LO SHOGUN TOKUGAWA IEYASU
E LA FINE DEL SECOLO CRISTIANO
DEL GIAPPONE
E LA FINE DEL SECOLO CRISTIANO
DEL GIAPPONE
Nel XVI secolo il Giappone conobbe uno dei periodi più turbolenti della sua storia millenaria. L'Imperatore non aveva più alcun potere e il paese era teatro di sanguinose lotte tra i signori feudali, i Daimyō. Il feudalesimo giapponese era sorto da condizioni molto diverse da quelle che avevano portato all'analoga istituzione in Occidente, e aveva causato una frammentazione del potere.
In questo scenario di devastazione e di lotte fratricide, il Cristianesimo approdò nel Paese del Sol Levante. Era il 1549 quando Francesco Saverio, braccio destro di Ignazio di Loyola, sbarcò nel porto di Kagoshima, nell'isola di Kyūshū. Se gli inizi furono difficili per i missionari gesuiti a causa della lingua, una volta consolidata la loro presenza il successo della nuova religione fu travolgente. Le conversioni si moltiplicavano anno dopo anno, e molti Daimyō abbracciarono la nuova fede. L'isola di Kyūshū cambiò al punto che la città di Nagasaki divenne quasi interamente cristiana. In una simile terra di conquista, diversi ordini religiosi si stabilirono dopo i Gesuiti, facendosi concorrenza in modo non sempre leale: ferveva l'attività di Domenicani, Francescani ed Agostiniani.
I mercanti spagnoli e portoghesi portarono ricchezza e persino traffico di schiavi. Ebbe inizio un'epoca di interscambi. Alcuni feudatari consideravano persino l'idea di impiantare ambasciate stabili in Spagna, in America Latina e a Roma. Grande era l'interesse per il Messico e il flusso di ricchezze che ne proveniva, e furono compiuti viaggi transoceanici. La situazione di tolleranza religiosa e di benessere non poteva però durare a lungo. La pretesa universalista del Cristianesimo dei missionari si scontrava con una mentalità tendenzialmente sincretista. Nel processo di evangelizzazione emersero gravi tensioni dovute non solo all'attrito tra gli ordini ecclesiastici e i locali monaci buddhisti e shintoisti, ma anche a episodi di coercizione. Diversi Daimyō convertiti alla nuova religione iniziarono a perseguitare i bonzi, e anche da parte del popolo in gran parte convertito non erano rare azioni violente. Molti cominciarono a diventare scettici notando le aspre rivalità tra i diversi ordini.
È impossibile condensare i molteplici dettagli dei convulsi eventi di quei decenni, data la grande complessità della società giapponese dell'epoca e dei rapporti tra i vari clan aristocratici. L'adozione delle armi da fuoco aveva segnato un inasprimento dei conflitti, e finì col determinare l'emergere dei più potenti feudatari, che avviarono il processo di unificazione politica. Tre di loro rimasero: Oda Nobunaga, Hideyoshi Toyotomi e Tokugawa Ieyasu. Questi nobiluomini erano molto diversi per origine e carattere.
Oda Nobunaga era affascinato dalla cultura occidentale. Possedeva collezioni di armature, armi e opere d'arte importate dall'Europa con immenso dispendio e fu il primo giapponese a vestirsi come un europeo. Pur non convertendosi, favorì i Gesuiti, e durante il suo governo fu edificata la prima chiesa cattolica su suolo nipponico.
Alla sua morte gli succedette Hideyoshi Toyotomi, che non vedeva di buon occhio la fede dei missionari. Il clima diventò sempre più ostile ai Cristiani, al punto che ci furono le prime esecuzioni. Un cristiano di nobile origine, Paolo Miki, fu torturato e inchiodato sulla croce nel 1596 assieme a 25 suoi compagni giunti sul luogo dell'esecuzione stremati da trenta giorni di marcia ininterrotta. A tutti era stato amputato l'orecchio sinistro in segno d'infamia. Queste crocifissioni non ebbero l'effetto sperato, anzi crearono un sentito culto dei martiri. Sentendo prossima la fine, Hideyoshi nominò cinque reggenti, di cui uno era Tokugawa Ieyasu.
Alla morte di Hideyoshi, nel 1598, divampò la guerra tra le fazioni capeggiate dei reggenti, finché il clan Tokugawa acquisì sempre più potere. Nel 1600 Ieyasu vinse la battaglia di Sekigahara, abbatté ogni oppositore e tre anni più tardi gli venne concesso il titolo di Shogun. Il nuovo padrone del Giappone aveva sessant'anni e passò il resto della sua vita a creare e a consolidare una nuova struttura statale che da lui prese il nome di Shogunato Tokugawa. Spostò la capitale da Kyoto a Edo, l'attuale Tokyo. Le riforme sociali iniziate dal predecessore furono portate a compimento: fu sancita una rigida separazione in classi, con permesso ai soli samurai di portare armi.
Tokugawa Ieyasu era una sintesi di tutte le doti che fanno un condottiero eccezionale. Ardimento e prudenza, qualità la cui coesistenza può sembrare paradossale, in lui si fondevano. Partecipò a ben novanta battaglie e riuscì ad assicurare al Giappone istituzioni stabili e un periodo di più di duecento anni di pace.
Oltre all'intelligenza e all'istruzione, aveva una grande lungimiranza che gli permise di compiere scelte assennate nelle strategie e nella gestione dei giochi di alleanze. Conosceva la cultura e la storia europea, come provato dalle sue corrispondenze, ma salta agli occhi la differenza tra la sua lucidità e l'ingenuo ottimismo di Nobunaga. La percezione del pericolo in cui si trovava il Giappone divenne a un certo punto netta. Non dimentichiamoci comunque che proprio all'epoca in cui lo Shogunato Tokugawa veniva fondato, l'Europa era dilaniata da conflitti e vi imperversava l'Inquisizione.
Agnostico, Ieyasu pensava che nessuna religione dovesse interferire con il funzionamento dello Stato, e le guardava tutte con sospetto. Tollerava unicamente quelle che potevano essere usate come strumenti per assicurare il buon governo. All'inizio pensò che i nuovi venuti potessero contrastare lo strapotere di un clero buddhista decadente e corrotto, ma i gravi disordini fomentati dai preti e dai frati lo convinsero che il Cristianesimo fosse malvagio e assimilabile alla pazzia. Maturò anche la certezza che dietro l'evangelizzazione si nascondesse un complotto volto a gettare il Giappone in balia della Spagna e del Portogallo, riducendolo a una terra schiava e senz'anima come era accaduto alle Filippine e al Messico. Così scrisse: "La masnada cristiana è venuta nel Giappone non solo per mandarvi le sue navi da commercio a scambiare delle merci, ma anche per diffondervi una cattiva legge e sovvertire la retta dottrina, mirando a mutare il governo dello Stato per poter così prendere il possesso del Paese. È questo il seme di grandi discordie e deve essere distrutto".
Alcuni storici ritengono che dietro il suo cambiamento si celassero elementi inglesi e olandesi, quindi protestanti, che lo avrebbero in un qualche modo influenzato mettendo in cattiva luce gli ecclesiastici cattolici. È tuttavia più probabile che il vero motore del cambiamento dei tempi fosse il dotto neo-confuciano Hayashi Razan, che odiava in modo feroce e irriducibile la religione cristiana.
L'Editto del 1614 proibiva il Cristianesimo e decretava l'immediata espulsione di tutti i preti e i frati operanti su suolo giapponese. Stabiliva altresì la morte per tortura a chiunque non abiurasse la sua fede, europeo o nativo che fosse. Si parla poco dell'effetto che sortì questa legge nell'immediato, ma di certo moltissimi cristiani furono trucidati senza esitazione, bruciati sul rogo a fuoco lento, trafitti da canne, smembrati pezzo per pezzo. Ieyasu era ben consapevole di come il martirio fosse altamente considerato dai perseguitati, e di certo riteneva inefficienti i sistemi repressivi di Toyotomi, in quanto concedevano ai Cristiani quanto desideravano mutando ogni sconfitta in vittoria. Per questo motivo era indispensabile indurre a rinnegare Cristo con ogni mezzo concepibile, non importa quanto crudele.
I cadaveri non erano normalmente seppelliti, perché non doveva essere permessa l'esistenza di reliquie di sorta. Venivano invece fatti a pezzi e le membra interrate a grande distanza, oppure bruciati per far sì che le ceneri potessero essere disperse in mare. La motivazione ufficiale era sarcastica: "ridurre i rischi di resurrezione". Ogni pressione psicologica era coltivata con raffinata perversione, e cominciò il costume di costringere i sospetti a calpestare immagini sacre. In accordo con le rigide divisioni sociali, i nobili convertiti venivano trattati meglio dei popolani: potevano scegliere tra l'esilio e il seppuku. Moltissimi fuggirono nelle Filippine, dove loro lontani discendenti vivono ancora e sono chiamati Mestizos. L'unico vescovo del Giappone scomparve proprio nell'anno dell'Editto, e per questo nessuno poté più consacrare preti e frati.
Ieyasu morì due soli anni dopo, nel 1616, ma il potere passò al figlio Hitedata, ancor più determinato. A questi successe Iemitsu, che di certo era ritenuto dalla Chiesa di Roma un demone. Sotto il suo dominio, verso gli anni '30 del secolo, era operativa una vera e propria Inquisizione contro i Cristiani, che dovevano essere sterminati completamente senza distinzione di sesso, età o condizione sociale. Razan continuava la sua opera di ideologo dello Shogunato. Le torture avevano in breve raggiunto una perfezione tecnica che neppure nel XX secolo sarebbe stata superata. Getti d'acqua in velocità studiati per dilaniare lo stomaco e provocare riflussi di sangue dalla bocca e dal naso, strumenti acuminati di ferro per scavare sotto le unghie e i polpastrelli rendendo ogni attimo un inferno. In particolare era molto usato un supplizio chiamato ana-tsurushi, la tortura del pozzo. Il condannato veniva calato a testa in giù in un pozzo riempito per metà di escrementi e di altre sozzure. Era sospeso su una lurida superficie di sterco, orina, sputi, vomito, e con la testa lambiva il liquame. I miasmi lo soffocavano ma non lo facevano morire subito: i più resistenti potevano durare in quell'oscena agonia anche più di una settimana. Un piccolo taglio sulla fronte o dietro un orecchio gli faceva perdere il sangue goccia a goccia. I Domenicani, che erano particolarmente numerosi nella clandestinità, furono tutti intercettati dai Ninja e sparirono uno dopo l'altro nei pozzi fecali, il loro sangue disperso nelle cloache. Nel 1933 il Padre Provinciale dei Gesuiti Cristóvão Ferreira fu calato nel pozzo, e non si può certo definire eroico il suo comportamento: dopo neanche sei ore di supplizio abiurò. Collaborò attivamente con le autorità, tradendo molti dei suoi vecchi compagni e facendoli mandare a morte.
Nel 1637 scoppiò una rivolta nell'isola di Kyūshū, causata dall'eccessiva tassazione che gravava sui contadini. Essa raccolse il consenso di un gran numero di Cristiani, che in quei distretti erano ancora numerosi. I ribelli si asserragliarono nel castello di Shimabara sotto la guida di Masuda Shirō, che assunse il nome cristiano di Jerome. Per sedare l'insurrezione lo Shogunato consumò molte vite umane e risorse. Quando alla fine gli assedianti riuscirono a prevalere, constatarono che i ribelli avevano decapitato decine di statue buddhiste. Così li uccisero tutti decapitandoli, formando una collina con migliaia di teste recise. Le leggi anticristiane divennero ancora più severe e sistematiche, al punto che ogni giapponese doveva dimostrare di non appartenere al culto proibito calpestando un crocifisso una volta all'anno sotto gli occhi dei funzionari. Queste disposizioni vennero abolite soltanto nel 1873.
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