sabato 31 ottobre 2015

UNA FALSA INTERPRETAZIONE DELLA SHIBBOLETH DEI VESPRI SICILIANI: IL POTERE DELL'ANACRONISMO

Riflettendo sui ceci e navigando nel Web mi sono imbattuto in un interessante documento, di cui riporto in particolare un brano:


"Secondo quella che è ritenuta una leggenda, durante i Vespri siciliani gli abitanti dell'isola avrebbero ucciso i francesi che, interpellati, non erano in grado di pronunciare correttamente la  parola siciliana ciciri, 'ceci' (il fonema  [tʃ]  manca  in  francese,  dove  viene  adattata con [ʃ]; il fonema /r/ in francese è pronunciato in modo diverso dall'italiano)."

Il punto è che all'epoca dei Vespri Siciliani (1282) la lingua francese non era quella parlata al giorno d'oggi. Si trovava nella sua fase antica, denominata lingua d'oïl: non soltanto aveva il fonema /tʃ/, ma la rotica era trillata esattamente come in italiano. Così la parola chevaus, chevax "cavallo" si pronunciava /tʃe'vaos/ (-x era un monogramma usato per scrivere -us, -os). Il rotacismo francese, più noto come "erre moscia", è un costume molto più tardo: comparve dapprima tra i nobili come segno di distinzione, e si propagò all'intera popolazione soltanto nel tardo XVIII secolo. Nella sua opera Il borghese gentiluono, Molière (XVII secolo) descrive il suono della rotica come alveolare trillato (vibratile), non come una uvulare. Il Maestro di filosofia, volendo insegnare l'ortografia al borghese Jourdain, descrive in modo sorprendentemente preciso come formare i suoni corrispondenti alle singole lettere. Prima inizia dalle cinque vocali, poi continua con le consonanti. Quando arriva alla R, si esprime con queste parole: 

"Et l'R, en portant le bout de la langue jusqu'au haut du palais; de sorte qu'étant frôlée par l'air qui sort avec force, elle lui cède, et revient toujours au même endroit, faisant une manière de tremblement, RRA". 

"E la R, portando la punta della lingua fino al palato, in modo che la lingua, spinta dall'aria che esce con forza, ceda e ritorni sempre allo stesso punto, producendo una specie di tremolia: R, RA."

Tale suono, che un odierno parigino non saprebbe pronunciare, è ancora la norma tra i francofoni del Québec, rimasti a lungo isolati dalla Francia.

Le genti gnosimache queste cose non soltanto non le sanno, ma non le vogliono sapere: a moltissimi è naturale credere che il francese abbia sempre avuto la "erre moscia", ab aeterno, così proiettano l'attuale pronuncia fino ai tempi della Torre di Babele, senza nemmeno sapere che il francese all'epoca di Giulio Cesare era semplicemente... latino volgare.

Possiamo così concludere questo trattatello affermando che di certo i rivoltosi siciliani del XIII secolo giugulavano senza pietà chiunque anziché dire "cìciri" dicesse "cicirì", "cicìri"... o "cicìrri".

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