sabato 8 agosto 2015

LA LINGUA ETEOCRETESE E IL CASO DELLE MOSCHE CHE DIVENTANO TOPI

Errare humanum est. Chi non ha mai sentito almeno una volta nella sua vita questo proverbio latino? Nessuno al mondo può dirsi ad esso estraneo. Esiste anche un altro proverbio, questa volta italiano e non meno vero. Non sbaglia mai chi non fa una mazza. Peccato che le genti, a cui pure questi detti sono familiari, non ne tengano conto e non perdano occasione di scagliarsi contro chiunque faccia un minimo errore, arrivando persino a usare refusi per vanificare l'opera altrui. 

Dico queste cose perché ho trovato un grave errore nell'opera del validissimo prof. Giulio Facchetti, studioso per cui nutro la massima ammirazione, cui si devono studi approfonditi ed eccellenti sulla lingua etrusca. Non si pensi che quanto mi accingo ad esporre sia inteso come una critica distruttiva: segnalo ciò che ho scoperto a beneficio della Scienza, perché le nostre conoscenze della lingua dei Rasna possano progredire.

Così scrive Facchetti in Qualche osservazione sulla Lingua Minoica (2001, pag. 10):  

"Anche la glossa esichiana cret. θάπτα = 'topi' troverebbe riscontro nella radice etrusca θap- 'consumare' (perciò min. thapt- sarebbe 'roditore' o simili). Corrispondenze lessicali di questo genere, se esatte, sono certamente importanti, anche se non possono provare molto circa l'eventuale affinità linguistica etrusco-minoica". 

E ancora, in Appunti di morfologia etrusca. Con un'appendice sulla questione delle affinità genetiche dell'etrusco (2002, pagg. 123-124):

"Sul piano meramente lessicale altri punti di contatto tra materiale minoico ed etrusco, la cui semantica è circoscritta o circoscrivibile (in quanto analizzabile combinatoriamente nei rispettivi corpora o ricavabile da glosse), sono i seguenti:

minoico

etrusco

ku-ro 'totale'

χurv(ar) 'completo'

mari- 'maiale'

mar- vittima sacrificale

(in TC 7 e 10)

marti- (prob.
'vergine')

Mariš genietto infante
= ma-te)

thapt- / latt-
'topo, roditore'

θap- 'consumare'
(-aθ/t nomi d'agente)

Ariēda 'Ariadne'

Ariaθa 'Ariadne'


Per tutti i particolari rimando al mio intervento su «Kadmos»."

Concordo con i raffronti relativi a "totale", "maiale" e "Aradne", mentre ho qualche dubbio su "vergine" paragonato al nome etrusco di Marte. Tuttavia sappiamo per certo che nella lingua eteocretese θάπτα (variante λάττα) non significava affatto "topi". Guardiamo con attenzione la parola greca con cui Esichio traduce il termine. Così è riportato nel testo: θάπτα. μυῖα (Cret.); λάττα. μυῖα (Polyrrhen.). 

Facchetti traduce μυῖα con "topi", ma questo è un marchiano errore. Infatti in lingua greca μυῖα significa "mosca". La parola per "topo" è invece μῦς, che è di genere femminile, e al plurale fa μύες (< *mu:ses). Corrisponde alla perfezione al latino mus /mu:s/, pl. mures /'mu:re:s/, con -r- derivante da regolare rotacismo di un'originale consonante sibilante -s- divenuta sonora. Anche nelle lingue germaniche vige questo vocabolo: tedesco Maus, pl. Mäuse, inglese mouse, pl. mice, norreno mús, pl. mýss. L'origine della radice *mu:s- è eminentemente indoeuropea.

Così bisogna correggere senza indugio gli scritti di Facchetti: θάπτα "mosca". Non è quindi lecito associare questo vocabolo cretese alla radice etrusca θap- "consumare". Un verbo formato dalla base θap- ricorre in una formula di maledizione su lamina di piombo (Po. 4.4) e ha un senso chiaramente infausto: la locuzione θapicun θapintas (ripetuta con la variante θapintais) è stata tradotta da come "consumo avendo(li) consumati". Altro famoso vocabolo etrusco da Facchetti associato alla radice verbale θap- "consumare" è θapna, θafna, che è stato tradotto tra le altre cose come "bicchiere". Facchetti pensa che il significato centrale di questa parola sia "consumazione". Questo senso di "consumare" sarebbe per lo studioso il motivo per cui il vocabolo in un'occasione è scritto su un candelabro, dove si consumavano le candele.

Le cose possono non essere così semplici. Una volta respinta la falsa traduzione della glossa cretese di Esichio, l'edificio vacilla e necessita di essere ridiscusso. Sulla derivazione del vocabolo per dire "topo" da "consumare" ho avuto fin dall'inizio qualche dubbio. La lingua etrusca non è un argot, anche se possono essere presenti definizioni tabù.

A parer mio occorre separare le tre radici.

1) L'idea da me proposta è che θafna, θapna significhi semplicemente "oggetto tombale", che la parentela sia col greco τάφος "tomba, sepoltura" (cfr. θάπτω "io seppellisco"). Il significato più antico dovrebbe essere quello di "cavità", che riemergerebbe anche nel còrso tafone "buco" (elemento di sostrato preromano).
Alla radice *dhembh-, *dhṃbh- "tomba" ricostruita dagli indoeuropeisti (es. Pokorny), l'etrusco risponderà così con la radice θaf- (θap- è forma secondaria), documentata a quanto ne so soltanto in questa formazione col suffisso -na, che mi appare del tutto analoga a hupni-na "oggetto tombale", formato da hupni "loculo". Non è chiaro quale sia stato il percorso di questa radice.    

2) Il verbo θap- è stato tradotto con "consumare" non per un volo pindarico, ma per associazione a due parole latine: daps "banchetto sacro" (gen. dapis) e damnum "danno" (< *dapnom). La radice, che sembra indoeuropea come "pizza" e "stiletto" sembrano parole inglesi, è presente anche tra i Germani: norreno tafn "sacrificio"
Alla radice *dap- ricostruita dagli indoeuropeisti, l'etrusco risponderà così con la radice θap-, o meglio θapi-(n)-. Non ho certezze sull'origine ultima di questa radice, anche se è possibile che fosse tipica delle lingue tirreniche e sia passata poi ad alcune lingue indoeuropee.  

3) Quale sarà dunque la parentela dell'eteocretese θάπτα "mosca"? Semplice: latino tabanus, italiano tafano, di origine etrusca. Possiamo quindi dedurre etrusco *taφa "mosca", la cui radice si trova in taφu, taφane "tafano", entrambi attestati come gentilizi, cfr. latino Tappo e Tabanius.
L'eteocretese ci mostra una forma con consonanti diverse rispetto all'etrusco. Siamo forse di fronte a una rotazione consonantica nell'ambito delle lingue tirreniche? Sono indotto a pensare di sì, dal momento che altri esempi tratti dal sostrato pre-greco ne sono la testimonianza (es. greco θεάομαι "io osservo" rispetto a etrusco teu-, tev- "osservare; mostrare",
tva "egli mostra").

Significativi elementi per comprendere l'etrusco e la sua origine sono spesso da rintracciarsi in quella parte di vocabolario latino e greco che non ha origine indoeuropea, e che in non pochi casi è tuttora vivente nelle lingue romanze. Avendo a che fare con strati di lessico molto antichi, tracciare correttamente i percorsi compiuti dalle radici può essere davvero arduo. 

Tornando alle mosche diventate topi, sono convinto che il Facchetti abbia compiuto questo errore in buona fede: mi rifiuto di credere che egli non avrebbe saputo trovare uno svarione che ho trovato a colpo d'occhio io, che pure non sono un grecista di professione. Credo che con ogni probabilità lo studioso abbia lavorato su una traduzione errata già in partenza, trovando l'erroneo θάπτα "topi" su qualche libro e non avendo controllato il testo originale.

Quello che mi fa specie è che nessuno, dico nessuno, nell'intero mondo accademico si sia accorto di questa errata traduzione, che a rigor di logica avrebbe dovuto saltare agli occhi anche di un professore del liceo classico. Nessuno a quanto pare ha segnalato la cosa. Cosa bisogna dedurne? Viene il legittimo sospetto che in Italia la lingua greca sia un libro chiuso, come già lo era per i nipoti di Simmaco.

Colgo l'occasione per salutare il prof. Facchetti, che non ho ancora avuto il piacere di conoscere, e per invitarlo a intervenire sulla questione.

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