NEMESI DI UN GENOCIDA
Dopo la terribile e sfortunata battaglia di Muret, nella quale trovò la morte l'eroico Pietro II di Aragona, la potenza di Montfort raggiunse il suo apogeo. Nel 1215 Tolosa fu invasa dalle truppe dei Francesi e la popolazione promise obbedienza al suo nuovo signore.
Occorre dire qualcosa sulle differenze tra il feudalesimo della Linguadoca e quello delle terre del Settentrione. Per le genti occitane, il vincolo tra una popolazione e il suo signore era una Convenenza, cioè un patto stipulato da ogni singolo individuo nei confronti del potere che serviva. La natura reciproca della lealtà che questo rapporto comportava era indicata con il termine Parage. Invece per i Francesi il patto feudale era tra la comunità nel suo insieme e il signore, che non aveva quindi nessun obbligo nei confronti dei singoli individui e poteva pertanto comportarsi come uno schiavista. La più sanguinaria e iniqua di tutte le Crociate, l'unica che oppose cristiani ad altri cristiani, mise in risalto le insanabili differenze tra la cultura settentrionale e quella meridionale. È stato più volte notato come non potesse esserci alcuna comprensione tra gli Occitani e i Francesi.
Il tiranno Montfort non poteva assolutamente capire cosa l'obbedienza volontaria dei Tolosani potesse significare. Sospettava dovunque tradimenti e complotti. Così non tenne in minimo conto l'umanità dei suoi sottoposti, e iniziò a umiliarli, a spogliarli, a deportare i notabili e ad ucciderli. Questo provocò la reazione delle genti di Tolosa. Di fronte alla rapace crudeltà del feudatario normanno non poteva esistere parola di un qualche valore. Ogni vincolo fu così automaticamente considerato decaduto ed ebbe inizio l'insurrezione. Raimondo VI, l'antico signore della città, venne richiamato, e i crociati iniziarono subito l'assedio.
Riporto a questo punto la splendida e toccante narrazione della carissima Krak, che ringrazio di cuore per questo suo contributo:
Nell'estate del 1217, facendo rientrare Raimondo VI il Vecchio dalla Spagna, il Dio dei Buoni Spiriti vegliò sulla regione di Tolosa. Il nobiluomo venne accolto calorosamente dal Conte di Comminges, con il quale aveva già combattuto contro Montfort e da altri signori, tra cui il giovane conte Ruggero Bernardo di Foix e Aimerico di Castelnau.
Qualche mese dopo, nel settembre dello stesso anno, indomito conte, alla testa del suo esercito avanzò verso Tolosa. I cavalli nitrirono l'eco del loro galoppo si propagò nella valle. A La Servetat l'avanguardia si scontrò con un gruppo di sostenitori dell'orrido Montfort. Nel giro di pochi minuti si scatenò una gran mischia. Nei prati s'ingaggiarono feroci corpo a corpo. Da entrambe le parti si fendè, si fecero a pezzi i nemici e li si sgozzò. Alla fine ebbero la meglio gli uomini di Raimondo. Marciando a tappe serrate proseguirono il loro cammino. Approfittando dell'assenza di Montfort l'esercito del conte di Tolosa entrò in città. La popolazione ebbra di felicità corse ad accoglierlo urlando - "Fuori dalle mura, soldatacci del signor Ipocrita! (Montfort). Fuori, la sua brutta razza e la sua brutta genia! Ormai Dio ci ama e il nostro conte esiliato torna da noi. Gloria a lui! Gloria ai suoi cavalieri! Gloria ai prodi di Tolosa!"-. E ognuno, impugnando bastoni, coltelli, lance e pietre, andò per le strade, a braccare i francesi, che stanati vennero fatti a brandelli. Era da così tanto tempo che i tolosani aspettavano il momento di scuotere il giogo dell'uomo che aveva rubato il titolo a Raimondo VI. Avvertito da un messo fece rientro in città Guido, figlio dell'infame conte. Immediatamente gli squadroni si disposero in ordine di battaglia, suonarono le trombe, brillarono le spade _ "Il Conte di Foix si batte come un lupo... Giavellotti, mazze d'arme, spade dal filo tagliente, pietre frecce appuntite e quadrelli di balestre piovono come mortali chicchi di grandine... molti soldati crociati cadono nella polvere, la schiena spaccata le membra a pezzi..."-. Al calar della sera la battaglia era conclusa il nobile e valoroso conte Raimondo aveva vinto. I difensori radiosi trascinarono i loro prigionieri per le strade e li impiccarono con corte corde agli alberi.
Così appellerà la loro sconfitta Guido di Montfort (fratello di Simone)-"... i Tolosani non hanno forse un giorno chiesto grazia, l'avete dimenticato? Se mio fratello avesse avuto una qualche vera nobiltà e avesse loro aperto le braccia invece di fare il tiranno sanguinario, non saremmo a questo punto..."-.
Dopo aver cavalcato giorno e notte il messaggero partito dalla città giunse nella valle della Drome dove si trovava l'infame Montfort. Egli venne a conoscenza dell'eroico arrivo di Raimondo. Appresa la notizia l'ignobile conte fece radunare l'esercito e marciò verso la Linguadoca. Rivoleva la città ad ogni costo. Cavalcò giorno e notte senza sosta. A Baziége incontrò il cardinale legato Bertrando, uomo assai crudele -" ...da quando l'ha ripresa il suo antico signore, Tolosa si crogiola nei peccati dell'inferno. Schiacciatela senza pietà e farete cosa gradita a Dio. Prendetela saccheggiatela... uccidete senza quartiere, nel più profondo delle chiese, degli ospedali, dei luoghi sacri, uccidete, messer conte...non vi è alcun innocente in questa città, potete senza scrupolo insanguinare le vostre armi"-. Queste parole criminali del legato scateneranno il massacro. Sopra i bastioni, gli arcieri, al riparo di strette feritoie, prepararono le freccie, in basso le donne spingevano pesanti carriole cariche di pietre, sulle mura fluttuavano al vento gli stendardi dorati della casa di Tolosa e quelli vermigli di Comminges. I due eserciti si trovarono l'uno di fronte all'altro, a malapena separati dalle lizze e dai fossati che circondavano la città. Montfort e i suoi furono accolti da una pioggia di proiettili scagliati con l'ausilio di potenti petriere. Dritto in piedi sui bastioni, il conte Bernardo di Comminges reclamò una balestra, venne preparata, consegnata, la caricò con un appuntito dardo d'acciaio, mirò lentamente al cavaliere nemico che comandava l'attacco, che altri non è che Guido di Montfort, scoccò la freccia che trapassò il petto del soldato da parte a parte, nonostante l'usbergo. "...eccovi il benvenuto nella mia contea..."-. "Dappertutto non vi sono che armature e scudi spezzati, cavalieri con smorfie di dolore, fianchi squarciati, braccia e mani spezzate, gambe recise dal corpo, petti trafitti, elmi tutti ammaccati, carni a pezzi, tritate, teste che si perdono gli occhi, rivoli di sangue che zampillano da piaghe vive... Il campo è rosso e bianco di crani spaccati..."- L'ignobile Montfort finalmente scoprì l'amaro sapore della sconfitta. Nella sua tenda schiumò di rabbia.Convocò immediatamente un consigio di guerra... Tra i suoi fedelissimi parlò Alano di Roucy -"... l'arroganza, la superbia, la sete di potere hanno mutato gli angeli in serpenti... il desiderio di vendetta, il disprezzo che avete per la gente, il vostro orrore per il perdono e gli oscuri demoni all'opera nella vostra anima... Pare che il nostro Divino Padre che governa il mondo detesti fortemente la vostra malvagia idea di distruggere Tolosa e massacrarne la popolazione. Il signor cardinal ci vuole convincere a essere duri, feroci spietati. Combattete ci dice, senza curarvi della morte, vi prometto in Cielo assoluta beatitudine! Mille grazie, monsignore, di trattarci come santi. Ci volete in gloria? Ne siamo commossi: Ma siete troppo buono... Davvero troppo: tutti sanno che i beni dei defunti vi finiranno in tasca. E allora che Dio mi perda... se rischierò nuovamente il mio sangue per questa città"-. Per il siniscalco Gervasio, attaccare Tolosa che trabocca di valorosi, con un esercito di sciancati come quello di Montfort che aveva appena perso 160 uomini e lamentava altrettanti feriti era pura follia. Propose di chiudere tutte le vie d'accesso alla città e di costruire una nuova fortificazione. Sin dal giorno dopo ci fu grande attività al campo degli assedianti. Dopo mesi di lavoro, verso la fine del 1217, venne alla luce la "Nuova Tolosa". Conclusa l'"opera" i baroni francesi fremevano per una nuova incursione. All'alba di un freddo mattino di febbraio del 1218 i cavalieri di Montfort si prepararono ad agire. I soldati di guardia alla città dettero l'allarme. Cavalieri e soldati balzarono dal letto, afferrarono le armi e si precipitarono in strada. Ovunque risuonavano le trombe, si brandirono alti gli standardi della casa di Tolosa, il cui esercito guidato dal valoroso Bernardo di Comminges, uscì dalle porte della città. Monfort accompagnato dal figlio spronò i suoi alla carica.-"... I francesi cercano di protteggersi dal diluvio di spade, cadono nei fossati sotto i colpi massacranti, o scappano in un fuggifuggi generale, abbandonando i morti...la mischia si scioglie. Non v'era arto nè corpo che non sanguini o soffra, o zoppichi, o gema. Gli uomini di Tolosa ritornarono ai loro bastioni cantando allegramente vittoria..."-. Montfort incredulo rientrò al Castello Narbonese. Trascorsero i mesi e a poco a poco finì l'inverno. Nell'aprile 1218 mentre gli assedianti tenevano un consiglio di guerra, gli assediati si piazzarono davanti al campo dei "crociati". Vedendoli smisero di discutere e si spaventarono, tutti presero le armi e indossarono la corazza. In pochi istanti il suolo si ricoprì di brandelli di carne, teste che rotolavano sanguinanti e budella sparse.-" Le folle nemiche con gran fragore si mescolano...numerosi cavalieri giacciono a Montoulieu, sul periglioso prato dove l'erba è più rossa di sangue nuovo..."-. Gli scontri durarono per tre o quattro settimane. Giunsero dei nuovi rinforzi tra le fila dei "crociati". L'ultimo assalto era imminente. I Tolosani tennero un consiglio plenario per organizzare la difesa. All'alba il mostruoso Montfort fece svegliare i baroni, che si equipaggiarono e si dispiegarono nei campi circostanti. Suonarono i corni. I difensori dietro i merli, osservarono i francesi, divisero le loro forze in due compagnie uguali una comandata dal conte di Comminges che doveva proteggere le mura e le lizze di difesa l'altra sotto gli ordini di Ruggero Bernardo di Foix uscì dalla città e si appostò sugli argini della Garonna. Ben presto s'ingaggiò battaglia. Gli eroici difensori resistettero, scompaginando le fila nemiche, che si dettero alla fuga. Nelle settimane successive seguirono consigli di guerra da entrambe le parti.
Poi la mattina del giorno di san Giovanni Battista, il crudele Montfort si vestì da capo a piedi e s'apprestò a dare l'assalto. -" Comincia il grande assalto. Quando l'astro del giorno si leva al di sopra delle lontane montagne, si legge l'angoscia sui volti degli abitanti di Tolosa. Durante la notte, di ritorno dall'Aragona, era entrato con discrezione nella città, il giovane conte Raimondo VII. Una gioia immensa invase i tolosani vedendo in lui colui che abbatterà la belva feroce. Subito ingaggiò battaglia sulla sponda sinistra della Garonna incalzò, malmenò gettò in acqua molti francesi...alla fine i "crociati" malconci si ritirano per l'ennesima volta. Montfort riunì di nuovo i suoi baroni. L'indomani mattina all'alba risuonarono le trombe e le chiarine i suoi soldati spinsero la gatta col suo trabocco sotto le mura della città. Prontamente i difensori partirono al contrattacco bombardando la macchina da guerra. Un primo proiettile, fendè l'aria e si abbattè sul tetto di legno devastandolo. Il malefico conte diede l'ordine di ritirata ma era troppo tardi una seconda palla la distrusse completamente. Nel campo dei tolosani, Roberto di Salventine tirò le somme della giornata"... i pedoni sono stati sistemati sulla scacchiera e dobbiamo dare scaccomatto... sapremo presto chi regnerà domani sul trono tolosano... avanti compagni è la nostra ultima battaglia... e quando domani qualcuno dirà Tolosa, si odrà Onore..."-. Alla nuova alba gli assediati sono i primi ad alzarsi e ad attivarsi. I balestrieri e gli arcieri corrono ai fossati e alle lizze. È la battaglia finale.... I difensori escono da dietro le mura repentinamente le loro mazze, le loro lance e le spade vibrarono sull'elmo dei cattolici. -"... tenete ferme le armi...colpite ai garretti...morte al potere diabolico". La zuffa è generale, i baroni francesi uscirono dai loro ripari, precipitandosi a cavallo nella mischia. Mani, teste, braccia cadono nella polvere arrossata dal sangue vermiglio degli agonizzanti. Monfort si trovava al castello Narborese, uno scudiero andò a cercarlo"... la devozione vi rovina... piombate nel disastro: i tolosani massacrano i vostri baroni. Se dura questa carneficina per voi è la fine..."-. L'orrido conte impallidì. Arrivarono alcune centinaia di soldati ne prese la testa suonarono i corni e le trombe. Un arciere, appostato su un parapetto, scorse Guido di Montfort, tese l'arco e lo colpì al fianco sinistro. Il dardo trafisse la veste, conficcandosi nella carne, il sangue gli sgorgava copioso colandogli sulle braghe. Agonizzante si diresse verso il fratello. Nel frattempo alcune eroiche donne di Tolosa, che manovravano una petriera sul cammino di ronda, videro Montfort e tirarono in quella direzione - "La pietra cadde direttamente dove occorreva; essa colpì il conte sull'elmo d'acciaio così forte che gli spezzò gli occhi, il cervello, i denti di sopra, la fronte e le mascelle; il conte cadde a terra molto insanguinato e livido"-.
Il mostro era morto... il Dio dei Buoni Spiriti aveva vegliato su Tolosa. Mi inchino con profondo rispetto agli eroici difensori di Tolosa e della Fede Catara. -
Saluti
Krak
Poi la mattina del giorno di san Giovanni Battista, il crudele Montfort si vestì da capo a piedi e s'apprestò a dare l'assalto. -" Comincia il grande assalto. Quando l'astro del giorno si leva al di sopra delle lontane montagne, si legge l'angoscia sui volti degli abitanti di Tolosa. Durante la notte, di ritorno dall'Aragona, era entrato con discrezione nella città, il giovane conte Raimondo VII. Una gioia immensa invase i tolosani vedendo in lui colui che abbatterà la belva feroce. Subito ingaggiò battaglia sulla sponda sinistra della Garonna incalzò, malmenò gettò in acqua molti francesi...alla fine i "crociati" malconci si ritirano per l'ennesima volta. Montfort riunì di nuovo i suoi baroni. L'indomani mattina all'alba risuonarono le trombe e le chiarine i suoi soldati spinsero la gatta col suo trabocco sotto le mura della città. Prontamente i difensori partirono al contrattacco bombardando la macchina da guerra. Un primo proiettile, fendè l'aria e si abbattè sul tetto di legno devastandolo. Il malefico conte diede l'ordine di ritirata ma era troppo tardi una seconda palla la distrusse completamente. Nel campo dei tolosani, Roberto di Salventine tirò le somme della giornata"... i pedoni sono stati sistemati sulla scacchiera e dobbiamo dare scaccomatto... sapremo presto chi regnerà domani sul trono tolosano... avanti compagni è la nostra ultima battaglia... e quando domani qualcuno dirà Tolosa, si odrà Onore..."-. Alla nuova alba gli assediati sono i primi ad alzarsi e ad attivarsi. I balestrieri e gli arcieri corrono ai fossati e alle lizze. È la battaglia finale.... I difensori escono da dietro le mura repentinamente le loro mazze, le loro lance e le spade vibrarono sull'elmo dei cattolici. -"... tenete ferme le armi...colpite ai garretti...morte al potere diabolico". La zuffa è generale, i baroni francesi uscirono dai loro ripari, precipitandosi a cavallo nella mischia. Mani, teste, braccia cadono nella polvere arrossata dal sangue vermiglio degli agonizzanti. Monfort si trovava al castello Narborese, uno scudiero andò a cercarlo"... la devozione vi rovina... piombate nel disastro: i tolosani massacrano i vostri baroni. Se dura questa carneficina per voi è la fine..."-. L'orrido conte impallidì. Arrivarono alcune centinaia di soldati ne prese la testa suonarono i corni e le trombe. Un arciere, appostato su un parapetto, scorse Guido di Montfort, tese l'arco e lo colpì al fianco sinistro. Il dardo trafisse la veste, conficcandosi nella carne, il sangue gli sgorgava copioso colandogli sulle braghe. Agonizzante si diresse verso il fratello. Nel frattempo alcune eroiche donne di Tolosa, che manovravano una petriera sul cammino di ronda, videro Montfort e tirarono in quella direzione - "La pietra cadde direttamente dove occorreva; essa colpì il conte sull'elmo d'acciaio così forte che gli spezzò gli occhi, il cervello, i denti di sopra, la fronte e le mascelle; il conte cadde a terra molto insanguinato e livido"-.
Il mostro era morto... il Dio dei Buoni Spiriti aveva vegliato su Tolosa. Mi inchino con profondo rispetto agli eroici difensori di Tolosa e della Fede Catara. -
Saluti
Krak
La morte di Simon de Montfort segnò la disorganizzazione dei crociati. Il comando della guerra passò a suo figlio Amaury, che non aveva il suo fanatismo e la sua determinazione. La Chiesa Catara a Tolosa mantenne la sua struttura ben salda, al punto che ancora nel 1226 il Vescovo Bernard de Lamothe riunì nel Concilio di Pieusse un centinaio di Perfetti ed istituì la diocesi di Razès.
Si può vedere da tutti questi eventi che il Catarismo non ha mai predicato l'accettazione passiva degli eventi, la rassegnazione e l'inattività, come molti detrattori ancora credono.
I Buoni Uomini non incitavano mai alla violenza e alla guerra, ma al contempo è sempre stato dovere dei Credenti difendere la Chiesa di Dio dall'assalto delle forze del mondo, anche impugnando le armi e combattendo. In questo compito, molte vite sono brillate di una gloria che non conoscerà tramonto.




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