semantico andrebbe documentato meglio. Personalmente questa proposta non mi convince molto. La radice protogermanica *dumb- doveva avere in origine sia il significato di "stupido" che quello di "muto". Non si trovano esempi dell'uso di questa radice per indicare l'arresto di un flusso di qualunque natura. Si tenga tuttavia presente che slittamenti semantici singolari si sviluppano spesso in modo indipendente in diversi contesti. Consideriamo ad esempio l'italiano incantare, che ha dato tra le altre cose incantarsi "restare attonito", donde anche "bloccarsi". Così abbiamo incantato "attonito", ma anche "bloccato", detto sia di persona che di congegni di vario genere (in passato di giradischi, poi di mangianastri o di videoregistratori, oggi anche di lettori mp3 o di altri programmi). 

La studiosa dell'Università di Chieti riporta un incantesimo in latino del X/XI secolo, che mostra singolari parallelismo con lo Scongiuro di Tumbo: 

Stulta femina super fontem sedebat
et stultum infantem in sinu tenebat
siccant montes, siccant valles, siccant venae,
vel quae de sanguine sunt plenae. 

Una donna stolta sedeva su una fonte e teneva in braccio un neonato stolto, si seccano i monti, si seccano le valli, si seccano le vene, che di sangue sono piene. 

Ne riporta anche un altro, di poco più antico (X sec.), ma risalente all'opera di Marcello Empirico (IV-V sec.): 

Carmen hoc utile profluvio muliebri:
Stupidus in montem ibat, stupidus stupuit;
adiuro te, matrix, ne hoc iracunda suscipias.

Carme utile per il flusso femminile: uno stupido andava sul monte, lo stupido si arrestò/si stupì; ti scongiuro, femmina, non incorrere nell’ira.

Questi testi latini, decisamente tardi, potrebbero tuttavia essere adattamenti del testo magico germanico e il nesso causale potrebbe dunque essere invertito. Il primo incantesimo (Stulta femina super fontem) è stato composto in ambiente germanofono, a Berna. Il secondo incantesimo (Stupidus in montem ibat) è stato trascritto da Marcello Empirico in un'epoca in cui nelle Gallie la presenza germanica era massiccia. Anche a costo di essere impopolare, concordo con Grimm nel ritenere che le radici di queste formule vadano cercate nella mitologia germanica. Il Santo Stupido e la donna stupida devono essere della stirpe dei Giganti.  

La forma a.a.t. uersegene è un ottativo presente. Nella lingua più antica il verbo era sëganōn, sëgenōn, della coniugazione in -ōn, quindi l'ottativo III pers. sing. era sëgano, sëgeno: evidentemente la diversa coniugazione in -en (< -*jan) dello Scongiuro di Tumbo è un'innovazione. L'origine di queste parole è dal latino signum, inteso come "segno della Croce", donde a.a.t. sëgan. La forma longobarda ricostruita è SECHIN, SEHIN /'sɛxin/, con l'usuale passaggio da /g/ a /x/ (e quindi a /h/ o addirittura dileguata) se seguita da vocale anteriore /e/, /i/. Così il verbo SECHINON, SEHINON, da cui si forma il composto FERSECHINON, FERSEHINON

domenica 5 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE UN CAVALLO PARALIZZATO

Testo in longobardo (ricostruito):

AD EQUUM ERRAHIT
MAN GENG APTER GUECHE,
ZAUH SIN ROS IN ANDON
THAU PIGAHINDA IMO MIN TROCTIN
MIT SINERU ARINGARECTI
"GUES, MAN, GANGISTU?
ZO GUIO NI RIDISTU?" 
"GUAZ MACH IH RIDAN?
MIN ROS IST ERRAHIT" 
"NU ZIUH IZ THA PI FERU,
THU RUNO IMO IN THAZ AURA,
TRID IZ AN THEN ZESUON FOZ:
SUA GUIRD IMO THES ERRAHIDON POZ."
PATER NOSTER, ET TERGE CRURA EIUS ET PEDES, DICENS "ALSUA SCAIRO GUERDE THISEMO -
CUIUSCUMQUE COLORIS SIT, RAUD, SUARZ, PLANCH, FALO, GRISIL, FAI - ROSSE THES ERRAHIDON POZ,
SAMO THEMO GOD THA SELPO POZIDA.  

Trascrizione fonologica (semplificata):

/ad 'ekwum er'ra:hit
'man 'ge:ng apter 'gwɛxe
'tsauχ si:n 'rɔs in 'andon
θau pi'gaxinda imo mi:n 'trɔkti:n
mit 'si:neru 'a:ringarekti
"gwɛs 'man 'gangistu?
tso: 'gwio ni 'ri:distu?" 

"gwats 'max iç 'ri:dan? 
mi:n 'rɛs ist er'ra:hit."
"nu 'tsiuxits pi 'fe:ru
θu: 'ru:no imo in θats 'aura
'tridits an 'tsɛswon 'fo:ts 
swa: 'gwird imo θɛs er'ra:hidon 'po:ts."  
'pater 'noster et 'terje 'krura 'ejus et 'pedes 'ditsens
'alswa: 'skairo 'gwɛrde 'θisemo kujus'kumkwe ko'loris 'sit
'raud, 'swarts, 'plankh, 'falo, 'gri:sil, 'fai - 'rɔsse θɛs er'ra:hidon 'po:ts
'samo 'θɛmo 'gɔd θa: 'sɛlpo 'po:tsida/
 

Data la complessità del problema delle pronunce locali del latino ecclesiastico prima della Riforma Carolingia, utilizziamo per le parole latine una pronuncia affine a quella ecclesiastica italica, ma con qualche differenza (es. /ts/ anziché /tʃ/; /j/ anziché /dʒ/), cosa che del resto pare molto vicina alla realtà nel contesto del Regno dei Longobardi. Nella trascrizione fonologica delle parole latine non ho distinto /e/, /o/ da /ɛ/, /ɔ/.

Traduzione: 

Per il cavallo paralizzato.
Un uomo andava per la strada, conduceva il suo cavallo con le mani.
Allora il mio Signore lo incontrò, con la sua carità: “Uomo, perché vai a piedi e non cavalchi?”.
“Come faccio a cavalcare? Il mio cavallo è paralizzato”.
“Orsù, tiralo là da una parte, sussurragli nell’orecchio, dagli una pedata al piede destro. Così gli guarisce la paralisi.”
[Di’ un] Padre nostro e strofina la sua zampa e il suo piede dicendo: “Questo cavallo - di qualunque colore sia, rosso, nero, bianco, fulvo, grigio, maculato - guarisca così velocemente dalla paralisi come Dio guarì quello stesso!
 

Testo di partenza in antico alto tedesco tardo (alemannico, XII sec.):

Ad equum erręhet
Man gieng after wege,
zoh sin ros in handon.
do begagenda imo min trohtin
mit sinero arngrihte.
“wes, man, gestu?
zu neridestu?”
“waz* mag ih rîten?
min ros ist erręhet.”
“nu ziuhez da bi fiere,
tu rune imo in daz ora,
drit ez an den cesewen fuoz:
so wirt imo des erręheten bůz”.
Pater noster. et terge crura eius et pedes, dicens “also sciero
werde disemo -cuiuscumque coloris sit, rot, suarz, blanc ualo,
grisel, feh - rosse des erręheten buoz, samo demo got da selbo
bůzta”.

Per maggiori informazioni cfr. Eleonora Cianci, Incantesimi e benedizioni nella letteratura tedesca medievale (IX-XIII sec.), Kümmerle Verlag, Göppingen, 2004. 
*La Cianci riporta was, che deve essere un refuso per waz, come provato dalla logica e dalle altre pubblicazioni del testo nel Web.

Commenti:

Il contesto presenta elementi cristiani, ma il Signore che l'uomo incontra è senza dubbio Wotan, detto in longobardo Godan (varianti Guodan e Odan, cfr. Meyer) e mai davvero obliato, dato che ancora ai tempi del Re Carlo persistevano resti cospicui del suo culto. Il sincretismo era cosa comunissima di cui non dobbiamo stupirci. 

A.a.t. errehet "paralizzato" è una parola di incerta origine, attestata anche come irreiht e simile al francone renano gerâys "della paralisi" (gen.). La radice si trova anche nella parola ræhe "rigidità degli arti del cavallo". Da questi dati è facile ricostruire la forma longobarda, pur permanendo oscura la provenienza ultima della radice (con ogni probabilità preindoeuropea).

A.a.t. fiere "lato", più anticamente fiara, fēra, corrisponde al gotico fera "paese, provincia". In longobardo si trova questa radice nel nome femminile Ferlinda "Tiglio della Provincia", "Scudo della Provincia". Il vocalismo prova che si deve trattare di un prestito dal gotico, giunto in longobardo e quindi in tutto l'antico alto tedesco. 

A.a.t. rune "sussurra" (imperativo). Nel longobardo ricostruito il verbo "sussurrare" ha le varianti RUNON /'ru:no:n/ (a.a.t. rūnōn) e RUNIAN /'ru:njan/ (a.a.t. rūnen).

A.a.t. sciero "rapidamente", con le varianti skiaro, skioro, è una forma avverbiale derivata dall'aggettivo skieri, skēri. La forma più antica, skēri, è glossata come "sagax, acer ad investigandum" e proviene da una precedente forma con dittongo /ei/ < /ai/. Per influenza di skiri "puro" (cfr. got. skeirs /ski:rs/), si sono prodotte le forme alterate skiari, skieri. Nel longobardo ricostruito abbiamo così SCARI /'ska:ri/ (m.), SCAIRA (f.), SCAIRO (avv.).

A.a.t. blanc, blank, blanch "bianco" (lett. "lucente"), della stessa radice che ha tra l'altro dato l'italiano bianco. Il vocabolo è giunto nella Penisola già con i Goti ed è attestato nell'antroponimo maschile Blanca, con il suffisso -a della flessione debole maschile di origine gotica (passato anche in longobardo in alcune forme). Si noterà che i romanisti scrivono il germanico *blank con l'asterisco, come se fosse una forma non attestata. Ebbene, stupirà constatare che non è affatto così. Troviamo lo stesso vocabolo, oggi più diffuso nelle lingue romanze che in quelle germaniche, anche nell'antico inglese blanc "bianco" e blanca "stallone bianco" (m.).

A.a.t. grisel "grigio". La radice è ben attestata in Germania ed è sopravvissuta nel tedesco moderno greis, con regolare dittongazione. Si noti l'estensione -il, che tra l'altro è comunissima in longobardo e che spesso si trova in formanti antroponimici. Il termine era comune alla lingua dei Franchi col senso di "cavallo grigio" e di "uomo dai capelli grigi", donde è passato all'antico francese grisel, dando infine l'inglese grizzle, grizzled

Presenza di longobardismi
nel testo alemannico

Cosa che finora sembra essere sfuggita agli studiosi, troviamo nel testo del XII secolo due forme che hanno tratti fonetici longobardi e che si oppongono alle caratteristiche native dei dialetti dell'area alto tedesca antica e media. Questi elementi devono essere stati ereditati da un'epoca precedente e testimoniano l'influenza della lingua longobarda oltre le Alpi.

1) A.a.t. trohtin "Signore" anziché truhtīn. Questa variante, che si trova anche in numerosi altri testi, ha una -o- nonostante la vocale del suffisso sia una -i-. Le vocali aperte toniche /ɛ/ e /ɔ/ anziché /i/ e /u/ davanti alle consonanti /χ/ e /r/ sono una caratteristica tipica del gotico che ha influenzato il longobardo, pur con diverse eccezioni. 
2) A.a.t. arngrihte presenta un elemento arn- con una fonetica diversa dalla forma êragrêhti "carità, misericordia" attestata altrove. Ad esempio, nel Ludwigslied o Rithmus Teutonicus (francone renano, IX sec.) si legge Gihalde inan truhtin bi sinan ergrehtin. Questo arn- deriva da una forma *arin- /a:rin-/ < *airin- /airin-/, il cui dittongo si è semplificato per via della -i- seguente, cosa che accade solo in longobardo. Invece a.a.t. ergrehtin e simili hanno er- /e:r-/ da *air-.

Un video nel Web

Ho trovato su Youtube un video con la formula in antico alto tedesco tardo, postato da un certo Mister Wanna Calculate. La pronuncia non mi pare buona ed è troppo viziata dalle abitudini fonetiche del lettore, nativo dell'odierna Germania. Non mancano gli errori. Sentir pronunciare sciero come "sziro" /'stsi:ro/ anziché come "schìero" /'skiero/ mi ha fatto sobbalzare. Nonostante la traduzione indicata sia corretta, la pronuncia adottata è quella ecclesiastica del latino in uso in Germania! Un altra critica che rivolgo al webmaster è la totale assenza di pathos nel recitare la formula: la legge come se fosse un elenco della spesa. Questi Germani moderni sono così anemici, potesse tornar loro un po' dell'antico carattere sanguigno!  

mercoledì 1 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: IL PADRE NOSTRO (CONFESSIONE ARIANA)

Testo in longobardo (ricostruito):

FADER UNSER THU PIST IN IMILE
GUIHI NAMON THINAN
QUEME RISSI THIN
GUERDE GUILIO THIN
SUA IN IMILE, SUASO IN ERDU
PRAUD UNSER TACHELIH CHIP UNS IUTAGU
OBLAZ UNS SCULDI UNSERO SUA GUIR OBLAZEN UNSEREN SCULDIHEN
ANDI NI UNS FERLAID IN CHORUNCA
UZZAR LAUSI UNS FRAM UBILE
THAZ THIN IST CUNINGRISSI ANDI MACT ANDI ULDOR IN EUON. 

Trascrizione fonologica (semplificata):

/'fader 'unser θu: 'pist in 'imile
'gwi:hi 'namo 'θi:nan 
'khwɛme 'ri:ʃʃi 'θi:n
'gwɛrde 'gwiljo θi:n
'swa: in 'imile 'swaso in 'ɛrdu
'praud 'unse:r 'taxeli:ç 'kip uns 'iutagu
ob'la:ts uns 'skuldi 'unsero 'swa: gwir ob'la:tse:n 'unsere:n 'skuldi:xe:n
andi ni uns fer'laid in 'khɔrunka 
'u:tstsar 'lausi uns fram 'ubile
θats 'θi:n ist 'khuningri:ʃʃi andi 'makt andi 'uldor in 'e:wo:n/ 

Traduzione: 

Padre nostro che sei in cielo,
sia santificato il tuo nome,
sia fatta la tua volontà, 
come in cielo così anche sulla terra.
Il nostro pane quotidiano dacci oggi e perdona a noi il nostro debito
come noi lo perdoniamo ai nostri debitori
e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal Maligno,
perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nel secoli.

Testo di partenza in antico alto tedesco (alemannico, VIII sec.):

Fater unser, thu bist in himile
uuihi namun dinan
qhueme rihhi diin
uuerde uuillo diin,
so in himile, sosa in erdu
prooth unseer emezzihic kip uns hiutu
oblaz uns sculdi unsero
so uuir oblazem uns skuldikem
enti ni unsih firleit in khorunka
uzzer losi unsih fona ubile

Commenti:

THU PIST IN IMILE: è possibile anche la variante THU PIST IN IMILON, in cui la parola IMIL "cielo" è al dativo plurale. Sia il singolare che il plurale sono ben attestati nella letteratura in a.a.t.

La forma a.a.t. emezzihic (varianti emezzigaz, emizzīgaz) traduce il latino assiduus, nel senso di "costante, continuo, ininterrotto". Si trova in molte versioni del Padre Nostro, tuttavia ho scelto la forma TACHELIH "quotidiano" (cfr. tagalīhhaz nella versione di Taziano). Il longobardo ricostruito corrispondente alla forma a.a.t. è AMAZZIH /'amatstsi:ç/, senza Umlaut. 

La forma a.a.t. khorunka "tentazione" ha la variante costunga e deriva dal verbo kiosan "scegliere". Significava all'inizio qualcosa come "occasione di scelta". Si noti che anche in anglosassone si usava costnung "tentazione", segno che questa scelta lessicale è anteriore alla divisione delle lingue degli Ingaevones da quelle degli Herminones e degli Istaevones: non si tratta di un calco.

Abbiamo FRAM anziché a.a.t. fona. Si noti che fram è forma arcaica ben documentata nelle fasi più precoci dell'antico alto tedesco, poi sostituita da fona.  

Il Padre Nostro della confessione ariana aveva la dossologia finale che manca nella preghiera cattolica. Per ottenere quest'ultima è sufficiente non pronunciare tale dossologia: le restanti parole sono identiche. Questa è la dossologia in gotico di Wulfila:

unte þeina ist þiudangardi jah mahts jah wulthus in aiwins.

Mentre in gotico abbiamo þiudans "re", che è una parola del lessico comune, in antico alto tedesco esiteva il termine raro e dotto thiodan, come in anglosassone þēoden. Di queste forme però non sono attestati derivati. Così anche nel longobardo ricostruito abbiamo THEUDAN "re", vocabolo poetico senza derivati. Per questo motivo anziché ricostruire una forma come il gotico þiudangardi abbiamo scelto la parola CUNINGRISSI

In antico alto tedesco abbiamo in êwôm, zi êwôm "in eterno, nei secoli" , un po' diverso dal gotico in aiwins /in 'ɛ:wins/, formato con un accusativo anziché con un dativo. Si noterà che in longobardo la forma presenta una vocale anziché l'atteso dittongo perché si tratta di un prestito dal gotico, proprio come in EUA /'e:wa/ "legge immutabile" (vocabolo attestato come ewa in vari codici, anche in riferimento ai Longobardi, cfr. Princi Braccini, Lindenbrog) e nei nomi propri EOIN /'e:wi:n/ "Eterno", EONAND /'e:onand/ "Audace della Legge", EOARD /'e:oward/ "Guardiano della Legge" (attestato come Eoardus) e EOLPH /'e:olf/ "Lupo della Legge" (attestato come Eolphus). La forma longobarda genuina per dire "sempre" è invece ricostruita come ai (variante ei), donde ni ai "mai" (variante ni ei).

sabato 28 gennaio 2017


PASSENGERS

Titolo originale: Passengers
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2016
Durata: 116 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Rapporto: 2.35: 1
Genere: Fantascienza, avventura, drammatico,
    sentimentale
Regia: Morten Tyldum
Sceneggiatura: Jon Spaihts
Produttore: Stephen Hamel, Michael Maher, Ori
    Marmur, Neal H. Moritz
Produttore esecutivo: David Householter, Ben
    Browning, Jon Spaihts, Lynwood Spinks, Bruce
    Berman, Greg Basser, Ben Waibren
Casa di produzione: LStar Capital, Village
     Roadshow Pictures, Original Film, Company
     Films, Start Motion Pictures, Columbia Pictures
Distribuzione (Italia): Warner Bros.
Fotografia: Rodrigo Prieto
Montaggio: Maryann Brandon
Effetti speciali: Daniel Sudick, Erik Nordby, Digital
     Domain, Moving Picture Company, The Senate
     Visual Effects
Musiche: Thomas Newman
Scenografia: Guy Hendrix Dyas
Costumi: Jany Temime
Trucco: Vivian Baker, Amanda Bianchi, Gigi
     Collins, GigiEvelyne Noraz
Interpreti e personaggi    
    Jennifer Lawrence: Aurora Lane
    Chris Pratt: Jim Preston
    Michael Sheen: Arthur
    Laurence Fishburne: Gus Mancuso
    Andy Garcia: capitano Norris
Doppiatori originali    
   Emma Clarke: Astronave Avalon
Doppiatori italiani    
    Gemma Donati: Aurora Lane
    Marco Vivio: Jim Preston
    Oreste Baldini: Arthur
    Massimo Corvo: Gus Mancuso
    Francesca Fiorentini: Astronave Avalon
    Luca Ward: Voce dell'Osservatorio

Trama:
Avalon è il nome di una nave interstellare che ha il compito di trasportare un carico di cinquemila coloni terrestri sul pianeta extrasolare noto come Homestead II, che dovrà essere opportunamente terraformato e coltivato. Date le immense distanze tra i sistemi stellari, i membri dell'equipaggio della nave e i pionieri destinati al nuovo mondo hanno subìto ibernazione e giacciono immobili in tombe criogeniche. Tutto sembra filare liscio per molti anni. A un certo punto si produce un evento inatteso che ha conseguenze non evidenti nell'immediato. Un minuscolo meteorite colpisce Avalon, sfuggendo ai sistemi di controllo, bucando lo scafo e causando tra le altre cose il risveglio di un colono, Jim Preston. Questi si accorge ben presto di essere stato scongelato con ben novant'anni di anticipo. Non c'è nulla che possa fare: i suoi tentativi di comunicare con la Terra risultano vani, dato che i segnali non possono viaggiare a velocità maggiore di quella della luce. Gli resta una vita da passare nella più completa solitudine, con ben poche distrazioni. Tra questi diversivi c'è un barista robotico, Arthur, che gli serve da bere e ascolta le sue lamentele. A un certo punto, osservando le persone in ibernazione nelle capsule, Jim nota una donna bionda e bellissima che lo colpisce. Si informa su di lei e viene a sapere il suo nome: Aurora Lane. Per lui è l'inizio di un'ossessione e si fa sempre più strada nel suo cranio l'idea di scongelarla. Questo lenirebbe molto la sua tremenda solitudine. Non solo: Jim sa bene che in una simile situazione si attiverebbe nella donna una pulsione sessuale fortissima, perché il genoma di lei spingerebbe per ottenere la prosecuzione della Specie con ogni mezzo. Dopo aver respinto la tentazione per mesi a causa di un dilemma morale insopprimibile, alla fine l'uomo cede e avvia il processo di risveglio della sua amata. Il problema è che aveva parlato ampiamente di questi tarli etici assillanti con l'androide barista, facendogli promettere di non parlarne per nessuna ragione con la donna. Il punto è che la logica di un robot non è quella di un essere in carne ed ossa: più che di Intelligenza Artificiale si dovrebbe parlare di Idiozia Artificiale. In seguito la confidenza avrà gravi conseguenze. Dopo un periodo in cui tutto sembra andare a gonfie vele, accade infatti che il barista cibernetico interpreta male una frase di Jim e rivela ad Aurora ogni dettaglio sul suo risveglio. La donna passa dall'amore e dalla passione sessuale per il suo corteggiatore a un odio violento, tanto che i due vivono a lungo nella nave evitandosi con cura, arrivando persino a usare il bar a giorni alterni per non correre il rischio di incontrarsi. A un certo punto accade qualcosa di strano. Si verificano inquietanti blackout e si ha il risveglio del tutto inatteso di un membro dell'equipaggio, Gus Mancuso, un bizzarro afroamericano dal cognome italiano, che svolge il compito di tecnico manutentore. È l'inizio di un incubo. Di fronte alla situazione critica, Aurora decide di porre fine alla sua ostilità verso Jim e di collaborare, anche perché altrimenti sarebbe impossibile evitare il disastro incombente. Dopo mille peripezie, scongiurato il pericolo e nuovamente soli dopo la morte di Gus, la fiamma di Eros si riaccende di nuovo. Si tratta del classico "e tutti vissero felici e contenti", anche se in una condizione di solitudine a due su un veicolo spaziale immerso nella tenebra cosmica.

Recensione:  
Una girandola di odio-amore declinata all'insegna dell'isterismo. I flussi ormonali sono palpabili. A un certo punto la prolattina prevale sull'adrenalina e la donna passa dall'avversione per l'uomo che le avrebbe "distrutto la vita" al cosiddetto amore, ossia a uno stato di mero calore sessuale. Quante volte abbiamo visto cose simili nella realtà? In un rapporto di coppia è possibile passare da un estremo all'altro dello spettro emotivo con facilità estrema. Una donna che oggi accarezza i testicoli a un uomo, dicendogli di volerlo bere, domani può odiarlo al punto di volergli piantargli un piolo nel cranio. Una donna che oggi è corrosa dal risentimento nei confronti di un uomo, domani può desiderare di infilargli la lingua tra le natiche. Il mutamento può avvenire nell'arco di pochi attimi e spesso anche senza alcun motivo logico. Ecco, Passengers ci ricorda tutto questo fino allo sfinimento, cercando addirittura di farme l'apologia. A tratti futile, a tratti intollerabile, questo film uterino e mestruale presenta ben poche sequenze interessanti, nonostante si basi su materiale inedito, al punto che Forbes lo ha definito "il più grande live-action originale visto nel 2016"

Non mancano le trovate assolutamente inverosimili. Viaggiare su una nave che procede a velocità relativistica e pensare di poter fare surf nello spazio, assicurati allo scafo da un semplice cavo d'acciaio, è senza il minimo dubbio follia bella e buona. Galleggiare in tuta spaziale proprio nei pressi dello scarico di un reattore a fusione, beccandosi in pieno un flusso di plasma a milioni di gradi centigradi e credere di non finire annientati, è pure un'assurdità marchiana. A un certo punto il protagonista muore, eppure non si tratta di morte definitiva. Esiste infatti nell'infermeria di Avalon un kit di resurrezione, ossia una macchina in grado di rianimare con estrema facilità i cadaveri freschi. Così Aurora avvia la procedura premendo alcuni tasti e avviene il miracolo: l'estinto Jim torna a respirare. È ancora poco dire che pare una trovata del tutto inconsistente, dato che siamo in pieno campo dell'esilarante. Una simile violazione delle stesse leggi su cui si fonda l'esistenza biologica è tra l'altro sbrigativa e raffazzonata, come se servisse unicamente a far continuare la storia d'amore della coppietta. Certo, la Scienza sta per raggiungere un risultato tanto strabiliante nel campo della resurrezione, peccato che funzionerà soltanto sui topi! Evidentemente chi ha concepito la trama aveva proprio esaurito le idee.  

Il finale è semplicemente patetico e meritevole di scherno. Quando i passeggeri ibernati si risvegliano e scoprono che l'interno dell'astronave è diventato un gran bosco, ci si aspetta che da un momento all'altro saltino fuori i Puffi! Gli ideatori hanno pensato di non far concepire figli alla coppia, forse temendo gli sviluppi tutt'altro che idilliaci di una simile scelta. Se Jim e Aurora avessero procreato una progenie, questa sarebbe giunta a commettere incesto e un gran numero di mostruosi atti sanguinari, tanto che su Homestead II sarebbe giunto soltanto un anziano sopravvissuto dal volto imbrattato di coaguli di sangue ormai nero. Inutile dire che gli ibernati sarebbero stati scongelati uno dopo l'altro e sarebbero finiti uccisi, macellati e divorati. Proprio il risultato che otterrà quel malfattore demoniaco che è Elon Musk nel suo tentativo di colonizzare Marte. I pionieri, costretti a vivere in cubicoli nel sottosuolo del Pianeta Rosso e a cibarsi dei loro escrementi, arriveranno in breve allo stupro, all'incesto, al massacro e al cannibalismo! Se ci fosse stato il coraggio di mostrare queste conseguenze del dissennato agire umano in un ambiente in cui non c'è legge che valga, allora sì che avremmo visto un film davvero interessante e utile! 

Etimologia di Avalon

L'unica cosa che davvero mi ha fatto piacere nel vedere Passengers è stata l'occasione di riflettere sull'etimologia di Avalon. Si tratta di un nome antico, nonostante sia attestato per la prima volta nella Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth. Descritta nel ciclo di Artù come un'isola, Avalon rimanda al mitico Paese dell'Immortalità della mitologia celtica. Tradizionalmente si interpreta il toponimo come "Paese delle Mele". Infatti in gallese afal /'aval/ "mela" < *aballus. Nel Glossario di Vienne, che riporta parole neogalliche ancora in uso in certe regioni selvose del Massiccio Centrale all'epoca dei Franchi, si riporta la voce avallo, glossata "poma". Le protoforma è *aballoves /'aballowes/, plurale di *aballus. Tuttavia l'attestazione del dio Anvalonnacos in un'iscrizione in gallico trovata ad Autun (Augustodunum), rende malferma questa etimologia di Avalon. Questo Anvalonnacos è attestato al dativo come Anvalonnacu. La sua pronuncia è ricostruibile come /anwa'lonna:kos/, e il suo significato deve essere "(dio) di *Anvalonna". È evidente che questo *Anvalonna è proprio il nome gallico di Avalon - il suffisso di derivazione -aco- /-a:ko-/ è estremanente produttivo ed è passato in un imenso numero di toponimi terminanti in -acum. Si vede che il teonimo in questione è del tutto privo di correlazione con il nome celtico della mela. Quindi siamo di fronte a una paretimologia o etimologia popolare. Queste formazioni, ben poco studiate finora, rimandano a un teonimo originale *Anvallos /'anwallos/, attestato come Anvallus in grafica latina in due iscrizioni, trovate sempre ad Autun. Interpreto il nome divino in questione come "Signore dell'Oltretomba", dalla radice -*wal- "dominare, regnare" e dal prefisso an- simile a quello che troviamo nel nome gallese degli Inferi, Annw(f)n (variante Annwyn), derivato da *An(de)-dumnon, alla lettera "Altro Mondo". La forma gallica attestata in una tavoletta di defissione è antumnos (di genere maschile anziché neutro), in cui la consonante sorda è stata prodotta da un diverso esito della semplificazione della protoforma.

giovedì 26 gennaio 2017


ROGUE ONE

Titolo originale: Rogue One: A Star Wars Story
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2016
Durata: 133 minuti 
Colore: colore
Audio: sonoro
Rapporto: 2.35:1
Genere: Fantascienza, azione
Regia: Gareth Edwards
Soggetto: John Knoll, Gary Whitta
Sceneggiatura: Chris Weitz, Tony Gilroy
Produttore: Kathleen Kennedy, Allison Shearmur,
    Simon Emanuel
Produttore esecutivo: John Knoll, Jason D.
    McGatlin
Casa di produzione: Lucasfilm
Distribuzione (Italia): Walt Disney Studios Motion
    Pictures
Fotografia: Greig Fraser
Montaggio: Jabez Olssen, John Gilroy, Colin
    Goudie
Effetti speciali: Neil Corbould, John Knoll
Musiche: Michael Giacchino
Scenografia: Doug Chiang, Neil Lamont
Interpreti e personaggi   
    Felicity Jones: Jyn Erso
    Diego Luna: Cassian Andor
    Ben Mendelsohn: Orson Krennic
    Donnie Yen: Chirrut Îmwe
    Mads Mikkelsen: Galen Erso
    Alan Tudyk: K-2SO
    Riz Ahmed: Bodhi Rook
    Jiang Wen: Baze Malbus
    Forest Whitaker: Saw Gerrera
Doppiatori italiani   
    Valentina Favazza: Jyn Erso
    Francesco Venditti: Cassian Andor
    Stefano Benassi: Orson Krennic
    Enrico Pallini: Chirrut Îmwe
    Davide Marzi: Galen Erso
    Christian Iansante: K-2SO
    Emiliano Coltorti: Bodhi Rook
    Dario Oppido: Baze Malbus
    Roberto Stocchi: Saw Gerrera 

Trama:
Siamo in un'epoca che precede di poco i fatti del primo Guerre Stellari, l'Episodio IV. Galen Erso è uno scienziato che,
dopo aver collaborato per anni con l'Impero Galattico, si è ritirato su Lah'mu, un umido pianeta sperduto e situato come tanti altri nel famigerato ano della Galassia. Vive isolato in quella desolazione nebbiosa assieme alla moglie Lyra e alla figlia Jyn Erso, facendo l'agricoltore. L'Impero riesce comunque a localizzarlo. Accade così che un giorno l'esule riceve la visita del Direttore Imperiale Orson Krennic e dei suoi uomini, che lo vogliono per completare la progettazione della Morte Nera. Dopo qualche tentativo di convincere Galen Erso con le buone a seguirlo, Krennic passa alle maniere forti. Lo scienziato viene catturato, sua moglie finisce uccisa in uno scontro a fuoco, mentre Jyn riesce a fuggire. La bambina si nasconde in una buca, da cui viene tratta dal ribelle Saw Gerrera. Dopo quindici anni, Galen convince il pilota imperiale rinnegato Bodhi Rook a raggiungere l'Alleanza Ribelle e a consegnare un messaggio per rendere nota l'esistenza della nuova arma di distruzione planetaria. Qualcosa va storto e il messaggero cade nelle mani della fazione estremista capeggiata da Gerrera. Jyn langue in un campo di prigionia imperiale su un pianeta fangoso. I ribelli la fanno evadere per cercare di risalire a Galen Erso e ucciderlo, impedendogli di portare a termine la costruzione della Morte Nera. Assieme al droide K-2SO e all'ufficiale ribelle Cassian, la ragazza raggiunge il pianeta desertico Jedha, quasi una copia di Tatooine, per incontrare Gerrera. Questi le mostra il messaggio avuto da Rook. Nello scritto il progettista rivela di aver messo scientemente un punto debole nella Morte Nera in modo tale da renderne possibile l'annientamento (curiosamente l'errore lo si ritroverà tal quale nella seconda Morte Nera e nella stazione Starkiller). Nel frattempo il Governatore Tarkin si mostra scettico riguardo a questo progetto, così Krennic per convincerlo sperimenta la potenza di fuoco della Morte Nera sulla città di Jedha City, distruggendola. Si scatena l'inferno e Gerrera rimane ucciso in un crollo. Rook, Jyn e il monaco cieco Chirrut Îmwe fuggono sul pianeta Eadu, dove Galen è costretto a servire in un centro di ricerca dell'Impero. Mentre lo scienziato rivela al Direttore Krennic di aver tradito l'Impero, provocando la rappresaglia, i ribelli assaltano il centro di ricerca. Galen Erso rimane ucciso. Jyn sa che i file del progetto della More Nera si trovano nell'immenso database imperiale sul pianeta Scarif, così spinge affinché l'Alleanza Ribelle organizzi una spedizione per sottrarli. La maggior parte del comando dell'Alleanza respinge la proposta sia perché ritiene che la ragazza parli senza prove concrete, sia perché si cagano tutti in mano per la paura alla sola idea di una simile impresa. A questo punto Jyn Erso decide di raccogliere un gruppo di volontari e di compiere ugualmente l'impresa, eludendo la sorveglianza. Ecco che nasce il nome in codice Rogue One, che designa il gruppo clandestino. Su Scarif inizia l'operazione. Jyn, Cassian e K-2SO riescono a infiltrarsi e a sottrarre i piani, coperti dai ribelli che compiono azioni d'attacco per sviare l'attenzione delle truppe imperiali. Quando l'Alleanza Ribelle viene a sapere cosa sta accadendo, coloro che si erano mostrati codardi serrano le chiappe spingendosi dentro gli stronzi: ripreso coraggio decidono di andare su Scarif ad aiutare Jyn e i suoi. Il Grand Moff Tarkin perde la pazienza e ordina di raggiungere Scarif con la Morte Nera, allo scopo di annientare il centro informatico del pianeta. Jyn e i suoi moriranno come martiri, riuscendo però a inviare i piani della Morte Nera alla nave di comando dell'Alleanza Ribelle. Darth Vader a questo punto guida una spedizione per assaltare la nave che ha captato i piani. Tuttavia questi vengono trasmessi alla Principessa Leia Organa, il cui volto si dipinge di gioia, ignara del fatto che il Signore Nero dei Sith è già sulle sue tracce.

Recensione:  
Un film decisamente migliore di Star Wars: Il Risveglio della Forza, nonostante tutti i suoi limiti. Tecnicamente è uno spin-off, inteso come primo film della serie Anthology, formata da una serie di episodi tra loro indipendenti e ambientati in vari periodi dell'arco temporale della Storia Galattica descritto dalla Saga di Guerre Stellari. Non mi dispiace affatto, nonostante la mia mente forse troppo critica non esiti a riscontrarvi numerose imperfezioni.

Etimologia di Jedha

Anche se il nome Jedha rimanda chiaramente per assonanza alla città saudita di Jedda - ed è possibile che il toponimo mediorientale l'abbia davvero ispirato - è chiaro che la sua origine deve essere la stessa radice del termine Jedi. Possiamo pensare che significhi "Luogo dei Jedi". Sulla capitale del pianeta si trovava infatti un grande tempio della setta Jedi degli Whill, rinomato a livello galattico e ritenuto di capitale importanza. Per inciso, le Cronache degli Whill sono menzionate nel libro Guerre Stellari, tratto dall'Episodio IV e scritto dallo stesso George Lucas. Per quanto riguarda l'etimologia di Jedi, siamo ben lungi dall'averla individuata con sicurezza. Appartiene a uno strato di parole antiche, come Sith, Darth, Padawan, midichlorian, Moff e via discorrendo. Mentre l'etimologia di Sith è stata chiarita - la parola nell'antica lingua di Ziost e di Korriban significa "supremo", "divino", "perfetto" - l'origine di Jedi è ancora avvolta nel mistero. A questo proposito si possono avanzare due ipotesi: 

1) George Lucas avrebbe adattato il vocabolo giapponese jidaigeki (時代劇), che indica un genere di dramma teatrale, cinematografico o televisivo dedicato alle gesta dei Samurai. Si tratta di una parola composta, formata a partire da geki "dramma" e da jidai "età". In un'occasione il regista avrebbe dichiarato di aver dato vita ai Cavalieri Jedi e al loro peculiare modo di intendere la realtà ispirandosi alla dottrina di una setta buddhista Zen del Giappone.
2) George Lucas avrebbe tratto ispirazione dal Ciclo di Barsoom di Edgar Rice Burroughs (da non confondersi col tossicomane William Seward Burroughs, autore tra le altre cose di Checca). Nella conlang barsoomiana o marziana si trovano i vocaboli Jed "Re" e Jeddak "Imperatore". Tra l'altro, lo stesso Lucas progettava di trasporre in un film i romanzi di E.R. Burroughs su Barsoom, di cui era grande estimatore. 

Personalmente propenderei per la seconda ipotesi, pur essendo la semantica tutt'altro che soddisfacente. Quello che appare lampante è che in Jedha deve essere presente un suffisso -ha di valore locativo, anche se non sono riuscito a trovare altri esempi della sua applicazione.

Etimologia di Rogue 

George Lucas immagina che il genere umano abbia colonizzato nell'arco di molti millenni la galassia lontana in cui si svolge la Saga, portando con sé la lingua inglese. Con passar del tempo da questo inglese colloquiale si sarebbe formata la lingua franca detta Basic, che avrebbe assorbito strati di vocaboli non umani, pur conservando un nucleo di parole di origine remota e terrestre. Per questo motivo il nome di Luke Skywalker è formato a partire da quello dell'Apostolo Luca e da un composto che significa "Camminatore del Cielo". Quello che Lucas non è mai riuscio a capire è l'estrema evolutività della lingua inglese, testimoniata dall'abisso che separa i versi del Beowulf da quelli di Bob Dylan. Così si postula che numerosi monosillabi siano articolati dai Jedi e dagli Imperiali secondo la pronuncia attuale. Tra questi vocaboli c'è anche quello che dà origine al titolo del film. Il termine inglese rogue /roʊ̯g/ è glossato come "idle vagrant" e si può tradurre in italiano con "vagabondo". Di certo deriva dall'inglese gergale roger, pronunciato /'roʊ̯gə/ con la consonante /g/ occlusiva ("dura") e usato per indicare un accattone, un uomo che si finge povero per estorcere ai passanti l'elemosina. In ultima istanza le sue radici affondano nel verbo latino rogare "richiedere". Si deve in ogni caso menzionare il fatto che rogue in inglese ha anche diversi altri significati, come "imprevedibile", "solitario" (detto di animali, specie dell'elefante), "ingannevole", "disruttivo" (detto di onde). In francese esiste rogue "arrogante" (antico rogre), che è un prestito dal norreno hrokr "esuberanza, eccesso". Anche se non ha la stessa origine dell'inglese rogue nel senso di "vagabondo", è ben possibile che sia il giusto etimo della stessa parola in altre sue accezioni, specialmente in riferimento a onde anomale o ad animali solitari ed aggressivi. È stata avanzata l'ipotesi di un'origine della parola inglese dal bretone rog "altezzoso", ma questo è impossibile, dato che la parola bretone è un presito dal francese importato dai Normanni e non una parola celtica genuina. L'italiano arrogante ha la stessa origine del rogue che stiamo trattando: è un dottismo derivato dal latino arrogare (< ad- + rogare). Il famoso Rugantino di Roma ne è una variante, formata da un precedente *Arrogantino, cfr. ruganza "arroganza". Queste sono le meraviglie della filologia: dimostrare che Rogue One e Rugantino hanno qualcosa in comune. 

Un portento artificiale

Più ci penso e più giungo alla conclusione che l'attimo in cui la Morte Nera eclissa il sole di Jedha è genio assoluto. Possiamo dire che è anche un Gedanken, ossia un esperimento concettuale: un caso di portento funesto artificiale, interamente di produzione umana. C'è qualcosa di sinistro e di sommamente inquietante. Se l'eclisse di sole porta disgrazia quando è naturale, che dire di un eclisse di sole che è stato prodotto artificialmente da una Stella della Morte costruita dall'uomo? Tutto l'orrore del futuro incalzante è implicito nell'umana macchinazione, cosa che finora non è mai stata davvero vista. 

Tentativi di adattamento tecnologico

Quando iniziò la Saga di Guerre Stellari, nel lontano '77, si aveva un'idea molto limitata della tecnologia futuribile. Soprattutto non si concepivano i prodigiosi sviluppi dell'informatica sul finire del XX secolo e agli inizi del XXI. Il concetto stesso di Internet era tanto fantascientifico da essere al di fuori della portata anche per le menti più sognatrici. Gli stessi artefici delle reti militari e universitarie degli anni '70, da cui sarebbe nato il World Wide Web, non avevano il benché minimo sentore degli sviluppi che sarebbero seguiti. Così Star Wars è nato con una tecnologia assolutamente rozza, spesso nella totale ignoranza delle leggi della Fisica. Con Rogue One, a distanza di tanto tempo, si è sentita la necessità di colmare il gap tecnologico tra la Saga e il nostro mondo, introducendo ad esempio il concetto di file. La Principessa Leia Organa riceve dei file con i piani della Morte Nera, tratti da un archivio informatico. Nel '77 invece la nobildonna alderaaniana riceveva schede perforate che subito nascondeva in quel barattolo arrugginito conosciuto come R2-D2 alias Ci-Uno Pinotto. Ora facciamo un esperimento. Guardiamo Rogue One e subito dopo l'Episodio IV che è il suo naturale seguito. Sostenere il confronto è impossibile. Assisteremmo al prodigio dei file che si trasformano per incanto in manufatti preistorici. Vedremmo la tecnologia fare passi da gigante all'indietro, come un gambero. Persino l'azione indiavolata di Rogue One diventerebbe calma quasi piatta. Posso garantire che non riusciremmo a reggere il contrasto stridente tra due mondi che non si saldano.      

Un'assurdità sesquipedale

I due droidi C-3PO (ex D-3BO) e R2-D2 (ex C1-P8) compaiono in una scena lampo sulla luna selvosa di Yavin. Il robot dorato strilla come una femminuccia, in preda a un'angoscia isterica: "SCARRI?! VANNO SU SCARRI?!" Nemmeno Scarif riesce a dire in modo corretto. Il nome del pianeta diventa SCARRI. Un'apparizione estemporanea quanto molesta: mi è bastata la vocina stridula di quell'arga di latta per guastarmi l'umore. Ora, la presenza degli osceni barattoli in quel contesto non ha assolutamente senso. I due ammassi di ferraglia appartenevano al seguito della Principessa Leia, la cui nave fu abbordata da Darth Vader nei pressi di Tatooine. Infatti i due robot, che nemmeno si conoscevano, riuscivano a lanciarsi in una capsula e a mettersi in salvo sul pianeta desertico ruotante attorno a una stella doppia. Al mercato dei droidi, in seguito l'omuncolo dorato dirà di aver già lavorato in passato col la lattina blu e grigia, ma la sua è da intendersi come una grossolana menzogna per convincere lo zio di Luke a non separare la coppia. Gli stupidissimi archeorobot, dopo lunghe peripezie, arrivavano sul quarto satellite di Yavin una volta liberata Leia dalla sua prigione nella Morte Nera. Non ci erano mai stati prima. Siccome la Battaglia di Scarif è avvenuta prima della distruzione della Morte Nera, e siccome la nave di Leia ha ricevuto i piani della Morte Nera solo alla fine del film Rogue One, come diamine facevano a essere alla base della Resistenza sulla luna di Yavin? Impossibile. Non basta: la comparsa di C-3PO e di R2-D2 negli episodi I, II e III della saga è un'assurdità escogitata per far contente le macchinette smerdanti chiamate "bambini" e tenerle buone durante le proiezioni. Per me vale, come se fosse stata pronunciata nella lingua dei miei Padri, la frase di Obi Wan Kenobi pronunciata alla vista del pigolante congegno cilindrico: "Veramente non ricordo di aver mai posseduto un droide". Quando ho sottoposto la questione ad alcuni fan di Star Wars, ho provocato in loro reazioni isteriche. Uno di loro, virile come una vagina, si è messo a strillare che i droidi appartenevano a Bail Organa e che per questo erano su Yavin 4, inviperito come se fosse stato testimone reale di fatti che, forse si dimenticava di comprendere, sono puramente immaginari.

Un difetto irritante  

Nella trama sono inserite alcune sequenze il cui intento è quello di dare spiegazione di fatti a noi ben noti occorsi in altri film. Ad esempio, proprio mentre la distruzione di Jedha City incombe e tra le sue vie si scatena il pandemonio, in mezzo alla folla eterogenea compare un individuo odiosissimo che abbiamo già visto nel primo Guerre Stellari, quello del '77: si tratta di un disgustoso e sudicio omiciattolo che sembra avere uno scroto penzolante al posto del naso. Si tratta del ribaldo che nel bar di Mos Eisley si vantava di essere stato condannato a morte su dodici sistemi diversi. Secondo alcuni commentatori con lui c'era anche un trichecoide già visto su Tatooine, ma non deve essere rimasto impresso nella mia retina e non lo rammento. Questa tecnica, a cui è dato il nome di cameo, a mio avviso è nociva e dovrebbe essere abolita. Inserendo un cameo, gli artefici del film vogliono far passare lo spettatore per un idiota e introducono fastidiose discontinuità nella narrazione, dal momento che c'è qualcosa di subliminale e di intrusivo in queste sequenze informative aggiunte in modo fulmineo quando uno meno se le aspetta. Torniamo ora al criminale sporchissimo dal naso a forma di scroto e al suo compare con la faccia che sembra un deretano. Che ci facevano su Jedha? Come hanno fatto a fuggire su Tatooine, dove Luke e Obi-Wan li ritroveranno un po' di tempo dopo? Ricordiamoci che il pianeta era sotto occupazione imperiale e supersorvegliato. Sarebbe come pensare di vedere El Chapo farsi una pizza proprio sotto gli occhi della Polizia di Stato americana a due passi dalla frontiera.  

Star Wars e le sue infinite contraddizioni 

Abbiamo visto nell'Episodio II - L'attacco dei cloni, che i piani della Morte Nera appartenevano al Conte Dooku, il separatista galattico ispirato alla figura di Umberto Bossi. Già, rammento bene quegli eventi: il Conte Dooku alias Bossi Galattico, interpretato da un superbo e tenebroso Christopher Lee (già Saruman), aveva ricevuto i progetti dell'esiziale pianeta artificiale su Geonosis, un mondo desertico abitato da creature da incubo simili a pterodattili umanoidi, i cui consessi parevano strepitar di diavoli a Malebolge. Si deduce quindi che il progetto della Morte Nera antecedeva di molto l'Impero, situandosi ai tempi della Vecchia Repubblica sull'orlo della guerra civile. Del fantomatico progettista Galen Erso non si fa menzione da nessuna parte. Come conciliare queste due versioni contraddittorie della nascita della Morte Nera? Semplice: non è possibile. Quando si deve gestire un'immensa mole di informazioni e di creazioni scaturite dalla fantasia di un gran numero di ideatori, non si può pretendere coerenza alcuna. Le inconsistenze si moltiplicano col passare degli anni, arrivando a pullulare e a brulicare come larve in una carcassa. Ogni illusione di controllo è vana. Più si cerca di capire qualcosa, più si sprofonda senza rimedio in un sogno confusionario privo di qualsiasi logica consequenziale. Le cose sono anche peggiorate da quando Lucas e i suoi prestanome hanno cominciato a manifestare segni evidenti di autorazzismo.