Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Canada, Spagna
Anno: 2013
Durata: 90 min
Rapporto: 2,39:1
Genere: Thriller, drammatico, grottesco
Regia: Denis Villeneuve
Soggetto: José Saramago (O Homem Duplicado, romanzo)
Sceneggiatura: Javier Gullón
Produttore: Niv Fichman, Miguel A. Faura
Produttore esecutivo: François Ivernel, Cameron
McCracken, Mark Slone, Victor Loewy
Casa di produzione: Rhombus Media, Roxbury Pictures,
micro_scope, Mecanismo Films
Distribuzione in italiano: PFA Films, 102 Distribution
Fotografia: Nicolas Bolduc
Montaggio: Matthew Hannam
Musiche: Danny Bensi, Saunder Jurriaans
Scenografia: Patrice Vermette
Costumi: Renée April
Trucco: Catherine Viot
Interpreti e personaggi:
Jake Gyllenhaal: Adam Bell / Anthony Claire
Mélanie Laurent: Mary
Sarah Gadon: Helen Claire
Isabella Rossellini: La madre di Adam
Distribuzione in italiano: PFA Films, 102 Distribution
Fotografia: Nicolas Bolduc
Montaggio: Matthew Hannam
Musiche: Danny Bensi, Saunder Jurriaans
Scenografia: Patrice Vermette
Costumi: Renée April
Trucco: Catherine Viot
Interpreti e personaggi:
Jake Gyllenhaal: Adam Bell / Anthony Claire
Mélanie Laurent: Mary
Sarah Gadon: Helen Claire
Isabella Rossellini: La madre di Adam
Joshua Peace: Insegnante
Tim Post: Concierge di Anthony
Kedar Brown: Guardia di sicurezza
Darryl Dinn: Impiegato della videoteca
Misha Highstead: Signora nella dark room
Megan Mane: Signora nella dark room
Alexis Uiga: Signora nella dark room
Paul Stephen: Gerente della dark room
Stephen R. Hart: Buttafuori
Kiran Friesen: Donna triste, distrutta
Jane Moffat: Eve
Loretta Yu: Addetta alla reception
Doppiatori italiani:
Stefano Crescentini: Adam Bell / Anthony Claire
Gemma Donati: Mary
Valentina Favazza: Helen Claire
Roberta Paladini: La madre di Adam
Titolo in altre lingue:
Tim Post: Concierge di Anthony
Kedar Brown: Guardia di sicurezza
Darryl Dinn: Impiegato della videoteca
Misha Highstead: Signora nella dark room
Megan Mane: Signora nella dark room
Alexis Uiga: Signora nella dark room
Paul Stephen: Gerente della dark room
Stephen R. Hart: Buttafuori
Kiran Friesen: Donna triste, distrutta
Jane Moffat: Eve
Loretta Yu: Addetta alla reception
Doppiatori italiani:
Stefano Crescentini: Adam Bell / Anthony Claire
Gemma Donati: Mary
Valentina Favazza: Helen Claire
Roberta Paladini: La madre di Adam
Titolo in altre lingue:
Spagnolo (America latina): El hombre duplicado
Trama:
Incipit erotico. In un club ctonio una donna si esibisce in un numero morboso e sta per schiacciare un grosso ragno dall'addome setoso. Uno squallido professore di storia, certo Adam Bell, si consuma in una spettrale esistenza da larva nella metropoli di Toronto, sotto un cielo di un grigio perenne. Un giorno accade qualcosa che scombina la sua routine: su istigazione di un collega noleggia una videocassetta di un film intitolato Volere è potere. Guardandolo si accorge che una comparsa gli somiglia a tal punto da poter essere un suo clone. Ha quindi inizio un'ossessione: trovare questo Doppelgänger e scoprirne la vera identità. Presto questa idea fissa s'impossessa di lui, al punto che gli diventa impossibile pensare ad altro. Comincia ad indagare, scoprendo che il suo doppione è conosciuto col nome d'arte di Daniel St. Claire, ma in realtà si chiama Anthony Claire e ha al suo attivo soltanto un paio di comparse sullo schermo. Quando Adam si reca all'agenzia per cui lavora Anthony, viene scambiato per lui. Riesce a ritirare una busta destinata all'attore, da cui ricava il suo indirizzo e il numero di telefono. Lo chiama ma non lo trova in casa. Risponde la moglie, Helen che si trova in un avanzato stato di gravidanza e rimane profondamente turbata dal tentativo farneticante del professore di instaurare una conversazione. Credendo di avere le corna, decide di pedinare il marito, scoprendo l'esistenza dell'uomo a lui identico al punto di sembrare un suo clone. La donna scopre l'università dove Adam insegna, ma lui non è consapevole di essere spiato. A un certo punto avviene l'incontro tra i due uomini identici, in una stanza d'albergo. Essi scoprono che non si tratta di una pura e semplice somiglianza: ogni singolo dettaglio dell'uno trova la sua perfetta corrispondenza nel corpo dell'altro, persino una cicatrice. Terrorizzato da questi accadimenti portentosi, Adam dichiara che l'incontro è stato un errore e fugge via. Forse come conseguenza dell'incontro, Adam ed Anthony hanno il sonno funestato dallo stesso incubo, in cui prima appare loro una donna nuda la cui testa è quella di un aracnide, poi vedono un ragno immenso delle dimensioni di un grattacielo che zampetta allegramente tra gli edifici della città. Anthony diventa uno stalker e punta la sua ragazza, Mary. Vuole possederla carnalmente, accusando Adam di essere stato a letto con la gravida Helen, per poi dichiarare di aver agito per vendetta, per mettere i conti in pari. Così contatta Adam e gli chiede di prestargli vestiti e chiavi della macchina per una notte, promettendo che dopo aver avuto questo favore scomparirà per sempre dalla sua vita. Adam accetta, quindi Anthony lo impersona, riesce a portare Mary in un albergo e ha con lei contatti sessuali. La reazione di Adam è semplice: si reca a casa di Anthony e dovo varie piagnucolose vicissitudini Helen accetta di fare l'amore con lui. Nel frattempo Mary, durante il sesso ha una crisi, perché nota che l'uomo ha un segno sulla fede nuziale. Capisce di essere stata ingannata da un uomo somigliante al marito; gli chiede di essere riportata a casa. Durante il viaggio i due litigano furiosamente, causando un terribile incidente in cui muoiono entrambi. Il giorno dopo, Adam si ritrova ad assumere l'identità di Anthony. Indossa i suoi abiti, apre una busta a lui destinata, con la chiave del club erotico ctonio in cui all'inizio del film una donna stava sensualmente schiacciando un pingue ragno. Avvisa che sta per uscire di casa. Helen non gli risponde, quindi lui entra nella sua stanza, vedendo al posto della donna un aracnide nero e peloso, che occupa l'intero spazio.
Recensione:
Mentre lo vedevo per la prima volta, mi sembrava un ottimo thriller, pieno di suspense. La tensione era totalizzante, il senso di mistero era assoluto e densissimo. Cosa avrà mai prodotto la comparsa dell'inesplicabile Doppelgänger del protagonista? L'acme viene raggiunto quando, durante l'incontro tra i due uomini, si vede che sono identici a livello genetico e cellulare, avendo persino gli stessi nei! DNA che corrispondono base per base, molecola per molecola! Non solo: i corpi mostrano anche un identico segno non congenito, una cicatrice, che deve essere il prodotto di un identico trauma subìto a un certo punto delle loro esistenze! E com'è possibile una cosa simile? Non può essere una mera coincidenza! Questa è un'idea sorprendente, inquietante, che avrebbe potuto essere sfruttata meglio. Purtroppo Villeneuve è riuscito nella difficile impresa di rovinare tutto in pochi secondi non lontano dai titoli di coda. Ho digrignato i denti per lo sdegno. Non ho dubbio alcuno: quest'uomo benedetto è un regista che ha il tocco di Re Adim! Se il Re Mida trasformava in oro tutto ciò che toccava, vi lascio immaginare quali fossero invece le proprietà del tocco del Re Adim! Proprio quando si ha davanti una torta al cioccolato e si sta per gustarla, ecco che lo chef diabolico ci mette sopra una massa di gorgonzola graveolente e di salsa verde. Vi immaginate lo schifo? Ecco, ora avete una vaga idea di quello che ho provato. Sappiamo tutti che la Settima Arte è defunta. Non si hanno più idee originali. Tutto sta diventando un remake di un remake di un remake, ad infinitum, ad nauseam! Un simile contesto di merda è ciò che si chiama mainstream. Quando hai la fortuna di concepire un'idea innovativa e sconvolgente, non puoi banalizzarla e gettarla via! Se lo fai, è una cosa che urla vendetta al Cielo!
Un finale smerdante
Proprio quando il protagonista sta per trovare il bandolo della matassa, accade qualcosa di inaudito. Anziché la moglie trova nella stanza da letto l'orrenda, schifosa suocera che si manifesta a lui nella sua vera natura di titanica tarantola. La critica dice che quella è la moglie di Anthony, Helen, ma io non ci credo affatto. Quella è proprio la suocera. Un aracnide smisurato e peloso, che invade tutta la stanza, che invaderebbe lo stesso Universo, se non fosse confinato tra quattro mura. Un cielo in forma di tarantola, che avvolge ed opprime ogni cosa. L'uomo non sembra rendersi conto della situazione raccapricciante. Anzi, tira un sospiro di sollievo e ride. Sembra quasi che abbia una reminiscenza improvvisa di un pianeta alieno popolato da colossali aracnidi senzienti, di cui anche lui era parte. Questa interpretazione, lasciata allo spettatore, non viene però esplicitamente affermata dal regista. Non si dà un barlume di spiegazione. Si ha l'impressione di assistere al colpo di un'arma spuntata, che fallisce il bersaglio. Nello stesso istante in cui la rivelazione dovrebbe manifestarsi nella sua atrocità, parte invece una fastidiosissima musichetta da commediola. Un'aria futile che cosparge di escrementi l'intera opera, riducendone a nullità la trama e privandola di ogni residuo di significato! Proprio così. Il film di Villeneuve non significa nulla.
Qual è il confine della Fantascienza?
La domanda è a bruciapelo. Può questo film villeneuviano essere definito un'opera di fantascienza? Certo che sì! Mi rendo conto che la mia affermazione sembrerà blasfema a molti fantascientisti fanatici, ma le cose stanno in questi termini. Se un Doppelgänger di una persona si aggira per la città, non si può affatto escludere che sia un alieno sotto mentite spoglie o il prodotto di una tecnologia occulta, che potrebbe benissimo non essere del nostro pianeta. Certo, se dicessi che L'uomo duplicato di Saramago è un'opera di fantascienza fatta e finita rischierei il linciaggio. Infatti non è probabile che sia stata scritta con tale intento. L'aspetto fantascientifico è stato infuso proprio della trasposizione cinematografica: per come Villeneuve ha presentato le sequenze, la loro classificazione è inevitabile. Non ci sono molte altre spiegazioni possibili. L'idea che Adam ed Anthony siano gemelli omozigoti separati alla nascita si rivela una pura e semplice assurdità proprio a causa del fatto che entrambi hanno la stessa cicatrice. Fallisce la riduzione degli eventi al mondo della razionalità umana, della quotidianità. L'uomo duplicato di Saramago è più che altro attento alla dimensione psicologica. Incredibilmente prolisso, il romanzo è ambientato in un microcosmo portoghese di cui non si trova traccia nella trasposizione cinematografica. Potremmo dire che è una specie di esperimento concettuale, in cui lo scrittore lusitano indaga la reazione di un uomo alla comparsa di un altro essere umano identico a sé, senza che sia data la benché minima importanza all'origine ultima di un simile portento.
Alcune note sul romanzo di Saramago
Il protagonista porta un nome altisonante: Tertuliano Máximo Afonso. Non riesce ad accettare quel Tertuliano, perché tutti lo pigliano per il culo pronunciando "TERTULI ANO", con un bello stacco che non lascia adito a dubbi, facendo un'associazione immediata allo sfintere da cui sono espulse le feci. Lo stesso giochetto che ho fatto io quando ad Augusta ho visto su un dipinto di Carlo Magno questa imbarazzante dicitura: "NIHIL DEEST CHRISTI ANO" (doveva significare "Nulla manca al cristiano"). La morale era questa: Carlo Magno rispondeva con tali parole a un imperatore politeista, Alessandro Magno, che con un analogo "fumetto" affermava: "NIHIL SUFFICIT PAGANO" (ossia "Nulla basta al pagano"). Il problema è che "CHRISTI ANO" con lo stacco dovuto alla necessità di andare a capo, è passibile di interpretazione blasfema! Mi domano se non fosse una cosa voluta. In modo simile, quando fu chiesto al professor Gianfranco Miglio se fosse un craxiano, lui rispose: "Non sono l'ano di nessuno". L'aggettivo "craxiano" era da lui interpretato con lo stesso spirito del "CHRISTI ANO" evocato da Carlo Magno. Con meno fortuna, Umberto Bossi cercò di riciclare la battuta, dicendo di detestare tutte le parole che teminano per "ano". "Come padano?", ribatté l'intervistatore. Ecco, diciamo che il "TERTULI ANO" di Saramago è il corrispondente portoghese delle amenità da me riportate. E gli hanno anche dato il Nobel!
Il dilemma della macchina duplicatrice
Immaginiamo ora una macchina che funziona in questo modo: scansiona qualsiasi oggetto sia posto nell'apposito vano, riproducendolo atomo per atomo. Potremmo dire che si tratta di una forma molto avanzata di stampante tridimensionale. Non escludo che tra qualche anno qualcosa di simile possa davvero essere realizzabile. Le conseguenze ontologiche sono gravissime. Adesso pongo la fatidica domanda. Cosa accadrebbe se una simile macchina riproducesse un essere umano anziché un oggetto? Produrrebbe una copia perfetta, che non conterrebbe alcun errore genetico, alcuna distorsione di una singola base del DNA. Sarebbe una copia migliore di qualsiasi clone, persino migliore di un gemello omozigote. Il cuore batterebbe, pomperebbe il sangue al cervello, si accenderebbe l'autocoscienza nell'essere umano duplicato. Quale sarebbe la fonte di questa nuova autocoscienza, che prima della duplicazione non esisteva? Il cervello duplicato, come vorrebbero i pierangelisti? Cosa penserebbero i teologi delle varie religioni del mondo? Un teologo tomista crederebbe che tale macchina ha duplicato un'anima immortale che soltanto Dio dovrebbe poter creare? Che ne sarebbe della sostanza aristotelica e dell'ideologia che da essa è derivata? I Dottori della Chiesa ammutolirebbero. I filosofi direbbero che a tutti questi quesiti non c'è ancora una chiara risposta. Quello che invece si può dire per certo è dove sono andati a finire secoli di speculazione e di pensiero religioso del genere umano. Non cito esplicitamente il luogo in questione per non apparire troppo cinico.
Due filosofemi
Le citazioni che compaiono nell'introduzione dell'opera di Saramago sono queste:
Il caos è un ordine da decifrare.
Libro dei Contrari
Credo sinceramente di avere intercettato molti pensieri che i cieli destinavano a un altro uomo.
Laurence Sterne
Libro dei Contrari
Credo sinceramente di avere intercettato molti pensieri che i cieli destinavano a un altro uomo.
Laurence Sterne
La prima citazione compare all'inizio del film in una forma lievemente diversa proprio dopo la bella inquadratura di una donna nuda incinta: "Chaos is order yet undeciphered" (ossia "Il Caos è ordine non ancora decifrato"). La fonte della sentenza non è specificata e non si fa menzione della frase di Laurence Sterne, scrittore e religioso irlandese nato a Clonmel (Tipperary) nel 1713 e deceduto a Londra nel 1768. Ebbe un matrimonio infelicissimo con una pazza da catena e peggiorò ancor di più la situazione cornificandola accanitamente. Fu afflitto da una salute malferma e da continue difficoltà economiche. Invaghitosi di un'altra donna, viaggiò in Francia e in Italia, scrivendo le prorpie memorie e riuscendo infine a separarsi dalla moglie. Dopo una vita tanto incerta, lo colse la morte per tubercolosi. Non stupisce che si sia sentito attraversare da pensieri alieni, come una radio capace di captare i borborigmi di Azathoth!
L'Ordine e il Caos
La specie Homo sapiens è formata da due meccanismi: una macchina procreatice e un programma ricercatore di senso. La macchina procreatice ha come scopo l'estrazione del genetico e il suo utilizzo per la fabbricare di nuovi esemplari che portino sulle proprie spalle il gravame di una condizione maledetta. Il programma ricercatore di senso, che Luigi Pirandello definiva "macchinetta infernale", ha come scopo la decrittazione del Caos, la riduzione della sua insensatezza suprema a un ordine comprensibile. Quindi il processo è quello di trasformazione del Caos in Cosmo. Un'opera di Cosmogenesi. Il problema è che il programma ricercatore di senso è intrinsecamente fallimentare. Il senso non si trova, per quanto eroici possano essere gli sforzi. Alla fine Homo sapiens si ritrova nudo, balbuziente e demente di fronte all'Assurdo. Né si deve credere, come pure fanno alcuni, che il desolante tocco dell'Assurdo possa essere ciò che ci assicura la Libertà. Non esiste opinione più farneticante della loro. La Libertà si può trovare soltanto nell'Annientamento dell'Essere. Un vino in grado di estinguere l'Essere e di cancellare l'ombra della vita è la sola cosa che si possa desiderare. Alla Cosmogenesi è necessario opporre la Cosmonemesi.
Un'esegesi ridicola
La vulgata corrente è questa: il Doppelgänger incarnerebbe il concetto secondo cui l'individuo sarebbe il vero nemico di sé stesso. In questo modo, Anthony sarebbe stato materializzato dall'inconscio di Adam come suo doppione fisico e al contempo come suo opposto caratteriale. Se Adam è un professorucolo timido e schiavo delle convenzioni, Anthony cerca di evadere dalla monogamia, che percepisce come asfittica, contemplando in un club erotico splendide dominatrici che spappolano ragni sotto i piedi. Il finale, sempre a detta dei fan, starebbe a significare che tutto è vano e che nessun mutamento può avvenire a causa delle circostanze, se prima non cambia veramente qualcosa dall'interno. Di tutto questo mi faccio beffe, perché è soltanto un coacervo di stronzate. Nessuno dice che il ragno schiacciato dalla Domina rappresenta il fallo eretto che eiacula a contatto coi piedi femminili nel corso di una sessione di sadomasochismo!
Curiosità
Un refuso voluto. Il professore tiene una lezione parlando del filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte (1762 - 1814). Tuttavia sulla lavagna si vede che il cognome è scritto erroneamente Fitche. Questa è una tipica manifestazione di germanofobia.
Una squallida trovata pubblicitaria. Il cast ha firmato un accordo di confidenzialità che vietava di parlare ai media del significato dei ragni nel film. Mi domando perché questo accordo sia stato imposto. Quale significato dei ragni nel film? Non c'è nessun significato!
Altre recensioni e reazioni nel Web
Ho trovato nel Web un certo numero di recensioni tecniche, assai dettagliate, che trovo sommamente irritanti. Passerò oltre. Il Davinotti analizza il film di Villeneuve, riportando che risente dell'influenza di Cronenberg e di Lynch, più qualche altro dato lapalissiano. Gli interventi dei commentatori mi sembrano poco convincenti. mi limito a riportarne un paio.
Ira72 ha scritto:
"Pellicola pressoché mono-tono a esaltare la desolazione di una Toronto quasi spettrale, colonna sonora inquietante e incalzante. Buona performance di Gyllenhaal, che riesce a interpretare due persone fisicamente identiche ma caratterialmente oppost, attraverso sottili e impercettibili sfumature mimiche (compito mica facile!). Ma. Quando al subconscio e alla fantasia viene concesso troppo, in particolare da un grottesco finale aperto, il rischio è di restare perplessi, più che piacevolmente stupefatti. I ritmi dilatati, poi, non aiutano."
"Pellicola pressoché mono-tono a esaltare la desolazione di una Toronto quasi spettrale, colonna sonora inquietante e incalzante. Buona performance di Gyllenhaal, che riesce a interpretare due persone fisicamente identiche ma caratterialmente oppost, attraverso sottili e impercettibili sfumature mimiche (compito mica facile!). Ma. Quando al subconscio e alla fantasia viene concesso troppo, in particolare da un grottesco finale aperto, il rischio è di restare perplessi, più che piacevolmente stupefatti. I ritmi dilatati, poi, non aiutano."
Deepred89 ha scritto:
"Pellicola straniante e claustrofobica, forse debitrice del Lynch ultima fase. Il gioco che permette il dispiegarsi dell'ottima idea di partenza (l'avvistamento in un film di una comparsa... già vista) è di quelle che fanno scoccare il colpo di fulmine cinefilo. L'intreccio si sviluppa con intelligenza mentre i pesanti filtri della fotografia trasformano la fredda ambientazione in uno sfuggente inferno onirico. Peccato per quella chiusa ermetica: già trent'anni fa Fulci dimostrò che i ragni nelle città dei morti viventi rovinano i finali.
MEMORABILE: Il protagonista visionando un film si accorge di quella comparsa, in tenuta da maggiordomo; La creatura (?) che veglia sulla città."
"Pellicola straniante e claustrofobica, forse debitrice del Lynch ultima fase. Il gioco che permette il dispiegarsi dell'ottima idea di partenza (l'avvistamento in un film di una comparsa... già vista) è di quelle che fanno scoccare il colpo di fulmine cinefilo. L'intreccio si sviluppa con intelligenza mentre i pesanti filtri della fotografia trasformano la fredda ambientazione in uno sfuggente inferno onirico. Peccato per quella chiusa ermetica: già trent'anni fa Fulci dimostrò che i ragni nelle città dei morti viventi rovinano i finali.
MEMORABILE: Il protagonista visionando un film si accorge di quella comparsa, in tenuta da maggiordomo; La creatura (?) che veglia sulla città."
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