mercoledì 18 novembre 2020

 
ANTROPOPHAGUS 
 
AKA: Anthropophagus: The Beast; The Grim Reaper;
     Savage Island; Man-eater; Man beast
Paese di produzione:
Italia
Anno: 1980
Lingua originale: Inglese
Durata: 87 min
Genere: Orrore 
Sottogenere: Cannibalesco
Regia: Joe D'Amato
Aiuto regista: Donatella Donati
Soggetto: Luigi Montefiori, Aristide Massaccesi
Sceneggiatura: Luigi Montefiori
Produttore: Joe D'Amato, George Eastman, Oscar
      Santaniello 
Casa di produzione: P.C.M. International, Filmirage
Distribuzione in italiano: Cinedaf
Fotografia: Enrico Biribicchi
Montaggio: Ornella Micheli
Musiche: Marcello Giombini
Scenografia: Ennio Michettoni
Costumi: Ennio Michettoni
Trucco: Pietro Tenoglio
Fonico: Goffredo Salvatori
Interpreti e personaggi:
    Tisa Farrow: Julie
    Saverio Vallone: Alan
    Serena Grandi (come Vanessa Steiger): Maggie
    Margaret Mazzantini (come Margaret Donnelly): Ariette 
    Mark Bodin: Daniel
    Bob Larson: Arnold
    George Eastman: Klaus Wortmann, il cannibale
    Rubina Rey: Ruth Wortmann
    Simone Baker: Prima vittima
    Mark Logan: Seconda vittima
    Zora Kerova: Carol
    Joe D'Amato (non accreditato): Uomo che esce dalla
         funivia 
Denominazioni alternative dei personaggi:
    Nella versione in inglese, Alan è chiamato Andy;
    Ariette è chiamata Henriette "Rita".
    In altri paesi, come la Spagna, Klaus Wortmann è
    chiamato Nikos Karamanlis; Ruth Wortmann è chiamata
    Irina Karamanlis.
Titoli in altre lingue: 
   Anthropophagous : L'Anthropophage (Francia) 
   L'Anthropophage (Francia, TV)
   Der Menschenfresser (Germania Ovest) 
   Man Eater - Der Menschenfresser (Germania Ovest,
       X-rated)
   L'homme qui se mange lui-même (Belgio)
   Antropófagos (Argentina, Messico)
   Gomia, terror en el mar Egeo (Spagna)
   Antropófago (Perù)
   Antropofagia (Colombia)
   O antropófago (Brasile, Portogallo)
   Ο ανθρωποφάγος (Grecia)
   Антропофагус (Unione Sovietica)
   Ludożerca (Polonia)
Censura:
     V.M. 18 in Australia, Canada (eccetto il Québec),
     Finlandia, Italia, Regno Unito, Stati Uniti
     V.M. 16 in Francia
     V.M. 14 in Cile
     V.M. 13 in Canada (Québec)
Crediti di produzione DVD: 
   Produttore esecutivo: John Sirabella
   Produttore: William Hellfire

Trama: 
Una coppia di tedeschi in vacanza in Grecia va in spiaggia e viene trucidata da qualcuno che emerge dall'oceano. Intanto cinque viaggiatori hanno l'idea di fare il giro delle isole. Sono Alan e la sorella Carol, Daniel, Arnold e la moglie Maggie. All'ultimo ammettono nella loro comitiva anche Julie, che chiede un passaggio per un'isola fuori dalle rotte, dove vivrebbero alcuni suoi amici. L'unica che si oppone a questo cambiamento del programma è Carol, mossa dai tarocchi a presagire qualcosa di brutto in caso di visita all'isola. Il gruppo salpa comunque per la destinazione stabilita, ma subito qualcosa va storto. Mentre sbarca, Maggie, che è gravida, si distorce una caviglia. Non potendo proseguire rimane sulla barca con il suo proprietario. Un uomo attacca la barca, strappando la testa al marinaio e rapendo Maggie. Gli altri esplorano la cittadina dell'isola, scoprendola disabitata, se si eccettua una sfuggente donna in nero, che scrive "Vai via" su una finestra polverosa. In una casa viene trovato un cadavere in decomposizione che sembra essere stato cannibalizzato. La macabra scoperta spinge tutti a tornare di corsa alla barca, che però è alla deriva. Senza via di scampo, il gruppo si reca nella casa di proprietà degli amici di Julie, dove trovano l'ultima superstite della famiglia, la ragazza cieca Ariette. In preda al panico, dopo aver tirato una coltellata a Daniel, Ariette si calma e si lamenta che c'è per l'isola si aggira un pazzo che emana fetore di sangue corrotto. 
Temendo che la ferita di Daniel possa infettarsi, Alan e Arnold vanno alla ricerca di antibiotici. Carol scopre Daniel che flirta con Julie, ha una crisi isterica e fugge via nella notte. Julie la insegue, ma la perde e incontra Andy e Arnold. Nel frattempo l'assassino sfigurato irrompe nella casa e squarcia la gola di Daniel, lasciando Ariette da sola e fuggendo prima del ritorno degli. Al mattino, il gruppo attraversa l'isola e trova una dimora nobiliare, grande e sfarzosa come un castello. È la villa di Klaus Wortmann. Julie rammenta subito che Klaus, sua moglie e il loro bambino sono scomparsi in un naufragio e considerati morti. La sorella di Klaus, Ruth, sconvolta dalla tragedia, non ha più ritrovato il senno. È proprio lei la donna in nero incontrata all'inizio della sventurata esplorazione dell'isola. Prima che i visitatori entrino nell'edificio, Ruth conforta Carol addormentata e si impicca.  
Alan e Arnold guardano fuori da una finestra e vedono che la barca si è avvicinata alla riva. I due vanno a cercare di recuperarla. Julie trova nella villa un diario semidistrutto, da cui apprende che l'assassino è Klaus e che i corpi di tutte le sue vittime sono in una cripta. Alan e Arnold si separano e quest'ultimo raggiunge una chiesa abbandonata, dove trova Maggie e affronta Klaus, che in un flashback gli rivela la propria tragedia. Bloccato con la famiglia in una zattera alla deriva, Klaus ha cercato di convincere la moglie delle nacessità di mangiare le carni del figlioletto appena deceduto, in modo tale da avere più possibilità di sopravvivenza; la donna si è opposta ed è rimasta ferita dal coltello del marito, che ha subito ingurgitato la sua carne e quella del figlio. Arnold implora pietà per Maggie, ma il cannibale lo pugnala. Quindi strangola la donna incinta e la sventra, le strappa dall'utero il bambino non ancora nato e lo divora davanti agli occhi dell'uomo agonizzante. 
Intanto alla villa succede il disastro: Carol finisce con l'inciampare, morendo sul colpo con la gola recisa; Julie e Ariette si barricano in un soffitto, che finisce sfondato dall'antropofago. Ariette rimane uccisa, ma Julie riesce a far precipitare l'assalitore, che viene raggiunto e colpito da Alan, trovandosi l'addome squarciato da una picconata. Coi suoi ultimi barlumi di vita, il cannibale afferra i propri intestini sanguinolenti portandoli alla bocca e divorandoli, sotto gli occhi dei superstiti annientati!
 
 
Scene memorabili: 
 
L'esplorazione delle catacombe, tra corpi putrefatti e ratti dagli occhi rossi. Un'autentica discesa agli Inferi! 

Il ferale flashback di Klaus Wortmann, che vediamo alla deriva su un canotto giallo assieme alla moglie incinta e al figlio fulvo appena morto di stenti. La donna accarezza in modo insistente la testa del bambino estinto. L'uomo impugna un coltello (ne avevo uno simile, è andato smarrito). "No! Non puoi farlo, è nostro figlio!", geme lei. "È morto. Ora è solo cibo. Cibo per sopravvivere!", ribatte lui, che le caccia il coltello nel ventre, uccidendola. "Mangiami! Mangiami! Maledetto!", sono le ultime parole della moglie, mentre la vita la abbandona. Nella versione inglese "maledetto" è reso con "piece of shit"
 
Il feto estirpato dal ventre della Grandi, da cui non fuoriesce nemmeno una goccia di sangue, sembra un pallone gonfiato dipinto di rosso. Mentre viene masticato, permane nello spettatore l'impressione si tratti di una massa gommosa. L'effetto della sequenza è talmente ridicolo che con gli occhi di oggi non si riesce a comprendere come abbia potuto risultare tanto traumatizzante all'epoca da provocare le ire della censura. 
 
L'estrazione delle viscere dall'addome del cannibale moribondo, con conseguente masticazione! Il sangue rosso brunastro scaturisce a zampillo mentre il mostro si sfila l'intestino tenue. Poi si porta alla bocca il proprio tubo digerente e lo mastica con avidità. Gli occhi giallastri con la pupilla microscopica sembrano luminarie dell'Ade, tizzoni ardenti come quelli di Caronte! 

Recensione: 
La pellicola di D'Amato ha avuto nel corso degli anni un notevole impatto, guadagnandosi lo stato di film cult, anche se limitatamente all'audience dei video di horror di frangia. Gli effetti speciali sono rudimentali, ma questo non ha la benché minima importanza. Secondo Dyers (2015) il film ha raggiunto "un posto notevole negli annali dell'escalation del gore". Eppure secondo la rivista Delirium, questo sarebbe "un film che offre alcuni dei momenti più disgustosi della storia del cinema". Secondo la rivista Nocturno si tratterebbe di "un film controverso nel panorama horror italiano di quegli anni". E ancora: "A metà strada tra il cinema cialtrone di Bruno Mattei e quello più sofisticato di Lucio Fulci, chiaramente influenzato dalla politica del body count di certo slasher americano ma anche dalla visceralità del genere cannibalico di Ruggero Deodato e co., Antropophagus resta ancora oggi pellicola di difficile collocazione e indubbio interesse"

Una cosa colpisce subito: Antropophagus si distacca nettamente dagli altri film del genere horror cannibalesco per il fatto di non essere ambientato in Amazzonia o in Papua Nuova Guinea. Contro l'insulsa opinione corrente, che vuole il cannibalismo come un costume da "abbronzati" o comunque da "non bianchi", esso è vivo e vitale ai nostri giorni soprattutto in nazioni come la Russia, la Germania e l'Inghilterra. La pellicola di Joe D'Amato ha avuto il pregio di far meditare su questo tema, certo un po' scomodo ma reale come l'aria che respiriamo. Il cannibale può abitare nell'appartamento accanto, nel nostro stesso palazzo. Il cannibale non si può distinguere dal colore della pelle. Soltanto una cosa permette di individuarlo: quella particolare luce sadica che gli brilla negli occhi. Gli strizzacervelli potranno anche dire che si tratta di una "parafilia", di una grave alterazione psichica, di una tremenda quanto rara malattia, ma il fatto resta. Basti considerare un esempio. Armin Meiwes di Rotenburg an der Fulda non è liquidabile come un semplice demente. Era un uomo della porta accanto, dotato di grande intelligenza (è stato un tecnico di computer dell'Esercito Federale Tedesco), eppure a un certo punto ha preso contatto con un uomo profondamente masochista, lo ha incontrato, quindi con il suo consenso lo ha sodomizzato, castrato con un coltellaccio, fatto morire per dissanguamento, sgozzato, macellato e divorato. La realtà è che il cannibalismo è un istinto innato nella specie umana e ha un ruolo di primaria importanza nell'immaginario collettivo. Per quanto possa essere soppresso dal potere del Leviatano, non muore, non è mai del tutto estirpato, ma scorre come un fiume carsico sotto la crosta della normalità per poi eruttare all'improvviso nei contesti più inaspettati e menare strage! 

Curiosità tecniche

Le riprese, iniziate nell'aprile 1980, si protrassero in tutto per un mese. Il film, prodotto dall'appena fondata Filmirage di Joe D'Amato e Donatella Donati, fu girato in 16 mm e in seguito espanso in 35 mm. I luoghi delle riprese sono state molteplici: Atene, Sperlonga, Nepi, Sutri e Ponza per la maggior parte degli esterni; il Villino Crespi presso il Colosseo a Roma per gli esterni della villa Wortmann. Diversi interni sono stati girati a Sacrofano in una villa. La sagoma dell'isola greca infestata dal cannibale, avvistata dalla barca, è quella di Ponza. Sempre a Ponza, Cala Feola è proprio il porticciolo dove è stata ormeggiata la barca. 
 
Nella Catacomba di Santa Silvanilla a Nepi sono state girate le scene della grotta in cui imperversa l'antropofago; i resti umani nei loculi sono in parte stati simulati tramite molti teschi ed ossa di plastica affittati per l'occasione. Cosa deprecabile, questi posticci plastici sono stati mescolati in modo sacrilego a resti autentici. Secondo quanto affermato dallo stesso D'Amato, al termine delle riprese sarebbe stato commesso un errore ancor più sacrilego: le ossa autentiche, raccolte assieme a quelle finte, sarebbero state asportate per poi essere conservate nella casa del regista. Sull'autenticità di tutto questo non mi pronuncio, nonostante le parole di D'Amato in un'intervista pubblicata sulla rivista Notturno: potrebbe trattarsi di una semplice leggenda metropolitana diffusa per fare maggior pubblicità al film.  
 
Il film prevedeva un'interessante sequenza in cui Klaus Wortmann sgozzava Zora Kerowa con un coltello, facendola cadere a terra su un mucchio di cadavaveri pieni zeppi di cagnotti. La scena fu effettivamente realizzata, ma purtroppo dovette essere tagliata in fase di montaggio; secondo l'opinione corrente questo accadde a causa di problemi tecnici non meglio specificati con gli effetti speciali. Si segnala anche il tagglio di un'altra scena, in cui uno dei ragazzi in barca, intento a pescare, recuperava dal mare una scarpa che si rivelava contenere un piede mozzato. Tuttavia questa sequenza soppressa è stata in seguito recuperata e la si trova nei contenuti extra del Blu-ray 88 Films. 
 
I ratti grigi razzolanti nelle catacombe sono di una particolare varità, denominata "marten rat" (alla lettera "ratto martora") o "red eyed devil" (alla lettera "diavolo dagli occhi rossi"). Il loro aspetto particolarmente spettrale si deve all'assenza di melanina nelle pupille, che conferisce il tipico color rubino, dovuto al sangue che scorre nei capillari.
 
Il famigerato feto divorato dall'antropofago fu realizzato usando un coniglio scuoiato a cui era stato applicato un budellino per simulare il cordone ombelicale. Nel Regno Unito le autorità credettero assurdamente che si trattasse di un autentico feto umano ucciso per l'occasione, classificando Antropophagus come un autentico snuff movie e di conseguenza vietandolo. Il bando durò a lungo. Secondo questi emeriti minchioni, George Eastman sarebbe stato un vero e proprio cannibale, e magari avrebbe anche immolato il feto a Satana prima di sbranarlo. 
 
La prima proiezione nelle sale si ebbe in Italia il 17 ottobre 1980. La Papua Nuova Guinea, in cui non mancano i consumatori di carne umana, fu il secondo Paese in cui uscì il film, il 17 ottobre 1980; a pochi giorni di distanza uscì in Grecia, il 21 ottobre.  
 
Un genocidio in un'isola microscopica 
 
Un'incoerenza che salta subito agli occhi è la sproporzione tra le dimensioni esigue dell'isola e il grande sviluppo dell'edificato, reso deserto dal cannibale, ma un tempo molto popoloso. Inutile dire che nella realtà non sarebbe mai possibile una concatenazione di eventi come quella narrata dal regista. L'artifizio scenico delle comunicazioni rese impossibili da un guasto è semplicemente patetico. Non mi pare plausibile che un'isola tanto ricca di abitanti possa finire desolata da un mostro senza che ci sia l'intervento dell'esercito. Se l'isola è poco più di uno scoglio sperduto nell'Egeo, come mai vi sorge un'imponente dimora nobiliare come quella della famiglia Wortmann? Possiamo dire che tutta la trama è di una fragilità logica molto spinta. 
 
 
Cannibalismo zombesco! 
 
L'antropofago non è più un essere umano come tutti: l'atto di cibarsi della carne di suo figlio e di sua moglie ha trasformato la sua biologia, facendolo diventare uno zombie! L'idea portante è questa: nell'immaginario collettivo il consumo di carne umana è ritenuto uno dei massimi tabù, quindi un atto contro Dio e la Natura, gravido di terribili conseguenze. Chi lo compie è bollato con un marchio satanico, proprio come il vampiro. Sembra ancora il Mito di Wendigo, che era diffuso tra gli Algonchini. A differenza dei loro vicini Irochesi, gli Algonchini ritenevano tabù l'antropofagia e cercavano di sublimare gli incubi provocati dal suo desiderio proibito incarnandoli in una creatura spaventosa. Il Wendigo era rappresentato come un umanoide irsuto, dotato di immensa forza, velocità e immortalità. Si credeva che queste proprietà sovrannatuali gli fossero conferite proprio dall'ingestione di carne umana. Lo zombie di Antropophagus non è diverso: letale quasi come uno xenomorfo, porta l'annientamento dovunque vada, spopolando l'isola. La realtà dei fatti è molto diversa: la carne umana di per sé non è poi tanto diversa da quella di porco e la sua ingestione non porta alcuna alterazione ontologica in chi se ne nutre. La sindrome cannibalica si scatena a causa di fattori ben più complessi. Se un uomo viene ingannato e mangia carne umana credendola di porco, non si trasformerà in un mostro. Per contro, la metamorfosi in cannibale può avvenire prima ancora di aver ingerito un pasto di carne umana, come se qualcosa di demoniaco si insediasse nel corpo e ne prendesse il controllo, determinandone le azioni. 
 
Altre recensioni e reazioni nel Web: 
 
Viene in generale riconosciuta la mancanza di coerenza logica della trama. Si trovano sia recensioni negative che debolmente positive; non sembrano essere molto comuni i giudizi entusiastici su quest'opera di D'Amato. Gli aggettivi più comunemente usati per etichettare Antropophagus sono questi: "sopravvalutato", "trascurabile", "prevedibile". Ecco un po' di davinottismo spicciolo: 
 
   
Carlitos scrive: 
 
"Un horror sopravvalutato. L’unica cosa che si salva è la musica di Giombini: molto inquietante, quasi mette più ansia delle scene stesse. Per il resto un cast di poco noti fuorché la Grandi. Bella la scenografia. Ritmo molto lento e noioso. Delle scene si salvano solo il finale e la celebre scena del feto. Chissà perché c’è una sorella di Mia Farrow in questo discreto horror. D’Amato sa fare di meglio.
MEMORABILE: La musica che ascolta Mark Logan a inizio film con tanto di enormi cuffiettone." 

Whitesnake scrive: 

"Abbiamo un tizio che rimasto troppo tempo in solitudine al largo in un'isola, dopo aver ucciso sua moglie scopre cibandosene un'attitudine al cannibalismo. Ne farà le spese un gruppo di ignari turisti. Nella parabola del cinema di genere italiano questo film rimane tra quelli trascurabili. Storia di per sé inconsistente e che funge da puro pretesto per un'ondata di splatter pornografico, il tutto corredato da una messa in scena che è poca cosa. Tra le tante crudezze gratuite, la scena dell'estirpazione del feto risulta davvero pessima." 

Anthonivm scrive: 

"Uno dei rari casi in cui D'Amato rinuncia al binomio eros & thanatos e mette in scena un horror "puro". Se da una parte cala la componente sessuale, dall'altra si eccede con la violenza, che è anche la ragione per cui questo titolo è ricordato dagli appassionati. La trama è molto esile, richiama altri film della decade precedente (Perché il dio fenicio continua a uccidere è un esempio), ma è ben costruito e ricco di sequenze memorabili che hanno fatto la storia del genere. Noiosetto nella prima parte, rimonta alla grande nella seconda metà." 
 
Buiomega71 scrive: 
 
"Piuttosto zozzo e malsano, ma anche girato alla meno peggio. Lo zio Aristide sopperisce ai limiti di budget e più che la bassa macelleria con feti e budelli estirpati conta molto la putrida atmosfera, che sia di un villaggio fantasma greco, delle grotte, del cimitero, di magioni polverose, lampi e tuoni, sole battente in mare aperto, cantine sudice con botti contenenti sopravvisute. Massaccesi mutua lo slasher americano e crea un disturbante apologo apocalittico cannibalico (con schegge impazzite quasi da post atomico). Marciscente e lurido quindi cult.
MEMORABILE: Eastman, nel flashback, naufrago impazzito sul canotto, in mare aperto e sole a picco, con cadavere di moglie e figlioletto, non si scorda più..." 

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