giovedì 2 agosto 2018

PRESTITI QUECHUA, AYMARA, KAKAN E PUELCHE NELLA LINGUA DEI MAPUCHE

Nella lingua dei Mapuche sussistono numerosi prestiti da altre lingue amerindiane, con buona pace degli accademici che in passato la ritenevano esente da qualsiasi influenza esterna. Come si può facilmente intuire, la principale fonte di prestiti è stata la lingua dell'Inca, il Quechua. Questo è un elenco di vocaboli del Mapudungun di origine Quechua: 

achawall "gallo" < Qu. atawallpa "gallo"(1) 
awka "nemico" < Qu. awqa "nemico, ribelle"
chaküra "campo" < Qu. chakra "campo;
     coltivazione"
challwa "pesce" < Qu. challwa "pesce"
chang "gamba"; "ramo" < Qu. chanka "gamba"
charaypuka "lucertola" < Qu. Sant. qaraypuka
      "iguana"(2)
charki "carne" < Qu. ch'arki "carne essiccata"
chawcha "moneta" < Qu. chawcha "patata precoce"
chillka "carta" < Qu. qillqa "segno; scrittura"(3)
chillkatun "scrivere" < Qu. qillqay "scrivere"(3) 
ichona "falce" < Qu. ichuna "falce"
kachu "erba" < Qu. q'achu-q'achu "erba"
kaka "zia materna" < Qu. kaka "sorella della madre"
kalku "stregone" < Qu. qarqu "portento funesto"
kangkan "arrostire" < Qu. kankay "arrostire"
kara "città" < Qu. pukara "fortezza"
kawewe "remo" < Qu. qawiy "remare"(4)
kawitu "letto" < Qu. kawitu "letto"
lilpu "specchio" < Qu. rirpu "specchio"
lüpümün "bruciare" < Qu. ruphay "bruciare"
muchan "baciare" < Qu. muchay "baciare"
müski, mishki "miele; cera d'api" < Qu. miski
     "miele"
ñaña "sorella" < Qu. ñaña "sorella"
palum "lucertola" < Qu. palu "lucertola; alligatore"
pike "pulce" < Qu. piki "pulce"
pongkwin "gonfiore" < Qu. punkiy "gonfiore"
puma "coguaro" < Qu. puma "coguaro"

p
ütra
 "stomaco" < Qu. patra "ventre"
sapallu "zucca" < Qu. sapallu "zucca" 
titi "piombo" < Qu. titi "piombo; stagno"
tupu "spillo" < Qu. tupu "spillone"
wachol "orfano" < Qu. wakcha "povero"(5)
wampo "canoa" < Qu. wampu "canoa"(6) 
wañu "sterco" < Qu. wanu "sterco" 

(1) La parola in epoca preispanica doveva indicare il gallo cedrone o altro tipo di galliforme selvatico. Compare come nome di un notissimo imperatore incaico.
(2) Vocabolo del Quechua di Santiago del Estero (Argentina), che mostra l'aggettivo puka "rosso" dopo il sostantivo qaraywa "lucertola" (si noti la palatalizzazione della consonante iniziale). Questa anomalia è dovuta al sostrato Kakán: nella lingua dei Diaghiti l'aggettivo seguiva sempre il sostantivo. Nel Quechua di Cuzco vale l'inverso: es. pukallpa "terra rossa" < puka "rosso" + allpa "terra".
(3) Questa radice si deve essere diffusa in epoca coloniale, visto che gli Incas ignoravano la scrittura alfabetica. In epoca preispanica indicava i pittogrammi indigeni. Si noti la trasformazione dell'occlusiva uvulare iniziale /q/ nell'affricata postalveolare /tʃ/ (mutamento che non ha intaccato la /q/ interna).
(4) Il suffisso -we è usato per formare nomi di strumenti da radici verbali.
(5) Il suffisso -ol è altamente problematico e a mio avviso di origine ignota, ma la radice è chiara.
(6) Il vocabolo è attestato come huampu nell'opera di Luis de Valdivia (Arte y gramatica de la lengua general que corre en todo el Reyno del Chile. Lima, 1606).

Numerosi prestiti dal Quechua descritti da Valdivia sono caduti in disuso e non si trovano più nella lingua moderna. Altri invece sono ancora vitali. Utile è senza dubbio lo studio di Rodrigo Moulian, María Catrileo e Pablo Landeo (Università di Concepcion, Cile), Afines Quechua en el vocabulario Mapuche de Luis de Valdivia (2015) - con relativo allegato. Va detto che gli autori di questo studio propongono qualche etimologia fallace, fondata su mutamenti fonetici molto improbabili o impossibili; sembra poi che le loro conoscenze della lingua Quechua siano abbastanza limitate. Riporto una lista di quechuismi valdiviani nell'ortografia originale. 

amca "mais tostato" < Qu. hamk'a "mais tostato" 
amchi "semolino" < Qu. hamchi "semolino"
ampi "medicina, purga" < Qu. hampi "medicina"
ampin "curare" < Qu. hampiy "curare"
apo "governatore" < Qu. apu "generale, autorità"
ata "gallina" < Qu. atawallpa "gallo"
ayargen "essere pallido" < Qu. aya "morto"
cahuin "riunione" < Qu. kaywi "ossequi rituali,
    ricordi di una festa"(i)
cahuintu "ubriacatura" (vedi sopra)
camañ "facitore"(ii) < Qu. kamayuq "responsabile"
capi "fagioli freschi" < Qu. kapi "baccello di
    legume"(iii)

cullpo "tortora" < Qu. kullku "tortora"(iv)  
chala "paglia di mais secco" < Qu. ch'alla "paglia
    di mais secco"
chaucha "patate gialle" < Qu. chawcha "patata precoce"
huaccha "anatra" < Qu. wachwa "anatra di lago"
huayqui "lancia" < Qu. wach'i "freccia"(v)
llanca "pietra preziosa" < Qu. llanqa "colore
     intenso"
llancavú "color porpora" < Qu. llanqha "color rosa"
llipu "specchio" < Qu. rirpu "specchio"
llupu, llupug "pentola" < Qu. llupu "basso;
     appiattito"(vi)
murque "farina di mais tostato" < Qu. machka
     "farina tostata" < proto-Qu. *matrka 
muti "mais cotto" < Qu. mut'i "mais bollito"
mutin "cuocere mais" < Qu. mut'iy "bollire il mais"
pichi "piccolo" < Qu. pisi "poco"
pirca "parete" < Qu. pirqa "parete, muro"
pozco "lievito" < Qu. p'uchqu "lievito"
puñu "nuvoloso" < Qu. phuyu "nuvola"
purumache "gli antichi" < Qu. purun machu "spiriti
     degli antenati"(vii)
qillca, quillca "carta, scrittura" < Qu. qillqa "segno;
     scrittura"(viii)
raquin "contare, stimare" < Qu. rak'iy "ripartire"
tabo "casa" < Qu. tampu "alloggiamento, ostello"
tica "mattone" < Qu. tika "mattone"(ix)
titun "saldare con stagno" < Qu. titiy "saldare"
údan "avere la scabbia" < Qu. utha "foruncolo"(x)
vminta "pane di mais" < Qu. umita "tipo di cibo"
yana "servo" < Qu. yanaq "servo"
yclla "mantelle delle indiane" < Qu. lliklla "mantella
     da donna"

(i) Moulian e coautori forniscono come fonte per la parola Quechua Rosat, 2009: 527.
(ii) Si trova soltanto come secondo elemento di composti che indicano professioni, così ampi camañ "medico".
(iii) Moulian e coautori forniscono come fonte per la parola Quechua Augusta 1916a : 76.
(iv) La seconda consonante della parola Mapudungun è dovuta con ogni probabilità a dissimilazione.
(v) La consonante glottalizzata -ch'- è stata risolta in -chk-, quindi si è prodotto un dittongo. Un trattamento inconsueto ma non impossibile, che depone a favore dell'antichità del prestito.
(vi) Moulian e coautori forniscono la glossa Quechua llupu "chato, aplastado, de poca altura"; la fonte indicata è Rosat, 2009: 643.
(vii) Da purun "selvatico; terra abbandonata" e machu "vecchio; spirito maligno". La locuzione si riferisce con ogni probabilità ai fantasmi degli antenati non battezzati.
(viii) In Valdivia non si ha la palatalizzazione riscontrata nella lingua moderna. 
(ix) Da non confondersi con tiha "tegola" (Quechua dei Wanka), prestito dallo spagnolo teja. Le tegole, sconosciute in epoca precolombiana, sono state prontamente adottate. A Vilcabamba il palazzo dell'Inca aveva un tetto di tegole.
(x) Rosat, 2009: 1206.

Si potrebbe aprire un dibattito sul percorso con cui ciascuna parola Quechua è penetrata in Mapudungun, ma forse sarebbe inconcludente. Alcuni prestiti appaiono fedeli all'originale, mentre altri hanno subìto mutamenti e potrebbero essere più antichi: è stata ipotizzata addirittura un'origine pre-incaica. Ad esempio chang "gamba; ramo", che presenta la perdita della finale del Quechua chanka. A complicare le cose, questo chanka risale al proto-Quechua *tranka (con tr- pronunciata come in siciliano). Per ulteriori informazioni e discussioni sull'argomento, si veda l'opera di Matthias Pache (Università di Leida), Lexical Evidence for Pre-Inca Language Contacts of Mapudungun (Mapuche) with Quechuan and Aymaran (2014). Ecco alcune corrispondenze che non possono essere dovute a prestiti recenti: 

kelü "rosso" : Qu. qulli "viola"
küyen, küllen
"luna" : Qu. killa "luna" 
mongkol
"sferico" : Qu. muruqu "rotondo" 
ñuke
"madre" : Qu. ñuñu "seno materno"
pun
"notte" : Qu. puñuy "dormire" 
pura "otto" : Qu. pusaq "otto"
tapül "foglia" : Qu. chapra "foglia"
waria "città" : Qu. wasi "casa"
weñi "ragazzo" : Qu. wayna "ragazzo, giovane uomo" 

Si notano anche alcuni importanti prestiti culturali dall'Aymará: 

pataka "cento" < Ay. pataka "cento"
warangka "mille" < Ay. waranqa "mille"
wirin "scrivere" < Ay. wiru "solco" 


Altri prestiti dall'Aymará sono riportati da Valdivia:

ayra "pigro" < Ay. hayra, jayra "pigro"
laqueytun "maledire" < Ay layqa "stregone" 

Ho identificato un'altra fonte di prestiti. Si tratta del Kakán, la lingua dei Diaghiti (Diaguitas).

antü "sole" < Kak. ando-, antofa- "sole"(a)
is
üm
"uccello < Kak. ismi "uccello"(b)
machi "sciamano, sciamana" < Kak. machi
    "sciamano"(c)
patay "pane" < Kak. patay "pane di carrube"(d)
ruca "casa" < Kak. -luca- "casa"(e)

(a) Si ritrova nei toponimi Antofagasta, Antofalla (Antofaya), Andolucas. Il vocalismo è incompatibile con un'origine dal Quechua inti "sole". In Kakán la parola ha un'etimologia: sappiamo che an- "luogo alto", ani- "cielo", -án "alto". Questi elementi sono documentati nella toponomastica e nell'antroponimia diaghita. Nel Quechua di Santiago del Estero esistono anche le forme di sostrato tutu "brucia" e tuy! "che caldo!", donde si deduce che l'elemento -tu- in Kakán doveva indicare il fuoco. Dunque ando-, antofa- < *an-tu- "fuoco del cielo". Questo dimostra la direzione del prestito. Il toponimo diaghita Conando corrisponde alla perfezione al Mapudungun coni antu "tramonto" (lett. "il sole entra", vedi Valdivia). Il toponimo diaghita Antofalla corrisponde alla perfezione al Mapudungun lay antú "eclisse" (lett. "il sole muore", vedi Valdivia). Queste frasi potrebbero essere passate ai Mapuche dal Kakán; se è così anche i verbi in questione sarebbero prestiti. 
(b) Si ritrova nell'idronimo Ismiango, glossato Aguada de los Pajaritos, ossia "Ruscello degli Uccellini". Nel Quechua di Santiago del Estero vive tuttora il vocabolo ishma "uccellino", termine di sostrato. In Mapudungun esiste anche ishike "insetti" (in origine "creature volanti", var. isike), che pare formato dalla stessa radice. Vediamo che -mi è un suffisso ben documentato nell'antroponimia e nella toponomastica diaghita, mentre manca nella lingua dei Mapuche. Evidentemente sia isüm che ishike devono venire da parole col significato di "essere volante". L'oscurità etimologica dimostra che sono prestiti. 
(c) Nel 2017 è stata scoperta in Cile una parlante della lingua Kakán, Karen Zunilda Aravena Álvarez, che definisce se stessa machicua, ossia "sciamana". La parola deve essere un composto, da cui si deduce che -cúa significa "donna". Il vocabolo machi, tradotto con "medico", era ben vivo nel Quechua di Catamarca (Argentina), documentato da Samuel Alejandro Lafone Quevedo (1835-1920). Catamarca è una terra lontana dall'area in cui si parlava il Mapudungun. Con tutta probabilità machi è un termine culturale diaghita passato ai Mapuche. 
(d) Il vocabolo si trova come sostrato nel Quechua di Santiago del Estero e nel Kunza, una lingua isolata un tempo parlata nella regione di Atacama. A Santiago del Estero patay indica un pane particolare, fatto con le carrube. Nelle comunità di Atacama indicava una massa dolce fatta con la farina di carruba. Irriducibile al Quechua, questa parola deve essere un elemento culturale diaghita di particolare importanza.
(e) Il toponimo Andolucas significa "(alla) Casa del Sole". Trovo plausibile l'ipotesi formulata da Pache di un'origine remota del Mapudungun ruka "casa" dalla stessa radice del Quechua wasi "casa". Da una protoforma *wasV-ka "gruppo di case" si sarebbe formata la variante *masV-ka, evoluta in vario modo. Si noti che in Hulliche anziché ruka troviamo shuka "casa". In Amazzonia è molto diffusa la parola maloka "casa comune". Sono convinto che il Kakán sia stato il tramite per il passaggio di questo elemento in Mapudungun. Si nota che il Kunza ha lickan "villaggio", chiaramente parente del termine Kakán -luca- "casa". 

La lingua dei Puelche (Gününa Yajüch), un popolo della Pampa, ha dato alcuni prestiti al Mapudungun, forse a causa di matrimoni misti avvenuti in epoca non troppo antica. I dati sono stati tratti dal World Loanword Database (WOLD).   

kalel "collina" < Pu. kalïl "collina"
kelesia "lucertola" < Pu. kelésia "lucertola"
kotrü "salato, aspro" < Pu. xitran "sale"
kululu "farfalla" < Pu. kululu "farfalla"
lamkja "vino" < Pu. lam "bevanda alcolica"*
trawala "patata" < Pu. dawala "piccola patata selvatica"

*In ultima analisi è a sua volta un prestito dall'inglese rum.

domenica 29 luglio 2018

CONTRO LA RETROATTIVITÀ DEL LINGUAGGIO IDEOLOGICO

Ogni ideologia è una visione del mondo, una Weltanschauung. Si è detto che il XX secolo è stato il tempo delle ideologie. In realtà anche il XXI è tempo di ideologie, ma con qualcosa in più. Questa è l'epoca in cui le ideologie sono usate scientemente per interpretare il passato anteriore alla loro stessa esistenza, applicando la retroattività! I risultati di questa operazione indebita sono oltremodo grotteschi. A quanto ricordo, negli anni '80 e '90 non si vedeva niente di simile. 

Mi sono accorto che qualcosa non andava nel corso dell'Anno del Signore 2007. L'amica Alessia Zoi aveva pubblicato una serie di articoli sull'Ordine dei Cavalieri Templari e sul processo che ha portato al loro annientamento. Sono rimasto basito quando un navigatore ha aggiunto a uno di questi post un commento: egli inveiva contro il Re di Francia, Filippo il Bello, accusandolo di essere fascista! In seguito sono venuto a conoscenza di un'esegesi storica abusiva, che definisce il Fascismo un "male metastorico". Persino alcuni neofascisti hanno aderito a questa congerie di assurdità spaventose, abolendo la parola "male" e mantenendo intatta la metastoricità. Il termine "metastorico" significa "che è al di là della Storia", ossia assoluto, che si manifesta immutato e immutabile in ogni epoca passata, presente e futura, indipendentemente dal contesto. In questi tempi sommamente calamitosi vediamo spesso orde di convulsionari attaccare tutto ciò che a loro arreca offesa etichettandola come "fascista", elevando alti lai e rendendo l'esistenza insopportabile. Quante volte ho dovuto sospendere per 30 giorni contatti di Facebook perché non facevano che sbraitare, vedendo dovunque il "fascismo", friggendo di sdegno come se le Camicie Nere imperversassero per le strade, come se Mussolini sedesse ancora al Quirinale e le strade fossero tappezzate da sue immagini gigantografiche! Dal momento che il termine Fascismo designa ogni regime dittatoriale definito "di destra" e avente certe caratteristiche, secondo questi "antifascisti" è evidente che il Nazionalsocialismo tedesco ne condivide la natura intrinseca. Così assistiamo alla delirante isteria di coloro che vedono dovunque i nazisti, urlando e strepitando come se il Führer, ormai ultracentenario, governasse ancora la Germania con pugno di ferro, come se ovunque su Berlino garrissero le bandiere con lo Hakenkreuz, come se a Norimberga Goebbels, seppur ridotto a una larva rachitica, ancora tuonasse ogni anno dinanzi a folle oceaniche di militanti col braccio teso. Ogni cosa è "nazismo" per questi decerebrati. Le parole sono usate a sproposito. Persino il termine "pogrom" ormai è usato per etichettare un semplice dissenso. Ma lo sanno questi idioti cos'è un pogrom? Ne hanno la benché minima idea? Sanno questi idioti cos'è l'odio razziale? Come dare una spiegazione a questi fenomeni di follia collettiva?

Vedete, ogni regime, inclusi quello di Mussolini e quello di Hitler, sono inseparabili dal contesto che li ha visti formarsi e consolidarsi. Sono fenomeni nati in un certo momento, aventi cause ben determinate, che non sono scorporabili dal loro secolo. Hanno avuto un inizio, una durata e una fine. Sapete cos'è il Nazionalsocialismo? È la volontà di Adolf Hitler. Questa spiegazione, data da Martin Bormann, concentra in sé l'intero Nazionalsocialismo. Essendo Adolf Hitler morto, si deduce che lo stesso Nazionalsocialismo è morto. Il Nazionalsocialismo senza Hitler non esiste, appartiene al regno dell'irrealtà. Ovviamente potranno sorgere in futuro regimi dittatoriali efferati, ma non potranno essere ritenuti una continuazione del Nazionalsocialismo. Avranno altre cause, saranno nati da contesti interamente diversi ed avranno un'evoluzione del tutto dissimile. Quindi dove sarebbe il carattere metastorico? Soltanto un pazzo furioso potrebbe prendere le caratteristiche del Nazionalsocialismo e trasferirle a Gengis Khan, come se il condottiero mongolo fosse scaturito dall'esperienza della Grande Guerra del 1915-1918 e dalla sconfitta della Germania! Questa sarebbe la storiografia moderna? Interpretare Carlo Magno, Nabucodonosor e il Faraone Ramesse II il Grande come prodotti del razzismo biologico ottocentesco di origine darwinista? La causa di queste aberrazioni è una sola: il mondo scolastico.

Qualcuno dirà che il mondo pullula di fermenti "nazionalisti", "xenofobi", "razzisti" e via discorrendo - in un parola "sovranisti" - attribuendo la colpa di questa instabilità pericolosa a Hitler e a Mussolini, col loro pretesoo carattere atemporale. Errore madornale. La scuola è stata la responsabile primaria della raccolta di un gran numero di spore fungine che ha conservato con grande cura e diffuso tra le genti. La scuola semplifica ogni cosa e la banalizza. Prende il Nazionalsocialismo e lo trasforma in una cosa stupida fatta di brutti-cattivi che odiano il "diverso" e non vogliono il negretto in classe. Per la scuola, il mondo esiste dal 1945, prima non c'erano eventi, l'intera Storia non sarebbe che un punto. Hitler e Mussolini non hanno una causa, sono entità prive di struttura interna giunte dal Nulla a minacciare il mondo dei Puffi, in cui tutti si volevano bene e il tempo non esisteva. Questa procedura porta automaticamente a interpretare l'intero passato dell'umanità usando questi strumenti concettuali miserrimi. I fermenti "nazionalisti", "xenofobi", "razzisti" di cui si parla si sono formati per reazione alla martellante propaganda scolastica.

Veniamo ora all'ideologia femminista cosiddetta "di genere". Non sto parlando della lotta per i diritti delle donne, ma di quel modo deleterio di considerare maschi e femmine come due specie diverse tra loro aliene anziché come componenti di un'unica specie, quella umana. La Weltanschauung delle Eumenidi seguaci di questa forma di fanatismo è interamente costituita da un insieme di locuzioni che vengono idolatrate come assoluti e usate come armi, quasi fossero dotate di un potere risolutore in grado di cambiare la realtà delle cose. Così è stata costruita una realtà distorta definita come "patriarcato", fondata sull'oppressione della donna, vista assurdamente come "minoranza", da parte della "maggioranza" formata dagli uomini. Naturalmente abbiamo sentito parlare di "patriarcato" già nella seconda metà dello scorso secolo. Il punto è che adesso questa categoria viene applicata all'intero corso della Storia del genere umano. Eppure posso dimostrare con argomenti solidissimi che tutto ciò è soltanto un abuso, essendo il concetto di "società patriarcale" spesso e volentieri inapplicabile a svariate grandi civiltà del passato. Consideriamo per esempio l'Egitto dei Faraoni. La donna aveva una posizione molto elevata ed aveva libertà che sarebbero state inconcepibili soltanto nel nostro Occidente di cinquant'anni fa. Ad esempio, poteva avere proprietà e gestire un'attività commerciale senza dover sottostare al marito. Ci sono state persino due donne che con certezza sono ascese al trono faraonico: Nefrusobek e Hatshepsut (mi si perdonino le trascrizioni fallaci dei nomi). Orbene, anche la Valle del Nilo aveva il suo lato oscuro. La donna infatti doveva sottoporsi a escissione del clitoride e delle piccole labbra. Ai nostri tempi le mutilazioni sessuali femminili sono viste come manifestazione estrema del "patriarcato", perché tipiche di società come quelle del Corno d'Africa, in cui la donna non può opporsi al suo fato ed è considerata come un essere inferiore; spesso sono indebitamente associate all'Islam. Nell'Antico Egitto le cose non stavano affatto così. Le mutilazioni sessuali avevano origine religiosa. Gli Egiziani credevano che uomini e donne derivassero dalla scissione di un Ermafrodita Primigenio, che secondo il mito aveva in sé entrambi i sessi. Tuttavia questa scissione sarebbe stata imperfetta, mantenendo nel maschio un residuo femminile (il prepuzio) e nella femmina residui maschili (il clitoride e le piccole labbra). Così per poter contrarre matrimonio, uomini e donne dovevano sottoporsi a un'operazione rituale di eliminazione dei residui del sesso opposto! Le cause non sono economiche né politiche, e a maggior ragione non possono essere viste come risultato di ideologie nate nel XX secolo d.C.! Le cause risiedono unicamente nella religione dell'Antico Egitto. Gli Egiziani non erano né "patriarcali" né "matriarcali": semplicemente l'ideologia femminista non funziona e non li può descrivere. Passiamo ora agli antichi Celti, i cui costumi sono descritti in modo approfondito da autori dell'antichità come Aristotele e Diodoro Siculo. La donna aveva un ruolo molto importante nella società celtica e non veniva oppressa. Anzi, i mariti si curavano poco delle mogli e preferivano dedicarsi all'omosessualità virile. Coltivavano la pederastia e le relazioni tra maschi adulti. Attualmente molti credono che l'omosessualità sia "mancanza di virilità" e che un omosessuale debba necessariamente essere femmineo quanto futile. Ebbene, i guerrieri Celti erano terribili sul campo di battaglia e di una violenza inaudita. Un quadro idilliaco per la donna? Non direi. Quando un uomo moriva, così ci documentano gli autori, venivano subito avviate indagini per scoprire quale donna fosse responsabile del decesso. Infatti si credeva che la morte improvvisa fosse causata per necessità dalla magia di una donna. Una volta trovata l'autrice del maleficio, veniva messa a morte. La costumanza di bruciare le streghe non ha le sue origini nella Bibbia! Vediamo che anche tra i Germani del Nord esisteva il costume di bruciare vive le streghe, con buona pace dei moderni revisionisti convinti che la pena del rogo sia stata inventata dall'Inquisizione nel XVII secolo. Basti pensare al mito della strega Angrboða, bruciata viva per le sue opere maligne: Loki trovava il suo cuore palpitante tra le ceneri e lo ingeriva, rimanendone gravido. Il nome della strega è formato da angr "dolore", "tribolazione", che ha anche il significato di "danno fisico". I costumi dei Germani erano diversi da quelli dei Celti, eppure la donna aveva comunque una posizione non vile, senz'altro migliore di quella vigente tra i Romani e tra i Greci. Anche in questi casi le categorie del "patriarcato" e del "matriarcato" non funzionano affatto.

giovedì 26 luglio 2018

PER UN'ANTROPOLOGIA SCATOLOGICA

La domanda la faccio a bruciapelo. Qual era il rapporto che i Sumeri avevano con lo sfintere anale e con le feci? Molti considereranno banale la questione, se non addirittura sconveniente. Nulla di più lontano dal vero. Si può dire di conoscere davvero un popolo se si ignora tutto sul suo modo di vedere gli aspetti più bassi dell'esistenza corporale? E dire che dei Sumeri sappiamo moltissime cose. Solo per fare un esempio, siamo persino a conoscenza del termine che usavano per indicare quella che oggi è nota come "mazzetta", ossia il dono usato per corrompere un ufficiale. Basta consultare il vocabolario Sumerian Lexicon di John A. Halloran, disponibile anche online, e ci vengono rivelati interi mondi. La parola per indicare la "mazzetta", tradotta dall'accademico con "gift, bribe", era KADRA. Halloran suggerisce una derivazione da KAD "legare assieme" + RU "dono" (con -RU > -RA per armonia vocalica), anche se potrebbe trattarsi di una falsa etimologia. Simili vocaboli dovevano essere già antichi agli albori della civiltà. Nulla di nuovo sotto il sole! Non ci sono dubbi: quella era una società giovane, eppure mostrava inconfondibili segni di sfacelo. L'indispensabile opera di Halloran ci viene in aiuto nella nostra ricerca scatologica. L'ano era chiamato BID. La variante BI ci dice che la consonante finale col tempo si è affievolita fino a sparire. La traduzione è accompagnata da un commento dell'autore: "open container with motion away from". Affascinante. La stessa radice, usata come verbo, assumeva il significato di "defecare"; "orinare". La parola per "escremento" era ŠE, mentre quella per "orina" era KAŠ (forse un antico composto di ŠE, qualcosa come "escremento liquido"), entrambe senza alcuna relazione col verbo BID. Senza dubbio possiamo sapere come tradurre correttamente in sumerico il concetto di "leccare il buco del culo". Il verbo per dire "leccare" era EME--ŠUB. La parola EME significa "lingua", mentre la radice verbale è ŠUB "leccare, lambire". In questo tipo di verbi transitivi composti, tra il primo e il secondo membro sono inseriti elementi pronominali e di altro genere, mentre l'oggetto, non marcato, precede la catena. Così BID EME--ŠUB significherà proprio "leccare il buco del culo"; BID EME-GA-NNA-B-ŠUB tradurrà "vorrei leccarle il buco del culo". Pur essendo queste formazioni grammaticalmente corrette, non sappiamo se esistessero veramente. Il problema che ora si pone è questo: come avrebbe reagito un nobiluomo di Ur sentendo pronunciare una frase con questo verbo? La sua reazione sarebbe stata diversa da quella di una nobildonna? E i popolani? Ne sarebbero rimasti sconvolti? Avrebbero riso? Non lo sappiamo. Per quanto possiamo frugare nella letteratura dei Sumeri giunta fino a noi, a quanto ne so, non riusciremmo a trovare nemmeno un brano o un'allusione che ci illumini sull'argomento. Non sappiamo se fosse concepibile, per non dire attuato, l'atto conosciuto in inglese come rimming o rimjob e in latino come anilingus (parola creata dallo psichiatra Richard Freiherr von Krafft-Ebing, non risalente all'antichità). Tempo fa lessi da qualche parte che erano giunte sino a noi alcune raffigurazioni erotica attribuibili alla civiltà sumerica. L'autore dell'articolo commentava con parole di questo tipo: "Nulla di originale, a dire il vero. Del resto, cosa potremmo aspettarci da un popolo la cui capitale si chiamava Ur?" L'ironia è a parer mio malposta: le raffigurazioni in questione mostrano costantemente copule more ferarum, ossia pecorine, con buona pace degli evoluzionisti ciarlatani come Desmond Morris, che contro ogni evidenza affermano l'universalità del sesso faccia a faccia. Queste raffigurazioni dell'atto sessuale sono state ereditate dai Babilonesi, influenzati culturalmente dalla cultura sumera in modo capillare. Non è difficile trovare nel Web immagini di questo tipo e relativa documentazione, ad esempio si veda l'articolo comparso nel 2014 su The Times of Israel. Si hanno prove schiaccianti del fatto che i Sumeri erano molto liberi sessualmente. Quando ero un adolescente mi sono imbattuto in alcuni versi di una poesia sumera, in cui una ragazza dice al suo amato: "Sposo, tu hai preso delizia da me. Dillo a mia madre, lei ti darà leccornie. Dillo a mio padre, lui ti darà dei doni." A dire il vero la ragazza era la Dea Inanna e il suo amato era Dumuzi, quello che poi tra le genti di Babilonia sarebbe stato conosciuto come Tammuz. Tutto molto interessante, però ancora non sappiamo quale fosse il limite concreto al godimento dei corpi tra le genti di Ur. Potrebbe anche darsi che considerassero l'ano una parte del corpo vergognosa e tabù, limitandosi a copulare provocando l'emissione del seme nella vagina, senza fantasia alcuna. Chi colmerà le nostre lacune conoscitive? Dovremo tenerci il prurito fino alla Fine dei Tempi? Forse no, non tutta la speranza è perduta. Se scavassimo con pervicacia, potremmo finalmente trovare un indizio cruciale. Per serendipità mi sono imbattuto in un'informazione di estremo interesse. Il termine sumerico per indicare la mano sinistra era GUB. Halloran appone un singolare commento a questa parola, riconducendola erroneamente a HAB "puzzare; maleodorante" (variante HUB): "the left was the hand that stank from wiping excrements", ossia "la sinistra era la mano che puzzava perché usata per pulirsi dagli escrementi". L'etimologia proposta è falsa perché non è possibile in sumerico scambiare le consonanti G e H, tuttavia l'informazione riportata potrebbe ben essere fondata. Immagino che Halloran abbia attinto a qualche fonte sulle costumanze igieniche, anche se non la menziona. Se quanto dedotto fosse vero, avremmo trovato una risposta alla nostra domanda. Il costume, diffusissimo in Asia, di pulirsi il culo usando la mano sinistra - ritenuta sporca e immonda a causa di questa funzione umiliante - era già conosciuto dai Sumeri. Anzi, potrebbe essere stato proprio una loro invenzione. Quindi possiamo immaginare che, pur non essendo Semiti, le genti di Ur fossero ossessionate dalla purezza del corpo e dalla repulsione verso i suoi reflui. A questo punto l'ipotesi che ritenessero inconcepibili i rapporti oro-anali non è poi così peregrina. I nostri sforzi potrebbero essere premiati se avessimo tempo a disposizione per studiare l'immensa mole di testi dell'antica Mesopotamia, sperando che si incrementi col tempo e che possano scaturirne altre informazioni sorprendenti. 

Tutto questo è soltanto un piccolo frammento di una grande opera di antropologia che sogno di portare a termine nel giro di qualche anno, lacerando i veli con cui l'ipocrita mondo accademico tenta di nascondere la natura vera delle cose.

Su Quora ho posto il seguente quesito:

"Se volessi scrivere un approfondito trattato antropologico sulla storia dei contatti oro-anali e oro-fecali tra i popoli, come potrei reperire il materiale necessario?"

Così mi ha risposto l'utente Ugo Salvatore:

"per l’europa non riusciresti ad andare molto oltre la semplice pornografia, ed in tal senso, avresti informazioni fortemente deviate da tabù o perversioni dei singoli pornografi. già riesci ad andare un pochino oltre con i testi tipo kamasutra o indiani. per altre nazioni, non saprei dirti."

Sul momento mi sono sentito scoraggiato di fronte alle difficoltà. Adesso so che non bisogna mai arrendersi di fronte alla natura impervia dei sentieri della Conoscenza: procedendo passo dopo passo, con metodo e rigore, si possono raggiungere anche le vette più difficili.

domenica 22 luglio 2018

FANTASMI E TERMODINAMICA

La BBC, che è stata per decenni il centro di irradiazione del maligno potere di Jimmy Savile, alias Lucifero sulla Terra, dovrebbe soltanto ammutolire: ogni membro della sua dirigenza è tenuto a mettersi la cenere sulla testa e a recitare il mea culpa. In breve le cose stanno così. Brian Cox, scienziato e divulgatore scientifico, in un programma della demoniaca emittente ha affermato che i fantasmi non possono esistere perché non possono trovare una definizione nel nostro universo fisico. Non essendo fatti di materia, afferma lo studioso britannico, gli spettri dovrebbero per forza essere fatti di energia, così il loro stesso essere si disperderebbe, in accordo col secondo principio della termodinamica. Proseguendo nelle sue futili argomentazioni, Cox afferma anche che se i fantasmi esistessero, il Large Hadron Collider (LHC) del CERN sarebbe riuscito ad osservarli.


Contro gli eccessi del neopositivismo pierangelista insiti nell'intervento di Cox, ecco un eroico post sul blog Helter Skelter, del ricercatore Stefano Marcellini, che lavora nel campo della fisica delle particelle elementari e che non crede all'esistenza dei fantasmi: 


Invito tutti a leggere il brillante contributo.

Un navigatore anonimo ha aggiunto al post il seguente commento:

Permettimi una battuta: se veramente ti rivolgi a Brian Cox, dovresti scrivergli una email in inglese :D Cioè, questo post va benissimo per noi ignorantoni italiani, ma se non gli hai mandato privatamente anche una email, dubito fortemente che la tua lamentela arrivi a Brian Cox. ;-) (sia chiaro: tutto questo è da leggersi con simpatia)

Ne ho tratto spunto per tradurre in inglese il testo di Stefano Marcellini. Riporto in questa sede la traduzione, augurandomi che sia utilizzata dal ricercatore-blogger e inviata a Cox tramite email. Ho dovuto adattare in alcuni punti locuzioni incompatibili con la forma mentis anglosassone. Spero di non essere crocifisso per questo; penso tuttavia che chiunque capisca che non si possono tradurre alla lettera espressino come "non gli fa un baffo" o "non capisce un cavolo". Mi scuso in anticipo se la traduzione dovesse risultare inadeguata.

Does CERN rule out the existence of ghosts?
Let's be serious, please!
 

I'm reading in this article that Brian Cox, a physicist and well-known science writer (very good, however) stated in a BBC program that the experiments carried out at the LHC accelerator at CERN in Geneva exclude the existence of ghosts. In fact, Cox explains, in the Standard Model of elementary particles there is no mechanism that can describe and justify the passage of information and energy from life to death, because if this were the case experiments would have observed the evidence. And then, since the ghosts are not material beings, then they must be made of energy, and therefore this would violate the second principle of thermodynamics. And so on with other similar odd techniques. 

Now, given that I don't believe in the existence of ghosts, I think, however, that these statements are rubbish that a scientist should avoid like the plague. They are crap from a scientific point of view, because the existence of ghosts is something that is already per se out by definition from the known physical laws. And it is therefore clear that those who believe in ghosts also believe that the latter cannot care about what is banned from physics books, and also believe that there is a type of reality (let's call it what we think it is) and a type of phenomena that can make inroads into our world without creating any disruption to the Standard Model or any other physical law. It doesn't take a CERN physicist to understand that if one believes in miracles, the guardian angel, or more generally the divine and the otherworldly, one is also convinced that what happens in that parallel world does not follow the letter too much physics books.  

But above all these statements are rubbish because in no way they can help convince those who believe in ghosts that, violating the Standard Model and the laws of entropy, their beliefs are wrong. On the contrary, they will eventually convince them that even scientists, when they get there, can be quite stupid.

Using the LHC measures to deny the existence of ghosts is more or less like saying that cannot exist mortadella sandwiches orbiting around Uranus because at such extreme temperature and pressure conditions the greaves of mortadella fat would are not able to maintain their consistency. If one believes that there may be mortadella sandwiches in orbit around Uranus, the scientific explanations on why they could not be there give him a damn, I think. And if the speech can still have a logic with the mortadella sandwiches, because they are real and well known objects, which always follow physical laws, let alone with ghosts, that no one has ever seen, and that by definition don't obey the laws of nature. So, I wonder, whom does Brian Cox address with his statement? Whom does he believe to convince, if he cannot even convince me, given that I believe in ghosts as much as in sandwiches orbiting around Uranus?  

But above all, what is the risk involved in making these declarations so lightly, betraying them as scientific, and using serious science to draw conclusions on aspects that are already out of the empirical reality? Brian Cox, with his release, perhaps believed, as a scientist, to dots the i's and cross the t's on this subject, without understanding that the topic is not about science. And by doing this he hasn't understood that this kind of affirmation is the best way to disgrace science! This is the best way to be ridiculed by those who already suspiciously look at science, by those who believe it to be imposing and suffering from delusions of omnipotence, by those who think that scientists believe to be always right, by every Benedetto Croce who looks at scientists with annoyance and contempt. From whom, in short, doesn't understand a damn about science, and at the same time would love nothing more than to attack it.  

Making scientific disclosure is a sacrosanct and very serious activity. It's important to understand in a simple and at the same time the most correct way what scientists study and why it's important that they study it. It's important to make citizens understand what science can give to society. And given that citizens ultimately subsidize scientific research, disclosure serves to make them participate in the results they have helped to obtain with their taxes. Now, if I didn't know anything about science and physics of LHC, and didn't know that at LHC nobody really dreams about studying ghosts but rather, nobody even remotely looks at the issue of their existence and possible interaction with the matter of the universe, if I didn't know all this, I would be really and negatively surprised by the statements of Brian Cox, because they appear to be a truly disarming puerility. I would definitely be annoyed by the knowledge that it is the CERN scientists' concern to show me the non-existence of ghosts. Brian Cox, with his shot, makes scientists appear as a band of scions who believe that ghosts cannot exist because they are not described by the Standard Model! I repeat, I don't believe in ghosts at all, but I am sure that if they existed as they are imagined, they wouldn't give a fuck about our Lagrangians and Feynman diagrams!  

So I turn to Brian Cox: Brian, you are a very good popularizer, you have the charisma of those who can catch the public and make it fascinating, a feature that very few scientists have. Use these skills to explain science as you have shown to be able to do, and forget about the temptation to do the allographer and trespass on topics that have nothing to do with science. Don't do like some local scientists, like some mathematicians suffering from omnipotence delirium, who filled the shelves of bookshops with essays dealing with biblical exegesis to remedies for gastritis. Or like certain retired particle dealers, who are convinced to have in their pockets the scientific evidence of the existence of God, confusing in the meantime weather with climate. Please continue to fascinate us as you can do, because you can do it well, but give up this crap about ghosts. 

A questo punto che dovrei dire? Non posso escludere a priori l'esistenza dei fantasmi e sono convinto che questa potrebbe benissimo non interagire con le leggi della termodinamica. Credo altresì che non sia scientifico mettere sullo stesso piano l'idea che l'informazione possa passare dalla vita alla morte con assurdità come i panini imbottiti in orbita intorno a Urano, se prima non si dà una chiara dimostrazione dell'impossibilità del processo in questione. Ma un fantasma può anche essere qualcosa di diverso dall'essere di un morto o da una sua proiezione. Non c'è bisogno di evocare l'occulto, come la gente potrebbe pensare per inveterata ignoranza. Se vedo una persona davanti a me, i miei organi di senso e le sinapsi del mio cervello raccolgono, trasmettono ed elaborano gli input sensoriali. Con adeguati strumenti, sarà possibile tracciare una mappa neuronica del mio cervello corrispondente al mio atto di vedere la figura umana. La tomografia evidenzierà le aree più attive, quelle meno attive e via discorrendo. Dopo un lungo studio, i ricercatori capiranno finalmente come mettere in relazione la scansione dell'attività cerebrale con le mie percezioni visive. A questo punto immaginiamo una macchina in grado di causare in un paziente posto in una camera bianca le stesse stimolazioni e le stesse trasmissioni di impulsi elettrici che un uomo sperimenta quando vede una data figura umana davanti a sé. Ebbene, il paziente in questione vedrà quella figura umana davanti a sé come se fosse reale! Ammettiamo che si tratti di una bella donna dai capelli castani e dagli occhi verdi, longilinea, con un tailleur elegante color vinaccia, gli orecchini d'oro ad anello e un prezioso collier dello stesso metallo. Posso distinguerla in ogni dettaglio. Le sue scarpe col tacco a stiletto, nere, i suoi sensuali collant. È proprio lei, la riconoscerei dovunque. E adesso è l'uomo sottoposto all'esperimento a vederla, nella camera bianca. Anche se non c'è una donna in carne ed ossa davanti a lui, i suoi organi di senso reagiscono come se ci fosse. Cosa sarà dunque questa donna, se non un fantasma? Non ci credete?

Guardate cosa dice il vocabolario online Treccani alla voce fantasma:


fantasma s. m. [dal lat. phantasma, gr. ϕάντασμα, der. di ϕαντάζω «mostrare», ϕαντάζομαι «apparire», dal tema ϕαν- di ϕαίνω che, sia nell’attivo sia nel medio ϕαίνομαι, ha gli stessi sign.]

Guardate cosa dice Etymonline.com alla voce phantom:


c. 1300, fantum "illusion, unreality," from Old French fantosme (12c.), from Vulgar Latin *fantauma, from Latin phantasma "an apparition," from Greek phantasma "image, phantom, apparition; mere image, unreality," from phantazein "to make visible, display," from stem of phainein "to bring to light, make appear," from PIE root *bha- (1) "to shine." The ph- was restored in English late 16c. (see ph). Meaning "specter, spirit, ghost" is attested from late 14c.; that of "something having the form, but not the substance, of a real thing" is from 1707. As an adjective from early 15c.  

Immaginiamo adesso che anziché da una macchina, questa visione sia indotta da qualcosa che agisce in modo del tutto simile: una specie di parassita che attinge il suo nutrimento dai sistemi nervosi, avendo la capacità di influenzarli. Non disperderebbe la propria energia, come pensa Cox, perché la prenderebbe dai viventi con cui interagisce. Non sarebbe necessariamente un essere con l'aspetto di un lenzuolo fluttuante e non sarebbe neppure costretto ad emettere urla raggelanti. Se però lo facesse, queste sensazioni non corrisponderebbero ad alcunché di materiale. Non credo proprio che il LHC sarebbe in grado di scovare una forma di vita di questo genere, dato che non riuscirebbe a scorporarla dal normale campo elettromagnetico prodotto dal cervello dell'ospite. Del resto un acceleratore di particelle non è progettato per fare questo. Possiamo escludere a priori che in un futuro si possa scoprire e classificare una simile meraviglia? Sfido chiunque a farlo. Quanto descritto è solo una tra le tante possibilità immaginabili. Certo, è difficile che ai pierangelisti interessi sondare il campo degli esperimenti concettuali. Quello che conta è che abbiamo ottenuto il nostro scopo, e per giunta senza uscire dal dominio della Scienza. Da nessuna parte sta scritto che un fantasma debba per forza essere il fantasma Formaggino.

mercoledì 18 luglio 2018

LE ORIGINI NON EVOLUZIONISTICHE DELLA MONOGAMIA UMANA

Su Quora qualcuno ha posto la seguente domanda:

"Perché, scientificamente, l'evoluzione della specie ha portato alla monogamia dell'essere umano?"

Non avrei mai pensato di imbattermi nel Web in una proposizione così lontana dalla realtà dei fatti, tanto da valicare i confini dell'assurdo. Eppure sembra proprio che qualche materialista evoluzionista creda davvero nella sua veridicità. Forse l'utente a cui si deve questa perla non lo sospetta nemmeno, ma l'idea della monogamia come elemento definitorio della specie umana riesce a dare una dimostrazione lampante di un famoso pensiero attribuito ad Albert Einstein: "Solo due cose sono infinite, l'universo e la stupidità umana, e non sono sicuro della prima".

Molti anni fa, quando ero ancora uno studente universitario, mi capitò di leggere un inverecondo articolo scritto dal sociologo e giornalista Francesco Alberoni. Non ho mai amato quella persona e nessuno può farmene una colpa. Egli scriveva, avendo avuto un notevole successo con un suo libro sdolcinato sul rapporto di coppia, che l'essere umano sarebbe naturalmente monogamo. Chiaramente non poteva portare prove di questa sua singolare tesi, frutto delle sue fantasie sull'innamoramento. Forse ignorava l'esistenza della parola "corna", ma in compenso se ne usciva senza sosta con affermazioni di natura allucinatoria. In anni non sospetti, in cui non si sapeva nulla della vita sessuale di Silvio Berlusconi, Alberoni scriveva cose di questo genere: "La monogamia fa parte della natura umana, come il calore dei mammiferi. Se così non fosse saremmo freddi come i rettili e le donne farebbero corte attorno ai potenti" (non ricordo le parole esatte, ma la sostanza era proprio quella riportata). Diabole Domine! E non è quello che accade ogni giorno? Forse il sociologo di Borgonovo Valtidone non è mai stato alla corte di un oligarca russo? Non ha mai visto con quanta efficacia il denaro compri la figa? Non sa con quanta facilità torme di ragazze avvenenti sono attratte da attempati nababbi? Ebbene, anni dopo l'enunciazione delle tesi alberoniane sul calore dei mammiferi e sulla freddezza rettiliana, ecco che gli scandali sulle orge di Hardcore e sulle Orgettine hanno dato ragione al mio sacrosanto cinismo.

Alla domanda posta su Quora ha risposto Francesco J. Galvani, che si definisce "Appassionato di evoluzione e di nutrizione". Riporto in questa sede il suo intervento: 

Scientificamente l'evoluzione non ha affatto portato alla monogamia. Non confondiamo temi culturali con biologici.

La monogamia ha riguardato solo una parte di tutte le culture umane esistite. Ha avuto particolare successo semplicemente perché è molto comoda nel tenere sotto controllo l'ordine sociale: nei regimi dove vige la poligamia di fatto gli uomini più ricchi o più appetibili sessualmente si accaparrano molte donne, lasciando gli altri spesso a bocca asciutta o creando una competizione estrema. Che non fa di sicuro bene a una società.

Ci sono piuttosto ottimi motivi per credere che biologicamente gli umani non siano granché monogami. Le specie con grandi differenze fisiche tra maschi e femmine (come la nostra) e in cui i maschi vivono meno e sono più “spendibili” in guerre e violenze tendono a essere poligame. Aggiungi il fatto che la “crisi del settimo anno” potrebbe avere un senso evolutivo: a 7 anni i bimbi sono belli che pronti per arrangiarsi (in natura) e non serve più che la coppia di genitori resti unita per massimizzare le loro possibilità di sopravvivenza.

Sono solo ipotesi, sia chiaro. Ma molto intriganti.

Molto interessante. Se devo essere franco, non credo che ci sia bisogno di scomodare le dottrine di Darwin. Basta notare che la monogamia è molto popolare e diffusa in gran parte dell'orbe terracqueo perché è stata imposta dal Cristianesimo. Certo, l'unione monogamica tra uomo e donna esisteva anche tra i politeisti dell'antichità ed esiste in una gran varietà di popoli moderni non riconducibili ad alcuna forma di tradizione cristiana. Queste cose però non provano nulla.

Notiamo che le religioni abramitiche non hanno idee simili sul matrimonio, a dispetto di un identico modo di concepire l'unione fisica tra uomo e donna, id est la copula. Nella tradizione ebraica, la monogamia si è consolidata da tempo, ma in epoca antica le cose stavano diversamente: solo per fare un esempio ricordiamo che i re di Israele David e Salomone avevano concubine in quantità. In 1 Re 11:1-3 è scritto che Salomone ebbe settecento mogli e trecento concubine. Se il Cristianesimo ha propugnato una rigida monogamia, vediamo invece che l'Islam sostiene la poligamia, permettendo ai suoi fedeli fino a quattro mogli e tante concubine quante ne possono mantenere. Orbene, tra le religioni abramitiche, l'Islam è la più bellicosa, vitale e determinata, e ha un numero immenso di credenti: attualmente sono ben 1,8 miliardi, che corrispondono al 23% della popolazione globale (Fonte: Wikipedia). Ci si aspetta inoltre una forte crescita della popolazione musulmana. Le proiezioni sono riportate nel sito Pewforum.org. Quindi, già con questi dati possiamo affermare che esiste una gran parte della popolazione planetaria che non considera affatto la monogamia la condizione naturale dell'umanità, con buona pace di Alberoni e di altri sacerdoti della vita di coppia. Certo, qualcuno dirà che la poligamia non è la prassi di tutti gli islamici presi singolarmente, e che anche tra quelle genti vi sono moltissime unioni monogamiche. Questo è vero, ma soltanto per motivi economici. Moltissimi uomini di fede musulmana non godono di condizioni agiate e quindi non possono permettersi di mantenere più di una moglie, per non parlare delle concubine. Se però si elargisse una grande ricchezza a un maomettano povero con una sola moglie, questi prenderebbe subito altre tre mogli e svariate concubine. 

L'idea della monogamia come prodotto dell'evoluzione umana deriva dall'estensione forzata di una caratteristica dell'Occidente moderno all'intera umanità e alla sua intera storia, ed è pertanto frutto dell'ignoranza. La retorica soggiacente è di chiaro sapore positivistico: si fonda sulla narrazione di un progresso indefinito, ha forti connotati moralizzanti e pretende di trovare le radici delle istituzioni nella stessa biologia umana. In realtà, nel nostro genoma non c'è nulla di simile. Avremmo potuto vivere in una società molto diversa da quella che conosciamo, se soltanto qualche cruciale evento storico avesse sortito un esito differente. Quando le genti della Scandinavia erano pagane, esisteva di certo tra loro il matrimonio, tuttavia non era raro il concubinato. Un nobile poteva prendere con sé numerose fanciulle e nessuno trovava nulla a ridire. Esistevano anche forme di matrimonio a tempo e poco impegnativo, attestate nelle saghe islandesi, per cui un uomo poteva comprarsi una moglie con una pelle di tricheco e altri beni mobili. Penso che sia sufficiente menzionare un'ucronia. Se Carlo, figlio di Pipino il Breve, fosse morto giovane a causa di un'infezione, l'espansione del Cristianesimo avrebbe potuto subire una battuta d'arresto e probabilmente sarebbero prevalsi usi nuziali molto diversi da quelli oggi comuni.

martedì 17 luglio 2018

LE PRETESE ORIGINI MIMETICHE DEL SENO FEMMINILE: UN RIDICOLO PIERANGELISMO

In molte occasioni ho notato un fenomeno ben singolare: non sono rari gli individui che interpretano le dottrine evoluzionistiche di Darwin come una forma di religione vera e propria, tanto da agire come suoi missionari fanatici. Ogni volta che si rende necessario spiegare qualcosa, partono in quarta con le loro esegesi naturalistiche aggressive, enunciate con un tono che non ammette repliche. Pur professandosi atei, questi fieri scientisti sembrano recare in sé il marchio religioso del loro profeta, Charles Darwin, che aveva studiato teologia e voleva consacrarsi alla carriera di pastore protestante. Il punto è questo. Darwin era una persona oltremodo intelligente, che ha capito l'impossibilità di un Dio buono osservando una vespa parassitogena che iniettava le sue uova nei bruchi vivi. In genere i darwinisti di cui sto parlando non hanno tanto spirito di osservazione e non dimostrano tanto acume: sono soltanto gli esecutori di un cieco dogma materialista di cui non comprendono neppure l'origine. Chiamo pierangelismo il loro atteggiamento e la loro ingenua retorica. Che siano italiani o figli di altri paesi, li definisco pierangelisti.

Ecco un esempio che illustra molto bene quanto intendo dimostrare. Anni fa mi capitò di leggere una cosa che mi fece scoppiare dal ridere, tanto era assurda. Volendo spiegare l'origine del seno femminile nella specie umana, alcuni fanatici adepti della religione evoluzionista se ne uscirono con questa strabiliante "spiegazione", che riporto a memoria: 

"Quando i primati svilupparono l'andatura eretta, cominciarono a copulare faccia a faccia, abbandonando l'accoppiamento da tergo. Così alle femmine crebbero le mammelle per simulare i glutei e invogliare i maschi a compiere l'atto sessuale."

Ovviamente qualcuno chiederà con fare irritante: "Fonti?"
Si tratta di un buonista, è chiaro. Magari fino a poco tempo fa si beveva anche la diarrea di Obama e adesso, se uno dice "merda", persino davanti all'immagine di un culo ribatterà così: "Fonti?!"

Ho capito, si fa prima a fornire i riferimenti che a discutere. Iniziamo con una divertente pagina di Focus.it, che potrebbe essere di Lercio.it:


L'ideatore della teoria delle tette come imitazione delle chiappe ha un nome e un cognome: Desmond Morris. Costui è l'autore del famoso libro La scimmia nuda: Studio zoologico sull'animale uomo (The Naked Ape: a zoologist's study of the human animal), pubblicato nell'ottobre del 1967, sesto mese dell'anno II dell'Era Satanica, due mesi prima che compissi un anno.

Il divulgatore britannico ha costruito i suoi deliri su questo concetto folle, degno di un fumatore di oppio allo stadio terminale: quando le scimmie arboricole camminavano su quattro zampe, la visuale dei loro maschi era occupata dalle chiappe delle femmine. In pratica, ogni esemplare maschio di questi primati aveva davanti agli occhi un gigantesco culo, che concupiva con immensa libidine. Gli bastava allungare un po' le zampe anteriori per stringere le agognate natiche, passando poi a intrudere lo spermodepositore nel canale procreativo, chissà perché senza mai essere tentato dal vaso escrementizio. Tutto andava bene così, con le nostre amate scimmie impegnate nella contemplazione del culo e in infinite pecorine, quando ecco che qualcosa (la Natura? l'Evoluzione? Dio?) avrebbe comandato loro, capricciosamente, di levarsi su due gambe. Così, data la miopia di questi esseri grotteschi, i maschi avrebbero perso di vista le chiappe del culo delle femmine! Che immane tragedia! Ecco che chi di dovere, che fosse la Natura, l'Evoluzione o Dio, avrebbe posto rimedio alla sciagura spingendo i pelosi antenati ad accoppiarsi usando una posizione del tutto nuova, adatta al nuovo concetto, più evoluto, conosciuto come "rapporto di coppia". Ecco il maschio copulare con la femmina non più girata a novanta gradi, ma eretta davanti a lui in posizione frontale, fiera di essere guardata negli occhi. Siccome però al maschio il pirla non tirava bene, ecco che il Dio dell'Evoluzione avrebbe fornito alla femmina delle poppe gigantesche in grado di imitare il culo e fi far funzionare bene l'erezione. Mirabile a dirsi, il processo evolutivo di mammogenesi mimetica sarebbe durato centinaia di migliaia di anni, periodo durante il quale i maschi non avrebbero avuto alcun incentivo erotico, rischiando quindi di diventare quasi frigidi! Incredibile! A nessuno, nemmeno a un singolo esemplare della specie, sarebbe mai venuto in mente di mandare a fare in culo l'Evoluzione e di ritornare a copulare more ferarum. Un imperativo categorico di kantiana memoria e di rara efficacia! 

Adesso mi si deve dire come sia possibile anche immaginare qualcosa di questo genere in un serio dibattito scientifico. Il problema è che forse Desmond Morris ignorava alcuni fatti importanti. Primo: il sesso faccia a faccia è praticato dai bonobo (Pan paniscus), che non camminano in posizione eretta e le cui femmine non hanno poppe simili a chiappe. Secondo: la posizione cosiddetta more ferarum o canina non è mai stata abbandonata dal genere umano. Anzi, è tuttora diffusissima, lo è stata senza soluzione di continuità per millenni, ed è volgarmente chiamata pecorina dalle genti italiche. A dire il vero è documentata come posizione più comune tra moltissimi popoli di interesse etnologico. Ad esempio era la norma tra i nativi delle Americhe, che per contro mostravano una viva avversione per la fellatio, con l'eccezione dei Cherokee e forse di pochi altri popoli. L'insignificante posizione faccia a faccia, tanto amata dai fanatici del rapporto di coppia, nella specie umana ha l'aria di essere un'invenzione abbastanza recente, forse addirittura comparsa in epoca storica. Certo, ci sono vasi greci che mostrano amanti impegnati in questa noiosissima attività, ma ci sono anche moltissime testimonianze artistiche del coito da tergo. Nell'antichità pagana non esisteva una posizione comandata dalle leggi umane e religiose a discapito delle altre. La pretesa di rendere assoluto e unico l'amplesso frontale è interamente opera delle religioni abramitiche. La copula faccia a faccia come obbligo è stata concepita come applicazione di elucubrazioni religiose che pretendevano di elevare l'essere umano da un precedente stato bestiale. Tutto è molto chiaro. L'occhio come specchio dell'anima, l'essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio, il sesso "secondo natura" e via discorrendo, di aberrazione in aberrazione: ecco l'origine del problema. A differenza dell'antico politeismo, le religioni abramitiche hanno avuto fin da principio un comando virale, quello di imporsi alle genti, cancellando ogni tradizione preesistente. Assieme alla Weltanschauung trapiantata in contesti che la ingnoravano, sono giunti anche i comandamenti relativi all'unica pratica sessuale ammessa. Tale è stato il fervore fanatico con cui la Chiesa Romana ha combattuto per eradicare la pecorina tra i popoli, che la posizione faccia a faccia è stata chiamata posizione del missionario. Tra il volgo romano si usava dire posizione del frate. Il Giudizio universale di Michelangelo destò molto scalpore per le sue "oscenità". Così gli affreschi subirono interventi deturpanti. San Biagio era stato dipinto sopra Santa Caterina nuda e chinata, in una posizione che ricordava a colpo d'occhio quella della copula canina. Così la figura del santo fu ridipinta in modo che il volto guardasse il Salvatore e le allusioni sessuali si affievolissero. Con buona pace della plurisecolare crociata del Papato per imporre a tutti di fare sesso "secondo il progetto divino", Michelangelo aveva fatto emergere il magma di una sessualità incontrollabile e proibita.  

Desmond Morris, che più che uno scienziato sembra essere un semplice divulgatore, altera e distorce i dati, interpretandoli in modo malizioso, adattandoli ai propri schemi ideologici. Così cerca di minimizzare l'importanza del coito more ferarum tra le genti, negandone quasi l'esistenza. Questo scrive nel suo libro La scimmia nuda:

Senza dubbio, se per la femmina della nostra specie fosse stato importante presentare i genitali al maschio in modo che questi la montasse posteriormente, ben presto la selezione naturale avrebbe favorito questa tendenza e la femmina ora avrebbe un canale vaginale maggiormente diretto all'indietro. Sembra perciò plausibile che nella nostra specie la copula faccia a faccia sia fondamentale. Naturalmente vi sono diverse variazioni che non eliminano l'elemento frontale: il maschi sopra, la femmina sopra, fianco a fianco, accovacciati, in piedi e così via, ma la più efficace e diffusa è quella in cui i partner stanno orizzontali, col maschio sopra la femmina. Ricercatori americani hanno calcolato che in questa civiltà il 70% della popolazione usa solo questa posizione. Anche quelli che la cambiano, perlopiù usano quella fondamentale. Meno del 10% prova la copula in posizione posteriore. Da un vasto esame riguardante le civiltà di quasi duecento società sparse in tutto il mondo, si è arrivati alla conclusione che la copula con l'uomo che penetra la donna posteriormente non è una pratica diffusa in nessuna delle comunità esaminate.

Il valore delle statistiche riportate da Morris è all'incirca quello delle proposizioni del tipo "mio cugino ha detto che...", "ho saputo da un amico di un amico di mio cugino che...", e via discorrendo. I risultati dello studio sull'America, posto che non siano stati inventati di sana pianta, non hanno valore alcuno: descrivono in ogni caso un popolo dalla spiccatissima tradizione biblica. Negli anni '60 dello scorso secolo, era diffusa l'ossessione per il sesso "secondo natura", e in molti stati erano in vigore leggi draconiane contro le attività sessuali "innaturali". Anche gli studi, non meglio precisati, su non meglio precisate popolazioni di tutto il mondo, hanno meno valore delle cacchine dei moscerini della frutta: o non sono mai stati fatti, oppure si riferiscono a campioni di persone di religione abramitica, per tradizione secolare o per importazione più recente ad opera dei missionari. 

Per concludere, faccio notare che al giorno d'oggi non sarebbe difficile, dati gli immensi progressi nella genetica, analizzare qualche sequenza del DNA umano e risolvere una volta per tutte il mistero dell'origine di varie parti anatomiche bizzarre. Sembra tuttavia che nessuno abbia intenzione di farlo e che l'impresa non riscuota alcun interesse nel mondo scientifico.

giovedì 12 luglio 2018

ABITUDINI ALIMENTARI AGGRESSIVE TRA I PASSERIFORMI

In Facebook frequento numerosi gruppi dedicati alla fauna, in particolare a rettili, uccelli, insetti e altri artropodi. Ogni tanto mi imbatto in interventi di estremo interesse. Il 16 maggio 2018 nel gruppo ERPETOLOGIA: Official Group - Rettili, Anfibi, Aracnidi ed Insetti è comparso un post di Flavio Brand sulle raccapriccianti abitudini dell'avèrla, un simpatico passeriforme che compie spaventose opere di tortura e di macelleria ai danni delle proprie vittime, che possono essere lucertole, rospi, topi, insetti e persino altri uccelli. In realtà non si tratta di un'unica specie, bensì di una numerosa famiglia, i Laniidae. Il nome scientifico di questi uccelli deriva dalla parola latina lanius, di origine etrusca, che significa "macellaio", "sacrificatore", "carnefice".


Riporto in questa sede il post che ha attratto la mia attenzione, seguito dai commenti degli utenti. Errori e refusi sono degli autori. 

Flavio Brand:
Chi potrebbe essere così spietato da impalare una povera ed innocua lucertola? Fortunamente l'uomo non c'entra nulla in questo caso... colui che commette questi efferati crimini é l'avérla, un uccello passeriforme denominato Falconcello.
Questo passerotto molto carino ma sanguinario, é lungo circa 18 cm e pesa dai 35 ai 70 grammi. Uno dei tanti uccellini che si sentono cinguettare sulle colline e sui centri a più di 2000 metri sul livello del mare.
Anche in Italia si trova in quasi tutti i boschi o nei campi del paese, tranne in Sicilia e nel Salento. L’avrete quindi visto durante una gita in campagna e ne avrete lodato la simpatia, perché probabilmente non sapete che l’avèrla è uno degli assassini più spietati in natura. È chiamato anche uccello macellaio per la sua abitudine tutta particolare di puntare le prede da una postazione di avvistamento e poi di infilzarle su di un rovo o su qualcosa di acuminato e mangiarle piano piano qualora le prede siano di grosse dimensioni.
Una rarità nel regno animale, in cui solitamente i predatori uccidono alla svelta, solo per sopravvivenza.
L'averla si nutre di piccoli topi, di lucertole, di cavallette, di insetti e persino di altri uccelli, mangiandoli un po’ alla volta dopo che li ha impalati sullo spiedo, che può essere il rovo di un roseto o il filo spinato.
L'avèrla uccide anche quando non ha fame, impalando le vittime per poi tornare in seguito a nutrirsene.
Ovviamente la tecnica di caccia dell'averla, per quanto spietata possa sembrare é un espediente trovato per sopperire alla mancanza di artigli che hanno i predatori piu grandi ed assicurarsi pasti sostanziosi.

Marco Moretti:
Che non sia un "espediente" lo dimostra il fatto che tali costumi non sono affatto comuni tra i passeriformi.

Davide Noviello:  
La definizione di passerotto è davvero fuori luogo per un'averla, visto che appartiene al genere Lanius, famiglia Lanidi e non ha alcuna parentela con i passeri. Il fatto che appartenga all'ordine dei passeriformi non la accomuna ai passeri, del resto anche i corvidi sono passeriformi, ma nessuno chiamerebbe passerotto una cornacchia.

Stefano Piccioli:
Anche Cince e Cinciarelle non scherzano in fatto di aggressività alimentare, specie durante il freddo delle stagioni invernali. Queste due specie non esitano ad attaccare e ad uccidere altri Passeracei, come gli Organetti, per perforarne il cranio e nutrirsi del loro cervello, organo ricchissimo in lipidi, utili a questi piccoli "assassini" per difendersi dal freddo...

Gianfranco Zrcadlo Russo:
ho visto molte foto in cui le cince d'inverno ripuliscono le ossa spolpate dei cervi abbandonate dai lupi... rosicchiano i resti di grasso...

Google, come tutti i poteri del mondo, cerca con ogni mezzo di nascondere tutto ciò che è scomodo, così non è agevole reperire materiale fotografico sulle azioni scellerate dei sadici volatili. Ovviamente, se ci si mette d'impegno, si riesce a trovare il modo di superare gli ostacoli. Per contemplare cose davvero truci, suggerisco questi link: 



Stupisce la foto di un'avèrla che ha impalato un pettirosso, ridotto a un batuffolo di piume. Per non parlare di una lucertola trafitta da una lunga spina, con gli occhi pietrificati dalla sofferenza, come se in pochi secondi avesse incontrato un fato peggiore di mille morti. Davanti a questi orrori, i materialisti non sono in grado di fornire una risposta convincente. Cercano di razionalizzare le peggiori atrocità, pretendendo ogni volta di ridurle a qualcosa di accettabile che esenti la Natura da ogni colpa e che impedisca alle genti di vedere nell'esistenza qualcosa di negativo. Una simile propaganda, che per decenni ha avuto in Piero Angela il suo apostolo, si potrebbe definire banalizzazione del Male. La sua matrice, mi sembra utile farlo notare, poggia sulle dottrine evoluzionistiche di Darwin. Tanto si è dimostrato pervasivo il martellamento mediatico e scolastico, che ne vediamo all'opera i frutti anche in persone che non si definiscono materialiste. Così ecco che Flavio Brand nega innanzitutto la natura crudele delle avèrle aguzzine, quindi attribuire le loro attitudini a qualcosa di futile: non avendo questi uccelli artigli sviluppati, eccoli costretti ad evolvere raffinate tecniche di tortura per potersi nutrire. L'assurdità di una simile opinione è di per sé evidente. Sarebbe come affermare che avendo Ted Bundy i nervi delle mani un po' deboli, si è visto costretto ad assassinare decine di ragazze, sodomizzandole da vive e da morte, seppellendole nei boschi e andando di notte ad aspirare i lezzi della loro putrefazione!

Questo è riportato nel Compendio del Dualismo Anticosmico (cap. 5) a proposito dei materialisti che si affannano a far cozzare nelle categorie del Darwinismo aspetti della realtà non riducibili alla mera biologica: 

«Essi agitano davanti a noi lo spettro di un Rasoio di Occam utilizzato male, ossia di uno pseudo-Rasoio di Occam, e poi forniscono per ognuna delle evidenze da noi mostrate una spiegazione diversa e del tutto inverosimile, negando alla radice proprio quello strumento concettuale che dicono di utilizzare. Essi balbettano di “educazione all’istinto di caccia” di fronte alla crudeltà delle orche e di “conseguenze di un’epidemia di peste bovina” o di “mal di denti” di fronte ai Mangiatori di Uomini di Tsavo. Biascicano di “conseguenze di una malattia virale” di fronte alle vespe parassitogene e di “schizofrenia” di fronte ai cannibali. Una data aberrazione sessuale sarebbe dovuta a una “strategia riproduttiva”, mentre una data altra sarebbe dovuta a “parestesia”, ossia a “errata interpretazione dei dati sensoriali”. Un dato fenomeno naturale è per loro dovuto a qualcosa di completamente dissimile da ciò che muove un fenomeno diverso: non hanno alcuna visione di insieme. Così biasimano noi perché ammettiamo Due Princìpi in quanto mossi dalla necessità effettiva, mentre loro si fanno beffe di ogni principio di economia di pensiero e sciorinano enciclopedie di teorie per spiegare quelle che sono soltanto le conseguenze di un’unica causa: il Male Metafisico

Su Quora il problema della definizione del Bene e del Male desta ancor più inquietudine che su Facebook, specialmente in rapporto alla Natura. C'è chi nega la validità di questi concetti: essi semplicemente non esisterebbero, sarebbero creazioni umane. Altri cercano con ogni mezzo di abbattere i loro confini definitori, affermando che ci sarebbe un po' di Bene nel Male e un po' di Male nel Bene. Però uno stiletto di ferro, piantato nel cranio, che folgora il cervello di una persona uscendo da un'orbita oculare e spaccando un occhio, non è possibile definirlo come qualcosa di buono. Non serve un atto di fede nel soprannaturale per definire il concetto di demone: è un essere che esiste al solo scopo di infliggere dolore ad altri esseri, chiamati vittime.

Note etimologiche:
i nomi vernacolari dell'avèrla

In italiano il nome avèrla presenta alcune varianti: avèlia, vèlia, vèrla. La regione da cui queste forme si sono irradiate è la Toscana, ove è presente anche la forma ghièrla. Ovviamente l'etimologia è ritenuta incerta dai romanisti. Stando al dizionario Treccani, l'avèrla cenerina è chiamata ghièrla gazzina. La connessione di questi bizzarri uccelli con le gazze è assai popolare, forse per via della livrea e del carattere vivace. Questo ci suggerisce anche il vero etimo della parola, che è dall'etrusco. Il prenome etrusco Vel, da un più antico Venel, nelle iscrizioni bilingui etrusco-latine è tradotto in modo quasi sistematico con Gaius (cfr. Facchetti, 2000). Lo stesso professor Facchetti ha pensato di tradurre il prenome Gaius con "Felice", dato che in italiano esiste il ben noto aggettivo gaio (dal provenzale gai "vivace"). Anche se nella lingua di Roma non è attestato un aggettivo con questo significato, è assai possibile che dovesse esistere tra il volgo, essendo riconducibile alla stessa radice di gaudeo "gioisco, godo" e di gaudium "gioia" (*gaw-, presente anche in greco). A parer mio Vel (arc. Venel) è da una parola etrusca con lo stesso senso. Non è improbabile che avesse anche il significato di "gazza": lo stesso italiano gazza è da un più antico gaia. Così Velia, usato come antroponimo femminile (la forma arcaica è attestata come Velelia su un vaso trovato a Tragliatella), potrebbe essere realmente il nome etrusco dell'avèrla. Sono convinto che si tratti di un vocabolo etrusco sopravvissuto in Toscana.

In inglese l'avèrla è detta shrike /ʃraɪk/, dall'anglosassone sċrīc /ʃri:k/. Il vocabolo è verosimilmente di origine onomatopeica, avendo poi perso questa caratteristica per via della naturale evoluzione fonetica. Risultano alcuni paralleli in altre lingue germaniche (svedese skrika "ghiandaia; urlare", tedesco Schrei "grido").  

La grande avèrla grigia (Lanius excubitor) è nota in Germania con vari nomi di supposta origine cristiana, come Warkangel, Werkengel, Wurchangel (una variante Werkenvogel è rifatta con Vogel "uccello"). Il significato dovrebbe essere quello di "angelo sterminatore", "angelo assassino", preferibile all'improbabile "angelo soffocante" riportato nella Wikipedia in inglese e altrove. In tedesco standard Wu¨rg(e)engel significa proprio "angelo sterminatore". Anche in Inghilterra, nello Yorkshire, ricorrono forme dialettali derivate dalla stessa fonte che ha dato origine ai composti tedeschi: war(r)iangle e weirangle (che indicano l'avèrla piccola, Lanius collurio). Un tempo questa denominazione era più diffusa: in Chaucer waryangle è un termine offensivo e l'avèrla è descritta come "piena di veleno". Il primo membro di queste parole è chiaro: antico alto tedesco warag, warg, warch "fuorilegge", anglosassone wearg "fuorilegge; lupo". Dato che le forme inglesi corrispondono a quelle tedesche, come possono avere origine cristiana? Dovrebbero essere state importate in Britannia dai Sassoni pagani, in un'epoca ben anteriore a quella della cristianizzazione della Germania! L'associazione al concetto di "angelo" sarà quindi dovuta a falsa etimologia. Percorrendo la Germania troviamo interessantissime vestigia pagane. Lungo il corso superiore del Reno è attestato l'epiteto Linkenom, forse "Sinistro Prenditore", per quanto si possa trattare di un'etimologia popolare. Le forme più interessanti sono tuttavia quelle che coinvolgono il numero nove: basso tedesco Neghendoer e medio alto tedesco Nünmörder, documentato attualmente nella variante Neuntöter, che è usato per designare Lanius collurio. Il significato è "che uccide nove (tipi di vittime)". Questo è un dettaglio della massima importanza, a quanto pare ignorato dagli studiosi, che fa riferimento alla somma importanza del numero nove nella religione pagana germanica. Si deve ricordare che nove erano i tipi di legno usati per celebrare i sacrifici (blót) nell'antica Scandinavia (cfr. poesia di Trollkyrka). In Germania l'avèrla (di qualsiasi specie) doveva essere sacra a Wotan per via della sua ferocia.