I Maestri comacini traggono notoriamente il loro nome da Como, terra che ha dato loro origine. In latino la denominazione di questa antica corporazione di architetti lombardi è Magistri cumacini (varianti: comaceni, commacini). Eppure l'etimo è tuttora considerato incerto. Perché? Non è difficile tracciare l'accaduto. Agli inizi del XX secolo, un critico d'arte rispondente al nome di Ugo Monneret de Villard (1881 - 1954) scrisse un contributo deprecabile, in cui cercava con ogni mezzo di dimostrare la sua folle tesi: i Maestri comacini avrebbero tratto il loro nome dalla locuzione cum machinis o cum macinis, ossia "con le macchine", alludendo ai marchingegni che questi architetti utilizzavano nella loro opera muratoria. I critici d'arte potrebbero coltivare con successo le patate, occupandosi anche della concimazione della terra. Quello che non dovrebbero fare è cercare di imporre la loro opinione nel campo della linguistica. Il principale e futile argomento dell'autore citato, italiano nonostante dal nome sembri d'Oltralpe, sarebbe questo: l'aggettivo formato dal toponimo Como (latino Cōmum) è comasco o comense (latino cōmēnsis), così non potrebbe essere al contempo comacino. Che infelicissima baggianata! Soltanto uno studioso autoreferenziale, di poco senno e cerebro minuscolo, potrebbe avere l'ardire di scrivere una tale colossale inconsistenza. Purtroppo, in tempi recenti questa teoria insensata dei "Maestri con le macchine" viene rivalutata nel Web e promossa da Google, anche se è palesemente falsa, come posso dimostrare con argomenti solidissimi.
Ebbene, l'aggettivo comacino "comasco, comense" esiste eccome. La sua pronuncia può essere piana (comacìno) oppure sdrucciola (comàcino). La forma sdrucciola parrebbe la più antica, quella piana ha l'aria di essere stata tratta da una pronuncia ortografica. La derivazione è dal latino tardo cōmacĭnus / cōmacīnus, con varianti come commacinus, cōmacenus, cūmacinus, etc.; la quantità della vocale -a- è incerta. L'uso di questo aggettivo è documentato fin dal IV secolo al posto del classico cōmēnsis; un altro sinonimo tardo è cūmānus. Un'attestazione antica e sporadica si ha in Varrone (116 a.C. - 27 a.C.), che chiama cōmacinae pernae i prosciutti comensi (Lazzati, 2008). Il Lago di Como è denominato Lacus Cōmacenus nell'Itinerarium Antonii del 300. Questo limnonimo, con la sua variante Lacus Commacinus è sinonimo del più antico Lacus Cōmēnsis. Come poteva Ugo Monneret de Villard ignorare questa evidenza? Forse scarabocchiava la sua cacata charta senza consultare alcuna fonte.
Le testimonianze dell'esistenza e della diffusione di questo aggettivo comacino sono numerose e sopravvivono tuttora nella toponomastica lombarda. Questi sono i suoi esiti:
comasno < cōmacinus
Comàsina < Cōmacina
Comasìna < Cōmacīna
1) Dal toponimo milanese Porta Comàsina o Porta Comasna ha avuto origine il nome del quartiere detto oggi Comasina (con l'accento sulla penultima sillaba, Comasìna). Il luogo è noto soprattutto perché da esso prese il nome la famigerata banda della Comasina, capeggiata da Renato "Bel René" Vallanzasca, che terrorizzò la Lombardia con la sua ferocia. Il bandito era nativo dell'infernale Giambellino, quello stesso che tanto piaceva a Giorgio Gaber, però la sua banda prese il nome dalla Comasina perché proprio là si trovava un bar utilizzato come ritrovo abituale.
2) Ca' del Comasno, ossia "Casa del Comasco", è una frazione di Lodi Vecchio, un tempo comune indipendente.
3) L'Isola Comacina (in latino tardo Insula Comacina) è un'isola del Lago di Como (Lario), tecnicamente definibile come "lembo di terra": è lunga 600 metri, larga 200 metri, con un perimetro di 2 chilometri e una superficie di 7,5 ettari. Se ne trovano diverse menzioni nell'Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Questa menzione è riferita all'anno 588 circa:
Alii quoque Langobardi in insula Comacina Francionem Magistrum Militum, qui adhuc de Narsetis parte fuerat et iam se per viginti annos continuerat, obsidebant. Qui Francio post sex menses obsidionis suae Langobardis eandem insulam tradidit, ipse vero, ut obtaverat, dimissus a rege, cum sua uxore et supellectili Ravennam properavit. Inventae sunt in eadem insula diviciae multae, quae ibi de singulis fuerant civitatibus commendatae.
Historia Langobardorum, III, 27
Historia Langobardorum, III, 27
Traduzione:
"Altri Longobardi assediavano nell’isola Comacina il magister militum Francione, che era del partito di Narsete e che si era asserragliato ormai da vent’anni. Questo Francione, dopo sei mesi che era stato assediato onsegnò quella stessa isola ai Longobardi; congedato dal re, si affrettò a raggiungere Ravenna con sua moglie e i suoi bagagli, come certamente lui stesso aveva chiesto. In quella stessa isola furono trovate molte ricchezze, che in quel luogo erano state messe al sicuro da parte di diverse città."
Secondo Fabio Carminati e Andra Mariani (2016), l'Insula Comacina di cui ha scritto Paolo Diacono nella sua Historia Longobardorum sarebbe da identificarsi con una porzione di terra situata in quello che oggi è il comune di Olginate. Questi autori sono convinti che l'aggettivo comacino sia sì derivato dal toponimo Como, ma che in origine fosse riferito soltanto alla parte orientale del Lario e del suo territorio, ossia al Lago di Lecco e al Lecchese. Credo che ciò sia poco plausibile: Sant'Ambrogio chiamava rūpēs cōmacinae i monti sopra Como (Epistola 55). In ogni caso, se anche le tesi di Carminati-Mariani dovessero risultare fondate, comacino resterebbe pur sempre connesso a Como.
I Comacini nell'Editto di Rotari
I capitoli dell'Editto di Rotari che trattano dei Maestri comacini sono due: il 144 e il 145. Ne riporto il testo originale e la traduzione.
144.
De magistros commacinos. Si magister commacinus cum collegantes suos cuiuscumque domum ad restaurandam vel fabricandam super se, placitum finito de mercedes, susceperit et contigerit aliquem per ipsam domum aut materium elapsum aut lapidem mori, non requiratur a domino, cuius domus fuerit, nisi magister commacinus cum consortibus suis ipsum homicidium aut damnum conponat; quia, postquam fabulam firmam de mercedis pro suo lucro suscepit, non inmerito damnum sustinet.
Traduzione:
"Se un maestro comacino con i suoi consoci avrà accettato, dopo aver definito il patto sulla ricompensa, di restaurare una casa o di sopraelevarla, e sarà accaduto che qualcuno muoia a motivo della stessa costruzione o per la caduta d'una trave o per la caduta d'una pietra, allora non si richieda la composizione del danno al padrone della casa, qualora il maestro comacino in solido con i suoi consoci non faccia composizione dello stesso omicidio o del danno: infatti, poiché questi ha pattuito il suo guadagno, giustamente deve sostenere anche il rischio."
145.
De rogatos aut conductos magistros. Si quis magistrum commacinum unum aut plures rogaverit aut conduxerit ad opera dictandum aut solatium diurnum prestandum inter servûs suos, domum aut casa sibi facienda, et contegerit per ipsam casam aliquem ex ipsis commacinis mori, non requiratur ab ipso, cuius casa est. Nam si cadens arbor aut lapis ex ipsa fabrigam occiderit aliquem extraneum, aut quodlebit damnum fecerit, non repotetur culpa magistris, sed ille, qui conduxit, ipse damnum susteneat.
Traduzione:
"Dei maestri chiamati o assunti. Se qualcuno invita o assume uno o più maestri comacini per dirigere i lavori o prestare aiuto quotidiano tra i suoi servi per la costruzione di una casa padronale o di un casale per sé, e accade che uno dei comacini muoia mentre lavorava in quel casale, non va fatta la querela nei confronti di colui al quale appartiene il casale. Ma se un pezzo di legno o una pietra, cadendo dall'edificio, uccide uno straniero o gli causa qualche danno, il padrone non sarà incolpato, ma accetterà il danno da parte di chi lo ha assunto."
Bizzarre manipolazioni massoniche
Per qualche arcano e misterioso motivo, ai Frammassoni non è mai andata a genio la chiarezza etimologica. In genere fondano le loro etimologie su princìpi assolutamente irrazionali. Ricordo ancora l'amico G. (R.I.P.), che aderiva alla Libera Muratoria e se ne usciva ogni tanto con trovate che mi facevano infuriare. Una volta arrivò a sostenere che la parola dannato deriverebbe dal greco thánatos "morte". Rimase sconvolto quando gli dissi che dannato è soltanto il participio passato del verbo dannare, che deriva in modo del tutto naturale dal latino damnāre, da cui damnātiō "dannazione", vocabolo già usato da Sant'Agostino (massa damnātiōnis, etc.). I Frammassoni non analizzano le parole dividendo in modo sensato i suffissi e i prefissi dalla radice. Usano il principio dell'assonanza, l'anagramma, il calcolo numerico cabalistico delle lettere e altre manipolazioni ancor più stravaganti. L'etimologia di com(m)acinus è così ricondotta, con anagramma, a un fantomatico *co-monachus "confratello", inteso come "fratello Massone" (Knoop & Jones, 1978). Forme simili sono state ricostruite da romanisti col grembiule e il cappuccio, senza nessuna base scientifica, come ad esempio *commagister, *commachinātor e *commachiō (genitivo *commachiōnis, da *machiō "muratore", di origine germanica, vedi nel seguito per maggiori dettagli).
Un'etimologia pseudogermanica
Non sono mancati tentativi di trovare un'origine germanica della denominazione dei Maestri comacini. Già nel 1883, Karl von Hoede ha postulato un fantomatico *gemachinus "costruttore", formato col prefisso collettivo ge- a partire dalla stessa radice del tedesco machen "fare", da cui in ultima analisi deriva anche il francese maçon (< *machiōnem, accusativo di *machiō). In tempi recenti è stato postulato un vocabolo assai simile, *ga-makin, attribuito al longobardo (Mastrelli, 2008). Tuttavia si capisce che, se davvero fosse esistita in longobardo una simile parola, questa non avrebbe subìto goffe e improbabili latinizzazioni: sarebbe stata presente nell'Editto di Rotari nella sua forma originale. Attendiamo la scoperta di nuovi documenti storici che possano aiutarci a fare maggior chiarezza.
Consiglio senza dubbio la lettura di questo scritto interessantissimo di Marco Lazzati: