giovedì 26 aprile 2018


ULTIMO RIFUGIO: ANTARTIDE
(VIRUS)
 

Titolo originale: Fukkatsu no hi (復活の日
       "Il giorno della resurrezione")
Titolo internazionale: Virus
Paese di produzione: Giappone
Lingua: Giapponese, inglese, francese, tedesco 
Anno: 1980
Durata: 156 min
Genere: Drammatico, fantascienza
Sottogenere: Apocalittico, postapocalittico,
      fantapatologia  
Regia: Kinji Fukasaku
Soggetto: Kinji Fukasaku, Kōji Takada,
     Gregory Knapp, dal romanzo di Saky
ō
     Komatsu (Fukkatsu no hi)
Sceneggiatura:
 David Koepp, Robert Towne
Fotografia: Daisaku Kimura
Montaggio: Akira Suzuki Shore
Musiche: Teo Macero, Rogers St. Johns, Lalo
     Schifrin
Scenografia: Gregory Knapp, Rogers St. Johns
Altri titoli:    
    Germania: Overkill – Durch die Hölle zur
           Ewigkeit
    Norvegia: Dødelig virus

Interpreti e personaggi   
    Glenn Ford: Presidente Richardson
    Robert Vaughn: Senatore Barkley
    Henry Silva: Generale Garland
    Chuck Connors: Capitano McCloud del 
         sommergibile Nereide
    George Kennedy: Ammiraglio Conway
    Olivia Hussey: Marit
    Bo Svenson: Maggiore Carter
    Edward James Olmos: Capitano Lopez
    Masao Kusakari: Dottor Shûzô Yoshizumi
    Tsunehiko Watase: Yasuo Tatsuno
    Isao Natsuyagi: Comandante Nakanishi
    Sonny Chiba: Dottor Yamauchi
    Kensaku Morita: Ryûji Sanazawa
    Toshiyuki Nagashima: Akimasa Matsuo
Budget: 2 milioni di ¥

Trama: 

Un giapponese esausto e coperto di stracci vaga per la cordigliera andina, diretto verso sud. A Machu Picchu entra in una piccola chiesa e la trova piena zeppa di scheletri. Sfinito dalla marcia, comincia a dialogare con un cadavere (o forse con il crocefisso?). La meta di quel viaggio sovrumano è la Terra del Fuoco, dove il nipponico ha un appuntamento con la sua amata. Inizia così la rievocazione degli eventi che hanno portato il pianeta alla distruzione. Tutto ha inizio nel 1982, quando uno scienziato della Germania Est, il dottor Krause, incontra alcuni agenti segreti statunitensi, dando loro una fiala contenente un patogeno esiziale detto MM88. Si tratta di un virus capace di aumentare in modo esponenziale la virulenza di qualsiasi virus o batterio con cui venga in contatto. Durante un'irruzione degli agenti della Germania Est, Krause viene ucciso. Gli americani fuggono in aereo, volando a bassa quota per non farsi scoprire, ma hanno un incidente sulle Alpi. Il velivolo precipita, la fiala cade e si rompe. Poco tempo dopo, inizia a Milano una pandemia devastante, chiamata "influenza italica", che si diffonde nel mondo intero menando stragi inaudite. All'inizio, la gravità della situazione non viene compresa fino in fondo. Gli ospedali sono intasati da un crescente flusso di persone infette, i medici sono sottoposti a un superlavoro massacrante, impossibilitati a staccare anche solo un attimo, finendo essi stessi con l'ammalarsi e morire. Presto si rivela la realtà delle cose in tutta la sua tragedia: su decine, su centinaia di milioni di pazienti non c'è un solo superstite! Anche se chiuso nella sua torre d'avorio, il presidente degli Stati Uniti Richardson langue malato: il contaminante non risparmia neppurre il Faraone e i suoi cortigiani. I giorni della classe dirigente americana sono contati. Pur nel delirio della febbre, Richardson riesce a capire che il genere umano può contare soltanto sui circa 850 coloni stanziati in Antartide, dato che il virus si disattiva a temperature inferiori ai -10 °C. Trasmette quindi un estremo messaggio alle basi antartiche, annunciando che tutto è ormai perduto, che la sopravvivenza della specie grava interamente sugli uomini di quegli estremi, fragili avamposti. La popolazione dell'Antartide, composta da scienziati e da tecnici, si stringe intorno all'ammiraglio Conway, comandante in capo della Palmer Station, abbandonando ogni traccia di nazionalismo e di rivalità per dare origine al Consiglio Federale dell'Antartide. Questo organismo è formato da americani, russi, argentini, norvegesi, giapponesi e da tutte le altre nazioni presenti sul continente ghiacciato. Subito si presenta una situazione difficile: un sottomarino russo, il cui equipaggio è in preda al contagio e già mostra sintomi evidenti, chiede il permesso di attraccare a Palmer Station. Il permesso viene negato senza indugio. Il sottomarino britannico Nereide, che si trova nelle stesse acque, interviene prontamente. Il suo comandante McCloud dà ordine di intercettare il sottomarino russo, distruggendolo. Il Nereide, essendo in navigazione da prima dell'esplosione della pandemia, ne è immune. Così McCloud e il suo equipaggio possono unirsi agli uomini di Conway. Ha inizio una serie di viaggi, in cui il Nereide raggiunge diverse capitali ormai deserte, osservandole tramite una specie di drone e constatando la presenza del micidiale patogeno nell'aria: ogni esplorazione da parte di persone in carne ed ossa è precluso. In Antartide tutto sembra andare per il meglio, anche se a un certo punto si presentano problemi dovuti al fatto che ci sono pochissime donne e un numero soverchiante di uomini. Si registra un caso di stupro, che viene spiegato come un meccanismo biologico che si attiva per garantire la sopravvivenza della specie. Si capisce che non è possibile mantenere la monogamia, così si decide che ogni donna debba avere rapporti con più uomini. Presto da queste relazioni nascono bambini, la nuova generazione dei superstiti. Un giorno accade un evento portentoso e funesto. La costa orientale di quelli che furono gli Stati Uniti viene colpita da un terremoto apocalittico. Questa è una grande criticità. Il geologo giapponese Yoshizumi prevede che nuove scosse ancor più potenti colpiranno Washington. Accortosi della previsione, ecco che Carter, un ex agente della CIA, fa sapere all'ammiraglio Conway qualcosa di terribile. Il sisma, simulando un attacco nucleare, farà scattare in automatico il sistema missilistico americano, facendo partire l'intero arsenale nucleare. Come reazione, una volta che i missili colpiranno l'Unione Sovietica, partirà a sua volta l'intero arsenale nucleare russo, portando all'Armageddon. Il punto è che la base di Palmer Station, fa sapere Carter, è stata inclusa tra i bersagli dai sovietici, essendo creduta una base missilistica. Scatta l'allarme generale. L'unica speranza è che qualche volontario si imbarchi sul Nereide, vada a Washington e disinneschi il meccanismo di risposta automatica. Per la missione si offrono Carter e Yoshizumi, che partono subito. Dato che le possibilità di riuscita sono scarse, le donne e parte del personale di Palmer Station si imbarcano su una nave rompighiacci destinata a raggiungere la Terra del Fuoco. Mentre il sottomarino viaggia verso l'America, il medico di bordo fa un'eccezionale scoperta. Il virus MM88, sottoposto alle radiazioni del reattore nucleare, si inattiva e permette la sintesi di un vaccino. Il compito di Carter e di Yoshizumi è ancor più gravoso: dovranno iniettarsi il vaccino per sperimentarlo sulla propria pelle, senza alcuna garanzia. L'esperimento riesce. Arrivati nel bunker nucleare, i due uomini stanno per disattivare il meccanismo di difesa nucleare automatica, quando una formidabile scossa di terremoto distrugge la base. Carter muore sul colpo e i missili partono. A questo punto si capisce che Yoshizumi è il giapponese coperto di stracci che trova gli scheletri nella cappella di Machu Picchu, essendovi giunto da Washington, diretto verso la Terra del Fuoco!   

Recensione:

Purtroppo sembra che la pellicola di Fukasaku riesca a raccogliere soltanto recensioni negative. Assai numerose sono le persone che ne dicono peste e corna, al punto che si notano nel Web addirittura incitazioni al rogo. Questo linciaggio ha luogo in un'epoca in cui quasi nessuno ha idee originali, visto che una gran mole di lavori consiste in squallidi rifacimenti e in simile immondizia. Quando qualcuno un'idea originale ce l'ha, come Ridley Scott ad esempio, gli mettono la corona di spine, lo frustano, gli fanno portare la croce sul Golgotha e ve lo inchiodano. Il produttore Haruki Kadokawa, già fondatore della Kadokawa Production Company, non lesinò sforzi per contrastare lo strapotere del cinema americano, che minacciava di annichilire le produzioni asiatiche ed europee. A un certo punto ebbe una grande visione e si convinse che una sola cosa poteva unire il mondo intero: il terrore dell'annientamento dell'umanità. Così acquistò i diritti del romanzo di Sakyō Komatsu, Fukkatsu no hi, allo scopo di trasfonderlo in un film. Il budget del progetto fu colossale, in assoluto il più grande mai impiegato nell'Arcipelago fino a quell'epoca. Eppure, nonostante questi ottimi auspici e l'ingente quantità di mezzi impiegati, il film fu un totale fallimento. 

Le radici del catastrofismo nipponico

La tragica sconfitta nella seconda guerra mondiale segnò per sempre l'anima del popolo giapponese. Fu tutto un susseguirsi di eventi apocalittici: i bombardamenti incendiari su Tokyo, le esplosioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Poi qualcosa di ancor più destabilizzante: l'Imperatore Hirohito rinunciò alla propria divinità, la bandiera imperiale col sole rosso perse i suoi raggi. Il periodo postbellico fu caratterizzato dalla necessità di ricostruire il paese devastato. Non soltanto di ricostruirlo, a dire il vero, bensì di fargli riacquistare il posto dovuto tra le potenze industriali mondiali. Fu richiesto a tutti di lavorare in modo forsennato, oltre le naturali possibilità di un essere umano. Noi guardavamo al Sol Levante e ci stupivamo dell'omologazione dei suoi lavoratori, degli alberghi le cui stanze erano cubicoli, delle aziende che procuravano persino la moglie ai dipendenti. Guardavamo, facevamo di tale realtà l'argomento di sketch grossolani, ma non capivamo la tragedia sottostante. Migliaia e migliaia di giovani morivano già allora di karoshi (ka "eccesso" + "lavoro" + shi "morte"), soltanto che la parola non la conosceva ancora nessuno. La vita era per quegli infelici come un dente cariato, come un cancro alle ossa. Insopportabile. Per il giapponese, l'Onore è tutto. La società è un insieme complesso di gerarchie rigidissime, in cui l'individuo soccombe davanti alla necessità e a convenzioni che noi non siamo nemmeno capaci di immaginare. Non è possibile alcuna via di fuga da questo peso spaventoso, se non il suicidio etico. Una via d'uscita che richiede eroismo e che non è da tutti. Così matura l'anelito a una soluzione che ponga termine allo strazio dell'esistenza annientando il mondo intero. Un deus ex machina che porti la Liberazione. Questo può essere un cataclisma geologico, come nel film Pianeta Terra: anno zero (di Shirō Moritani, 1973), che inizia a disgregare la spina dorsale del mondo, il Giappone, per poi condannare allo stesso fato tutti i continenti (non sarà poi un caso se il film di Moritani è stato tratto da un romanzo di Komatsu, proprio come Virus). Il deus ex machina può anche essere la contaminazione nucleare con tutte le sue inattese conseguenze: ecco così formarsi un mostro come Godzilla (in giapponese Gojira), che in inglese sembra quasi un "God Zilla". Se ci pensiamo, a salvare può essere qualsiasi cosa, purché non lasci speranza, almeno a lungo termine. Nel film di Fukasaku vediamo un insieme di cause della catastrofe finale. Un patogeno nato da tentativi di produrre un'arma biologica, che sintetizza lo strumento definitivo di morte. Il conflitto termonucleare, anche se scatenatosi in modo automatico, a causa della furia degli elementi. Infine, le scarse risorse genetiche della comunità superstite. 

Catastrofismo nipponico
e catastrofismo americano
 

Le genti del Giappone non credono nel Principio Antropico, proprio come non ci credo io. Non hanno alcun concetto di un Dio onnipotente e onnisciente, creatore di tutto ciò che esiste. Non hanno alcuna idea chiara e definita sull'oltretomba, anzi, non credono affatto che l'essere umano abbia in sé un principio in grado di sopravvivere alla morte. In poche parole, non esiste nulla in comune tra il Giappone e gli Stati Uniti d'America a livello di antropologia, di filosofia e di credenze religiose. Questo abissale divario si ripercuote, com'è ovvio, anche nel modo di intendere la catastrofe. Non nego affatto l'esistenza di menti eccelse tra le genti d'America, capaci di concepire cose che all'uomo comune sfuggono e di costruire scenari raggelanti senza via d'uscita. Né vado affermando che ogni film americano debba per forza avere lieto fine. Tuttavia, va detto che l'uomo medio americano ha un concetto piuttosto puerile: non può davvero concepire la fine del genere umano, perché l'unica cosa che può turbarlo è soltanto la minaccia dell'annientamento. L'immaginario dell'Homo americanus popola il pianeta di eroi in grado di rintuzzare ogni irrompere del Caos, restaurando la società normale composta da individui normali, che costituiscono famiglie normali facendo sesso in modo normale, cagando da vagine normali mocciosi normali destinati a diventare altri omiciattoli normali capaci soltanto di avere pensieri normali. Ecco quindi che sorge Capitan America, campione dei normali e affetto da proctofobia, quasi una versione imberbe e cristianizzata del Thor dei Vichinghi, sempre pronto a combattere per respingere i Giganti nei loro abissi, per far tornare sulla Terra il regno della torta di mele, del cane di nome Bill e della messa domenicale! Date queste premesse, si capisce facilmente come mai il pubblico americano non abbia affatto apprezzato un film come Virus, che è stato proiettato soltanto in un piccolo numero di cinema degli States, avendo suscitato reazioni furiose. La pellicola è quindi stata venduta alle televisioni via cavo, subendo pesantissimi tagli.    

La biologia della violenza sessuale

Fukasaku tratta un tema che non cessa di presentarsi a dir poco problematico, in Occidente quanto in Oriente: lo stupro. Solo parlare di questo argomento genera tuttora discussioni furibonde che non portano da nessuna parte, dato che imperano storture ideologiche di ogni tipo che impediscono la comprensione dell'origine del fenomeno. I settari psicologi non sono in grado di capire cos'è la violenza sessuale e quale sia il modo di porvi un freno. Eppure la spiegazione non è troppo difficile. Lo stupro non è un fatto socio-culturale, come continuano a ripetere le fanatiche femministe nei loro sproloqui. Sapete cos'è invece? È sistema limbico. È impulso rettiliano. Infatti le lucertole, che hanno solo il sistema limbico e sono sprovviste di neocorteccia, non possono trattenersi in alcun modo: ogni atto sessuale è per loro violento. Il maschio morde l'addome della femmina, la trattiene in questo modo mentre le inietta nella cloaca uno dei suoi due peni. Si capisce una cosa: gli stupratori sono individui in cui il sistema limbico azzera la neocorteccia e ne elude i meccanismi di controllo. Non esiste quindi alcuna misura politica, sociale o culturale che possa cancellare tale impulso. In un contesto come il nostro, l'unico sistema - seppur palliativo - sarebbe applicare supplizi atrocissimi, come quelli che si usavano nel medioevo, con finalità di deterrenza. Molto più difficile è pensare a una soluzione quando ci sono solo 8 donne su 855 uomini, a meno che non riesca a convertire all'omosessualità il maggior numero possibile di maschi. Fukasaku associa l'emergere dello stupro in condizioni estreme, quando la sopravvivenza della specie umana è a rischio, all'evoluzionismo di Darwin. Per quanto l'atto in sé sia ripugnante e abbia effetti devastanti, ha come fine la sola cosa che alla Natura interessa: la continuazione del genere umano. Se devo essere sincero, penso che un cicchetto di acido cianidrico a testa, col suo buon profumo di mandorla amara, sarebbe un rimedio molto più efficace a ogni sommovimento del genoma.

Progenie rachitica

Se a un'occhiata superficiale può apparire che il finale del film lasci qualche speranza, analizzando bene il problema si capisce che per i coloni antartici non c'è futuro di sorta, né in Terra del Fuoco o altrove. Immaginiamo anche che tutte le otto donne superstiti dell'umanità riescano ciascuna a sfornare una decina di macchinette urlanti e smerdanti. Immaginiamo che metà di questi mostriciattoli siano di sesso femminile. Sarebbero circa quaranta bambine, costrette a copulare con gli adulti appena giunta l'età del menarca, in un inferno di pedofilia e di incesto. In realtà, un conflitto termonucleare globale porterebbe contaminanti radioattivi dovunque, su tutto il globo, rendendo gli uteri delle sopravvissute ben poco fecondi. Se poi si considerano le mutazioni genetiche deleterie, si vede bene che la situazione, già drammatica con donne in salute e in grado di procreare bambini sani, sarebbe compromessa in modo irrimediabile. Si dimostra quindi, a partire dalla biologia e da quanto conosciamo, che l'epilogo descritto da Fukasaku è uno solo: l'Estinzione. Con ogni probabilità, il titolo Fukkatsu no hi, ossia "Il giorno della resurrezione", è da ritenersi ironico.

lunedì 23 aprile 2018


SPACE VAMPIRES

Titolo originale: Lifeforce
Paese di produzione: Gran Bretagna
Anno: 1985
Durata: 116 min
Lingua: Inglese
Genere: Orrore, fantascienza
Sottogenere: Fantabiologia, fantaerotismo 
Regia: Tobe Hooper
Soggetto: Colin Wilson (romanzo)
Sceneggiatura: Don Jakoby, Dan O'Bannon
Fotografia: Alan Hume
Montaggio: John Grover
Effetti speciali: Apogee Productions Inc.
Musiche: James Guthrie, Henry Mancini, Michael
     Kamen
Interpreti e personaggi
    Steve Railsback: colonnello Tom Carlsen
    Mathilda May: vampira
    Peter Firth: colonnello Colin Caine
    Frank Finlay: Dr. Hans Fallada
    Patrick Stewart: dottor Armstrong
    Michael Gothard: dottor Bukovsky
    Nicholas Ball: Roger Derebridge
    Aubrey Morris: Sir Percy Heseltine
Doppiatori italiani
    Claudio Capone: colonnello Tom Carlsen
    Cristiana Lionello: vampira
    Renato Cortesi: colonnello Colin Caine
    Marcello Tusco: Dr. Hans Fallada
    Sergio Di Giulio: dottor Armstrong
    Pietro Biondi: dottor Bukovsky
Budget: 25 milioni di $
Incassi al botteghino (USA): 11 milioni di $

Trama:

L'equipaggio dello space shuttle Churchill scopre il relitto di una gigantesca astronave nella chioma della cometa di Halley. Con più audacia che senno, viene decisa l'esplorazione del veicolo spaziale alieno, come al solito senza precauzione di sorta. Alcuni astronauti, guidati dal colonnello Carlsen, penetrano nella nave spaziale abbandonata e vi trovano centiniaia di creature morte simili a pipistrelli. Procedendo nelle viscere del relitto, rinvengono tre esseri dalle sembianze perfettamente umane, due uomini e una giovane donna, nudi e in animazione sospesa all'interno di contenitori di cristallo. Questi tre alieni incongrui vengono trasportati sullo space shuttle: un'altra mossa tipica di una popolazione demente come quella terrestre, vista moltissime volte nella cinematografia fantascientifica. Durante il viaggio di rientro, il centro di controllo della missione perde il contatto con il Churchill, che si trova ad orbitare intorno alla Terra, assolutamente muto. Viene così organizzata una spedizione di recupero per investigare le cause del disastro. Quando i soccorritori raggiungono lo shuttle, trovano ingenti danni prodotti dal fuoco e i corpi dei membri dell'equipaggio, tutti in orribili condizioni. Si imbattono nei contenitori di cristallo con gli umanoidi, che vengono trasportati alla sede di Londra del Centro Europeo di Ricerca Spaziale. Una guardia, notando la straordinaria bellezza della ragazza spaziale, pensa di possederla carnalmente, come facevano gli imbalsamatori in Egitto prima che un Faraone si decidesse a far consegnare loro solo corpi frolli. Il ragionamento del giovane è semplice: "Questa è una figa strafiga, è morta ma è ancora fresca, è ancora un gran pezzo di figa! Non può opporre resistenza, me la scopo alla grande che tanto non se ne accorge nessuno". Prima che l'energumeno possa fare qualcosa, la space girl si sveglia e lo seduce. Lui pensa di essere l'uomo più fortunato del mondo, ma ecco che dalla bocca di lei escono micidiali raggi bluastri che lo conducono a rapida morte. Il dottor Bukovsky osserva casualmente la scena da un video e interviene. La ragazza cerca di ridurlo nelle stesse condizioni della guardia, ma lui riesce, seppur a stento, a sottrarsi alle sue attenzioni. Ne rimedia comunque un danno, cadendo in stato di spossatezza, mentre la maliarda manda in frantumi la vetrata ed evade, nuda nella notte. Il corpo della guardia deceduta viene analizzato dal professor Fallada, che constata lo stato di estrema disidratazione. Nel frattempo, la space girl folgora altre tre guardie, pur senza condurle alla morte, ed esce all'esterno del centro di ricerca. Presto lascia tracce del suo passaggio: in un parco uccide e disidrata una lesbica bionda che aveva pensato di appartarsi con lei per slinguazzarla avidamente tra le gambe. I due compagni della space girl si animano e non muoiono, nonostante le guardie scarichino su di loro interi caricatori di mitra. Soccombono, in apparenza, solo dopo essere stati colpiti da granate. A questo punto accade una cosa orribile: il cadavere della guardia si rianima! Subito il dottor Fallada capisce cosa sta accadendo. La space girl è un vampiro che sottrae alle vittime l'energia vitale. Coloro che uccide, sono destinati a resuscitare come zombie, sopravvivendo solo a patto di trovare energia vitale da sottrarre a una vittima. Se vengono privati della possibilità di farlo, muoiono per sempre e diventano polvere. Così la lesbica mummificata riprende vita mentre è legata a un apparato di contenzione: non potendo liberarsi, spira in breve volgere di tempo e si riduce in polvere. È tutto un susseguirsi di eventi drammatici e caotici. Il colonnello Carlsen viene ritrovato nel Texas e soccorso dal colonnello Caine, un biondino anemico. Era riuscito a lanciarsi dal Churchill usando una capsula di salvataggio, mentre stava per soccombere. Viene condotto al Centro Europeo di Ricerca Spaziale di Londra, dove parla delle sue esperienze, anche se si ostina a nascondere dettagli importanti. Fa un sogno in cui la vampira cosmica la possiede, e sotto ipnosi rivela molti dettagli. A Londra si scatena la follia di massa. Il contagio, chiamato dai media "intergalactic pest", mena stragi inaudite. Psichiatri e psicologi, divenuti molto creduloni di fronte alla gravità degli eventi, pendono dalle labbra di Carlsen, che dice di essere in contatto con la space girl e di poterla localizzare. Lei ha infatti preso possesso di un'infermiera ricciolona, che diventa una sfrenata meretrice e seduce i passanti. Viene identificata prontamente: lavora in un manicomio per pazzi criminiali. Subito piombano tutti in quel luogo tetro, assieme a un ministro, che nel frattempo ha proclamato l'allarme generale. Il colonnello Carlsen e il colonnello Caine trovano l'infermiera lasciva e la interrogano in modo assai brusco. Carlsen la percuote pesantemente, dando prova di godere nel farlo, mentre l'altro, che è un guardone, si eccita. Quello che accade in seguito ha dell'incredibile: il direttore della clinica, l'anziano e calvo Armstrong, è accusato da Carlsen di essere posseduto dallo spiriti della vampira. Così viene immobilizzato e sottoposto a iniezioni di pentotal misto a morfina. Sotto ipnosi, rivela che la space girl è in lui. Usando quel corpo mascolino, sgraziato e senile, Armostrong si comporta come una prostituta e attira a sé Carlsen. I due si baciano intensamente. Il ministro, sconvolto dall'atto omosessuale, muore per un infarto. Viene ucciso dalla semplice visione del direttore uranista che bacia il colonnello! Tutto sprofonda nel caos. Carlsen e Caine, dopo aver assistito alla possessione del Primo Ministro, fuggono e finiscono tra i militari, che hanno proclamato la legge marziale. Poi con uno stratagemma riescono a liberarsi. Carlsen deve raggiungere la space girl, perché la ama alla follia. La trova sull'altare della cripta della Cattedrale di San Paolo, intenta a inviare all'astronave l'energia raccolta dalle migliaia di vittime dell'epidemia. Tutto ormai è chiaro: è stato proprio Carlsen a scatenare il pandemonio sulla Churchill: preso da infinita libidine, ha liberato la donna fatale dal cristallo per poterla possedere carnamente. Così lei gli ha trasferito parte della sua energia e molti doni, che adesso pretende le siano restituiti. Nel frattempo, Caine si reca al centro di ricerca, trovando Fallada in stato di follia. Lo scienziato ha appena ucciso un vampiro trafiggendolo con uno spadone di ferro grezzo. Così, dopo aver ucciso Fallada, Caine prende l'arma e corre alla cattedrale. All'ultimo trova Carlsen avvinghiato alla ragazza spaziale: sono entrambi nudi e fanno l'amore. Preso dalla disperazione, tira lo spadone. Carlsen lo afferra e al culmine dell'orgasmo trafigge la sua amante e il proprio stesso addome. Mentre l'immolazione si consuma, un raggio cosmico trasporta la coppia sull'astronave dei Vampiri: i due occuperanno i loro posti nei cristalli dell'ibernazione, guarendo dalle loro ferite e continuando il loro viaggio, alla ricerca di nuovi mondi da infettare. La Tenebra ha vinto.


Recensione: 

Il film di Hooper è stato tratto dal romanzo I vampiri dello spazio (The Space Vampires, 1976) di Colin Wilson. Purtroppo non ho ancora letto l'opera di Wilson, vedrò di rimediare al più presto. Il tema centrale della pellicola è l'inscindibile legame tra Eros e Thanatos. Una grande morbosità, che arriva fino alla necrofilia, innerva il tessuto narrativo istante dopo istante. Si può dire questo: Thanatos è la sola forza che rende Eros interessante e che gli dà un significato. Non per niente, quando il colonnello Carlsen si trova in sogno tra le braccia della vampira nuda, si sottomette al suo potere e le consegna il proprio essere, agognando a spirare nell'orgasmo, anche solo per un attimo fondendosi con la sua amata. Lei è la sua Signora, il solo senso della sua esistenza di adoratore nella Morte. Questo è puro romanticismo! Peccato che tutto questo non sia stato capito dalla critica. C'è chi si è fermato a considerazioni boccaccesche, a rudi apprezzamenti sul seno, sul pube peloso e sul culo dell'attrice, la bellissima Mathilda May. Queste menti sono elementari, pura biologia come il brulicare dei cagnotti di mosca carnaria in un cadavere decomposto, anzi, ancor più vili.

 

Horror sexualis! 

Alla panica sensualità della vampiresca ragazza spaziale si contrappone qualcosa di ben bizzarro: l'orrore e la nausea annichilente verso ogni manifestazione erotica che coglie alcuni personaggi alla vista di cose che al giorno d'oggi non stupirebbero nessuno. Così accade quando lo spirito della space girl possiede l'infermiera ricciolona del manicomio: vediamo la robusta donna, dalla fisionomia tipicamente anglosassone, caricata a bordo da un vecchio sileno lascivo che le tocca una coscia e le provoca fremiti di libidine. Il colonnello Caine, ascoltando la descrizione della scena ad opera del commilitone Carlsen, è scosso da un moto di intensissimo disgusto, che non riesce a nascondere. Dio mio, le ha toccato una coscia nuda, che scandalo, che schifo! Lo stesso Carlsen, nel riportare quanto vede tramite contatto telepatico, parla come se avesse davanti agli occhi una gran massa di cimici verdi schiacciate. Una reazione che ben pochi riterrebbero naturale. Eppure, quando si trova faccia a faccia con la donna dai capelli crespi, prima le assesta un'incredibile serie di sganassoni violentissimi, poi la bacia ardentemente in bocca, slinguazzandola con voluttà. Ecco a quali contraddizioni insanabili giunge l'essere umano! Lo stesso Caine, che tanto aveva disprezzato l'infermiera per la sua lascivia, arriva a rilasciarsi lo sperma nelle mutande osservando queste scene di grande brutalità, che al giorno d'oggi sarebbero etichettate come stupro.  Una cosa è certa: nell'attuale contesto, un film come questo non potrebbe più essere nemmeno concepito.

 

Un ministro ucciso dall'omosessualità! 

Vediamo poi il ministro che accompagna i due colonnelli nella casa di cura per pazzi criminali. Somiglia vagamente a un Bruno Vespa con più capelli, il suo incedere è incerto e sembra avere una gobba. Il suo fare è iperattivo, inquisitorio. Proprio questa sua caratteristica lo condannerà. Quando Carlsen allucina, crede di vedere la sua amata vampira e la vuole baciare. Così si avventa sul vecchio, ripugnante direttore calvo, Armstrong, scambiandolo per la sensualissima Signora, e lo bacia in bocca. Il ministro non regge all'orrore. La sola vista del bacio sodomitico gli fa cedere il cuore e lo annienta. Anche questo è un fatto portentoso e molto strano. Come si può credere che un ministro londinese ignorasse l'esistenza di contatti omosessuali tra uomini? In che mondo viveva? A queste domande angosciose non è dato al momento avere risposta. Forse Hooper avrebbe potuto illuminarci, se non fosse morto nell'agosto del 2017. 

 

Iniezioni nelle arterie! 

Come tutti dovrebbero sapere, le iniezioni endoarteriose sono molto rare e richiedono particolari accorgimenti. Se si buca un'arteria a casaccio, si produce un flusso inarrestabile di sangue, con conseguente morte del paziente. Questo perché le arterie hanno un proprio battito, non sono come le vene, in cui il sangue viene pompato soltanto dal muscolo cardiaco. Eppure vediamo il colonnello Carlsen - che non è un medico e neppure un infermiere - operare con il sadismo di un demone sull'anziano Armstrong, mettendone a serio rischio la vita. Prima conficca un'enorme siringa piena di pentotal misto a morfina in un braccio del direttore del manicomio, senza neppure mettergli il laccio emostatico, senza cercare la vena, iniettando il liquido in profondità. Poi, ritenendo la sedazione insufficiente, afferra in un gioco di bravura due siringoni e li caccia nel collo della vittima, uno a destra e uno a sinistra, col rischio di bucare le carotidi! Adesso si comprende come mai il sistema sanitario britannico miete ogni anno più vittime di quante ne facesse la Yersinia pestis nel medioevo! 


Pericolosi campi di ricerca 

Il vitalismo è la filosofia tanatologica professata dal dottor Fallada. Lo studioso è riuscito a coronare un sogno dell'umanità, quello di ricondirre il reame della Morte nell'alveo del metodo scientifico, riuscendo così a dimostrare che non tutto finisce con l'exitus. Questo afferma Fallada: nell'essere umano esiste un principio indistruttibile, un'energia che con la morte esce dal corpo. È la Forza Vitale. Ecco spiegato il titolo originale del film: Lifeforce. Direi proprio che sarebbe una cosa splendida se si riuscisse a ricondurre al campo delle cose misurabili proprio la Morte, che per natura sfugge a qualsiasi tentativo di riduzione alle categorie razionali. Purtroppo, se anche sorgesse da qualche parte un dottor Fallada sorretto da un ingenio sovrumano e animato dalle migliori intenzioni, non si andrebbe molto lontano. Questo perché le religioni del mondo hanno ancora molto potere e riescono a stroncare sul nascere qualsiasi seria ricerca. Prendiamo ad esempio le chiese che si definiscono "cristiane": anche se sono teologicamente morte - tra i loro ministri vediamo un papa baciapiedi, pastori che giocano con spade laser di gomma e numerosi pedofili - conservano comunque una certa influenza su numerosi enti e potentati politici. Se dalle ricerche di uno scienziato dovesse venir fuori qualcosa che confuta alla radice i loro dogmi, come quello della retribuzione ultraterrena, per loro sarebbe un disastro spaventoso, che cancellerebbe persino l'ombra di ogni istituzione ecclesiastica. 


Un finale ambiguo

Perché Carlsen ha turbato un'unione tanto piacevole raccogliendo lo spadone lanciatogli da Caine e impalandosi insieme alla splendida amante? Per amore di un genere umano odioso e degenere? Per la speranza di salvare la Terra? La scelta è incomprensibile, tantopiù che tale azione non sembra aver sortito gli effetti sperati. Francamente, se fossi stato al posto di Carlsen, avrei agito ben diversamente. Avrei continuato l'amplesso fino ad eiaculare nella vampira, anche a costo di una vita che tanto avrei perso comunque. L'umanità l'avrei mandata a fare in culo. Resta poi un'altra cosa da chiarire. A un certo punto la space girl rivela al suo amante terrestre qualcosa di sorprendente, che lui in realtà non è davvero umano, ma appartiene alla stirpe del vampiri cosmici. Un tema che ritengo molto interessante, peccato che non sia stato sviluppato a dovere. Forse anche a questi interrogativi Hooper avrebbe potuto darci risposta. Che dire? It's too late

Reazioni nel Web

Nel Web è tutto un susseguirsi di recensioni più stupide della merda. Molti si limitano a criticare gli effetti speciali, ritenuti pessimi anche per un film dell'epoca. Altri insorgono perché vedono violate le leggi non scritte dei film horror, che a loro dire obbligano a una nettissima separazione tra vampiri, zombie e mummie. A sentire questi spocchiosi e arroganti pasdaran dei film di genere, Hooper sarebbe stato "confuso". Senza dubbio a far gridare allo scandalo è stata la sede scelta dalla space girl, la cripta della Cattedrale di San Paolo. La donna venerea è stesa su un altare, circondata da croci che non hanno su di lei alcun effetto. Questo viola la tradizione inveterata dei vampiri che urlano, soffrono e si dissolvono alla vista di una croce. Non sfiora nemmeno la mente dei critici che un vampiro spaziale possa avere caratteristiche molto diverse da quelle di un vampiro classico! Un vampiro spaziale mostra totale indifferenza verso i simboli cristiani, che ai suoi occhi sono insignificanti. Non solo: beve essenza vitale e non sangue, se morde qualcuno lo fa diventare uno zombie e se questo morto vivente non si nutre, si trasforma in una mummia, quindi in polvere inerte. Non mi sembrano concetto così difficili da comprendere. Quello che più mi stupisce è che questa mia recensione potrebbe essere la sola decisamente positiva in tutto il Web! 

mercoledì 18 aprile 2018


A VENEZIA... UN DICEMBRE ROSSO
SHOCKING

Titolo originale: Don't Look Now
Paese di produzione: Gran Bretagna, Italia
Anno: 1973
Durata: 110 min
Genere: Drammatico, horror
Sottogenere: Thriller occultista
Lingua originale: Inglese
Lingua (versione italiana): Italiano, veneto
     (alquanto italianizzato) 
Regia: Nicolas Roeg
Soggetto: Daphne Du Maurier, dal racconto Don't
     Look Now
, presente nella raccolta Non dopo
     mezzanotte e altri racconti

Sceneggiatura: Allan Scott, Chris Bryant
Produttore: Peter Katz
Produttore esecutivo: Anthony B. Unger
Fotografia: Anthony B. Richmond
Montaggio: Graeme Clifford
Musiche: Pino Donaggio; la canzone Colori di
      dicembre
è interpretata da Iva Zanicchi
Scenografia: Giovanni Soccol
Trucco: Giancarlo Del Brocco
Interpreti e personaggi

    Julie Christie: Laura Baxter
    Donald Sutherland: John Baxter
    Hilary Mason: Heather
    Massimo Serato: Il vescovo Barbarrigo
    Clelia Matania: Wendy
    Renato Scarpa: Il commissario Longhi,
         inefficiente e ottuso
    Giorgio Trestini: Un operaio venetofono
    Leopoldo Trieste: Alessandro, il portiere
         uranista dell'albergo
    David Tree: Il preside Anthony Babbage
    Ann Rye: Mandy Babbage
    Nicholas Salter: Johnny Baxter
    Sharon Williams: Christine Baxter
    Sergio Serafini: Un operaio venetofono
    Bruno Cattaneo: L'investigatore Sabbione,
          tirapiedi del commissario Longhi
    Adelina Poerio: La nana deforme
Colonna sonora: 
   John's Theme (Children Play) 
   Christine Is Dead
   Candles For Christine
   John's Theme (Love Scene)
   Strange Happenings
   John's Theme (Laura Leaves Venice)
   John's Vision (Laura's Theme)
   Searching For Laura (Laura's Theme) 
   Through The Streets Of Venice 
   Laura Comes Back
   Dead End
   Laura's Theme (The Last Farewell)

Trama:

La figlia dei coniugi Baxter, Christine, indossa un impermeabile color rosso shocking e cammina in una palude. A un certo punto suo padre, John, che sta sviluppando dei rullini fotografici, vede una macchia di sangue su una fotografia in formazione e ha un orrido presentimento. Corre fuori di casa e trova la figlia affogata in uno specchio d'acqua stagnante. Ogni tentativo di soccorso risulta vano: la bambina è spirata. Qualche mese dopo, i Baxter sono a Venezia, dove John è impegnato nel restauro dei mosaici della chiesa di San Nicolò dei Mendicoli. La moglie, Laura, non ha superato il trauma della perdita della figlia ed è caduta in una depressione profonda. Una sera, mentre i Baxter sono a pranzo in un ristorante, fanno la loro sinistra comparsa due sorelle scozzesi, di cui una cieca e chiaroveggente. La sensitiva, Heather, avvicina Laura e le dice di aver percepito vicino a lei, mentre sedeva al tavolo, la presenza di una bambina bionda felice e sorridente, che indossava un impermeabile rosso. La signora Baxter, convinta che la figlia non abbia cessato di esistere, si rinvigorisce ed esce dalla depressione. Il marito invece reagisce male. Urla alla moglie che la figlia è morta, che non esiste più, arrivando persino a maledirne la tomba. Convinto che le due sorelle scozzesi vogliano circuire Laura per spillarle denaro e privarla della volontà, le proibisce di frequentarle. Tuttavia la donna elude il divieto e partecipa a sedute spiritiche. Un giorno, Heather avverte che se il signor Baxter non lascerà subito Venezia, la sua vita sarà in gravissimo pericolo. Il monito sembra ancor più minaccioso, dal momento che la città è funestata da numerosi delitti efferati compiuti da un maniaco, che sfugge ad ogni tentativo di cattura da parte della polizia. A un certo punto, i Baxter ricevono una telefonata notturna dall'Inghilterra: loro figlio ha avuto un incidente a scuola ed è stato ricoverato in ospedale. Laura parte subito con un volo charter. Eppure il marito la vede, poco più tardi quello stesso giorno, assieme alle due inquietanti sorelle scozzesi su una gondola funebre. Le tre donne sembrano le Norne, le dee della mitologia nordica che tessono il Fato. Non capendo l'accaduto, John si reca alla polizia per denunciare la scomparsa della moglie, pensando ingenuamente che sia stata plagiata e rapita. Il commissario Longhi approfitta dell'occasione per dare un'identità al maniaco omicida che affligge Venezia: a suo avviso, essendo John Baxter un tipo un po' strano, deve essere per forza di cose il colpevole. Così lo fa pedinare dall'agente Sabbioni, che può soltanto stringere un pugno di mosche. Verificato tramite telefonata che la moglie si trova in Inghilterra, John raggiunge la sensitiva Heather e sua sorella, che gli spiegano il significato dell'orrida visione. Quello che l'uomo ha visto è un'immagine del futuro, cosa che dimostra come egli abbia doti medianiche. Gli eventi precipitano: Laura ritorna a Venezia nella notte, ma non trova il marito. Questi nota una piccola figura vestita come la figlia con l'impermeabile rosso shocking e la insegue tra le oscure calli, fino al tragico epilogo. Capirà troppo tardi che non si tratta della sua bambina... La visione delle tre Norne sulla gondola funebre... si rivelerà quella del suo stesso funerale!      

Recensione: 

Il film di Nocolas Roeg è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro nel lontano 2008. Ero stanco morto e avevo troppo whisky nello stomaco, così ho tentato di seguire la trama tra mille colpi di sonno, finché sono sprofondato nel mondo di Morfeo proprio durante le cruciali sequenze finali, che mi sono perso. Sono stato svegliato di colpo dalla voce euforica di Andrea, che chiedeva al pubblico: "L'avete visto il nano distorto?". La breve discussione è finita da lì a poco, lasciandomi con la morbosa curiosità di sapere qualcosa di più su quella terribile epifania che a quanto pare costituiva il fulcro stesso e il senso ultimo della narrazione. Lì per lì pensai che la protagonista avesse dato alla luce una creatura mostruosa, non so per quale motivo: della trama non avevo compreso quasi nulla, tanto comatoso era il mio stato. Per molto tempo non ho più pensato al film: soltanto un decennio dopo ho avuto occasione di rivederlo, questa volta da sobrio e seguendolo con attenzione fino ai titoli finali. Mi sono così reso conto che al Cineforum mi ero perso moltissimi dettagli, sprofondati nella nebbia della sonnolenza. Adesso so che il film ricalca bene il racconto di Daphne Du Maurier, anche se si rilevano alcune discrepanze. L'impermeabile rosso nel soggetto originale era indossato dalla signora Baxter, non da Christine, che moriva a causa della meningite anziché affogata. Rispetto all'opera della nobildonna inglese, sono stati inseriti non pochi simbolismi che rendono la trama ancor più inquietante.

Venezia vista da Roeg

Il regista riesce in modo eccelso a farci immergere in un'atmosfera di grande decadenza. Gli edifici fatiscenti, dai muri umidi e lebbrosi, sembrano ospitare il principio stesso della Decomposizione, irradiano morte dell'Essere, facendo sprofondare lo spettatore tra le ombre dell'Ade. Si nota una minuziosa cura dei particolari, anche dei più irrilevanti. Nelle vetrine di un bar si vedono alcuni panettoni la cui scatola azzurra mi ricorda qualcosa, anche se non sono riuscito a identificare la marca. Ho potuto anche distinguere una girandola variopinta collocata su un davanzale allo scopo di tener lontani i piccioni con il loro moto provocato dal vento. In quel contesto sembrava un accorgimento poco utile, dal momento che Venezia veniva mostrata come una città dall'aria piuttosto stagnante, perennemente avvolta da un'opprimente caligine. 

Gli italiani visti da Roeg

Il film dà una pessima immagine del paese e in particolare delle forze dell'ordine, dipingendo il commissario Longhi come un pericoloso incapace, che non riuscendo a identificare un maniaco, cerca di addossare la colpa di crimini efferati al primo straniero dall'aspetto stravagante che gli capita a tiro. In genere, i nostri connazionali sono descritti in modo desolante e impietoso. Gli operai sono neghittosi, grossolani e incompetenti, tanto da mettere a rischio la vita del restauratore per una sbadataggine. Le albergatrici sono avide e impiccione. Il guardiano uranista dell'albergo, che in ogni momento libero si occupa di manipolare i cazzi, è un intrallazzatore che riesce a ottenere favori per il signor Baxter, non venendo neppure ringraziato per il suo impegno. Vediamo però che anche il signor Baxter è molto singolare. Osservandolo si deduce che è costume degli uomini di Albione non salutare mai nessuno, non ringraziare mai per nulla, cosa che non manca di attirare l'ostilità di molti. Meno male che li chiamano gentlemen. Le loro mogli sono invece più educate e non mancano di buone maniere, cosa che evidentemente in Inghilterra è ritenuta prerogativa del sesso femminile.

L'uso del veneto nel film

Nella versione italiana, diversi personaggi parlano in veneziano: gli operai e le albergatrici che ospitano le sorelle scozzesi. A dire il vero non è facile dire se si tratti di italiano venetizzato nella fonetica o di veneto italianizzato, anche se propendo per questa seconda opzione. Non ho visto il film in lingua inglese, quindi non so dire come fossero i corrispondenti dialoghi originali. Immagino che l'uso del veneziano sia stato introdotto in fase di doppiaggio per rendere più verosimile l'ambientazione, non trovandosi nel film di partenza nemmeno una parola in italiano o in una lingua locale della Penisola.   

Eros e Thanatos

John e Laura Baxter a un certo punto si amano furiosamente. Fanno sesso in modo focoso, entrambi nudi, cosa che andava contro le convenzioni del cinema dell'epoca. Anche se di sfuggita, in una sequenza si vede persino un cunnilingus, cosa molto rara in un film mainstream. Si ha poi una fugace e criptica allusione alla fellatio, quando la donna alla fine dell'amplesso si porta alla bocca il rossetto. Queste scene hanno fruttato al film non poche critiche. Guardandole, sembra certo che la donna concepisca un figlio, quasi per compensare la morte di Christine. Sembra anche ragionevole che questo bambino avrà un ruolo importante nella trama. Invece non accade nulla: il liquido seminale spruzzato nella vagina non raggiunge alcun ovulo fecondo, gli spermatozoi soffocano nel liquame destinato ad essere lavato via prima ancora di potersi decomporre. Così la copula appare un po' incongrua, qualcosa di erratico inserito in una trama che prevede soltanto lutti a cui non esiste rimedio. 

Il vescovo e la morte del Cristianesimo

Il vescovo Barbarrigo, contemplando lo sfacelo in cui versa la chiesa da restaurare, è preso da un grande sconforto. In particolar modo si sente oppresso dal silenzio di Dio. Queste sono le sue parole: "Le chiese appartengono a Dio, ma non sembra che Lui se ne occupi molto. Forse... non le giudica tanto importanti. Noi non sappiamo più ascoltare la Sua voce...". A un certo punto, l'ecclesiastico chiede a bruciapelo alla signora Baxter: "Lei è cristiana, Laura?". La risposta della donna è davvero sorprendente. "Beh, non lo so...", dice, non senza imbarazzo, "voglio bene agli animali, e ai bambini...". Al che il porporato, facendo buon viso a cattivo gioco: "San Nicola, titolare di questa chiesa, è il patrono dei saggi e dei bambini. Un avvicinamento interessante, non le pare?". Questo breve dialogo tra il vescovo e la moglie del restauratore di mosaici è altamente significativo. Sono certo che ben pochi si sono soffermati a ponderarlo: è di quelle cose che non interessano allo spettatore medio di film horror e di thriller. Pensiamoci bene. Nel lontano 1973, tramite le poche frasi da me riportate, è stata annunciata la morte non soltanto della Chiesa Romana, ma più in generale del Cristianesimo. Il vescovo che testimonia l'assenza di Dio dal mondo, la sua assoluta incomunicabilità con gli esseri umani; la signora che non sa neanche se definirsi cristiana o meno, che non sa dare una definizione anche vaga del Cristianesimo perché non ci ha mai pensato: questi sono portenti, geroglifici che proclamano la fine di un'epoca! 

Un atroce Doppelgänger

L'orrida nana omicida, che compare come in un'eruzione istantanea per poi sprofondare nella tenebra assoluta, è il Doppelgänger della bambina defunta. In altre parole, i due esseri non sono tra loro privi di correlazione: possiamo dire che esiste un filo che li connette nella stessa essenza. L'assassina che uccide le vittime con la mannaia è la proiezione demoniaca e incubica della figlia dei Baxter, nata dalla sua ombra che si è materializzata. È la sua gemella maligna. Non per nulla le somiglia soltanto nella sagoma, nella corporatura, mentre il volto è del tutto diverso e ha lineamenti a dir poco grotteschi. In genere si parla di Doppelgänger di persone viventi, ma nulla vieta che possano essere concepiti anche per defunti. Forse è l'istintiva consapevolezza di questo orrore insondabile che ci terrorizza e ci devasta. Tutto viene scaricato sullo spettatore in meno di un secondo, quasi sulla soglia della percezione. La figura aberrante viene sparata nei nervi ottici come un subliminale. Una doccia gelata. Basta già questo a fare del film di Roeg uno dei grandi capolavori dell'horror di tutti i tempi.

Futuro aperto o futuro chiuso?

L'ontologia temporale postulata dalla narrazione è quella B-eternista (eternismo non tensionale). In parole comprensibili a tutte, si immagina che il presente, il passato e il futuro abbiano la stessa realtà e che convivano in una stessa configurazione dell'Universo. In questo modo, il fluire del tempo sarebbe soltanto un'illusione, come il cambiamento, e nulla potrebbe vietare al futuro di influenzare il presente. In quest'ottica di retrocausalità, il punto di non ritorno è da identificarsi nella decisione di Heather di avvicinare la signora Baxter. Se non le avesse detto di aver percepito con la sua seconda vista una bambina corrispondente in tutto e per tutto alla defunta Christine, non si sarebbe innescata la sfortunata serie di eventi che infine ha portato all'uccisione del protagonista. La stessa visione di John Baxter, che trasferisce nel presente l'evento futuro del suo funerale, è una tipica profezia che si autoadempie (self-fulfilling prophecy). Sono un presentista e in particolare trovo il B-eternismo contrario a qualsiasi elementare principio di economia ontologica. Va però detto che trovo affascinanti le profezie - per quanto ancora prive di spiegazione nel presentismo. La mia adesione a un'ontologia temporale presentista si deve soprattutto alla difficoltà di trovare un modello migliore che sia privo di bachi e di gravi paradossi. In sostanza non sappiamo cos'è il tempo. Non ne abbiamo la benché minima idea. Non possiamo osservarlo dall'esterno. Non abbiamo una visuale privilegiata che ci permetta di guardare da fuori la nostra fragilissima condizione. Se dovessi avere una risposta a tutti questi interrogativi, non sarei imprigionato in questo spaziotempo, non sarei costretto alla schiavitù planetaria.     

Cos'è un fantasma?

Il problema centrale è l'attribuzione di un'ontologia ai fantasmi. In buona sostanza, cosa sono le visioni dei morti? Naturalmente gli adoratori di Piero Angela diranno che si tratta di cose estranee alla Scienza, quindi di illusioni che appartengono al reame dell'inesistenza. Non condivido questo approccio al problema. A mio avviso esistono soltanto due possibilità.

1) Immaginiamo che un fantasma sia una specie di eco di una persona morta, un'immagine che riverbera nel tempo fino ad essere percepita da un osservatore. In tal caso, si spiegherebbe perché il fantasma ha l'aspetto di una persona vivente. Resta però il fatto che, se le cose stessero così, il fantasma non sarebbe un essere. Non sarebbe altro che un simulacro. Non avrebbe emozioni. Non vedrebbe né sentirebbe nulla. Non potrebbe dire nulla né interagire in alcun modo con i viventi. Quindi tutti i medium e i parapsicologi che affermano il contrario sarebbero subito da etichettarsi come impostori.
2) Immaginiamo invece che un fantasma sia uno spirito disincarnato, ossia che esista in ogni essere vivente un principio immortale che può esistere separato dal corpo. In tal caso, non avrebbe senso poter vedere tale spirito con gli organi di senso del corpo di carne - con cui non avrebbe nulla in comune. Non avrebbe senso nemmeno attribuirgli una forma umana. Non potrebbe avere un volto, né occhi, né bocca, né orecchi o altri organi di senso. Non potrebbe avere braccia, né mani, né gambe, né piedi. Non potrebbe avere capelli né altri peli. Non potrebbe indossare alcun indumento. Quindi tutti i medium e i parapsicologi che affermano il contrario sarebbero subito da etichettarsi come impostori.

Quello che mi sorprende è che gli adepti del CICAP a queste cose non abbiano mai pensato nemmeno di striscio: insistono con un'impostazione dogmatica positivista senza dare importanza alcuna alle contraddizioni logiche presenti nelle tesi che vorrebbero confutare. Anche se di certo la cosa non farà piacere agli Angela, gli esseri umani non accetteranno mai la visione materialista della morte come annientamento e cercheranno sempre di prendere contatto con i morti, seppur usando mezzi vani e privi di senso. Lo stesso Donald Sutherland aveva una buona opinione dello spiritismo e dei medium. Credeva fermamente che l'occultismo potesse svolgere un ruolo benefico, così tentò in tutti i modi di far cambiare il finale del film, senza riuscirci.

lunedì 16 aprile 2018

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DEI NOMI SATANA E DIAVOLO

Ho notato che in ambienti che si definiscono "esoterici" è particolarmente diffusa una stravagante quanto falsa interpretazione dei nomi Satana e Diavolo, così mi sento in dovere di intervenire. Ormai è opinione comune che Satana significhi "Divisore", e che Diavolo ne sia la traduzione esatta. Nulla di più lontano dal vero. In lingua ebraica il termine שָׂטָן (SATAN) significa "Persecutore" o "Oppositore", e proviene dal verbo שׂטן, che significa "perseguitare", "avversare", "opporsi in giudizio". Questo implica l'idea che Satana sia non soltanto il Nemico di Dio, ma anche il persecutore del genere umano. In lingua araba il termine ﺷﻴﻄﺎﻥ (SHAITAN) ha proprio la stessa origine. Ora, il greco διάβολος (DIABOLOS) non indica affatto il Divisore, bensì il Calunniatore, colui che ingiuria. Infatti il verbo da cui questa parola proviene, διαβάλλω (DIABALLO), significa "io getto addosso" o "io getto attraverso" e non "io divido", che è τέμνω (TEMNO). Così veniva chiamato un personaggio teatrale, che tramite la calunnia complicava la trama minacciando i protagonisti di incorrere nel disastro. Era definito in questo modo perché gettava di traverso le sue accuse, in modo che queste non fossero all'inizio evidenti e producessero il massimo danno nel corso dell'azione scenica. Tutto diviene ancor più chiaro se citiamo l'omonimo aggettivo, col senso di "calunnioso", "ingiurioso", e il sostantivo διαβολή (DIABOLE), che significa "falsa accusa" e anche "inimicizia". La lingua latina prese DIABOLUS direttamente dal greco, e questa è la fonte di DIAVOLO. La semantica si ricollega in parte a quella ebraica. Le false etimologie sono tuttavia numerose. Qualcuno sostiene ad esempio che la forma originaria sarebbe un fantomatico *DEABULUS, che significherebbe "Piccolo Dio". Evidentemente per queste persone la lingua dell'Ellade è un libro chiuso. Si trova anche un fantasioso collegamento alla lingua persiana dell'Avesta, in cui la parola DAEVA era usata per indicare i Demoni. Equivale al sanscrito DEVA-, che indica invece gli Dei, e il suo cambiamento di significato è dovuto alla Riforma di Zoroastro, che mutò in diavoli le antiche divinità, con poche eccezioni come Mithra, figura che nella tradizione si mantenne benefica. Tuttavia anche questo collegamento con DIABOLOS è fallace. Non soltanto in avestico un'estensione di DAEVA con un suffisso -l- dal valore diminutivo o dispregiativo non è documentata(1), ma sarebbe ben difficile spiegare come il dittongo -AE- possa essere diventato -IA-. Oltretutto, in greco antico la parola DIABOLOS non mostra in origine il benché minimo accenno a un significato religioso: in epoca precristiana è un lemma interamente profano.

Spero che quanto riportato sopra sia sufficiente a spazzar via la nebbia delle etimologie fallaci e della falsa erudizione di cui spesso fanno sfoggio numerosi esponenti dell'occultismo. Soprattutto si intende con questo breve trattatello porre fine una volta per tutte alle scempiaggini delle settarie New Age, che con pervicacia accusano il Pensiero Dualista di servire il Diavolo inteso come "Divisore". Per tali persone prive di ogni senso logico, chiunque nega l'esistenza del cosiddetto "Uno-Tutto" sarebbe di per sé Diavolo in quanto "Divisore". Quello che raccomando a queste ignoranti sostenitrici del panteismo della setta del Libero Spirito è un po' di studio unito all'applicazione dei sani princìpi della logica aristotelica. Non esistono scusanti di sorta, perché al giorno d'oggi è assai facile usare il Web per trovare informazioni utili, confrontare fonti e distinguere ciò che è solido da ciò che è ingannevole. 

(1) In Romanì c'è un suffisso -l- in Devel "Dio" (var. Del). Il significato del termine non è chiaramente negativo, essendo di tradizione ìndica e non avendo la sua semantica subìto influenze zoroastriane. Il Diavolo è detto Beng dai Rom e non vi sono confusioni.

domenica 15 aprile 2018

FILIPPO L'ARABO E LO PSEUDO-EUSEBIO

Agli accademici è sfuggita una cosa che a mio avviso avrebbe dovuto essere assolutamente ovvia. Non riesco a credere che nessuno l'abbia mai notata. Eusebio di Cesarea (III-IV secolo) nella sua Historia Ecclesiastica ha scritto che l'Imperatore Filippo l'Arabo (III secolo) avrebbe voluto partecipare una volta a un servizio pasquale. Il Vescovo, Babila di Antiochia, gli avrebbe però rifiutato la partecipazione alla funzione, dicendogli che prima avrebbe dovuto confessare i propri peccati. Orbene, tutto ciò è impossibile. Infatti all'epoca la confessione era una pratica lunga, umiliante ed estrema, che comportava penitenze per molti anni, spesso per tutta la durata della vita. Era impartita soltanto al battezzato che, caduto in peccato o costretto ad abiurare, avesse voluto riconciliarsi con la Chiesa. In nessuna comunità era una cosa presa alla leggera, come invece sarebbe avvenuto secoli dopo. Ancora Costantino seguì la consolidata tradizione del battesimo in punto di morte, perché voleva essere sicuro di garantirsi la salvezza. Quando il battesimo dei giovani divenne comune, fu la confessione ad essere spesso data in punto di morte. Non era assolutamente ripetibile: se uno fosse caduto in peccato dopo aver avuto l'assoluzione, avrebbe dovuto affidarsi alla sola misericordia divina. Si deduce quindi che Eusebio di Cesarea non poteva scrivere ciò che si dice abbia scritto. Il brano su Filippo l'Arabo è un falso storico solenne. Se Filippo fosse stato battezzato, avrebbe saputo senza dubbio che un suo grave peccato pubblico e notorio (come l'uccisione del proprio fratello Gordiano) non gli avrebbe permesso di partecipare al servizio. Non avrebbe quindi avanzato a Babila alcuna richiesta. Se invece il peccato fosse stato qualcosa di privato e di poco conto, il Vescovo non gli avrebbe negato la funzione. Ora, il povero Filippo, qualora consapevole d'aver peccato in pubblico, avrebbe di certo temuto la penitenza severa rimandandola in punto di morte e non si sarebbe sottoposto a questa procedura per una semplice messa. Se non fosse stato battezzato, ma comunque di fede cristiana, il Vescovo gli avrebbe richiesto prima il battesimo. Se non fosse stato neppure un catecumeno, ma soltanto un pagano curioso, il Vescovo gli avrebbe richiesto prima un severo periodo di istruzione e di prova. Si deduce che in ogni caso il falsario ha fabbricato questa notizia apocrifa basandosi sui costumi dei suoi tempi, del tutto diversi da quelli vigenti nel III secolo.

giovedì 12 aprile 2018


LA MANO SINISTRA DELLE TENEBRE

Autore: Ursula Kroeber Le Guin
Anno: 1969
Titolo originale: The Left Hand of Darkness
Lingua: Inglese
Conlang(s): Getheniano (calendario, glosse sparse,
      antroponimi, toponimi)
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza utopica, fantascienza
     femminista, fantascienza sociale, fantabiologia,
     fantasessualità  
Prima edizione italiana: 1971
Editore (Italia): Editrice Nord
Collana: Cosmo Oro, n. 62
Codice ISBN: 88-429-0362-0
Traduzioni:   
   Francese: La main gauche de la nuit
   Olandese: Duisters Linkerhand;
          De Linkerhand van het Duister
   Spagnolo: La mano izquierda de la oscuridad 
   Tedesco: Winterplanet;
          Die linke Hand der Dunkelheit
   Serbo: Leva ruka tame
   Ceco: Levá ruka tmy
   Portoghese: A Mão Esquerda das Trevas
   Ungherese: A sötétség balkeze
Premi: 
   1970 - Premio Hugo (miglior romanzo)
   1970 - Premio Nebula (miglior romanzo)
   1975 - Premio Locus (miglior romanzo di tutti i tempi, 3° posto)
   1987 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi, 2° posto)
   1998 - Premio Locus (miglior romanzo di SF di tutti i tempi prima del 1980, 3° posto)


Trama:

L'Ecumene, lega che comprende la Terra a una decina di mondi colonizzati dagli umani, invia Genly Ai sul pianeta glaciale Gethen. I Getheniani sono strane genti: somigliano agli esseri umani ma sono dotati di una sessualità ermafrodita. A dire il vero si tratta tecnicamente di ermafroditismo latente. Infatti i caratteri maschili o femminili non si manifestano contemporaneamente nello stesso individuo: si ha l'emergere di un sesso o dell'altro durante uno stato di calore che nella lingua della nazione di Karhide è chiamato kemmer (corradicale dell'Olonets di Helliconia khmir "calore, foia"). Il kemmer si manifesta ogni 26 giorni e ne dura circa due; il ruolo sessuale è stabilito da scambi di effluvi feromonali tra i partner, che possono rimanere entrambi gravidi per via dell'ingresso dello sperma nel vaso procreativo. Genly Ai si ritrova così in un mondo difficile e incomprensibile. Giunto nella nazione di Karhide, si ritrova invischiato in una serie di intrighi. In nessun caso i nativi capiscono l'inviato dell'Ecumene e la sua proposta di alleanza con la confederazione terrestre. Ovunque è trattato come una specie di utile giocattolo dai feudatari, la cui visuale incredibilmente meschina e ristretta permette di pensare soltanto a vantaggi politici a breve termine. Così l'inviato dell'Ecumene decide di proseguire per Orgoreyn assieme ad Estraven, un nobile bandito da Karhide, ma l'esito della spedizione si rivela presto catastrofico. La società di Orgoreyn è orwelliana, tanto da sembrare una distopia pseudosovietica, se si eccettua l'onnipresenza della religione. La sola possibilità di salvezza per Genly Ai e per il suo compagno sarà una perigliosa fuga. Il ritorno a Karhide avverrà attraversando un impervio ghiacciaio.     

Recensione:

Ursula K. Le Guin (Berkeley, 1929 - Portland, 2018) è stata un fulgido astro della fantascienza - con buona pace delle solite baggianate di chi reputa "maschilista" tale genere letterario. Non soltanto era una donna, dettaglio che viene spesso trascurato, ma si professava femminista e anarchica. Notevole per la sua capacità di creare mondi immaginari di grande complessità, sviscerandone ogni aspetto antropologico, la scrittrice californiana si è anche interessata alla creazione di conlangs, cosa che desta in particolar modo il mio interesse. Proprio i temi trattati hanno permesso alle sue opere di valicare le mura del Ghetto della Fantascienza e di essere apprezzate anche al di fuori dei suoi angusti confini.

Questo romanzo è il quarto del Ciclo dell'Ecumene, detto anche Ciclo Hainita (Hainish Cycle). Il presupposto è semplice e molto affascinante: il pianeta Hain è il mondo di origine degli esseri umani, che si sono espansi su molti sistemi tramite diaspora cosmica. Tra i mondi popolati dagli Hainiti c'è anche la nostra Terra, la cui popolazione discende dagli antichi coloni. Notevoli sono le conseguenze. Gli ominidi tanto amati da Piero Angela non sono altro che il frutto di una complessa serie di esperimenti di ingegneria genetica e le dottrine di Darwin sull'origine della specie umana sono pura e semplice paccottiglia. Questo modello di genesi dell'umanità è sempre stato per me quello più naturale; soltanto le desolanti caratteristiche dei numerosi esopianeti scoperti mi hanno fatto sorgere qualche dubbio sulla sua plausibilità. Avendo sempre scelto per le mie storie uno scenario di questo genere, ho subito amato i romanzi del Ciclo Hainita. A distanza di anni, scorrendo il testo di The Left Hand of Darkness per raccogliere le informazioni sulle lingue di Gethen, vi ho visto alcuni dettagli a cui all'epoca, giovane com'ero, non avevo dato molta importanza. L'ermafroditismo latente dei Getheniani presenta caratteristiche utopiche, essendo stato creato dalla Le Guin sulla base di un luogo comune del femminismo, che attribuisce la violenza e la guerra alla contrapposizione tra il genere maschile e il genere femminile. Vediamo così che i Getheniani concepiscono sì azioni riprovevoli, ma sono incapaci di mobilitazione e di guerra. "Si comportavano come animali, sotto questo aspetto; o come donne. Non si comportavano come uomini, o come formiche. In ogni caso, non l'avevano ancora fatto". Questa mi pare una tesi abbastanza opinabile. Vediamo che tali genti hanno armi e un territorio pieno di fortezze come quello del Giappone feudale. Se nelle lingue del pianeta manca la parola per indicare la guerra, dovrebbe tuttavia trovarsi almeno quella per definire la battaglia, lo scontro, l'assedio. Con ogni probabilità, l'assenza della guerra come noi la concepiamo è più che altro dovuta alle difficoltà logistiche immani, immaginabili su un pianeta glaciale - oltre che alla mancanza di progetti politici ambiziosi. Come viene spiegato in più occasioni, la nazione di Orgoreyn mostra la tendenza a organizzarsi e a procedere sul cammino che porta all'attività bellica. Il miglioramento della tecnologia contribuirebbe così a dare alle genti di Gethen le possibilità pratiche di mobilitarsi e di massacrarsi a vicenda. Tutto sembra incamminarsi su una via che porta a una perdita delle caratteristiche "utopiche" della società getheniana, per convergere con la sanguinaria storia di mondi come la Terra, dove Polemos è padre di tutte le cose, di tutte re, come diceva Eraclito: il funesto processo viene bruscamente interrotto soltanto dallo sconvolgimento politico innescato da Genly Ai, con conseguente entrata nell'Ecumene prima di Karhide, poi di Orgoreyn.

Filosofia getheniana e Taoismo

L'interesse della Le Guin per il Taoismo si riflette in tutto il romanzo. Non dimentichiamoci che suo padre, Alfred Kroeber, era un importante antropologo, che le trasmise l'amore per le culture orientali. Il contrasto tra Yin e Yang innerva ogni aspetto dell'essere dei Getheniani, dando vita a una filosofia della dualità che può essere sintetizzata in queste parole, attribuite a un religioso di Karhide:

La luce è la mano sinistra delle tenebre,
E le tenebre la mano destra della luce,
Due sono uno, vita e morte,
e giacciono, insieme come amanti in Kemmer,
Come mani giunte, come la meta e la via. 

Ci tengo a fare una precisazione. Purtroppo il concetto di dualità è confuso dalla stessa autrice con quello di dualismo, che è di natura interamente dissimile. La dualità è un equilibrio tra forze che fanno parte di un principio comune, mentre il dualismo è lo scontro insanabile di due princìpi tra loro alieni. La religione di Orgoreyn è diversa da quella di Karhide e somiglia piuttosto a un monoteismo fondato sull'equivalente getheniano del principio antropico. Per questo motivo la critica ha pensato che l'autrice intendesse rappresentare la contrapposizione tra il pensiero dell'Oriente e quello dell'Occidente. 

Un'occasione persa

Quando si trovano a combattere per la sopravvivenza tra i ghiacci, Genly Ai e il nobile Estraven raggiungono una grande intimità, ma non hanno mai un contatto fisico. Nemmeno una toccatina. Nemmeno uno strusciamento di genitali. Nemmeno un'eiaculazione. Certo, fare l'amore in un ghiacciaio non deve essere il massimo. Non si dice che il romanzo avrebbe dovuto essere boccaccesco o addirittura sadiano, ma di certo avrebbe potuto esplorare in modo credibile un incontro sessuale tra due esseri di specie diversa, descrivendo quacosa di inedito e di memorabile. Tra l'altro, tutto questo ha dato origine a una querelle grottesca. A quanto ho appreso, torme di Eumenidi isteriche e di furibonde virago si sono scagliate contro la Le Guin, che pure era femminista, accusandola di aver scritto un romanzo omofobo, perché i Getheniani si comportavano sessualmente come eterosessuali! 

La conlang getheniana di Karhide 

L'autrice ci fornisce un certo numero di glosse della lingua getheniana della nazione di Karhide. Le riporto nel seguito, a beneficio dei lettori:

amha "genitore nella carne"
bessa "neve vergine"
dothe "stato di trance violenta"
gethen "inverno; tenebra"
gossiwor "buccine regale"
hemmen "tipo di albero"
Heskyorremy "Concilio Interno"
hieb "mantello con cappuccio"
huhuth "casa del kemmer"
kadik "tipo di cereale" 

Karhidi "di Karhide"; "la lingua di Karhide"
karhosh "isola"; "edificio ad appartamenti"
kemmer "calore sessuale"
kemmeri "compagno di sesso"
kroxet "tempo senza vento"
kurem "tempo umido"
kyorremy
"camera alta, parlamento"
neserem "neve fitta e finissima"
nusuth "non ha importanza"
orgrevy "un arbusto resinoso"
orsh "bevanda ricavata da cereali" 
oskyommer "contrarre unione monogamica"
pesthry "un animale oviparo, grande come una volpe"
russy "topo-serpente"
sastrugi "cumuli di neve plasmati dal vento"
secher "prima fase del kemmer"
shifgrethor "onore"
somer "sessualmente inattivo"
sove "neve bagnata"
thangen "sonno nero"
thokemmer "fase culminante del kemmer"
thorharmen "seconda fase del kemmer"

La religione di Karhide è detta Handdara e i suoi seguaci sono detti Handdarata, segno che esiste un suffisso -ta produttivo.

Alcuni toponimi:

Ariskostor, una fortezza sul monte Kostor
Erhenrang
, la capitale di Karhide
Kargav, un ghiacciaio
Kostor, un monte alto 6 km
Horden, un'isola
Otherhord, un'antica fortezza
Pering, una regione di confine

Alcuni antroponimi:

Argaven Harge, il re di Karhide
Berosty rem ir Ipe, un antico nobile
Forem rem ir Osboth, un nobile
Getheren, un reietto
Therem Harth rem ir Estraven, il signore di Estre 

Un interessate etnonimo è Perunter, che designa una popolazione villosa e selvaggia del continente meridionale.

Si possono fare alcune significative deduzioni. Con ogni probabilità Getheren significa "Scuro" ed è dalla stessa radice di gethen. Giungiamo alla conclusione che Estraven è un derivato di Estre, con ogni probabilità un toponimo. La stessa formazione si trova in Stokven, nome attribuito a Therem di Stok - essendo Stok certamente un toponimo. Si deduce anche che rem deve significare "signore, nobile" e che ir è una preposizione che indica derivazione, forse da tradursi con "da" come il famoso von tedesco.

Il calendario di Karhide 

Questi sono i mesi: 

Inverno:
Thern, primo mese
Thanern, secondo mese
Nimmer, terzo mese
Anner, quarto mese

Primavera:
Irrem, primo mese
Moth, secondo mese
Tuwa, terzo mese

Estate:
Osme, primo mese
Ockre, secondo mese
Kus, terzo mese
Hakanna, quarto mese

Autunno:
Gor, primo mese
Susmy, secondo mese
Grende, terzo mese

Questi sono i giorni:
Getheny, primo giorno (Tenebre)
Sordny, secondo giorno
Eps, terzo giorno
Arhad, quarto giorno (Primo Quarto)
Netherhad, quinto giorno
Sreth, sesto giorno
Berny, settimo giorno
Orny, ottavo giorno
Harhahad, nono giorno
Guyrny, decimo giorno
Yrny, undicesimo giorno
Posthe, dodicesimo giorno
Tormenbod, tredicesimo giorno
Odgetheny, quattordicesimo giorno
Odsordny, quindicesimo giorno
Odeps, sedicesimo giorno
Odarhad, diciassettesimo giorno (Primo Quarto)
Onnetherhad, diciottesimo giorno
Odsreth, diciannovesimo giorno
Obberny, ventesimo giorno
Odorny, ventunesimo giorno
Odharhahad, ventiduesimo giorno
Odguyrny, ventitreesimo giorno
Odyrny, ventiquattresimo giorno
Opposthe, venticinquesimo giorno
Ottormenbod, ventiseiesimo giorno

L'autrice traduce Getheny con "Tenebre", da cui è possibile arguire che il suffisso -y marca il plurale o il collettivo. Ci fa inoltre sapere che il prefisso od- è negativo o avversativo e può tradursi con "non". Notiamo subito che la sua consonante si assimila spesso alla consonante iniziale della radice seguente: 

Onnetherhad < *Od-netherhad
Obberny < *Od-berny
Opposthe < *Od-posthe
Ottormenbod < *Od-tormenbod

Il prefisso non mostra mai assimilazione se la consonante seguente è g- o s-: Odgetheny, Odsordny, Odsreth. I motivi di questo fenomeno non mi sono chiari.

Nella lingua di Karhide vige lo stato costrutto, come nelle lingue semitiche. Il nome della cosa posseduta sta prima del nome del possessore, che non subisce modifiche. Il ventiduesimo giorno del terzo mese di primavera è detto Odharhahad Tuwa. Certo, anche in italiano si può dire "martedì tredici dicembre", ma in Karhidi abbiamo il toponimo Ariskostor, che significa chiaramente "Fortezza del Kostor", essendo Kostor un oronimo - come spiegato nel testo.

La conlang getheniana di Orgoreyn

A Orgoreyn si parla una lingua diversa da quella di Karhide, come riportato esplicitamente nel testo. Si dice anche che Orgota significa "di Orgoreyn", con riferimento sia alla lingua che al popolo: è usato un suffisso -ta analogo a quello già visto nella lingua di Karhide. La religione diffusa in Orgoreyn è chiamata Yomesh, ossia "religione di Meshe" - essendo Meshe il nome del fondatore. I seguaci della religione Yomesh sono chiamati Yomeshta. Da queste poche informazioni, si può sospettare che le lingue Karhidi e Orgota siano tra loro imparentate, anche se la parentela potrebbe non essere prossima. Per quanto riguarda la fonetica, la Le Guin si premura di rivelarci che in Orgota esiste la consonante liquida /l/, che manca invece nel Karhidi. Gli esempi che ho potuto trovare di parole contenenti la liquida si riducono all'antroponimo Obsle e al toponimo Pulefen. Le glosse della lingua Orgota ricavabili dal romanzo sono poche e di scarso valore: 

Asyomse "nome di una stella"
gichy-michy "cibo disidratato e concentrato"
peditia "neve bagnata" (= Karh. sove)
sarf "ciarpame"; "polizia segreta"

I composti, così tipici del Karhidi, sembrano molto meno numerosi in Orgota. 

Possibili parentele

Mi ha sorpreso la somiglianza tra il termine Karhidi kemmer e un vocabolo della lingua Olonets, del Ciclo di Helliconia di Brian W. Aldiss: khmir, che indica la libidine. Essendo la specie umana di Helliconia sessuata come la nostra, è chiaro che l'Olonets khmir manca del tutto la semantica getheniana, potendosi tradurre con un volgare "foia". Il primo volume del Ciclo di Helliconia, La primavera di Helliconia, risale al 1982, quindi è ben possibile che Aldiss abbia tratto ispirazione proprio dall'opera della Le Guin. Oppure è una coincidenza? Nelle coincidenze credo poco, se devo essere franco, e non mi convince neppure il concetto di sincronicità, tirato fuori a ogni piè sospinto per spiegare gli eventi più strani. Notiamo che kemmer è sicuramente una parola composta in cui il nucleo significativo connesso al sesso è la sillaba -mer. La prova si ottiene in modo assai facile e certo: basti notare che esistono composti come somer "sessualmente inattivo", thorkemmer "fase culminante del kemmer", thorharmen (< *thorharmer per dissimilazione) "seconda fase del kemmer" e oskyommer "contrarre matrimonio monogamico", tutti dalla radice *mer. Per contro, la parola Olonets khmir non ha etimologia deducibile e non appare un composto. Non solo, ha una fonetica assai peculiare, che potrebbe far pensare a un prestito. Va detto che Aldiss dipinge l'origine dell'umanità di Helliconia secondo un processo evoluzionistico spontaneo assolutamente improbabile, con un'infinità di "convergenze evolutive" che non potrebbero mai verificarsi nemmeno in tempi superiori all'età dell'Universo. A cosa si deve dunque la somiglianza tra kemmer e khmir? Forse al fatto che queste parole sono fatte della sostanza di cui sono fatti i sogni.

Altre recensioni e reazioni nel Web  

Segnalo la recensione di Carmine Treanni, apparsa su Fantascienza.com:


Noto l'errata trascrizione di Gethen come Gheten, credo per facilitare la pronuncia, oltre a un fatto singolare: quando viene spiegato il fondamento della religione e della filosofia di quel mondo, viene evocato il Manicheismo, che tuttavia non può essere associato al Taoismo. Infatti la religione dualista di Mani non professa affatto un equilibrio tra luce e tenebra, tra spirito e materia - e non attribuisce origine comune a questi opposti: afferma invece che l'Universo materiale è interamente composto da tenebra e che in essa si sono disperse particelle di luce, essendo la Salvezza proprio la liberazione di quella sostanza luminosa estranea al mondo e il suo ritorno all'origine.

Per finire estraggo e riporto in questa sede alcuni interventi trovati su Anobii.

Countingcrow76 ha scritto:
per le prime 5o pagine mi ha trasportato in un altro mondo e mi ha appassionato molto poi man mano ho perso interesse portandolo a termine con fatica

Terra ha scritto:
strano come, avendo letto questo libro molti anni fa, mi ricordassi quasi solo la questione del sesso degli alieni (o dell'alieno, a seconda del punto di vista). in realtà mi pare ora che quello sia uno specchietto per allodole: brilla ma nasconde la sostanza vera, la possibilità (il sogno) di comporre le differenze e le incomprensioni fino a mettere a rischio la propria vita, la propria reputazione e la memoria per un individuo così diverso, sempre sconosciuto e tuttavia amato. altro che kemmer (nusuth).

Maura ha scritto:
Non so, forse avrei preferito un approfondimento sulle singolari caratteristiche degli abitanti e sulla loro cultura, più che una storia di avventura e intrighi di corte. E' pur vero che sei vuoi un saggio di sociologia, non devi cercarlo in un libro di fantascienza.

Echoes ha scritto:
Non sono amante del genere, ma questo libro di fantascienza mi è piaciuto davvero tanto.
Le ambientazioni quasi medievali, le profonde implicazioni sociologiche del racconto valgono indubbiamente la pena di una lettura non semplice, ma di indubbia soddisfazione.

Wildsidez ha scritto: 
E' l'unico libro che ho riletto almeno una decina di volte, diciamo che più o meno ogni due anni lo rileggo. E ogni volta mi dà emozioni che non mi stancano, non è un libro che ho imparato a memoria, anche se conosco la trama. A me pare che questo libro sia sottovalutato e poco conosciuto da gruppi e collettivi di pensiero femminista/glbtqi, mentre invece merita di entrare a pieno titolo nell'elenco dei testi di riferimento, secondo me.

Hathaldir ha scritto:
Questo libro è molto distante dal capolavoro descritto da molti lettori. Alcuni capitoli sono talmente avulsi o asincroni da rendere la narrazione appesantita, interrotta e spezzata.
Certamente l'idea di una razza ermafrodita maschile e femminile allo stesso tempo è ambiziosa... disarmante.
In un colpo solo si risolve il conflitto duale che anima l'umanità: l'instabile equilibro che contrappone uomo e donna, luce e tenebre, yin e yang.
Purtoppo questo non è sufficiente a colmare i profondi difetti strutturali e vanifica l'estrema delicatezza e sensibilità adoperata dall'autrice per sviluppare l'impianto fondante della trama.