lunedì 3 gennaio 2022

 
CHE VITA DA CANI!

Titolo originale: Life Stinks
Traduzione letterale: La vita puzza
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1991
Durata: 92 min
Genere: Commedia, drammatico
Regia: Mel Brooks
Soggetto: Mel Brooks, Ron Clark, Rudy De Luca,
     Steve Haberman
Sceneggiatura: Mel Brooks, Rudy De Luca, Steve
    Haberman
Produttore: Mel Brooks
Fotografia: Steven B. Poster
Montaggio: Michael Mulconery, David Rawlins,
    Anthony Redman
Musiche: John Morris
Scenografia: Peter S. Larkin
Costumi: Mary Malin
Interpreti e personaggi:
    Mel Brooks: Goddard "Pepto" Bolt
    Lesley Ann Warren: Molly
    Jeffrey Tambor: Vance Crasswell
    Stuart Pankin: Pritchard
    Howard Morris: Àncora (Sailor)
    Rudy De Luca: Paul Getty Junior
    Teddy Wilson: Scarico (Fumes)
    Michael Ensign: Knowles
    Raymond O'Connor: Yo
    Matthew Faison: Stevens
    Billy Barty: Willy
    Brian Thompson: Mean Victor
    Carmine Caridi: Proprietario della topaia
    Sammy Shore: Reverendo al matrimonio
    Frank Roman: Interprete spagnolo 
    Marvin Braverman: Dott. Krahahn
    Robert Ridgely: Fergueson
    John Welsh: Dodd
Doppiatori italiani:
    Gianni Bonagura: Goddard "Pepto" Bolt
    Ada Maria Serra Zanetti: Molly
    Tonino Accolla: Mean Victor
    Manfredi Aliquò: Yo
Budget: $13 milioni di dollari US
Box office: $4,1 milioni di dollari US

Trama: 
Goddard Bolt è l'insensibile Amministratore Delegato della Bolt Enterprises. Ogni sua azione è una disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera - per usare le parole che un rabbioso Paperino rivolse a Zio Paperone. Il plutocrate non mostra alcuna considerazione per i bisogni degli altri esseri umani, men che meno per l'ambiente. Vorrebbe deportare una morente tribù dell'Amazzonia che ostacola un suo progetto faraonico, scaraventandola in una bidonville. Non mostra maggior sensibilità per gli anziani e i malati terminali: non demorde dal suo intento di smantellare un gerontocomio, anche a costo di espellere chi vi sta passando gli ultimi giorni di vita. Tra le altre cose, vuole radere al suolo un immenso slum di Los Angeles, allo scopo di farne un'area residenziale di stralusso. A un certo punto fa una scommessa con il suo più grande rivale, il calvo e balbuzien te Vance Crasswell, anche lui interessato alla proprietà. Crasswell sfida Bolt a sopravvivere per strada nello slum, come se fosse un senzatetto, per la durata di 30 giorni senza poter accedere a nessuna delle proprie risorse. Se Bolt perdesse la scommessa, Crasswell acquisirebbe la proprietà, ma se a vincere fosse invece Bolt, Crasswell gli venderebbe l'intera area per una cifra irrisoria. 
Le condizioni dettate sono tre:
1) Bolt sarà completamente privo di soldi;
2) dovrà indossare una cavigliera elettronica che si attiverà se esce dai limiti, perdendo la scommessa se supera i 30 secondi fuori limite;
3) in nessun momento può rivelare a nessuno dei residenti della zona dei bassifondi di essere Goddard Bolt. 
Per adattarsi meglio all'ambiente, Bolt si fa rasare i baffi, poi Crasswell gli confisca il parrucchino e gli strappa la tasca sul petto della giacca. Bolt viene quindi portato nei bassifondi e buttato fuori dalla limousine. All'insaputa di Bolt, Crasswell progetta di rendergli particolarmente dura e sgradevole la permanenza per strada. Il multimilionario, senza casa, affamato e sporco, fa amicizia con alcuni abitanti di bassifondi come Àncora e Scarico. Gli viene dato il soprannome di "Pepto" dopo essersi addormentato in una cassa di Pepto-Bismol su un lato, avendo usato il cartone per urinare pochi istanti prima dell'arrivo di Àncora: il logo del prodotto gli è rimasto impresso sulla fronte. Bolt incontra la bella Molly, una senzatetto molto espressiva che un tempo era una ballerina a Broadway. Durante una rissa con due rapinatori cocainomani, incluso un inseguimento in una squallida cucina cinese, Bolt viene spinto fuori dal limite e la sua cavigliera si attiva. Per evitare la "confisca di 30 secondi", Bolt rientra di corsa anche a costo di essere massacrato: Molly interpreta la cosa come una manifestazione di coraggio estremo. I rapinatori finiscono ustionati da un getto di brodo bollente e sono costretti a ritirarsi. Nel corso della sua disavventura tra i derelitti, Bolt apprende una serie di lezioni importanti e anche dure, passando per la perdita dell'amico Àncora. Impara così che la vita non riguarda i risultati o il successo materiale, bensì l'integrità dello spirito umano. Non sa però che Crasswell non ha alcuna intenzione di onorare la scommessa. Quando si rende conto di essere sul punto di perdere, il perfido Crasswell corrompe gli avvocati del rivale. Questi architettano una storia secondo cui Bolt sarebbe diventato insano di mente, facendo così sequestrare i suoi beni. Quando Bolt rientra a casa propria, trova che vi si sta svolgendo una festa sontuosa, organizzata da Crasswell. Scopre anche che questi sembra essersi completamente "dimenticato" della scommessa.
Costretto a vivere per strada e ricoverato per errore in una clinica pubblica, Bolt viene pesantemente drogato e mormora che la vita fa schifo. Molly lo implora di ricordare le piccole cose che rendono la vita vivibile, come loro due che ballano il valzer. Crasswell, nel frattempo si accinge a demolire i bassifondi. Bolt incita i senzatetto a insorgere, facendo loro invadere la festa per la cerimonia televisiva. Rendendosi conto che tutto sta precipitando, il perfido Crasswell tenta di fermare Bolt con un escavatore idraulico, finendo però con l'avere la peggio, appeso al rampino della macchina e costretto ad ammettere la verità davanti a tutti. Bolt ha il controllo dell'area e progetta di trasformarla nel Bolt Center, dando lavoro ai residenti degli slum, trasformando i caseggiati in case vivibili, finanziando di tasca propria una scuola privata per i bambini. Il notiziario termina dicendo che Bolt ha sposato Molly. La stampa si aspetta un evento esclusivo e stravagante; il matrimonio invece avviene in una squallida cappella evangelica nella zona dei bassifondi. Dopo la cerimonia, gli sposi si allontanano in un limousine con targa "PEPTO", disturbati da una vecchia conoscenza, un pazzo furioso che afferma di essere Paul Getty Jr., l'uomo più ricco del mondo. 
 
Sequenze memorabili: 
 
Il funerale di Àncora, con Goddard "Pepto", Molly e Scarico che cercano di disperdere le ceneri di cremazione in un rigagnolo; il vento le getta loro addosso. Questo accadde realmente a Howard Morris, che ha interpretato il defunto, al funerale di suo padre!  

In una fabbrica di stracci abbandonata, Goddard "Pepto" inebria Molly con lo spumante, balla a lungo con lei e poi impiega una buona mezz'ora per spogliarla. Quindi i due consumano il loro amore.  
 
Il surreale scontro tra gli escavatori, con tanto di ruggiti e sangue che esce dai tubi. 

I senzatetto che si ingozzano di leccornie alla festa inaugurale; uno di loro sembra uno zombie e corteggia un'oscena carampana!

Il pastore evangelico che cerca di moralizzare i fedeli, pretendendo addirittura di obbligarli ad essere astemi, mentre il suo interprete traduce in spagnolo inscenando un teatrino osceno con tanto di gesti sessuali.


Recensione:
Il titolo originale del film colpisce profondamente. Life Stinks! Parole sacrosante, Signor Kaminsky! La vita puzza! Sì, per l'esattezza puzza di merda mista a formaggio andato a male, proprio come i cadaveri putrefatti! Purtroppo le amare meditazioni esistenziali di Mel Brooks non sono state capite né apprezzate dal pubblico. Anzi, sono state etichettate come "banalità sociali tanto scontate da far venire il latte ai ginocchi" (cit.). Il ritornello che è salito da molte migliaia di gole, non soltanto in America, è stato il seguente: "Non fa ridere". È stato addirittura accusato di essere "politically correct"! Questa è forse la pellicola più sottovalutata del regista ashkenazita. Dato che non è mai stato uno sprovveduto o un ingenuo, direi che non aveva certo l'intento di guadagnarci, o avrebbe fatto qualcosa di molto diverso. Doveva già sapere fin dall'inizio che il riscontro al botteghino sarebbe stato scarso. E allora perché si è imbarcato in questa impresa? Per avere un palco da cui urlare al mondo intero il suo messaggio: "La vita fa schifo!" Se anche un solo spettatore avesse avesse riflettuto sull'argomento e fosse giunto alle dovute conclusioni, il film sarebbe da considerarsi un grande successo. Giustamente, Mel Brooks ritiene Life Stinks! il suo miglior lavoro come attore. Concordo appieno con il suo giudizio.
Questo film si discosta dal resto delle opere di Mel Brooks anche per un fatto davvero singolare: non si fa la benché minima menzione all'identità ebraica e agli stereotipi connessi. Non compare nemmeno l'umorismo del ghetto, così tipico degli Ashkenaziti americani. Non si parla di rabbini ansiosi di tagliare prepuzi (come in Robin Hood - Un uomo in calzamaglia, 1993), non si parla di nasoni colossali e gibbosi (come in Balle spaziali, 1987) e via discorrendo. Il protagonista Goddard Bolt è cristiano e più precisamente protestante (aderisce alla Chiesa Evangelica). Cosa ancor più strana e degna di nota, questo è uno dei pochi film di Mel Brooks in cui i personaggi non fanno alcun riferimento al fatto di essere in un film.
Lesley Ann Warren è perfetta nel ruolo della bella e simpatica Molly. Come l'ho vista, ho subito pensato che fosse di origine irlandese e discendente dalla mitica Molly Malone, The Tart with the Cart. Invece scopro che è una ashkenazita, che di cognome fa Woronoff. Il padre era un agente immobiliare e la madre era una cantante. Molto prolifica, ha iniziato come attrice nel film Sessualità (The Chapman Report, 1962), diretto da George Cukor, per finire nel 2015 con I am Michael, diretto da Justin Kelly.  


Dove, se non in America? 

L'odiosissimo Crasswell, quando apre la cerimonia inaugurale della demolizione dello slum, pronuncia queste parole: "Signori e signori, questo è sicuramente il più bel giorno della mia vita. Questo è il giorno che ho sognato da quando ho cominciato a crescere in queste miserabili strade da povero bambino affamato. Sono felice. Dove, se non in America, un povero bambino nullatenente può avere la fortuna di tornare un giorno nello stesso quartiere... per distruggerlo?" E gli avvocati-squali sorridono malignamente, gongolando.
La propaganda afferma a gran voce che una persona è buona soltanto se produce e se vende qualcosa. Lo schiavista diventa un filantropo, perché dà agli schiavi la possibilità di guadagnare qualcosa. Poi dicono che tutti hanno la possibilità di emergere, come il vecchio Rockefeller, che aveva cominciato come un ragioniere che girava con la borsa da mane a sera, finché col duro lavoro e con l'iniziativa è diventato una specie di semidio.
Domanda: "E se uno non ce la fa? E se uno non ha le forze?"
Risposta: "Viene gettato nella spazzatura e non ci pensa più anima viva." 
Nessuno parla degli uomini-ratto. Nessuno parla del rovescio della medaglia ostentata dal detestabile Crasswell.
Così il regista ha il coraggio eroico di dire: "Dove, se non in America, un uomo si riduce a cibarsi di spazzatura perché i suoi sogni sono stati distrutti?"  
 
 
La genesi della Plutocrazia americana

Ora vediamo di capire come si sia arrivati alla situazione assurda descritta da Mel Brooks. Senza alcuna pretesa di scrivere un trattato storico rigoroso e completo, riportiamo l'idea fondante, essenziale, in grado di spiegare l'arcano.

Le diseguaglianze sociali
si sono formate nel Neolitico


Nel Paleolitico i capi erano soltanto primi inter pares. Poi le cose sono cambiate: è nata l'agricoltura e con essa la civiltà. Assieme ai primi agglomerati urbani sono nate anche le differenze tra i signori e i servi. Secondo la Bibbia, fu Caino a fondare la prima città. C'è del vero in questo insegnamento!  


Dialogo tra un Ugonotto e il Re Sole 

Ugonotto: "Sto 20 ore al giorno sugli orologi. Non ho spazio per null'altro nella vita. Per questo i miei orologi sono i migliori. Sua Maestà i miei orologi li paga uno sfracello."
Re Sole: "Discendo dai Merovingi. Regno per Diritto di Dio. Lo Stato sono io. Gli orologi te li pago due spiccioli." 
Ugonotto: "A queste condizioni, Sua Maestà non li avrà."
Re Sole: "Revoco l'Editto di Nantes, anche se è irrevocabile. Metto fine alla tolleranza religiosa in Francia."
Ugonotto: "Allora io migro in un'altra nazione, che il mio lavoro lo paga il giusto. E come me faranno moltissimi altri miei correligionari. Sua Maestà avrà soltanto orologi di merda, fatti da cattolici incompetenti." 
Re Sole: "Vi mando i Dragoni ad occuparvi la casa! Vi rendo la vita impossibile!"
Ugonotto: "Sua Maestà non fa che accelerare la fine del Suo Regno. Cosa crede, che siamo disposti a restar qui a farci dare mazzate sulle gengive? Della nostra Scienza e del nostro lavoro saranno altri a beneficiare!" 

Così nacque l'America con il suo immenso predominio mercantilistico. L'Ugonotto aveva di certo ragione a far valere i suoi diritti e a rifiutare la tirannia del Re Sole, ma la catena di eventi innescata da questo dialogo si è ingigantita fino ad arrivare a conseguenze estreme quanto paradossali. 


L'etica calvinista del lavoro

L'intera società americana dominante, costituita dai cosiddetti WASP (White, Anglo-saxon, Protestant), è stata fondata dall'etica di Giovanni Calvino (Jehan Cauvin), nato a Noyon nel 1509 e morto a Ginevra nel 1564. Egli riteneva abominevole la povertà e la interpretava come un segno dello sfavore di Dio nei confronti di un essere umano, sicuramente destinato alla Dannazione Eterna. Amava invece la ricchezza generata dall'imprenditoria intelligente e dal duro lavoro, proprio come Silvio Berlusconi. Amava anche il potere politico e i suoi rappresentanti, come i plutocrati, gli avvocati-squali e quant'altro. Avere un'immensa quantità di soldi e di influenza politica, per Calvino era un inequivocabile segno del favore di Dio, quasi una tromba che dal Paradiso annunciava la Salvezza dei ricchi Farisei e la dannazione dei poveri - senza badare troppo a ciò che disse Cristo. L'epulone viene esaltato in Cielo, mentre Lazzaro è dannato: Calvino ha invertito le Parabole e ha dato origine al potere leviatanico che è tuttora detenuto dagli WASP asserviti alla plutocrazia! Sicuramente Calvino sostenne molte cose vere e sacrosante, come ad esempio che la messa "è sacrilegio e abominio" e che non ci si può prostrare "di fronte a un idolo, con l'intenzione che chiunque capisca che si mostra devozione a una cosa malvagia". Tuttavia disse anche molte cose di cui non riuscì a comprendere le gravissime conseguenze - infatti abbiamo proprio il tremendo potere economico-politico degli Stati Uniti d'America a dimostrare quanto affermo. 
 

Conseguenze: un esempio concreto
 
Ancora sul finire del XIX secolo, negli States le aragoste erano considerate un cibo da pezzenti. Esistevano moltissime comunità rivierasche che vivevano di questi ghiotti crostacei, satollandosi delle loro candide carni e lasciando fuori dalle proprie case grandi cumuli di gusci vuoti. Le aragoste erano così abbondanti che le eccedenze erano usate come fertilizzante. Poi arrivò a Boston, o in qualche altro centro urbano, un ricchissimo e stravagante signore proveniente dalla Francia, che iniziò ad insegnare alla buona società degli Snob quanto fosse pregiata la polpa dell'aragosta. Così il crostaceo divenne all'improvviso una ghiottoneria, i ristoratori ne fecero incetta e i prezzi levitarono fino all'impossibile. Molti pescatori, che gettavano le nasse e raccoglievano queste creature, divennero ricchissimi. Le comunità rivierasche, costituite dal cosiddetto "White Trash" (bianchi poveri), furono di colpo private di una fondamentale fonte di sostentamento. Da pezzenti con lo stomaco pieno, divennero pezzenti con lo stomaco vuoto, costretti a cibarsi di immondizie, come il terriccio grasso pieno zeppo di parassiti. Il commento degli chef fu questo: "Che ce ne frega?" 
 

Curiosità 

Mel Brooks voleva intitolare il film life sucks, ossia "La vita fa schifo". La produzione glielo ha proibito perché sarebbe stato troppo "negativo". Il pessimismo cosmico non è molto amato dai performantisti abilisti che investono capitali nella Settima Arte! 

Sembra che questo film sia piaciuto particolarmente a Bernie Sanders, quello dei polli! 

Il film è stato proiettato fuori concorso al Festival di Cannes nel 1991 con una "proiezione a sorpresa". La Francia, patria di grandi scrittori esistenzialisti e fenomenologici, come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, ha contribuito a far conoscere questo film, definito una "commedia esistenziale"

Il film è nato da un vecchio progetto di Mel Brooks, chiamato "Money, Money, Money" e subito disfatto per uno sfortunato corso degli eventi. È stato segnalato in fase di sviluppo nel 1989 alla MGM con anche il suo copro-tagonista di Balle spaziali (1987), Rick Moranis, che aveva interpretato il rachitico Casco Nero ed era allegato al progetto. Si diceva che fosse una parodia di Wall Street (1987), diretto da Oliver Stone. Il progetto non è stato realizzato per ragioni sconosciute, forse legati a profondi scazzi. Quando si è conosciuto con due numeri, quello dei figli e quello dei nipoti, come accade tra gli Ashkenaziti, si può immaginare che qualche rogna grama salti fuori in qualsiasi momento. 

I suoni degli escavatori idraulici sono i ruggiti riutilizzati del personaggio titolare del film di mostri del 1976, King Kong (1976), diretto da John Guillermin. 

Il pepto-bismolo è un composto del bismuto - per l'esattezza il subsalicilato di busmuto - che è usato per combattere la nausea, il vomito e la diarrea. Spesso colora temporaneamente di nero la lingua di chi lo assume, ma a parte questo non sembra presentare gravi problemi. 


Una distorsione percettiva 

Ovviamente il pazzo che dice di essere Paul Getty Jr. allude al filantropo britannico, terzo figlio di Jean Paul Getty Sr., che era uno degli uomini più ricchi della sua epoca. Suo figlio John Paul Getty III fu infelicissimo nonostante le sue origini altolocate. Frequentava manifestazioni di estrema sinistra, con somma incoerenza. Ancora sedicenne fu rapito dalla 'ndrangheta e rilasciato in seguito al pagamento di un riscatto; anni dopo ebbe un terribile ictus che lo ridusse a malpartito. Mel Brooks dipinge così un senzatetto instabile mentalmente che ha di sé un'opinione esagerata a dispetto di ogni evidenza, negando in modo pervicace le squallide condizioni in cui sopravvive. Anziché Paul Getty Jr., ho udito distintamente Borghetti Jr., come se il pazzo si fosse dato un cognome italiano fatto e finito. Sono irrecuperabile.

sabato 1 gennaio 2022

 
SALÒ O LE 120 GIORNATE DI SODOMA

Titolo originale: Salò o le 120 giornate di Sodoma
Paese di produzione
: Italia, Francia
Anno
: 1975
Lingua: Italiano, francese, tedesco, sanscrito  
Durata
: 145 min (versione originale)
       117 min (versione rimontata e distribuita)
       111 min (versione italiana censurata)
Genere
: Grottesco, drammatico 
Sottogenere: Pseudo-snuff, scatofilia
Regia
: Pier Paolo Pasolini
Soggetto
: Pier Paolo Pasolini (tratto da Le 120 giornate
     di Sodoma
del Marchese de Sade e dagli scritti di
     Roland Barthes e Pierre Klossowski)
Sceneggiatura
: Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti, Pupi
    Avati (collaboratori non accreditati)
Produttore
: Alberto Grimaldi, Alberto De Stefanis,
    Antonio Girasante (ultimi due non accreditati)
Fotografia
: Tonino Delli Colli
Montaggio
: Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi,
    Enzo Ocone
Effetti speciali
: Alfredo Tiberi
Musiche
: Pier Paolo Pasolini, Ennio Morricone
Scenografia
: Dante Ferretti
Costumi
: Danilo Donati
Interpreti e personaggi
    Paolo Bonacelli: Il Duca
    Giorgio Cataldi: Il Monsignore
    Uberto Paolo Quintavalle: L'Eccellenza
    Aldo Valletti: Il Presidente
    Hélène Surgère: La Signora Vaccari
    Elsa De Giorgi: La Signora Maggi
 
   Caterina Boratto: La Signora Castelli
    Sonia Saviange: La Pianista
    Marco Lucantoni: Prima vittima (maschio)
    Anna Troccoli: Prima vittima (femmina)
    Sergio Fascetti: Sergio - vittima (maschio)
    Bruno Musso: Carlo Porro - vittima (maschio)
    Antonio Orlando: Tonino - vittima (maschio)
    Claudio Cicchetti: Vittima (maschio)
    Franco Merli: Franco - vittima (maschio)
    Umberto Chessari: Vittima (maschio)
    Lamberto Book: Lamberto Gobbi (vittima, maschio)
    Gaspare Di Jenno: Vittima (maschio)
    Giuliana Melis: Vittima (femmina)
    Faridah Malik: Fatimah - vittima (femmina)
    Graziella Aniceto: Graziella - vittima (femmina)
    Renata Moar: Vittima (femmina)
    Dorit Henke: Doris - vittima (femmina)
    Antiniska Nemour: Vittima (femmina)
    Benedetta Gaetani: Vittima (femmina)
    Olga Andreis: Eva - vittima (femmina)
    Tatiana Mogilansky: Figlia
    Susanna Radaelli: Figlia
    Giuliana Orlandi: Figlia
    Liana Acquaviva: Figlia
    Rinaldo Missaglia: Collaborazionista (soldato)
    Giuseppe Patruno: Collaborazionista (soldato)
    Guido Galletti: Collaborazionista (soldato)
    Efisio Etzi: Collaborazionista (soldato)
    Claudio Troccoli: Collaborazionista (repubblichino
       di leva)
    Fabrizio Menichini: Collaborazionista (repubblichino
       di leva)
    Maurizio Valaguzza: Bruno - collaborazionista
       (repubblichino di leva)
    Ezio Manni: Ezio - collaborazionista (repubblichino
       di leva e criptocomunista)
    Paola Pieracci: Ruffiana
    Carla Terlizzi: Ruffiana
    Anna Maria Dossena: Ruffiana
    Anna Recchimuzzi: Ruffiana
    Ines Pellegrini: Serva nera 
    Alessandro Gennari: Ufficiale della OVRA
    Dante Trazzi: Reclutatore
Doppiatori originali
    Giancarlo Vigorelli: Il Duca
    Giorgio Caproni: Il Monsignore
    Aurelio Roncaglia: L'Eccellenza
    Marco Bellocchio: Il Presidente
    Laura Betti: La Signora Vaccari 
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: Salò, or the 120 Days of Sodom
   Tedesco: Die 120 Tage von Sodom
   Francese: Salò ou les 120 Journées de Sodome
   Spagnolo: Saló o los 120 días de Sodoma
   Svedese: Salò, eller Sodoms 120 dagar
   Russo: Сало, или 120 дней Содома
   Giapponese: ソドムの市 (Sodomu no ichi)
 
Trama: 
Anno del Signore 1944, Marzabotto, Repubblica di Salò. La narrazione si divide in tre parti, in qualche modo ispirate alla geografia dell'Inferno di Dante; in particolare ricalca la tripartizione del Girone dei Violenti. Questa peculiare struttura dantesca si trova già nell'opera di Sade. 
 
1) Antinferno 
Quattro libertini sadiani, i Signori, soprannonimati il Duca, il Monsignore, L'Eccellenza e il Presidente, si chiudono in una villa sontuosa con un gran numero di giovani prigionieri provenienti da familie antifasciste e sovversive, rastrellati dai soldati repubblichini e dalle SS. Siglano quindi un patto di sangue: ciascun Signore dà una propria figlia in sposa a un altro suo pari. Stabiliscono il Codice, che detta alle loro vittime le draconiane regole di condotta, che le degradano a oggetti. La villa è isolata dal resto del mondo, i Signori vi esercitano il potere assoluto. I prigionieri sono destinati a compiere orge sodomitiche, incestuose e adulterine. Gli atti vaginali sono banditi e puniti con l'amputazione di un arto. Anche per il più piccolo e insignificante atto di devozione religiosa è decretata come punizione la morte.
 
2) Girone delle Manie 
La prima Megera, la Signora Vaccari (così chiamata dal cognome del suo primo cliente), descrive le sue esperienze sessuali giovanili seguendo con voce cantilenante le note del piano. Parte da quando aveva sette anni e un professore dall'enorme favone le ha schizzato sulla faccia il materiale genetico, per poi proseguire con descrizioni sempre più hard, come quello del libertino che era schifato dalla visione della sua vulva e che l'ha fatta girare a pancia in giù per iniziarla alla penetrazione anale. I pruriginosi racconti della Signora Vaccari infiammano i Signori, che si abbandonano a sevizie sui gracili corpi delle loro vittime, aiutati dalle reclute repubblichine. Uno di questi militari mette una ragazza corvina a carponi e le infila nell'intestino il gigantesco fallo eretto. Lei urla di strazio, poi si quieta mentre il suo violatore anale la stantuffa. Purtroppo la sequenza viene guastata dall'intervento del laidissimo presidente, un lubrico sodomita passivo che pretende di essere sodomizzato dal giovane: gli impone di estrarre il membro dal budello della fanciulla, quindi se lo spinge tra le chiappe! Come dimenticare la visione incubica del volto distorto e congestionato del Presidente, mentre il bombardiere gli devasta lo sfintere?  
Dopo essersi sfiniti con una giornata di eccessi, i Signori si ritirano in una grande stanza da letto, quindi disquisiscono dottamente su tematiche come l'etica del libertinismo e l'intrinseca anarchia del potere. Tra cicchetti di whisky e ciniche barzellette, citano a memoria testi di Klossowski, Baudelaire, Proust e Nietzsche, talvolta facendo qualche piccola confusione. 
Ogni nuovo giorno, le aberrazioni riprendono vigore. Un ragazzo e una ragazza, entrambi dai capelli biondicci, vengono uniti in un matrimonio farsesco e subito dopo separati. Viene loro impedito di copulare e finiscono sottoposti separatamente a sevizie. Poi le vittime vengono tenute al guinzaglio e viene imposto loro di comportarsi come cani. Ogni dignità umana è annichilita. Il cibo viene gettato o messo in ciotole metalliche. In un'occasione, un boccone di polenta è riempito a bella posta di chiodi: la ragazza che lo porta alla bocca, una delle figlie-spose, subisce lesioni e perde un copioso fiotto di sangue.
 
3) Girone della Merda 
La seconda Megera, la Signora Maggi, intrattiene i Signori e gli ospiti parlando della sua infanzia travagliata, del suo esordio nel mondo della prostituzione, delle sue pratiche anali, oro-anali e scatofile. Narra la storia di un vecchio libertino moribondo, che intendeva spirare adorando il buco del culo di una puttana. Così la Signora Maggi ha avvicinato le sue natiche alla bocca del libertino, che ha le leccato avidamente l'ano infilando la lingua nel budello. Quindi l'adoratore ha chiesto di poter ingurgitare gli escrementi, che lei gli ha prontamente rilasciato in bocca. Si riconosce subito una forma di Viatico Nero, una specie di rito satanico in cui viene parodiata e dissacrata la Transustanziazione. 
Tra le altre cose, la Signora Maggi racconta di aver ucciso sua madre nel corso di un litigio, perché non voleva accettare le sue attività prostitutive. Una prigioniera biondiccia piange a dirotto, perché pensa alla propria madre morta per proteggerla. Il suo strazio eccita i Signori e in particolare il Duca, che defeca uno stronzo scuro sul pavimento e obbliga la vittima a mangiarlo con un cucchiaio. 
Il culmine del Girone è un banchetto fecale a base degli escrementi raccolti dalle vittime, per festeggiare il matrimonio dell'Eccellenza con Sergio, un giovane biondiccio dai capelli mossi vestito da sposa e imboccato con abbondanti forchettate di merda. Viene poi indetto un concorso di bellezza per premiare colui o colei che ha il deretano più bello: prigionieri e prigioniere sono messi a carponi nella semioscurità, in modo tale che nessuno possa indovinare il loro sesso (cosa che potrebbe condizionare il giudizio). Il premio è la morte immediata, tramite una pistolettata in una tempia. Vince Franco, un ragazzo dai tratti somatici marcati, ma la revolverata promessa è a salve: non sfugge ai carnefici che la morte sarebbe una benedizione e che non può essere facilmente concessa.
 
4) Girone del Sangue 
Le danze iniziano con un matrimonio fittizio, in cui il Presidente, il Duca e l'Eccellenza, acconciati come vecchie carampane, si uniscono ad altrettanti soldati. La cerimonia è celebrata dal Monsignore, che poco dopo sarà lui stesso posseduto sodimiticamente da un giovane nerboruto dotato di un colossale cazzone, una vera e propria sciabola di carne che affonda nell'intestino. Dopo essere stato sfondato e riempito di sperma, il Monsignore fa un giro d'ispezione tra i prigionieri nelle loro stanze. Si è instaurato un odioso sistema di tradimenti e delazioni. Tutti iniziano a tradirsi a vicenda in modo sistematico: Claudio rivela che Graziella nasconde una fotografia, Graziella a sua volta rivela che Eva e Antiniska hanno segretamente una relazione sessuale lesbica. Le due amanti, colte in flagrante, denunciano il repubblichino di leva Ezio, accusandolo di copulare ogni notte con una serva africana. I Signori sorprendono gli amanti nudi e avvinghiati. Ezio alza il braccio sinistro col pugno comunista e viene crivellato da molti colpi di arma da fuoco; la serva africana viene fulminata subito dopo con una revolverata nel cranio. Umberto, da vittima che era, viene scelto per sostituire Ezio. L'indomani, il Duca riunisce le vittime per annunciare i nomi di coloro che saranno sottoposti alla punizione capitale tramite tormenti aberranti: sono le quattro figlie-spose, sei ragazzi e sei ragazze, per un totale di sedici. A ciascun condannato viene consegnato un nastro azzurro. Chi non è stato chiamato, se continua la sua collaborazione, può sperare di seguire i Signori a Salò.
La terza Megera, la Signora Castelli narra la storia di un libertino che tortura in modo atroce le vittime usando macchinari manovrati da carnefici vestiti da diavoli. Nel cortile, i condannati vengono straziati, mutilati, marchiati, bruciati, impiccati, scotennati, stuprati, impiccati, mentre ogni libertino sadiano fa il suo turno per contemplare questi orrori, come un voyeur masturbante. La Pianista, affacciatasi alla finestra aperta, si rende improvvisamente conto con orrore delle atrocità che vengono commesse: si getta nel vuoto e muore di colpo nell'impatto, col cranio fracassato.  
 
5) Epilogo 
Due giovani soldati repubblichini, testimoni delle torture e delle uccisioni, ballano assieme qualche goffo passo di valzer. Uno chiede all'altro quale sia il nome della ragazza che lo sta aspettando e questi risponde che si chiama Margherita.
 
Citazioni: 
 
"Tutto è buono quando è eccessivo."
(Il Monsignore) 

"Ebbene sua eccellenza, si è convinto: è dall'abisso di coloro che non godono ciò che godo io e soffrono i peggiori disagi che deriva il fascino di poter dire a se stessi "comunque io sono più felice di questa canaglia che si chiama popolo". Ovunque gli uomini siano uguali e non esista questa differenza nemmeno la felicità esisterà mai."
(Il Duca) 

"Noi Fascisti siamo i soli veri Anarchici. Naturalmente, una volta che ci siamo impadroniti dello Stato. Infatti la sola vera Anarchia è quella del Potere."
(Il Duca)

"Imbecille! Come potevi pensare che ti avremmo ucciso? Non lo sai che noi vorremmo ucciderti mille volte, fino ai limiti dell'Eternità, se l'Eternità potesse avere dei limiti?" 
(Il Monsignore) 
 
"Vi renderete conto che non esiste cibo più inebriante, e che i vostri sensi trarranno nuovo vigore per le tenzoni che vi attendono."
(La Signora Maggi, parlando della merda)
 
"Wie ihr wohl wißt, es genügt nicht... den selben Menschen immer wieder zu töten. Es ist dagegen zu empfehlen so viel Wesen wie möglich umzubringen."
("Come ben sai, non è soddisfacente uccidere la stessa persona più e più volte. Sarebbe raccomandabile uccidere quanti più esseri viventi possibile").
(La Signora Castelli)

Dialoghi: 

Il Duca: "Il gesto sodomitico è il più assoluto per quanto contiene di mortale per la specie umana. Il più ambiguo, perché accetta le norme sociali per infrangerle."
Il Monsignore: "C'è qualcosa di più mostruoso del gesto del sodomita, ed è il gesto del carnefice"
Il Duca: "È vero, ma il gesto del sodomita ha il vantaggio di poter essere ripetuto migliaia di volte."
Il Monsignore: "Si può trovare anche il modo di reiterare il gesto del carnefice."  
 
Presidente: "Carlo! Metti le dita così. Sei capace di dire "non posso mangiare il riso" tenendo le dita così?"
Carlo: "Non posso mangiare il riso!"
Presidente Durcet: "E allora mangia la merda!"

Corrispondenze dei Signori nell'opera di Sade: 
 
   Il Duca: Il Duca di Blangis
   Il Presidente: Il Banchiere Durcet (Presidente della Banca
       Centrale)
   Il Monsignore: Il Vescovo
   L'Eccellenza: Il Presidente de Curval (Presidente della
       Corte d'Appello) 
 

Recensione: 
Lo scandalo provocato da questa potente pellicola è stato immenso e non accenna a placarsi. Ancora a distanza di tanti anni, moltissimi commentatori definiscono il capolavoro pasoliniano "violento", "vomitevole", "una pugnalata nello stomaco", "allucinante" e via discorrendo. A dire il vero, posso guardare anche le sequenze più truci con assoluta tranquillità mentre mangio, senza perdere l'appetito. Mi rendo conto che la mia reazione è qualcosa di molto raro. Essendo la mia stirpe destinata all'Estinzione, non ho alcuna paura. Tutto ciò che nella vita mi può capitare, avrà la sua fine quando Azrael verrà a ghermirmi. Così non è per coloro che hanno procreato. Ogni genitore, vedendo Salò, si sentirà invadere dall'inquietudine e dal terrore. Penserà questo: "E se capitasse a mio figlio? E se capitasse a mia figlia?" Oppure: "E se capitasse ai miei nipoti, ai miei pronipoti?"  
Sono stati scritti innumerevoli trattati nel tentativo di spiegare il significato delle sequenze sadiane, ritenute di volta in volta metafore del potere della borghesia, del potere della dittatura fascista, del consumismo, della società edonistica, persino della scuola dell'obbligo. Ecco così che il Duca, il Monsignore, l'Eccellenza e il Presidente acquistano l'apparenza di geroglifici del potere dinastico, religioso, giudiziario ed economico. Tutte questa massa di estenuanti elucubrazioni politiche e sociali lascia il tempo che trova e in fin dei conti non risolve nulla. Sono consapevole che la parola "metafora" era usata dallo stesso regista. Penso che fosse lo spirito di quei tempi, in cui nessuna narrazione era accettata dal pubblico se non era vista come una "metafora" di qualcosa. Trovo che sia necessario andare oltre. Me ne esco così con una chiave d'interpretazione per certi versi rivoluzionaria: e se Salò fosse la pura e semplice storia di un gruppo di carnefici sodomiti e delle pratiche da loro inflitte a vittime inermi? Se fosse da interpretarsi in senso letterale? Se vedo un cazzone che si infila nel culo, perché diamine dovrebbe essere un'allegoria di qualcosa? Semplice. È innanzitutto un cazzone che si infila nel culo! È il potere in sé ciò che il regista ci mostra, il potere dell'essere umano sull'essere umano. In quanto tale, senza infingimenti. Per Caligola era un atto di voluttà infliggere supplizi efferati esercitando un arbitrio assoluto sulle vite dei suoi sudditi, che erano terrorizzati dalla sua presenza. Non c'era alcun bisogno di una spiegazione razionale. È proprio questo che non capiscono i critici cinematografici, i radical chic intellettualoidi, etc.
Troppo spesso si è detto che Salò sarebbe il testamento poetico di Pasolini, ma penso che poche cose siano più lontane dal vero. Egli cercava infatti di realizzare una Trilogia della Morte, contrapposta alla Trilogia della Vita, che era composta da Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972) e Il fiore delle mille e una notte (1974). Ebbene, nelle sue intenzioni Salò doveva essere proprio il primo film della Trilogia della Morte. Si converrà che con un simile progetto in mente, non si fanno testamenti di sorta. Mi piacerebbe riuscire a immaginare come sarebbero stati il secondo e il terzo capitolo della Trilogia della Morte! Purtroppo, non potremo mai nemmeno immaginarcelo.
 
Il potere della censura
 
Se si dovesse fare un riassunto dell'accanita persecuzione giudiziaria che si è abbattuta su questo film, forse non basterebbe un'enciclopedia per esaurire l'argomento. Furono aperti più di 30 processi postumi (secondo alcuni sono stati 31, secondo altri addirittura 33) e la pellicola passò da un sequestro all'altro. Ogni volta che veniva proiettata, c'era qualche grave rogna che portava nuovamente alla sua scomparsa. Trovo difficile mettere a fuoco questo complesso percorso persecutorio. Rimando quindi alle numerose fonti presenti nel vasto Web, in cui si possono trovare dettagli e approfondimenti. Ecco un link che può essere utile:


Pasolini fu assassinato sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia, il 2 novembre 1975, prima dell'uscita del film. Giuseppe "Pino" Pelosi, un diciassettenne di Guidonia Montecelio già noto come ladro e "ragazzo di vita", fu arrestato e incolpato dell'omicidio. Ammise di aver investito molte volte il corpo del regista con l'automobile, schiacciandolo in seguito a una lite furibonda. Per tale delitto fu quindi condannato, eppure a distanza di molti anni negò ogni coinvolgimento. Il caso rimane irrisolto. Sono state fatte moltissime ipotesi, anche complottistiche, per spiegare l'accaduto. Nessuno potrà mai togliermi dalla mente l'idea che le motivazioni della morte del regista abbiano in qualche modo a che fare con Salò. A parer mio, politici potenti devono aver commissionato l'uccisione, perché non volevano che la popolazione arrivasse a concepire atti sessuali considerati  eversivi. Oggi nel Web si trovano con grande facilità immagini e video di atti di sesso anale e di coprofagia, solo per fare qualche esempio, ma dobbiamo tener conto della realtà dell'Italia dell'epoca, dominata dalla Democrazia Cristiana, in cui non si respirava ed era un problema già menzionare le gambe dei tavoli. Non c'è più la soffocante cappa della censura che rese difficile la vita a Pasolini, ma dobbiamo combattere contro la minaccia del politically correct, ancor più grave e corrosiva.  


L'anarchia di ogni potere 
 
Queste sono le parole del regista sulla sua opera: 

"Il film è preso da ‘Le 120 giornate di Sodoma’ di De Sade, ma è ambientato durante la Repubblica di Salò, cioè tra il ’44 e il ’45. Quindi c’è molto sesso. Ma il sesso che c’è nel film è il tipico sesso di De Sade, la cui caratteristica è esclusivamente sadomasochistica, in tutta l’atrocità dei suoi dettagli e delle sue situazioni. A me questo sesso interessa come interessa a De Sade, per quello che è, ma nel mio film tutto questo sesso assume un significato particolare ed è la metafora di ciò che il potere fa del corpo umano. La mercificazione del corpo umano, la riduzione del corpo umano, è tipica del potere, di qualsiasi potere. Quindi il mio film è un film contro qualsiasi forma di potere e precisamente contro quella che io chiamo l’anarchia del potere, ed è questa la ragione per cui ho scelto Salò e la Repubblica fascista di quel periodo, perché mai come in quel momento il potere è stato anarchico, arbitrario e gratuito, potendo fare qualsiasi cosa". 
 
E ancora: 
 
"Il reale senso del sesso nel mio film è quello che dicevo, cioè una metafora del rapporto del potere con chi gli è sottoposto. Tutto il sesso di de Sade, cioè il sadomasochismo di de Sade, ha dunque una funzione ben specifica, ben chiara. Cioè quella di rappresentare ciò che il potere fa del corpo umano, la riduzione del corpo umano alla cosa, la mercificazione del corpo. Cioè praticamente l'annullamento della personalità degli altri, dell'altro. È quindi un film non soltanto sul potere, ma su quello che io chiamo "l'anarchia del potere", perché nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole e ciò che il potere vuole è completamente arbitrario, o dettatogli da sue necessità di carattere economico che sfuggono alla logica comune. [...] Questo vuole essere un film sull'inesistenza della storia. Cioè la storia così come vista dalla cultura eurocentrica, il razionalismo e l'empirismo occidentale da una parte, il marxismo dall'altra, nel film vuole essere dimostrato come inesistente... Beh! Non direi per i nostri giorni, lo prendo come metafora del rapporto del potere con chi è subordinato al potere, e quindi vale in realtà per tutti. Evidentemente la spinta è venuta dal fatto che io detesto soprattutto il potere di oggi. È un potere che manipola i corpi in modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio di culture viventi, reali, precedenti."

Il concetto è sacrosanto: ogni dittatore è anarchico, perché non deve rendere conto a nessuno e non riconosce alcun potere superiore al suo. Ovviamente i suoi sottoposti sono soltanto ingranaggi nel meccanismo di stritolamento. L'anarchia è come la corona, soltanto il Sovrano la può portare. Se a farlo è qualche suddito, allora diventa un crimine e un pericolo.
Facciamo un esempio concreto. Adolf Hitler non amava Max Stirner. Eppure era in tutto e per tutto uno stirneriano puro: solipsista, nichilista, individualista, egoista, capace di affermare l'unico e la sua proprietà. Non tollerava che altri al di sotto di lui portassero avanti queste idee, perché ciò avrebbe significato l'inizio della fine del suo potere.
Naturalmente la parola "anarchia" in questo contesto non ha nulla a che vedere col significato che comunemente le masse le attribuiscono.
 

Aldo Valletti nel ruolo del Presidente

Il fulvo e paonazzo Valletti (Roma, 1930 - Roma, 1992) fu scelto per la sua fisionomia grottesca, per i suoi lineamenti faineschi, da freak. I suoi occhi microscopici e scuri ardono di una luce assolutamente malsana. Quando chiesero a Pasolini perché gli avesse assegnato il ruolo del Presidente, rispose così: "Si tratta di un generico che in più di vent'anni di lavoro non ha mai detto una battuta".
In una intervista sul film, il regista affermò questo: "I signori e i potenti li ho scelti parte tra gli intellettuali in grado di recitare (Uberto Paolo Quintavalle, e alcuni doppiatori), parte tra persone che non dovessero recitare ma solo essere (Giorgio Cataldi e Aldo Valletti), e parte tra attori (Paolo Bonacelli, Elsa de Giorgi)".
Ezio Manni, che interpretò un repubblichino di leva, ebbe a dire: "Valletti era così come lo vedi in Salò, un imbranato. Era dolce, timoroso, a fine giornata si chiudeva in albergo e non usciva più. Diceva che doveva prepararsi per il giorno dopo, poi veniva sul set e sbagliava tutto. Si scordava le battute, si bloccava. Quando doveva torturare i ragazzi con la candela accesa, gli tremava la mano. Nella scena della mia uccisione, non gli sparava la pistola, una frana".
Per questi motivi e per la sua scarsa capacità recitativa che fu scelto di farlo doppiare da Marco Bellocchio, collaboratore di vecchia data del regista.
Uberto Paolo Quintavalle aggiunge altre informazioni non proprio eulogistiche: "Un ex seminarista che non si era poi fatto prete e aveva tirato avanti fino allora, per venticinque o trent'anni cioè, dando ripetizioni di latino e facendo la comparsa all'Opera di Roma o a Cinecittà".  
Eppure la barzelletta del Presidente su Perotto è tuttora definita "agghiacciante". A me sembra del tutto innocua. Eccola. Un uomo deve incontrare un amico di nome Perotto, a notte fonda. Si può immaginare che intenda sodomizzarlo. A un certo punto sente qualcuno muoversi. "Sei Perotto?", chiede. Quello risponde: "Quarantotto!"
Certo, il fatto considerato "agghiacciante" dal pubblico è che la barzelletta è raccontata in presenza di una ragazza sgozzata, uccisa per aver compiuto un atto di devozione religiosa.
 
 
Paolo Bonacelli nel ruolo del Duca

Senza dubbio Paolo Bonacelli, nato a Civita Castellana nel 1937, è il migliore attore tra coloro che hanno recitato in questa pellicola. Lo trovo una spanna al di sopra degli altri. La sua interpretazione incarna alla perfezione lo spirito perverso del Divin Marchese! Sprovvisto di pazienza, vorrebbe piegare l'Universo al suo volere, dando in escandescenze quando per qualche motivo non ci riesce. I suoi tremendi scatti d'ira sono proverbiali. Prima di Salò, Bonacelli aveva al suo attivo una parte di attore in ben 18 film. Tra questi menzioniamo L'arcidiavolo (Ettore Scola, 1966), Giordano Bruno (Giuliano Mondaldo, 1973), il bizzarro Milarepa (Liliana Cavani, 1974) e il profetico La banca di Monate (Francesco Massaro, 1975).
A questo punto devo riportare uno strano fatto che mi è accaduto qualche anno fa. Si tratta di un caso di prosopagnosia. Era il 2020. A causa dei postumi di un'infezione da SARS-CoV-2, il mio cervello ha avuto per quasi un anno gravi difficoltà a riconoscere i volti. Quando vidi una foto del Duca, interpretato magistralmente da Bonacelli, lo scambiai per Ramzan Khadyrov. "Ecco, questo è il ceceno biondiccio!", commentai su Facebook a un carissimo amico, che rimase esterrefatto. In realtà la somiglianza tra l'attore e il politico ceceno è a dir poco vaga. Detto ciò, non credo proprio che Khadyrov sarebbe entusiasta delle attività sodomitiche del Duca! 
 
 
Sul ponte di Perati 

A un certo punto, il Duca biondiccio intona un canto della Brigata Alpina "Julia", seguito dagli altri Signori e da alcuni degli ospiti. Riporto nel seguito il testo completo della canzone, di cui nel film si sente soltanto una sintesi delle prime due strofe. Alcuni versi sono redatti in un veneto molto italianizzato, mentre altri sono in italiano.

Sul ponte di Perati

Sul ponte di Perati
bandiera nera:
l'è il lutto degli Alpini
che va a la guera.

L'è il lutto della Julia
che va a la guera
la meglio gioventù
che va sot'tera.

Sull'ultimo vagone
c'è l'amor mio
col fazzoletto in mano
mi dà l'addio.

Col fazzoletto in mano
mi salutava
e con la bocca i baci
la mi mandava.

Queli che son partiti
non son tornati
sui monti della Grecia
sono restati.

Sui monti della Grecia
c'è la Vojussa
col sangue degli Alpini
s'è fatta rossa.

Un coro di fantasmi
vien zo dai monti:
l'è il coro de li Alpini
che son morti.

Gli Alpini fan la storia,
la storia vera:
l'han scritta con il sangue
e la penna nera.

Alpini della Julia
in alto il cuore:
sul ponte di Perati
c'è il Tricolore!

Il componimento commemora la grande battaglia del Ponte di Perati tra la Grecia e l'Albania (24 aprile 1941), che coinvolse truppe italiane e greche. Dopo sei mesi di combattimenti durissimi e logoranti, la 9° Armata Italiana occupò nuovamente il ponte, congiungendosi con le forze tedesche. Perati è il villaggio di Perat in Albania. 
Il Duca ovviamente considera la bandiera nera menzionata nel canto come il vessillo fascista, derivato direttamente da quello anarchico - piaccia o no. In occasione della proiezione del film il 10 gennaio 1976, ci fu un risvolto penale. L'Associazione Nazionale degli Alpini fu offesa e indignata nell'udire il canto intonato da ripugnanti aguzzini: alle proteste seguì subito una denuncia. I nervi erano scoperti, bastava un nonnulla per finire in tribunale!  


Uberto Paolo Quintavalle nei panni dell'Eccellenza 

L'Eccellenza è un uomo di un'intelligenza vivissima e attento ai dettagli. Scansiona l'intera realtà che si offre ai suoi sensi e la mappa con la potenza delle sue sinapsi. Vuole sapere tutto. In particolare pretende che i racconti sui libertinaggi siano completi della descrizione particolareggiata dei cazzoni smisurati dei protagonisti. Quando ho voluto passare dal personaggio alla conoscenza del suo interprete, sono rimasto sorpreso. L'attore, nato a Milano nel 1926 e deceduto a New York nel 1997, era di famiglia aristocratica, iscritta nel Libro d'Oro della Nobiltà Italiana. Era figlio di Bruno Antonio Quintavalle, Conte di Monasterolo d'Adda, e di Paola Marelli, figlia dell'industriale Ercole Marelli. Era giornalista e scrittore, ma non aveva precedenti esperienze cinematografiche. Collaborò con il Corriere della Sera e proprio nel contesto giornalistico conobbe Pasolini, essendo tra i primi ad essere informato del progetto del film sodomitico. Fu autore di diversi romanzi, tra cui La festa (1953), Code senza lucertola (1965), Il viaggiatore supercompresso (1964), Pao Pao, anticamera del paradiso (1965), Il Dio riciclato (1989) e In cerca di Upamanyu (1995). Devo assolutamente approfondire la conoscenza degli scritti di questo autore.


Giorgio Cataldi nei panni del Monsignore

All'inizio del Girone del Sangue, durante la surreale celebrazione del matrimonio posticcio tra tre dei Signori e gli stalloni, vediamo il Monsignore vestito come un antico sacerdote di Baal. Indossa un surreale abito di porpora che è come un'impalcatura grottesca. Il ministro, nell'atto di officiare le unioni tra i suoi compari travestiti grottescamente da carampane e altrettanti montatori, pronuncia parole incomprensibili che si sentono a malapena. Come le ho udite, mi è parso che avessero la sonorità di un antico idioma della Mezzaluna Fertile. Non sono del tutto sicuro che la formula sia la stessa per tutte le "coppie"; in ogni caso, riascoltando di continuo l'ultima celebrazione, quella in cui la voce dell'officiante è più chiara, sono riuscito a distinguere questo frammento: "atmàn daghishmàn vaesatràn atmanàm mahèma itma samarkàn...". Seguono altre due o tre parole che non sono riuscito in alcun modo a trascrivere. La mia trascrizione potrebbe essere distorta e inesatta. All'inizio ho pensato che questa fosse la perduta lingua di Sodoma. Presto l'illusione è caduta e mi sono accorto che è sanscrito pronunciato in modo approssimativo. Senza approfondire troppo, così di getto si possono tradurre le seguenti parole: 
 
ātman "tu stesso", "il sé"
vaiśastra "governo, regola"
ātmānaṃ "corpo" 
mahema "che possiamo onorare"
samarhana "mostrare onore", "offerta fausta" 
 
Si comprende all'istante che queste traduzioni sono compatibili con una formula nuziale. Così il mistero è risolto. Quello che non è del tutto chiaro è cosa può aver indotto Pasolini a compiere questa scelta. Credo che fosse ben consapevole della necessità di dare una lingua concreta a Sodoma e che per questo abbia ideato la sequenza: voleva attrarre l'attenzione. Ovviamente non era a conoscenza di come si parlasse nella Pentapoli, si è limitato a darcene un'idea e trasmettere il dubbio, l'inquietudine che la conoscenza di tale eredità possa essersi trasmessa in modo esoterico, segreto, dall'epoca di Lot fino ad oggi. Ha così preso il sanscrito, che tanto era conosciuto da ben poche persone in Italia. In fondo, aveva scarsa importanza l'ontologia linguistica sodomitica: Dante Alighieri non sapeva nulla della lingua parlata dai Demoni dell'Inferno, eppure ci ha trasmesso un immortale "Papè Satàn, papè Satàn aleppe".  
Oltre al film sodomitico, l'attore Giorgio Cataldi ha interpretato soltanto La ragazza alla pari (Mino Guerrini, 1975). Non si hanno molte informazioni sulla sua vita: si ignora persino la sua data di nascita, nemmeno si sa se sia tuttora in vita. Dovrebbe essere nato a Roma e apparteneva all'ambiente degradato delle borgate. Fu scoperto da Pasolini, che probabilmente rimase colpito dalla sua espressività e dai suoi occhi cerulei. Avrebbe dovuto interpretare il ruolo del protagonista di Accattone (1961); non poté farlo perché si trovava in prigione e fu così sostituito da Franco Citti. Non comparve nel primo film di Pasolini. Comparve nell'ultimo.
 

Le tre Megere e la Pianista
 
Il duetto comico-grottesco della Signora Vaccari e della Pianista è memorabile. È un numero di bravura recitato in perfetto francese. Pasolini era un entusiasta ammiratore del regista còrso Paul Vecchiali, nato ad Ajaccio nel 1930. In particolare era rimasto impressionato dal film Femmes Femmes (1974), alla cui proiezione aveva assistito a Venezia. Volle così che le sue protagoniste, la bionda Hélène Surgère (1928 - 2011) e la rossiccia Sonia Saviange (vero nome Christine Vecchiali, 1923 - 1987), recitassero proprio in Salò. Il duetto a quanto pare si trova nel film di Vecchiali ed è stato qui riproposto tal quale. Il risultato può dirsi eccellente. Mi piace molto Elsa de Giorgi (1914 - 1997) nel ruolo della Signora Maggi, famosa dovunque per il suo sensualissimo culo. L'attrice era di stirpe nobile, figlia di un'antica famiglia aristocratica umbro-marchigiana, i Giorgi Alberti di Bevagna e Camerino, patrizi di Spoleto. Purtroppo di questi tempi non la ricorda più quasi nessuno, ma è stata un'attrice e una scrittrice molto prolifica; come regista ha diretto il film Sangue più fango uguale logos passione (1974), oggi praticamente introvabile.
La meno riuscita delle tre Megere sembra essere la Signora Castelli, interpretata da Caterina Boratto (1915 - 2010). Forse questa mia impressione deriva dal fatto che la vedo fredda rispetto alle sue compari e che le è stato riservato un ruolo meno prominente. Inoltre va detto che lo spettatore, arrivato in pieno Girone del Sangue già sovraccarico di input sensoriali bizzarri, si trova davanti alle scene di tortura ed è meno incline a prestare troppa attenzione alla figura della tenutaria. 
 

Le feci finte 

Gli escrementi usati nelle scene di coprofagia non erano ovviamente reali, soprattutto per motivi sanitari. Furono realizzati moltissimi stronzi posticci con una grossolana mistura di cioccolato, cacao in polvere, marmellata di arancia amara, canditi e altri ingredienti dai sapori stridenti (sembra che ci fosse anche del formaggio spalmabile, ma non ne sono sicuro). Nessuna fonte riporta contemporaneamente tutti gli ingredienti citati: alcuni menzionano i canditi anziché la marmellata, altri il cacao in polvere anziché il cioccolato; devo dire che non sono riuscito a reperire la ricetta dell'intruglio nel Web. Le reazioni di disgusto erano comunque reali, anche se non arrivano ai conati di vomito che sarebbero stati indotti in molte persone dal materiale fecale autentico. Sembra che il solo Bonacelli abbia gradito molto il dolciume dall'aspetto escrementizio, ingozzandosene con avidità! Non sarebbe male fondare una branca della pasticceria che imita gli escrementi! Non mancherò di tenere informati dei miei esperimenti culinari gli eventuali lettori.
 
Dio! Dio! Perché ci hai abbandonati? 
 
Pasolini non fa mancare nemmeno qualche interessante spunto di riflessione teologica. Una ragazza, immersa in una tinozza piena zeppa di feci calde assieme alle sue compagne, a un certo punto insorge, si leva piena di rabbia ed esclama: "Dio! Dio! Perché ci hai abbandonati?" Il suo urlo disperato riecheggia quello di Cristo sul Golgota, pronunciato poco prima di spirare sulla croce: "Eloì, Eloì, lemà sabactàni?" (variante: "Elì, Elì, lama sabachthani"). In aramanico significa per l'appunto questo: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" La risposta che mi sento di dare alla ragazza è la seguente: "Se Dio fosse egli stesso un libertino sadiano, proprio come i quattro Signori, sarebbe tutto più chiaro."  
 
Scomode analogie 
 
Salta agli occhi che il tiranno dotato di maggior potere è proprio la divinità. Che sia il Dio delle religioni abramitiche oppure un qualsiasi essere divino/demoniaco di una qualsiasi tradizione politeista, in fondo poco importa. Il concetto di divinità, introdotto nel mondo a causa della paura, mostra una sorprendente somiglianza con quello di libertino sadiano. La divinità detta la sua legge assurda e arbitraria, costringe l'adoratore con la minaccia, la punizione, l'insopportabile senso di colpa e di peccato. Questo è il fondamento dell'idea stessa di religione normativa, una funesta innovazione formatasi nel Neolitico.  


Il problema del finale 
 
Pasolini a un certo punto si trovò di fronte a una serie di enormi difficoltà. Che conclusione dare alla vicenda dei quattro libertini sadiani? Gli vennero in mente quattro diversi finali alternativi, nessuno dei quali ritenne soddisfacente. Eccoli, in estrema sintesi: 

1) A un certo punto compare una bandiera rossa al vento, con la scritta "È amore".  
2) Tutto finisce nella sala delle orge, coperta da bandiere rosse, in cui vittime e carnefici si scatenano al ritmo del boogie woogie. La bardatura comunista rappresenta l'arrivo di una nuova epoca.
3) I quattro Signori, usciti dalla villa, parlano tra loro, cercando di fare il punto sull'accaduto e sul suo significato. Finiscono quindi con l'autoassolversi, ritenendo le loro uccisioni "insignificanti" in confronto a quanto sta avvenendo nel mondo sconvolto dalla guerra.
4) Due giovani repubblichini, timidi e impacciati, ballano come se fossero ragazzo e ragazza, mentre la radio trasmette una canzone sdolcinata tipica di quei tempi. 
 
I finali 1) e 2) avrebbero mandato tutto in merda. No, non si può smerdare così una sublime sequela di atti di sadismo, sodomia e coprofagia con stronzate politiche banali, retoriche, inconsistenti, stupidissime. Pasolini lo capì all'istante. Sarebbe scaduto nella "morale psichedelica" tanto in voga in quegli anni. Sapete, le idiozie dei nuovi lotofagi che volevano trasformare Stalin in un figlio dei fiori. Il punto è che il regista detestava tutto ciò in modo viscerale. A quanto pare il finale 2) venne realmente girato, anche se non fu poi utilizzato: risultò confuso, caotico, del tutto vano. Il finale 3) avrebbe posto un problema ancora maggiore: siccome i fatti si svolgevano a Marzabotto, come mostrato chiaramente da un cartello stradale, si profilava il grave rischio di far passare il film per una giustificazione o minimizzazione della strage che avvenne in quel luogo il 29 settembre 1944. 
Come si poteva uscire da questo blocco? Pasolini scelse quindi il finale 4), quello dei due ragazzi repubblichini danzanti. 


Curiosità 
 
Maurizio Costanzo lavorò alla prima versione della sceneggiatura. Pupi Avati diede al copione alcuni contributi non accreditati. A quanto pare, chiese in modo esplicito che il suo nome fosse cancellato, forse perché si vergognava. 
 
Gli stalloni, dotati di falli colossali, in realtà portavano protesi peniene fatte di gomma e molto realistiche, tanto che si possono vedere persino le venature del prepuzio. 

Il film ha avuto una diffusione molto limitata a livello mondiale ed è tuttora bandito in molti paesi. Il paese in cui ha avuto una maggior diffusione è la Svezia, dove nel 1976 ha venduto ben 125.000 biglietti. Ciò significa che è stato visionato dall'1,5% della popolazione svedese. 
 
L'enigma del furto delle pizze
 
Nel corso della lavorazione del film, settantaquattro pizze di negativi scomparvero dalle celle frigorigere degli stabilimenti Technicolor di Cinecittà. Furono rubate anche bobine di altri due film: Il Casanova di Federico Fellini (Federico Fellini, 1976) e Un genio, due compari, un pollo (Damiano Damiani, 1975). Le tre pellicole avevano in comune la casa di produzione, la PEA, di proprietà di Alberto Grimaldi. Non si seppe mai chi trafugò questo materiale. Per la sua restituzione fu chiesto un riscatto di cento milioni di lire, ma Grimaldi rifiutò di cedere al ricatto. Il montaggio Salò fu effettuato comunque utilizzando due artifici:
1) i cosiddetti "doppi", ossia le scene girate da un'inquadratura diversa;
2) le pellicole "intermediate", che permisero di ricostruire i negativi tramite una tecnica innovativa messa a punto dalla Kodak.
Le pizze sottratte furono infine ritrovate dai Carabinieri il 2 maggio 1976, dopo l'uscita del film e dopo la morte del regista. È stato ipotizzato che Pasolini sia caduto nell'agguato all'Idroscalo di Ostia in seguito a un'informazione sul supposto ritrovamento delle pizze. Le prove tuttavia non sembrano esserci. 
 

Il genere nazi-erotico 
 
La critica ha spesso considerato Salò come il capostipite del genere nazi-erotico, detto anche nazisploitation, diffuso a metà degli anni '70 dello scorso secolo. Si tratta di una dozzina di pellicole imperniate sugli agghiaccianti esperimenti condotti da carnefici nazisti su prigionieri e prigioniere dei campi di concentramento. Le analogie con l'opera pasoliniana sembrano piuttosto superficiali, limitate all'imitazione di qualche sequenza. È più verosimile che il vero capostipite del nazi-erotico sia Salon Kitty (1976), diretto da Tinto Brass. Tuttavia si deve notare che l'attrice Antiniska Nemour, la provocante brunetta dai capelli crespi e dai vivaci occhi scuri, comparve in un nazi-erotico due anni dopo aver interpretato Salò: è L'ultima orgia del III Reich (1977), diretto da Cesare Canevari. La bella Antiniska mi è molto simpatica perché mi ricorda F., un'amica conosciuta ai tempi di Splinder.
Non sono un patito di film di nazisploitation, tuttavia devo notare che attualmente non potrebbero essere più girati e nemmeno concepiti nell'anticamera del cervello.  
 
Memorie di strani giorni
 
Ero uno studente universitario. Ricordo ancora un viaggio sul treno, in una giornata estiva assolata. C'era un pazzo che enunciava i fondamenti della sua fede. Affermava che il pane mangiato durante il giorno è pane, mentre il pane mangiato durante la notte è sterco. Evocava la coprofagia e menzionava a gran voce il titolo dell'opera del Marchese de Sade, Le 120 giornate di Sodoma. Con ogni probabilità, era rimasto traumatizzato dalle sequenze del film di Pasolini.  
 
Etimologia di Salò 

Il toponimo Salò non ha etimologia chiara. Tuttora rappresenta una grave crux: non si sono trovate proposte convincenti. Bisogna scartare senza indugio le storielle inventate ad hoc da topi di biblioteca ottocenteschi, che vogliono il nome di Salò derivato da un fantomatico lucumone etrusco Saloo o da un'altrettanto insostanziale regina etrusca Salodia. Possiamo dire questo: la forma latina del toponimo, attestata in epoca medievale, è Salodium, da cui deriva l'aggettivo salodiano. Verosimilmente la consonante -d- è antica e non deriva da eufonia, come vorrebbero i romanisti. Varianti di Salodium sono Salude e Salaude. Queste strane variazioni sono antiche e di difficile spiegazione.  Bisogna scartare, alla luce di queste attestazioni complesse, la derivazione dal latino salūs "salute". Nel Web si trova spesso menzionata una derivazione da una voce latina fantomatica, *salodium, che indicherebbe "sale e stanze di cui erano ricche le ville a lago di epoca romana". Si tratta di una formazione artificiosa fatta derivare dall'italiano sala, di chiara origine longobarda. Non poteva esistere in epoca imperiale. Da scartarsi anche l'accostamento al francone *sahla "salice". In realtà la forma germanica è errata, deve essere *salha, come l'antico alto tedesco salaha "salice". La proposta è implausibile già soltanto per la natura inesplicabile del suffisso -od- / -aud- / -ud-. Si potrebbe accostare Salò a idronimi paleoeuropei formati dalla radice *sal-, ma temo che ci vorranno molti anni di studi per arrivare a una conclusione ragionevole. Una curiosità: gli abitanti di Salò in gergo sono chiamati Salàm "Salami" o Salamì "Salamini".