La città oggi nota come Desio era un borgo chiamato Deussio nel X secolo. In seguito sono comparse le varianti Deuxio e Dexio, dove -x- è meramente grafica per -ss-, -s-. Il suo nome non deriva la sua origine dal vocabolo latino Deus o dal greco Zeus, come pure è stato proposto da etimologi incompetenti. Tali derivazioni sono impossibili per motivi morfologici e fonetici. Qualsiasi persona con conoscenze anche esigue di latino e di greco capirebbe che in Deus e in Zeus la finale -s non fa parte della radice (basti considerare le forme declinate) e quindi non è possibile derivarne formazioni come *Deusius e *Zeusius, anche senza menzionare la presenza della consonante doppia nel toponimo antico. Un'etimologia popolare è senza dubbio anche quella che rimanda a Deusdedit, ossia "Dio diede". C'è tuttavia anche di peggio: per molto tempo è stata in auge una paretimologia delirante che riconduceva Desio al latino ad decimum, perché situato "a dieci miglia da Milano verso Como".
L'autentica etimologia del toponimo in questione è da una radice celtica che indica lo spirito immondo, documentata da Agostino d'Ippona come dusius "demone". Questa è la citazione (De Civitate Dei contra Paganos):
"Et quoniam creberrima fama est multique se expertos uel ab eis, qui experti essent, de quorum fide dubitandum non esset, audisse confirmant, Siluanos et Panes, quos uulgo incubos uocant, inprobos saepe extitisse mulieribus et earum appetisse ac peregisse concubitum; et quosdam daemones, quos Dusios Galli nuncupant, adsidue hanc inmunditiam et temptare et efficere, plures talesque adseuerant, ut hoc negare inpudentiae uideatu."
Anche Isidoro di Siviglia ne parla (Originum sive Etymologiarum):
"Pilosi, qui Graece Panitae, Latine Incubi appellantur, sive Inui ab ineundo passim cum animalibus. Unde et Incubi dicuntur ab incumbendo, hoc est stuprando. Saepe enim inprobi existunt etiam mulieribus, et earum peragunt concubitum: quos daemones Galli Dusios vocant, quia adsidue hanc peragunt immunditiam."
Nel celtico locale dell'Insubria doveva suonare *Deuđđios, dove -đđ- esprime un suono interdentale simile a quello dell'inglese thin, ma forte. Il termine è dalla radice indoeuropea *dhwes- "spirito". Il dusius di Agostino può rappresentare un diverso grado apofonico (se sta per /'dusius/ o /'du:sius/) o una forma tarda (se sta per /'du:ssius/. Il toponimo lombardo è ben compatibile con la forma cornica dus "diavolo" e con quella bretone teus "folletto", che conservando una sibilante devono derivare da una forma gallica con -đđ- (< *-st-). La vocale cornica u e il dittongo spurio bretone eu trascrivono entrambi il suono /y/, e questo deve derivare da un precedente dittongo: *douđđios. Si tenga conto che -eu- è nella lingua gallica un arcaismo, presto sostituito da -ou-, quindi anche da -o- /o:/ e da -u- /u:/, come dimostrato dall'attestazione di centinaia di antroponimi di epoca romana. Nel toponimo Deussio si è invece avuta la riduzione del dittongo -eu- in -e-, come è accaduto anche in un altro nome di luogo di chiara origine indoeuropea: Leucum, che è diventato Lecco.
Stessa etimologia ha l'inglese Deuce "Diavolo", che non è realmente dall'antico francese deus "due" (moderno deux) inteso come il punteggio dei dadi. Questa è soltanto una paretimologia o etimologia popolare, un tentativo del volgo e di studiosi ingenui di spiegare Omero con Omero. A riprova di questa origine celtica, si cita la presenza della forma ducius, evidentemente per dusius, che glossa alcuni vocaboli per indicare i demoni nel Promptorium parvulorum sive clericorum (anno 1440):
Bugge, or buglarde. Maurus, Ducius.
Thyrce, wykkyd spyryte. Ducius.
Thyrce, wykkyd spyryte. Ducius.
Ebbene, questo ducius è la fonte diretta di Deuce nell'accezione di Diavolo. Si noti che la grafia con la lettera c per /s/ si trova anche nella parola thyrce, che è direttamente dal protogermanico *þurisaz "demone": norreno þurs "gigante", gotico *þauris /'θɔris/, che si trova nell'antroponimo Thorismodus, ossia *Þaurismoþs "Ira del Demone".
Il termine celtico all'origine del nome di Desio si ritrova non solo in varietà dialettali del francese, ma anche nel romancio (dischöl "folletto" < *dusiolus), nel tedesco della Westfalia (dus "diavolo") e persino nel basco (tusuri "bestia").