DE CASU DIABOLI
Dopo due giorni di autosegregazione, Anselmo si decise ad uscire di casa.
Era una tiepida giornata primaverile: il puzzo dei fanghi di depurazione sparsi sui campi toglieva il fiato. Un misto di odori molesti - escrementi umani e suini frammisti ad altre sozzure di ignota origine -, aleggiava sul territorio butterato dalle escavazioni, completamente spoglio di vegetazione.
Il sentiero che conduceva al torrente costeggiava un fosso in cui confluivano scarichi fognari. Ne esalavano lezzi nauseabondi. I campi erano letteralmente zuppi di liquami cloacali, ovunque si scorgevano pozze di putridume che il terreno non riusciva ad assorbire.
L'aria era letteralmente intrisa di merda.
Nei pressi di una casupola intravide un nugolo di bambini intenti a giocare a pallone. Somigliavano sinistramente ai nani del film di Cronenberg "La covata malefica". Giunto a poche decine di metri dal ponte, fu investito da una folata di aria rovente, seguita, poco dopo, dal fragore di una violentissima esplosione.
A occidente si levò una nuvola simile al fungo di un'esplosione atomica.
Dovevano essere esplose in simultanea svariate cisterne della vicina raffineria.
Mentre rientrava a casa, il cielo si venne via via oscurando. Un'enorme cappa di fumo si distese sulle campagne brulle e sull’abitato.
Ben presto fu tutto un risuonare di sirene di ambulanze e di mezzi dei vigili del fuoco. Immense lingue di fuoco si levavano all’orizzonte. E Anselmo sorrise.
Pietro Ferrari, luglio 2019
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