domenica 20 ottobre 2019


PASTORALE AMERICANA
  (romanzo)

Titolo originale: American Pastoral
Autore: Philip Roth
1ª ed. originale: 1997
1ª ed. italiana: 1998
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Biografico
Sottogenere: Condizioni sociali, conflitto generazionale,
     antisemitismo
Lingua originale: Inglese
Editore italiano: Einaudi
Codice EAN: 9788806218034
Pagine: 462 pp.
Formato: Brossura
Traduttore in italiano: Vincenzo Mantovani
Traduzioni del titolo:
    Francese: Pastorale Americaine
    Spagnolo: Pastoral Americana
    Tedesco: Amerikanisches Idyll
    Polacco: Amerykańska sielanka
    Ceco: Americká idyla
    Finlandese: Amerikkalainen pastoraali
    Ebraico (moderno): פסטורלה אמריקנית
    Persiano: نغمه آمریکایی


Riconoscimenti:  
Vincitore premio Pulitzer per la narrativa 1998
"Un libro che demolisce ogni stereotipo sulla grandezza dell’America e getta una luce sinistra sui suoi valori fondanti. La guerra, la famiglia, il fanatismo, la crisi, sono raccontati da Philip Roth con profondo acume. Un libro che è stato definito da tutti “Il grande romanzo americano”. E lo è."


Sinossi (da www.amazon.it): 
Seymour Levov è un ricco americano di successo: al liceo lo chiamano "lo Svedese". Ciò che pare attenderlo negli anni Cinquanta è una vita di successi professionali e gioie familiari. Finché le contraddizioni del conflitto in Vietnam non coinvolgono anche lui e l'adorata figlia Merry, decisa a portare la guerra in casa, letteralmente. Un libro sull'amore e sull'odio per l'America, sul desiderio di appartenere a un sogno di pace, prosperità e ordine, sul rifiuto dell'ipocrisia e della falsità celate in quello stesso sogno.

Risvolto:
Nathan Zuckerman, consueto alter ego letterario di Philip Roth, racconta questa volta
la storia di un suo compagno di scuola, Seymour Levov, come lui di origine ebraica, sebbene di pelle tanto chiara da essere soprannominato "lo Svedese". Negli anni Cinquanta, Seymour incarna l'ideale dell'americano perfetto: sportivo eccellente, ottimo imprenditore, rispettoso della legge e orgoglioso del suo paese, nonché marito di Miss New Jersey e padre felice di una bambina. Ma proprio la figlia Merry, una volta divenuta adolescente, vestirà i panni di una Storia che si vendica implacabilmente su chi non ne capisce il senso profondo e le trappole che esso appronta: nell'America dilaniata dalla guerra del Vietnam e dal conflitto razziale, Merry si incaricherà di mandare in pezzi con un gesto estremo il sogno di felicità, di ordine e di prosperità cui il padre aveva dedicato la vita. Pubblicato nel 1998, Pastorale americana è ormai considerato il capolavoro di Roth. Dramma con elegia, grottesco e commozione, satira e flusso di coscienza, vi si alternano e fondono in un registro originalissimo, capace di offrirci uno spietato ritratto della civiltà americana in un momento critico della sua storia, e insieme di farci riflettere e commuovere sulla condizione umana. La perdita del Paradiso che Seymour sconta in prima persona proietta la sua ombra lunga e minacciosa sul destino di ognuno; e la pietà che l'autore discretamente concede al suo personaggio può divenire in modo inquietante pietà per noi stessi, e per le nostre supreme inconsapevolezze.

Trama sintetica:
Old Rimrock, un luogo della desolazione rurale americana. Alla lettera il toponimo significa "Vecchia Roccia della Leccata di Culo". All'improvviso in quel borgo insignificante arriva la guerra. La giovane Meredith "Merry" Levov, ragazzina iraconda e fortemente politicizzata, rifiuta l'estrema razionalità e la pacatezza del padre Seymour. Rifiuta ogni tentativo di cambiare il mondo servendosi delle istituzioni democratiche. Nelle sue frequentazioni a New York è stata contagiata dal veleno, dal ribollire di quello stesso calderone purulento da cui sarebbe scarurito anche il politically correct con tutte le sue funeste conseguenze. Così la rivoluzionaria decide di attuare i suoi progetti omicidi proprio a Old Rimrock, facendo saltare per aria con una bomba l'emporio degli Hamlin, con annesso ufficio postale. Nell'esplosione il gestore rimane ucciso sul colpo. A causa dell'accaduto, Merry fa perdere ogni traccia di sé, si dà alla latitanza. Inutilmente i Federali cercano di snidarla. Soltanto dopo molti anni Seymour lo Svedese riesce a ritrovare la figlia ribelle, solo per scoprire che sopravvive in uno stato di estremo degrado, in mezzo all'immondizia. La sua esistenza è qualcosa che va oltre il limite estremo del concepibile da mente umana. Sguazza negli escrementi. Si copre il viso con un calzino sudicio, i suoi denti guasti esalano i miasmi di una fossa comune. Si è convertita alla religione giainista, dopo anni di vita da terrorista in cui ha provocato la morte di diverse vittime innocenti e ha subito un gran numero di stupri. Questa conversione ha annientato l'esistenza della giovane. Il padre si illude di poterla recuperare, ma ogni suo tentativo è destinato a non sortire alcun esito.      

Recensione:
Tutto ha inizio con alcune considerazioni di grande disonestà intellettuale, reperibili nelle prime pagine del romanzo. L'autore, Philip Roth, decantato ovunque come uno dei massimi ingegni letterari dell'Umanità, vorrebbe farci credere che la popolazione ashkenazita sarebbe costituita da gente dalla pelle scura come quella dei Mandingo. Newark come Kinshasa, come Gaborone. Egli vorrebbe farci credere che Seymour Levov lo Svedese, con la sua complessione nordica, i suoi occhi chiari e la sua chioma biondiccia, fosse una specie di mosca bianca. Sì, riesco quasi a leggere nella mente di Roth pensieri che sembrano partoriti dalla mente di Julius Streicher. Persino tra i ditteri più molesti, le mosche, a volte nasce un esemplare albino: ecco come in sostanza ci viene spiegata l'origine dello Svedese. E dove diamine sta scritto che gli Israeliti avrebbero la pelle scura? Pochi sembrano aver capito che lo scrittore di Newark, morto nel 2018, ha diffuso idee antisemite. Pur essendo ebreo. Perché tutto questo? Semplice. Roth era pieno di livore e di risentimento verso i propri genitori iperprotettivi, oppressivi, morbosi, giungendo così ad odiare a morte la sua stessa stirpe. Certo, Pastorale americana non raggiunge gli spaventosi eccessi del Lamento di Portnoy, i cui contenuti non sono da meno di quelli di Der Stürmer e dei Protocolli dei Savi di Sion. Il popolo dei lettori compulsivi e bulimici, futile e stupido quanto arrogante, non se ne rende conto. Non ho mai udito una sola voce di dissenso. Tutti si inchinano, leggono Lamento di Portnoy e Pastorale Americana con venerazione e dicono che questa roba farebbe bene al Popolo di Israele.

Un'ambigua premessa 

In realtà tutto cià che leggiamo della biografia di Seymour Levov lo Svedese è frutto dell'immaginazione dello scrittore Nathan Zuckerman. Questi si è servito dei suoi ricordi di scuola e di articoli di giornale per fabbricare l'ossatura della sua opera. Tutto il resto lo ha plasmato con la fantasia. Il lettore è quindi avvertito. È tutto fittizio. Quella che sta leggendo non è una vera biografia, bensì una pseudo-biografia che appartiene al vasto reame delle distorsioni percettive. Forse è proprio questa tecnica narrativa a destare il risentimento di Jerry Levov, lo scorbutico fratello minore dello Svedese, che leggendo gli scritti zuckermaniani non riesce a riconoscervi la vita reale e la personalità del proprio caro defunto. A un certo punto lo stesso Zuckerman, così abile nel destrutturare le fondamenta stesse della realtà, si dilegua in una nuvola quantistica di disinformazione. Quindi cosa resta al lettore quando ha raggiunto la conclusione di Pastorale americana? Non rimane nulla. Rimane soltanto il Nulla.

Integrazione etnocidaria

Sappiamo tutti che gli Stati Uniti hanno le loro fissazioni politiche e propagandistiche. Una di queste è il cosiddetto melting pot, alla lettera "crogiolo" o "calderone". La locuzione indica un modello di società in cui le diverse componenti etniche, culturali e religiose si amalgamano costituendo un'identità comune. Il punto è che questa identità comune si forma tramite l'annientamento delle singole identità di partenza. Un processo a cui possiamo dare soltanto un nome: etnocidio. In questo marasma, vige la legge del più adatto. Chi ha successo prospera e si espante, chi rimane indietro langue, finisce emarginato e muore di inedia. Ecco il tipico modello americano di integrazione: darwinismo sociale allo stato puro! Il nonno dello Svedese Levov arriva in America dall'Ucraina (il suo cognome è derivato dalla città di Leopoli, in russo L'vov e in ucraino L'viv). Non intende una sola parola di inglese, l'unica lingua che parla è lo yiddish. Consuma anni di dura esistenza a fare il raschiatore di pelli in una conceria. Suo figlio è già bilingue, si adatta alla perfezione alla nuova realtà e riesce ad avere successo - tanto che arriva a rilevare l'azienda in cui il padre aveva sofferto una dura condizione di schiavitù. Veniamo dunque allo Svedese Levov, questo gigante biondiccio venerato da tutti come l'incarnazione del Sogno Americano. Favorito dal Destino in ogni aspetto del suo essere: ha un fisico invidiabile, intelligenza e grande intraprendenza. Usando una parola macedonia, potremmo dire che egli è una specie di rinovallo, un animale che unisce la forza del rinoceronte alla velocità del cavallo. Riesce a conquistare una donna bellissima, una modella di origine irlandese che è stata Miss New Jersey e che per poco non ha vinto il titolo di Miss America. Mentre il padre è attaccatissimo alla tradizione ebraica ashkenazita, lo Svedese è perfettamente integrato nella società WASP (White Anglo-Saxon Protestant). Crede nei suoi valori borghesi, ne è impregnato fin nel midollo. Forse non parla nemmeno più correntemente lo yiddish, ne conosce soltanto qualche parola o qualche frase sentita in casa dai genitori. Non è in sostanza interessato alla religione, la parola kosher per lui non significa niente. In fondo all'americano medio per essere OK basta credere in un'Entità Superiore, astratta, impersonale, e chiamarla "Dio". Se anche questa Entità è God Zilla, va bene lo stesso. La moglie dello Svedese è di origine irlandese e non è nemmeno ebrea. Alla figlia Merry non viene data un'educazione religiosa (il suo periodo di fervore cattolico, trasmessole dalla nonna materna, durerà poco). Seymour si identifica con Giovannino Semedimela (Johnny Appleseed), credendosi l'incarnazione stessa della felicità. Eppure qualcosa nella sua vita perfetta va storto, in modo inatteso e imprevedibile, come se un fulmine a ciel sereno ne avesse incendiato le fondamenta. Da uno spermatozoo dell'uomo e da un ovulo della moglie ha origine un embrione, destinato a diventare un feto e a farsi strada nel canale procreativo fino a vedere la luce del Sole di Satana. Proprio questa bambina, con tutte le sue stranezze, con la sua balbuzie destabilizzante, con la sua ipersensibilità e la sua predisposizione per le idee più folli, rappresenta il grimaldello che permette alla tragedia di fare la sua irruzione nella vita dei Levov. Come la carie intacca lo smalto di un dente e raggiunge infine la polpa, così il seme piantato da un destino avverso penetra nell'edificio in apparenza splendido del Sogno Americano, lo corrompe, lo fa incancrenire e lo manda in rovina.

Numeri  

A volte, leggendo Roth, mi domando come mi troverei se dovessi essere un ashkenazita americano. Ebbene, scoprirei con sgomento che ogni uomo della comunità, più che dal nominativo, è caratterizzato da due secchi numeri che definiscono tutto il suo intrinseco valore. Il primo di questi numeri rappresenta il numero dei figli, il secondo rappresenta il numero dei nipoti. Se un uomo è un 3, 5, significa che ha avuto 3 figli e 5 nipoti. Per avere maggiori informazioni, vengono forniti altri numeri: quelli degli anni dei figli e dei nipoti. Così se un uomo è un 3 (anni: 35, 26, 20) e un 5 (anni: 12, 10, 8, 8, 6), significa che ha tre figli rispettivamente di trentacinque, ventisei e venti anni, più cinque nipoti rispettivamente di dodici, dieci, otto, otto e sei anni. Una bella cabala, certo. Che dovrei dunque dire? Che sono uno 0, 0. Zero figli e zero nipoti: nessuna discendenza. Una condizione che per il Popolo Eletto rappresenta la massima maledizione. Per loro io sono maledetto dal Creatore, perché non ho seminato e non ho avuto un raccolto. Mi detesterebbero, se sapessero della mia esistenza, perché sono in guerra contro quel Creatore che adorano. Vero è che anche il narratore, Nathan Zuckerman, dietro cui si cela lo stesso Philip Roth, afferma non aver avuto figli né nipoti. Dunque è uno 0, 0. Però lui ha una buona scusa: è stato debilitato da un'operazione di quintuplo bypass. Forse viene tollerato in virtù della sua irrilevanza, come se fosse soltanto un'ombra del passato. I pochi che si ricordano di lui lo perculano, etichettandolo come "segaiolo". E pensare che lo Svedese Levov che fa rima con Love per un pelo non è diventato egli stesso un insignificante 1, 0! Solo una figlia e per giunta bacata, una piccola assassina inadatta a dargli dei nipotini. Nessuno avrebbe mai chiamato "doddo" l'atletico gigante, se non fosse stato per il fallimento del suo matrimonio con la Miss America mancata. Come ha scoperto la moglie nell'atto di farsi penetrare da tergo, ecco che ha preso coraggio, ha divorziato ed è riuscito senza troppe difficoltà a trovare una nuova moglie, ashkenazita e più fertile, in grado di dargli una progenie numerosa e sana. 

Strategie evolutive

Bill Orcutt è senza dubbio uno dei personaggi più stravaganti del romanzo. Rappresenta la società WASP, pur essendone un esponente a dir poco atipico. Va per diporto al cimitero, come l'Amleto di Petrolini. Tuttavia non lo fa per qualche macabra disposizione o per una larvata forma di necrofilia, ma per poter vantare il suo albero genealogico, esibendo le tombe dei suoi avi al vicinato - giungendo al punto di organizzare allo scopo vere e proprie gite domenicali! Ogni scusa è buona pur di soddisfare il suo ego ipertrofico, torrenziale, ipereccitabile, sempre sul punto di esplodere inondando gli astanti con palate di sperma verbale.  Le sue velleità artistiche sono caratterizzate da un gigantismo che di certo non corrisponde al suo genio: il suo talento è quasi inesistente. Gesticola, veste in modo sgargiante e si ha l'impressione che sia una specie di pseudo-effeminato mimetico. Spacciandosi per un uomo poco virile e non interessato alle donne, riesce ad avvicinarle, a diventarne pian piano un confidente, lavorandole come la goccia che scava la roccia, quindi non fa troppa fatica a far loro abbassare le difese, approfittandone infine per penetrarle. Usando queste sofisticate macchinazioni, Bill Orcutt conquista la bellissima Mary Dawn Dwyer e la fa sua more ferarum, le depone il genetico nella matrice, proprio davanti agli occhi dello Svedese pietrificato, ormai ridotto a un semplice cornuto. Sono convinto che Piero Angela darebbe a tutto questo una spiegazione eminentemente evoluzionista, sentendosi felice per aver applicato una conveniente etichetta razionale a qualcosa di irrazionale.

Incesto

In quale preciso istante è andato in frantumi il mondo idilliaco dello Svedese? Lui stesso ne parla, attribuendo la catastrofe a una colpa iniziale, originatasi nello stesso istante in cui ha dato alla sua giovane figlia un bacio alla francese, ritraendosi subito inorridito per essersi macchiato del tabù dell'incesto. Proprio lui, che in buona sostanza è estraneo al concetto stesso di fede religioso, cade stritolato dall'immenso macigno della sua eredità biblica. Lei aveva undici anni, lui ne aveva trentasei. Lei era una bambina impubere: tecnicamente si può dire che quello sia stato un atto di pedofilia. "Baciami come b-b-baci la m-mm-mmamma". Quella richiesta di Merry era stato l'inizio di tutto? "Cosa non aveva funzionato in Merry? Cosa le aveva fatto, lo Svedese, di male? Il bacio? Quel bacio? Così abominevole? Come poteva un bacio fare di una persona un criminale? Le conseguenze del bacio? L'allontanamento? Era quello l'abominio?" E ancora: "Che la causa fosse quella? E se non ci fosse stata nessuna causa?" La stessa Merry ha fantasticato per anni su quel bacio. Lo si capisce quando lo Svedese incontra nella stanza di un hotel la ricattatrice Rita Cohen, una rivoluzionaria amica di Merry. Così accade qualcosa di incredibile: la Cohen apre le gambe e mostra con insistenza il cunnus all'uomo, masturbandosi, invitandolo ad assaggiare quel pertugio, a penetrarla. Si porta le dita alle labbra e le lecca con lascivia dopo averle immerse nelle proprie parti intime, e tartagliando gli dice che hanno lo stesso sapore di sua figlia. Roth fa una dettagliata descrizione di questo lubrico episodio, così efficace da convincermi che Rita Cohen fosse in realtà Merry Levov travestita con una parrucca nera e un trucco tanto sofisticato da poter ingannare persino suo padre! In effetti non è poi così improbabile che sia proprio così. Le due rivoluzionarie non compaiono mai insieme. Non c'è il minimo straccio di prova che si tratti di due persone diverse. Quando lo Svedese trova la figlia in una fogna da Inferno dantesco, le chiede informazioni su Rita Cohen, ma lei nega di sapere chi sia. Semplice: Rita Cohen e Merry Levov sono la stessa persona! La figlia sperava veramente di fornicare col suo stesso genitore, di consumare una copula incestuosa!

Il primo pompino  

Non poteva mancare in un'opera rothiana qualche pruriginoso dettaglio erotico, qualche passo pornografico. L'autore si diverte a spiare nella vita intima dei personaggi a cui ha dato vita. Gongola scrivendone, lo si percepisce in modo chiaro. Apprendiamo così che lo Svedese era un gran fottitore, dotato di una straordinaria resistenza, capace di copulare per ore per poi perdere il controllo rilasciando fiotti impetuosi di fluido genetico. Questa perdita di controllo, dovuta all'ineluttabilità della fisiologia, viene considerata quasi un'incoerenza, come se contraddicesse la pacatezza e la ragionevolezza estrema del personaggio, sempre padrone dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri. Eppure a un certo punto prende coraggio e si mette a leccare la vulva della moglie, donandone l'orgasmo. Lei rimane sconvolta, non avrebbe mai immaginato che qualcosa di simile potesse esistere. In fondo quando era un'educanda in un collegio cattolico, le avevano fatto credere che anche gli uomini avessero tra le gambe la fessurina, così pensava che quella fosse una "parte vergognosa", che anche soltanto pensarci fosse peccato. Ancora in preda agli ultimi echi della delizia, chiede al marito se lo aveva mai fatto prima di allora a qualcun'altra. Lui le risponde di no, che non lo aveva mai fatto a nessuna. A questo punto le immerge la faccia tra le chiappe, leccandole con infinita avidità l'orifizio anale:

"Era solo sopraffatto dal desiderio di fare qualcosa di più, e così le sollevò le natiche con una mano e si portò il suo corpo alla bocca. Per affondarvi il viso e andare. Andare dove non era mai stato prima. Estaticamente complici, lui e Dawn."

Deliziata dalle leccate ricevute, lei a un certo punto decide di ricambiarlo praticandogli la fellatio:

"Non aveva motivo di credere che Dawn lo avrebbe mai fatto per lui, naturalmente, e poi, una domenica mattina, lei lo fece e basta. Non sapeva che cosa pensare. La sua piccola Dawn con la bocca piccola e bellissima intorno al suo cazzo. Lo Svedese era sbalordito. A dire la verità, lo erano tutt'e due. Perché era un tabù per entrambi. Da allora in poi andò avanti così per anni e anni. Non cessò mai."

Nessuna glielo aveva mai fatto. Nessuna glielo aveva mai preso in bocca. I successi sportivi, sociali e imprenditoriali dello Svedese contrastano in modo stridente con la sua quasi assoluta mancanza di esperienza sessuale. La prima volta che si è giaciuto con la moglie, è stata anche la prima volta che ha penetrato una bernarda. Al massimo aveva fatto qualcosa di molto soft, qualche bacio con la lingua e qualche masturbazione, con una prostituta e con una ex fidanzata davvero effimera, durante il servizio militare. Del resto, quella era l'America piena zeppa di divieti e di pruderie, sessualmente handicappata. Nel brano sopra riportato sul primo pompino di Seymour Levov si coglie comunque una piccola contraddizione, solo in apparenza insignificante. Quel "non cessò mai" non ha senso, dato che i rapporti della coppia si sono incrinati e ne è infine risultato il divorzio. Oggi queste idiosincrasie sarebbero qualcosa di inconcepibile. Posso dire di essere testimone di tempi in cui le cose in Italia non erano poi molto diverse da quanto estrapolabile dalla lettura di Roth. Poi è cambiato tutto, in modo vorticoso. In questo inizio del terzo millennio la bocca è ritenuta come il posto più facile e più naturale in cui prenderlo. In molti ambienti un pompino ha più o meno lo stesso valore di una stretta di mano. In genere una ragazza prima pratica la fellatio, giusto per far capire il proprio blando interesse verso un possibile partner, e solo in un secondo tempo passa ad accettare la penetrazione nella vagina. Ho fatto ancora in tempo a leggere un'intervista a un politico americano, in occasione dell'affair Lewinski, il famoso Sexgate. Era un repubblicano e affermava una cosa che i Millennials riterrebbero sconcertante: credeva che il coito orale fosse più intimo di quello vaginale. Anch'io ho sempre avuto quest'opinione potenzialmente dannosa, ma in fondo non faccio testo, essendo un outsider, un estraneo in questo secolo.

Gola profonda

Mentre erano seduti a tavola, lo Svedese e Mary Dawn, i genitori dello Svedese, gli Orcutt, gli Umanoff e i Salzman, ecco che la conversazione è caduta su Gola profonda, il famosissimo film con Linda Lovelace, diretto da Gerard Damiano (Deep Throat, 1972). Tutti i presenti lo avevano visto, tranne i genitori dello Svedese, bacchettoni oltre ogni umano dire, e gli Orcutt, probabilmente perché è loro mancata l'occasione. Ecco il problema al centro della discussione: come mai il successo della pellicola porno era stato decretato da un elettorato repubblicano che poi votava politici moralisti? A questo punto è intervenuto il vecchio Lou Levov, tuonando come Mosè alla discesa dal Sinai con le Tavole della Legge. Dopo aver definito Gola profonda una porcheria, ha chiesto ai commensali perché facessero entrare una simile porcheria nella loro vita. Illuminante la risposta di Bill Orcutt dalle vesti variopinte come quelle del Pifferaio di Hamelin: "Penetra, signor Levov, che lo vogliamo o no. Ciò che è fuori entra dentro. S'infiltra. Non è più come una volta là fuori, sa, nel caso lei non se ne fosse accorto." Il geronte, spiazzato, è partito in quarta con un lunghissimo discorso sulla corruzione e sulla questione razziale a Newark, una massa di pesanti invettive contro italiani, irlandesi e negri (sic), immerse in un impasto di considerazioni politiche di cui a nessuno fregava alcunché. Non c'è dubbio che la reginetta di bellezza fosse molto stizzita nel veder rappresentato in un film ciò che faceva al marito senza poter alludere all'argomento nemmeno nei suoi pensieri, perché era tabù come la carne di porco nell'Egitto dei Faraoni: un cibo che si poteva mangiare ma non nominare. 

Anelito di perfezione e balbuzie

Cosa possiamo dire del penoso modo di parlare che aveva Meredith "Merry" Levov? La balbuzie nasce senza dubbio da un problema genetico, ma questo in America non si poteva dirlo. Pur essendo il concetto di eugenetica molto radicato nella società americana, una strana ipocrisia tendeva ad associarlo al Nazismo. Così accadeva che l'intero corpo docente e diversi ordini professionali, come quello degli psicologi, rifiutassero a priori l'idea che potessero esistere disfunzioni legate in qualche modo all'ereditarietà. Credevano nel principio della "tabula rasa", per cui un bambino nascerebbe senza una struttura per diventare tutto ciò che vuole con la sola forza della volontà. "Un bambino può diventare tutto ciò che vuole", così dicevano. "Anche un Puffo!" Com'è facile capire, le cose nel mondo reale non sono così semplici. Per Merry l'incapacità di articolare correttamente le sillabe si è rivelata una disgrazia. In fondo i suoi genitori erano privi di macchia. Non avevano difetti di sorta. Tutto in loro era assolutamente perfetto. Non avevano malattie, non avevano mai un solo disturbo. Mai una volta che digerissero male, che avessero mal di denti. Non puzzavano: l'igiene accurata era sufficiente a rintuzzare ogni azione dei batteri cutanei e delle muffe, dello smegma e del sudore, con tutti i graveolenti liquami che ne derivano. Quando defecavano, deponevano stronzi sodi e ben formati, perfettamente oliati, che uscivano dall'ano senza lordarlo, cadevano nella latrina senza che ne sorgessero schizzi. Quando si pulivano il deretano con la carta igienica, a stento si notava anche soltanto una traccia di marrone. Tutto in Seymour Levov e in Mary Dawn Dwyer era perfezione estetica assoluta, sembravano essere giunti sulla Terra direttamente dall'Olimpo. Non trovate naturale che la povera Merry provasse un'angoscia infinita confrontandosi con un simile fardello di sublime infallibilità? Non trovate che potesse vivere come una tragedia il continuo confronto con gli Dei che l'avevano generata? Il tormento rodeva la piccola dall'interno, come un fiume carsico. Occasionalmente questa corrente di veleno interiore emergeva in modi inaspettati, forse stupidi, che avrebbero però dovuto essere visti come campanelli di allarme. Una volta Merry ha sorpreso lo Svedese mentre massaggiava i piedi nudi della moglie. Si è lasciata scappare un'esclamazione: "Che disgusto!" Come se quella manifestazione di feticismo dei piedi fosse una massa di sterco grasso che il Cielo aveva deciso di scaricarle addosso. Nella sua razionalità estrema e apollinea, ecco che il gigante biondiccio ha cercato di fare qualcosa per la tormentata figlia. L'ha mandata da una foniatra, una specie di psicologa buonista e politically correct, politicizzata, dell'estrema sinistra terzomondista umanitaria. Una decisione improvvida, come abbandonare un inerme agnellino in una foresta infestata da lupi rabbiosi. Così la foniatra ha rovinato completamente Merry. Con la scusa di curarla, l'ha sottoposta ad atrocità inaudite, come la compilazione quotidiana del Diario Tartaglione, inculcandole il virus esiziale del buonismo - cosa che provocherà la sua metamorfosi in un'efferata omicida. Affidarla a Sir Jimmy Savile sarebbe stato meno dannoso, non ci sono dubbi!

L'Inquisitore Ashkenazita  

Lou Levov è un mostro. Non vedo come altro si potrebbe definirlo. Un uomo talmente gretto e meschino che al confronto Shylock può essere considerato un esempio di apertura mentale, di pensiero liberale e di generosità. La sua responsabilità morale è peggiore di quella di Caino. Sua è la colpa ultima di tutto. Per lo Svedese sarebbe stato meglio avere per padre Mengele. Roth affligge in modo atroce il lettore, lo dilania, proprio come un bambino crudele che si diverte a straziare le lucertole bucandole con uno spillo. Ho resistito e ho letto l'orripilante interrogatorio a cui il malefico Lou Levov sottopone Mary Dawn Dwyer, all'epoca fidanzata con lo Svedese, nel tentativo di farla desistere dall'imbarcarsi in un matrimonio da lui ritenuto empio, sacrilego, contrario alle leggi divine. Leggere il Malleus Maleficarum è al confronto un'esperienza rilassante! Quando lo Svedese era stato nei Marines in un campo di addestramento in South Carolina, aveva già cercato di sposare una donna non ebrea. Suo padre aveva dato in escandescenza, lo aveva raggiunto e lo aveva costretto a rompere il fidanzamento! Chi mai al mondo potrebbe sopportare simili prove e restare sano di mente? Persino Giobbe si sarebbe trasformato in un serial killer!    

Un finale ambiguo 

Merry ritorna. Fa il suo ingresso nella villa dei Levov mentre si sta svolgendo un party. Irrompe tra i vivi come il vomito dell'Ade, come un cadavere putrefatto che emana un fetore ammorbante di escrementi, di materia rigettata e di formaggio rancido! Lì, in mezzo alle persone sconvolte, si presenta in tutto il suo abominio e accusa se stessa di svariati omicidi. Il vecchio Levov, incapace di reggere una simile atrocità, ha un infarto e spira così, tra gli spasmi del miocardio lacerato. Leggendo sembra quasi di sentire il proprio cuore sfaldarsi, venir meno, mentre i lezzi cadaverici avvolgono ogni cosa. Una morte senza senso, da imputare esclusivamente a Merry. L'autore, che è stato capace di trasmetterci sensazioni orribili quanto realistiche,  si è poi accorto di aver gettato troppo acido sul cadavere dei propri genitori, così ha fatto retromarcia. Ecco, lo Svedese accorre quando sente le urla del vecchio padre e si rende conto di aver galoppato troppo con la fantasia. Merry non c'è, la sua irruzione era immaginaria. Era stata la cougar alcolizzata, la signora Orcutt, ad assestare all'ashkenazita impiccione una forchettata in pieno volto. Una reazione più che giustificata: lui voleva convincerla ad astenersi dal whisky e a ingurgitare un bicchierone di latte, con paternalismo proibizionista. Quindi un incidente banale, mentre il ritorno della terrorista repellente era soltanto un sogno ad occhi aperti dello Svedese. Mi sono sentito quasi tradito. L'ho ritenuto uno stratagemma vile e banale, che ci ha privati di un capolavoro apocalittico, assoluto, vibrante!

Un epilogo-epitaffio

"Ma cos'ha la loro vita che non va? Cosa  diavolo c'è di meno riprovevole della vita dei Levov?" Con queste parole si chiude il romanzo. Cos'ha la loro vita che non va? Questa è una domanda retorica. Philip Roth sapeva benissimo dare la risposta. Sapeva benissimo cosa non va. In un contesto più adatto allo sterminio di massa, egli sarebbe stato un genocida del calibro di Hulagu Khan. Avrebbe annientato milioni di persone senza battere ciglio. Ne sarebbe stato capace, ne sono sicuro. Tutto questo lo avrebbe fatto per far purgare al mondo e al suo maligno Artefice il fatto di essere nato da un tirannello esecrabile e da una madre oppressiva, egoista, crudele, sommamente molesta. Gratta un genocida e troverai la famiglia! Basta immergersi in Pastorale americana e in Lamento di Portnoy per compiere un viaggio senza ritorno, penetrando nell'oscurità abissale del Mistero dell'Uomo di Braunau: per capire fino in fondo l'odio assoluto che lo animava è necessaria la lettura di Roth. Le opere di Roth sono infinitamente più pericolose del Mein Kampf! Sapete perché? Semplice. Il Mein Kampf non lo legge nessuno, è alquanto pesante, è legato a un modo di intendere la realtà che ormai non è più compreso da anima viva, contiene molte informazioni ormai indecifrabili senza opportune glosse. Chi diavolo sa più chi era Schlageter? E il Signor Severing? Forse qualche storico che si diverte a leggere le note a piè di pagina. Invece Roth funziona come un siero in grado di trasmettere l'antisemitismo, in modo diretto e violento. La sua lettura non dovrebbe essere consentita nelle scuole. Chi volesse far divampare ovunque i pogrom, non avrebbe altro da fare che favorire la diffusione dei romanzi di Roth.


Seymour "Swede" Masin 

Ebbene, un gigante biondiccio di nome Seymour e soprannominato "Svedese" è esistito davvero. Il cognome però era diverso: Masin, non Levov. Lo stesso Roth ha ammesso in modo esplicito di aver tratto ispirazione dallo Svedese Masin per plasmare il proprio personaggio. Seymour "Swede" Masin (1920 - 2005), figlio di immigrati ebrei russi, era un leggendario atleta del liceo e del college. Nel 2000 fu nominato tra i 50 migliori atleti liceali del New Jersey nell'intero XX secolo: un traguardo non da poco, per una cultura come quella americana, in cui le attività agonistiche rivestono un'importanza fondamentale. Fu anche un imprenditore di successo, proprio come il figlio di Lou Levov, solo che la sua attività era molto più benemerita e proficua. Infatti non vendeva inutili guanti, vendeva liquori: i più nobili anestetici, che permettono all'umanità di lenire il proprio male di esistere. Eppure oggi lo Svedese Masin potrebbe essere accusato di razzismo e persino di neonazismo soltanto per aver indossato una maglietta con la scritta PANZER! In realtà si tratta del nome di una delle scuole che ha frequentato, il Panzer College nella Contea di East Orange, ma andatelo a spiegare ai buonisti politically correct! C'è chi sostiene che Pastorale americana abbia contribuito ad attirare i riflettori su questo personaggio. Se fossi un suo parente, non so se ne sarei molto contento. Forse sarebbe meglio lasciar riposare i morti.  

venerdì 18 ottobre 2019


TUTTI I COLORI DEL BUIO 

Titolo originale: All the Colors of Darkness
Autore: Lloyd Biggle Jr.
Anno: 1963

Lingua originale: Inglese
Genere: Fantascienza
Editore: Arnoldo Mondadori Editore 
Edizioni italiane:
    Urania n. 335 (1964)
    Urania n. 686 (1975)
    Urania n. (1981)
Codice ASIN: B000ND3EU2
Codice ISBN: A000019927 
Pagine: 192 pp.
Formato: Paperback
Traduzione: Mario Galli


Sinossi (da Mondourania.com): 
I meandri dell'iperspazio, gli oscuri corridoi dimensionali, hanno ormai pochi segreti per il lettore di fantascienza. E l'autore di questo esemplare, cinematografico romanzo d'azione ne è ben consapevole: il viaggio istantaneo non pretende dunque di essere qui una mirabolante trovata, ma semplicemente il punto d'avvio d'un intreccio solido già di per se: fortunose vicende d'un gruppo di ricercatori, inspiegabili sparizioni di viaggiatori, sabotaggi, interventi di agenti privati e polizie di tutto il mondo. Ma quella che può sembrare soltanto una cronaca, per quanto movimentata, dello sfruttamento industriale dell'iperspazio, s'arricchisce al momento giusto di un elemento nuovo che scienziati, poliziotti e industriali non potevano prevedere. Dietro la facciata della quarta dimensione si nasconde...

Trama:
Siamo nel 1986, che all'epoca in cui il romanzo fu scritto sembrava lontanissimo nel futuro, credo a causa di una distorsione nella percezione del tempo caratteristica di molti fantascientisti. Un'azienda chiamata Universal Transmitting Company fa una sensazionale scoperta: un sistema che permette il teletrasporto istantaneo da un luogo a un altro. Basta che una persona si infili nella macchina trasmittente per essere scomposta e ricomposta nella macchina ricevente. Proprio quando l'azienda si prepara a rendere pubblica la sua invenzione e a rivoluzionare l'industria dei trasporti, ecco che avvengono alcuni misteriosi sabotaggi. Cosa particolarmente inquietante, si registrano casi di persone entrate nella macchina trasmittente e sparite nel nulla. Viene così assoldato un investigatore privato, Jan Darzek, affinché faccia chiarezza sui malfunzionamenti del teletrasporto prima che la cosa diventi di pubblico dominio e si risolva in una catastrofe. Jan fa le sue indagini e viene a scoprire qualcosa di sorprendente: le persone scomparse sono sempre le stesse, anche se la cosa non risulta subito ovvia dato che usano travestimenti vari per nascondere la loro identità. Quando il detective segue una di queste persone, decide contro ogni buon senno di infilarsi assieme a lei nel trasmettitore, scomparendo all'istante e venendosi a trovare sul lato nascosto della Luna, in una base gestita da un piccolo numero di alieni bizzarrissimi. Questi esseri hanno soltanto un fine: impedire al genere umano di continuare con i suoi pericolosi esperimenti di teletrasporto. Infatti la capacità di trasferire oggetti ed esseri viventi da un punto all'altro dello spazio è il primo passo verso i viaggi interestellari. Il punto è che la specie Homo sapiens è ritenuta troppo immatura e perversa per unirsi all'Ecumene Galattica, così deve restare confinata sul coprolito che è la Terra. Si tratta di una vera e propria quarantena. Come se agli estremi confini del Sistema Solare fosse stato collocato un cartello con scritto "NON ENTRARE". La decisione degli extraterrestri operanti sulla base lunare sembra senza appello, eppure dal loro dialogo con l'agente rapito scaturiranno frutti del tutto inattesi...  


Recensione: 
In sintesi è la storia di un uomo che passa molto tempo tra alieni di una specie con più di due sessi, e al ritorno a casa si accorge di non provare alcun desiderio per le donne. 

Ho messo le parole sopra riportate su Anobii, come microrecensione. Una navigatrice, certa Anna Reda - forse punta nel vivo - mi ha aggredito strillando:

"Ma doveee???!!! Hai letto un altro libro?" 

Ebbene no, il libro era proprio quello. Tutti i colori del buio, di Lloyd Biggle Jr. e basta. Lo devo ammettere, i miei ricordi sono un po' confusi, in fondo sono passati molti anni. Ero al liceo quando ho letto il romanzo di Lloyd Biggle Jr., eppure ogni tanto riemerge ancora qualche dettaglio fissatosi all'epoca nei banchi di memoria stagnante. Il detective Jan Darzek - ho recuperato il suo nome nel Web - si è trovato in mezzo a esseri di una stranezza incredibile, come se i loro corpi appartenessero a una geometria non euclidea, addirittura quadridimensinale. Le loro membra erano sottili, i loro volti lunghissimi e piatti, come se fossero scaturiti da un quadro di Picasso. A un certo punto, verso il finale, compariva una specie di predicozzo sulla molteplicità e sulla necessità della tolleranza. Ai tempi non sapevo nulla del pestilenziale buonismo politically correct, non avevo la benché minima idea di come questo tumore maligno avrebbe ridotto il nostro mondo. A distanza di molti anni ho dato un'occhiata al testo e vi ho trovato molte cose notevoli. Innanzitutto ho individuato le esatte parole pronunciate dall'alieno moralista Zachary all'investigatore rapito (il grassetto è mio):

- Pensateci! La vostra oscurità è tanto profonda, e siete ancora parecchie generazioni lontano persino dall’aver imparato a comportarvi tra voi. Sfruttate il debole. Sfidate il forte con le armi nucleari. Pervertite la giustizia, anche dove questa esiste. Il vostro onore è in vendita su ogni mercato. Perseguite quelli della stessa vostra razza per una semplice diversità di pelle… Una piccola diversità paragonata ai colori degli abitanti degli altri mondi. Vi dichiarate guerra per semplici contraddizioni di parole in quelle che voi chiamate religioni… piccole contraddizioni paragonate a quelle delle altre religioni della galassia. Non avete neppure regolato il comportamento tra i sessi, e siete fortunati, dato che ne avete solo due. Non possiamo, non dobbiamo permettere che il vostro popolo esca dal sistema solare. La galassia ha miriadi di mondi la cui potenza e tecnica vanno oltre la vostra comprensione. Voi siete aggressivi e in balia della vostra oscurità. Sareste in grado di procurare gravi danni agli altri, e questi risponderebbero distruggendovi. Ora, avete altre domande da fare?

Vedete che il riferimento alla pluralità dei sessi non era un parto della mia infetta fantasia?

Riporto questo interessante dialogo tra Jan Darzek e la provocante Jean, che lo concupisce senza successo:

- Dal momento che ti trovavi sulla Luna potevi svolgere qualche indagine e magari risolvere il mistero. Non hai visto niente di interessante?
- Sì. Ho incontrato gli abitanti della Luna.
- Che aspetto hanno? - domandò Jean.
- Enormi. Alti circa due metri e larghi quanto la porta di un fienile. Erano avvolti da bende, come se fossero mummie egiziane. I tratti di pelle che potevo vedere erano di un azzurro pallido. 
- Non c'è niente di strano in questo. Le notti lunari devono essere molto fredde.
- Le donne non lo erano. Erano calde, più calde delle terrestri. Avevano quattro dita, e i loro volti erano piatti, come se  fossero stati schiacciati da un compressore. Ma le trovavo belle. Non chiedetemi perché.
- Mio Dio! - esclamò Jean. - Ecco perché è ancora scapolo.

Già al primo incontro con un alieno di sesso femminile, Jan Darzek aveva avuto reazioni particolari, non certo di repulsione. Potremmo invece dire che gli si era rizzato l'uccello. Posso testimoniare questo senza timore di essere smentito, riportando questi passi: 

Era enorme, come Alice o Gwendolyn, ma sembrava infinitamente più vecchia. Il volto era coperto da una rete di rughe, il colore azzurro della pelle sembrava più pallido, e la membrana tra le dita aveva perso la trasparenza delicata per assumere un colore di decadenza. Mentre la stava fissando la donna sorrise.
— Non credo che possiate trovarci belli, signor Darzek…
— Vi trovo strani — rispose.
— Soltanto uno stupido potrebbe giudicare gli attributi estetici di qualcosa che rimane completamente al di fuori delle sue esperienze.
La donna lo fissò negli occhi senza rispondere. Come quelli di Alice erano luminosi.


Jan Darzek lancia infine un'accusa agli alieni: afferma che sono limitati nella loro percezione dell'oscurità, su cui fondano le proprie valutazioni. Li accusa di vedere le cose soltanto bianche o soltanto nere. Poi parte con un panegirico della specie umana, che annovera di tutto tra le sue fila, dai santi ai peccatori, dagli esseri morali a quelli amorali, dagli esseri sociali a quelli asociali, "con tutte le sfumature che possono esistere tra le due estremità".

Così lo ribadisco ad Anna Reda: non ho lavorato di fantasia e non mi sono inventato nulla. John Darzek ha sviluppato una nuova attitudine verso quelli che un tempo riteneva i propri simili, gli esseri umani. Ha imparato a detestarli come si può detestare uno strano insetto di un tipo mai visto prima, anche se senza reazioni di violenza e di odio inconsulto. Il detective non viene colpito dal rigurgito quando si ritrova sulla Terra, ma fa capire ai suoi interlocutori che qualcosa in lui è cambiato per sempre. Mi sembra chiaro cosa è successo: colei che mi ha aggredito ha letto Tutti i colori del buio in modo superficiale, saltando proprio i passi che ho riportato sopra. 

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Sempre su Anobii, l'utente aal ha scritto: 

"Romanzo che dimostra tutti i suoi anni ma che resta comunque una lettura piacevole in virtù di una scrittura accattivante e di un buon ritmo. Peccato però che un'ottima idea, che sarà sfruttata in futuro da centinaia di romanzi e sceneggiature, sia stata contornata da un apparato poliziesco-spionistico che si dilunga un po' troppo. Bellissimo però il concetto di oscurità da cui il libro prende il nome. E alla fine è proprio ciò che rende questo romanzo "fantascienza", ovvero l'incontro con una avanzata civiltà aliena e la scoperta di una tecnologia che annulla lo spazio, a risultare poco approfondito. Peccati veniali su cui un appassionato è sempre in grado di sorvolare in cambio di un paio d'ore di innocente evasione."

Evidentemente l'utente in questione ha usato la modalità descritta in genere come "lettura rapida", che incontra tutto il mio scetticismo. Chi macina un libro in un paio d'ore non può essere un lettore attento: per necessità leggerà male, saltando interi brani, sorvolando su ogni minimo ostacolo o su ogni eruzione della noia. Come se si avesse il pepe al culo e si facesse a gara a chi arriva prima a dire di aver finito il libro di turno. Non credo che questo modo di procedere possa definirsi "lettura"

Possibile che nessuno si sia accorto degli straordinari aspetti antropologici e dell'innovatività estrema dell'opera di Biggle Jr.? Tutti sempre fissi col gingillo tecnologico senza badare agli esseri che lo hanno concepito? Possibile che frugando nel Web riesca ad imbattermi soltanto in banalità? Sono stanco di tutto. Quello che mi auguro sempre più spesso quando mi imbatto nei fantascientisti è che Cthulhu possa sorgere da R'lyeh e digerirli! Sono persino disposto a frugare nell'output del Grande Antico per cercare tracce dell'anima metabolizzata! 

Omonimie 

Il romanzo di Biggle Jr. non va confuso con l'omonima opera di Stephen Kuusisto, pubblicata da Mondadori nel 1998, "Autobiografia di un poeta colpito da quasi totale cecità, nonostante la quale tenta di vivere con pienezza la propria passione. Pur non potendo quasi leggere un verso, se non con immani sforzi." 

Tutti i colori del buio (All the Colors of the Dark) è poi un film giallo diretto da Sergio Martino nel 1972, con Edwige Fenech nel ruolo di una giovane donna traumatizzata e indotta a partecipare a rituali satanici. Ovviamente non c'entra nulla con le avventure di Jan Darzek sulla Luna! 

mercoledì 16 ottobre 2019


GUERRA AL GRANDE NULLA 

Titolo originale: A Case of Conscience
Autore: James Blish
Anno: 1958
Lingua originale: Inglese
Genere: Fantascienza
Sottogeneri: Thriller teologico, fantareligione, fantabiologia,
    distopia
Ambientazione: anno 2049;
    pianeta Lithia (I parte);
    Terra (II parte)
Editori (it.): Arnoldo Mondadori Editore; Editrice Nord
Edizioni italiane (elenco incompleto):
    Urania, n. 226 (marzo 1960) 
    Urania, n. 474 (novembre 1967)
    Cosmo Oro (maggio 1975)
    Urania Collezione, n. 196 (maggio 2019)
Codice ISBN (Cosmo Oro): ISBN 88-429-0314-0
Traduttori: Giorgio Severi, Riccardo Valla
Altre traduzioni:
    Tedesco: Der Gewissensfall
    Olandese: De Goddeloze Tuin van Eden
    Francese: Un cas de conscience
    Spagnolo: Un caso de conciencia
    Portoghese: Um Caso de Consciência
    Rumeno: Un caz de conștiință
    Polacco: Kwestia sumienia

Sinossi (da Mondourania.com, n. 474):
"Siamo in presenza di un pianeta e di una popolazione sostenuti dal Supremo Nemico. E' un'immensa trappola tesa a tutti noi, a tutti gli uomini della Terra e fuori dalla Terra: La sola cosa che possiamo fare è respingerla, la sola cosa che possiamo dire è: Vade retro Satana." A parlare così è il Padre Ruiz-Sanchez, gesuita, scienziato, esploratore spaziale, che nel pianeta Lithia e nei suoi troppo razionali, troppo morali, troppo sereni, troppo perfetti abitanti, vede all'improvviso una perfida e ironica creazione del Demonio. Stimolante, audace, originale, come certe "utopie" di Sheckley, questo "thriller" teologico ha rinnovato il tema tradizionale dei nostri rapporti con gli extra-terrestri, ed è ormai considerato a buon diritto un testo fondamentale della fs. moderna.

Sinossi (da Mondourania.com, n. 226): 
E' possibile che gli altri mondi non siano abitati. Ma finora, niente esclude che possano invece ospitare forme di vita, simili o no alla nostra. Questo è un problema che le scoperte della nuova scienza rendono attuale e non più ignorabile, una questione che va considerata sotto tutti gli aspetti. Anche quello religioso. Infatti, fra i doveri della Chiesa c'è quello di mantenersi in linea coi tempi; e il punto a cui è arrivata la giovane scienza spaziale ha spinto appunto la Chiesa a interessarsi dell'eventualità che esistano altri pianeti abitati. A questo proposito importanti esponenti del Clero hanno consentito a rispondere alle domande dei giornalisti, e il risultato delle speciali recenti interviste è stato ampiamente pubblicato su autorevoli quotidiani. Il romanzo che presentiamo in questo numero sembra scritto proprio in seguito alle ipotesi formulate da un Padre Gesuita nel corso del colloquio cui abbiamo accennato. E, guarda caso, a protagonista del suo romanzo, James Blish ha scelto un Gesuita. Il tema è ardito, e solo un autore intelligente, obiettivo, e abile come Blish lo poteva affrontare. Ne è uscito il racconto più eccitante cha sia mai stato scritto nel campo della fantascienza. Un romanzo che i lettori di Urania non possono ignorare.

Trama: 
Il gesuita peruviano Padre Ramon Ruiz-Sanchez, biologo e biochimico, giunge sul pianeta Lithia assieme al fisico Cleaver, al chimico Michelis e al geologo Agronski. I quattro scenziati formano una commissione il cui compito è studiare a fondo il pianeta, dotato di una ricca biosfera e abitato da esseri senzienti, per decidere se sia o meno adatto alla colonizzazione umana. I nativi di Lithia sono Rettiliani: in pratica somigliano a pingui lucertoloni dalla statura eretta, alti più di tre metri e dotati di grande intelligenza. La logica vorrebbe che il pianeta fosse subito dichiarato off limits, senza nemmeno essere esplorato da un equipaggio umano - anche per evitare il concreto rischio di contaminazioni biologiche, non solo dalla Terra a Lithia, ma anche nell'inversa direzione. Evidentemente i terrestri del XXI secolo descritti da Blish non hanno simili scrupoli. Si tratta di una società decadente, quasi in fase terminale. La maggior parte della popolazione vive inumata in rifugi antiatomici; l'unica organizzazione religiosa presente, dotata di immenso potere, sembra essere la Chiesa Cattolica Romana. Tra Padre Ramon e gli altri membri della commissione inviata sul pianeta alieno non vi è accordo sulle politiche future. Michelis e Agronski ritengono che non vi siano risorse lithiane degne di essere sfruttate; soltanto il perfido Cleaver è dell'idea di usare il mondo dei Rettiliani per produrre e stoccare armi atomiche in gran quantità. Più complessa e articolata la posizione del gesuita. Dapprima egli è incline a considerare la civiltà autoctona di Lithia come preadamitica, ossia priva del Peccato Originale, in quanto gli abitanti vivono in perfetto ordine morale senza bisogno alcuno di credere all'esistenza di Dio e senza alcun comandamento. Pian piano che approfondisce la sua conoscenza, per diretta esperienza con un nativo, Chtexa, ecco che in Padre Ramon inizia a farsi strada un grave sospetto. Lithia sarebbe in tutto e per tutto opera di Satana. L'Avversario avrebbe dato origine a tale mondo facendone una trappola per gli esseri umani, per convincerli della possibilità di una vita perfetta senza alcuna nozione di Dio. Giunge per la commissione guidata dal gesuita il giorno della partenza. Prima che le operazioni di imbarco siano completate, il lithiano Chtexa consegna a Padre Ramon un dono: è una specie di anfora sigillata contenente un uovo fecondato, destinato a dare origine a un girino che è proprio il figlio del donatore. Il suo nome è Egtverchi e ne è già consapevole quando ancora è un embrione. Il desiderio di Chtexa è che Egtverchi sia cresciuto tra gli umani per apprenderne gli usi e i costumi. Pur essendo sconvolto, il gesuita accetta e prende con sé il singolare presente. Questo sarà un gravissimo errore, una falla nell'ordine cosmico che permetterà alla Distruzione di irrompere, portando il marasma sulla Terra e la Nemesi di Lithia.


Recensione: 
Oltre a essere un thriller teologico, il romanzo di Blish è soprattutto un thriller sulfureo. Questo è stato tra i primi libri di fantascienza in cui mi sono imbattuto e non è stato un incontro facile. Ho dovuto interrompere più volte la lettura: troppo angosciante. In ogni caso ho subito compreso l'estremo interesse degli argomenti trattati. Anche se le parole "manicheismo" e "manicheo" sono in tutto menzionate soltanto tre volte, esse hanno un'importanza cardinale. Non è poi così facile che un'opera di fantascienza faccia anche una semplice menzione di questo pensiero religioso perseguitato in modo atroce nel corso dei secoli, dimenticato dalle genti eppure ancora temuto dalle religioni del mondo. Questo è riportato nella Biblioteca Galattica e merita la massima attenzione: 

"L’argomento attorno il quale è costruita la vicenda narrata nel romanzo è di matrice teologica. Il protagonista è padre Ramon, uno studioso, biologo, gesuita. Egli ritiene che Lithia, un pianeta alieno appena scoperto, e la razza intelligente che lo abita siano frutti del demonio, attribuendo a Satana una potenza creatrice e cadendo così nell’eresia manichea. Intanto, uno di questi alieni vive e cresce sulla Terra, minacciando di distruggere, come un novello anticristo, l’intera società terrestre, prima che padre Ramon riesca a porre un rimedio definitivo all’aberrazione…"  

Purtroppo i fantascientisti quadrati non prestano a tutto questo attenzione alcuna. A quanto pare religione e antropologia non destano il loro interesse, anzi, causano viva irritazione.

Sine ipse factum est Nihil 

Il titolo in italiano è decisamente atipico: in quasi tutte le altre lingue è stata scelta la traduzione letterale dell'inglese A Case of Conscience. Senza dubbio Guerra al Grande Nulla è qualcosa di grande effetto. Se si fosse tradotto in modo pedissequo Un caso di coscienza, ben pochi sarebbero stati attratti dal romanzo di Blish. Il Grande Nulla è Satana, l'Avversario di Dio. Nella versione originale ho potuto constatare che la locuzione usata è Great Nothing. Il teologo gesuita, Padre Ramon Ruiz-Sanchez, ha ricavato l'immagine del Grande Nulla da una discussione in cui il chimico Michelis, che definiva l'atomo, fondamento della realtà materiale, come un buco all'interno di un buco, a sua volta all'interno di un buco e così via, secondo una ricorsività frattale che non conosce fine. Forse Blish non ne era al corrente, ma non c'è niente di più lontano dalla teologia della Chiesa Romana di questo uso della parola Nulla. Un uso che invece era tipico dei Catari Assoluti. Peire Autier, l'Apostolo della Linguadoca, diceva chiaramente che il mondo materiale è il Nulla, perché è stato fatto senza il Verbo.

Incoerenze narrative

Papa Adriano VIII, un austero e imponente norvegese ormai incanutito (ex biondiccio), di carattere ipereccitabile, riceve Padre Ruiz-Sanchez, confermandone l'esclusione dalla Chiesa. Così argomenta il Pontefice: il gesuita, non appena caduto nell'eresia manichea, sarebbe stato scomunicato in automatico, senza bisogno alcuno di pronunciamento (ossia lata sententia). In ogni caso la scomunica viene ribadita con dure parole. Il gesuita, caduto nelle dottrine che attribuiscono a Satana potere creatore, può solo essere visto con orrore dal corpo ecclesiastico e considerato come una cellula tumorale da cauterizzare. Nonostante questo, Adriano VIII gli dà alcuni suggerimenti, prima di congedarlo. Innanzitutto getta dubbio sugli stessi sensi degli umani, insinuando che il pianeta Lithia potrebbe essere illusorio, che non c'è bisogno di credere che sia una creazione del Maligno, bensì soltanto un'allucinazione da lui indotta, un'illusione. Quindi afferma che l'unico modo per porre fine alla crisi lithiana sarebbe pronunciare un esorcismo. Esorcizzare un intero pianeta. L'obiezione mossa dall'uomo della compagnia di Gesù a questo invito è incentrata sull'obsolescenza secolare della pratica esorcistica. La Chiesa del 2049 è rancidamente preconciliare, eppure i preti hanno smesso di utilizzare l'esorcismo per evitare di essere scambiati per manipolatori di ingenui e spargitori di superstizioni. Accusati da chi? Blish descrive una Chiesa potentissima, con tanto di Inquisizione. Cosa avrebbe dovuto temere un clero tanto influente? Fatto sta che l'esorcismo compiuto da Padre Ruiz-Sanchez da un osservatorio lunare, riesce alla perfezione. Lithia subisce una grande e improvvisa catastrofe che la trasforma in un mondo inabitabile. A dire il vero, l'autore lascia il lettore nel dubbio. Il fisico Cleaver aveva collocato sul pianeta un quantitativo immenso di ordigni nucleari e fatto costruire impianti in grado di provocare una reazione a catena, fondendo gli atomi di litio, abbondantissimi, in un unico super-atomo in grado di esplodere come un minuscolo Big Bang. Probabilità e verosimiglianza vogliono che proprio questa sia la causa della Fine di Lithia, non certo l'opera di un esorciccio. Veniamo ora alla formula esorcistica pronunciata dal ex gesuita scomunicato e attribuita a Gregorio VIII: 

- Io, sacerdote di Cristo, ordino a voi, spiriti malvagi, che agitate queste nuvole...
- ... di ritirarvi da esse e disperdetevi in luoghi selvatici e deserti, onde non possiate più nuocere né agli uomini né agli animali, né alle piante né a cosa alcuna che sia stata concepita per il servizio dell'uomo.

  "E tu, Grande Nulla, stupido e lubrico, tu, Scrofa Stercorata, nero spirito del Tartaro, io ti scaglio, o Porcarie Pedicose, nell'infernale cucina."
  "Per l'Apocalisse di Gesù Cristo, che il Signore ha inviato ai Suoi servi per far loro conoscere le cose che stanno per essere; e che Egli ha significato, inviando il Suo Angelo; io ti esorcizzo, Angelo della Perversità:
  "Per i sette candelieri d'oro e per quello che è come il Figlio dell'Uomo, ritto in mezzo ai candelieri; per la sua voce, come la voce di molte acque; per le sue parole "Ecco, son vivo, io ch'ero morto; e vivrò sempre e sempre; e ho le chiavi della morte e dell'Inferno"; io ti dico, Angelo della Perdizione: via, VIA, VIA!"


Sono riuscito a trovare un testo molto simile, sebbene non identico. Vi compare la Scrofa Stercorata, così come il sudicio branco di porci (Porcarie Pedicose). Nessuna menzione del Grande Nulla. Perché è stata utilizzata una locuzione manichea, Grande Nulla, in un esorcismo cattolico? Bisogna poi chiedersi come sia possibile che Ruiz-Sanchez, ormai decaduto dalla sua condizione ecclesiastica e privato della veste, sia stato al contempo investito dal Papa di cotanta autorità. Perché non è stato lo stesso Vescovo di Roma ad esorcizzare Lithia?

Il problema del Darwinismo 

I Lithiani hanno un sistema riproduttivo molto peculiare, che prevede una ricapitolazione esterna delle fasi evolutive. Nell'embrione umano si ha un processo di sviluppo che comporta il passaggio da una forma simile a quella di un pesce, con tanto di branchie, a una forma simile a quella di un anfibio, quindi a quella di un rettile, ancora dotato di coda e di un sistema circolatorio che mescola il sangue venoso a quello arterioso. Quindi, nelle fasi finali, la coda sparisce, si forma un setto cardiaco che separa la circolazione del sangue ossigenato da qualle del sangue ricco di scorie. Per descrivere tutto ciò i biologi utilizzano proprio la parola ricapitolazione. L'ontogenesi ricapitola la filogenesi, per usare le parole di Haeckel. Bene, nei Rettiliani di Lithia questo avviene al di fuori del corpo materno. La femmina depone le uova fecondate nelle acque del mare. La prole viene lasciata a se stessa: ogni cura parentale è impossibile. Così i nuovi nati assumono la forma di lamprede, quindi di pesci veri e propri. Poi tornano alla terra, diventando come grossi anfiossi o pesci polmonati. Crescendo ancora, si sviluppano le zampe e si trasformano in anfibi simili a rane toro. Questi esseri migrano nella giungla, diventando quindi lucertole bipedi che saltano come canguri, emergendo dalla vegetazione solo quando sono abbastanza maturi per essere accolti nella società. Tutto ciò ha un impatto devastante su Padre Ruiz-Sanchez, che rappresenta una Chiesa ostile all'evoluzionismo, ossessionata dalla verità letterale del racconto della Genesi. Ecco che prende corpo nel gesuita l'idea che Lithia sia una fabbricazione dell'Avversario, essendo uno dei suoi fini proprio quello di dimostrare la veridicità delle dottrine di Darwin sull'evoluzione delle specie.

L'ombelico di Adamo

In un mondo in cui l'Islam sembra scomparso, la città di Bassora in Iraq, a noi tristemente nota per via di attentati e stragi, è stata sede di un'importante assemblea ecclesiastica. È la Dieta di Bassora, tenutasi nel 1999, che ha condannato le dottrine di Darwin. Gli argomenti addotti sono talmente grossolani e folli da spingere molti lettori a credere che Blish abbia voluto fare una tagliente satira della religione cattolica e più in generale del Cristianesimo nel suo insieme. Secondo le dottrine prevalse alla Dieta di Bassora, Dio avrebbe creato Adamo con l'ombelico per dargli integrità fisica e perfezione, anche se il Primo Uomo non era uscito dal grembo di una donna. Così, allo stesso modo, Dio avrebbe creato la geologia terrestre con strati e testimonianze di una passato mai esistito. Dunque si dovrebbe postulare un Dio Ingannatore, simile ai Farisei e agli Scribi - anche se ovviamente il clero non è in grado di trarre questa logica conclusione delle sue stesse premesse. Quando ero un marmocchio ha assistito agli ultimi rigurgiti di ostilità cattolica verso l'evoluzionismo. Una suora rachitica si scagliò contro Darwin dicendo cose ridicole: "Se l'uomo viene dalle scimmie, da dove sono venute le scimmie? Gli scienziati dicono che le scimmie sono venute dal Nulla!" La religiosa la giudicai subito una idiota. Mi veniva da ridere, perché mi immaginavo questo Nulla come un mare grigiastro e crepitante, come uno schermo di una TV non sintonizzata, da cui uscivano senza sosta scimmie già adulte! Soltanto pochi anni dopo, la versione della Chiesa Romana era questa: i giorni della Genesi potevano benissimo essere ere geologiche, e Dio sarebbe intervenuto a infondere l'anima a un ominide generato tramite evoluzione delle specie. Il gesuita di Blish riporta questa dottrina, pur rifiutandola senza fornire un'adeguata critica, senza dire il perché. Il punto è che Guerra al Grande Nulla fu letto con attenzione da molti fondamentalisti protestanti in America, così un bel giorno vidi su un giornale la foto del faccione di un pastore, dotato di lunga barba; sopra l'immagine c'era scritto: "E DIO CREÒ LA TERRA CON I FOSSILI DENTRO!"

Incapacità predittiva della fantateologia 

Una delle principali critiche rivolte al romanzo di Blish è partita proprio da un gesuita, Frate Guy Consolmagno, direttore dell'Osservatorio Vaticano. Secondo il religioso-scienziato, Guerra al Grande Nulla sarebbe nient'altro che un ammasso di "cattiva teologia", scritto senza alcuna reale conoscenza della Compagnia di Gesù e delle sue dottrine. Queste sono state le obiezioni di Blish agli attacchi di Consolmagno: 

  1) Guerra al Grande Nulla descrive la Chiesa Romana del futuro, la cui teologia può quindi essere ben diversa da quella della metà del XX secolo;
  2) Guerra al Grande Nulla non è stato scritto come un corpo di dottrine teologiche: il centro e il senso della narrazione è invece un singolo uomo. 


James Blish (1921 - 1975), che era un agnostico, concepì un Cattolicesimo futuro molto robusto, dotato di una teologia granitica e pervasiva, per quanto rozza, capace di influenzare in modo assai potente la politica terrestre. L'autore non ha saputo prevedere la Morte Teologica della Chiesa Romana, lo svuotamento della stessa istituzione del Papato, il proliferare di sètte come Comunione e Liberazione, i Neocatecumenali e i Mariolatri Medjugoristi, che si sono formate come funghi sul putrescente tronco ecclesiastico. Queste congreghe settarie sono considerate dalle plebi, in modo alquanto stolto, genuine manifestazioni della religione cattolica, anche se la realtà è molto diversa: gli adepti di Don Giussani sono neopelagiani che credono nella salvezza tramite le opere; i Medjugoristi sono idolatri superstiziosi, etc. Non possiamo aspettarci che nel 1958 lo scrittore americano potesse avere idea di questi sviluppi. Non dobbiamo dimenticarci che proprio in quell'anno finì il pontificato di Pio XII, il 9 ottobre. Il 20 ottobre iniziò il pontificato di Giovanni XXIII, che annunciò il Concilio Vaticano II il 25 gennaio del 1959 presso la Sala Capitolare del Monastero di San Paolo di Roma. La prima sessione del Concilio ebbe inizio nell'ottobre del 1962. Il 3 giugno dell'anno successivo, i lavori si interruppero a causa della morte del Pontefice. Le altre tre sessioni furono convocate e presiedute dal successore Paolo VI. Quindi è ovvio che il Cattolicesimo Romano di cui leggiamo in Guerra al Grande Nulla sia preconciliare.

Protocolli ecclesiastici 

Secondo le dottrine della Chiesa Romana, enunciate dalla Società di Gesù, particolarmente sensibile a questo tema, un'ipotetica specie intelligente extraterrestre può soltanto ricadere in tre categoria: 

1) Creature senzienti ma prive di anima; 
2) Creature senzienti con anima caduta, a causa di un peccato ancestrale non inevitabile (equivalente al Peccato Originale);
3) Creature senzienti con anima non caduta. 


Nel caso 3), queste creature non cadute devono per necessità vivere in condizone di totale felicità e di immortalità, in un mondo paradisiaco che non conosce il peccato. Anni fa mi sono imbattuto in una discussione televisiva in cui proprio un gesuita affermava l'estrema apertura della Chiesa Romana alla possibilità di esistenza di civiltà aliene, precisando però l'impossibilità di accettare il discorso induista di incarnazioni divine su altri mondi (parole quasi testuali). I protocolli ecclesiastici, pensati molto per tempo nell'eventualità di un contatto, raccomandano le seguenti politiche: 

1) Non tentare nemmeno di evangelizzare le creature senzienti che risultassero prive di anima; 
2) Cercare con ogni mezzo di evangelizzare le creature senzienti con anima caduta;
3) Cercare di imparare dalle creature senzienti immortali e senza peccato lo stato di perpetua grazia divina. 


Non sembra passare nemmeno per la mente dei Gesuiti che la convivenza tra gli umani e una specie extraterrestre non caduta che vivesse nell'equivalente dell'Eden potrebbe portarle proprio il Peccato Originale e quindi decretarne la contaminazione. Misteri delle sottigliezze dell'Ordine di Loyola. Si vede che i Lithiani non appartengono a nessuna delle tre categorie elencate dai protocolli gesuitici. Se i Rettiliani incontrati da Padre Ruiz-Sanchez fossero una specie non caduta, sarebbero immortali e avrebbero una conoscenza innata di Dio, godrebbero della sua presenza immanente. Visto che questi lucertoloni bipedi non concepiscono Dio e hanno una morale assiomatica, ne scaturisce la tragedia religiosa - per l'appunto, il caso di coscienza.  

L'artificio del Tempo di Newton 

L'impianto narrativo è ostile a gran parte della Scienza moderna. Viene così immaginato un artificio concettuale che permette di abolire, pur in certe condizioni fisiche, l'intera Relatività speciale di Einstein, permettendo così una perfetta sincronizzazione tra azioni che occorrono a molti anni luce di distanza. In questo modo l'esorcismo dell'ex gesuita Ruiz-Sanchez può giungere dalla Luna fino a Lithia in tempo reale, viaggiando di fatto a una velocità ben superiore a quella della luce nel vuoto. Questa rimozione della teoria relativistica è a tutti gli effetti una reintroduzione del Tempo Assoluto concepito da Newton come una dimensione immutabile che esiste in modo perfettamente indipendente dagli enti in essa immersi - o addirittura dalla presenza o meno degli enti stessi. 

Il paradosso delle eresie 

A far rabbrividire Padre Ruiz-Sanchez e a farlo propendere per una spiegazione manichea della realtà che lo affligge è l'attenta osservazione della società rettiliana di Lithia. Tutto ciò che apprende gli conferma di essere di fronte a una sfida a tutti i dogmi in cui è stato educato. In particolare, si preoccupa delle conclusioni a cui potrebbero giungere gli esseri umani venendo in contatto con questi alieni. Conclusioni non soltanto atee, dedotte dalla ricapitolazione esterna tipica del sistema riproduttivo dei lucertoloni, ma anche un'affermazione di idee pelagiane, negatrici della necessità della Grazia di Dio per giungere alla Salvezza. Anzi, l'uomo può essere buono anche senza Dio, anche senza credere nella sua esistenza - cosa che porterebbe alla perdita del potere del Vaticano. Così Padre Ruiz-Sanchez, per sfuggire a una credenza condannata come ereticale, ne abbraccia un'altra ritenuta ancor più temibile. Emerge a questo punto la natura paradossale dell'eresiologia della Chiesa di Roma. Non viene riconosciuta alcuna differenza tra una singola idea ritenuta eretica, sorta in un singolo individuo isolato, e un corpo dottrinale completo di una religione organizzata e distinta da quella cattolica. Questo è il fondamento dell'Inquisizione, che perseguita il singolo per un'idea, proprio come perseguita il credente di una congregazione anatemizzata. Se un prete adotta un'idea manichea, è considerato come un credente di una Chiesa Manichea. Se un prete adotta un'idea pelagiana, è considerato come un credente di una Chiesa Pelagiana. Poi succede che neopelagiani come Josemaría Escrivá de Balaguer siano fatti santi.


Maledetti tagli di Urania! 

Una vittima dei famosi tagli di Urania è l'Appendice (Il pianeta Lithia), che è oltremodo interessante. Anche una succinta guida alla pronuncia dei nomi lithiani, all'inizio dell'opera, è stata ritenuta superflua dalla redazione uranica, che l'ha soppressa senza indugio assieme all'introduzione dell'autore - una premessa fondamentale per capire meglio la narrazione. Quando mi sono accorto di questo vile scempio, sono stato invaso da una profonda irritazione. Con mio sommo rammarico sono stato costretto ad arrendermi all'evidenza: gli Urania sono in genere inaffidabili. Purtroppo non mi è possibile leggere nella versione originale tutti i romanzi che ho letto finora nella versione uranica: semplicemente non ho abbastanza tempo per farlo. Se solo penso che molte volte ho sognato su scritti mutilati, mi viene un travaso di bile. Per fortuna ho potuto recuperare un'edizione integrale di Guerra al Grande Nulla

Il pianeta Lithia

L'Appendice è troppo lunga per essere riportata in questa sede, ma vale la pena riportarne un breve riassunto. Lithia orbita attorno a una stella simile al Sole, Alpha Arietis, distante da noi circa 50 anni luce. Secondo pianeta del suo sistema, il suo anno dura circa 380 giorni terrestri (456 giorni lithiani). La gravità è 0,82 volte quella terrestre, a causa della bassa densità degli elementi che costituiscono il pianeta: vi abbonda il litio - da cui il nome che gli è stato attribuito dagli scopritori - mentre il ferro vi è rarissimo, l'unica sua sorgente essendo le meteore. La percentuale di ossigeno nell'atmosfera è 31,27% in volume, mentre quella di CO2 è 0,31% in volume. Temperature medie elevate (30 °C al polo, 38 °C all'equatore, d'estate, circa 15 °C in meno d'inverno). L'umidità è molto elevata e abbondano le foreste. L'unica luna di Lithia ha poco più di 2000 km di diametro; scarsa è l'attività tettonica e i continenti sono tre. Le specie vegetali sono estremamente varie. Gli animali presentano ordini molto simili a quelli che si trovano sulla Terra. Particolarmente diffusi sono gli artropodi, che possono raggiungere grandi dimensioni. Molti sono gli insetti in grado di spruzzare veleni, in genere alcaloidi e in un caso persino acido cianidrico. Sulla terraferma sono molto comuni anfibi e rettili, mentre i mammiferi, poco rappresentati, somigliano a grossi topi. Animali affini ai pesci abbondano nelle acque. Oltre alla specie dominante senziente, l'animale terrestre più grande è il raro allosauro lithiano, mentre un ittiosauro simile a un pesce lungo 10 metri domina i mari.

La lingua lithiana  

Tutti i Rettiliani di Lithia parlano un'unica lingua, che almeno in parte è innata, ossia codificata nelle sequenze del genoma. Come ci viene spiegato, ogni lithiano conosce il proprio nome come eredità genetica, senza bisogno di apprenderlo. Ecco una descrizione sommaria e imprecisa della fonetica lithiana, tradotta con qualche adattamento dall'originale di Blish: 

Se a qualcuno interessa, le parole lithiane che compaiono qui e là nel romanzo si pronunciano nel modo seguente: 
  XOREDESHCH. La X corrisponde alla K dell'inglese (o alla chi del greco); SHCH contiene due suoni diversi, come in molte parole russe: il suono sci di "scia" seguito dal suono della ci dolce di "cima". (Pron.: Koredesc)
  GTON. La G è gutturale, contro il palato duro (come in "gola")
  CHTEXA. Il suono del CH in questa parola è come il suono sci di scia. (Pron.: Sc-tèka). 
  GCHTEHT. Suono G gutturale, seguito dal suono sci; la seconda H serve a indicare che la seconda T è muta. (Pron.: Gh-sc-tètt.) 
  GLESHCHTEHK. Come in precedenza: G gutturale, doppio suono SHCH, l'ultima H indica che la K è muta. (Pron.: Gh-le-sc-tèq.)
 


Questa è una traduzione adattata alla realtà fonetica della lingua italiana: com'è ovvio, la versione originale riporta esempi diversi.  Per spiegare la pronuncia di SHCH si utilizza "fish-church". Nei gruppi consonantici finali -HT e -HK è la consonante H a non pronunciarsi e ad essere ritenuta un equivalente del "segno muto" dell'antico russo. Il traduttore si è ingarbugliato non poco. Noto la censura del commento del paffuto Agronski: "Chi può sputare può anche imparare il lithiano"

Purtroppo Blish non aveva alcuna conoscenza di linguistica, ma possiamo dedurre dalle sue note che la lettera X renda un'occlusiva aspirata /kh/ e non una fricativa. Una trascrizione abbastanza infelice e fuorviante (più di un lettore avrà pensato di pronunciare /ks/). A quanto ho potuto constatare, il solo vocabolo traducibile è gchteht "tipo di bevanda simile al tè". Per il resto sono nomi di individui (Chtexa, Egtverchi) o toponimi (Xoredeshch Sfath, Xoredeshch Gton, etc.). Insomma, Blish ha perso una splendida occasione per fare fantalinguistica e per deliziare gli animi più sensibili a queste creazioni! 

Curiosità  

Esiste un romanzo breve omonimo, A case of conscienze, il cui autore è Ken McLeod. Spesso si ingenera confusione nel Web, al punto che girano file in cui lo scritto di McLeod è attribuito erroneamente a James Blish. Cosa buffa, proprio Ken McLeod ha scritto un'interessante introduzione a un'edizione albionica di Guerra al Grande Nulla

Nel 1959 il romanzo di Blish ha vinto il Premio Hugo per il miglior romanzo. Questo riconoscimento ha molto contribuito a diffondere la fama di quest'opera, non senza generare accese controversie. 

Con una certa sorpresa sono venuto a sapere che un'edizione di A Case of Conscience è stata curata da Gary K. Wolfe (2012). Qualcosa mi disturbava: avevo confuso questo autore con il Gary K. Wolf (senza -e finale) che ha scritto Quarto: uccidi il padre e la madre e più noto per il soggetto dell'orrido film Chi ha (in)castrato Roger Rabbit? Si tratta di due persone diverse!  

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Ero convinto di aver scritto a suo tempo qualche riga su Anobii. Ho potuto constatare che mi sbagliavo. I miei banchi di memoria stagnante hanno subìto una distorsione! Ho comunque trovato qualche intervento degno di nota.

Blacktia ha scritto: 

Gran prima parte, ricca di sapienti digressioni tecniche e dal buon ritmo narrativo, la seconda parte (sulla terra) molto più lenta e macchinosa, con intrecci morali opinabili ed un finale oggettivamente debole.

Un utente anonimo ha scritto: 

Idea interessante, esecuzione ingenua 

Una civiltà aliena, un attentato ai dogmi della fede: un'angolazione insolita dalla quale esplorare i rapporti fra l'umanità e un'altra forma di vita intelligente, anzi più intelligente.
E' questo il punto di forza del romanzo, che tuttavia alcune ingenuità nello stile ("As you know, Bob"; informazioni esposte in modo forzato e didascalico) e nell'evoluzione della vicenda (troppo rapida) rendono non del tutto soddisfacente, malgrado le premesse.
Godibili i dati "scientifici" relativi al pianeta Lithia, in appendice al romanzo. 


Gianni Sarti ha scritto:

Più che un romanzo è una antologia di due racconti legati da un esile filo.
Nel primo quattro scienziati terrestri, tra cui un sagace sacerdote alle soglie dell'eresia, si trovano a giudicare un pianeta lontano e la sua società perfetta ma senza valori. Questa parte è brillante, ha idee mirabili e uno stile narrativo colmo di informazioni scientifiche: bellissima.
Nella seconda parte un cucciolo della società aliena perfetta cresce sulla Terra, una Terra improbabile con personaggi assurdi che si comportano in modo illogico. L'interesse alla storia scompare, ci si sente traditi, viene da chiedersi che fine abbia fatto il geniale scrittore della prima parte.


Tinebrella ha scritto:

Questo libro può solo avere due letture: o è una sottile ma feroce critica al dogmatismo e all'ottusità fanatica della Chiesa, o è una boiata di una ridicolaggine senza pari.
E al di là di questo, non è comunque una bella storia, per quanto l'idea di fondo possa essere originale.