lunedì 26 novembre 2018



POSSESSION

Titolo originale: Possession
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Francia, Germania Ovest
Anno: 1981
Durata: 123 min
Genere: Grottesco, drammatico, orrore
Regia:
Andrzej Żuławski
Sceneggiatura: Andrzej Żuławski,
     Frederic Tuten
Produttore: Marie-Laure Reyre
Casa di produzione: Gaumont
Fotografia: Bruno Nuytten
Montaggio: Marie-Sophie Dubus,
     Suzanne Lang-Willar
Musiche: Andrzej Korzyński
Scenografia: Holger Gross
Costumi: Ingrid Zoré
Interpreti e personaggi
    Isabelle Adjani: Anna / Helen
    Sam Neill: Mark
    Margit Carstensen: Margit Gluckmeister
    Heinz Bennent: Heinrich
    Johanna Hofer: madre di Heinrich
    Carl Duering: investigatore
    Shaun Lawton: Zimmermann
    Michael Hogben: Bob
    Maximilian Rüthlein: l'uomo dai calzini rosa
    Leslie Malton: Sara
    Gerd Neubert: ubriaco nella metropolitana
    Harry Riebauer: uomo alla conferenza
    Dragomir Stanojevic: taxista
Doppiatori italiani
Doppiaggio originale 1982
    Ada Maria Serra Zanetti: Anna/Helen
    Luigi La Monica: Mark
    Dante Biagioni: Heinrich
Ridoppiaggio VHS Mondadori 1991
    Lucia Valenti: Anna/Helen
Ridoppiaggio 2000
    Roberta Greganti: Anna/Helen
    Luigi La Monica: Mark
    Romano Malaspina: Heinrich
Premi
1) Festival di Cannes 1981: miglior interpretazione femminile
    (Isabelle Adjani)
2) Premi César 1982: miglior attrice
    (Isabelle Adjani)
3) Fantasporto 1983: miglior attrice
    (Isabelle Adjani)

Trama: 

Mark e Anna sono una giovane coppia di sposi berlinesi, che vivono nel loro appartamento con il figlio piccolo, Bob. Presto qualcosa si incrina nella loro vita coniugale: Mark scopre che la moglie, interpretata dalla bellissima Isabelle Adjani, gli fa le corna. Prima sospetta qualcosa dal rifiuto di lei a fare l'amore, poi gli viene detto senza mezzi termini che c'è un altro, che lui le dà più piacere e che l'unica soluzione possibile è il divorzio. Da questa situazione insostenibile scaturiscono continui e violenti litigi. Mark è mortificato da Anna, non riesce ad accettare il suo tradimento. Vuole sapere ogni dettaglio, ma lei è reticente, non gli confida nulla. Per questo motivo l'uomo, quando riceve una telefonata da Heinrich, l'amante della moglie, si reca a fargli visita. Ne nasce una colluttazione col rivale, che tra l'altro pratica le arti marziali. Tornato a casa malconcio, Mark attacca Anna e gliele dà di santa ragione, al che lei fugge in strada. Da questo momento la salute mentale della donna viene meno e subentra la pazzia furiosa. Un investigatore privato riceve l'incarico di pedinare l'adultera e scopre che possiede un secondo appartamento in un edificio fatiscente. A un certo punto, prima di raggiungere un risultato decisivo, il detective sparisce nel nulla. Le cose si complicano quando il compagno dell'investigatore, che praticava le vie di Sodoma, scompare a sua volta. Il cornuto Mark è costretto quindi a compiere le indagini di persona. Nel frattempo Heinrich giunge a sua volta all'appartamento decadente, scoprendo qualcosa di agghiacciante: Anna ha un secondo amante, che non è affatto un essere umano, bensì uno spaventoso mostro alieno tentacolato e bavoso. L'investigatore e il suo compagno sono stati uccisi e dissanguati. Terrorizzato dalla scoperta, Heinrich fa accorrere Mark e lo incontra in un bar vicino allo stabile, ma è un errore fatale. In bagno il marito tradito gli tende un agguato, lo colpisce al cranio con la lastra dello sciacquone, quindi lo soffoca nella tazza del cesso, in mezzo alla merda e al vomito. Fatto questo, dà fuoco all'appartamento in cui la moglie lo cornificava. Tornato a casa, continuano le crisi diaboliche, roba che nemmeno Padre Amorth ha mai visto. In una scena memorabile quanto disturbante, direi il culmine della narrazione, il protagonista entra nella camera da letto e vede la creatura abominevole mentre possiede la giovane donna: sta sopra di lei e la ara tra le gambe con la sua poderosa coda, che funge anche da organo sessuale. L'uomo, impazzito dallo shock e dal dolore, diventa un terrorista incendiario in precipitosa fuga, fino al tragico epilogo. Si schianta con la moto e con le ultime forze, sanguinante, sale le scale del palazzo dove abita. La moglie lo raggiunge coon un uomo a lui identico: è il suo Doppelgänger, che lei ha generato dal seme dell'amante mostruoso. Il moribondo fa fuoco con la pistola e uccide la giovane, mentre la polizia si mette a sparare all'impazzata. Il Doppelgänger non viene colpito e assieme a un doppione della morta entra nell'appartamento. Il bambino, Bob, rendendosi conto della natura demoniaca della coppia, si affoga nella vasca da bagno. 


Recensione: 
Il capolavoro di Andrzej Żuławski (1940-2016) è stato giustamente considerato una pietra miliare del cinema: "uno dei film più disturbanti e allucinanti di ogni tempo" (cit.). Dovendo definire Possession, prenderò a prestito una poetica espressione da Emil M. Cioran: "apoteosi convulsiva in cui il fiele corona gli elementi". È come certi piatti di interiora, che si possono soltanto amare o odiare senza limiti. Per molti la sua visione è un pugno nello stomaco. Per quanto mi riguarda, ho uno stomaco molto duro, al punto che posso mangiare cioccolato mentre guardo un video di scat porn senza provare l'ombra di un moto di nausea, quindi i dettagli truculenti della pellicola del polacco non mi traumatizzano di certo. Ciò che mi dà un immenso fastidio sono le continue urla isteriche dell'odiosa coppietta, le scene di possessione e le liti infinite, con tanti decibel di emissioni acustiche da spaccare i timpani anche a un sordo. Capirete che per chi soffre di acufeni non è l'ideale. La tensione è esasperata, è come assistere a una proiezione irritante mentre un boia ti colpisce nel plesso solare con un tirapugni, senza fermarsi mai. 

Persecuzione e censura

Per via dell'argomento scabroso e delle sequenze assai crude, sul film di Żuławski si è subito abbattuto il maglio della persecuzione. Innumerevoli sono stato gli episodi di censura. Nella pur sodomitica e pagana Spagna, tutta dedita alle orge e calata nella droga, la pellicola destò grande scandalo e fu vietata ai minori di 18 anni. Stesso divieto anche nella buonista Svezia, nella Nuova Zelanda del darwinismo sociale e nel paese di Jimmy Savile, la perfida Albione. Sembra che l'opera zulawskiana abbia provocato conati anche al pubblico della Corea del Sud, ormai un feudo della Chiesa Evangelica dove l'originario Buddhismo è quasi estinto. Solo in Francia il film è stato distribuito integro: altrove ha subìto scempi di ogni genere, tanto che ne esistono versioni censurate di 118, 97 o addirittura 80 minuti. In particolare la versione di soli 80 minuti, circolante negli States e in Italia, è stata completamente rimusicata e alcuni dialoghi sono stati cambiati allo scopo di preservare la coerenza della storia. La versione originale di 123 minuti è stata infine pubblicata in Blue Ray e diffusa nella terra di Savile nel 2013. 


Esegesi 

La chiave di lettura di quest'opera, stando allo stesso regista, è di natura tipicamente psicologica: il mostro tentacolato sarebbe stato materializzato dall'inconscio della protagonista. Le tensioni interne della donna, simboli del conflitto sempiterno tra Bene e Male, avrebbero preso magicamente corpo e si sarebbero incarnate nella creatura aberrante che sarebbe poi diventata l'amante della sua creatrice. Il punto è che il conflitto tra Bene e Male è visto come una rappresentazione simbolica dell'opposizione tra Yin e Yang, ossia in ultima istanza tra maschile e femminile. La storia sarebbe quindi una narrazione surreale, grottesca e simbolica di un normale rapporto di coppia destinato allo sfacelo, documentato dalla sua formazione alla sua nemesi finale. Se devo essere sincero, trovo questa esegesi eccessivamente cervellotica e insoddisfacente. Non si può prendere una storia di mostri e di demoni, facendone una metafora intellettualoide in un contesto di pseudocultura derridiana, in cui persino una sprangata sul cranio viene letta in chiave psicologica e negata nella sua natura traumatica.   

Reductio ad Phantascientiam  

Cos'è fantascienza e cosa non è fantascienza? Questa domanda viene posta con ossessiva insistenza negli ambienti dei fantascientisti, non portando da nessuna parte, come è ovvio che sia. Eppure sfugge una cosa molto semplice, quasi lapalissiana. Posso dimostrare che è possibile interpretare il film di Żuławski come pertinente al genere fantascientifico, con buona pace di tutti i suoi esegeti psico-derridiani, facendo un'assunzione di cui sarebbe capace anche un bambino di cinque anni. Basterebbe infatti immaginare che il mostro tentacolato che possiede carnalmente la protagonista non sia affatto un prodotto materializzato chissà come da un improbabile inconscio, bensì un semplice alieno giunto sulla Terra dalle profondità siderali. Non è un'operazione concettuale ardua, come si potrebbe credere in prima battuta. Qualsiasi uomo di Scienza sa per certo che le probabilità che giunga sulla Terra una creatura extraterrestre, dotata di un corpo che obbedisce alle leggi della biologia, per quanto basse, sono infinitamente più alte della possibilità che anche soltanto un atomo si formi dal nulla per generazione dall'Es o da qualche altra fantomatica entità freudiana. Certo,  sarebbe proprio una bella beffa poter applicare questa trovata e trasformare in un istante un thriller psicologico in un thriller fantascientifico!


Il mostro di Rambaldi  

La creatura tentacolata che fa la sua traumatica irruzione nella vita della coppia berlinese è stata creata dal geniale Carlo Rambaldi (1925-2012), colui che ha realizzato lo splendido xenomorfo di H.R. Giger, oltre all'odioso quanto inetto E.T. spielberghiano. Un mostro di una potenza incredibile: pur comparendo soltanto per pochi istanti, continua a far parlare di sé. Di certo è una di quelle apparizioni traumatizzanti in grado di impressionare lo spettatore, restando stampata a fuoco nella memoria anche a distanza di anni. A quanto ho letto nel Web, il regista polacco non si è dimostrato particolarmente entusiasta dell'opera di Rambaldi, al punto da richiedergli modifiche all'ultimo minuto. Quel regista doveva essere un generatore di stress non da ridere, il che potrebbe spiegare come mai abbia dato vita a una pellicola che contiene in sé le sofferenze di mille esorcismi. 

Il problema del genoma mostruoso

La biologia insegna che nessun essere vivente su questo pianeta può sussistere senza un corredo genetico. Non è così peregrino estendere questa caratteristica delle forme di vita all'intero universo. Spesso si parla, quasi con timore, di "vita come noi la conosciamo", come se ci si aspettasse di trovare forme di vita liquide, gassose, composte di pura energia, danzanti nel magma dei vulcani, prosperanti nel vuoto siderale o nella cromosfera delle stelle più remote. Non pochi autori di fantascienza hanno immaginato enigmatiche forme di vita aliena del tutto prive di genoma, percepibili soltanto a livello mentale, consistenti in poco più di pacchetti di percezioni distorte. Solo per fare un esempio, Ray Bradbury in Cronache marziane descrive singolari alieni descrivibili come spiriti senza alcuna limitazione fisica. Resta il fatto che la fantasia umana può esprimersi nelle creazioni più svariate, mentre la fisica, la chimica e la biologia, pur contemplando possibilità incredibili, sono molto più rigide e limitanti. Se vedo un mostro tentacolato, fatto di carne e coperto di bava, posso assumere con sicurezza che ogni singolo aspetto della sua esistenza fisica sia codificato da qualche tipo di acido nucleico in grado di rendere conto della sua complessità. Se l'origine di questo genoma non può essere trovata su questa Terra, sarà naturale pensare a quale luogo extraterrestre può esserne stato la culla. Un acido nucleico è un codice, un modo usato dall'Artefice per scrivere un figlio della biologia. Un simile cifrario non scaturisce dalla non-esistenza, né può acquisire la sostanza della realtà fisica a partire dagli isterismi di una persona profondamente disturbata. Si capirà che non si può davvero ritenere ben costruita una storia che sostiene la nascita della carne dal pensiero umano - se si insiste col voler mettere le cose in questi termini: tale genesi deve essere riconducibile a una spiegazione che ha almeno l'apparenza della plausibilità, se vuole incuneare nello spettatore la paura ontologica, sola forza in grado di far irrompere nella nostra vita la potenza dell'Ignoto. Ebbene sì, anche Cthulhu e tutti i Grandi Antichi devono avere un genoma e una storia evolutiva! 

Partenogenesi  allegorica?

Qualcuno ha proposto una spiegazione della nascita del mostro tentacolato zulawskiano a partire da un noto fenomeno naturale: la partenogenesi. Chi ha escogitato questo escamotage non ha molte conoscenze di biologia. La riproduzione per partenogenesi si trova in un certo numero di vegetali e di animali, ad esempio in certe specie di lucertole. Si tratta di una forma di riproduzione asessuata, in quanto non richiede la fecondazione, pur implicando la formazione di gameti. Per fissare le idee, si ha partenogenesi se un embrione si origina da un ovulo senza bisogno di spermatozoi. Proprio per questo, si produrrà un individuo con lo stesso corredo genetico d'origine o comunque da esso derivato, non un alieno. Cosa sorprendente, esistono più tipi di questa bizzarra modalità riproduttiva. La partenogenesi può essere telitoca (produce solo femmine), arrenotoca (produce solo maschi), deuterotoca (produce sia maschi che femmine); tuttavia non si trova mai in una stessa specie più di una di queste alternative. Senza entrare in complessi dettagli, la partenogenesi può altresì classificarsi come rudimentale, accidentale, facoltativa, obbligatoria, occasionale o artificiale. Quella che non è contemplata è la partenogenesi isterica in ninfomani ossessionate dalla "cultura", dalla "differenza" e da ogni genere di masturbazioni psico-sociologiche! 


Nascita dei Doppelgänger 

A un certo punto, in una scena che alcuni critici reputano il culmine del film, la protagonista si trova in una chiesa al cospetto di un immenso crocefisso. La donna rivolge il suo sguardo dolente al simulacro ligneo dal capo coronato di spine, come se si aspettasse da Dio una risposta alla propria tragedia interiore. Come gli antichi idoli pagani, il crocefisso è di un mutismo assoluto. Difficile non pensare al tema del Silenzio di Dio, nell'ambito della dottrina della Kenosis. Eppure, sappiamo che Żuławski era un fiero oppositore del Cristianesimo in ogni sua forma. Difficile sostenere una spiegazione delle sequenze in termini di metafora del mondo occidentale che non riesce a udire la voce di Dio perché ha smarrito i valori fondanti della propria civiltà. Infatti, vediamo che la statua di Cristo non può recare alcun sollievo ad Anna, che si dirige alla metropolitana in preda a un'innaturale euforia, per poi essere sconvolta da un crollo neuronico, da una nuova crisi di possessione diabolica. In uno squallidissimo corridoio ctonio, cade come se fesse vittima di terribili colpi all'addome da parte di un'entità invisibile, quindi vomita sangue misto a muco biancastro. Qualcosa si rompe nel suo utero, ne escono fiotti di liquido schiumoso. Sembra che abbia un aborto spontaneo. Solo alla fine del film si comprende che questa non era in realtà l'interruzione di uno stato di gravidanza, bensì la genesi dei Doppelgänger di Mark e di Anna, evidente progenie del seme del mostro tentacolato che ha impregnato l'infelicissima protagonista. Vediamo che nemmeno l'embriogenesi dei demoniaci doppioni della coppia può essere definita in termini di partenogenesi: essenziale alla loro formazione è infatti lo sperma uscito dalla coda fallica del mostro tentacolato. Il fenotipo dei nuovi nati è soltanto una maschera, una parvenza, un guscio preso dall'ospite. La natura aliena delle loro sequenze è nascosta alla vista degli umani, ma emerge inquietante dal particolare colore verde degli occhi della femmina. 

Il Bene è assenza di Male

Senza dubbio dobbiamo annoverare il regista polacco tra i più significativi dissidenti religiosi della nostra epoca. Egli ha avuto il coraggio di affermare la Verità, che è l'esatto contrario delle dottrine di Agostino d'Ippona: il Male ha sostanza ontologica propria e indipendente, mentre il Bene può essere definito soltanto come sua assenza. La Scienza dà ragione al Neomanicheismo: vediamo tutti che Agostino errava ritenendo la salute un fluido magico dotato di esistenza positiva e definendo la malattia come "assenza di salute". L'Ipponate non conosceva la natura dei patogeni, che sono definiti dal codice genetico, scritto appositamente per danneggiare i viventi. La salute non ha alcuna definizione possibile al di fuori di una mera "assenza di patologie". Il Male impera in questo universo perché è forza attiva della Creazione Malvagia. Il Bene può sussistere soltanto nel vuoto dove non esiste alcunché, dove il potere del Sole Maligno non può arrivare.

Una Berlino spettrale e quasi deserta 

Si capisce subito che c'è qualcosa di profondamento stonato nell'ambientazione: la capitale tedesca sembra abbandonata, di certo più simile a una Tebaide edificata che a un immenso centro abitato brulicante di vita. Forse si tratta soltanto di una normale pausa estiva, in cui l'esodo dei vacanzieri ha svuotato il formicaio? Oppure c'è una spiegazione diversa? La popolazione tedesca, o addirittura europea, è stata forse decimata da un'epidemia silenziosa che ha ucciso milioni di persone? I sostenitori dell'interpretazione psicologica diranno che porto all'estremo le mie facoltà razionali, cercando affannosamente spiegazioni causali per quella che è soltanto una metafora dei tumulti della psiche umana. Resta il fatto che ogni fenomeno deve avere una causa, anche se si tratta di una storia fabbricata da artefici umani, e questa causa deve essere comprensibile all'intelletto umano. E se esistesse una connessione tra l'arrivo del mostro tentacolato e questo drastico decremento della popolazione? Non è poi una cosa così assurda: non dimentichiamoci che gli Incas cominciavano a morire di vaiolo ancor prima che Pizarro e i suoi predoni facessero la loro comparsa. Non dimentichiamoci un dettaglio cruciale: la narrazione si svolge all'epoca in cui Berlino era divisa dal Muro. In una sequenza iniziale vediamo una scritta su una parete fatiscente: "Die Mauer muß weg!" (Il Muro deve andarsene!), con l'ultima parola a malapena leggibile per la rapidità delle riprese. Cosa curiosa, il progetto iniziale prevedeva una fuga del protagonista a Berlino Est, in una terra pericolosa e sconosciuta. Per fortuna il regista ha rinunciato a questo finale, o ci avrebbero sommersi con un mare di fanfaluche  metaforiche da strizzacervelli.


Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Questo è il commento sul Dizionario Morandini: 

"Marc si accorge di alcune stranezze nella moglie Anna che gli è infedele. Sembra che si faccia possedere, alla lettera, da un essere mostruosamente polipesco che, forse, lei stessa ha generato con un processo orripilante di partenogenesi. Orchestratore sapiente di un'impotenza espressiva, Zulawski sfiora la caricatura del suo universo immaginario e delle sue ossessioni con un racconto e dei personaggi all'insegna di un gratuito grand-guignol di visionario isterismo. Consigliabile soltanto a chi ama il cinema dell'eccesso, della ridondanza rischiosa." 

Per il Dizionario Mereghetti, il film del polacco sarebbe invece un "saggio di patologia vagamente misogino, che si tramuta (...) in un horror perverso (...) Non per tutti i gusti."  

Nel Web si trovano alcune recensioni molto interessanti e ricche di spunti di riflessione. Ne riporto in questa sede gli indirizzi url. 

Questa è la recensione su Filmscoop.it


Questa è la recensione su Ondacinema.it


Questa è la recensione su Doppiozero.com:


Questa è la recensone di Davide Roveda, entusiasta esegeta di Żuławski, della cui opera pensa di aver trovato la chiave di lettura definitiva:


Alla fine, dirò quello che penso, anche se sommamente scomodo. Non conta molto quello che un autore vuol dire creando un'opera: questa è infatti dotata di una vita indipendente. Un autore non crea in nome di un'architettura mentale preconfezionata. Si limita ad evocare qualcosa di preesistente, credendo di avergli dato vita. Come una radio, capta una trasmissione e la registra, la rende fruibile al genere umano. Un eccesso di platonismo? L'Iperuranio? No, semplicemente la decrittazione di qualcosa di incomprensibile, di sfocato, che acquista una struttura definita come in un processo di misura quantistica. Come una voce degli spettri e dell'Incubo, il cui senso non dipende dall'evocatore. La stessa identica cosa che accade quando sperimentiamo il sogno: entriamo in contatto con un mondo diverso da quello in cui viviamo. Più ci penso, meno riesco a sopportare le costruzioni cerebrali in cui mi imbatto nel Web.

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