mercoledì 28 novembre 2018


STATI DI ALLUCINAZIONE 

Titolo originale: Altered States
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1980
Lingua: Inglese, spagnolo
Durata: 102 min
Genere: Drammatico, fantascienza, orrore
Regia: Ken Russell
Soggetto: Sidney Aaron
Produttore: Howard Gottfried
Fotografia: Jordan Cronenweth
Montaggio: Eric Jenkins
Musiche: John Corigliano
Trucco: Dick Smith
Interpreti e personaggi    

    William Hurt: Eddie Jessup
    Blair Brown: Emily Jessup
    Charles Haid: Mason Parrish
    Bob Balaban: Arthur Rosenberg
    Drew Barrymore: Margaret Jessup
    Megan Jeffers: Grace Jessup
    Thaao Penghlis: Eduardo Echeverria
    Dori Brenner: Sylvia Rosenberg
    Peter Brandon: Alan Hobart
    George Gaynes: Dr. Wissenschaft
    Jack Murdock: Hector Orteco
Titoli tradotti:    
    Spagna: Un viaje alucinante al fondo de la mente
    Messico e Argentina: Estados alterados
    Portogallo e Brasile: Viagens Alucinantes
    Francia: Au-delà du réel
    Germania: Der Höllentrip
    Belgio (fiammingo): Tocht door de geest
    Russia: Drugne ipostasi
    Slovenia: Korenine prividov
    Polonia: Odmienne stany swiadomosci
    Danimarca e Norvegia: Eksperimentet
    Svezia: Experimentet
    Finlandia: Muutostiloja
    Ungheria: Változó állapotok
    Romania: Experiment periculos
    Grecia: Anexélegktes katastaseis
    Turchia: Gerçegin Ötesinde

Trama: 

Siamo negli anni '70. Eddie Jessup è uno psicopatologo, professore di medicina e ricercatore anticonformista, i cui studi, condotti in prima persona, si fondano sull'immersione di volontari in una vasca di deprivazione sensoriale, in grado di ridurre al minimo i contatti con l'ambiente esterno. In pratica si tratta di un contenitore simile a un grosso boiler e pieno d'acqua, in cui il protagonista fluttua, chiuso in una tuta. Lo studioso, che fa da cavia, prende nota delle allucinazioni che sperimenta durante queste immersioni: hanno un chiaro sfondo mistico. Ad aiutarlo sono due ricercatori che condividono le sue idee, Parrish e Rosenberg. Durante una festa, Jessup incontra la bellissima e fulva Emily. I due si incontrano e senza perdere troppo tempo fanno sesso sul divano. Lui la penetra nella vagina, ma fa molta fatica a venire: proprio mentre lo sperma spinge nella sua uretra cercando di uscire, lui si trova preda di una visione mistica in cui Dio gli parla. Non si capisce neanche se riesce a uscire qualche getto di sborra, forse la divinità abramitica ha agito da tappo, congestionando dispettosamente i genitali dell'uomo. Lei ha qualche perplessità sul compagno i cui orgasmi sono rovinati dal soprannaturale, ma essendo infatuata sopporta queste stranezze. In quel contesto il sesso orale non lo fa nessuna, così un uomo può contare soltanto sulla spinta pelvica nel canale procreativo: fallita quella non gli resta che rinfoderare l'arma. Dopo sette anni la coppia, che nel frattempo ha avuto due bambine, è in crisi. Troppe eiaculazioni perturbate: il divorzio è imminente. Lo studioso si dedica anima e corpo al lavoro. Gli giunge una notizia di sommo interesse: nel Messico centrale vivono gli Hinchi, una tribù isolata la cui religione si basa su esperienze allucinatorie condivise, secondo le fonti utilizzando un fungo, a quanto pare una varietà di amanita muscaria. Così Jessup si reca presso queste indiani assieme a Eduardo Echeverria dell'Università del Messico. I due raggiungono gli Hinchi e ne studiano i costumi. La popolazione per la verità sembra piuttosto ispanizzata, tanto che non si sente pronunciare nemmeno una parola in una lingua indigena: Echeverria col suo spagnolo ha risorse sufficienti per comunicare alla perfezione con i capi. Ciò che accade durante una cerimonia ha un effetto devastante sullo studioso americano. Gli indiani passano di mano in mano un beverone ottenuto macerando in acqua calda Banisteriopsis caapi, sangue ed altri ingredienti, bevendone qualche sorso ciascuno. Quando tocca a Jessup, la sua mente esplode. Quando ritorna in patria, ha con sé una scorta di estratto alcolico ottenuto dalla pianta magica ed è determinato a portare avanti i suoi esperimenti. Combina il consumo dell'allucinogeno con la vasca di deprivazione sensoriale, ottenendone risultati devastanti, al di là di ogni immaginazione. Ad essere alterata non è infatti soltanto la sua percezione della realtà, ma anche l'aspetto fisico: egli passa dallo sperimentare la regressione alla condizione preistorica di ominide all'assumere davvero la forma di una creatura subumana con caratteri scimmieschi. Milioni di anni sono cancellati di colpo. L'uomo-scimmia perde lo stesso dono del linguaggio simbolico e articolato, fugge dal laboratorio e sparge il terrore! 

Recensione: 

Senza dubbio siamo di fronte a un interessante film psichedelico, accettabile finché lo prendiamo per quello che è e non approfondiamo troppo le sue implicazioni filosofiche. Il cardine della narrazione è lo scienziato emulo di Faust, che mette a rischio la propria vita e quella dei suoi cari seguendo con fervore totale la sua missione di risalire alle cause prime dell'Esistenza. Si vuole che la pellicola abbia avuto un profondo e durevole impatto sul cinema, soprattutto di fantascienza, influenzando tra gli altri anche Cronenberg. Ne sono consapevole, si tratta di una cosa di una banalità sconcertante, ma non posso fare a meno di segnalare una giovanissima Drew Barrymore nel ruolo della figlia del protagonista.

Pur valicando i confini della fantascienza, il film diretto da Ken Russell si sviluppa intorno a un vaghissimo nocciolo di realtà, derivato dalla biografia dello psichiatra e neuroscienziato statunitense John Lilly (1915-2001), che condusse ricerhe pionieristiche sugli stati alterati di coscienza. In particolare, Lilly inventò la vasca di deprivazione sensoriale, detta anche vasca di galleggiamento, uno strumento particolarmente idoneo per lo studio del funzionamento del cervello in assenza degli stimoli dei sensi. Altri cardini dell'attività scientifica dello stravagante studioso furono l'uso di droghe psichedeliche (LSD, mescalina, ketamina, etc.) e il tentativo di comprendere il linguaggio dei delfini. Il dogma fondante a cui si ispirava Lilly affermava che i nostri stati di coscienza alterati sono reali esattamente come il normale stato di veglia. Per farsi un'idea completa di tutto ciò occorre conoscere il variegato e delirante mondo della controcultura californiana, un milieu pullulante di pseudoscienziati misticoidi e di santoni, da cui scaturirono anche i famigerati Timothy Leary e Ram Dass (al secolo Richard Alpert). Furono proprio gli studi spregiudicati di questi pericolosi impostori a rendere l'LSD una droga di massa. Fin qui è storia antica, la cui conoscenza alla portata di tutti. Quello su cui ci si sofferma di rado sono le conseguenze di questa propalazione di sostanze capaci di lesionare il cervello e di indurre pazzia.

Il soggetto è del drammaturgo e scrittore Sidney Aaron "Paddy" Chayefsky, che però ebbe continui contrasti con il regista, arrivando persino a disconoscere il film e rifiutando con pervicacia di apporre la propria firma alla sceneggiatura. A dire il vero compare menzionato come Sidney Aaron, nominativo che nella vulgata corrente sarebbe uno pseudonimo inventato di sana pianta, mentre in realtà deriva dal suo vero nome, essendo Paddy soltanto un soprannome.


Il mito della droga capace di alterare la fisica 

Il primo passo è stato quello di attribuire agli allucinogeni poteri particolari, come la capacità di far accedere il loro consumatore a una conoscenza occulta della natura dell'Universo, che in genere coincide con la sperimentazione dell'unità oscura e intima di tutte le cose esistenti. In particolare sono assai numerose le testimonianze della credenza nella precognizione e nella telepatia provocate dall'assunzione di queste sostanze alteranti. Il passo successivo è stato quello di attribuire alle allucinazioni prodotte dalla droga il potere di diventare reali. Se un uomo, masticato il peyote, vede un pollo gigantesco in un contesto allucinatorio in cui si manifestano percezioni sinestetiche, tanto da avere l'impressione di annusare la musica, di gustare i colori e di vedere gli odori, ecco che diventa facile per lui convincersi che l'abnorme gallinaceo possa essere una creatura reale, in qualche modo materializzata. Così si passa dalla visione di un essere vivente abnorme alla sua immissione nell'inventario ontologico. In altre parole, il pugnale della mente che guidò Macbeth e lo fece entrare nella stanza dove dormiva il Re Duncan per assassinarlo, sarebbe diventato ferro reale e tagliente, passando da illusione febbrile ad oggetto composto di atomi metallici. Tra i sostenitori di questa ontogenesi drogastica possiamo annoverare senz'altro il celeberrimo Philip K. Dick, che nel romanzo Scorrete lacrime, disse il poliziotto concepisce un'improbabile sostanza stupefacente che addirittura conferisce a chi la assume il potere di alterare il tempo, annullando il cambiamento o facendo deragliare le sue vittime su corsi storici paralleli. Nessuno sembra porsi il problema, ma in pratica quello che si afferma in queste fabbricazioni creative è che una sostanza chimica abbia la capacità di interferire con qualcosa di molto più profondo di qualsiasi configurazione molecolare, penetrando nella stessa essenza dello spaziotempo. Basta una minima conoscenza della fisica per capire che questo è non soltanto impossibile, ma anche concettualmente assurdo. Eppure la cieca fede nella materializzazione si è diffusa capillarmente dal suo epicentro psicoattivo, la California orgiastica, avvolgendo l'intero Occidente fino a far perdere a moltissime persone il confine tra realtà e fantasia.  

Il mito della mente capace di alterare la fisica

A partire dalle prime formulazioni dell'idea di una creazione indotta dalle sostanze psicotrope, è infine divenuto popolare un enunciato molto più generale, secondo cui, essendo la mente energia ed essendo tutto ciò che esiste energia, il pensiero sarebbe in grado di materializzarsi e di inverare qualunque visione. Si potrebbe addirittura tentare di descrivere un sistema concettuale articolato in cui l'allucinogeno svolge funzioni di mediazione nel processo creativo, il cui input iniziale appartiene alla divinità stessa della psicoanalisi: l'Inconscio. Oppure si potrebbe descrivere questo input generatore di visioni tradotte in realtà ricorrendo a un altro sistema, tramite il paradigma junghiano dell'Archetipo e della memoria collettiva del genere umano, come in effetti sembra fare Kenn Russell. Nonostante l'assurdità intrinseca di simili credenze, essa è stata ritenuta reale anche da persone insospettabili. La stretta necessità del vettore drogastico è venuta meno col tempo: si sono aperti scenari impensabili per le loro funeste conseguenze nella vita di tutti i giorni. Infatti il trucchetto della mente-energia in grado di plasmare l'Universo-energia ha un piccolo particolare tutt'altro che irrilevante: non funziona. La realtà fisica, comunque la si voglia definire, oppone una resistenza infinita ad ogni tentativo umano di plasmarla. La sua natura non è duttile, non è malleabile, non è in alcun modo plastica. Eppure l'inapplicabilità dell'energismo non scoraggia i suoi adepti, che recitano tuttora come ipnotizzati l'ossessivo mantra del tutto-energia.


Negazionismo genetico 

Di fronte alla strabiliante e terribile metamorfosi di Jessup in un uomo-scimmia, il suo collaboratore avanza l'ipotesi di una trasformazione genetica, di un prodigioso meccanismo che avrebbe portato il DNA a regredire ripercorrendo al contrario la storia evolutiva. In altre parole, saremmo di fronte a qualcosa che ha innescato una parabola involutiva del corpo di un Homo sapiens sapiens  fino a fissarlo nello stadio di Homo erectus o addirittura di Australopithecus afarensis. Questa interpretazione è confermata dall'analisi ai raggi X, che conferma la presenza di alcune caratteristiche anatomiche del gorilla. Quello che sorprende è la reazione dello studioso che ha subìto il cambiamento sulla propria pelle. Quasi sdegnato, come se avesse udito una spaventosa empietà, sbotta: "La genetica non c'entra nulla". Affermazione come minimo sorprendente in quello che dovrebbe essere un uomo di Scienza. Di fatto egli ha rinnegato la propria conoscenza per affermare con fanatismo sacerdotale ciò che gli viene suggerito da un veleno. Secondo lo psicopatologo faustiano non sarebbero gli acidi ribonucleici a determinare la natura e le proprietà di un corpo vivente, ma il suo stato di coscienza. Infatti nel suo esperimento finale egli va oltre lo stesso stato di australopiteco per degenerare in una forma più primitiva di materia, con la concreta possibilità di risalire fino al Big Bang, perdendo così la propria individualità per disperdersi negli elementi caotici dei primordi. Si potrebbe a buon diritto parlare di completo abbandono alla demenza. Quello che il film è incapace anche solo di abbozzare è una spiegazione plausibile degli eventi mostrati. Per quanto inverosimile, persino la spiegazione della regressione genetica a una forma di ominide anteriore all'Uomo moderno sarebbe stata meglio di futili balbettamenti New Age. Inutile sperare tanto, a mio avviso non c'è traccia alcuna di coerenza interna nella pellicola.

Quantistica macroscopica 

In genere si crede che la divulgazione scientifica sia qualcosa di meritorio. Dovrebbe essere così, in linea di massima, ma purtroppo non è sempre vero. Una divulgazione fatta male può produrre risultati catastrofici e fraintendimenti profondi. Il problema si ha quando persone prive di logica e di metodo scientifico tentano di metabolizzare concetti di un'estrema complessità, come ad esempio quelli su cui si fonda la fisica quantistica. A quanto pare pochi sospettano che dietro le idee improvvide di materializzazione allucinatoria e di mente che plasma la realtà ci sia proprio un'errata e distorta comprensione della fisica quantistica. Eppure è proprio così. Si parte dal principio di indeterminazione di Heisenberg, che afferma l'impossibilità ontologica di conoscere con eguale precisione certe coppie di propretà fisiche delle particelle, note come variabili coniugate, ad esempio la posizione e la quantità di moto. Più si determinerà con precisione tramite la misura quale sia la posizione di un elettrone, meno sarà conoscibile la sua quantità di moto e viceversa. Questo non avviene a causa di limiti tecnici dello strumento di misura, ma per proprietà intrinseca delle stesse particelle. In termini matematici, l'indeterminazione si esprime con la seguente equazione: 

Δx ∙ Δpx ≥ ħ/2   

dove Δx è l'incertezza sulla posizione, Δpx è l'incertezza sulla quantità di moto e ħ è la costante di Planck ridotta. Conseguenza: non è possible misurare un sistema fisico senza influenzarlo. Una delle conseguenze dell'enunciato di Heisenberg è l'inesistenza del Dio dei monoteisti, onnipotente e onnisciente, ma la cosa non è stata capita e di tale entità si continua a parlare. Le masse acefale non hanno invece capito una cosa fondamentale: la fisica quantistica descrive il mondo microscopico delle particelle atomiche e subatomiche, mentre i suoi effetti sono trascurabili nel mondo macroscopico, che almeno nella nostra realtà quotidiana è sufficientemente ben descritto dalla meccanica classica. Così si è formato il mito della quantistica macroscopica, con tutte le sue conseguenze: non esiste nulla di determinabile, non esistono contenuti che possano essere etichettati come "verità" o "falsità", la mente cambia la realtà e via discorrendo. Poi nessuno mi sa spiegare come mai se un seguace del tutto-energia si concentra su un lingotto di piombo non gli riusce in nessun caso di trasformarlo in oro! 


Tempo, causalità e realtà 

Il principale compito dell'adepto psichedelico è scardinare la realtà in cui è costretto a vivere. Non potendolo fare con la propria volontà (se sbatte la testa contro il muro se la rompe), non avrà altro modo che cercare di offuscare la propria consapevolezza di veglia, facendola sprofondare nelle nebbie della percezione distorta e dell'allucinazione, credendo così di assumerne il controllo. Il punto è questo: non si può negare che i sogni e le percezioni alterate siano forma di realtà, ma la loro natura non equivale affatto a quella della realtà con cui dobbiamo fare i conti quando siamo vigili. Quello che non possiamo fare è pensare di porre tutti gli stati di coscienza sullo stesso piano. In altre parole, se riuscissimo ad attribuire a un dato stato di coscienza un'etichetta chiamata densità o grado di realtà, misurabile con un numero reale positivo, vedremmo che la nostra esperienza quotidiana avrebbe un valore di questo parametro molto più alto di quello che potremmo associare a un sogno. Ovviamente non siamo in grado di costruire uno strumento di misura e una scala di valori scientificamente attendibile, ma è comunque un interessante esperimento concettuale. Strettamente collegato alla realtà è il tempo e di conseguenza il nesso causa-effetto. Queste sono realtà la cui stessa esistenza è negata dagli psichedelici e dagli energisti. Anche in questo caso alla base di tutto c'è un fraintendimento, un terribile equivoco. A non esistere, come prova la teoria della relatività di Einstein, è il tempo di Newton, visto come un contenitore assoluto e indipendente dallo spazio. Si dimostra che ogni osservatore ha un suo tempo in funzione del sistema di riferimento con cui si rapporta all'Universo. Si scoprono cose molto utili, come il fatto che la presenza di una massa influenza lo scorrere del tempo, e via discorrendo. Tuttavia da questo non si può in nessun modo dedurre l'inesistenza del mutamento. Il mutamento esiste, inutile rifugiarsi in un moderno zenonismo. Eppure il mondo della psichedelia ha interpretato malamente il superamento del tempo newtoniano, deducendone l'inesistenza del mutamento in quanto tale. Ancora una volta, una teoria fisica deformata fino all'aberrazione è servita a razionalizzare le alterazioni della percezione del tempo in consumatori di LSD e di mescalina. 

I tentacoli della Noosfera

Quando scrissi il racconto La danza degli spettri quantistici, nel 2010, pubblicato dalla casa editrice Kipple Officina Libraria nella collana Capsule, non avevo mai visto il film di Ken Russel. Tuttavia si capisce subito che l'idea portante di Altered States, la deprivazione sensoriale, è proprio il cardine del racconto. Certo, con alcune differenze sostanziali: nel mio racconto gli incubi che si materializzano sono prodotti da demoni che abitano nel sottosuolo. Il protagonista è l'Ignoto, non la droga o l'inconscio da essa mediato. Per quanto riguarda le dinamiche dell'ispirazione che fluisce come un fiume carsico che in qualche modo lambisce tutti, riporterò un altro caso significativo. Grande è stato il mio stupore quando mi sono accorto di essere un narratore ballardiano, e questo soltanto quando ho cominciato a leggere l'opera di James Graham Ballard, di cui avevo assorbito in profondità gli stilemi dagli altri Connettivisti e dallo stesso Manifesto del Movimento. 

Reazioni nel Web: 

Come accade per molti film, anche questo raccoglie folte schiere di ammiratori entusiasti. C'è però da segnalare che le voci dell'esaltazione non riescono del tutto a spegnere le critiche, anche da parte di estimatori della stessa subcultura psichedelica. Riportiamo alcuni interessanti giudizi non proprio eulogistici, tratti dal forum Filmup.leonardo.it.

Andrea scrive:
 

"Con tutti i film visionari che esistono nella storia del cinema proprio con questa pellicola dovete esaltarvi? Un essere umano che sotto l'effetto di funghi regredisce e si trasforma in scimmia??? La sceneggiastura e i dialoghi sono scarsi e la caratterizzazione dei personaggi è quasi inesistente. Fa sorridere il largo uso di simboli e stereotipi religiosi chiaramente inseriti per impressionare il pubblico. Reputo questo film un offesa alla cultura psichedelica e al buon cinema. Sono rimasto sbalordito nel vedere quanto il regista ha osato... Vi prego non voglio essere bacchettone ma ditemi per favore cosa vi è piaciuto tanto di questo film perchè io veramente non mi ci raccapezzo. Il finale poi... Tre perchè esiste di peggio (e poi la fotografia non era male) Boh ?!?!? P.s. Da vedere in botta perchè?"   

In genere queste voci dissidenti non riescono a farsi sentire, tale è l'esaltazione degli adoratori del film russelliano. C'è poi addirittura chi urla al complotto, affermando che il film non si trova in dvd e non viene mai proposto sui canali televisivi perché evidentemente dà fastidio a qualcuno. 

lunedì 26 novembre 2018



POSSESSION

Titolo originale: Possession
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Francia, Germania Ovest
Anno: 1981
Durata: 123 min
Genere: Grottesco, drammatico, orrore
Regia:
Andrzej Żuławski
Sceneggiatura: Andrzej Żuławski,
     Frederic Tuten
Produttore: Marie-Laure Reyre
Casa di produzione: Gaumont
Fotografia: Bruno Nuytten
Montaggio: Marie-Sophie Dubus,
     Suzanne Lang-Willar
Musiche: Andrzej Korzyński
Scenografia: Holger Gross
Costumi: Ingrid Zoré
Interpreti e personaggi
    Isabelle Adjani: Anna / Helen
    Sam Neill: Mark
    Margit Carstensen: Margit Gluckmeister
    Heinz Bennent: Heinrich
    Johanna Hofer: madre di Heinrich
    Carl Duering: investigatore
    Shaun Lawton: Zimmermann
    Michael Hogben: Bob
    Maximilian Rüthlein: l'uomo dai calzini rosa
    Leslie Malton: Sara
    Gerd Neubert: ubriaco nella metropolitana
    Harry Riebauer: uomo alla conferenza
    Dragomir Stanojevic: taxista
Doppiatori italiani
Doppiaggio originale 1982
    Ada Maria Serra Zanetti: Anna/Helen
    Luigi La Monica: Mark
    Dante Biagioni: Heinrich
Ridoppiaggio VHS Mondadori 1991
    Lucia Valenti: Anna/Helen
Ridoppiaggio 2000
    Roberta Greganti: Anna/Helen
    Luigi La Monica: Mark
    Romano Malaspina: Heinrich
Premi
1) Festival di Cannes 1981: miglior interpretazione femminile
    (Isabelle Adjani)
2) Premi César 1982: miglior attrice
    (Isabelle Adjani)
3) Fantasporto 1983: miglior attrice
    (Isabelle Adjani)

Trama: 

Mark e Anna sono una giovane coppia di sposi berlinesi, che vivono nel loro appartamento con il figlio piccolo, Bob. Presto qualcosa si incrina nella loro vita coniugale: Mark scopre che la moglie, interpretata dalla bellissima Isabelle Adjani, gli fa le corna. Prima sospetta qualcosa dal rifiuto di lei a fare l'amore, poi gli viene detto senza mezzi termini che c'è un altro, che lui le dà più piacere e che l'unica soluzione possibile è il divorzio. Da questa situazione insostenibile scaturiscono continui e violenti litigi. Mark è mortificato da Anna, non riesce ad accettare il suo tradimento. Vuole sapere ogni dettaglio, ma lei è reticente, non gli confida nulla. Per questo motivo l'uomo, quando riceve una telefonata da Heinrich, l'amante della moglie, si reca a fargli visita. Ne nasce una colluttazione col rivale, che tra l'altro pratica le arti marziali. Tornato a casa malconcio, Mark attacca Anna e gliele dà di santa ragione, al che lei fugge in strada. Da questo momento la salute mentale della donna viene meno e subentra la pazzia furiosa. Un investigatore privato riceve l'incarico di pedinare l'adultera e scopre che possiede un secondo appartamento in un edificio fatiscente. A un certo punto, prima di raggiungere un risultato decisivo, il detective sparisce nel nulla. Le cose si complicano quando il compagno dell'investigatore, che praticava le vie di Sodoma, scompare a sua volta. Il cornuto Mark è costretto quindi a compiere le indagini di persona. Nel frattempo Heinrich giunge a sua volta all'appartamento decadente, scoprendo qualcosa di agghiacciante: Anna ha un secondo amante, che non è affatto un essere umano, bensì uno spaventoso mostro alieno tentacolato e bavoso. L'investigatore e il suo compagno sono stati uccisi e dissanguati. Terrorizzato dalla scoperta, Heinrich fa accorrere Mark e lo incontra in un bar vicino allo stabile, ma è un errore fatale. In bagno il marito tradito gli tende un agguato, lo colpisce al cranio con la lastra dello sciacquone, quindi lo soffoca nella tazza del cesso, in mezzo alla merda e al vomito. Fatto questo, dà fuoco all'appartamento in cui la moglie lo cornificava. Tornato a casa, continuano le crisi diaboliche, roba che nemmeno Padre Amorth ha mai visto. In una scena memorabile quanto disturbante, direi il culmine della narrazione, il protagonista entra nella camera da letto e vede la creatura abominevole mentre possiede la giovane donna: sta sopra di lei e la ara tra le gambe con la sua poderosa coda, che funge anche da organo sessuale. L'uomo, impazzito dallo shock e dal dolore, diventa un terrorista incendiario in precipitosa fuga, fino al tragico epilogo. Si schianta con la moto e con le ultime forze, sanguinante, sale le scale del palazzo dove abita. La moglie lo raggiunge coon un uomo a lui identico: è il suo Doppelgänger, che lei ha generato dal seme dell'amante mostruoso. Il moribondo fa fuoco con la pistola e uccide la giovane, mentre la polizia si mette a sparare all'impazzata. Il Doppelgänger non viene colpito e assieme a un doppione della morta entra nell'appartamento. Il bambino, Bob, rendendosi conto della natura demoniaca della coppia, si affoga nella vasca da bagno. 


Recensione: 
Il capolavoro di Andrzej Żuławski (1940-2016) è stato giustamente considerato una pietra miliare del cinema: "uno dei film più disturbanti e allucinanti di ogni tempo" (cit.). Dovendo definire Possession, prenderò a prestito una poetica espressione da Emil M. Cioran: "apoteosi convulsiva in cui il fiele corona gli elementi". È come certi piatti di interiora, che si possono soltanto amare o odiare senza limiti. Per molti la sua visione è un pugno nello stomaco. Per quanto mi riguarda, ho uno stomaco molto duro, al punto che posso mangiare cioccolato mentre guardo un video di scat porn senza provare l'ombra di un moto di nausea, quindi i dettagli truculenti della pellicola del polacco non mi traumatizzano di certo. Ciò che mi dà un immenso fastidio sono le continue urla isteriche dell'odiosa coppietta, le scene di possessione e le liti infinite, con tanti decibel di emissioni acustiche da spaccare i timpani anche a un sordo. Capirete che per chi soffre di acufeni non è l'ideale. La tensione è esasperata, è come assistere a una proiezione irritante mentre un boia ti colpisce nel plesso solare con un tirapugni, senza fermarsi mai. 

Persecuzione e censura

Per via dell'argomento scabroso e delle sequenze assai crude, sul film di Żuławski si è subito abbattuto il maglio della persecuzione. Innumerevoli sono stato gli episodi di censura. Nella pur sodomitica e pagana Spagna, tutta dedita alle orge e calata nella droga, la pellicola destò grande scandalo e fu vietata ai minori di 18 anni. Stesso divieto anche nella buonista Svezia, nella Nuova Zelanda del darwinismo sociale e nel paese di Jimmy Savile, la perfida Albione. Sembra che l'opera zulawskiana abbia provocato conati anche al pubblico della Corea del Sud, ormai un feudo della Chiesa Evangelica dove l'originario Buddhismo è quasi estinto. Solo in Francia il film è stato distribuito integro: altrove ha subìto scempi di ogni genere, tanto che ne esistono versioni censurate di 118, 97 o addirittura 80 minuti. In particolare la versione di soli 80 minuti, circolante negli States e in Italia, è stata completamente rimusicata e alcuni dialoghi sono stati cambiati allo scopo di preservare la coerenza della storia. La versione originale di 123 minuti è stata infine pubblicata in Blue Ray e diffusa nella terra di Savile nel 2013. 


Esegesi 

La chiave di lettura di quest'opera, stando allo stesso regista, è di natura tipicamente psicologica: il mostro tentacolato sarebbe stato materializzato dall'inconscio della protagonista. Le tensioni interne della donna, simboli del conflitto sempiterno tra Bene e Male, avrebbero preso magicamente corpo e si sarebbero incarnate nella creatura aberrante che sarebbe poi diventata l'amante della sua creatrice. Il punto è che il conflitto tra Bene e Male è visto come una rappresentazione simbolica dell'opposizione tra Yin e Yang, ossia in ultima istanza tra maschile e femminile. La storia sarebbe quindi una narrazione surreale, grottesca e simbolica di un normale rapporto di coppia destinato allo sfacelo, documentato dalla sua formazione alla sua nemesi finale. Se devo essere sincero, trovo questa esegesi eccessivamente cervellotica e insoddisfacente. Non si può prendere una storia di mostri e di demoni, facendone una metafora intellettualoide in un contesto di pseudocultura derridiana, in cui persino una sprangata sul cranio viene letta in chiave psicologica e negata nella sua natura traumatica.   

Reductio ad Phantascientiam  

Cos'è fantascienza e cosa non è fantascienza? Questa domanda viene posta con ossessiva insistenza negli ambienti dei fantascientisti, non portando da nessuna parte, come è ovvio che sia. Eppure sfugge una cosa molto semplice, quasi lapalissiana. Posso dimostrare che è possibile interpretare il film di Żuławski come pertinente al genere fantascientifico, con buona pace di tutti i suoi esegeti psico-derridiani, facendo un'assunzione di cui sarebbe capace anche un bambino di cinque anni. Basterebbe infatti immaginare che il mostro tentacolato che possiede carnalmente la protagonista non sia affatto un prodotto materializzato chissà come da un improbabile inconscio, bensì un semplice alieno giunto sulla Terra dalle profondità siderali. Non è un'operazione concettuale ardua, come si potrebbe credere in prima battuta. Qualsiasi uomo di Scienza sa per certo che le probabilità che giunga sulla Terra una creatura extraterrestre, dotata di un corpo che obbedisce alle leggi della biologia, per quanto basse, sono infinitamente più alte della possibilità che anche soltanto un atomo si formi dal nulla per generazione dall'Es o da qualche altra fantomatica entità freudiana. Certo,  sarebbe proprio una bella beffa poter applicare questa trovata e trasformare in un istante un thriller psicologico in un thriller fantascientifico!


Il mostro di Rambaldi  

La creatura tentacolata che fa la sua traumatica irruzione nella vita della coppia berlinese è stata creata dal geniale Carlo Rambaldi (1925-2012), colui che ha realizzato lo splendido xenomorfo di H.R. Giger, oltre all'odioso quanto inetto E.T. spielberghiano. Un mostro di una potenza incredibile: pur comparendo soltanto per pochi istanti, continua a far parlare di sé. Di certo è una di quelle apparizioni traumatizzanti in grado di impressionare lo spettatore, restando stampata a fuoco nella memoria anche a distanza di anni. A quanto ho letto nel Web, il regista polacco non si è dimostrato particolarmente entusiasta dell'opera di Rambaldi, al punto da richiedergli modifiche all'ultimo minuto. Quel regista doveva essere un generatore di stress non da ridere, il che potrebbe spiegare come mai abbia dato vita a una pellicola che contiene in sé le sofferenze di mille esorcismi. 

Il problema del genoma mostruoso

La biologia insegna che nessun essere vivente su questo pianeta può sussistere senza un corredo genetico. Non è così peregrino estendere questa caratteristica delle forme di vita all'intero universo. Spesso si parla, quasi con timore, di "vita come noi la conosciamo", come se ci si aspettasse di trovare forme di vita liquide, gassose, composte di pura energia, danzanti nel magma dei vulcani, prosperanti nel vuoto siderale o nella cromosfera delle stelle più remote. Non pochi autori di fantascienza hanno immaginato enigmatiche forme di vita aliena del tutto prive di genoma, percepibili soltanto a livello mentale, consistenti in poco più di pacchetti di percezioni distorte. Solo per fare un esempio, Ray Bradbury in Cronache marziane descrive singolari alieni descrivibili come spiriti senza alcuna limitazione fisica. Resta il fatto che la fantasia umana può esprimersi nelle creazioni più svariate, mentre la fisica, la chimica e la biologia, pur contemplando possibilità incredibili, sono molto più rigide e limitanti. Se vedo un mostro tentacolato, fatto di carne e coperto di bava, posso assumere con sicurezza che ogni singolo aspetto della sua esistenza fisica sia codificato da qualche tipo di acido nucleico in grado di rendere conto della sua complessità. Se l'origine di questo genoma non può essere trovata su questa Terra, sarà naturale pensare a quale luogo extraterrestre può esserne stato la culla. Un acido nucleico è un codice, un modo usato dall'Artefice per scrivere un figlio della biologia. Un simile cifrario non scaturisce dalla non-esistenza, né può acquisire la sostanza della realtà fisica a partire dagli isterismi di una persona profondamente disturbata. Si capirà che non si può davvero ritenere ben costruita una storia che sostiene la nascita della carne dal pensiero umano - se si insiste col voler mettere le cose in questi termini: tale genesi deve essere riconducibile a una spiegazione che ha almeno l'apparenza della plausibilità, se vuole incuneare nello spettatore la paura ontologica, sola forza in grado di far irrompere nella nostra vita la potenza dell'Ignoto. Ebbene sì, anche Cthulhu e tutti i Grandi Antichi devono avere un genoma e una storia evolutiva! 

Partenogenesi  allegorica?

Qualcuno ha proposto una spiegazione della nascita del mostro tentacolato zulawskiano a partire da un noto fenomeno naturale: la partenogenesi. Chi ha escogitato questo escamotage non ha molte conoscenze di biologia. La riproduzione per partenogenesi si trova in un certo numero di vegetali e di animali, ad esempio in certe specie di lucertole. Si tratta di una forma di riproduzione asessuata, in quanto non richiede la fecondazione, pur implicando la formazione di gameti. Per fissare le idee, si ha partenogenesi se un embrione si origina da un ovulo senza bisogno di spermatozoi. Proprio per questo, si produrrà un individuo con lo stesso corredo genetico d'origine o comunque da esso derivato, non un alieno. Cosa sorprendente, esistono più tipi di questa bizzarra modalità riproduttiva. La partenogenesi può essere telitoca (produce solo femmine), arrenotoca (produce solo maschi), deuterotoca (produce sia maschi che femmine); tuttavia non si trova mai in una stessa specie più di una di queste alternative. Senza entrare in complessi dettagli, la partenogenesi può altresì classificarsi come rudimentale, accidentale, facoltativa, obbligatoria, occasionale o artificiale. Quella che non è contemplata è la partenogenesi isterica in ninfomani ossessionate dalla "cultura", dalla "differenza" e da ogni genere di masturbazioni psico-sociologiche! 


Nascita dei Doppelgänger 

A un certo punto, in una scena che alcuni critici reputano il culmine del film, la protagonista si trova in una chiesa al cospetto di un immenso crocefisso. La donna rivolge il suo sguardo dolente al simulacro ligneo dal capo coronato di spine, come se si aspettasse da Dio una risposta alla propria tragedia interiore. Come gli antichi idoli pagani, il crocefisso è di un mutismo assoluto. Difficile non pensare al tema del Silenzio di Dio, nell'ambito della dottrina della Kenosis. Eppure, sappiamo che Żuławski era un fiero oppositore del Cristianesimo in ogni sua forma. Difficile sostenere una spiegazione delle sequenze in termini di metafora del mondo occidentale che non riesce a udire la voce di Dio perché ha smarrito i valori fondanti della propria civiltà. Infatti, vediamo che la statua di Cristo non può recare alcun sollievo ad Anna, che si dirige alla metropolitana in preda a un'innaturale euforia, per poi essere sconvolta da un crollo neuronico, da una nuova crisi di possessione diabolica. In uno squallidissimo corridoio ctonio, cade come se fesse vittima di terribili colpi all'addome da parte di un'entità invisibile, quindi vomita sangue misto a muco biancastro. Qualcosa si rompe nel suo utero, ne escono fiotti di liquido schiumoso. Sembra che abbia un aborto spontaneo. Solo alla fine del film si comprende che questa non era in realtà l'interruzione di uno stato di gravidanza, bensì la genesi dei Doppelgänger di Mark e di Anna, evidente progenie del seme del mostro tentacolato che ha impregnato l'infelicissima protagonista. Vediamo che nemmeno l'embriogenesi dei demoniaci doppioni della coppia può essere definita in termini di partenogenesi: essenziale alla loro formazione è infatti lo sperma uscito dalla coda fallica del mostro tentacolato. Il fenotipo dei nuovi nati è soltanto una maschera, una parvenza, un guscio preso dall'ospite. La natura aliena delle loro sequenze è nascosta alla vista degli umani, ma emerge inquietante dal particolare colore verde degli occhi della femmina. 

Il Bene è assenza di Male

Senza dubbio dobbiamo annoverare il regista polacco tra i più significativi dissidenti religiosi della nostra epoca. Egli ha avuto il coraggio di affermare la Verità, che è l'esatto contrario delle dottrine di Agostino d'Ippona: il Male ha sostanza ontologica propria e indipendente, mentre il Bene può essere definito soltanto come sua assenza. La Scienza dà ragione al Neomanicheismo: vediamo tutti che Agostino errava ritenendo la salute un fluido magico dotato di esistenza positiva e definendo la malattia come "assenza di salute". L'Ipponate non conosceva la natura dei patogeni, che sono definiti dal codice genetico, scritto appositamente per danneggiare i viventi. La salute non ha alcuna definizione possibile al di fuori di una mera "assenza di patologie". Il Male impera in questo universo perché è forza attiva della Creazione Malvagia. Il Bene può sussistere soltanto nel vuoto dove non esiste alcunché, dove il potere del Sole Maligno non può arrivare.

Una Berlino spettrale e quasi deserta 

Si capisce subito che c'è qualcosa di profondamento stonato nell'ambientazione: la capitale tedesca sembra abbandonata, di certo più simile a una Tebaide edificata che a un immenso centro abitato brulicante di vita. Forse si tratta soltanto di una normale pausa estiva, in cui l'esodo dei vacanzieri ha svuotato il formicaio? Oppure c'è una spiegazione diversa? La popolazione tedesca, o addirittura europea, è stata forse decimata da un'epidemia silenziosa che ha ucciso milioni di persone? I sostenitori dell'interpretazione psicologica diranno che porto all'estremo le mie facoltà razionali, cercando affannosamente spiegazioni causali per quella che è soltanto una metafora dei tumulti della psiche umana. Resta il fatto che ogni fenomeno deve avere una causa, anche se si tratta di una storia fabbricata da artefici umani, e questa causa deve essere comprensibile all'intelletto umano. E se esistesse una connessione tra l'arrivo del mostro tentacolato e questo drastico decremento della popolazione? Non è poi una cosa così assurda: non dimentichiamoci che gli Incas cominciavano a morire di vaiolo ancor prima che Pizarro e i suoi predoni facessero la loro comparsa. Non dimentichiamoci un dettaglio cruciale: la narrazione si svolge all'epoca in cui Berlino era divisa dal Muro. In una sequenza iniziale vediamo una scritta su una parete fatiscente: "Die Mauer muß weg!" (Il Muro deve andarsene!), con l'ultima parola a malapena leggibile per la rapidità delle riprese. Cosa curiosa, il progetto iniziale prevedeva una fuga del protagonista a Berlino Est, in una terra pericolosa e sconosciuta. Per fortuna il regista ha rinunciato a questo finale, o ci avrebbero sommersi con un mare di fanfaluche  metaforiche da strizzacervelli.


Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Questo è il commento sul Dizionario Morandini: 

"Marc si accorge di alcune stranezze nella moglie Anna che gli è infedele. Sembra che si faccia possedere, alla lettera, da un essere mostruosamente polipesco che, forse, lei stessa ha generato con un processo orripilante di partenogenesi. Orchestratore sapiente di un'impotenza espressiva, Zulawski sfiora la caricatura del suo universo immaginario e delle sue ossessioni con un racconto e dei personaggi all'insegna di un gratuito grand-guignol di visionario isterismo. Consigliabile soltanto a chi ama il cinema dell'eccesso, della ridondanza rischiosa." 

Per il Dizionario Mereghetti, il film del polacco sarebbe invece un "saggio di patologia vagamente misogino, che si tramuta (...) in un horror perverso (...) Non per tutti i gusti."  

Nel Web si trovano alcune recensioni molto interessanti e ricche di spunti di riflessione. Ne riporto in questa sede gli indirizzi url. 

Questa è la recensione su Filmscoop.it


Questa è la recensione su Ondacinema.it


Questa è la recensione su Doppiozero.com:


Questa è la recensone di Davide Roveda, entusiasta esegeta di Żuławski, della cui opera pensa di aver trovato la chiave di lettura definitiva:


Alla fine, dirò quello che penso, anche se sommamente scomodo. Non conta molto quello che un autore vuol dire creando un'opera: questa è infatti dotata di una vita indipendente. Un autore non crea in nome di un'architettura mentale preconfezionata. Si limita ad evocare qualcosa di preesistente, credendo di avergli dato vita. Come una radio, capta una trasmissione e la registra, la rende fruibile al genere umano. Un eccesso di platonismo? L'Iperuranio? No, semplicemente la decrittazione di qualcosa di incomprensibile, di sfocato, che acquista una struttura definita come in un processo di misura quantistica. Come una voce degli spettri e dell'Incubo, il cui senso non dipende dall'evocatore. La stessa identica cosa che accade quando sperimentiamo il sogno: entriamo in contatto con un mondo diverso da quello in cui viviamo. Più ci penso, meno riesco a sopportare le costruzioni cerebrali in cui mi imbatto nel Web.

LA BESTIA

Titolo originale: La Bête
Lingua originale: Francese, Inglese, Italiano
Paese di produzione: Francia
Anno: 1975
Durata: 104 minuti
Rapporto: 1,66 : 1
Genere: Erotico, drammatico
     Sottogenere: Zooerastia
Regia: Walerian Borowczyk
Soggetto: Walerian Borowczyk
Sceneggiatura: Walerian Borowczyk
Produttore: Anatole Dauman
Casa di produzione: Argos Films
Fotografia: Bernard Daillencourt,
     Marcel Grignon
Montaggio: Walerian Borowczyk,
     Henri Colpi
Musiche: Domenico Scarlatti
Scenografia: Jacques D'Ovidio
Costumi: Piet Bolscher
Trucco: Odette Berroyer
Interpreti e personaggi   
    Sirpa Lane: Romilda de l'Espérance
    Lisbeth Hummel: Lucy Broadhurst
    Elisabeth Kaza: Virginia Broadhurst
    Pierre Benedetti: Mathurin de l'Espérance
    Guy Tréjan: marchese Pierre de l'Espérance
    Roland Armontel: curato
    (Marcel) Dalio: duca Rammaendelo De Balo
    Robert Capia: Roberto Capia
    Pascale Rivault: Clarissa de l'Espérance
   
    Hassan Falle: servitore Ifany
   
    Marie Testanière: Marie
    Stéphane Testanière: Stéphane
    Jean Martinelli: cardinale Giuseppe de Balo
 
    Anna Baldaccini:
    Mathieu Rivollier:
    Thierry Bourdot:
    Julien Hanany:
Doppiatori italiani   
    Pierangelo Civera: Mathurin de l'Espérance
    Bruno Alessandro: marchese Pierre de l'Espérance
    Giuseppe Fortis: duca Rammaendelo De Balo

Trama: 

Mathurin de l'Espérance è un pagano. Non è mai stato battezzato. Com'è possibile una cosa simile in una famiglia cattolica, e per giunta in pieno XX secolo? Semplice. Non si è trovato nessun prete disposto ad impartire il sacramento all'uomo, non più giovane rampollo di una nobile stirpe francese, che per lenire i dolori dell'esistenza si dedica alla gestione di una stazione di monta di cavalli. Ombroso e taciturno, ha il fisico sgraziato, un braccio rigido sempre celato da un'ingessatura. Suo padre, il marchese Pierre de l'Espérance, si trova in una situazione economica non proprio rosea, così spera di far sposare il figlio con una ricca ereditera inglese, Lucy Broadhurst. Lo zio del marchese, il duca Rammaendelo De Balo, si oppone in modo reciso alle nozze, perché è consapevole di una terribile maledizione che grava sulla famiglia: Mathurin sarebbe destinato a morire nell'atto stesso di prendere moglie. Per neutralizzare questa terribile minaccia ai suo progetti, Pierre ricatta il congiunto, ricordandogli di essere a conoscenza dell'uxoricidio che ha commesso in passato. Così le nozze vengono organizzate. Il fratello del duca, il cardinale Giuseppe De Balo, viene contattato al telefono per celebrare le nozze. Pierre lo assicura che Mathurin è stato battezzato e che non ci sono impedimenti; in realtà, per timore che si scopra la verità sul catecumeno, amministra lui stesso il sacramento, promettendo al prete, in cambio del silenzio, la riparazione della sua chiesa e una nuova campana. Lucy Broadhurst, che ha avuto con Mathurin una corrispondenza epistolare, è ospite al castello nobiliare del suo futuro sposo. Durante il soggiorno, resta turbata da una funesta leggenda riguardante Romilda de l'Espérance, antenata di Mathurin, la quale avrebbe lottato contro una bestia mostruosa dal sembiante di lupo. Tutto precipita verso il catastrofico esito finale. Durante una colluttazione, il marchese Pierre sgozza con un rasoio il duca Rammaendelo. Lucy è rapita da un incubo spaventoso: si ritrova nei panni di Romilda e si allontana nel bosco per inseguire un agnellino che si è perduto. A questo punto si accorge di essere braccata dalla bestia, una specie di gigantesco lupo umanoide e bipede, che dilania l'agnellino ed esibisce un immenso fallo eretto da cui fuoriesce lo sperma. La donna, dapprima disgustata, si congiunge al mostro, stimolando i suoi genitali e facendoli traboccare di continuo. Il destino dell'amante ferino di Lucy-Romilda è ben misero: la morte lo coglie durante l'orgasmo. L'ereditiera si sveglia e scopre che Mathurin, che dormiva nella stanza accanto alla sua, è morto. Il suo terribile segreto viene svelato: il gesso posticcio che gli nascondeva il braccio viene tolto, rivelando un arto animalesco e peloso, dotato di artigli. Il defunto rampollo viene mostrato nei suoi caratteri teriomorfi. Cosa che sconvolge i presenti, il corpo è dotato di coda. Per questo nessun prete lo voleva battezzare. Romilda aveva ceduto alla bestia e ne era rimasta ingravidata, dando origine alla linea genetica estintasi con proprio con Mathurin. 
 

Recensione: 
Questo film di Borowczyk è caduto nelle maglie della censura ed è stato etichettato come pornografico. La domanda è legittima: è pornografia o non è pornografia? Come definire la pornografia? Ancora una volta cose che per me sono della massima chiarezza, sono invece estremamente confuse per le masse acefale. Perché un film sia da considerarsi pornografico deve a parer mio essere presente un elemento irrinunciabile: il fallo eretto da cui scaturisce lo sperma. Se questo manca, non si può definire un'opera pornografica, semmai semplicemente erotica. Siccome La Bestia mostra la creatura diabolica dotata di un priapo immane, dalla cui uretra esce abbondante liquido seminale a seguito di eccitazione e strusciamento, si deve classificare come pornografia a tutti gli effetti. Anche se ovviamente è un fallo finto. Cosa pensano invece le masse? Nella loro insipienza, sono convinte che la pornografia non debba avere una trama o un qualunque spessore intellettuale. È proprio l'assenza di un intreccio narrativo, è proprio la superficialità estrema dei personaggi, ridotti a mere estensioni degli organi sessuali, che comunemente definisce la pornografia. Come se la pornografia debba essere per forza di cose una manifestazione di odio commodiano verso l'intelletto, o addirittura una forma di gnosimachia. Della semplice comparsa del fallo eretto - mi si perdoni il francesismo - al volgo sembra non importare... un emerito cazzo. Eppure, in linea di massima, un fallo eretto può entrare a buon diritto anche in prodotto altamente sofisticato della creatività umana. Se vogliamo, nella storia della pornografia la pellicola di Walerian Borowczyk costituisce una fulgida eccezione, in quanto ricchissima di tematiche filosofiche, etiche e religiose. 
 

Pornografia equina 

Il film si apre con le sequenze mozzafiato dell'accoppiamento tra uno stallone e una giumenta. Vediamo il fallo smisurato, eretto e palpitante che si prepara alla difficile penetrazione della vulva fremente. Lo stallone deve infatti impegnarsi in una difficile operazione, mettendo le zampe anteriori sui fianchi della femmina e alzandozi fino a centrare il bersaglio. L'aria è carica di ormoni sessuali concentrati del maschio come della femmina: entrambi gli animali sono posseduti dalla bramosia, fin quasi a impazzire. Non è raro nella filmografia zooerotica assistere ad atti di bestialità tra donne e cavalli, in genere si tratta di pratiche fellatorie, ma non mancano penetrazioni, nonostante le ovvie difficoltà meccaniche. Quello che non capita di vedere sono i genitali femminili della specie equina. Borowczyk pone rimedio a questa mancanza, filmando la vulva della giumenta, che pulsa di desiderio e sembra un fiore carnivoro in procinto di catturare la preda. Si vede la sua struttura non dissimile dall'orifizio umano, ma di un rosso intenso all'interno. La maestria del regista è evidente da come riesce a catturare lo stato di tensione dello stallone nell'atto di penetrare, le froge dilatate che si aprono come voragini per poi richiudersi, senza sosta. Quando il membro durissimo eiacula nella vagina, la drammaticità dell'atto sembra interrompersi, i corpi cavernosi ritornano flaccidi e lo stallone si separa dalla giumenta. C'è però ancora qualcosa di degno di nota. Si vede lo sperma colare dal canale procreativo. A questo punto lo stallone avvicina il muso alla vulva e si mette a leccarla avidamente!
 

Il genoma della Bestia 

Che creatura è la Bestia che concupisce Romilda e che le dona tutto il suo sperma? Possiamo dire che è il Diavolo, o senza dubbio un demonio, uno tra i tantissimi spiriti immondi che affliggono da sempre il genere umano. Eppure ha un corpo fatto di carne, non se ne può liquidare l'esistenza come una semplice materializzazione ingannevole scaturita dall'inconscio della sua vittima. Infatti lo sperma del mostro è fecondo, segno che è compatibile con il genoma umano. Deve per necessità essere pieno zeppo di spermatozoi in grado di penetrare nell'ovulo, dando origine a processi meiotici. Nel Medioevo non si sapeva nulla della genetica e tutto era molto più facile. Al giorno d'oggi la stessa demonologia deve incastrarsi nel complesso edificio delle evidenze scientifiche che hanno permesso di comprendere i complessi meccanismi della procreazione. Vediamo che i caratteri di ben tre animali si combinano nella Bestia: quelli del lupo, quelli di una scimmia antropomorfa e quelli del cavallo, come è evidente dalla forma del pene. Non ci sono evidenze fossili di un simile essere nella storia evolutiva delle specie, così resta la domanda sulla sua origine ultima. Da qualsiasi antro dell'Inferno sia scaturita la Bestia, Mathurin porta in sé una parte del suo corredo genetico, quindi non è propriamente un essere umano. La cosa più inquietante è l'assenza di caratteri ferini visibili nel padre di Mathurin, il malvagio marchese Pierre de l'Espérance, che pure deve essere portatore dello stesso genoma. Il contrasto tra la natura fisica della mostruosità di Mathurin e la natura spirituale della mostruosità di Pierre è stridente. 
 

La Bestia e la teologia nicena

Le conseguenze teologiche della fecondazione di Romilda de l'Espérance da parte della Bestia sono vertiginose. Tutto ciò infatti non può essere spiegato nell'alveo della teologia cattolica e questa è la ragione ultima dello sconvolgimento, anzi, dell'annichilimento degli ecclesiastici di fronte a questo caso. I loro sguardi tradiscono i loro sentimenti. Ognuno di loro è trasformato in una statua di sale, come la moglie di Lot. Mathurin non ha trovato alcun prete disposto a battezzarlo per via dei suoi caratteri ferini, chiara prova di natura diabolica. Questo però avrebbe dovuto insinuare un sospetto gravissimo nell'intera Chiesa Romana: il demoniaco Mathurin è nato da un padre e da una madre. Quindi il padre del rampollo, il marchese Pierre, per necessità doveva essere seme del Diavolo allo stesso identico modo, pur non avendo una zampa anteriore simile a quella di un gorilla, pur non avendo la coda, pur avendo un pene perfettamente umano. Tutta la linea genetica dei De l'Espérance derivata dall'atto bestiale di Romilda ha le sue radici nell'Inferno, anche in assenza di segni visibili. Qualsiasi teologo sarebbe dunque costretto dalla forza dei fatti a dichiarare vano qualsiasi sacramento impartito a ciascun nobile che porta in sé l'eredità della copula ferina. Il marchese Pierre è pagano quanto Mathurin, a nulla ha potuto giovargli Cristo. Potessero cose simili accadere nella realtà, a quali terremoti assisteremmo! 
 

Origini leggendarie e criptozoologiche della Bestia 

Senza dubbio Borowczyk si ispirò alle leggendo popolari francesi, che spesso descrivono creature antropofaghe. Un esempio di questi mostri è la Bestia di Gévaudan, una specie di lupo gigantesco e dotato di caratteristiche fisiche aberranti, che tra il 1794 e il 1767 portò il terrore nella regione oggi chiamata Lozère uccidendo un centinaio di persone, in gran parte bambini. Nonostante siano stati impiegati contingenti militari per debellare la Bestia, la sua natura non è mai stata chiarita. I biologi hanno ipotizzato che gli attacchi siano stati condotti da più animali, che sarebbero stati lupi affetti da acromegalia, una malattia che provoca la crescita abnorme delle ossa. Questo spiegherebbe le peculiarità del criptide, dotato di testa sproporzionata, di zampe massicce e di fauci dalla potenza ben superiore a quella di un comune lupo. Evidentemente il regista polacco è rimasto profondamente suggestionato da questa leggenda, che pure deve avere un nòcciolo di verità, concependo la geniale idea di trasferire l'aggressività del mostro alla sfera sessuale, facendone così un innaturale stupratore. 
 

Ambivalenza

Se all'inizio Romilda è una preda della Bestia, presto subentra in lei l'eccitazione. Per sfuggire al suo persecutore, credendo che questi la voglia sbranare, la donna si regge a un grande ramo, penzolando nel vuoto. Ormai è quasi priva di vestiti, se ne è liberata per poter fuggire meglio nel bosco. In particolare, mostra alla luce del sole le gambe, la sua intimità e le natiche. La Bestia la afferra, ma non la fa a brandelli, si mette invece a leccarle la vulva. Mentre subisce queste attenzioni, la donna cerca di allontanare l'aggressore colpendone il fallo con i piedi e sortendo l'effetto contrario, eccitandolo. Qualcosa cambia in Romilda proprio in questo momento: i suoi piedi si mettono a masturbare la Bestia con i movimenti tipici di una amante consenziente, provocando l'eruzione di liquidi seminale, che finisce con l'impiastricciare le calze sporche di terriccio. Eco che si è compiuto il mutamento, ora è la vittima a provare un desidero incontenibile, concedendosi all'assalto del mostro. Finisce così con lo sdraiarsi offrendosi a novanta gradi all'aggressore, che le lecca l'orifizio anale e cerca di penetrare nella vagina. Il membro è troppo grande per trovare accoglienza, ma il materiale genetico continua a scaturire. A questo punto vediamo la donna diventare attiva, dando piacere al suo partner diabolico fino a consumarlo: si pone davanti a lui, esibendogli il seno. Si struscia il pene duro come il marmo tra le poppe, provocando altre eruzioni. Che non si tratti più della vittima di uno stupro lo vediamo dallo stato dei suoi capezzoli, turgidi come piccoli peni eccitati. Non correremo il rischio di vederla sbraitare nel movimento MeToo. A questo punto la Bestia muore, quale che sia la sua vera natura. Quel corpo abominevole, fosse anche stato animato dal Diavolo stesso, alla fine cade inerte. Viene inquadrata una chiocciola che striscia su una scarpa di Romilda, simbolo esoterico studiato apposta per scatenare inquietudine nello spettatore. 

sabato 24 novembre 2018



DELICATESSEN

Titolo originale: Delicatessen
Anno: 1991
Paese: Francia
Lingua originale: Francese
Regia: Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet
Genere: Commedia, grottesco
Sottogeneri: Black comedy, postapocalittico
Soggetto: Jean-Pierre Jeunet
Musiche: Carlos d'Alessio
Fotografia: Darius Khondji
Montaggio: Hervé Schneid
Scenografia: Jean-Philippe Carp
Attori e interpreti: 

     Dominique Pinon: Louison
     Marie-Laure Dougnac: Julie Clapet
     Jean-Claude Dreyfus: Clapet
     Karin Viard: Signorina Plusse
     Ticky Holgado: Marcel Tapioca
     Anne-Marie Pisani: Signora Tapioca
     Edith Ker: Nonna
     Rufus: Robert Kube
     Jacques Mathou: Roger
     Howard Vernon: Uomo delle rane
     Chick Ortega: Fattorino
     Silvie Laguna: Aurore Interligator
     Jean-François Perrier: Georges Interligator
     Dominique Zardi: Tassista
     Patrick Paroux: Puk
     Maurice Lamy: Pank
     Marc Caro: Fox
     Eric Averlant: Tourneur
     Clara: Mr. Livingston

Doppiatori italiani
    Sergio Di Giulio: Louison
    Cristiana Lionello: Julie Clapet
    Oreste Rizzini: Clapet
    Roberta Greganti: Signorina Plusse
    Claudio Capone: Georges Interligator
    Valerio Ruggeri: Tassista

In un fatiscente edificio, tra gli stravaganti condomini, ci sono i fratelli Robert e Roger Kube, dediti a fabbricare curiosi souvenir; l'isterica Aurore; la vogliosa Plusse; la famiglia Tapioca, i cui componenti (padre, madre, figli e nonna) sono sempre affamati; lo stralunato Potin, dedito all'allevamento di rane e lumache, la giovane violoncellista Julie con suo padre, il macellaio Clapet, un folle individuo intento ad accumulare mais e lenticchie avuti dai suoi clienti in cambio di carne umana. Vittima predestinata del macellaio è il candido Louison, un clown disoccupato che ha chiesto a questi vitto e alloggio in cambio di lavori di pulizia e manutenzione. Julie, innamoratasi di Louison, per salvarlo dal suo triste destino, trova aiuto in misteriosi trogloditi vegetariani, una genia di teppisti che vivono nel sottosuolo metropolitano, i quali sperano così di impossessarsi dei legumi del macellaio...

Premi: Delicatessen ha vinto il Premio César come miglior film, migliore sceneggiatura, miglior montaggio e migliore scenografia.


Recensione:

Il film è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 10 maggio 2010. Per la verità mi è sembrata una pellicola un po' squallidina, che ha deluso le mie aspettative. All'epoca mi sono astenuto dal far notare questo al carissimo Andrea, che è sempre stato animato dalle migliori intenzioni e che è una persona deliziosa come un panino alla nutella. Il lavoro di Caro e Jeunet mi è parso informe, appena sbozzato da un pastone di caos. Il tema del cannibalismo vi è appena accennato e viene affrontato con la tecnica del sottinteso, dell'off-camera, quasi del "si fa ma non si dice", anziché essere mostrato in tutta la sua raggelante natura. L'unica sequenza in cui si mostra la macellazione di un uomo si rivela una fantasia onirica carica di isterismo, prodotta dalla mente febbrile della figlia del macellaio antropofago. Per giunta, durante la proiezione tale breve scena di sgozzamento non ha neppure raggiunto i miei nervi ottici, dato che ero sprofondato in un sonno non REM. Va infatti detto che ho visto la maggior parte delle sequenze mentre mi trovavo in stato comatoso per le libagioni eccessive di whisky e per la stanchezza accumulata da mesi, cosa che ha contribuito a creare in me un senso di profonda irritazione, come quando in un sonno inquieto si è tormentati da sogni pesanti e sovrapposti, in apparenza del tutto privi di significato, in cui emergono come rigurgiti acidi vecchi ricordi immersi in un pastone di vomito. In seguito, quando ho rivisto il film nella calma della mia dimora immersa nel buio della notte, mi sono potuto fare un'idea più precisa della pellicola.

Ambientato in una città perennemente notturna, come tipico di certo cinema francese, Delicatessen può essere ascritto al genere post-apocalittico. Per la verità, nulla di sa e si può dire sulla natura della catastrofe che si è abbattuta sulla Francia - e forse sul mondo intero - salvo un dato di fatto: a causa di questo sconvolgimento si è avuta una penuria cronica di generi alimentari. Ormai non esiste più un potere centrale, non vi sono più banche e nessuna zecca di Stato che batta moneta. Al posto del denaro si usano così i cereali: l'economia è tornata al Neolitico.


Trogloditi e Troglodisti

Durante l'intero corso del film si parla dei Trogloditi, i dissidenti vegetariani che conducono le loro squallide esistenze nelle fogne. Si tratta di dementi che tesaurizzano cereali in un ambiente fetido e umido, mangiandoli quando sono ben ammuffiti, tutti impregnati dai tanfi cloacali. Si nota subito un errore marchiano commesso dai traduttori. Il termine Trogloditi non è esatto. Il francese infatti ha Troglodistes, non Troglodytes. Non conoscendo bene la lingua, anziché coniare il grottesco ma logico neologismo Troglodisti, chi di dovere ha pensato che Troglodistes e Troglodytes fossero semplicemente sinonimi. In realtà i Troglodisti sono i seguaci del Troglodismo, una dottrina derivata dall'Anarco-Primitivismo che ha alcuni seguaci anche in Facebook. Ritenere un troglodista un semplice troglodita è un abuso linguistico: il neologismo ha un valore simbolico del tutto assente nella parola da cui è stato tratto. Per far capire meglio la questione, farò un esempio tratto dalle ceneri della Blogosfera. Esisteva in Splinder un blogger il cui nick era Cattomoderasta, che egli spiegava come "cattolico moderato entusiasta", orrida parola macedonia. Alcuni troll giocavano sull'assonanza tra entusiasta e pederasta, facendone nascere flames infiniti. Ecco, tra un troglodita e un troglodista c'è più o meno lo stesso rapporto che c'è tra un moderato e un moderasta. Detto questo, l'idea di accumulare legumi e granaglie quando si può disporre di proteine nobili mi pare come minimo anticonservativa. 

 

Il guitto a tre gambe 

Vero protagonista del film è Louison, il guitto biondiccio. La cosa non deve sorprendere: la Francia ha un'immensa stima dei guitti, cui attribuisce addirittura poteri taumaturgici e salvifici. Un tempo Louison era un clown di successo, che lavorava in coppia con il Dottor Livingstone, un grosso scimpanzé. Poi era venuta la Grande Carestia e le tenebre erano calate sulla Francia. Un gruppo di facinorosi aveva teso un agguato allo scimmione, uccidendolo, macellandolo e trasformandolo in un succulento stufato. Il compagno di Louison era stato avidamente manducato e di lui in breve erano rimasti soltanto alcuni mucchietti di feci. A causa di ciò, il guitto traumatizzato si era dato alla fuga, temendo di finire anche lui cucinato come spezzatino. Giunto dal macellaio Clapet, il fuggitivo si dimostra subito un abile factotum, capace persino di sostituire le lampadine fulminate. Questo Clapet è un mostruoso energumeno, un individuo colossale, sadico e violento, che medita di uccidere Louison per venderne la carne ai condòmini. La figlia del beccaio antropofago, Julie, ha invece un carattere gentile e sensibile. Si innamora così di Louison. Proprio quando si reca nella camera di lui, vi trova una sorpresa annichilente. Il guitto ha indossato un bizzarro costume priapico, consistente in pantaloni con tre gambe, tutte complete di scarpe buffonesche: così conciato balla allegramente con la concubina di Clapet, la matrigna ninfomane di Julie. Questa donna è una milfona affetta da una cistite cronica che le provoca l'impellente necessità della pressione martellante di un poderoso fallo sulla vescica - per questo si fa trapanare per ore dal suo bestiale compagno. Julie, che avrebbe voluto fare la segaiola di Louison, si ritira piangendo nel proprio alloggio, il cuore infranto. 
 

Nemesi di un energumeno 

Il proprietario della macelleria cannibalica, il mostruoso Clapet, è gelosissimo perché Julie vorrebbe diventare la ragazza di Louison. Agisce nel suo animo fosco un tipico meccanismo freudiano. La povera Julie, in quanto femmina generata dal suo sperma, è da lui vista come una fica aperta nel suo grande ventre, come una cavità femminile preternaturale. Così chiunque concupisca quella vulva ventrale è come se attentasse alla virilità del suo portatore, come se volesse possederlo carnalmente. In realtà non si tratta di una perversione esclusiva di pochi mostri come Clapet: è proprio ciò che accade in ogni uomo che abbia una figlia! I padri vedono le figlie come parti cave del proprio corpo, per questo si sentono fottuti come qualcuno le penetra! Tale è la furia di Clapet per questa triste condizione, che alla fine si ritorce contro di lui uccidendolo. A portarlo alla morte è proprio il coltello scenico di Louison, di cui si è impadronito: lo lancia contro il comico, credendo la lama un volgare temperino. Il punto è che quell'arma, conosciuta come l'Australiano, è come un boomerang. Una volta scagliato, torna al mittente. Essendo questi un bruto ignorante, viene còlto di sorpresa dal coltello prodigioso, che gli si pianta proprio in mezzo alla fronte. 


Macellazione di una suocera 

Decisamente surreale è l'episodio in cui un'anziana residente del condominio viene destinata ad essere macellata, perché sua figlia e suo genero non possono più occcuparsi di lei. Così Clapet fa delle sue membra eduli un pacchetto di carne che consegna di persona ai parenti, proprio al banco della macelleria. Un ben triste destino per una suocera! Quasi una sottile e ironica vendetta contro un oggetto di odio universale. Gli esiti di questa trovata sono notevoli. Sembra valere una legge inderogabile: quando qualcuno viene macellato, una parte della carne appartiene ai suoi congiunti più stretti. Accade persino che un uomo, costretto all'amputazione di una gamba, si è ritrovato con un macabro fagotto di carne avvolto in carta da giornale. Che dire? Questa è l'essenza della black comedy francese. 


Epilogo 

Finito l'incubo della macelleria Delicatessen, centro di irradiazione del cannibalismo, il guitto e Julie escono alla luce del sole, che a quanto pare è spuntato per la prima volta dopo anni di opprimenti tenebre celesti. I due innamorati mostrano al mondo la loro gioia, lei suona un violoncello, lui maneggia uno strumento ben più inconsueto: una sega musicale. In pratica è una comune sega da falegname, che produce suoni striduli quando viene pizzicata con un archetto. Un finale denso di simbolismi erotici. Cos'è il violoncello se non una vulva? Cos'è la lunga sega flessibile se non un grosso fallo svettante? 

Effetto boomerang! 

Le parole si comportano spesso come l'Australiano, il coltello-boomerang di Louison: da una lingua passano ad un'altra, che le prende a prestito, le modifica, le adatta al proprio sistema fonetico, le digerisce, le assimila profondamente, ne rielabora la semantica, poi le rigurgita, così questi prodotti modificati, qualche volta quasi irriconoscibili, ritornano alla lingua di partenza. Con buona pace dei puristi, le lingue non hanno anticorpi lessicali, né sono soggette a devastanti reazioni autoimmuni: assorbono tutto come spugne, anche le proprie feci. In buona sostanza questo fato è capitato alla parola francese délicatesse "delicatezza", da délicat "delicato" (anche in senso gastronomico). È stata presa a prestito dal tedesco come Delikatesse, col regolare plurale Delikatessen. Dal tedesco la parola è giunta negli Stati Uniti d'America, dove è stata resa popolare dai negozianti ashkenaziti. Dall'inglese americano è stata quindi importata in molte altre lingue, tra le quali anche il francese. Il significato più comune è attualmente quello di "negozio dove sono vendute leccornie". 

mercoledì 21 novembre 2018


COME CE LA CAVAMMO QUANDO IL PASSATO SE NE ANDÒ 

Autore: Robert Silverberg
Anno: 1969
Titolo originale: How It Was When the Past Went Away
Aka: Quando il passato se ne andò
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo breve 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Innerspace SF, fantareligione, fantascienza
     apocalittica e post-apocalittica
1a edizione it: 1970
2a edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore
Edizioni italiane (antologie):
     1970: La fabbrica dei flagelli, Urania 551
     1984: Catastrofi!, Oscar 1767 
Traduttori:
     Beata della Frattina (1970),
     Giuseppe Lippi (1984)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!:
   Titolo originale: Catastrophes!
   Curatore: Isaac Asimov
   Sezione:
Catalogo Vegetti: 


Trama:

Un soggetto particolarmente interessante, Haldersen, è definito "psicotico" dalle autorità sanitarie. Preso da un'ispirazione divina, tenta un esperimento che ritengo meritorio e benefico in sommo grado. Egli trova il modo di rilasciare nell'acquedotto di San Francisco una droga che cancella la memoria. Coloro che si abbeverano con l'acqua del rubinetto, subiscono una rimozione di parti dei loro archivi mnemonici o vengono addirittura formattati completamente. Si segnala il caso di un nocivo guitto, che intratteneva il pubblico con esercizi di memoria e che, trovatosi privato delle sue facoltà, opta per un dignitoso suicidio. Innumerevoli sono gli effetti positivi di questa cancellazione della memoria tra le masse: in questo modo ogni ferita viene sanata, ogni cuore infranto rinasce e rifiorisce rigoglioso, ritorna l'ispirazione di chi ne era da tempo rimasto privo, tutti i debiti vengono cancellati, le fauci dell'usura vengono spezzate, decenni di bassezze politiche e di similare immondizia si avviano alla formattazione definitiva rilasciando al contempo una benefica folata di aria purissima, tutte le determinazioni delle logge massoniche si dissolvono e via discorrendo. Haldersen fonda così una nuova religione, la Chiesa dell'Oblio, che si basa su fatti concreti e non su futili dispute dottrinali: grazie alla cancellazione di ogni memoria, essa offre una Salvezza concreta, facendo tornare i sofferenti al Vuoto beato in cui stavano prima di essere gettati in questo mondo di aberrazioni!

Recensione:

Grande Silverberg! La Chiesa dell'Oblio è un concetto geniale che meriterebbe proprio di essere tradotto in pratica! Un santo lavacro in grado di ripulire una volta per tutte la Terra dalle infinite storture dei suoi abitanti! È davvero grande la mente dello scrittore ashkenazita, che irradia lampi di purissimo genio.

L'amnesia può essere molto pericolosa e insidiosa quando colpisce una singola persona, perché pone la sua vittima in uno stato di assoluta debolezza, gettandola inerme in balia di un mondo in cui il "prossimo" è un lupo vorace e un diavolo. Senza dubbio la cancellazione della memoria ha sempre colpito l'immaginazione popolare e suscitato il massimo interesse, come anche la sua simulazione - basti pensare al caso del cosiddetto Smemorato di Collegno. Meno facile è immaginare cosa accadrebbe se ad essere colpita dalla perdita della memoria fosse un'intera comunità o - perché no? - addirittura l'intero pianeta! Ebbene, proprio Silverberg si è cimentato nell'impresa con ottimi risultati. 

Posso azzardarmi a ipotizzare qualcosa sul funzionamento della droga utilizzata da Haldersen per formattare i banchi di memoria delle genti di San Francisco: con ogni probabilità attacca i corpi mammillari, di fatto agendo come la sindrome di Wernicke-Korsakoff. Oliver Sacks nel suo libro L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello descrive un caso molto interessante nel capitolo Il marinaio perduto. Questo militare, distrutto dall'etilismo, non riusciva a ricordare alcunché degli ultimi 30 anni della sua vita passata e, a complicare le cose, anche la sua memoria a breve termine era stata aggredita: i ricordi gli si dissolvevano già a distanza di poche ore o addirittura di pochi minuti. Eppure Sacks fu colpito da un comportamento religioso del paziente e discrisse con quale "piena, intensa e tranquilla disposizione d'animo, con quale calma di una concentrazione e di attenzione assolute, egli si accostò e partecipò alla Santa Comunione. Era totalmente trattenuto, assorbito da un sentimento. In quel momento non c'era smemoratezza, non c'era sindrome di Korsakoff, né la loro esistenza pareva possibile o immaginabile". Non posso fare a meno di notare la somiglianza con il rito della Chiesa dell'Oblio fondata da Haldersen, in cui l'Eucarestia è proprio l'assunzione della pozione che dona l'Oblio. Luis Buñuel, citato dallo stesso Sacks, scrisse: "La memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla". Verissimo. Va però precisato che non siamo nulla in ogni caso. 

Biblioteca galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al romanzo breve, con annessa valutazione:


Un interessante progetto 

A quanto ho appreso, la Focus Features ha acquisito i diritti di quest'opera di Silverberg e ne progetta l'adattamento cinematografico. Questa pagina del sito Comingsoon.net risale al 2014: 


Questo è quanto è riportato sul sito Cineblog.it:

"La Focus Features adatterà il romanzo sci-fi di Robert Silverberg How It Was When the Past Went Away, inizialmente pubblicato nel 1969 con l'antologia "Three of Tomorrow". Alex e David Pastor si occuperanno dello script, per una storia che si svolgerà all'indomani di un evento che causa la perdita di memoria di massa. Tutta colpa di un folle, che mette dell'anfetamina nell'acqua di San Francisco, con la città che lentamente inizia a cadere a pezzi. Gli abitanti non sanno più chi sono, con chi vivono, dove lavorano e senza memoria. Effetti devastanti della droga, per una storia raccontata come 'disaster movie'. Tra i produttori Wyck Godfrey e Marty Bowen della saga Twilight."  

Per raggiungere il frammento sopra riportato, anch'esso abbastanza datato, sono giunto su una pagina che riportava il nome di Ben Stiller, così ho pensato che il ruolo di Haldersen sarebbe stato assegnato a quell'attore - che ricordo soprattutto perché in un film rifiutava un pompino da una milf.

Nonostante l'adattamento di How It Was When the Past Went Away sia stato annunciato anni fa, dalle informazioni raccolte nel Web, sembra che il progetto non sia stato portato a compimento. Il mio timore è che possa andare alla deriva, come spesso accade alle cose in questo universo in sfacelo. 

BENEDIZIONE OSCURA

Autore: Walter M. Miller Jr.
Anno: 1951
Titolo originale: Dark Benediction
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo breve
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza apocalittica e post-
       apocalittica, fantareligione, clerical SF,
       fantapatologia, fantaerotismo
1a edizione it.: 1964
2a edizione it.: 1984
3a edizione it.: 1988
4a edizione it.: 1992
Editori (it.):
     Arnoldo Mondadori Editore (1984, 1988),
     Zillitti Editore (1964),
     Interno Giallo (1992) 
Edizioni italiane (antologie):    
    1964: Umani a condizione, Futuria 4
    1984: Catastrofi!, Oscar 1767 
    1988: Un cantico per Leibowitz - Benedizione
             oscura - Umani a condizione - Il mattatore
,
             I massimi della Fantascienza 17
    1992:
Il grande libro della fantascienza. Società
             del futuro. Romanzi brevi degli anni '50
,
             EdgarMammut 3.44
Traduttori:
     Arianna Rossi Livenzev (1964, 1988, 1992),
     Giuseppe Lippi (1984)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!:    
    Titolo originale:
 Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione dell'umanità 
Catalogo Vegetti:


Nota: Segnalo l'errato titolo originale nel Catalogo Vegetti: Dark Benedition (sic.). Manca la -c- di Benediction, come appare evidente a chiunque abbia anche soltanto una parvenza di dimestichezza col lessico inglese dotto di origine latina.

Trama: 

L'umanità è condannata a causa di una malattia che si propaga senza che nulla valga a frenarla. Le persone colpite mostrano vistose alterazioni della cute, su cui compaiono macchie grigiastre destinate ad estendersi e caratterizzate da un pullulare di terminazioni nervose ipersensibili che acuiscono i sensi. Per questo il morbo è stato battezzato neurodermatite (neuroderm). I contagiati sono chiamati volgarmente "pellaccia". Considerati immondi dalle persone sane, che li assimilano ai lebbrosi, questi "pellaccia" sono dominati dalla bramosia irresistibile di espandere il contagio. Sono dotati di papule erogene sui polpastrelli delle dita, simili alle formazioni perlacee che spesso si trovano sulla corona del glande. In pratica, è come se le dita di ogni "pellaccia" terminassero con un glande tumefatto, perennemente eccitato. Ne nasce una forma di erotismo perverso, bizzarro e macabro: questi individui mutati concupiscono le persone sane e cercano di consumare un atto di libidine palpando morbosamente ogni parte del loro corpo, traendone un indescrivibile piacere e propagando al contempo l'infezione tra le genti. In questo scenario di autolisi della società umana, il giovane Paul Harris Oberlin, non contagiato dal morbo, si innamora di Willow (Willie, in realtà sta per Wilhelmina), una ragazza che ha sviluppato la malattia. La salva da Georgelle, un dittatore genocida che vuole attuare lo sterminio di tutti i "pellaccia", pensando così di risanare l'umanità. Volendo trovare un modo per guarirla da uan ferita, Paul conduce Willie a Galveston, rendendosi presto conto di essere finito in una comunità religiosa costituita interamente da "pellaccia", guidata da monaci e suore. Qui incontra il dottor Seevers, un biochimico che gli rivela la vera natura della neurodermatite: si tratta di un'infezione causata da un parassita di origine extraterrestre, inviato sulla Terra da una lontana civiltà aliena. Paul comprende, anche se all'inizio non è facile, che si tratta di una condizione benefica, perché porta all'espansione dei sensi e a facoltà cognitive del tutto nuove. Il crollo della civiltà non è la fine del genere umano, bensì l'inizio di una nuova specie più dotata. Dopo mille esitazioni il giovane vince la sua repulsione per le condizione dei "pellaccia" e si abbandona all'amore con Willie, donando alle sue dita frementi il proprio corpo nudo e facendosi così contagiare.

Recensione:

A quanto pare Walter M. Miller Jr. (1923-1996) era fissato con un tema davvero inconsueto: la salvezza del genere umano ad opera del clero - aspetto non sfuggito a Giuseppe Lippi nella sua introduzione all'antologia. Non a caso è l'autore del famosissimo romanzo Un cantico per Leibowitz (A Canticle for Leibowitz), pubblicato per la prima volta nel 1959, che è incentrato sulla descrizione dell'opera civilizzatrice della Chiesa Romana su un mondo post-apocalittico ripiombato in una spaventosa barbarie e avvolto nelle dense tenebre dell'ignoranza. Tuttavia Benedizione oscura ha in sé anche qualcosa di profetico quanto sinistro: i ripugnanti "pellaccia", avidissimi palpatori di corpi nudi di ragazzini e di ragazzine, sembrano quasi far trasparire un simbolismo della pedofilia che infesta la Chiesa Romana! Tale piaga, che ora sappiamo connaturata al clero cattolico, all'epoca in cui Miller scrisse era qualcosa di cui non si poteva assolutamente parlare, nemmeno in un paese come gli Stati Uniti d'America, per tradizione caratterizzato da un grande pluralismo religioso e non privo di componenti fortemente antipapiste. Le ossessioni religiose di Miller non lo hanno salvato da una grave depressione: poco dopo la morte della moglie, che gli aveva dato quattro figli, terminò volontariamente la sua infelice esistenza con un colpo di fucile.  

Un medico pieno di antinomie

Quando ho letto il racconto, molti anni fa, sono rimasto particolarmente colpito dalla figura dello scienziato "pellaccia". Il dottor Seevers è una persona animata da un altissimo senso morale e al contempo un groviglio di contraddizioni insanabili. Se da una parte riconosce qualcosa di benefico nel morbo che ha annientato la civiltà e condannato la specie umana in quanto tale, come mai poi si astiene con ferreo rigore dal trasmettere tale condizione ad altri? In un passo egli rivela di sottoporsi a un doloroso quanto inutile trattamento, cauterizzandosi le papule erogene sui polpastrelli, lamentandosi della loro continua formazione e affermando la sua determinazione a non conoscere mai le delizie date dalla palpazione della pelle di persone sane. Pensa che, non sapendo cosa si perde, non avrà mai rimpianti. Si professa ateo, ma in realtà a guidarlo sembra essere la dottrina cattolica dell'abnegazione e del rifiuto del piacere, considerato peccaminoso in quanto tale - nei laici ovviamente, essendo il suo esercizio permesso invece ai membri del clero, sia pure tra mille ipocrisie e nascondimenti. Probabilmente gli effetti dell'immersione in un ambiente impregnato di religosità cattolica ha del tutto riplasmato il biochimico, senza che nemmeno se ne accorgesse.

Inquietanti interrogativi

Nonostante il giovane Paul abbia infine accettato la rivelazione del dottor Seervers sulla nascita di una nuova specie dalle ceneri dell'umanità, qualcosa in lui agita ripugnanza e dubbi spaventosi su ciò che è umano e su ciò che non lo è.

"Ma la pelle grigia... i palpi gustativi nelle dita... micro-organismi alieni che scavavano nei nervi e nel cervello umano... tutto ciò gli metteva i brividi. L'Uomo, trasformato per soddisfare i gusti di un pugno di parassiti "benevoli", era ancora Uomo? O era qualcos'altro? Piccoli agricoltori batterici sepolti nella pelle che coltivavano cellule nervose come l'uomo coltiva il grano... piccoli divoratori che mangiano uno e piantano due, che seminano nuovi sensi e rimpastano le fibre gustose del cervello..."

Mentre il protagonista è preso da queste riflessioni mortificanti, la dura realtà dei fatti non ne è minimamente toccata: la minaccia del genocida Georgelle non è scongiurata e incombe su Galveston.

Note di linguistica lippiana

Trovo divertente l'uso della parola ghenga per indicare una banda di delinquenti o come sinonimo di "feccia". Ormai il vocabolo non sembra essere più molto comune in questa lingua italiana che presenta sempre più evidenti segnali di sofferenza e che appare meno incline all'assimilazione fonetica dei barbarismi. Ecco il passo in questione: 

"Le uniformi gli ricordavano quelle delle ghenghe di teppistelli negli slum: anche loro usavano maglioni di un colore speciale e parole d'ordine."

Penso sia in ogni caso utile far notare che ghenga ha un'origine trasparente: è l'adattamento dell'inglese gang "banda, gruppo di delinquenti", da cui deriva gangster "criminale membro di una banda", formato con lo stesso suffisso -ster che si trova anche nel sinonimo mobster, oltre che in alcune formazioni come youngster "giovanotto" e songster "musicista vagabondo". Vediamo che nella traduzione di Lippi figura, non tradotta, la parola slum, che negli anni ottanta era già popolare. Non mi risulta che ci siano mai stati tentativi di adattamenti fonetici all'italiano. La traduzione lippiana ci mostra stratificazioni lessicali e sedimentazioni da cui spuntano gemme di svariati tipi.   

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al romanzo breve, con annessa valutazione: