giovedì 3 settembre 2020

L'IMPERMANENZA DEL WEB

Spesso si sente dire: "Se una cosa è nel Web resta per sempre!" Esistono anche varianti come questa: "Se una cosa si trova in Google ci resta per sempre! Non si cancella più!" Queste opinioni circolavano già quando iniziai a navigare in Internet e godono tuttora di una notevole diffusione. Basta fare qualche indagine per scoprire che il pacchetto memetico della memoria immortale della Rete è stato inventato da un protoblogger e giornalista, Joseph Daniel Lasica, nel lontano giugno del 1998. Un suo post storico si intitolava "The Net never forgets" (reso in italiano con "Internet non dimentica niente"). In un'epoca anteriore al Web 2.0 aveva scritto "Dio perdona e dimentica, la Rete no". L'articolo, comparso sul sito Salon.com, è tuttora leggibile:
 
 
Eppure le cose non stanno esattamente come descritto da questo autore. Non sempre. Quante volte si cerca qualcosa di importante che non si riesce più a trovare da nessuna parte! Posso dimostrare con alcuni esempi concreti che anche l'informazione presente nella Rete delle Reti è soggetta alla degradazione e all'annichilimento. 
 
Il culo di Ramona 
 
Esisteva uno strano blog sull'estinta piattaforma blogosferica di Splinder: Neodecadenza. L'url era neodecadenza.splinder.com. Il blogger che gestiva il portale aveva come nick Appestato. Aveva una scarsa opinione di sé: spesso scriveva cose come "sono un merdone". Un giorno pubblicò una poesia oscenissima ma originale, che brillava per laidezza e genio nel firmamento splinderiano. Si intitolava Il culo di Ramona. Parlava di una ragazza di nome Ramona, bruttina ma lasciva, che era ancora vergine e curava poco l'igiene intima. La sua vulva velata dall'imene emanava lezzi ed era piena di smegma: nulla che non si potesse sistemare passandoci sopra un semplice panno umido. Non era però il pertugio anteriore l'attrazione principale, bensì lo sfintere dell'ano, disponibile alla penetrazione. Ricordo soltanto i versi finali del componimento, che incitavano a iniettarle lo sperma nell'intestino: 
 
un culo pieno di merda scorreggiona, 
un culo da sborrarci dentro è quello di Ramona. 

Devo ammettere che mi è capitato di masturbarmi pensando a Ramona, plasmandola nella mia fantasia morbosa, con grande realismo. Ora, quando ho pensato bene di cercare la poesia nel Web, ho fallito miseramente. Non ve ne è più la benché minima traccia da nessuna parte. Adesso si potrà dire che il Web abbia un ricordo di Ramona, del suo culo e delle sue attività sodomitiche: ho reimmesso io le informazioni tramite questo post! Qualcuno dirà di utilizzare la Wayback Machine (https://wayback.org/web/), la famosa macchina del tempo del Web, che permette di visualizzare degli snapshot di siti e blog ormai estinti. Se un utente inserisce nell'apposita finestra l'url da ricercare, la macchina del tempo gli mostra le varie catture, simili a fotografie. Bisogna precisare che non è possibile fare ricerche più estese servendosi di questi snapshot: sono resti cristallizzati e monadici di un passato perduto. Tra gli Splinderiani della Diaspora si trovano spesso imbecilli convinti di poter recuperare persino i commenti e i messaggi privati. In realtà questi snapshot sono catture casuali e non salvataggi completi di tutto un portale: i link che contengono sono quasi tutti rotti. Un amico aveva il brutto vizio di mettere il tag <-br-> (detto anche break row, su Splinder funzionava con i trattini) per non mostrare nel blog post troppo lunghi: il lettore premeva su questo tag e il post si apriva nella sua interezza. Peccato che la Wayback Machine abbia salvato soltanto le parti dei post prima del fatidico tag, rendendo inaccessibile il resto. Tornando al culo di Ramona, ho provato molte volte ad andare nella macchina del tempo e a digitare neodecadenza.splinder.com. Niente da fare. Esiste un unico snapshot, risalente al 2011 e per giunta inaccessibile! Ritorna una schermata bianca. Quindi si è dimostrato che un contenuto messo nel Web da un utente ora non esiste più, non può più essere recuperato.  
 
 
Chiunque può vedere cosa si può leggere: assolutamente niente! In ogni caso, nel 2011 il blog di Appestato non conteneva più la poesia Il culo di Ramona: qualche anno prima il portale era stato distrutto da qualche hacker e rifatto ex novo. Il gestore mi confidò che in quell'occasione aveva perduto tutto il precedente materiale e non riuscì più a produrre nulla di paragonabile.   
 
Il lignaggio di Sylvester Stallone 
 
Qualche anno fa mi è capitato di leggere una notizia bizzarra su Sylvester Stallone. Egli era tormentato dall'assenza di notizie sui suoi Avi, così ha commissionato qualche ricerca in proposito. Purtroppo è caduto nella trappola ordita da alcuni imbroglioni, che gli hanno comunicato la sua origine dalla stirpe degli Stallonizzi, definiti "fornaretti di Venezia". Egli si è fatto fabbricare persino un anello araldico. In occasione di un suo viaggio in Italia, egli si è accorto tuttavia che gli Stallonizzi erano soltanto il parto di una fantasia malata. Così ha commissionato ulteriori indagini, stabilendo alla fine la sua discendenza da una famiglia nobiliare pugliese, gli Stallone, il cui motto è SINE METU, ossia "senza paura".  Ho anche letto che Stallone avrebbe gettato di persona l'anello fittizio degli Stallonizzi nel crogiolo, facendone forgiare l'autentico anello degli Stallone di Puglia. Non so quanto di vero esista in tutto questo. La fonte potrebbe essere poco fidedigna, essendo una rivista scandalistica che avevo trovato nella sala di attesa di un medico. Queste amenità sono emerse nella mia mente per puro caso, in seguito a una libera associazione. Ho fatto qualche ricerca in Google, giungendo alla conclusione che degli Stallonizzi e della complessa truffa non esiste alcuna testimonianza nel motore di ricerca. Stallone ha esercitato il diritto all'oblio? Oppure era tutta un'invenzione di un giornalista in cerca di scoop? Ebbene, la cosa non può più essere determinata. Quando sarò morto, quando questo blog si sarà inabissato, quando la Wayback Machine sarà stata dismessa, quando non esisterà più nemmeno un'esile traccia della Blogosfera, queste notizie saranno per sempre inaccessibili. Apparterranno all'Entropia! Tutto muore, perché questa Creazione è fallibile e fondata sul Nulla: anche i contenuti del Web si stemperano e lasciano come unica traccia residui e cenere. Niente in questo universo demoniaco è immune alla corruzione e allo sfacelo. La dissoluzione nell'Oblio attende tutti, anche Zuckerberg, Bill Gates, Bezos e gli ideatori di Google.
P.S.
Attualmente il Web riporta informazioni del tutto diverse sulla genealogia stallonesca: 
 
 
Un ago in un pagliaio 
 
Non basta sapere che esiste un ago in un pagliaio. Devi anche sapere in che pagliaio è nascosto. Immagina ora di avere una sola informazione: da qualche parte c'è un ago, in un pagliaio che si trova in Francia. Può essere in Alta Savoia o in Bretagna, a Bordeaux o in Piccardia. Come puoi contare anche soltanto di iniziare a cercarlo? La Wayback Machine è assolutamente inutile. Oltre al fatto che permette soltanto di visualizzare le catture per un dato url e non di fare ricerche per stringhe scandagliando tutte le pagine stoccate, non è possibile impostare una ricerca sulla storia passata di un sito web se non si conosce il suo url. Può sembrare una cosa banale, ma non è così. Tu sai che c'era un certo blog sui ramarri, ma non ricordi assolutamente il suo url, che non era ovvio. Immaginiamo che tu non lo riesca a ricostruire, che non ricordi neanche il nick del blogger per fare qualche prova. Qualcuno dirà che nel Deep Web sono conservate le tracce di tutto ciò che è scomparso dal Web che tutti conosciamo. Benissimo, sfido chiunque a recuperarle. Lancio la sfida all'Ordalia! Che qualcuno vada negli abissi e trovi il testo completo della poesia di Appestato, Il culo di Ramona! Che qualcuno vada negli abissi e trovi la cronistoria completa delle ricerche genealogiche di Stallone da me citate (vere o fantomatiche che siano)! Se qualcuno potrà riuscire in queste imprese, allora e soltanto allora sarò disposto ad ascoltarlo.

martedì 1 settembre 2020


APPUNTI PER LA DISTRUZIONE 

Anno: 2008
Lingua: Italiano 
Regia: Simone Scafidi
Genere: Documentario, biografia 
Produzione: La Via della Mano Sinistra, col contributo della
     Provincia di Milano
Sceneggiatura: Andrea Riva de Onestis, Simone Scafidi
Scenografia: Alice Cannavà
Sound Design: Francesco Gaudesi
Operatore: Angelo Albertini
Fotografia: Fabrizio Bracci
Montaggio: Paolo Boriani 
Fonico di presa diretta: Elena Maestroni
Attrezzista: Marco Moroni
Fotografi di scena: Simone Sturla, Andrea Busi, Daniela
    Ferretti
Interpreti: 
    Andrea Riva de Onestis: Il Distruttore 
    Irene Serini: ragazza bionda 
    Nicole Vignola: ragazza rossa
    Luca Zilovich: Hans 
    Marianna Mandirola: ragazza sulla sedia a rotelle
    Lorenzo Carrea: Peter
    Paolo Emiliani: uomo al bancone
    Erika Auletta: ragazza incinta
    Silvia Costa, Gloria Batocchi: ragazze nude
    Roberto Ariata, Alessandro Imelio, Ezio Angeleri, Marco
    Bettinardi, Massimo Barison, Antonio Calandrino:
        squadristi d'assalto
    Mara Cassani, Margherita Bini, Antonio Belli: ragazzi nel
        recinto
    Carlo Gatti: ragazzo rasato
    Alessio Tibaldi: ragazzo torturato
    Brigida Menegatti: ragazza vestita da Madonna
    Silvia Soncini, Carlo Bongiovanni: coppia intervista fake
Interventi di: 
    Ferruccio Parazzoli
          (scrittore, intellettuale cattolico diventato panteista)
    Antonio Franchini
          (editore Mondadori, scrittore, giornalista*)
    Marco Monina
          (fondatore di Pequod Edizioni, ex peQuod)
    Bruno Pischedda
          (saggista e narratore)
    Massimo Fini
         (giornalista, politologo, saggista e attivista)
    Marco Pannella
         (politico, attivista e giornalista, deceduto)
    Vito Mancuso
         (teologo panenteista e antimanicheo)
    David Peace
         (scrittore inglese)
    Giancarlo Simonetti
         (Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia)
    Maurizio Blondet
         (giornalista, saggista e blogger)
    Gabriele Mandel
         (psicologo, scrittore e artista di origine afghana)
    Salomone "Moni" Ovadia
         (attore, cantante e autore teatrale ashkenazita) 


*Qualcuno dirà che il giornalismo fu il lavoro dei suoi esordi. Parafrasando Aristotele, ribatto che giornalisti si è per tutta la vita. 

Sinossi (dal risvolto)
 
Dante Virgili (1928-1992), lo scrittore maledetto di cui non esiste nemmeno una fotografia, è lo spunto di partenza del film "APPUNTI PER LA DISTRUZIONE". Attraverso una serie di interviste a parsonalità di spicco del mondo editoriale, letterario, politico e religioso, viee ricostruita la vicenda umana e artistica dell'autore de "LA DISTRUZIONE", lo scandaloso romanzo nazista che, pubblicato nel 1979, anticipò di più di trenta anni l'attentato dell'11 Settembre 2001. La vicenda di Virgili, tornata d'attualità anche per l'uscita del romanzo inedito "METODO DELLA SOPRAVVIVENZA", diventa lo stimolo per un'indagine su cosa sia il Male. Il tutto inframmezzato da potenti ed evocative scene di fiction ispirate all'universo creativo di Virgili.
Un film destinato a far discutere, allegato ad un libro che ne racconta la genesi. 
 
Disclaimer all'inizio del film: 
 
Questo film si ispira all'opera, alla figura e al caso di Dante Virgili per diventare una riflessione sull'impossibilità di definire che cosa sia il Male.

Il film è cadenzato a inserti di fiction ispirati "dalla", e non "alla", lettura del romanzo "La Distruzione" di Virgili.

Quindi le vicende di finzione sono da intendersi come opera autonoma degli sceneggiatori, e non hanno assolutamente la pretesa di ricostruire la vita e l'universo di Virgili.
 
Presentazione: 

La Via della Mano Sinistra presenta: 
La vera storia di Dante Virgili,
lo scrittore nazista che previde
la caduta delle Torri Gemelle. 
 
Struttura: 
 
Appunto 1: dante e "la distruzione" 
Appunto 2: la leggenda del genio maledetto
Appunto 3: le donne di dante
Appunto 4: la casa borghese
Appunto 5: il romanzo nazista
Appunto 6: il silenzio
Appunto 7: dante che vide i grattacieli in fuoco
Appunto 8: la bomba inesplosa
Appunto 9: "metodo della sopravvivenza"
Appunto 10: la fessura del male
Appunto 11: il male dei papi
Appunto 12: caino e abele
Appunto 13: il male e la macchina
Appunto 14: del peccato originale
Appunto 15: la materia del male
Appunto 16: male dentro
Appunto 17: teoria e pratica del male
Appunto 18: la fine del film
Appunto 19: la morte del cigno
Appunto 20: poco male

Recensione: 
 
Innanzitutto ringrazio Gerardo De Stefano per avermi inviato questo prezioso materiale, in attesa di sdebitarmi. Già da tempo dovevo far visionare il film a Cesare Buttaboni, purtroppo l'occasione non si è materializzata. Mi piacerebbe molto avere la sua opinione in proposito. Per quanto la struttura narrativa del film di Scafidi sia abbastanza anomala, lo reputo un capolavoro. Certo il dibattito tra tanti intellettuali non riesce a risolvere il problema del Male, anzi, non è nemmeno in grado di definirlo. In ogni caso, ne scaturisce qualcosa di sommamente interessante. Passo ora a riassumere e a commentare ciascun intervento.   
 
Ferruccio Parazzoli 
 
Ha un colorito quasi rosaceo e un pizzetto canuto, gli occhi chiari mostrano segni di irritabilità. Porta occhiali di vetro violetto e sembra non sopportare la luce della lampada. Non ha un ricordo preciso della prima volta che vide Virgili, un "ometto piuttosto repellente, autore di questo romanzo altrettanto repellente". Il ritratto è impietoso: un piccolo uomo gonfio, una faccia che sembrava una maschera, capelli impomatati, sudati, appiccicati su uno strano cranio distorto, deturpato da un bitorzolo. Ogni documento sullo scrittore è scomparso, come per un destino di ombra e di buio: nessuna foto, nemmeno la carta d'identità. Inclinazioni sessuali virgiliane, da cui irradiava il fascino del Male e della crudeltà: non faceva differenza tra rapporti omosessuali ed eterosessuali, ma la loro ontologia comune era il sadismo, se un rapporto non era sadico non lo soddisfaceva. Idiosincrasie alimentari: mangiava quasi soltanto prosciutto cotto e carne tritata. La casa di Virgili destava una sorta di disgusto interiore. Era una normalissima piccola casa borghese. Un appartamentino anonimo con una stanza vuota. Era la "Stanza del Male". Non c'erano mobili. Mucchi di giornali stracciati a terra, assi vicino al muro, aggeggi di metallo. Quelli erano mezzi di costrizione. La definizione "nazista" del romanzo è arbitraria. L'autore stesso era nazista o era una vittima? Si tratteggia la sua infanzia a Berlino. Ne trasse una gloriosa immagine del Nazismo. Cosa muoveva questa sete di distruzione? Una forma di disperazione? Sì, non aveva speranza. Non c'era nulla, né vicino, né lontano, né immaginabile, che gli desse uno spiraglio di luce. Anelito di autodistruzione. L'unica reazione da parte della società letteraria è stata di silenzio. Il romanzo non suscitò né interesse né messa al bando, nemmeno da parte di intellettuali di sinistra come Pasolini e Moravia. Probabilmente non lo avevano neanche letto, o lo ritennero l'opera di un pazzo. La riedizione de La distruzione è capitata in un momento molto diverso dagli anni '70. La profezia delle Torri Gemelle, auspica la distruzione di New York e dell'intera umanità. Terrorismo in mano alle potenze delle Tenebre. C'è una morale ne La distruzione? Che fine fece ciò che c'era nell'appartamento quando Virgili morì? Probabilmente fu sgomberato tutto. A Parazzoli fu consegnato un manoscritto inedito, la seconda parte di un'ideale trilogia: Metodo della sopravvivenza. La terza parte doveva essere Il crollo, che però non è stato nemmeno iniziato. Franchini non volle pubblicare il Metodo. Il romanzo nasceva dall'attesa della partita dei mondiali, Italia-Germania. Virgili tifava Germania, era il Paese della Forza. Compare più volte nei romanzi parazzoliani (Ti vestirai del tuo vestito bianco; Piazza bella piazza). Paolo VI diceva che il male entra da una fessura nella quotidianità. Da Virgili emanava un rivolo di liquido infetto. Il mistero del Bene e del Male non ha soluzione. L'intellettuale cattolico giunge a una conclusione in netto contrasto con il Cristianesimo: non esiste né il Bene né il Male. La morte di Virgili gli fu annunciata dall'interruzione delle sue consuete telefonate domenicali. Preoccupato, andò a casa sua e la portiera gli disse che era morto. Vide così il corpo immane, gonfio, era per terra, con i capillari scoppiati in una pozza di sangue. Fu poi chiamato per l'identificazione e si occupò della sepoltura, facendo mettere sulla tomba una croce di marmo, dicendo che male non gli farà. 
 
Commenti:
La testimonianza parazzoliana pullula di contraddizioni ed è costellata di dubbi ("credo di ricordare", etc.).
Ci dice che quest'uomo affascinava le donne (in contraddizione col personaggio, caratterizzato da immense frustrazioni) e la cosa non combina: irretiva le casalingue e poi non scopava? 
 
Antonio Franchini 
 
Ha un'espressione sardonica. Capelli corvini, occhi piccoli e simili a feritoie, occhiali, pelle irregolare, a tratti butterata. Parla senza accento, cosa un po' insolita per un napoletano. Sembra quasi che voglia prendere in giro il mondo intero. A suo parere La distruzione era un romanzo concepito per essere scandaloso, ma che in realtà non fece lo scandalo che ci si aspettava facesse. Cita un curioso aneddoto: Virgili fu anche autore di un racconto ambientato sulla pensione al mare, in cui un uomo non sapeva approfittare della disponibilità di una cameriera, parlandole di argomenti astrusi. Fu Parazzoli ad alimentare la leggenda di Virgili come genio maledetto, con la voce chioccia, uomo di ripugnante bruttezza che esisteva solo nelle telefonate, come una voce che veniva da altrove una sorta di emanazione, di essenza. Non si può pensare alla sua immagine fisica, solo alla sua voce. L'unica donna che lo ha conosciuto lo descrive come un uomo di immensa sensibilità. Egli era il Male? Forse no. Infatti l'equazione Dante Virgili = Nazismo non l'aveva fatta nessuno, neanche all'epoca in cui fu pubblicato. Invece Parazzoli sostiene in modo pervicace che per Virgili il Nazismo fosse la medicina del mondo. Lo scrittore abnorme sapeva benissimo che tale medicina fosse un veleno, ma quello che voleva era avvelenare il mondo. Lo voleva annientare. Virgili ha anticipato un orrore simile a quello che viviamo oggi. Il Metodo non fu pubblicato perché riprendeva temi e moduli de La distruzione con meno energia, con meno forza. Un topos virgiliano era Saddam Hussein, da cui si aspettava il riscatto, la palingenesi. Forse Mondadori non era l'editore giusto per un simile autore, ossessionato da cose angoscianti come l'estate in città e la paura di morire da solo (cosa che poi è successa), tanto che il suo ricordo consiste in immagini e percorsi di città deserte. 
 
Commenti:
Possibile che nessuno lo capisca? Hitler non voleva certo annientare il mondo! Qualsiasi studioso riterrebbe ridicola la tesi di Hitler che voleva annientare il mondo, quando in realtà era convinto di risanarlo. Il fatto che io invece voglia davvero annientare il mondo mi rende agli occhi di alcuni peggiore dello stesso Uomo di Braunau!
 
Marco Monina 

Ha grandi occhi chiari dallo sguardo febbrile e contrae di continuo il volto, come se fosse inquieto. Ricorda il romanzo scritto a 6 mani da Giuseppe Genna, Michele Monina e Ferruccio Parazzoli: I Demoni (2002). Uno dei personaggi si chiama Dante Virgilio. Cita un aneddoto curioso: La distruzione ebbe solo due recensioni di cui una di Giancarlo Ferretti sull'Unità, che ne parlava bene. Rammenta poi le notevoli difficoltà di accesso all'opera: prima della ripubblicazione se ne trovavano 11 copie nelle biblioteche di tutta Italia. 

Commenti:
Mi sembra troppo frenetico. Direi che è stato traumatizzato da Virgili!
 
Bruno Pischedda  
 
Ha grandi occhi scuri e baffi prominenti, brizzolati. Pochi capelli, fronte ampia, guance paffute. Si lancia in una dettagliata cronistoria del complesso iter editoriale de La distruzione. Passa poi ad enunciare le proprie tesi. Le donne sono un problema, un punto critico nell'universo virgiliano. Virgili amava una donna e ne è stato tradito. Tortura, prigionia, possesso delle persone: questa è l'essenza delle SS. Il Male sarebbe nato nello scrittore dal rancore per aver perso le sue posizioni di privilegio. Così si è formato il suo universo apocalittico. Fu uno tra i primi ad immaginare un'Apocalisse vera. 
 
Commenti:
Pischedda non crede al Male, ma è inquieto. 

Massimo Fini 
 
Ha un volto grosso, massiccio e rotondo, occhi che sembrano feritoie, capelli foltissimi e grigiastri. Interessante, è il primo libro che mostra la II guerra mondiale dal punto di vista di un collaborazionista del Nazismo. Il Male Assoluto ci riguarda tutti. Virgili sogna la distruzione universale, vuole la gigantesca Götterdämmerung al di là di ogni questione politica. Il libro in sé non è nazista. A forza di sentire che il Nazismo è il Male Assoluto, sorge una reazione di segno opposto. Questo è il motivo per cui si prova una specie di empatia per il personaggio. L'uomo è stato azzerato in favore dell'economia e della tecnologia. Una volta morto Dio, come profetizzato da Nietzche, non può più essere recuperato. Non siamo più nelle condizioni di crederci. A questo punto non importa nemmeno che Dio esista o meno. Il vero Male, quello che provoca genocidio, è quello di chi si crede nel Bene Assoluto. Così il vero Male è il Bene. Il processo di Norimberga come diritto che coincide con la forza del vincitore. Comodo fare del Nazismo il Male Assoluto per poter giustificare tutto il resto.
 
Commenti: 
Trovo condivisibili questi interventi finiani.

Marco Pannella 
 
Faccione coronato da una rada chioma canuta, fronte bombata e prominente, gote cascanti, cute rosea ma non sottile. Accanto alla sua figura si scorge il vessillo del Partito dei Socialisti Radicali, come se l'intervento fosse in realtà un comizio. Il politico sostiene che il vero contenuto è la persona: una delle cose a cui bisogna stare attenti è che si prenda troppo sul serio il mondo, continuando a pensare che c'è il Demonio, il Male. "Si sa che l'infinitamente piccolo include tutta la vita e tutta la morte come l'infinitamente grande". In quest'ottica nascerebbe il Demonio come tentativo di nobilitare il male che ci colpisce.  

Commenti: 
A dire il vero il discorso pannelliano mi appare un po' esiguo. Mi sarei aspettato qualcosa di più.

Vito Mancuso 
 
Ha uno sguardo fisso che non si dimentica, come se gli occhi gli uscissero dalle orbite. Fisionomia pretesca e capelli corvini. Sopracciglia cespugliose. Esordisce parlando di "memoria e identità" di Wojtyła e continua a chiamare il pontefice polacco "il Papa". Pone la questione della teodicea. Wojtyła si rifà alla frase di Goethe messa in bocca a Mefistofele: "Sono una parte di quella forza che vuole sempre il Male ma faccio sempre il Bene". Sostiene l'idea del Diavolo controllato da una volontà superiore che gli fa sempre fare il Bene, così ecco l'idea folle del Male necessario e... benigno. C'è però un problema, visto che la frase di Goethe è negata da Ratzinger (che non è chiamato "il Papa", ma "l'immediato successore"). Si afferma così la difficoltà palese che ha il pensiero cattolico in ordine al problema del Male. Poi lancia in uno sproloquio contro l'idea di Male ontologico. Fa il paragone con la Morte e con la Vita. Sostiene che se la Morte può esserci è solamente perché c'è la Vita. Un paragone puerile, che è ritenuto la prova dell'inesistenza del Bene e del Male come categorie sostanziali e indipendenti. Afferma addirittura la natura parassitaria del Male, dicendo che la vita è puffesca, che non siamo poi così immersi nel Male. Si scaglia anche contro la dottrina del peccato originale e parla dell'idea della libertà umana. Afferma che il serpente essendo stato creato da Dio, debba essere positivo. Le sue argomentazioni si fanno contraddittorie, giungendo ad definire il governo di Dio come qualcosa di impersonale. Parla dei libri sapienziali, Giobbe, i Proverbi, Siracide e Sapienza, che mostrano il mondo come governato non direttamente da Dio, ma da un ordine impersonale, per l'appunto la Sapienza, che potrebbe essere anche chiamato Giustizia o Ordine (Dharma, direbbe un buddhista). L'essere vivente è una serie di relazioni ordinate (atomi, tessuti, etc.), con cui Dio governa il mondo. A questo punto tira in ballo la meccanica quantistica e la biologia per dimostrare la libertà. Egli afferma questo: le relazioni a volte sono irrazionali anziché ordinate e questa sarebbe la profonda radice del Male. 

Commenti: 
Mi domando il perché di questa polemica contro il Penesiero Manicheo a babbo morto da secoli. Nonostante vari tentativi di razionalizzare tutto ciò, una spiegazione convincente contina a sfuggirmi. La teodicea mancusiana è di una fragilità logica molto spinta. Si arrampica sui vetri nel tentativo di negare la realtà concreta, immanente e pervasiva del Male. 

David Peace 
 
Ha una pelle sottilissima e gonfia, dal colorito rosato, occhi ardenti e chiarissimi, con pupille molto dilatate. Il suo messaggio è della massima chiarezza: noi tutti siamo malvagi. Hitler era umano, tutti possiamo essere Hitler ogni giorno. Dobbiamo smetterla di pensarlo come un mostro. Dice che il Male non è in Dio perché Dio non esiste: Il Male è creato dall'uomo. Cita quindi due esempi concreti. Parla di un pestaggio mentre guidava per le vie di Parigi: non è intervenuto, è andato oltre. Subito dopo parla di un ragazzo di colore su un treno Parigi-Milano: non aveva la VISA corretta e non sapeva parlare inglese o francese, così la polizia alla frontiera lo ha condotto giù dal treno. Peace in queste due occasioni non ha fatto il Bene: non ha aiutato chi ne aveva bisogno, anche se avrebbe potuto. Così facendo, egli ha fatto il Male.  

Commenti:
Egli vede chiaramente l'esistenza del problema del Male, non cerca di negarlo e giunge a conclusioni notevoli.

Giancarlo Simonetti 
 
Ha un volto che mi pare sofferente. Una barba ispida e canuta, che spunta a cernecchi sulla pelle rugosa. Rivela alcune dottrine occulte della sua congrega. Per la Massoneria il Male va combattuto. In ogni fucina massonica c'è una scacchiera che ha sette per cinque = 35 piastrelle bianche e nere, in cui la piastrella dispari è nera (il Male). Questa scacchiera rappresenta il Bene e il Male e la sua disparità indica l'(attuale) prevalenza del Male. Adamo ed Eva generano due figli, Caino ed Abele. Sopravvive colui che uccide il Bene. Colui che dava il miglior sacrificio è stato ucciso. Siamo Figli del Male. A questo si contrappone l'idea che si deve operare per il Bene. "Fai agli altri tutto il bene che vorresti fosse fatto a te". Si afferma l'interdipendenza di Bene e Male. Nemmeno qui sono ritenuti davvero princìpi contrapposti e indipendenti: il credo massonico afferma che non vi è Bene se non vi è Male e viceversa. 

Commenti: 
Esiste un'ambiguità di fondo. Se Bene e Male sono interdipendenti, come si può pensare di affermare il primo e di combattere il secondo?

Maurizio Blondet 
 
Ha pochi capelli grigi e una barbetta canuta, fronte ampia, sorriso sardonico. Porta strani occhiali dalle lenti rotonde. Nella sua bocca spicca un dente incisivo inferiore più scuro degli altri. Parla di nichilismo suicida. Stigmatizza un mondo in cui l'essere è valutato solo per il suo valore di funzione. Cita Dostoevskij (se Dio non esiste, allora tutto è lecito - non menziona però l'antropofagia come conseguenza). Cerca di fare catechismo cattolico sul peccato originale, ma non convincerebbe nessuno. Ben più significativo è il discorso sul vincitore che fa quello che vuole del vinto (es. i crimini di Stalin, il giudizio sul Nazismo da parte di giudici che avevano compiuto azioni altrettanto atroci, lo sterminio dei Kulaki, etc.). 
 
Commenti: 
Pur non essendomi particolarmente simpatico, Blondet ha ragione da vendere quando parla dei vincitori e dei vinti. Immagino tuttavia che non gradirebbe molto se cominciassi a descrivere in dettaglio i crimini compiuti dalla Chiesa di Roma nel corso dei secoli. 

Gabriele Mandel 
 
Ha un volto massiccio, che sembra appena sbozzato nel granito. Una barbetta canuta e ispida sembra bucare la spessa cute del suo mento. Le sopracciglia invece sono nere. Inizia con una domanda: "Cos'è il male per il Sufismo?" Fornisce la risposta: "Il Male è Ignoranza". Afferma il monoteismo, l'unicità del Creatore. L'uomo non crea, rielabora cose già create. Dio crea col pensiero e con l'azione. Con l'azione crea energia, che non è materia. L'atomo non è materia (con buona pace di Einstein). Col pensiero crea le leggi divine che coordinano l'energia, che creano la materia. Il "negativo" della materia sarebbe il Male. Bene e Male inseparabili, assurdo separarli e dire "quello è un uomo buono" o "quello è un uomo malvagio". Questa è la sua sentenza finale: "L'uomo è sempre se stesso e non è mai se medesimo. È di volta in volta angelo e demone, divino e diabolico." 
 
Commenti:  
Il sufi usa un linguaggio pseudofisico. Ha moltissimi titoli, ma le sue argomentazioni mi paiono inconsistenti e insidiose. Si ricollega strettamente alle dottrine massoniche enunciate da Simonetti. 
 
Salomone "Moni" Ovadia 
 
Ha una faccia grande e tondeggiante, occhi piccoli e scurissimi, barba corta e candida. Porta una kippah nera con decorazioni bianche. Comincia con alcune affermazioni dottrinali. Il Talmud dice non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Questa è la sintesi di tutto l'Ebraismo. Il detto evangelico dice invece di fare agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te ed è considerato molto pericoloso: non è detto che ciò che è bene per te lo sia anche per gli altri. Parla della libertà religiosa come massima conquista del genere umano, con l'altrettanto sacrosanta libertà di non credere. Si schiera contro l'idea del Nazismo come Male Assoluto: è convinto che i Nazisti fossero omini piccolissimi, che non fossero affatto mostri, bensì nullità. Ricorda il caso di Mengele, che tolta la sua divisa nera andava a messa e coltivava le rose. Questo gli serve a dare la dimostrazione del fatto che Mengele non era un serial killer. Messi di fronte al tribunale di Norimberga, gli artefici del genocidio hanno cercato di occultare le prove. Non hanno detto: "Sì, l'ho fatto e lo rifarei!" Non erano titani. Questa è la dottrina della "Banalità del Male" esposta della Arendt. 

Commenti: 
Bene la tolleranza religiosa. E se qualcuno portasse il culto di Baal a Gerusalemme che succederebbe? Nella grande conquista della Libertà, per Ovadia sarebbero coinvolte tutte le religioni monoteiste. Ecco, mi piacerebbe sapere cosa direbbe di fronte ai Talebani e a Daesh. Per quanto riguarda da dottrina della Arendt, la reputo futile. Il Male non è mai banale. Senza contare il fatto che uomini come Eichmann e Heydrich non possono essere liquidati come "nullità" o "vermiciattoli". Essi non sono il prodotto della burocrazia, bensì della scuola e del bullismo! 

Una sostanza primigenia 

Con buona pace di Mancuso, si spiega ogni cosa ammettendo il carattere ontologico e increato del Male. Può essere definito come una natura delle cose che ha come fine ultimo la sofferenza dei viventi e la sua perpetuazione. La vita biologica non è altro che un macchinario stritolatore. Spezza e macina le sue vittime, dopo averle dannate. Fa in modo che ci siano sempre vittime: le fa riprodurre. Dante Virgili è davvero il Male? Certo che no. Volendo annientare questo Inferno e porre fine allo strazio dei viventi, si può dire che egli sia il Bene, che egli agisca per il Bene.
 
Schegge nel cervello 
 
Il regista cerca di unire i vari interventi con alcune ipotetiche scene della vita di Virgili, ricostruite con grande fantasia ma senza molti riscontri con quanto leggiamo nei romanzi La distruzione e Metodo della sopravvivenza. Del resto, nel disclaimer che compare all'inizio della pellicola è specificato che si tratta di prodotti dell'immaginazione, dell'ispirazione. Queste sequenze irrompono come potenti flash, come frammenti metallici che si conficcano nei nervi ottici. L'interpretazione di Andrea Riva de Onestis è superba. Vediamo lo scrittore come un baldo giovine, nerboruto e fiero, che avrebbe potuto ambire alle grazie delle più leggiadre fanciulle, senza riscontrare difficoltà alcuna. Non sembra certo un omino ripugnante, fisicamente repellente, una sorta di uomo-ratto rachitico, asfittico e cachettico, quale le fonti ce lo descrivono. Non ha alcun bitorzolo sul cranio. Certo, ha lo sguardo un po' allucinato, ma non credo che questo basti a fare di un ragazzo un mostro. Egli ci appare come un robusto squadrista d'assalto, in camicia nera. È ritratto come un bullo e violento, sempre pronto a infierire sui più deboli. Molesta una ragazza che si trascina su una sedia a rotelle, la immobilizza e la scalza dal suo sostegno, su cui viene dipinta una svastica. Poi si vedono due ragazze nude messe a ridosso di un muro. A una è stato messo un olisbo in bocca. Lui scorreggia sonoramente sulla loro faccia, costringendole a inalare i lezzi intestinali. Seguono scene di tortura inflitte a prigionieri di entrambi i sessi, degradati a porci e randellati selvaggiamente. Un'analisi superficiale di questo materiale può trarre in inganno e portare a scorgere nel personaggio una sorta di titanismo, di senso di onnipotenza. In fondo questo è proprio quanto molti si immaginano quando sentono parole come "fascista" e "nazista". La realtà è un tantino più complessa: le opere di Virgili descrivono un uomo ben diverso da questo postmoderno e sadiano stereotipo del Male. Egli odia il genere umano proprio perché ha dovuto subire le peggiori angherie sulla propria pelle, diventando un escluso, un paria, un dalit, trattato da tutti (e in particolare dal gentil sesso) come un rifiuto, come un escremento umanoide. Non un bullo, ma una vittima dei bulli. La sua misantropia estrema nasce e si sviluppa come feroce vendetta per essere stato sottoposto a bullismo e rifiutato dalle donne, schifate dal suo aspetto fisico e dalle sue perversioni. Proprio come è successo a me. Egli è sadico e anale. La sua crudeltà nei confronti del genere femminile ha proprio questa origine, è una manifestazione della Nemesi Cosmica. Il suo sentire non nasce da un senso di potenza, bensì da un senso di impotenza pervasivo e soverchiante, distillato in odio assoluto ed immortale. Solo contro l'Universo, Virgili ne desidera l'annientamento. In lui brilla la Luce Nera dell'Odio Eterno! Troppo spesso ci si dimentica la frase che accomuna Virgili a me: "Non dovevo nascere"
 
La soluzione a un problema definitorio  
 
Il film di Scafidi è certo molto interessante, ma non apporta alcuna prova della concreta esistenza fisica di Dante Virgili, che resta un problema per i filologi. Anche se potrà sembrare paradossale, l'esistenza stessa dello scrittore apocalittico è irrilevante, perché egli non è soltanto un personaggio, ma un'idea indistruttibile, un virus che vaga nella Noosfera, pronto a materializzarsi senza preavviso in qualunque punto dello spaziotempo. Magari l'idea di Dante Virgili si formerà proprio in un potente che detiene i codici per il lancio dell'arsenale nucleare della sua nazione. Vedete, quando in una specie senziente si manifesta anche soltanto un individuo di questo genere, il destino di quella specie è segnato. Spero che Parazzoli e Franchini leggano queste mie righe. L'ingegno che ha creato Dante Virgili non immagina neppure lontanamente che persone simili alla sua creazione esistono davvero. Proprio in Italia, in Lombardia, ne esistono almeno due! Posso dirmi virgiliano fin nel midollo, nonostante abbia molti dubbi sul fatto che Dante Virgili sia realmente nato dal grembo di una donna. Egli è molto più di un uomo partorito, fatto di carne e di ossa. Egli è immortale! Egli è eterno! 

 
Appunti per la distruzione.
Genesi di un film 


Il libro a cui si allude nella sinossi, distribuito assieme al film in DVD, è il seguente: 

Titolo: Appunti per la distruzione. Genesi di un film. Con
     DVD
Autore: Simone Scafidi
Editore: Pequod
Collana: Pequod
Anno edizione: 2008
In commercio dal: 1 febbraio 2008
Pagine: 32 p., ill. , Brossura
Codice EAN: 9788860680570 
 
Recensione (libro): 
 
Questi libretto contiene suggestive foto tratte dal film e dalla sua lavorazione (alcune infatti non corrispondono a scene viste). Riporta testi di Andrea Riva de Onestis e numerose informazioni su come il documentario è stato concepito e realizzato. Sono spiegate le sequenze e riportati alcuni dialoghi. Contiene anche sintetiche note biografiche su ciascuna delle personalità intervistate nel film. Dalla lettura appare chiaro che Scafidi ha compreso qualcosa di profondo. Qualcosa che ai vari autori degli interventi deve essere sfuggito. "L'idea di Virgili nasce dalla sofferenza. E si manifesa nella sofferenza e in un linguaggio sofferto." (cit.). Il documentario è nato essenzialmente per una difficoltà tecnica che sembra insormontabile: non si riesce a trarre un film dal romanzo La distruzione, la cui struttura è protoplasma del Caos. 

Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
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venerdì 28 agosto 2020

 
QUESTIONE DI CENTIMETRI

Attore: Luca Fagioli
Direttore: Paolo Migone
Autore dei testi: Paolo Migone 
Anno: 1993
Genere: Tragicomico
Forma narrativa: Monologo
Durata: 58 min

Link:

 
Luca Fagioli interpreta se stesso: il personaggio si chiama "Fagioli Luca", altezza 133 centimetri. Nel suo desolante monologo, il protagonista descrive la visuale grottesca con cui percepisce un mondo a lui sostanzialmente estraneo. Le stesse leggi fisiche agiscono sul suo minuscolo corpo in modo inquietante e diverso da quanto fanno su tutti gli altri: è come se a lui non fosse permesso interagire con gli oggetti, così ogni cosa viene presentata in virtù della sua irraggiungibilità. Gli sono impraticabili le azioni più banali, come guardare una persona negli occhi o prendere qualcosa da uno scaffale. Un mondo fatto di spigoli, sportelli troppo alti e ostacoli. Una realtà tutta pervasa da una paranoia quasi dickiana. 
 
L'Attore:  
 
Nato a Pisa, è laureato in giurisprudenza. 
Video di Luca Fagioli: 
   Il sablé (1986) 
   Il primo fidanzato (1987) 
   Biancaneve (1989)
   Il gioco dell'oca (1990)
   Ricordi difficili (1991)
   Insieme contro il crimine (1992)
Filmografia di Luca Fagioli: 
   Ivo il tardivo, di Alessandro Benvenuti (1955)
   Il cielo e la luna, di Massimo Fagioli (1998)
   Il pesce innamorato, di Leonardo Pieraccioni (1999) 
   La grande prugna, di Claudio Malaponti (1999) 
   Il guerriero Camillo, di Claudio Bigagli (1999)
   Nonhosonno, di Dario Argento (2000) 
 
Recensione:  

Teatro Litta di Milano, Marzo 1993. Ero presente. Era l'epoca della cattività cardanese, il periodo di confino in quel tristissimo anfratto fecale a cui le genti native danno il nome di Cardano al Campo. Dovetti accompagnare una scolaresca a vedere alcuni spettacoli teatrali. Uno di questi, tenutosi nello stesso oscuro borgo lombardo, mostrava alcuni vecchi che venivano scherniti, bastonati e smaltiti come immondizia, in sacchi neri e bidoni della spazzatura. Non riesco a ricordare null'altro della trama, solo queste sequenze allucinatorie, che sembravano frutto dell'ingestione di una frittura di psilocybe. Forse era un rudimentale adattamento di Quarto: uccidi il padre e la madre, di Gary K. Wolf, ma non ne sono sicuro. Vi fu però anche un'eccezione in quell'anno umiliante e disperato. Mi fu permessa una gradita escursione, a mio avviso molto utile. Fu proprio quando andai a Milano al Teatro Litta con la scolaresca, su iniziativa del professor G., che riteneva molto utile ed educativo lo spettacolo di Luca Fagioli. Furono quelli gli unici momenti che potrei definire, se non proprio "felici", almeno "non afflittivi", in un periodo della mia vita che dovrebbe essere cancellato dal Libro dell'Esistenza. 
 
Un tempo si diceva "Italiani, popolo di navigatori, santi e poeti". Poi qualcuno ha coniato il detto "Italiani, popolo di impastatori", per via della loro avidità di lievito durante il lockdown (avidità istigata dall'osceno tam tam mediatico dei giornalisti). Potremmo però aggiungere, oltre a "Italiani, popolo di delatori", anche "Italiani, popolo di bulli, persecutori di deboli e di inermi". A volte mi domando perché Sodoma e Gomorra non siano sopravvissute, mentre uno scandalo come questo vivaio di bulli continui a marcire impunemente sotto la luce tossica del sole. Già me ne accorsi quando ero un moccioso, il giorno stesso in cui sono stato portato all'asilo. Da allora mi sono imbattuto in un numero enorme di persone moleste come tafani, che si sentono vive soltanto se hanno qualcuno da deridere e da tormentare, traendo piacere dall'altrui sofferenza. 
 
Luca Fagioli porta in scena il proprio dramma esistenziale. Deve portare il peso di un vissuto molto problematico, caratterizzato da continui episodi di bullismo in età giovanile, per via della sua corporatura minuta. Tecnicamente parlando, è affetto da nanismo tiroideo. La bizzarra conformazione delle membra e l'aspetto ben singolare attirano in modo ineluttabile lo scherno e l'irrisione da parte delle persone definite "normali". Gli epiteti, come ad esempio "tappo", non si sprecano. Ognuna di questi insulti è una stilettata nel cuore. 
 
Il professor G. faceva notare alla scolaresca che Luca Fagioli ha avuto una vita piena di soddisfazioni umane e professionali e che ha avuto la fortuna di trovare una compagna splendida. La morale del professore, che era un convinto fautore del politically correct (anche se all'epoca non si usava questa locuzione), voleva insegnare il rispetto per la "diversità" a una classe particolarmente indisciplinata, dove non mancavano simpatie naziste. Tali simpatie non derivavano certo dalla lettura del Mein Kampf o dalla comprensione delle dottrine hitleriane: erano reazioni viscerali da parte di giovani rozzi e privi di qualsiasi senso critico, che in questo modo si ribellavano a un indottrinamento scolastico particolarmente oppressivo. Si può dire che il professor G. abbia creato un allevamento di naziskin, senza averne la minima consapevolezza. L'accaduto mi induce alcune amare riflessioni. A Luca Fagioli è andata bene: si è affermato come attore e ha trovato la sua metà. Ma per una persona a cui è andata bene, quante ce ne sono che hanno fallito? Quante persone sole sono state schiantate da questa Italia in cui chi ha problemi è considerato uno zimbello da annientare? Innumerevoli, e non c'è rimedio. Non ci sarà rimedio alcuno, se non il giorno in cui questo paese farà la fine di Atlantide. 

Mi è rimasta particolarmente impressa la lamentazione dell'autore, chiuso nella sua solitudine densa come il piombo. Un'oscurità in cui non si trova un varco, in cui non filtra nemmeno il riverbero di una remota sorgente luminosa. Trovo che sia pura poesia, lirismo assoluto, così la propongo in questa sede:
 
"Mi trovo a ripercorrere il perimetro della mia cameretta
la testa affollata dai pensieri, paure, progetti.
Ho murato la finestra
ma alcuni raggi del sole,
filtrati dalle fessure dei mattoni,
disegnano sul mio viso strani arabeschi.
Mi lascio cadere sulla sedia,
e annoto sul diario:


Intanto passano i giorni,
si sommano in settimane,
si aggrovigliano in mesi,
si ingarbugliano in stagioni,
si ammatassano in anni
natali, pasque, ferragosti
natali, pasque, ferragosti
anni,
natali, pasque, ferragosti

La sveglia mi guarda,
girami!
Fa tic e poi fa tac.
Le ragnatele cambiano ogni anno,
le vedi lì e le ritrovi là.
E nel silenzio più assoluto,
sentire il rumore della barba che cresce.
Deriso da un destino beffardo,
buttato lì come una vecchia cima,
schernito dal tempo inesorabile,
potenza in un nulla fatto di niente,
scheggia di un universo di diversi universi,
truciolo di falegnameria!
briciolino di pane!
(alcune parole borbottate, indistinte, che si perdono nel rumore di fondo) 
 
Quest'opera è etichettata dai media come "commedia", ma a mio avviso non lo è affatto. Si potrebbe andar più vicini al vero ritenendola tragicomica. Unisce in sé spunti ironici e sarcastici con una sostanza assolutamente tragica. Su questo non ci sono dubbi: prevale in ogni suo istante un senso di sofferenza assoluta, che non conosce requie. Non ho mai avuto alcuna esilarazione durante lo spettacolo, proprio perché le sofferenze del protagonista sembravano a me simili a quelle che ho dovuto subire nel corso della mia vita - nonostante la mia statura fisica non possa essere definita esigua. 

Il rustico giannesco in Lucchesia! 
 
Fagioli Luca apprende che il suo amico Gianni, l'architetto, ha invitato amici ed amiche per un weekend nel suo rustico in Lucchesia. Così prende coraggio, gli telefona e gli dice che lo raggiungerà. Inizia la narrazione di qualcosa che sembra a metà strada tra una serie di contrattempi e le dodici fatiche di Ercole. I toni sono volutamente iperbolici. Ogni minima cosa è descritta dall'attore in un modo così surreale da provocare una sensazione di fortissimo straniamento, come se egli fosse un microscopico uomo di Lilliput giunto all'improvviso a Brobdingnag, ove regnano i giganti! Il fine settimana abortisce miseramente: Luca, come un pigmeo nel Labirinto di Cnosso, sbaglia l'ingresso e si ritrova nella cuccia del cane, poi finisce riesce a entrare nell'atrio ma finisce nel camino (il soffitto è alto come quello del Valhalla), quindi rinuncia all'impresa e passa la notte in un campo, trovandosi sommerso da nugoli di grilli zampettanti e da masse di crisalidi. Viene avvicinato da un dobermann libidinoso che cerca di avere un rapporto con una sua gamba e di tenerlo come schiavo sessuale. Al culmine del grottesco, Luca mima una copula, ancheggiando in modo frenetico. Riuscito a sottrarsi all'animale, per quindici giorni si addentra nella campagna toscana, che è descritta come se fosse Mordor! Dopo uno sfinimento estremo, il culmine si ha quando, giunto fino a Marina di Grosseto, si trova davanti la figura immane di Gianni. La sua gioia è incontenibile. "Gianni!!!", esclama. Mi sembra di vedere Gianni, di averlo davanti agli occhi, con quei manoni grandi simili a pale, con quel faccione smisurato perennemente sorridente. Proprio lui: Gianni, l'eterno coprofago! O forse è tutto frutto di un'allucinazione? Fatto sta che Gianni non sembra riconoscere l'amico farfugliante, che alla fine si allontana, annientato. "Ciao Gianni!", gli dice. Poi, dopo qualche passo: "Gianni, ma vaffanculo!"  

Un epilogo annichilente 

Fagioli Luca giunge infine al Capolinea. Certo, quello è il luogo dove prima o poi giungono tutti - anche se i bulli e i gorilla non lo sanno, credendosi immortali. Credo che sia un geroglifico della Morte dell'Essere. Ci viene descritto come uno squallido bar di periferia milanese, con luci al neon che deprimono lo Spirito. Chi è costretto a vegetare sotto quei raggi mortiferi, è come se avvizzisse e si riducesse a una mosca agonizzante sul bordo di un cesso. Ecco, il nostro amato protagonista si trova proprio lì, cercando di ordinare un caffè al banco. Non ci riesce. Aggiunge invano lo zucchero ad alcune tazzine che non sa essere vuote, poi lo ingurgita in preda al disgusto. Tenta anche di ordinare un tramezzino, senza che i risultati siano migliori. Il banco è sopra la sua testa, riesce a malapena a raggiungerlo, come se fosse uno Hobbit tra gli Orchi. Poi ha un'idea geniale. Si allontana e raggiunge il telefono pubblico presente nella sala. Compone il numero del locale e la cameriera che sta al banco risponde. Così può ordinare un tramezzino. "Cristina, dammi un tramezzino!", le urla, dopo essere riuscito ad attirare la sua attenzione. Siamo all'Annichilimento Assoluto. Quello è il luogo in cui l'Essere muore in Eterno! 

Insopportabilità del pubblico 

Quello che ho detestato in modo viscerale sono state le insulse risate di molti spettatori. Cosa diamine c'era mai da ridere? Mi sarei aspettato un profondo silenzio, carico di rispetto e di introspezione. Invece nulla. Alcune risate giungevano proprio nei momenti più penosi, più tragici. Questo mi ha dato una conferma in più della natura bullesca della maggior parte dei frequentatori di teatri. Moltissimi sono coloro che non vanno a teatro per imparare qualcosa, bensì per mero conformismo, per ostentare la loro pretesa superiorità e la loro condizione sociale, per trovare qualcuno da schernire, da tirare per il culo. Certo, l'attore è stato applaudito quando la rappresentazione si è conclusa, ma in un certo senso era un atto dovuto. Non dimentichiamoci che questa gente applaude anche ai funerali, così posso soltanto considerare vuote e ipocrite le loro manifestazioni di entusiasmo. Per molto tempo ho odiato il teatro proprio perché vi si respira un'aria di snobbismo molesto, e la sensazione è analoga al fastidio provocato agli equini dalle punture delle mosche cavalline. Mi affiora un bizzarro ricordo d'infanzia: mio zio S. era convinto che in realtà nessuno ridesse a teatro e che le risate fossero invece il prodotto di un'apposita macchinetta. "Schiacciano un bottone e si sentono le risate", diceva sempre, "ma sono finte". Di certo mio zio S. era più felice di me.