lunedì 12 giugno 2017


STRANO INTERLUDIO 

Una vasta catacomba: questo sembra l’auditorium del Cidis, il Consorzio Interuniversitario per il Diritto allo Studio di Milano. Dopo alcune ore di permanenza in quel locale sotterraneo rischiarato da luci opache, ore trascorse all’ascolto di una relazione sulla “Piattaforma per la certificazione dei crediti ed il monitoraggio dei debiti”, chiunque sarebbe colto da una profonda sensazione di tedio. Il brio dell’oratore, titolare di uno studio tributario, appare del tutto ingiustificato vista la desolante aridità degli argomenti trattati.
Nel corridoio limitrofo all’auditorium è stato allestito un buffet con generi di conforto. Riconosco una delle hostess: era presente a un convegno svoltosi l’anno scorso, ma la ricordavo bionda. Anche lei pare rammentarsi di me. Apprendo dalla sua viva voce che non lavora abitualmente nel settore del catering, ma svolge attività di mediazione culturale presso un centro d’accoglienza in Valtellina. Non senza sorpresa scopro che è tunisina, originaria di Sousse (Susa), località presso cui, nel giugno del 2015, gli islamisti assassinarono decine di turisti alloggiati in un hotel.
A un tratto, chiede di poter fare “una foto ricordo” accanto a me, ed io acconsento.
Chissà, forse la foto confluirà nel database dei servizi segreti tunisini.

Pietro Ferrari, giugno 2016

sabato 10 giugno 2017

DIPARTITE 

Alle dieci e quaranta del 30 giugno 2016, nel bel mezzo dell’ultima lezione del corso di Letteratura apoftegmatica, il professor Fabbri fu colpito da un ictus cerebrale fulminante: impallidì di colpo e si accasciò al suolo senza vita. Dal pubblico di studenti presenti in aula si levò un mormorio di sgomento. I giovani esitarono ad accostarsi al vegliardo, temutissimo a causa del suo carattere dispotico. L’accademico aveva assunto al momento della caduta la posizione caratteristica dei cadaveri composti nelle bare: braccia distese lungo i fianchi, gambe diritte. Si verificò un incidente curioso e inesplicabile: un merlo, introdottosi nell’aula dal lucernario, si posò sulla fronte dell’accademico e gli beccò il naso. Dopo un quarto d’ora sopraggiunse un’ambulanza: il personale dopo aver constatato il decesso del professore decise di non rimuoverne il corpo, la cui stazza pachidermica avrebbe richiesto come minimo l’utilizzo di un paranco. Si convenne di lasciare l’ingrato compito all’impresa di pompe funebri, già allertata. Gli studenti abbandonarono speditamente l’aula. All’arrivo dei necrofori, l’ambulanza prese il largo. I portieri dell’università, individui dall’aria patibolare, furono allontanati con modi spicci. Fatto ciò, i necrofori si misero all’opera. La salma del professor Fabbri fu fatta rotolare su un materasso gonfiabile analogo a quelli utilizzati dai pompieri, che fu poi gonfiato mediante un compressore, quindi venne deposta in un feretro collocato su un carrello elevatore elettrico porta barelle, e di qui fatta scivolare nel vano dell’auto attrezzata per il trasporto. Tutto si svolse celermente e senza intoppi. La moglie, in vacanza studio a Capo Verde con un’amica, raggiunta telefonicamente dal vicerettore, lanciò grida acutissime, assordanti, placandosi solo in seguito alla promessa di una cerimonia funebre suntuosa a spese dell’ateneo. Dopo meno di un’ora, sul cortile della facoltà di Lettere calò il silenzio.

Pietro Ferrari, giugno 2016

mercoledì 7 giugno 2017


I FRATTALI SONO INFINITI!

La legge della potenza implica che, se si ingrandisce una parte di una rete fluviale, si ottiene un modello molto somigliante all'insieme generale. In altre parole, la rete non è complessa come appare. Innumerevoli accidenti rendono ogni sistema fluviale unico, e tuttavia ciò che accade su una certa scala è sempre strettamente connesso con ciò che accade su un'altra. Tale caratteristica, che rivela come nella struttura di tutte le reti fluviali sia insita una fondamentale semplicità, è definita autosimilarità, e strutture di questo tipo sono chiamate a volte frattali. La legge della potenza è importante perché, in sostanza, mostra come anche in un processo storico influenzato da probabilità casuali possano emergere dei modelli simili a leggi. In quanto universalmente caratterizzate da autosimilarità, le reti fluviali si assomigliano tutte. La storia e le probabilità sono pienamente compatibili con l'esistenza di un ordine e di un modello.
Dunque le scienze storiche sono qualcosa di più di una cronaca. Per spiegare come mai un particolare ramo di un sistema fluviale esista e si trovi dove si trova, forse non si può fare altro che analizzare tutti gli accidenti storici che hanno condotto alla sua evoluzione. Il ramo che ha tratto origine da un violento temporale notturno avrebbe potuto benissimo formarsi altrove. Se la storia potesse ripetersi, il temporale e la sua acqua colpirebbero forse in un altro luogo, conferendo all'intera rete fluviale caratteristiche diverse. Eppure la rete, nel suo compleso avrebbe sempre lo stesso identico carattere frattale e soddisferebbe la stessa legge della potenza, che riflette una struttura autosimilare organizzata globalmente. Questo modello si manifesta ogni volta e, parafrasando Whitehead, mostra "il generale nel particolare e l'eterno nel transitorio".

Mark Buchanan - NEXUS
(Esilio a Mordor, 23/06/2007)

Quello che non si tiene mai in considerazione quando si parla di questi argomenti, è un dettaglio essenziale e imprescindibile della natura dei frattali: l'autosomiglianza o autosimilarità dei frattali non ammette limiti. In altre parole, i frattali sono oggetti geometrici che ripetono la loro struttura su ogni scala, sia nell'infinitamente piccolo che nell'infinitamente grande. A qualsiasi livello li si indaghi, essi mostrano sempre le stesse forme. Quello che Buchanan omette di dire è che, se si usa il rigore matematico, nessun componente della Natura è realmente un frattale. Certo, può essere comodo usare la matematica dei frattali per descrivere i fiocchi di neve o le reti fluviali, ma bisogna tener presente che come si scende a livello atomico, non si ha evidenza alcuna di autosomiglianza. Gli atomi e le particelle subatomiche obbediscono alle leggi della fisica quantistica e mostrano caratteristiche drasticamente diverse dagli oggetti macroscopici. Se noi ingrandiamo un fiocco di neve, a un certo punto non troviamo più una struttura che si ripete: incontriamo le molecole di acqua, formate da atomi di idrogeno e di ossigeno. Non possiamo usare un modello frattale per descrivere gli orbitali degli elettroni e le distribuzioni di probabilità di tali particelle, per non parlare dei nuclei, dal momento che si tratta di realtà che non ripetono la forma e la struttura dell'oggetto macroscopico che compongono. Allo stesso modo, un fiocco di neve è limitato nello spazio e nel tempo. Non ha dimensioni infinite e non ripete se stesso fin oltre i limiti delle galassie! Quindi possiamo dire che quanto sostengono i fautori della natura frattale dei componenti della Natura non corrisponde al vero. Andrebbe sempre specificato che i modelli usati dagli studiosi sono approssimazioni. Sono studi della massima importanza, non posso certo negarlo. Tuttavia, quando Buchanan scrive che una rete fluviale ha un carattere frattale - senza specificare quali sono i limiti del suo assunto - afferma il falso.

lunedì 5 giugno 2017


IL PANTOCRATORE DIGITALE 

Nel World Wide Web non esistono particelle subatomiche e le reti non hanno "livelli di energia", non nell'accezione fisica del termine. Perché parlare allora di condensazione di Bose-Einstein? Questa fu la domanda che posi a Bianconi un sabato pomeriggio del 2000, quando feci un salto all'università per prelevare alcune carte. Mentre lasciavo l'ufficio Ginestra mi comunicò con una certa eccitazione che aveva trovato qualcosa d'interessante.
"Non ho tempo ora, - dovetti risponderle, con mio figlio di quattro anni che mi aspettava in automobile, - ci vediamo lunedì". Condensazione di Bose-Einstein? Quando mai si era sentito parlare di un condensato al di fuori della meccanica quantistica? Bianconi doveva occuparsi del modello a fitness, governato dalle normali leggi della fisica classica: cosa c'entrava la meccanica quantistica con il Web e le reti sociali? Questi erano i pensieri che attraversavano la mia mente nelle due ore di viaggio dalla Notre Dame University a Chicago. Ma il lunedì successivo mi aspettava una sorpresa.
Usando una semplice trasformazione matematica, Bianconi aveva sostituito la fitness con l'energia, assegnando nel modello a fitness un livello di energia a ogni nodo.
Improvvisamente i calcoli assunsero un significato nuovo. Cominciarono a somigliare a quelli in cui si era imbattuto Einstein ottant'anni prima scoprendo il condensato. Forse era una coincidenza, forse non significava nulla, ma fra il modello a fitness e un gas di Bose esisteva in effetti una precisa corrispondenza matematica. A ogni nodo della rete corrispondeva un livello di energia nel gas di Bose; più era alta la fitness del nodo, più il corrispondente livello di energia era basso. I link della rete diventavano le particelle di gas: ognuna assegnata a un determinato livello di energia. Aggiungere un nuovo nodo alla rete è come aggiungere un nuovo livello di energia al gas di Bose; e aggiungere un nuovo link è come introdurre una nuova particella di Bose nel gas.
Nell'ambito di questa corrispondenza formale le reti complesse sono descritte come un immenso gas quantistico, dove i link si comportano allo stesso modo delle particelle subatomiche.
Questa corrispondenza fra le reti e un gas di Bose era qualcosa di decisamente inatteso.
Dopotutto, un gas di Bose è una creatura che appartiene esclusivamente alla meccanica quantistica. È regolato dalle speciali leggi della fisica subatomica, che ammettono una serie di fenomeni controintuitivi senza equivalenti nel mondo macroscopico.  Queste leggi sono molto diverse da quelle che governano le reti incontrate nel corso di questo libro.
I nodi e i link di Internet, per esempio, sono oggetti macroscopici: router e cavi che possiamo toccare, nonché recidere se vogliamo. Nessuno potrebbe credere seriamente che siano governati dalla meccanica quantistica. Eppure per decenni abbiamo considerato le reti come oggetti geometrici appartenenti al rigoroso regno della matematica. La scoperta che le reti del mondo reale sono sistemi dinamici in rapida evoluzione ha coinvolto nello studio delle reti complesse anche i fisici. Forse stiamo per assistere a un ennesimo rivolgimento culturale. In effetti la scoperta di Bianconi indicava che le regole di comportamento di una rete sono identiche a quelle di un gas di Bose. Alcune proprietà delle reti complesse gettano un ponte di collegamento fra il micro e il macrocosmo, con conseguenze tanto affascinanti quanto l'esistenza del collegamento stesso.
La conseguenza più importante di questa scoperta è che alcune reti possono effettivamente subire una condensazione di Bose-Einstein. Anche chi non ha una grande confidenza con la meccanica quantistica può facilmente intuirne le implicazioni: semplicemente, è possibile che in alcune reti chi vince conquisti tutto. Così come nel condensato di Bose-Einstein le particelle si raggruppano al livello di energia più basso lasciando deserti tutti gli altri livelli, in certe reti il nodo con la fitness più alta può accaparrarsi tutti i link senza lasciare nulla algli altri. Chi vince piglia tutto.

Albert-László Barabási - Link, la nuova scienza delle reti
(Esilio a Mordor, 25/06/2007)


Di certo Barabási non comprendeva del tutto dove avrebbero portato gli spaventosi processi in corso, dominati dalle forze immani e funeste che stavano cominciando a plasmare il Web. Quando scriveva era il 2004, l'anno in cui divenni un blogger. Ci volle ancora un po' prima che mi accorgessi dell'esistenza del suo libro e mi immergessi nella sua lettura, traendone grande giovamento. Nel frattempo qualcosa di terribile andava formandosi e diffondendosi, senza che nessuno se ne rendesse conto, fornendo la dimostrazione delle teorie fondate sulla bizzarra associazione tra la fisica quantistica e le proprietà delle reti. Ebbene, Zuckerberg è il prodotto tangibile di una drammatica condensazione di Bose-Einstein! È una singolarità ineliminabile, l'equivalente informatico di un buco nero supermassiccio nel nucleo di una galassia! Scandaglia ogni mente, al punto che la vita di ogni essere umano è per lui un film da acquisire, catalogare e stoccare in archivio, in attesa di farne l'uso che più ritiene opportuno. Quando parlo di queste cose, sono in molti a tremare e a reagire con grande stizza. Ci sono donne che sono prese da crisi isteriche quando sono messe di fronte al fatto che i loro pruriti anali non sono un mistero per Montagna di Zucchero. Eppure le cose stanno così. Nemmeno i politici si salvano dalla volontà di questo giovane Baal sulla Terra. Possiamo citare per esempio il caso di Netanyahu, che strepitava e minacciava a destra e a manca, faceva fuoco e fiamme. Sembrava che stesse per lanciare i missili, avviando la combustione del Medio Oriente, riducendo le nazioni confinanti a inabitabili distese di radionuclidi crepitanti. Non è durata a lungo. Ecco che il Grande Zuckerborg ha inchiodato Bibi, minacciando di rendere noto certo materiale compromettente che lo ritraeva nell'atto di leccare il boccone del prete ad alcune pingui fallofore. Ecco la Nuova Intelligenza scaturita dai nodi e dai link di Internet! 

domenica 4 giugno 2017


DALLA FITNESS AL DOMINIO DI BAAL 

Ci sono persone che sanno trasformare ogni incontro casuale in un rapporto sociale duraturo e aziende che riescono a trasformare ogni cliente in un partner fedele. Certe pagine Web rendono il navigatore schiavo della rete. Che cos'hanno in comune questi nodi della società, degli affari e del Web? Ognuno di loro ha un talento innato, che lo pone davanti a tutti gli altri. Benché sia impossibile trovare la chiave universale del successo, possiamo studiare il processo che separa i vinti dai vincitori: la competizione nei sistemi complessi.
In un ambiente competitivo ogni nodo ha una certa fitness. La fitness è la nostra attitudine a stringere più amicizie rispetto ai nostri vicini; è l'abilità di un'azienda di attirare e mantenere più clienti rispetto ad altre aziende; è la bravura di un attore che lo fa apprezzare e ricordare più di altri; è la capacità di una pagina Web di farci tornare quotidianamente sul suo contenuto anziché su quello di altri miliardi di pagine che si contendono la nostra attenzione. La fitness misura l'abilità competitiva di ogni nodo. Negli esseri umani può essere una questione genetica; per le aziende può dipendere dalla qualità del prodotto e della gestione, per gli attori dal talento, per i siti Web dal contenuto. In una rete possiamo assegnare una fitness a ogni nodo per indicare la sua capacità di competere per i link. Sul Web, per esempio, la fitness della mia pagina è 0,00001, mentre quella di Google è 0,2. Ciò che conta non è la reale grandezza di queste cifre, ma il loro rapporto, da cui si deduce il nostro potenziale d'attrazione nei confronti dei visitatori. Chiunque, infatti, si rende conto che Google è 20000 volte più utile del mio sito personale.
L'introduzione della fitness non elimina gli altri due meccanismi che governano l'evoluzione delle reti, la crescita e il collegamento preferenziale; modifica però il criterio in base al quale qualcosa viene considerata attraente in un ambiente competitivo. Nel modello a invarianza di scala abbiamo assunto che la capacità di attrazione di un nodo era determinata esclusivamente dal suo numero di link. In un ambiente competitivo anche la fitness ha un suo ruolo: i nodi con una fitness più elevata vengono linkati più frequentemente. Un modo semplice per far rientrare la fitness nel modello a invarianza di scala è assumere che il collegamento preferenziale sia guidato dal prodotto tra la fitness del nodo e il suo numero di link. Ogni nuovo nodo decide dove connettersi confrontando il prodotto tra fitness e connettività di ogni nodo disponibile, preferendo quello con un prodotto più alto e, quindi, con una più alta capacità di attrazione. Fra due nodi con lo stesso numero di link quello con una fitness più alta acquisirà nuovi link più velocemente dell'altro. Se due nodi hanno la stessa fitness, tuttavia, il favorito rimane comunque il più vecchio. Questo semplice modello a fitness, in grado di combinare la competizione e la crescita, fu il nostro primo tentativo di spiegare Google. Nato per distinguere velocemente i nodo l'uno dall'altro e dare un'opportunità ai nuovi arrivati, presto rivelò implicazioni più profonde, aprendo nuove prospettive su un'ampia famiglia di fenomeni che non era possibile scorgere in un universo ugualitario e privo di fitness.

Albert-László Barabási - Link, la nuova scienza delle reti
(Esilio a Mordor, 16/06/2007)

Se ci guardiamo intorno, possiamo capire facilmente che i concetti espressi dallo studioso ungherese non bastano più a spiegare la realtà delle cose. All'epoca in cui pubblicavo su Esilio a Mordor citazioni tratte da Link, la nuova scienza delle reti, i suoi enunciati descrivevano molto bene il complesso ecosistema del Web. La colpa principale dell'autore era l'ingenuità: egli credeva davvero che dal magma della Rete delle Reti si stesse autoaggregando un mondo migliore e che la competizione tra i siti fosse una cosa splendida, positiva, costruttiva. Dopo un periodo di tempo irrilevante dal punto di vista storico, vediamo che non c'è più fitness alcuna per i siti personali e per i blog. Ciò che era piccolo ora tende a zero: il mio sito personale non ha nessuna utilità. Ciò che era grande ora tende all'infinito: l'utilità dei Giganti è incommensurabile. Esistono soltanto pochissimi nuclei che sono quasar dell'informazione, come Google e Facebook, e per il resto una distesa infinita di relitti insignificanti. Facebook è il centro assoluto che oscura ogni altra sorgente di luce virtuale, con Zuckerberg che ha raggiunto capacità incredibili e sempre più inquietanti, prossime all'onniscienza, all'onnipotenza, all'onnipresenza. Egli concentra nelle sue mani un potere che nessuno sulla faccia del nostro pianeta ha mai avuto da che vi esiste il genere umano. Egli è il Sommo Dittatore, il Tiranno Assoluto. In questo presente desolante la gente è in preda alle febbri politiche e per questo crede di avere una visuale privilegiata sull'intero Universo: fissata con le proprie categorie obsolete, vede Hitler sotto ogni sasso e lo proietta dovunque, ma ignora che la propria vita è trasparente come il vetro. Dalle proprietà delle reti è nato un mostro che è Baal sulla Terra, è Moloch immanente. Egli arriva dove nessuno degli imperatori e dei despoti è mai giunto: all'interno del nostro cranio! 

venerdì 2 giugno 2017

IRRILEVANZA DEL PAGERANK DEI BLOG

L'algoritmo di Google per la stima del pagerank effettua accurati controlli sulle chiavi di ricerca, per mezzo delle quali si verifica l'accesso a un blog e le confronta con il contenuto dei testi pubblicati. In questo modo si pretende di poter verificare la pertinenza del contenuto delle pagine indicizzate. È ovvio che negli angiporti di Google si usano programmi di traduzione automatica che snaturano ogni parola. Ricordo un testo in cui si parlava di sodomia tradotto in italiano da un servomeccanismo e trasformato in un esilarante resoconto di galli che finivano giù in una botola. Non ho ragione di credere che sia meno assurdo il processo inverso, ossia la traduzione di una pagina dall'italiano all'inglese. È anche possibile che l'Homo Americanus (sottospecie dell'Homo Insipiens) creda davvero, con disarmante ingenuità, a una simile utopia gumpista di perfetta sovrapponibilità di tutte le lingue umane.

Fatte queste premesse, non trovo poi così sconcertante che Esilio a Mordor abbia un Google pagerank bassissimo, di 3/10, anche per merito degli assurdi e molteplici criteri utilizzati per raggiungerlo. Un ringraziamento all'utente che è entrato ieri digitando FOTO DI PAPULE SUL PENE. Ma a cosa serve or della fine questa indicizzazione? Non significa assolutamente nulla, perché è soltanto il prodotto di automi senz'anima e non rende in alcun modo conto di ciò che sente chi legge un qualsiasi contenuto messo online. L'ennesima insulsa forma di marketing, volta a diminuire il livello di realtà dei navigatori impastoiandoli in comportamenti coatti. Per commentare, non ho che da usare un'altra chiave di ricerca che mi è capitato di trovare in questi giorni: NON FU L'ODIO MA LO SCHIFO CHE QUASI DIVORO' LA MIA VITA.
(Esilio a Mordor, 22/11/2007)

A circa un decennio di distanza, possiamo constatare che le cose sono cambiate in modo drastico: nei blog non entra più quasi nessuno tramite ricerche in Google, così il problema del pagerank e del suo calcolo non si pone più. Moltissimi digitano ancora le chiavi di ricerca più bizzarre, ma non trovano interessanti i risultati e non entrano nei blog, considerati la spazzatura di un Web che già di per sé è una cloaca. Le stringhe cercate con Google vengono comunque mostrate nell'apposita pagina di StatCounter, anche se chi le ha digitate non ha effettuato alcun accesso al portale: il sito di statistiche registra infatti tutte le volte che qualcuno ha visto comparire il blog tra i risultati della sua ricerca. In sintesi, si possono visualizzare due colonne nella pagina con i dati degli ingressi: la prima è denominata Impressions (the number of times your website was shown in a Google search results page) e la seconda CTR (Click Through Rate on Google Search Results pages: what percentage of people who were exposed to your website on Google for a given search actually clicked on the result for your website). Mentre le Impressions sono numerose, il CTR è nullo per quasi tutte le voci.

Ecco un sintetico campionario di ricerche che non hanno portato alcuna visita al blog IL FILO A PIOMBO DELLE SCIENZE:  

  • aborigeni australiani telepatia

  • alboino pronuncia

  • antilopi dalle zampe sottilissime

  • barbra streisand che posa nuda

  • camminatore sulle punte idiopatico

  • cognomi vampireschi

  • collare di venere sifilide

  • congrega di politicanti sinonimo

  • coprofilia tra marito e moglie

  • coprofilia treccani

  • d'accapo o daccapo accademia della crusca

  • dick in inglese

  • esame liquido seminale aspetto citrino

  • fellatio significato

  • fumetti violenti pornografici anni 80

  • gallinaceo selvatico

  • gay male scat porn 

  • geco satanico dalla coda a foglia

  • il peggior nemico del triceratopo 

  • il teorema del pappagallo pdf gratis

  • il vampiro e le succhione

  • inno israele barbra streisand

  • inserviente di cucina significato

  • jimmy savile

  • mare splendente fallout wiki

  • marg helgenberger nuda

  • masturbatore pompei

  • orso grolare dimensioni

  • personaggi famosi che soffrono di coprofagia

  • proctologo etimologia

  • prostituta francese

  • quanto durano le uova fresche del contadino

  • ragazzo biondo occhi azzurri blue whale

  • ricchioni dal 1962 dove si trova

  • si friggono con i calamari settimana enigmistica 

  • smegma incrostato

  • spoilerare coniugazione

  • tette delle monache origine

  • turgido significato treccani

  • video amanti napoletani la ragazza ha girato altri due film e pare sia fuggita in germania

  • virginia raggi sex

I flussi informativi, da lungo tempo in agonia, si sono dissipati nello Stagno Termodinamico del Web, lasciando esigue tracce di particelle irriconoscibili, residui di kipple digitale alla deriva nel vuoto. Difficile pensare che da questo tenue spolverio di Nulla si possano rapprendere nuove galassie blogosferiche. 

lunedì 29 maggio 2017

MESSAGE IN A BOTTLE

In una famosa canzone dei The Police, Sting cantava il ritornello "message in a bottle". Un giorno Matteo O. mi disse che la cosa era stata all'origine di un equivoco. Egli sentiva quella stringa come "messigginnebbaro" e la sua prima impressione era che Sting si fosse messo a cantare in napoletano. Così aveva avuto occasione di intavolare il discorso in qualche sua compagnia di snob, sentendosi rispondere che questo bislacco "messigginnebbaro" non è affatto napoletano, è inglese purissimo - trattandosi di un messaggio in una bottiglia. Anch'io sentivo "messigginnebbaro", proprio come Matteo O., e nulla avrebbe potuto convincermi che Sting cantasse qualcosa di diverso. A distanza di anni, riascoltando la canzone, con grande sorpresa mi accorgo che la trascrizione non sembra più essere "messigginnebbaro". Direi che suona più come "messigginnebbato", quasi "messigginebbacio", con una dentale retroflessa /ţ/ che vira verso /tʃ/. Della rotica che sentivo da giovane non trovo più alcuna traccia. Quali che fossero i fonemi che il cervello di Sting ha comandato ai suoi apparati fonatori, a differenza di Matteo O. avevo subito ritenuto quelle sillabe prive di qualsiasi connessione con l'idioma partenopeo. Il punto è che la pronuncia insegnata nelle scuole non rende conto della rapida evoluzione fonetica dei dialetti neoinglesi. Il quadro cristallizzato dell'inglese scolastico, una pseudolingua a tutti gli effetti, si allontana sempre più dalla lingua parlata. 

Ricordo ancora le diatribe accesissime a scuola: quando ero al liceo alcuni alunni insorsero contro la professoressa di inglese, sostenendo la necessità di pronunciare body come "bàdi" e non come "bòdi". Allo stesso modo affermavano che bisogna pronunciare bottle come "bàtol" e non come "bòtol". Ovviamente non si poteva pretendere che le insegnanti e gli studenti andassero oltre gli squallidi adattamenti dei suoni anglosassoni alla fonetica italiana. La più ribelle era la ripetente Paola V., che era una fellatrice spermatofaga avidissima. Quella fallofora raccontava con la massima naturalezza cose della cui gravità sembrava non rendersi conto: era stata iniziata al sesso orale e alla pornografia dal padre, che la induceva anche a prostituirsi. Aveva una serie di comportamenti sconvenienti, tra cui fumare sensualmente le sigarette, torturandole con le labbra vermiglie come se fossero falli in miniatura. Ebbene, la sconcia Paola V. diede origine a un conflitto fondato su una questione di principio che a me parve incredibilmente stupida e inconcludente. Era quasi una guerra, e tutto per un "badi" e per un "bàtol". La professoressa di inglese era ferocemente ostile alla pronuncia con /a/ al posto di /ɔ/ in queste parole. Ne negava addirittura l'esistenza. Le liti furibonde erano quotidiane ed estenuanti. Non venivano sedate nemmeno da note sul registro e da espulsioni dalla classe. Paola V. era sicurissima di aver sentito sempre dire "badi" e "bàtol", così insisteva senza requie. Così come sapeva titillare i cazzi, sapeva anche fracassarli. Il folgorato Massimo B., che fumava montagne d'erba e sperava di ottenere un pompino da Paola V., la sosteneva a spada tratta, pur senza avere alcuna competenza nel campo della fonetica della lingua inglese. Uno squallore infinito! 

A distanza di tanti anni sono svanite nel nulla le diatribe tra la professoressa e l'alunna oscena che avrebbe fatto impazzire Tinto Brass. Si sono dissolte nei bassifondi della quotidianità, lasciando a malapena qualche traccia nei miei banchi di memoria stagnante. Eppure l'insegnamento che se ne può trarre è profondo. La professoressa è ormai morta, Paola V. è diventata inguardabile e la sua sensualità si è degradata, il suo corpo un tempo fulgido si è consumato a causa della sua vita di vizi, sfibrandosi. Massimo B. è diventato un demente fritto dalla droga. Quando mi ha visto dopo anni, pensava che fossimo compagni di scuola alle medie anziché al liceo. Dal fumo è passato alle pasticche di ecstasy, che gli hanno raso al suolo la memoria, tanto che un malato di sindrome di Korsakov al confronto è un mentat. Però lo sappiamo tutti, in questo mondo buonista non si può dire che la droga fa male e riduce a coacervi stercorali. Se uno osa ricordarlo, salta su un coro di radical shit a dargli del "fascista"

Mentre tutte queste amenità scolastiche appartengono alla Preistoria, mentre l'intero corpo docente è diventato decrepite ed è stato decimato da Azrael, la lingua inglese che le istituzioni sataniche ritenevano monolitica si è evoluta in una varietà di parlate neoinglesi tra loro inintelligibili o quasi. Dico queste cose sperando che qualche studioso valido mi senta e si svegli. Oso andare contro il pensare comune e affermo che le condizioni della lingua inglese agli inizi del XXI secolo sono simili a quelle del latino nella Francia della prima metà dell'VIII secolo! Non ci si accorge di questa corruzione perché la scrittura è rigidamente codificata e la scuola, arretrata in modo incredibile, gode ancora di vasto plauso. Mentre Paola V., che fu una sfrenata succhiatrice di falli eretti, insisteva con una /a/ al posto di una /ɔ/, incredibili trasformazioni si andavano consumando. Mentre si insegna ancora a pronunciare drink come /drink/ con una rotica trillata all'inverosimile, ormai la pronuncia vera è più simile a /dʒwɛnk/. Quello che per noi è un blog, pronunciato /blɔg/, per i parlanti anglosassoni è diventato quasi un /bwag/. La scuola italiana è fissata con pronunce che ai nostri giorni sono quasi ortografiche e non vuole saperne di capire il problema. Conseguenza: vengono sfornate intere coorti di giovani che teoricamente dovrebbero avere un'ottima preparazione nella lingua di Shakespeare e che invece non capiscono nemmeno un singolo monosillabo.

Mentre nei dialetti dell'Inghilterra il rotacismo sembra essere poco diffuso, negli States il mutamento delle antiche occlusive dentali intervocaliche in una rotica è diventato una realtà imponente: bottle è davvero realizzato con la -r- che sia io che Matteo O. sentivamo. Mentre al liceo si disquisiva sulla qualità di una vocale, negli USA le parole cambiavano volto e si trasformavano a grande velocità. Persino il Web fa molta fatica ad aggiornarsi e resta indietro. Le trascrizioni fonologiche e fonetiche in caratteri IPA che si trovano nei vari siti non sono più del tutto adeguate. Ora, in un tipico neoinglese americano si hanno le seguenti pronunce:

Adam /'ɛram/
atom /'ɛram/
atomic /a'rame/

body /'bare/
bottle /'baro/
bottom /'baram
I eat it /a'ire/
I'm eating it /a'mirene/
water /'wɔra/
wedding /'weren/

Può capitare di udire pronunce molto lontane da quella segnalata come standard americana. Nonostante gli studiosi ritengano che il mutamento non avvenga se la dentale è seguita da vocale tonica, si sentono numerose violazioni del supposto constraint e alcuni casi di retrazione dell'accento:

idea /'aria/ anziché /aɪ'diə/
good idea! /gə'raria/
  anziché /gʊd aɪ'dia/ 

Questo suono /r/ non si confonde con la rotica originale /ɹ/, che nel frattempo si è mutata in /w/, come ad esempio in area /'ɛwia/. Mutamenti come questi porteranno a far gemmare nuove famiglie di lingue, posto che il genere umano durerà abbastanza a lungo. 

Per concludere, questo è il video di Message in a Bottle dei britannici The Police: 

venerdì 26 maggio 2017

UN PESSIMO RAPPORTO CON L'INGLESE

Quando andavo a scuola non nutrivo buoni sentimenti nei confronti della lingua inglese e delle professoresse incaricate di insegnarla, sempre che l'uso della parola "insegnare" fosse sensato in quel contesto. All'epoca non potevo ancora immaginare la verità in tutto il suo crudo e desolante orrore. Mi ci vollero anni per capire che l'insegnamento dell'inglese era impostato dal sistema scolastico italiano al fine deliberato di scoraggiare con ogni mezzo la comprensione della lingua. Gli stratagemmi usati erano diabolici. Uno dei più deleteri consisteva nell'ostacolare l'analisi delle parole, che erano imposte come blocchi monolitici e privi di struttura. Anche quando avrebbe dovuto essere chiara a tutti la loro natura di composti o di derivati, tutto appariva nebuloso e inspiegabile.

Questo può essere considerato un capolavoro della malvagità del corpo docente. Si pretendeva che gli studenti mandassero a memoria la parola lawyer "avvocato" senza insegnare che si tratta di un derivato di law "legge". In modo ancor più insidioso si pretendeva che gli studenti mandassero a memoria la parola bricklayer "muratore" senza insegnare la parola brick "mattone", rendendo impossibile capire che il significato letterale del composto è "colui che stende mattoni". Le due parole erano messe l'una in prossimità dell'altra, creando una grave insidia. Così si cadeva immancabilmente nel tranello. Non ci si ricordava mai bene questi vocaboli, ed ecco che per incanto si usciva all'interrogazione a dire layer "avvocato" e bricklawyer "muratore". Grande era la confusione, al punto che si rendeva necessario scrivere più volte sfilze di "lawyer - bricklayer", cercando così di esorcizzare la sequenza errata "layer - bricklawyer". Alla fine pronunciavo come un mantra "LOIA-BRIKLEIA" un gran numero di volte come entravo in classe, prima dell'interrogazione o del compito in classe. Eppure anche così mi imbrogliavo, tanto che "LOIA-BRIKLEIA" diventava come per incanto "LEIA-BRIKLOIA".

Riuscii a comprendere l'arcano soltanto quando vidi per la prima volta The Wall dei Pink Floyd, col suo "All and all you're another brick in the Wall": ero ormai una matricola. Mi è recentemente capitato di udire una dirigente che deve essere caduta nella trappola di un simile di insegnamento, perché in un'occasione se ne è uscita per be due volte a dire lawyer anziché layer "strato" (di un sistema GIS). Sentendola dire che "bisogna definire un LOIA" sono rimasto di sasso. Dunque in tutti i licei usavano il trucco del lawyer-bricklayer! Questa è la prova che dietro c'era un progetto deliberato che ha rovinato le possibilità di apprendimento a moltissime persone!

Al liceo mi ero formato un'idea bizzarra: credevo che il vocabolario della lingua inglese fosse infinito e che l'inglese delle canzoni fosse una lingua del tutto dissimile da quello parlato comunemente. Le sequenze di suoni grossolani pronunciati dalle insegnanti sembravano prive di corrispondenza nei testi delle canzoni di cantanti che erano senza dubbio alcuno anglosassoni di nascita.

Diverse volte mi capitava di sentire nelle canzoni il segmento "take a look at" che giungeva alle mie orecchie come "tagalooga" /taga'lu:ga/. Ovviamente non capivo cosa significasse. C'era un tormentone in cui la cantante continuava a ripetere in modo ossessivo "hey you, tagaloogame". Niente da fare, non capivo. Se mi avessero detto che significava "ehi tu, lecca il boccone del prete", non ci avrei trovato nulla di strano. Ero convinto che da qualche parte, anche se i dizionari non ne facevano menzione, esistesse un verbo "to tagalooga" e che si coniugasse così:

I tagalooga
you tagalooga
he tagaloogas

etc.

I'm tagaloogaing
you're tagaloogaing
he's tagaloogaing

etc.

I tagaloogaed
you tagaloogaed
he tagaloogaed

etc.

Non pensavo che potesse essere un verbo irregolare. Allo stesso modo, quando sentivo dire nelle canzoni "tseghireesey" /tsegi'ri:ze/, non riuscivo a realizzare che si trattava di "take it easy". Non capivo, credevo che da qualche parte, magari in qualche dizionario tecnico, dovesse essere listato il verbo "to tseghireesey", con la seguente coniugazione: 

I tseghireesey
you tseghireesey
he tseghireeseys

etc.

I'm tseghireeseing
you're tseghireeseing
he's tseghireeseing

etc.

I tseghireeseyed
you tseghireeseyed
he tseghireeseyed

etc.

Ero molto imbarazzato perché non avevo la benché minima idea di come trascrivere correttamente i suoni che sentivo e che non collegavo ai vocaboli appresi a scuola. Come già il verbo "to tagalooga", anche "to tseghireesey" mi era incomprensibile come un reperto alieno. Già allora riuscivo a comprendere che le parole strane da me udite avevano una fonetica incompatibile con quella dei vocaboli appresi durante le lezioni. 

Il colmo venne quando ascoltai per la prima volta la canzone Sussudio, di Phil Collins, il cui ritornello mi suonava come sussussurio /sussus'surio/. All'epoca non era facile identificare le canzoni trasmesse dai canali radio e di Phil Collins non sapevo nulla. Dovevo soffrire di una lieve forma di autismo - così pensai che esistesse in inglese un inesplicabile verbo "to sussussurio", così coniugato:

I sussussurio
you sussussurio
he sussussurioes

etc.

I'm sussussurioing
you're sussussurioing
he's sussussurioing

etc.

I sussussurioed
you sussussurioed
he sussussurioed

etc.

In seguito mi accorsi che questo enigmatico sussussurio, che non avevo mai visto scritto e la cui grafia ignoravo, era pronunciato quasi come la parola latina susurrio "maldicente, sussurratore". Allora ritenni di aver svelato il mistero: il ritornello ripeteva la sillaba iniziale per ragioni espressive. Cominciai a credere che la parola latina fosse finita nella canzone per via dell'appartenenza del cantante a un'associazione goliardica, quali ce n'erano tante: nel mondo anglosassone furoreggiavano i toga party. Solo da poco sono riuscito a ricostruire la fonte di questa assurda creazione, che col latino non ha nulla a che fare. Cosa passasse per la mente di Phil Collins quando escogitò questo sussudio (con -d- rotacizzata), proprio non lo si riesce a capire. A quanto ho letto, il cantante ha dichiarato in un'intervista di aver cercato di trascrivere il suono di uno strumento a percussione che aveva udito nel corso di una festa. Quando il rumore era giunto ai suoi ipersensibili nervi acustici come una vocalizzazione, lo aveva sillabato e trascritto usando un'ortografia inconsueta. Non mi sembra una cosa molto credibile.

Punto il mio dito accusatore contro la scuola, istituzione maligna, la esecro e la maledico: è la causa prima di tutte queste atrocità! Tuttavia le invettiva non sono sufficienti. Presso gli antichi Celti la satira era ritenuta un'arma devastante, a cui veniva attribuito il potere di sterminare i topi. Sono della stessa idea. Servendomi di questo mezzo, mi auguro di vedere presto collassare il Leviatano scolastico! 

lunedì 22 maggio 2017

LA PRONUNCIA ACCADEMICA INGLESE DEL LATINO

Ebbene sì, esiste qualcosa di ben peggiore della pronuncia ecclesiastica italica del latino. Tra le più stravaganti pronunce della lingua di Roma possiamo annoverare la pronuncia accademica inglese. Dovette senza dubbio partire da qualcosa di simile alla pronuncia riformata carolingia e iniziare la sua divergenza per passi impercettibili, fino a manifestare gravi alterazioni a partire dal secolo XVI. Ancora nella fase dell'inglese medio (Middle English), di tutto ciò non doveva sussistere alcuna avvisaglia, ma in seguito, nel corso della formazione dell'inglese moderno, si ebbero vistosi fenomeni di dittongazione. Così la vocale /i:/ lunga dovette dittongarsi prima in /eɪ/ e infine in /aɪ/, tanto in inglese che in latino. Stranamente l'analogo mutamento da /u:/ a /oʊ/ e quindi ad /aʊ/ che colpì le parole anglosassoni non si verificò nel latino accademico, che mutò invece /u:/ in /ju:/, mentre un suono /jʊ/ si sviluppò da molte /u/ anticamente brevi e non necessariamente in sillaba tonica. Uno dei mutamenti più tipici e generali è quello che si verificò quando la vocale /e:/ lunga divenne /i:/. Altrettanto notevole è la pronuncia di a come /æ/ in sillaba chiusa e come un dittongo /eɪ/ in sillaba aperta. Per maggiori informazioni e per approfondimenti si rimanda alla pagina di Wikipedia sul Great Vowel Shift:


Nel complesso si verificò una vera e propria rotazione vocalica. Ovviamente la quantità vocalica di riferimento non è quella del latino antico, ma è strettamente connessa alla struttura della sillaba tonica (vocale lunga in sillaba aperta - vocale breve in sillaba chiusa), come in tutte le forme di latino scolastico. 

Augustus /ɔ'gʌstəs/
Caesar /'si:zə/
Bacchus /'bækəs/

Venus /'vi:nəs/ 

Questa pronuncia è ancora particolarmente viva e vitale nei paesi anglosassoni, avendo dato decine di prestiti nella lingua dotta e scientifica, percolati poi nella lingua quotidiana. In questo pastone confluiscono sia genuini termini latini che vocaboli la cui ultima origine è greca. Il parlante medio considera molte parole come se fossero uscite da auna scatola magica e non ha la benché minima consapevolezza della loro natura. Questo è un breve elenco di prestiti accademici: 

algae /'ældʒi:/
alumni /ə'lʌmnaɪ/
anus /'eɪnəs/
apparatus /æpə'ɹætəs/, /æpə'ɹeɪtəs/
area /'æɹɪə/
bacteria /bækti:ɹɪəm/
circa /'sə:kə/
circus /'sə:kəs/
foetus(1) /'fi:təs/ 
fungus /'fʌngəs/
  fungi /'fʌndʒaɪ/
formula /'fɔ:mjʊlə/
genius /'dʒɪnjəs/ 
genus /'dʒi:nəs/ 
hippopotamus /hɪppə'pɔtəməs/
incubus /'ɪnkjʊbəs/
larvae(2) /'la:vi:/
libido
(3) /lɪ'bi:dəu/
media /'mi:dɪə/
mens rea(4) /menz 'ɹi:ə/
minus /'maɪnəs/
nucleus /'njʊklɪəs/
penis /'pi:nəs/
phocae /'foʊsi:/, /'fəʊsi:/
plus /plʌs/
propaganda /pɹɔpə'gændə/
status /'steɪtəs/, /'stætəs/ 
subpoena /sʌp'pi:nə/
terminus /'tə:minəs/
vagina /və'dʒaɪnə/
versus /'və:səs/
vertebra /'və:təbɹə/
vulva /'vʌlvə/

(1) In latino classico è fetus /'fe:tus/ ed è senza dittongo come in latino ecclesiastico. La forma con dittongo è dovuta a ipercorrettismo e non ad etimologia. 
(2) La parola in latino classico significava "maschere" o "spettri", solo con Linneo (XVIII sec.) venne in uso il significato attuale.
(3) L'uso popolare del termine libido è moderno: si diffuse in seguito all'opera di un sodomizzatore seriale di fanciulle chiamato Sigmund Freud. Così la vocale tonica si mantenne /i:/ e non si sviluppò alcun dittongo.
(4) In un esilarante sketch, Gene Wilder confondeva la mens rea con la gonorrea, dando in escandescenze al pensiero di essere stato contagiato da un compagno di sventure.

Moltissimi vocaboli sono stati assimilati in qualche misura e hanno perso le terminazioni, ma la loro origine latina accademica è certa:

alien /'eɪljən/ < alienus
anal /'eɪnəl/ < analis
apian /'eɪpɪən/ < apianus
(da apis)
auricular /ɔ'ɹɪkjʊlə/ < auricularis
insane /ɪn'seɪn/
< insanus
nuclear /'njʊklɪə/
< nuclearis
ominous /'ɔmɪnəs/
< ominosus (da omen)
oral /'ɔɹəl/ < oralis
sex /seks/ < sexus
sexual /'sekʃuəl/ < sexualis
sperm /spə:m/ < sperma


Sono frequenti i casi di formazioni con suffissi applicati in modo ridicolo:

arduous < *arduosus
nefarious < *nefariosus
pendulous
< *pendulosus
political < *politicalis

A volte viene il dubbio che in queste parole il suffisso -ous non venga davvero da -osus e che sia addirittura un brutale adattamento dell'uscita -us del nominativo singolare maschile. In alcuni casi, la formazione bislacca è attestata in latino medievale. Ad esempio infamous viene da infamosus, che per quanto possa suonare male era realmente in uso. Occorre distinguere questi prestiti dal latino accademico inglese dai prestiti giunti tramite il francese (antico, medio o moderno), come ad esempio erratic (scritto un tempo anche erratick, erraticke, erratique), dal francese antico erratique, a sua volta dal latino erraticus. L'impresa non è sempre facile: alcuni sostengono che sperm venga dal francese medio sperme, mentre credo sia assai più probabile che sia un accademismo latino (si ricorda che l'origine ultima è in ogni caso greca).

Tale è l'abisso che separa la pronuncia accademia inglese dalla pronuncia classica o restituta, che non possiamo considerare i rispettivi utenti come locutori della stessa lingua. Se un extraterrestre giungesse sulla Terra per una vacanza di studio e dovesse sentire leggere lo stesso testo in latino prima con la pronuncia accademica inglese e poi con la restituta, mai e poi mai crederebbe che si possa trattare dello stesso identico idioma.

giovedì 18 maggio 2017

LA PRONUNCIA CAROLINGIA DEL LATINO

La situazione della lingua latina ecclesiastica nella Gallia nella seconda metà dell'VIII secolo d.C. era a dir poco marasmica. Nessuno sembrava rendersene conto, tanto era densa e caliginosa l'ignoranza che imperversava tra il volgo e nello stesso clero. La carcassa dell'Impero Romano era ormai marcia e piena zeppa di cagnotti. Il latino della Chiesa di Roma era rimasto tagliato fuori dall'evoluzione della lingua viva, che ormai si era evoluta in una varietà di parlate protoromanze. Al contempo, la lingua del culto cattolico non era stata capace di conservarsi indenne dai mutamenti, finendo col dar luogo a una serie di pronunce anche molto diverse da luogo a luogo. In queste condizioni, nessun popolano poteva capire quanto i preti dicevano a messa. Immaginiamo di paragonare la lingua del clero e quella della gente comune a due treni. Il treno del clero viaggiava a velocità ridotta e non riusciva a star dietro al treno della gente comune, che accelerava fin quasi a sparire oltre l'orizzonte. Ad ogni metro percorso dal treno dei preti, quello del popolo aveva già percorso un miglio e la distanza tra i due cresceva a dismisura. 

Il primo a capire queste cose fu il dottissimo Alcuino di York (735-804), uomo di immense qualità venuto dall'Inghilterra: fu lui che mise al suo sovrano Carlo Magno la pulce nell'orecchio, dando così origine a un mutamento di portata storica. Con buona pace del corpo docente servile e di alcuni irriducibili accademici vetusti di questa Italietta, i Franchi non erano poi così romanizzati come la propaganda vorrebbe. Ancora all'epoca del Re Carlo erano un popolo germanico fierissimo, che si cullava nei suoi privilegi, vivendo in condizioni di quasi totale isolamento dalla popolazione gallo-romana sottomessa e disprezzata. Questa è la realtà dei fatti, di cui avremo modo di parlare in altre occasioni. All'inizio il Re Carlo non sapeva nemmeno che lingua parlassero i suoi sudditi. A corte si parlava la lingua germanica avita e i Franchi era convinti che la popolazione autoctona parlasse il latino, creduto immutabile ed eterno, cristallizzato e identico a quello parlato da Cesare e di Cicerone. Quando Alcuino dimostrò che le cose stavano ben diversamente, immenso fu lo scandalo. Si dà il caso che il Re Carlo fosse molto superstizioso. Si era fatto chissà come l'idea bislacca che Dio si sarebbe adirato se la pronuncia delle preghiere recitate in latino non fosse stata perfetta. Se il popolo non capiva più i suoi pastori e questi stessi avevano distorto il latino al punto che tra parrocchie diverse non c'era più mutua comprensione persino di testi semplici, Dio poteva soltanto essere in collera, sul procinto di scatenare catastrofi. Per paradosso, tanto adoravano il Dio cristiano questi Franchi, che lo concepivano furioso e folgoratore come il pagano Thonar, i cui templi venivano bruciati. 

Fu così che il Re Carlo, timoroso del disastro incombente, diede ad Alcuino l'incarico di ripristinare l'uso del latino classico, di ridargli una pronuncia accettabile e di farne la lingua veicolare dell'Impero. La Riforma carolingia ebbe così inizio. Il monaco sapiente aveva a disposizione diverse alternative. Avrebbe potuto ad esempio utilizzare la pronuncia usata dalla Chiesa d'Irlanda, i cui monaci fino alla metà del VII secolo erano stati molto attivi sul continente, impegnandosi in una fervida attività missionaria nelle terre dei Merovingi e fondando un gran numero di monasteri. La pronuncia ecclesiastica irlandese, che realizzava c come /kj/ davanti a vocale anteriore /e/ e /i/ (pur essendo diversa dalla restituta), non era tuttavia riuscita ad attecchire, dato che era troppo aliena al volgo e al clero di Francia. Così fu scartata e si mantenne l'uso di pronunciare c come /ts/ davanti a /e/, /i/. Alcuino utilizzò una serie di accorgimenti per riportare in vita un latino che gli pareva ragionevole. La sua più grande intuizione riguardò la pronuncia delle vocali e, i, o, u. Era costume del clero all'epoca del Merovingi e degli stessi Carolingi prima della Riforma pronunciare le vocali con una qualità che rispecchiava l'antica quantità vocalica, ormai perduta. Così fide (abl.) si pronunciava /'fede/ con una e chiusa, mentre gula si pronunciava /'gola/ con una o chiusa: si noterà che queste parole suonavano proprio come in italiano. La sillaba tonica di semper e di merda aveva una e aperta (in latino /'semper/, /'merda/ avevano infatti vocale tonica breve), mentre la e di vena e di renes era chiusa (in latino /'we:na/ e /'re:ne:s/ avevano infatti vocale tonica lunga). Le stranezze e le irregolarità non mancavano di certo. Vi erano ad esempio moltissimi casi di chiusura di e in i e di o in uficirunt, Novimbres, vidintur, vivindum, gloriusi, octuber, indictiune, respunsis. Distaccandosi da questi costumi, che gli parevano incomprensibili, Alcuino decise che tutte le i del latino scritto dovessero suonare /i/ e che allo stesso modo tutte le u dovessero suonare /u/. Decise anche che non dovesse esserci differenza di qualità tra la e di merda e quella vena, e neppure tra la o di forum (< /'forum/) e quella di nomen (< /'no:men/). Anche le consonanti erano andate alterandosi in molti casi nel latino ecclesiastico, così dovettero essere ripristinate. Per esempio, b intervocalica veniva pronunciata /v/, confondendosi con v. Questo si rifletteva nella scrittura confusa: kavallos, ebidenter, ellubiones, devitor. Erano tutt'altro che rari gli esempi di sonorizzazione di occlusive sorde e di ipercorrettismi: audentico, podibat, abogadus, similitter, vidittur, etc. Alcuino pose rimedio a questa confusione imperante, ripristinando la pronuncia più antica e la grafia corretta: caballos e non kavallos; evidenter e non ebidenter; debitor e non devitor; potebat e non podibat, etc.

Alcuino, pur essendo una mente fulgida, non possedeva i mezzi filologici adatti a ricostruire una pronuncia affine alla restituta: per i suoi tempi era un'impresa impossibile, come percorrere un sentiero accidentato di notte senza avere con sé un lume. Il monaco fece ciò che era in suo potere nel contesto in cui si trovava. Senza il suo intervento, con ogni probabilità lo stesso latino ecclesiastico avrebbe finito per usurarsi, deteriorandosi a tal punto da dover essere abbandonato. Per quanto riguarda il Re Carlo, il suo interesse non era rivolto alla Conoscenza in sé, ma unicamente al dominio politico e alla religione, che concepiva come un'unica entità più dura dell'acciaio e più feroce di Moloch.

Per approfondire questi interessanti argomenti rimando senz'altro all'opera di Carlton Cosmo Rice (1902), The phonology of Gallic clerical Latin after the sixth century : an introductory historical study based chiefly on Merovingian and Carolingian spelling and on the forms of old French loan-words. È uno studio molto rigoroso e valido, anche se un po' datato. Discute ogni dettaglio e riporta una casistica vastissima, senza trascurare nulla. Il testo in formato pdf si può consultare e scaricare gratuitamente dal sito Archive.org servendosi di questo link: 


La Riforma carolingia del latino si diffuse in modo capillare e moltissime scuole furono aperte a beneficio non soltanto delle classi alte, ma di chiunque desiderasse ricevere un'istruzione, che era gratuita. Se questo non cancellò magicamente le antiche consuetudini di pronuncia dall'oggi al domani, in ogni caso diffuse in modo potente la nuova pronuncia del latino. Se prima la o di schola era aperta e diversa dalla o chiusa di nobilis, dopo il regno di Carlo Magno le due parole ebbero la stessa vocale o aperta. Si noterà che il francese moderno conserva ancora questi due termini come prestiti dal latino carolingio: école "scuola" e noble "nobile" hanno la stessa identica vocale tonica, contraria alla naturale evoluzione latina, cosa che ci testimonia la concreta azione della Riforma. Se schola e nobilis avessero lasciato eredi naturali passati attraverso la genuina usura del volgo, oggi dovremmo dire *équeule e *nouvle.

In Italia queste notizie evidentemente non sono molto pubblicizzate e permangono accademici che le ignorano del tutto. La Setta degli Archeologi pare una monade immune a qualsiasi influenza esterna: a quanto pare in quell'ambito l'opera di Alcuino è ritenuta inesistente. Eppure il quadro che esce dall'analisi della pronuncia ecclesiastica del latino merovingio e carolingio, nonché del latino riformato da Alcuino, si dimostra incompatibile con la pretesa di una pronuncia unica e immutabile in tutto l'arco storico di esistenza della lingua. Forse non si tratta di mera ignoranza: la rimozione di queste conoscenze può ben essere avvenuta cum dolo per favorire la propria propaganda. Visto che nella congrega in questione si crede necessario sostenere con ogni mezzo un'unica pronuncia del latino, quella ecclesiastica italica, è stato cancellato tutto ciò che era prima della sua imposizione e che può provare l'infondatezza del dogma pseudoscientifico. La Rete, nata dai deliri dei fricchettoni e dalle loro perniciose utopie sulla cosiddetta "intelligenza dello sciame" (swarm intelligence), ha reso possibile la diffusione di simili morbi cognitivi, frutti avvelenati che minacciano di far marcire la Scienza.