ERUZIONE SPIRITUALE
Stazione di Milano Greco Pirelli. Una stridula voce esce da un altoparlante. Treno in transito sul binario 3, allontanarsi dalla linea gialla. Mi sembra di essere lì in attesa sulla piattaforma da tempo immemorabile, nella vana attesa di un convoglio che mi riporti a casa. Giro intorno a un punto invisibile sulla superficie scabra della piattaforma, percorrendo una traiettoria circolare. Per un attimo immagino come sarebbe se tutte le persone in stazione facessero come me. L’immagine che si forma nella mia mente provata è semplicemente esilarante. Centinaia di persone, tutte che ballonzolano intente nella loro danza di follia. È chiaro, qualcosa in me non va. Il treno annunciato si avvicina a velocità incredibile, quasi come un missile, emettendo un rumore tonante. Tutto accade nel giro di poche frazioni di secondo. Sorge in me una tensione incoercibile. L’impulso di gettarsi sul binario, di porre termine alla mia esistenza in quel modo così rapido e devastante. Il tempo stesso mi appare dilatato, si espande in un nero oceano di eternità. Tutto sarà improvviso: un istante prima la mia esistenza afflitta da ridicoli assilli, e all’improvviso la mia prigione corporale ridotta a un ammasso di carne sanguinolenta. Poltiglia rossa che unge le rotaie come un lubrificante. Vedo la scena con un anticipo minimo, appena discernibile. Poi ecco la causa di tutto che si manifesta nella sua insondabile alienità. Un tentacolo candido, fatto di puro flusso energetico. Proprio così. Un lampo bianco simile a un tentacolo di piovra scaturisce da un’improvvisa fessura nell’osso temporale. Si agita e guizza. Cambia forma. A tratti sembra una lucertola albina in preda alle convulsioni, poi si scompone in una selva di fulmini e si intreccia di nuovo in una struttura solida. Sono allibito. Tutto mi è chiaro. Lo Spirito vuole fuggire dal suo carcere. Ha trovato un punto debole e ne approfitta. Il suo moto è regolato da qualche gradiente sconosciuto, che lo guida verso l’alto, che lo porta a lasciare questa realtà degradata ed illusoria. C’è un Grande Cielo lassù, oltre gli estremi confini dimensionali del Continuum: è la sede dello Spirito, un mondo bianco di una vastità insondabile, vicino a noi ma al contempo separato dal più profondo dei baratri. Con mia enorme sorpresa, non identifico me stesso con quell’escrescenza luminosa che si riversa fuori dal mio cranio e sale, come un rivolo di spumante che erutta da una botte forata. Quello con cui mi identifico è invece l’anima corruttibile, il rimescolarsi del sangue nelle arterie, le tempeste elettriche che devastano il mio encefalo ferito. Poi il DNA prende il comando di tutto e rintuzza quella cosa bianca. Il prevalere del brulichio genomico è ferreo, assoluto. Attiva un constraint di sopravvivenza e invia ai muscoli del corpo un comando perentorio, spingendomi all’indietro, lontano dal binario. Stravolto, osservo il treno sfrecciare via come un bolide d’acciaio. Sono un bagno di sudore freddo e tremo. Cosa mi ha salvato dalla fine? Contemplo in preda al terrore cieco i frammenti del mio paradigma spezzato. Devo arrendermi all’evidenza. Quella cosa, che chiamo Spirito, non è consapevole come ho sempre creduto. Non è pensiero né razionalità. Tutto ciò che penso, che sento e che vivo è un prodotto della mia oscena biologia. I miei stessi dogmi spiritualisti cesseranno con il trapasso. Se la mia struttura biologica nel suo insieme è l’hardware, il software è la mia anima corruttibile formata dal sangue, dai neuroni e dalle sinapsi. Lo Spirito è la corrente elettrica che alimenta la macchina.
Marco "Antares666" Moretti
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