I GLORIOSI MARTIRI DI MONTSÉGUR
Una luce imperitura nell'Inferno del mondo
Montségur è un piccolo paese dell'Ariège famoso in tutto il mondo per il suo castello, sito a 1207 metri sul livello del mare. Il suo nome deriva dal latino Mons Securus, ossia Monte Sicuro, e deve la sua ragione al fatto di descrivere un sito difficilmente accessibile: si trova proprio sulla cima di un'altura rocciosa (pog in lingua occitana). Fu il teatro dell'estrema resistenza dei Catari in quell'impervia regione dei Pirenei, il simbolo stesso della fulgida e irriducibile lotta di una Fede pura condannata dai poteri maligni delle nazioni.
I castelli pirenaici furono progettati come luoghi di guardia, ed erano formati da singole torri edificate su dirupi inespugnabili. Erano adatti all'invio di segnali luminosi, che potevano essere scorti anche a grande distanza. Il questo modo nacque Montségur, senza alcun particolare di rilievo rispetta a molte altre fortezze della regione. In un secondo tempo, intorno alla torre sorsero le mura, atte ad offrire rifugio a guerrieri e alla popolazione civile. Fu così che questa torre originaria fu chiamata mastio (maschio), mentre venivano aggiunte sempre nuove strutture abitative e di stoccaggio di generi alimentari.
I castelli pirenaici furono progettati come luoghi di guardia, ed erano formati da singole torri edificate su dirupi inespugnabili. Erano adatti all'invio di segnali luminosi, che potevano essere scorti anche a grande distanza. Il questo modo nacque Montségur, senza alcun particolare di rilievo rispetta a molte altre fortezze della regione. In un secondo tempo, intorno alla torre sorsero le mura, atte ad offrire rifugio a guerrieri e alla popolazione civile. Fu così che questa torre originaria fu chiamata mastio (maschio), mentre venivano aggiunte sempre nuove strutture abitative e di stoccaggio di generi alimentari.
Non si deve dar credito alle voci che vogliono il castello di Montségur come luogo di un improbabile culto del Sole ereditato da un remoto passato celtico. Il Catarismo riteneva la luce del sole come un elemento temporale al pari di ogni altra componente dell'universo materiale, quindi opera di Satana. Qualcuno ha ipotizzato la sopravvivenza nella zona di comunità pre-catare, parlando di residui di Druidismo o addirittura di Manichei sopravvissuti dall'epoca imperiale. ma non si hanno testimonianze attendibili a questo proposito, cosicché queste voci vanno relegate al rango di mere illazioni. Montségur divenne un estremo avamposto del Catarismo nel terzo e nel quarto decennio del XIII secolo, quando molti Buoni uomini in fuga dall'Inquisizione vi furono accolti assieme a cavalieri erranti e a feudatari i cui beni erano stati espropriati dalla Chiesa di Roma per le loro simpatie eterodosse.
La situazione precipitò nel 1242, quando il 28 maggio ad Avignonet due inquisitori furono assaliti di notte e massacrati a colpi di scure con il loro seguito. Da quello che fu accertato, gli incursori che avevano ucciso i frati oppressori provenivano proprio da Montségur. Questa temeraria impresa ebbe un grandissimo impatto, e diede speranza al popolo occitano di liberarsi dal giogo straniero. Sorsero focolai di ribellione spontanea, ma la repressione fu durissima. A causa delle complicità del potere dei feudatari, il Conte di Tolosa Raimondo VII fu umiliato e scomunicato. Sotto la minaccia di una nuova e devastante crociata, i nobiluomini dovettero chinare il capo al potere del Re di Francia. Il destino di Montségur era segnato.
Riporto a questo punto un dettagliato resoconto del funesto assedio alla roccaforte dei Perfetti, preparato con grande cura dalla carissima Krak, che ringrazio di cuore:
- Nel maggio 1243, appena 15 giorni dopo la chiusura del concilio di Béziers, che decretò la definitiva e orrenda condanna a morte per il popolo Cataro, Ugo di Arcis, siniscalco di Carcassonne, condusse alcune centinaia di cavalieri francesi nella valle dell'Ariège, ai piedi della rocca di Montségur. Il castello, edificato in una posizione inacessibile, appariva conquistabile solo con un lungo assedio, lo si poteva prendere solo nel modo più orrendo ovvero per fame e per sete. L'abbietto siniscalco non aveva fatto i conti con l'astuzia e l'eroismo del popolo Cataro. La difesa della fortezza era affidata ad una guarnigione composta da un centinaio di uomini, tutti di fede Catara, tra cui alcuni cavalieri con i loro scudieri, sergenti e soldati, comandati dal signore del luogo, Raimondo di Perella, al quale era alleato un altro signore, Pietro Ruggero di Mirepoix. A queste forze regolari si aggiungevano circa 200 perfetti pronti a morire per la loro fede. Erano inoltre presenti il vescovo tolosano Bertrando Marty, quello del Razès, Raimondo Aguilher, e alcuni diaconi. Montségur era costituita principalmente da un maschio il cui pianterreno comprendeva una sala di circa cinquanta metri quadrati,contiguo ad una vasta cinta muraria di più di 500 metri quadri, in cui si trovavano i magazzini, le scuderie, le sali d'armi e le camere dei difensori.
L'estate del 1243 fu eccezionalmente calda e trascorse senza combattimenti, i difensori se ne stavano al fresco dietro le grandi mura mentre i "crociati" vagavano attorno alla fortezza in cerca di un po' d'ombra. In questi mesi le fila dell'esercito assediante aumentarono fino ad arrivare ad un numero esorbitante, si parlò di 10 mila effettivi. Ciò divenne un problema per gli approvvigionamenti, razziati costantemente nei villaggi vicini. Si diffuse il malcontento tra la popolazione, costretta ad alimentare suo malgrado un esercito invasore per cui non nutriva nessuna simpatia.
Quando iniziò a fare meno caldo, nel mese di settembre, vi furono brevi combattimenti all'esterno delle mura della fortezza.L'inverno si stava avvicinando e divennero sempre più frequenti le diserzioni nelle truppe francesi.
In ottobre Ugo di Arcis impiegò un distaccamento di mercenari baschi, uomini abituati agli scoscesi sentieri di montagna. Riuscirono a salire fino alla rocca, sulla stretta piattaforma sulla cresta orientale, poche decine di metri sotto il castello. Durante un combattimento persero la vita eroicamente il sergente Cataro Guiraud Claret e un cavaliere.
In novembre l'esercito francese ricevette nuovi rinforzi dal vescovo di Albi, Durando. Sotto la sua guida, sulla piattaforma fu costruito un potente marchingegno per lanciare pietre. Cominciò così un feroce bombardamento sulla palizzata di legno che proteggeva gli accessi al castello. Verso Natale i francesi riuscirono a raggiungere la torre orientale, attraverso uno stretto passaggio tra le rocce, suggerito da un infame abitante delle campagne circostanti. In gennaio alcuni seguaci dei Catari che vivevano in pianura inviarono loro un artigliere, Bertrand de la Vacalerie. Egli riuscì a scalare il picco di Montsegur senza essere visto dagli assedianti e sistemò in un barbacane una petraia efficiente quanto quella dei cattolici. Fu deciso d'inviare, un drappello di soldati esperti a distruggere la macchina da guerra. Nottetempo gli infami servi di Roma si arrampicarono giungendo ad un posto fortificato, collocato su un angolo della montagna. Sgozzarono all'istante le povere sentinelle, s'impadronirono del forte e senza alcuna pietà passarono a fil di spada tutti. I duelli di artiglieria, i tentavi di assalto degli assedianti durarono fino alla fine del mese di febbraio 1244.
All'alba del 28 febbraio 1244, quando ancora non si era levato il sole, Raimondo di Pereilla e Pietro Ruggero di Mirepoix, che avevano diretto giorno e notte, l'indomita difesa del castello, comparvero sulle mura e diedero l'ordine di suonare il corno... Era la dolorosa resa.
Per decenni quella fortezza protesa verso il cielo aveva rappresentato la loro nostalgia di anime imprigionate in un corpo di carne e sangue, mi inchino con rispetto e onore agli eroici e valorosi difensori di Montségur e della fede Catara. -
Saluti Krak
Le condizioni della resa comportavano la restituzione degli ostaggi, l'incorporazione della fortezza nelle proprietà della Chiesa Romana, il perdono per chi avesse abiurato e il rogo per chi fosse rimasto fedele alla religione Catara. Non solo i Perfetti si rifiutarono di abiurare, ma i cavalieri e le guardie chiesero di ricevere il Consolamentum, ben sapendo che ciò avrebbe comportato un'atroce agonia tra le fiamme.



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