lunedì 30 aprile 2018


IL PROFUMO DELLA SIGNORA IN NERO

Paese di produzione: Italia
Anno: 1974
Durata: 105 min
Lingua: Italiano
Titoli tradotti: 
   Germania: Das Parfüm der Dame in Schwarz
   Francia: Le Parfum de la dame en noir
   Brasile: O Perfume da Senhora de Negro
   UK: The Perfume of the Lady in Black
   Spagna: El perfume de la mujer de negro 
Genere: Thriller, orrore
Regia: Francesco Barilli
Soggetto: Francesco Barilli,
     Massimo D'Avack
Sceneggiatura: Francesco Barilli,
     Massimo D'Avack
Produttore: Giovanni Bertolucci
Casa di produzione: Euro International Films
Distribuzione (Italia): Euro International Films
Fotografia: Mario Masini
Montaggio: Enzo Micarelli
Musiche: Nicola Piovani
Scenografia: Franco Velchi
Costumi: Piero Cicoletti
Trucco: Manlio Rocchetti
Ispettore di produzione: Attilio Viti
Aiuto regista: Giorgio Scotton
Interpreti e personaggi   
    Mimsy Farmer: Silvia Hacherman
    Maurizio Bonuglia: Roberto
    Mario Scaccia: Signor Rossetti
    Jho Jhenkins: Andy
    Nike Arrighi: Orchidea
    Daniela Barnes (Lara Wendel): Silvia bambina
    Alexandra "Aleka" Paizi: Signora Cardini
    Renata Zamengo: Marta Hacherman, madre
          defunta di Silvia
    Roberta Cadringher: Antiquaria
    Sergio Forcina: Antiquario
    Gabriele Bentivoglio: Garzone del tassidermista
    Luigi Antonio Guerra: Collega di Silvia
    Carla Mancini: Elisabetta
    Donna Jordan: Francesca Vincenzi
    Orazio Orlando: Nicola
    Margherita Horowitz (non accreditata): Signora
         Lovati
    Aldo Valletti: Uomo della setta
    Ugo Carboni: Uomo della setta
    Renato Chiantoni: Luigi, il portinaio
Doppiatori originali    
    Vittoria Febbi: Silvia Hacherman
    Michele Gammino: Roberto
    Laura Gianoli: Francesca
    Lydia Simoneschi: Signora Lovati
Colonna sonora:
  1. Mimsy (2:46)
  2. Il profumo della signora in nero (2:07)
  3. Rondo' in Mib Magg. K371 (Mozart) (3:21)
  4. Mimsy (2:22)
  5. Silvia's Nightmare (1:53)
  6. Mimsy (3:26)
  7. Silvia (1:57)
  8. Mimsy End (1:37)
  9. Il profumo della signora in nero (2:09)
  10. Mimsy (1:41)
  11. Silvia (2:36)
  12. ll profumo della signora in nero (3:09)
  13. Scaring Little Girl (2:30)
  14. Il profumo della signora in nero (2:18)
  15. Scaring Little Girl (5:01)
  16. Mimsy (2:02)
  17. Scaring Little Girl (2:21)
  18. Silvia (1:39)
  19. Mimsy (1:38)
  20. Mimsy End (1:53)


Trama:

Silvia Hacherman è una splendida ashkenazita dalla fisionomia nordica e dai capelli biondissimi (solo alla fine si scoprirà che è tinta). Vive a Roma, dove dirige con entusiasmo un laboratorio chimico. Ha tutto ciò che una donna potrebbe volere dalla vita. Il suo fidanzato, Roberto, è un uomo assai prestante e dotato. Le pur brevi sequenze hot dicono molto sui loro rapporti: lui la cavalca con irruenza, leccandole con avidità gli orifizi dopo il coito e ingerendo il seme appena iniettato nel canale procreativo. Tuttavia, qualcosa nell'esistenza di Silvia non va per il verso giusto. A ossessionarla sono i ricordi della sua traumatica infanzia. Figlia di un marinaio, da bambina viveva con la madre. Questa, una fascinosa signora dalle chiome corvine, approfittando dell'assenza del marito si era tirata in casa un robusto energumeno dai tratti oltremodo grotteschi, tali da far apparire delicato anche il più rude ominide della più buia preistoria. Silvia è perseguitata da tremendi flash: vede il pitecantropo nell'atto di possedere carnalmente la madre, ancheggiando come un osceno priapo sempre martellante. Quando gli occhi del bruto incrociano quelli della bambina, si accende in lui una passione mostruosa. Così esce dalla vagina della donna e avanza verso la piccola Silvia, con il membro eretto e il volto stravolto dalla libidine più belluina. Lei non sta certo a subire violenza: afferra un paio di forbici e ferisce il mostro bucandolo sotto un occhio, facendolo arretrare urlante. Questo però non è tutto. Adirata con la madre, rea di essersi concessa a un uomo tanto ripugnante, la bambina la spinge giù dal balcone, facendola precipitare sulla ringhiera acuminata. La donna resta uccisa sul colpo. Proprio questo è l'atroce segreto che la bellissima Hacherman si porta dietro, anno dopo anno, cercando con ogni mezzo di seppellirlo negli antri dell'Oblio. Il punto è che non esiste sepoltura abbastanza profonda per simili aberrazioni, che risalgono come un cadavere gettato in una palude. Sconvolta dalla paranoia e dalla schizofrenia, Silvia non si rende conto che tutte le persone che la circondano nutrono nei suoi confronti attenzioni morbose e sospette. Il fidanzato, Roberto, ha sì un poderoso Schwanzstücker, ma non sembra capire quali voragini albergano nella sua donna: ha un comportamento molto futile in ogni occasione. Non lavorando e vivendo di rendita, il bellimbusto ha molto tempo libero. Accade così che un giorno invita Silvia a una cena per farle conoscere un caro amico, Andy, un elegante mandingo giunto dall'Africa. Questo Andy non è un selvaggio giunto dalla giungla. È un esponente dell'alta borghesia africana e un professore in una delle pseudoscienze più nocive: la sociologia. Silvia rimane colpita da un suo discorso sui riti stregonici, descritti come una realtà onnipresente e sinistra che pervade l'intero Continente Nero. Per Silvia è l'inizio di una discesa agli Inferi. Durante una partita a tennis con Andy, si punge un dito e non capisce che la ferita è il punto d'ingresso di un potente allucinogeno. La sua vita rimane sconvolta da orride visioni, così dense da sembrare reali. Si trova davanti a sé stessa da bambina, riuscendo a parlare e a interagire fisicamente con questa sua copia. In seguito fa la conoscenza di una sensitiva cieca che riesce a leggerle nel profondo dell'anima, minacciando di far emergere davanti a tutti gli orrori più reconditi. La situazione precipita, tanto che la povera Silvia arriva a credere di essere stuprata dall'energumeno, Nicola, e di averlo ucciso fracassandogli il cranio. Queste allucinazioni sono così destabilizzanti che in un crescendo la portano al suicidio. A questo punto si comprende una verità sconvolgente: tutti coloro che circondavano la morta erano adepti di una mostruosa setta cannibalica! Ci sono tutti, Roberto, Andy, l'anziano vicino petulante, la fiorista, la veggente cieca e molti altri. Rapiscono il suo corpo, lo denudano, lo collocano in un sotterraneo. Quindi il suo ventre, che un tempo tanti uomini avevano desiderato, viene squarciato da Roberto con un pugnale sacrificale. Andy strappa per primo un pezzo di fegato alla vittima, seguito da uno spiritato signor Rossetti che ne approfitta per abbuffarsi. Uno dopo l'altro, posseduti da una bramosia demoniaca, tutti immergono le mani nelle viscere della morta, prendendo ciascuno un boccone da ingurgitare. La medium si lecca le dita cosparse di sangue, persa in un sogno erotico. Finita l'orgia, la conventicola si disperde nelle tenebre dei cunicoli. 

 

Recensione:

Ritengo Il profumo della signora in nero un grande capolavoro horror e thriller. Purtroppo è stato a lungo sottovalutato dalla critica, che in non poche occasioni si è dimostrata più acida di un pastone gastrico. Soltanto in tempi più recenti hanno fatto la loro comparsa giudizi positivi. Girando nel Web mi sono imbattuto in una serie di recensioni, alcune molto stringate e puramente descrittive, altre più estese, che tuttavia sembrano tutte fotocopie dello stesso prototipo. L'argomento che ossessiona i critici a quanto pare è la supposta derivazione del film di Barilli da Rosemary's Baby (1968) di Roman Polanski. Sono considerate fonti di ispirazione anche Repulsion (1965) e L'inquilino del terzo piano (1976), sempre di Polanski, anche se le tesi addotte non mi sembrano molto convincenti. Altri recensori colgono differenze o analogie con qualche opera di Dario Argento, creduto il metro e la misura dell'horror. Sono esasperato da questo modo gratuito di commentare i film, come se esistessero sempre e soltanto in funzione di qualche legame esterno con opere ritenute più autorevoli. Gli argomenti che più interessano, ad esempio i riti africani e la natura della setta degli antropofagi, non vengono nemmeno sfiorati. Per molti sembra quasi un'ossessione la Roma deserta, estiva e straniante mostrata dal regista. Passa invece del tutto inosservato il carattere surreale dell'intera vicenda. Le allucinazioni che colpiscono Silvia, facendola sprofondare nel solipsismo, sono mostrate senza alcuna soluzione di continuità con la realtà dei fatti. In questo modo lo stesso spettatore non capisce nemmeno più cosa sia reale e cosa sia frutto della droga, perché gli organi di senso non percepiscono differenza alcuna nelle sequenze: soltanto l'inverosimiglianza degli accadimenti funge da campanello d'allarme. Notevole la scena in cui Silvia infrange l'immagine della madre sulla lapide, provocando la fuoriuscita di alcuni coleotteri neri - insetti di abitudini necrofaghe che non possono essere scaturiti dalla putredine contenuta nella tomba. Se devo essere sincero, sono molto scettico sull'esistenza di un allucinogeno in grado di provocare visioni indistinguibili dalla realtà di veglia, né credo che a Barilli interessasse davvero presentare qualcosa di plausibile. Trovo infine meritevole di nota la struggente colonna musicale, opera di un ottimo Nicola Piovani. 

 

Un conato di Africa reale in un mare di menzogne 

Senza rendersene conto, il sociologo Andy rompe un grande tabù. Parla delle grandi e moderne città dell'Africa. Si tenga conto che all'epoca in cui il film è stato girato, le convinzioni prevalenti in Italia sulla situazione dell'Africa subsahariana erano modellate dai mass media e dalla Chiesa Romana. Questi potentati avevano inculcato nelle plebi idee molto lontane dal vero. A sud del Sahara, a sentir la pretaglia e i giornalisti sciacalli, c'erano soltanto sconfinate foreste in cui vivevano poche tribù selvagge perennemente piagate da tremende carestie, dove nessuno poteva contare nemmeno su un boccone di pane. Nessuna nazione, soltanto villaggi. L'Africa era dipinta come un immenso lebbrosario, un luogo desolato in cui vegetavano soltanto bambini moribondi dal ventre gonfio di vermi. Nel '74 non si poteva dire, per nessun motivo, che nell'Africa Nera c'erano enormi metropoli con grattacieli svettanti. Quello di Barilli è stato forse un lapsus? Quale fosse la sua intenzione, di certo le parole sulle metropoli africane sono passate inosservate al pubblico e ai critici. Viene squarciato il velo su quella che giù allora era una realtà in turbolenta crescita, che avrebbe poi sversato in Europa le proprie eccedenze demografiche. Per sdrammatizzare, richiamiamo l'attenzione sull'uso della pubblicità occulta: il regista ci presenta Andy non lontano da una bottiglia di buon whisky J&B! 

 

Alcune note sull'esoterismo cannibalico 

Andy non è giunto in Italia su un barcone. Negli anni in cui il film fu girato non erano ancora iniziati i grandi flussi migratori dall'Africa. La presenza del bizzarro sociologo nel tessuto del film è dunque ancor più sorprendente. Un elemento incongruo, quasi erratico. Non dico che sia come vedere un marziano, anche se poco ci manca. Le chiavi di lettura della narrazione barilliana sono due. 

1) Andy è riuscito a trapiantare a Roma una setta di adoratori diabolici i cui riti sono eminentemente africani. Avrebbe quindi portato in Italia una realtà in precedenza sconosciuta.
2) Andy si è aggregato a una realtà autoctona, a dimostrazione che le sètte sataniche sono un fatto ubiquitario su questo pianeta, una realtà non etichettabile come esclusiva del contesto africano. 

La prima possibilità è quella che sembra più verosimile nel contesto del film. Si nota che a un certo punto Andy compare assieme ad alcuni suoi conterranei, che sembrano avere qualche ruolo nell'organizzazione settaria e nella sua diffusione. Anche la moglie del sociologo sembra svolgere una parte importante. Durante l'orgia cannibalica, è proprio Andy a porgere a Roberto il coltello con cui viene squarciato il cadavere della splendida Silvia Hacherman, svolgendo così un ruolo di primaria importanza. Secondo alcuni critici, il responsabile dell'attecchimento dei riti antropofagi a Roma sarebbe invece Roberto, uomo ambiguo e malvagio. La pellicola di Barilli non si sofferma troppo su questi aspetti cruciali. Resta un fatto a mio avviso grande come un macigno. Il cannibalismo non si trasmette come il raffreddore. Pur esistendo antropofagi in Europa, come in altre parti del mondo, il tabù nei confronti del consumo di carne umana resta fortissimo in gran parte della popolazione autoctona. Non è dimostrato che sia possibile spingere una persona che nutre orrore per gli atti cannibalici a desiderare di compierli. Ancor più difficile è pensare che gli abitanti di un condominio - tutti romani de Roma - possano essere convertiti in massa a una religione esoterica africana implicante ingestione di organi umani. Perché ciò possa avvenire, dovrebbero infatti adottare una visione della realtà e una religiosità a loro del tutto estranea. Fatte queste considerazioni, sono assai scettico sul presupposto centrale del film, che è la natura trasmissibile di riti cannibalici alloctoni. In questo senso, il finale mi pare allucinatorio quasi quanto la comparsa di Silvia bambina.


Le società segrete africane 

Senza dubbio è vero che in Africa esistono moltissime società segrete che praticano riti cruenti. In questa galassia di sètte, alcune hanno finalità politiche, altre hanno invece intenti di purificazione, altre ancora hanno tutte le caratteristiche di gruppi criminali. Non sempre è facile tracciare una linea di demarcazione. Resta però un fatto innegabile: queste sono organizzazioni la cui base è etnica. L'Africa subsahariana non è un fazzoletto di terra: comprende un enorme numero di popoli diversi tra loro. Così accade che ogni setta in genere inizia ai suoi riti soltanto membri della stessa etnia che costituisce la sua precipua ragion d'essere, potendo in taluni casi estendersi a qualche gruppo finitimo o arrivare a diventare tipica di una nazione. Solo per fare un esempio, si può citare la società dei Mau-Mau, una terribile setta politica che seminò il terrore in Kenya negli anni '50 fino ai primi anni '60 dello scorso secolo, combattendo una feroce guerriglia contro l'esercito britannico. Tra i Mau-Mau sono attestate pratiche atroci di cannibalismo e di tortura di animali: gli adepti erano convinti che sottoporre leoni e altre fiere a spaventose sevizie, bevendone il sangue, potesse trasfondere in loro forze soprannaturali, rendendoli invulnerabili alle pallottole. I Mau-Mau sono nati e cresciuti tra i Kikuyu, estendendosi soltanto in un secondo tempo tra gli altri gruppi tribali. In Congo esistono i seguenti gruppi settari: Nkamba, Nkanda, Nkimba (società religiose); Ikung, Malanda, Nda (associazioni sacerdotali); Mwaungu, Ngi (custodi di tabù e leggi); Ndembo, Mukanda (società di mutuo soccorso); Bweti (società politica). L'elenco è ben lungi dall'essere esaustivo. Se si volesse fare un censimento di queste associazioni nell'intero Continente Nero, sarebbe necessario compilare ponderosi volumi. Una trattazione a parte merita la religione voodoo, tipica dell'Africa occidentale ed esportata nelle Americhe nel corso dei secoli a causa della deportazione di un immenso numero di schiavi. Altamente esoterica e sincretica, questa religione mescola elementi cristiani a culti di demoni primordiali e pervade un grandissimo numero di sètte. Il potere del sangue versato vi riveste un ruolo fondamentale. La Nigeria attuale è tutta un brulicare di gruppi criminali di una violenza inenarrabile e impregnati di culti sanguinari di tipo voodoo. In genere si danno nomi inglesi e sono caratterizzati da una grande aggressività. Nel corso delle nostre vite assistiamo al preoccupante diffondersi di queste confraternite in Europa a causa degli imponenti flussi demici dall'Africa occidentale. Si può citare a questo proposito il caso raccapricciante di Pamela M. (RIP), del cui stupro e del cui smembramento sono stati accusati alcuni nigeriani. Non è assurdo ipotizzare l'appartenenza degli assassini a una pericolosa associazione; gli organi della ragazza uccisa, mai ritrovati, potrebbero essere stati divorati. Tuttavia va detto questo: non si è potuto dimostrare che anche solo una di queste maligne associazioni abbia mai iniziato anche soltanto una persona di etnia caucasica. In altre parole, siamo di fronte a un patogeno sociale le cui conseguenze ci possono uccidere, ma che non possiamo contrarre. Il desolante quadro della realtà dei fatti, pur includendo crimini oltremodo brutali e aberrazioni di ogni genere, si fonda su dinamiche alquanto dissimili da quelle che ci mostra Barilli nella sua pellicola.

 

Il meme della psiche che materializza 

Il Morandini definisce il presente film "Indigesto cocktail di psicanalisi, horror cruento e cinema esotico di spavento di un ex attore (...) che pur rivela un gusto figurativo non comune". Questo giudizio, non certo eulogistico, ha a parer mio il suo fondamento in una singolare credenza molto diffusa nello scorso secolo: le masse acefale avevano distorto la falsa scienza della psicologia, arrivando a credere che la mente umana, e in particolar modo il cosiddetto inconscio, avesse il potere di materializzare entità fisiche in carne ed ossa, dotate di codice genetico proprio come gli esseri viventi. Ecco così che l'inquietante bambina con l'aspetto di Silvia da piccola non sarebbe altro che il prodotto di una tale forza psichica. Anche la madre di Silvia e l'orrendo Nicola avrebbero questa origine. Negli anni '70 il pubblico trovava molto facile credere a un simile processo di formazione di entità fisiche dal nulla, cosa che ovviamente non ha in sé alcunché di reale. Questa superstizione ai nostri giorni sembra essersi molto affievolita, anche se non escludo che in futuro possa riprendere vigore.

 

Una traduzione discrepante

Il film può essere visto in streaming in Youtube, in italiano con sottotitoli in spagnolo. Mi è saltata all'occhio la differenza tra alcune parole del molesto Rossetti, interpretato da un ottimo Mario Scaccia, e la loro traduzione scritta. L'anziano signore, che si rivelerà un cannibale particolarmente efferato, a un certo punto dice: "Mi hanno messo in pensione". Dal tono della voce traspare una certa rassegnazione, ma nulla di che. La versione in spagnolo è invece un ben più drammatico "Me obligaron a retirarme". La spiegazione non sembra difficile. In Spagna non sussistono le aspettative messianiche nella pensione così tipiche dell'Italia. Mentre da noi il pensionamento è visto come una condizione paradisiaca, per i nostri cugini iberici a quanto pare è inteso quasi come una maledizione, come un obbligo, un grosso rospo da mandar giù con un abbondante cucchiaio di bicarbonato. Posso immaginare che gli spagnoli comprendano senza troppe difficoltà una verità di per sé evidente: quando si va in pensione si diventa invalidi e dementi. E si muore. Dopo lunga macerazione nella merda, in un gerontocomio. Da noi ci si culla nell'idea idilliaca che la pensione sia l'inizio di un cinquantennio di vita in perfetta salute. Sono cose che dovrebbero farci pensare.

giovedì 26 aprile 2018


ULTIMO RIFUGIO: ANTARTIDE
(VIRUS)
 

Titolo originale: Fukkatsu no hi (復活の日
       "Il giorno della resurrezione")
Titolo internazionale: Virus
Paese di produzione: Giappone
Lingua: Giapponese, inglese, francese, tedesco 
Anno: 1980
Durata: 156 min
Genere: Drammatico, fantascienza
Sottogenere: Apocalittico, postapocalittico,
      fantapatologia  
Regia: Kinji Fukasaku
Soggetto: Kinji Fukasaku, Kōji Takada,
     Gregory Knapp, dal romanzo di Saky
ō
     Komatsu (Fukkatsu no hi)
Sceneggiatura:
 David Koepp, Robert Towne
Fotografia: Daisaku Kimura
Montaggio: Akira Suzuki Shore
Musiche: Teo Macero, Rogers St. Johns, Lalo
     Schifrin
Scenografia: Gregory Knapp, Rogers St. Johns
Altri titoli:    
    Germania: Overkill – Durch die Hölle zur
           Ewigkeit
    Norvegia: Dødelig virus

Interpreti e personaggi   
    Glenn Ford: Presidente Richardson
    Robert Vaughn: Senatore Barkley
    Henry Silva: Generale Garland
    Chuck Connors: Capitano McCloud del 
         sommergibile Nereide
    George Kennedy: Ammiraglio Conway
    Olivia Hussey: Marit
    Bo Svenson: Maggiore Carter
    Edward James Olmos: Capitano Lopez
    Masao Kusakari: Dottor Shûzô Yoshizumi
    Tsunehiko Watase: Yasuo Tatsuno
    Isao Natsuyagi: Comandante Nakanishi
    Sonny Chiba: Dottor Yamauchi
    Kensaku Morita: Ryûji Sanazawa
    Toshiyuki Nagashima: Akimasa Matsuo
Budget: 2 milioni di ¥

Trama: 

Un giapponese esausto e coperto di stracci vaga per la cordigliera andina, diretto verso sud. A Machu Picchu entra in una piccola chiesa e la trova piena zeppa di scheletri. Sfinito dalla marcia, comincia a dialogare con un cadavere (o forse con il crocefisso?). La meta di quel viaggio sovrumano è la Terra del Fuoco, dove il nipponico ha un appuntamento con la sua amata. Inizia così la rievocazione degli eventi che hanno portato il pianeta alla distruzione. Tutto ha inizio nel 1982, quando uno scienziato della Germania Est, il dottor Krause, incontra alcuni agenti segreti statunitensi, dando loro una fiala contenente un patogeno esiziale detto MM88. Si tratta di un virus capace di aumentare in modo esponenziale la virulenza di qualsiasi virus o batterio con cui venga in contatto. Durante un'irruzione degli agenti della Germania Est, Krause viene ucciso. Gli americani fuggono in aereo, volando a bassa quota per non farsi scoprire, ma hanno un incidente sulle Alpi. Il velivolo precipita, la fiala cade e si rompe. Poco tempo dopo, inizia a Milano una pandemia devastante, chiamata "influenza italica", che si diffonde nel mondo intero menando stragi inaudite. All'inizio, la gravità della situazione non viene compresa fino in fondo. Gli ospedali sono intasati da un crescente flusso di persone infette, i medici sono sottoposti a un superlavoro massacrante, impossibilitati a staccare anche solo un attimo, finendo essi stessi con l'ammalarsi e morire. Presto si rivela la realtà delle cose in tutta la sua tragedia: su decine, su centinaia di milioni di pazienti non c'è un solo superstite! Anche se chiuso nella sua torre d'avorio, il presidente degli Stati Uniti Richardson langue malato: il contaminante non risparmia neppurre il Faraone e i suoi cortigiani. I giorni della classe dirigente americana sono contati. Pur nel delirio della febbre, Richardson riesce a capire che il genere umano può contare soltanto sui circa 850 coloni stanziati in Antartide, dato che il virus si disattiva a temperature inferiori ai -10 °C. Trasmette quindi un estremo messaggio alle basi antartiche, annunciando che tutto è ormai perduto, che la sopravvivenza della specie grava interamente sugli uomini di quegli estremi, fragili avamposti. La popolazione dell'Antartide, composta da scienziati e da tecnici, si stringe intorno all'ammiraglio Conway, comandante in capo della Palmer Station, abbandonando ogni traccia di nazionalismo e di rivalità per dare origine al Consiglio Federale dell'Antartide. Questo organismo è formato da americani, russi, argentini, norvegesi, giapponesi e da tutte le altre nazioni presenti sul continente ghiacciato. Subito si presenta una situazione difficile: un sottomarino russo, il cui equipaggio è in preda al contagio e già mostra sintomi evidenti, chiede il permesso di attraccare a Palmer Station. Il permesso viene negato senza indugio. Il sottomarino britannico Nereide, che si trova nelle stesse acque, interviene prontamente. Il suo comandante McCloud dà ordine di intercettare il sottomarino russo, distruggendolo. Il Nereide, essendo in navigazione da prima dell'esplosione della pandemia, ne è immune. Così McCloud e il suo equipaggio possono unirsi agli uomini di Conway. Ha inizio una serie di viaggi, in cui il Nereide raggiunge diverse capitali ormai deserte, osservandole tramite una specie di drone e constatando la presenza del micidiale patogeno nell'aria: ogni esplorazione da parte di persone in carne ed ossa è precluso. In Antartide tutto sembra andare per il meglio, anche se a un certo punto si presentano problemi dovuti al fatto che ci sono pochissime donne e un numero soverchiante di uomini. Si registra un caso di stupro, che viene spiegato come un meccanismo biologico che si attiva per garantire la sopravvivenza della specie. Si capisce che non è possibile mantenere la monogamia, così si decide che ogni donna debba avere rapporti con più uomini. Presto da queste relazioni nascono bambini, la nuova generazione dei superstiti. Un giorno accade un evento portentoso e funesto. La costa orientale di quelli che furono gli Stati Uniti viene colpita da un terremoto apocalittico. Questa è una grande criticità. Il geologo giapponese Yoshizumi prevede che nuove scosse ancor più potenti colpiranno Washington. Accortosi della previsione, ecco che Carter, un ex agente della CIA, fa sapere all'ammiraglio Conway qualcosa di terribile. Il sisma, simulando un attacco nucleare, farà scattare in automatico il sistema missilistico americano, facendo partire l'intero arsenale nucleare. Come reazione, una volta che i missili colpiranno l'Unione Sovietica, partirà a sua volta l'intero arsenale nucleare russo, portando all'Armageddon. Il punto è che la base di Palmer Station, fa sapere Carter, è stata inclusa tra i bersagli dai sovietici, essendo creduta una base missilistica. Scatta l'allarme generale. L'unica speranza è che qualche volontario si imbarchi sul Nereide, vada a Washington e disinneschi il meccanismo di risposta automatica. Per la missione si offrono Carter e Yoshizumi, che partono subito. Dato che le possibilità di riuscita sono scarse, le donne e parte del personale di Palmer Station si imbarcano su una nave rompighiacci destinata a raggiungere la Terra del Fuoco. Mentre il sottomarino viaggia verso l'America, il medico di bordo fa un'eccezionale scoperta. Il virus MM88, sottoposto alle radiazioni del reattore nucleare, si inattiva e permette la sintesi di un vaccino. Il compito di Carter e di Yoshizumi è ancor più gravoso: dovranno iniettarsi il vaccino per sperimentarlo sulla propria pelle, senza alcuna garanzia. L'esperimento riesce. Arrivati nel bunker nucleare, i due uomini stanno per disattivare il meccanismo di difesa nucleare automatica, quando una formidabile scossa di terremoto distrugge la base. Carter muore sul colpo e i missili partono. A questo punto si capisce che Yoshizumi è il giapponese coperto di stracci che trova gli scheletri nella cappella di Machu Picchu, essendovi giunto da Washington, diretto verso la Terra del Fuoco!   

Recensione:

Purtroppo sembra che la pellicola di Fukasaku riesca a raccogliere soltanto recensioni negative. Assai numerose sono le persone che ne dicono peste e corna, al punto che si notano nel Web addirittura incitazioni al rogo. Questo linciaggio ha luogo in un'epoca in cui quasi nessuno ha idee originali, visto che una gran mole di lavori consiste in squallidi rifacimenti e in simile immondizia. Quando qualcuno un'idea originale ce l'ha, come Ridley Scott ad esempio, gli mettono la corona di spine, lo frustano, gli fanno portare la croce sul Golgotha e ve lo inchiodano. Il produttore Haruki Kadokawa, già fondatore della Kadokawa Production Company, non lesinò sforzi per contrastare lo strapotere del cinema americano, che minacciava di annichilire le produzioni asiatiche ed europee. A un certo punto ebbe una grande visione e si convinse che una sola cosa poteva unire il mondo intero: il terrore dell'annientamento dell'umanità. Così acquistò i diritti del romanzo di Sakyō Komatsu, Fukkatsu no hi, allo scopo di trasfonderlo in un film. Il budget del progetto fu colossale, in assoluto il più grande mai impiegato nell'Arcipelago fino a quell'epoca. Eppure, nonostante questi ottimi auspici e l'ingente quantità di mezzi impiegati, il film fu un totale fallimento. 

Le radici del catastrofismo nipponico

La tragica sconfitta nella seconda guerra mondiale segnò per sempre l'anima del popolo giapponese. Fu tutto un susseguirsi di eventi apocalittici: i bombardamenti incendiari su Tokyo, le esplosioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Poi qualcosa di ancor più destabilizzante: l'Imperatore Hirohito rinunciò alla propria divinità, la bandiera imperiale col sole rosso perse i suoi raggi. Il periodo postbellico fu caratterizzato dalla necessità di ricostruire il paese devastato. Non soltanto di ricostruirlo, a dire il vero, bensì di fargli riacquistare il posto dovuto tra le potenze industriali mondiali. Fu richiesto a tutti di lavorare in modo forsennato, oltre le naturali possibilità di un essere umano. Noi guardavamo al Sol Levante e ci stupivamo dell'omologazione dei suoi lavoratori, degli alberghi le cui stanze erano cubicoli, delle aziende che procuravano persino la moglie ai dipendenti. Guardavamo, facevamo di tale realtà l'argomento di sketch grossolani, ma non capivamo la tragedia sottostante. Migliaia e migliaia di giovani morivano già allora di karoshi (ka "eccesso" + "lavoro" + shi "morte"), soltanto che la parola non la conosceva ancora nessuno. La vita era per quegli infelici come un dente cariato, come un cancro alle ossa. Insopportabile. Per il giapponese, l'Onore è tutto. La società è un insieme complesso di gerarchie rigidissime, in cui l'individuo soccombe davanti alla necessità e a convenzioni che noi non siamo nemmeno capaci di immaginare. Non è possibile alcuna via di fuga da questo peso spaventoso, se non il suicidio etico. Una via d'uscita che richiede eroismo e che non è da tutti. Così matura l'anelito a una soluzione che ponga termine allo strazio dell'esistenza annientando il mondo intero. Un deus ex machina che porti la Liberazione. Questo può essere un cataclisma geologico, come nel film Pianeta Terra: anno zero (di Shirō Moritani, 1973), che inizia a disgregare la spina dorsale del mondo, il Giappone, per poi condannare allo stesso fato tutti i continenti (non sarà poi un caso se il film di Moritani è stato tratto da un romanzo di Komatsu, proprio come Virus). Il deus ex machina può anche essere la contaminazione nucleare con tutte le sue inattese conseguenze: ecco così formarsi un mostro come Godzilla (in giapponese Gojira), che in inglese sembra quasi un "God Zilla". Se ci pensiamo, a salvare può essere qualsiasi cosa, purché non lasci speranza, almeno a lungo termine. Nel film di Fukasaku vediamo un insieme di cause della catastrofe finale. Un patogeno nato da tentativi di produrre un'arma biologica, che sintetizza lo strumento definitivo di morte. Il conflitto termonucleare, anche se scatenatosi in modo automatico, a causa della furia degli elementi. Infine, le scarse risorse genetiche della comunità superstite. 

Catastrofismo nipponico
e catastrofismo americano
 

Le genti del Giappone non credono nel Principio Antropico, proprio come non ci credo io. Non hanno alcun concetto di un Dio onnipotente e onnisciente, creatore di tutto ciò che esiste. Non hanno alcuna idea chiara e definita sull'oltretomba, anzi, non credono affatto che l'essere umano abbia in sé un principio in grado di sopravvivere alla morte. In poche parole, non esiste nulla in comune tra il Giappone e gli Stati Uniti d'America a livello di antropologia, di filosofia e di credenze religiose. Questo abissale divario si ripercuote, com'è ovvio, anche nel modo di intendere la catastrofe. Non nego affatto l'esistenza di menti eccelse tra le genti d'America, capaci di concepire cose che all'uomo comune sfuggono e di costruire scenari raggelanti senza via d'uscita. Né vado affermando che ogni film americano debba per forza avere lieto fine. Tuttavia, va detto che l'uomo medio americano ha un concetto piuttosto puerile: non può davvero concepire la fine del genere umano, perché l'unica cosa che può turbarlo è soltanto la minaccia dell'annientamento. L'immaginario dell'Homo americanus popola il pianeta di eroi in grado di rintuzzare ogni irrompere del Caos, restaurando la società normale composta da individui normali, che costituiscono famiglie normali facendo sesso in modo normale, cagando da vagine normali mocciosi normali destinati a diventare altri omiciattoli normali capaci soltanto di avere pensieri normali. Ecco quindi che sorge Capitan America, campione dei normali e affetto da proctofobia, quasi una versione imberbe e cristianizzata del Thor dei Vichinghi, sempre pronto a combattere per respingere i Giganti nei loro abissi, per far tornare sulla Terra il regno della torta di mele, del cane di nome Bill e della messa domenicale! Date queste premesse, si capisce facilmente come mai il pubblico americano non abbia affatto apprezzato un film come Virus, che è stato proiettato soltanto in un piccolo numero di cinema degli States, avendo suscitato reazioni furiose. La pellicola è quindi stata venduta alle televisioni via cavo, subendo pesantissimi tagli.    

La biologia della violenza sessuale

Fukasaku tratta un tema che non cessa di presentarsi a dir poco problematico, in Occidente quanto in Oriente: lo stupro. Solo parlare di questo argomento genera tuttora discussioni furibonde che non portano da nessuna parte, dato che imperano storture ideologiche di ogni tipo che impediscono la comprensione dell'origine del fenomeno. I settari psicologi non sono in grado di capire cos'è la violenza sessuale e quale sia il modo di porvi un freno. Eppure la spiegazione non è troppo difficile. Lo stupro non è un fatto socio-culturale, come continuano a ripetere le fanatiche femministe nei loro sproloqui. Sapete cos'è invece? È sistema limbico. È impulso rettiliano. Infatti le lucertole, che hanno solo il sistema limbico e sono sprovviste di neocorteccia, non possono trattenersi in alcun modo: ogni atto sessuale è per loro violento. Il maschio morde l'addome della femmina, la trattiene in questo modo mentre le inietta nella cloaca uno dei suoi due peni. Si capisce una cosa: gli stupratori sono individui in cui il sistema limbico azzera la neocorteccia e ne elude i meccanismi di controllo. Non esiste quindi alcuna misura politica, sociale o culturale che possa cancellare tale impulso. In un contesto come il nostro, l'unico sistema - seppur palliativo - sarebbe applicare supplizi atrocissimi, come quelli che si usavano nel medioevo, con finalità di deterrenza. Molto più difficile è pensare a una soluzione quando ci sono solo 8 donne su 855 uomini, a meno che non riesca a convertire all'omosessualità il maggior numero possibile di maschi. Fukasaku associa l'emergere dello stupro in condizioni estreme, quando la sopravvivenza della specie umana è a rischio, all'evoluzionismo di Darwin. Per quanto l'atto in sé sia ripugnante e abbia effetti devastanti, ha come fine la sola cosa che alla Natura interessa: la continuazione del genere umano. Se devo essere sincero, penso che un cicchetto di acido cianidrico a testa, col suo buon profumo di mandorla amara, sarebbe un rimedio molto più efficace a ogni sommovimento del genoma.

Progenie rachitica

Se a un'occhiata superficiale può apparire che il finale del film lasci qualche speranza, analizzando bene il problema si capisce che per i coloni antartici non c'è futuro di sorta, né in Terra del Fuoco o altrove. Immaginiamo anche che tutte le otto donne superstiti dell'umanità riescano ciascuna a sfornare una decina di macchinette urlanti e smerdanti. Immaginiamo che metà di questi mostriciattoli siano di sesso femminile. Sarebbero circa quaranta bambine, costrette a copulare con gli adulti appena giunta l'età del menarca, in un inferno di pedofilia e di incesto. In realtà, un conflitto termonucleare globale porterebbe contaminanti radioattivi dovunque, su tutto il globo, rendendo gli uteri delle sopravvissute ben poco fecondi. Se poi si considerano le mutazioni genetiche deleterie, si vede bene che la situazione, già drammatica con donne in salute e in grado di procreare bambini sani, sarebbe compromessa in modo irrimediabile. Si dimostra quindi, a partire dalla biologia e da quanto conosciamo, che l'epilogo descritto da Fukasaku è uno solo: l'Estinzione. Con ogni probabilità, il titolo Fukkatsu no hi, ossia "Il giorno della resurrezione", è da ritenersi ironico.

lunedì 23 aprile 2018


SPACE VAMPIRES

Titolo originale: Lifeforce
Paese di produzione: Gran Bretagna
Anno: 1985
Durata: 116 min
Lingua: Inglese
Genere: Orrore, fantascienza
Sottogenere: Fantabiologia, fantaerotismo 
Regia: Tobe Hooper
Soggetto: Colin Wilson (romanzo)
Sceneggiatura: Don Jakoby, Dan O'Bannon
Fotografia: Alan Hume
Montaggio: John Grover
Effetti speciali: Apogee Productions Inc.
Musiche: James Guthrie, Henry Mancini, Michael
     Kamen
Interpreti e personaggi
    Steve Railsback: colonnello Tom Carlsen
    Mathilda May: vampira
    Peter Firth: colonnello Colin Caine
    Frank Finlay: Dr. Hans Fallada
    Patrick Stewart: dottor Armstrong
    Michael Gothard: dottor Bukovsky
    Nicholas Ball: Roger Derebridge
    Aubrey Morris: Sir Percy Heseltine
Doppiatori italiani
    Claudio Capone: colonnello Tom Carlsen
    Cristiana Lionello: vampira
    Renato Cortesi: colonnello Colin Caine
    Marcello Tusco: Dr. Hans Fallada
    Sergio Di Giulio: dottor Armstrong
    Pietro Biondi: dottor Bukovsky
Budget: 25 milioni di $
Incassi al botteghino (USA): 11 milioni di $

Trama:

L'equipaggio dello space shuttle Churchill scopre il relitto di una gigantesca astronave nella chioma della cometa di Halley. Con più audacia che senno, viene decisa l'esplorazione del veicolo spaziale alieno, come al solito senza precauzione di sorta. Alcuni astronauti, guidati dal colonnello Carlsen, penetrano nella nave spaziale abbandonata e vi trovano centiniaia di creature morte simili a pipistrelli. Procedendo nelle viscere del relitto, rinvengono tre esseri dalle sembianze perfettamente umane, due uomini e una giovane donna, nudi e in animazione sospesa all'interno di contenitori di cristallo. Questi tre alieni incongrui vengono trasportati sullo space shuttle: un'altra mossa tipica di una popolazione demente come quella terrestre, vista moltissime volte nella cinematografia fantascientifica. Durante il viaggio di rientro, il centro di controllo della missione perde il contatto con il Churchill, che si trova ad orbitare intorno alla Terra, assolutamente muto. Viene così organizzata una spedizione di recupero per investigare le cause del disastro. Quando i soccorritori raggiungono lo shuttle, trovano ingenti danni prodotti dal fuoco e i corpi dei membri dell'equipaggio, tutti in orribili condizioni. Si imbattono nei contenitori di cristallo con gli umanoidi, che vengono trasportati alla sede di Londra del Centro Europeo di Ricerca Spaziale. Una guardia, notando la straordinaria bellezza della ragazza spaziale, pensa di possederla carnalmente, come facevano gli imbalsamatori in Egitto prima che un Faraone si decidesse a far consegnare loro solo corpi frolli. Il ragionamento del giovane è semplice: "Questa è una figa strafiga, è morta ma è ancora fresca, è ancora un gran pezzo di figa! Non può opporre resistenza, me la scopo alla grande che tanto non se ne accorge nessuno". Prima che l'energumeno possa fare qualcosa, la space girl si sveglia e lo seduce. Lui pensa di essere l'uomo più fortunato del mondo, ma ecco che dalla bocca di lei escono micidiali raggi bluastri che lo conducono a rapida morte. Il dottor Bukovsky osserva casualmente la scena da un video e interviene. La ragazza cerca di ridurlo nelle stesse condizioni della guardia, ma lui riesce, seppur a stento, a sottrarsi alle sue attenzioni. Ne rimedia comunque un danno, cadendo in stato di spossatezza, mentre la maliarda manda in frantumi la vetrata ed evade, nuda nella notte. Il corpo della guardia deceduta viene analizzato dal professor Fallada, che constata lo stato di estrema disidratazione. Nel frattempo, la space girl folgora altre tre guardie, pur senza condurle alla morte, ed esce all'esterno del centro di ricerca. Presto lascia tracce del suo passaggio: in un parco uccide e disidrata una lesbica bionda che aveva pensato di appartarsi con lei per slinguazzarla avidamente tra le gambe. I due compagni della space girl si animano e non muoiono, nonostante le guardie scarichino su di loro interi caricatori di mitra. Soccombono, in apparenza, solo dopo essere stati colpiti da granate. A questo punto accade una cosa orribile: il cadavere della guardia si rianima! Subito il dottor Fallada capisce cosa sta accadendo. La space girl è un vampiro che sottrae alle vittime l'energia vitale. Coloro che uccide, sono destinati a resuscitare come zombie, sopravvivendo solo a patto di trovare energia vitale da sottrarre a una vittima. Se vengono privati della possibilità di farlo, muoiono per sempre e diventano polvere. Così la lesbica mummificata riprende vita mentre è legata a un apparato di contenzione: non potendo liberarsi, spira in breve volgere di tempo e si riduce in polvere. È tutto un susseguirsi di eventi drammatici e caotici. Il colonnello Carlsen viene ritrovato nel Texas e soccorso dal colonnello Caine, un biondino anemico. Era riuscito a lanciarsi dal Churchill usando una capsula di salvataggio, mentre stava per soccombere. Viene condotto al Centro Europeo di Ricerca Spaziale di Londra, dove parla delle sue esperienze, anche se si ostina a nascondere dettagli importanti. Fa un sogno in cui la vampira cosmica la possiede, e sotto ipnosi rivela molti dettagli. A Londra si scatena la follia di massa. Il contagio, chiamato dai media "intergalactic pest", mena stragi inaudite. Psichiatri e psicologi, divenuti molto creduloni di fronte alla gravità degli eventi, pendono dalle labbra di Carlsen, che dice di essere in contatto con la space girl e di poterla localizzare. Lei ha infatti preso possesso di un'infermiera ricciolona, che diventa una sfrenata meretrice e seduce i passanti. Viene identificata prontamente: lavora in un manicomio per pazzi criminiali. Subito piombano tutti in quel luogo tetro, assieme a un ministro, che nel frattempo ha proclamato l'allarme generale. Il colonnello Carlsen e il colonnello Caine trovano l'infermiera lasciva e la interrogano in modo assai brusco. Carlsen la percuote pesantemente, dando prova di godere nel farlo, mentre l'altro, che è un guardone, si eccita. Quello che accade in seguito ha dell'incredibile: il direttore della clinica, l'anziano e calvo Armstrong, è accusato da Carlsen di essere posseduto dallo spiriti della vampira. Così viene immobilizzato e sottoposto a iniezioni di pentotal misto a morfina. Sotto ipnosi, rivela che la space girl è in lui. Usando quel corpo mascolino, sgraziato e senile, Armostrong si comporta come una prostituta e attira a sé Carlsen. I due si baciano intensamente. Il ministro, sconvolto dall'atto omosessuale, muore per un infarto. Viene ucciso dalla semplice visione del direttore uranista che bacia il colonnello! Tutto sprofonda nel caos. Carlsen e Caine, dopo aver assistito alla possessione del Primo Ministro, fuggono e finiscono tra i militari, che hanno proclamato la legge marziale. Poi con uno stratagemma riescono a liberarsi. Carlsen deve raggiungere la space girl, perché la ama alla follia. La trova sull'altare della cripta della Cattedrale di San Paolo, intenta a inviare all'astronave l'energia raccolta dalle migliaia di vittime dell'epidemia. Tutto ormai è chiaro: è stato proprio Carlsen a scatenare il pandemonio sulla Churchill: preso da infinita libidine, ha liberato la donna fatale dal cristallo per poterla possedere carnamente. Così lei gli ha trasferito parte della sua energia e molti doni, che adesso pretende le siano restituiti. Nel frattempo, Caine si reca al centro di ricerca, trovando Fallada in stato di follia. Lo scienziato ha appena ucciso un vampiro trafiggendolo con uno spadone di ferro grezzo. Così, dopo aver ucciso Fallada, Caine prende l'arma e corre alla cattedrale. All'ultimo trova Carlsen avvinghiato alla ragazza spaziale: sono entrambi nudi e fanno l'amore. Preso dalla disperazione, tira lo spadone. Carlsen lo afferra e al culmine dell'orgasmo trafigge la sua amante e il proprio stesso addome. Mentre l'immolazione si consuma, un raggio cosmico trasporta la coppia sull'astronave dei Vampiri: i due occuperanno i loro posti nei cristalli dell'ibernazione, guarendo dalle loro ferite e continuando il loro viaggio, alla ricerca di nuovi mondi da infettare. La Tenebra ha vinto.


Recensione: 

Il film di Hooper è stato tratto dal romanzo I vampiri dello spazio (The Space Vampires, 1976) di Colin Wilson. Purtroppo non ho ancora letto l'opera di Wilson, vedrò di rimediare al più presto. Il tema centrale della pellicola è l'inscindibile legame tra Eros e Thanatos. Una grande morbosità, che arriva fino alla necrofilia, innerva il tessuto narrativo istante dopo istante. Si può dire questo: Thanatos è la sola forza che rende Eros interessante e che gli dà un significato. Non per niente, quando il colonnello Carlsen si trova in sogno tra le braccia della vampira nuda, si sottomette al suo potere e le consegna il proprio essere, agognando a spirare nell'orgasmo, anche solo per un attimo fondendosi con la sua amata. Lei è la sua Signora, il solo senso della sua esistenza di adoratore nella Morte. Questo è puro romanticismo! Peccato che tutto questo non sia stato capito dalla critica. C'è chi si è fermato a considerazioni boccaccesche, a rudi apprezzamenti sul seno, sul pube peloso e sul culo dell'attrice, la bellissima Mathilda May. Queste menti sono elementari, pura biologia come il brulicare dei cagnotti di mosca carnaria in un cadavere decomposto, anzi, ancor più vili.

 

Horror sexualis! 

Alla panica sensualità della vampiresca ragazza spaziale si contrappone qualcosa di ben bizzarro: l'orrore e la nausea annichilente verso ogni manifestazione erotica che coglie alcuni personaggi alla vista di cose che al giorno d'oggi non stupirebbero nessuno. Così accade quando lo spirito della space girl possiede l'infermiera ricciolona del manicomio: vediamo la robusta donna, dalla fisionomia tipicamente anglosassone, caricata a bordo da un vecchio sileno lascivo che le tocca una coscia e le provoca fremiti di libidine. Il colonnello Caine, ascoltando la descrizione della scena ad opera del commilitone Carlsen, è scosso da un moto di intensissimo disgusto, che non riesce a nascondere. Dio mio, le ha toccato una coscia nuda, che scandalo, che schifo! Lo stesso Carlsen, nel riportare quanto vede tramite contatto telepatico, parla come se avesse davanti agli occhi una gran massa di cimici verdi schiacciate. Una reazione che ben pochi riterrebbero naturale. Eppure, quando si trova faccia a faccia con la donna dai capelli crespi, prima le assesta un'incredibile serie di sganassoni violentissimi, poi la bacia ardentemente in bocca, slinguazzandola con voluttà. Ecco a quali contraddizioni insanabili giunge l'essere umano! Lo stesso Caine, che tanto aveva disprezzato l'infermiera per la sua lascivia, arriva a rilasciarsi lo sperma nelle mutande osservando queste scene di grande brutalità, che al giorno d'oggi sarebbero etichettate come stupro.  Una cosa è certa: nell'attuale contesto, un film come questo non potrebbe più essere nemmeno concepito.

 

Un ministro ucciso dall'omosessualità! 

Vediamo poi il ministro che accompagna i due colonnelli nella casa di cura per pazzi criminali. Somiglia vagamente a un Bruno Vespa con più capelli, il suo incedere è incerto e sembra avere una gobba. Il suo fare è iperattivo, inquisitorio. Proprio questa sua caratteristica lo condannerà. Quando Carlsen allucina, crede di vedere la sua amata vampira e la vuole baciare. Così si avventa sul vecchio, ripugnante direttore calvo, Armstrong, scambiandolo per la sensualissima Signora, e lo bacia in bocca. Il ministro non regge all'orrore. La sola vista del bacio sodomitico gli fa cedere il cuore e lo annienta. Anche questo è un fatto portentoso e molto strano. Come si può credere che un ministro londinese ignorasse l'esistenza di contatti omosessuali tra uomini? In che mondo viveva? A queste domande angosciose non è dato al momento avere risposta. Forse Hooper avrebbe potuto illuminarci, se non fosse morto nell'agosto del 2017. 

 

Iniezioni nelle arterie! 

Come tutti dovrebbero sapere, le iniezioni endoarteriose sono molto rare e richiedono particolari accorgimenti. Se si buca un'arteria a casaccio, si produce un flusso inarrestabile di sangue, con conseguente morte del paziente. Questo perché le arterie hanno un proprio battito, non sono come le vene, in cui il sangue viene pompato soltanto dal muscolo cardiaco. Eppure vediamo il colonnello Carlsen - che non è un medico e neppure un infermiere - operare con il sadismo di un demone sull'anziano Armstrong, mettendone a serio rischio la vita. Prima conficca un'enorme siringa piena di pentotal misto a morfina in un braccio del direttore del manicomio, senza neppure mettergli il laccio emostatico, senza cercare la vena, iniettando il liquido in profondità. Poi, ritenendo la sedazione insufficiente, afferra in un gioco di bravura due siringoni e li caccia nel collo della vittima, uno a destra e uno a sinistra, col rischio di bucare le carotidi! Adesso si comprende come mai il sistema sanitario britannico miete ogni anno più vittime di quante ne facesse la Yersinia pestis nel medioevo! 


Pericolosi campi di ricerca 

Il vitalismo è la filosofia tanatologica professata dal dottor Fallada. Lo studioso è riuscito a coronare un sogno dell'umanità, quello di ricondirre il reame della Morte nell'alveo del metodo scientifico, riuscendo così a dimostrare che non tutto finisce con l'exitus. Questo afferma Fallada: nell'essere umano esiste un principio indistruttibile, un'energia che con la morte esce dal corpo. È la Forza Vitale. Ecco spiegato il titolo originale del film: Lifeforce. Direi proprio che sarebbe una cosa splendida se si riuscisse a ricondurre al campo delle cose misurabili proprio la Morte, che per natura sfugge a qualsiasi tentativo di riduzione alle categorie razionali. Purtroppo, se anche sorgesse da qualche parte un dottor Fallada sorretto da un ingenio sovrumano e animato dalle migliori intenzioni, non si andrebbe molto lontano. Questo perché le religioni del mondo hanno ancora molto potere e riescono a stroncare sul nascere qualsiasi seria ricerca. Prendiamo ad esempio le chiese che si definiscono "cristiane": anche se sono teologicamente morte - tra i loro ministri vediamo un papa baciapiedi, pastori che giocano con spade laser di gomma e numerosi pedofili - conservano comunque una certa influenza su numerosi enti e potentati politici. Se dalle ricerche di uno scienziato dovesse venir fuori qualcosa che confuta alla radice i loro dogmi, come quello della retribuzione ultraterrena, per loro sarebbe un disastro spaventoso, che cancellerebbe persino l'ombra di ogni istituzione ecclesiastica. 


Un finale ambiguo

Perché Carlsen ha turbato un'unione tanto piacevole raccogliendo lo spadone lanciatogli da Caine e impalandosi insieme alla splendida amante? Per amore di un genere umano odioso e degenere? Per la speranza di salvare la Terra? La scelta è incomprensibile, tantopiù che tale azione non sembra aver sortito gli effetti sperati. Francamente, se fossi stato al posto di Carlsen, avrei agito ben diversamente. Avrei continuato l'amplesso fino ad eiaculare nella vampira, anche a costo di una vita che tanto avrei perso comunque. L'umanità l'avrei mandata a fare in culo. Resta poi un'altra cosa da chiarire. A un certo punto la space girl rivela al suo amante terrestre qualcosa di sorprendente, che lui in realtà non è davvero umano, ma appartiene alla stirpe del vampiri cosmici. Un tema che ritengo molto interessante, peccato che non sia stato sviluppato a dovere. Forse anche a questi interrogativi Hooper avrebbe potuto darci risposta. Che dire? It's too late

Reazioni nel Web

Nel Web è tutto un susseguirsi di recensioni più stupide della merda. Molti si limitano a criticare gli effetti speciali, ritenuti pessimi anche per un film dell'epoca. Altri insorgono perché vedono violate le leggi non scritte dei film horror, che a loro dire obbligano a una nettissima separazione tra vampiri, zombie e mummie. A sentire questi spocchiosi e arroganti pasdaran dei film di genere, Hooper sarebbe stato "confuso". Senza dubbio a far gridare allo scandalo è stata la sede scelta dalla space girl, la cripta della Cattedrale di San Paolo. La donna venerea è stesa su un altare, circondata da croci che non hanno su di lei alcun effetto. Questo viola la tradizione inveterata dei vampiri che urlano, soffrono e si dissolvono alla vista di una croce. Non sfiora nemmeno la mente dei critici che un vampiro spaziale possa avere caratteristiche molto diverse da quelle di un vampiro classico! Un vampiro spaziale mostra totale indifferenza verso i simboli cristiani, che ai suoi occhi sono insignificanti. Non solo: beve essenza vitale e non sangue, se morde qualcuno lo fa diventare uno zombie e se questo morto vivente non si nutre, si trasforma in una mummia, quindi in polvere inerte. Non mi sembrano concetto così difficili da comprendere. Quello che più mi stupisce è che questa mia recensione potrebbe essere la sola decisamente positiva in tutto il Web! 

mercoledì 18 aprile 2018


A VENEZIA... UN DICEMBRE ROSSO
SHOCKING

Titolo originale: Don't Look Now
Paese di produzione: Gran Bretagna, Italia
Anno: 1973
Durata: 110 min
Genere: Drammatico, horror
Sottogenere: Thriller occultista
Lingua originale: Inglese
Lingua (versione italiana): Italiano, veneto
     (alquanto italianizzato) 
Regia: Nicolas Roeg
Soggetto: Daphne Du Maurier, dal racconto Don't
     Look Now
, presente nella raccolta Non dopo
     mezzanotte e altri racconti

Sceneggiatura: Allan Scott, Chris Bryant
Produttore: Peter Katz
Produttore esecutivo: Anthony B. Unger
Fotografia: Anthony B. Richmond
Montaggio: Graeme Clifford
Musiche: Pino Donaggio; la canzone Colori di
      dicembre
è interpretata da Iva Zanicchi
Scenografia: Giovanni Soccol
Trucco: Giancarlo Del Brocco
Interpreti e personaggi

    Julie Christie: Laura Baxter
    Donald Sutherland: John Baxter
    Hilary Mason: Heather
    Massimo Serato: Il vescovo Barbarrigo
    Clelia Matania: Wendy
    Renato Scarpa: Il commissario Longhi,
         inefficiente e ottuso
    Giorgio Trestini: Un operaio venetofono
    Leopoldo Trieste: Alessandro, il portiere
         uranista dell'albergo
    David Tree: Il preside Anthony Babbage
    Ann Rye: Mandy Babbage
    Nicholas Salter: Johnny Baxter
    Sharon Williams: Christine Baxter
    Sergio Serafini: Un operaio venetofono
    Bruno Cattaneo: L'investigatore Sabbione,
          tirapiedi del commissario Longhi
    Adelina Poerio: La nana deforme
Colonna sonora: 
   John's Theme (Children Play) 
   Christine Is Dead
   Candles For Christine
   John's Theme (Love Scene)
   Strange Happenings
   John's Theme (Laura Leaves Venice)
   John's Vision (Laura's Theme)
   Searching For Laura (Laura's Theme) 
   Through The Streets Of Venice 
   Laura Comes Back
   Dead End
   Laura's Theme (The Last Farewell)

Trama:

La figlia dei coniugi Baxter, Christine, indossa un impermeabile color rosso shocking e cammina in una palude. A un certo punto suo padre, John, che sta sviluppando dei rullini fotografici, vede una macchia di sangue su una fotografia in formazione e ha un orrido presentimento. Corre fuori di casa e trova la figlia affogata in uno specchio d'acqua stagnante. Ogni tentativo di soccorso risulta vano: la bambina è spirata. Qualche mese dopo, i Baxter sono a Venezia, dove John è impegnato nel restauro dei mosaici della chiesa di San Nicolò dei Mendicoli. La moglie, Laura, non ha superato il trauma della perdita della figlia ed è caduta in una depressione profonda. Una sera, mentre i Baxter sono a pranzo in un ristorante, fanno la loro sinistra comparsa due sorelle scozzesi, di cui una cieca e chiaroveggente. La sensitiva, Heather, avvicina Laura e le dice di aver percepito vicino a lei, mentre sedeva al tavolo, la presenza di una bambina bionda felice e sorridente, che indossava un impermeabile rosso. La signora Baxter, convinta che la figlia non abbia cessato di esistere, si rinvigorisce ed esce dalla depressione. Il marito invece reagisce male. Urla alla moglie che la figlia è morta, che non esiste più, arrivando persino a maledirne la tomba. Convinto che le due sorelle scozzesi vogliano circuire Laura per spillarle denaro e privarla della volontà, le proibisce di frequentarle. Tuttavia la donna elude il divieto e partecipa a sedute spiritiche. Un giorno, Heather avverte che se il signor Baxter non lascerà subito Venezia, la sua vita sarà in gravissimo pericolo. Il monito sembra ancor più minaccioso, dal momento che la città è funestata da numerosi delitti efferati compiuti da un maniaco, che sfugge ad ogni tentativo di cattura da parte della polizia. A un certo punto, i Baxter ricevono una telefonata notturna dall'Inghilterra: loro figlio ha avuto un incidente a scuola ed è stato ricoverato in ospedale. Laura parte subito con un volo charter. Eppure il marito la vede, poco più tardi quello stesso giorno, assieme alle due inquietanti sorelle scozzesi su una gondola funebre. Le tre donne sembrano le Norne, le dee della mitologia nordica che tessono il Fato. Non capendo l'accaduto, John si reca alla polizia per denunciare la scomparsa della moglie, pensando ingenuamente che sia stata plagiata e rapita. Il commissario Longhi approfitta dell'occasione per dare un'identità al maniaco omicida che affligge Venezia: a suo avviso, essendo John Baxter un tipo un po' strano, deve essere per forza di cose il colpevole. Così lo fa pedinare dall'agente Sabbioni, che può soltanto stringere un pugno di mosche. Verificato tramite telefonata che la moglie si trova in Inghilterra, John raggiunge la sensitiva Heather e sua sorella, che gli spiegano il significato dell'orrida visione. Quello che l'uomo ha visto è un'immagine del futuro, cosa che dimostra come egli abbia doti medianiche. Gli eventi precipitano: Laura ritorna a Venezia nella notte, ma non trova il marito. Questi nota una piccola figura vestita come la figlia con l'impermeabile rosso shocking e la insegue tra le oscure calli, fino al tragico epilogo. Capirà troppo tardi che non si tratta della sua bambina... La visione delle tre Norne sulla gondola funebre... si rivelerà quella del suo stesso funerale!      

Recensione: 

Il film di Nocolas Roeg è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro nel lontano 2008. Ero stanco morto e avevo troppo whisky nello stomaco, così ho tentato di seguire la trama tra mille colpi di sonno, finché sono sprofondato nel mondo di Morfeo proprio durante le cruciali sequenze finali, che mi sono perso. Sono stato svegliato di colpo dalla voce euforica di Andrea, che chiedeva al pubblico: "L'avete visto il nano distorto?". La breve discussione è finita da lì a poco, lasciandomi con la morbosa curiosità di sapere qualcosa di più su quella terribile epifania che a quanto pare costituiva il fulcro stesso e il senso ultimo della narrazione. Lì per lì pensai che la protagonista avesse dato alla luce una creatura mostruosa, non so per quale motivo: della trama non avevo compreso quasi nulla, tanto comatoso era il mio stato. Per molto tempo non ho più pensato al film: soltanto un decennio dopo ho avuto occasione di rivederlo, questa volta da sobrio e seguendolo con attenzione fino ai titoli finali. Mi sono così reso conto che al Cineforum mi ero perso moltissimi dettagli, sprofondati nella nebbia della sonnolenza. Adesso so che il film ricalca bene il racconto di Daphne Du Maurier, anche se si rilevano alcune discrepanze. L'impermeabile rosso nel soggetto originale era indossato dalla signora Baxter, non da Christine, che moriva a causa della meningite anziché affogata. Rispetto all'opera della nobildonna inglese, sono stati inseriti non pochi simbolismi che rendono la trama ancor più inquietante.

Venezia vista da Roeg

Il regista riesce in modo eccelso a farci immergere in un'atmosfera di grande decadenza. Gli edifici fatiscenti, dai muri umidi e lebbrosi, sembrano ospitare il principio stesso della Decomposizione, irradiano morte dell'Essere, facendo sprofondare lo spettatore tra le ombre dell'Ade. Si nota una minuziosa cura dei particolari, anche dei più irrilevanti. Nelle vetrine di un bar si vedono alcuni panettoni la cui scatola azzurra mi ricorda qualcosa, anche se non sono riuscito a identificare la marca. Ho potuto anche distinguere una girandola variopinta collocata su un davanzale allo scopo di tener lontani i piccioni con il loro moto provocato dal vento. In quel contesto sembrava un accorgimento poco utile, dal momento che Venezia veniva mostrata come una città dall'aria piuttosto stagnante, perennemente avvolta da un'opprimente caligine. 

Gli italiani visti da Roeg

Il film dà una pessima immagine del paese e in particolare delle forze dell'ordine, dipingendo il commissario Longhi come un pericoloso incapace, che non riuscendo a identificare un maniaco, cerca di addossare la colpa di crimini efferati al primo straniero dall'aspetto stravagante che gli capita a tiro. In genere, i nostri connazionali sono descritti in modo desolante e impietoso. Gli operai sono neghittosi, grossolani e incompetenti, tanto da mettere a rischio la vita del restauratore per una sbadataggine. Le albergatrici sono avide e impiccione. Il guardiano uranista dell'albergo, che in ogni momento libero si occupa di manipolare i cazzi, è un intrallazzatore che riesce a ottenere favori per il signor Baxter, non venendo neppure ringraziato per il suo impegno. Vediamo però che anche il signor Baxter è molto singolare. Osservandolo si deduce che è costume degli uomini di Albione non salutare mai nessuno, non ringraziare mai per nulla, cosa che non manca di attirare l'ostilità di molti. Meno male che li chiamano gentlemen. Le loro mogli sono invece più educate e non mancano di buone maniere, cosa che evidentemente in Inghilterra è ritenuta prerogativa del sesso femminile.

L'uso del veneto nel film

Nella versione italiana, diversi personaggi parlano in veneziano: gli operai e le albergatrici che ospitano le sorelle scozzesi. A dire il vero non è facile dire se si tratti di italiano venetizzato nella fonetica o di veneto italianizzato, anche se propendo per questa seconda opzione. Non ho visto il film in lingua inglese, quindi non so dire come fossero i corrispondenti dialoghi originali. Immagino che l'uso del veneziano sia stato introdotto in fase di doppiaggio per rendere più verosimile l'ambientazione, non trovandosi nel film di partenza nemmeno una parola in italiano o in una lingua locale della Penisola.   

Eros e Thanatos

John e Laura Baxter a un certo punto si amano furiosamente. Fanno sesso in modo focoso, entrambi nudi, cosa che andava contro le convenzioni del cinema dell'epoca. Anche se di sfuggita, in una sequenza si vede persino un cunnilingus, cosa molto rara in un film mainstream. Si ha poi una fugace e criptica allusione alla fellatio, quando la donna alla fine dell'amplesso si porta alla bocca il rossetto. Queste scene hanno fruttato al film non poche critiche. Guardandole, sembra certo che la donna concepisca un figlio, quasi per compensare la morte di Christine. Sembra anche ragionevole che questo bambino avrà un ruolo importante nella trama. Invece non accade nulla: il liquido seminale spruzzato nella vagina non raggiunge alcun ovulo fecondo, gli spermatozoi soffocano nel liquame destinato ad essere lavato via prima ancora di potersi decomporre. Così la copula appare un po' incongrua, qualcosa di erratico inserito in una trama che prevede soltanto lutti a cui non esiste rimedio. 

Il vescovo e la morte del Cristianesimo

Il vescovo Barbarrigo, contemplando lo sfacelo in cui versa la chiesa da restaurare, è preso da un grande sconforto. In particolar modo si sente oppresso dal silenzio di Dio. Queste sono le sue parole: "Le chiese appartengono a Dio, ma non sembra che Lui se ne occupi molto. Forse... non le giudica tanto importanti. Noi non sappiamo più ascoltare la Sua voce...". A un certo punto, l'ecclesiastico chiede a bruciapelo alla signora Baxter: "Lei è cristiana, Laura?". La risposta della donna è davvero sorprendente. "Beh, non lo so...", dice, non senza imbarazzo, "voglio bene agli animali, e ai bambini...". Al che il porporato, facendo buon viso a cattivo gioco: "San Nicola, titolare di questa chiesa, è il patrono dei saggi e dei bambini. Un avvicinamento interessante, non le pare?". Questo breve dialogo tra il vescovo e la moglie del restauratore di mosaici è altamente significativo. Sono certo che ben pochi si sono soffermati a ponderarlo: è di quelle cose che non interessano allo spettatore medio di film horror e di thriller. Pensiamoci bene. Nel lontano 1973, tramite le poche frasi da me riportate, è stata annunciata la morte non soltanto della Chiesa Romana, ma più in generale del Cristianesimo. Il vescovo che testimonia l'assenza di Dio dal mondo, la sua assoluta incomunicabilità con gli esseri umani; la signora che non sa neanche se definirsi cristiana o meno, che non sa dare una definizione anche vaga del Cristianesimo perché non ci ha mai pensato: questi sono portenti, geroglifici che proclamano la fine di un'epoca! 

Un atroce Doppelgänger

L'orrida nana omicida, che compare come in un'eruzione istantanea per poi sprofondare nella tenebra assoluta, è il Doppelgänger della bambina defunta. In altre parole, i due esseri non sono tra loro privi di correlazione: possiamo dire che esiste un filo che li connette nella stessa essenza. L'assassina che uccide le vittime con la mannaia è la proiezione demoniaca e incubica della figlia dei Baxter, nata dalla sua ombra che si è materializzata. È la sua gemella maligna. Non per nulla le somiglia soltanto nella sagoma, nella corporatura, mentre il volto è del tutto diverso e ha lineamenti a dir poco grotteschi. In genere si parla di Doppelgänger di persone viventi, ma nulla vieta che possano essere concepiti anche per defunti. Forse è l'istintiva consapevolezza di questo orrore insondabile che ci terrorizza e ci devasta. Tutto viene scaricato sullo spettatore in meno di un secondo, quasi sulla soglia della percezione. La figura aberrante viene sparata nei nervi ottici come un subliminale. Una doccia gelata. Basta già questo a fare del film di Roeg uno dei grandi capolavori dell'horror di tutti i tempi.

Futuro aperto o futuro chiuso?

L'ontologia temporale postulata dalla narrazione è quella B-eternista (eternismo non tensionale). In parole comprensibili a tutte, si immagina che il presente, il passato e il futuro abbiano la stessa realtà e che convivano in una stessa configurazione dell'Universo. In questo modo, il fluire del tempo sarebbe soltanto un'illusione, come il cambiamento, e nulla potrebbe vietare al futuro di influenzare il presente. In quest'ottica di retrocausalità, il punto di non ritorno è da identificarsi nella decisione di Heather di avvicinare la signora Baxter. Se non le avesse detto di aver percepito con la sua seconda vista una bambina corrispondente in tutto e per tutto alla defunta Christine, non si sarebbe innescata la sfortunata serie di eventi che infine ha portato all'uccisione del protagonista. La stessa visione di John Baxter, che trasferisce nel presente l'evento futuro del suo funerale, è una tipica profezia che si autoadempie (self-fulfilling prophecy). Sono un presentista e in particolare trovo il B-eternismo contrario a qualsiasi elementare principio di economia ontologica. Va però detto che trovo affascinanti le profezie - per quanto ancora prive di spiegazione nel presentismo. La mia adesione a un'ontologia temporale presentista si deve soprattutto alla difficoltà di trovare un modello migliore che sia privo di bachi e di gravi paradossi. In sostanza non sappiamo cos'è il tempo. Non ne abbiamo la benché minima idea. Non possiamo osservarlo dall'esterno. Non abbiamo una visuale privilegiata che ci permetta di guardare da fuori la nostra fragilissima condizione. Se dovessi avere una risposta a tutti questi interrogativi, non sarei imprigionato in questo spaziotempo, non sarei costretto alla schiavitù planetaria.     

Cos'è un fantasma?

Il problema centrale è l'attribuzione di un'ontologia ai fantasmi. In buona sostanza, cosa sono le visioni dei morti? Naturalmente gli adoratori di Piero Angela diranno che si tratta di cose estranee alla Scienza, quindi di illusioni che appartengono al reame dell'inesistenza. Non condivido questo approccio al problema. A mio avviso esistono soltanto due possibilità.

1) Immaginiamo che un fantasma sia una specie di eco di una persona morta, un'immagine che riverbera nel tempo fino ad essere percepita da un osservatore. In tal caso, si spiegherebbe perché il fantasma ha l'aspetto di una persona vivente. Resta però il fatto che, se le cose stessero così, il fantasma non sarebbe un essere. Non sarebbe altro che un simulacro. Non avrebbe emozioni. Non vedrebbe né sentirebbe nulla. Non potrebbe dire nulla né interagire in alcun modo con i viventi. Quindi tutti i medium e i parapsicologi che affermano il contrario sarebbero subito da etichettarsi come impostori.
2) Immaginiamo invece che un fantasma sia uno spirito disincarnato, ossia che esista in ogni essere vivente un principio immortale che può esistere separato dal corpo. In tal caso, non avrebbe senso poter vedere tale spirito con gli organi di senso del corpo di carne - con cui non avrebbe nulla in comune. Non avrebbe senso nemmeno attribuirgli una forma umana. Non potrebbe avere un volto, né occhi, né bocca, né orecchi o altri organi di senso. Non potrebbe avere braccia, né mani, né gambe, né piedi. Non potrebbe avere capelli né altri peli. Non potrebbe indossare alcun indumento. Quindi tutti i medium e i parapsicologi che affermano il contrario sarebbero subito da etichettarsi come impostori.

Quello che mi sorprende è che gli adepti del CICAP a queste cose non abbiano mai pensato nemmeno di striscio: insistono con un'impostazione dogmatica positivista senza dare importanza alcuna alle contraddizioni logiche presenti nelle tesi che vorrebbero confutare. Anche se di certo la cosa non farà piacere agli Angela, gli esseri umani non accetteranno mai la visione materialista della morte come annientamento e cercheranno sempre di prendere contatto con i morti, seppur usando mezzi vani e privi di senso. Lo stesso Donald Sutherland aveva una buona opinione dello spiritismo e dei medium. Credeva fermamente che l'occultismo potesse svolgere un ruolo benefico, così tentò in tutti i modi di far cambiare il finale del film, senza riuscirci.

lunedì 16 aprile 2018

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DEI NOMI SATANA E DIAVOLO

Ho notato che in ambienti che si definiscono "esoterici" è particolarmente diffusa una stravagante quanto falsa interpretazione dei nomi Satana e Diavolo, così mi sento in dovere di intervenire. Ormai è opinione comune che Satana significhi "Divisore", e che Diavolo ne sia la traduzione esatta. Nulla di più lontano dal vero. In lingua ebraica il termine שָׂטָן (SATAN) significa "Persecutore" o "Oppositore", e proviene dal verbo שׂטן, che significa "perseguitare", "avversare", "opporsi in giudizio". Questo implica l'idea che Satana sia non soltanto il Nemico di Dio, ma anche il persecutore del genere umano. In lingua araba il termine ﺷﻴﻄﺎﻥ (SHAITAN) ha proprio la stessa origine. Ora, il greco διάβολος (DIABOLOS) non indica affatto il Divisore, bensì il Calunniatore, colui che ingiuria. Infatti il verbo da cui questa parola proviene, διαβάλλω (DIABALLO), significa "io getto addosso" o "io getto attraverso" e non "io divido", che è τέμνω (TEMNO). Così veniva chiamato un personaggio teatrale, che tramite la calunnia complicava la trama minacciando i protagonisti di incorrere nel disastro. Era definito in questo modo perché gettava di traverso le sue accuse, in modo che queste non fossero all'inizio evidenti e producessero il massimo danno nel corso dell'azione scenica. Tutto diviene ancor più chiaro se citiamo l'omonimo aggettivo, col senso di "calunnioso", "ingiurioso", e il sostantivo διαβολή (DIABOLE), che significa "falsa accusa" e anche "inimicizia". La lingua latina prese DIABOLUS direttamente dal greco, e questa è la fonte di DIAVOLO. La semantica si ricollega in parte a quella ebraica. Le false etimologie sono tuttavia numerose. Qualcuno sostiene ad esempio che la forma originaria sarebbe un fantomatico *DEABULUS, che significherebbe "Piccolo Dio". Evidentemente per queste persone la lingua dell'Ellade è un libro chiuso. Si trova anche un fantasioso collegamento alla lingua persiana dell'Avesta, in cui la parola DAEVA era usata per indicare i Demoni. Equivale al sanscrito DEVA-, che indica invece gli Dei, e il suo cambiamento di significato è dovuto alla Riforma di Zoroastro, che mutò in diavoli le antiche divinità, con poche eccezioni come Mithra, figura che nella tradizione si mantenne benefica. Tuttavia anche questo collegamento con DIABOLOS è fallace. Non soltanto in avestico un'estensione di DAEVA con un suffisso -l- dal valore diminutivo o dispregiativo non è documentata(1), ma sarebbe ben difficile spiegare come il dittongo -AE- possa essere diventato -IA-. Oltretutto, in greco antico la parola DIABOLOS non mostra in origine il benché minimo accenno a un significato religioso: in epoca precristiana è un lemma interamente profano.

Spero che quanto riportato sopra sia sufficiente a spazzar via la nebbia delle etimologie fallaci e della falsa erudizione di cui spesso fanno sfoggio numerosi esponenti dell'occultismo. Soprattutto si intende con questo breve trattatello porre fine una volta per tutte alle scempiaggini delle settarie New Age, che con pervicacia accusano il Pensiero Dualista di servire il Diavolo inteso come "Divisore". Per tali persone prive di ogni senso logico, chiunque nega l'esistenza del cosiddetto "Uno-Tutto" sarebbe di per sé Diavolo in quanto "Divisore". Quello che raccomando a queste ignoranti sostenitrici del panteismo della setta del Libero Spirito è un po' di studio unito all'applicazione dei sani princìpi della logica aristotelica. Non esistono scusanti di sorta, perché al giorno d'oggi è assai facile usare il Web per trovare informazioni utili, confrontare fonti e distinguere ciò che è solido da ciò che è ingannevole. 

(1) In Romanì c'è un suffisso -l- in Devel "Dio" (var. Del). Il significato del termine non è chiaramente negativo, essendo di tradizione ìndica e non avendo la sua semantica subìto influenze zoroastriane. Il Diavolo è detto Beng dai Rom e non vi sono confusioni.

domenica 15 aprile 2018

FILIPPO L'ARABO E LO PSEUDO-EUSEBIO

Agli accademici è sfuggita una cosa che a mio avviso avrebbe dovuto essere assolutamente ovvia. Non riesco a credere che nessuno l'abbia mai notata. Eusebio di Cesarea (III-IV secolo) nella sua Historia Ecclesiastica ha scritto che l'Imperatore Filippo l'Arabo (III secolo) avrebbe voluto partecipare una volta a un servizio pasquale. Il Vescovo, Babila di Antiochia, gli avrebbe però rifiutato la partecipazione alla funzione, dicendogli che prima avrebbe dovuto confessare i propri peccati. Orbene, tutto ciò è impossibile. Infatti all'epoca la confessione era una pratica lunga, umiliante ed estrema, che comportava penitenze per molti anni, spesso per tutta la durata della vita. Era impartita soltanto al battezzato che, caduto in peccato o costretto ad abiurare, avesse voluto riconciliarsi con la Chiesa. In nessuna comunità era una cosa presa alla leggera, come invece sarebbe avvenuto secoli dopo. Ancora Costantino seguì la consolidata tradizione del battesimo in punto di morte, perché voleva essere sicuro di garantirsi la salvezza. Quando il battesimo dei giovani divenne comune, fu la confessione ad essere spesso data in punto di morte. Non era assolutamente ripetibile: se uno fosse caduto in peccato dopo aver avuto l'assoluzione, avrebbe dovuto affidarsi alla sola misericordia divina. Si deduce quindi che Eusebio di Cesarea non poteva scrivere ciò che si dice abbia scritto. Il brano su Filippo l'Arabo è un falso storico solenne. Se Filippo fosse stato battezzato, avrebbe saputo senza dubbio che un suo grave peccato pubblico e notorio (come l'uccisione del proprio fratello Gordiano) non gli avrebbe permesso di partecipare al servizio. Non avrebbe quindi avanzato a Babila alcuna richiesta. Se invece il peccato fosse stato qualcosa di privato e di poco conto, il Vescovo non gli avrebbe negato la funzione. Ora, il povero Filippo, qualora consapevole d'aver peccato in pubblico, avrebbe di certo temuto la penitenza severa rimandandola in punto di morte e non si sarebbe sottoposto a questa procedura per una semplice messa. Se non fosse stato battezzato, ma comunque di fede cristiana, il Vescovo gli avrebbe richiesto prima il battesimo. Se non fosse stato neppure un catecumeno, ma soltanto un pagano curioso, il Vescovo gli avrebbe richiesto prima un severo periodo di istruzione e di prova. Si deduce che in ogni caso il falsario ha fabbricato questa notizia apocrifa basandosi sui costumi dei suoi tempi, del tutto diversi da quelli vigenti nel III secolo.