lunedì 30 maggio 2016


THE GREEN INFERNO

Titolo originale: The Green Inferno
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: USA
Anno: 2013
Durata: 103 min
Genere: orrore
Sottogenere: cannibalesco
Regia: Eli Roth
Sceneggiatura: Eli Roth, Guglielmo Almoedo,
    Nicolás López
Produttore: Eli Roth, Miguel Asensio, Molly
    Conners, Nicolás López, Christopher Woodrow
Produttore esecutivo: Maria Cestone, Sarah E.
    Johnson, Hoyt David Morgan
Casa di produzione: Worldview Entertainment,
    Dragonfly Entertainment, Sobras.com
    Producciones
Distribuzione (Italia): Koch Media, Midnight
    Factory
Montaggio: Ernesto Díaz Espinoza
Musiche: Manuel Riveiro
Costumi: Elisa Hormazábal
Interpreti e personaggi:    
    Lorenza Izzo: Justine
    Ariel Levy: Alejandro
    Aaron Burns: Jonah
    Sky Ferreira: Kaycee
    Nicolás Martínez: Daniel
    Kirby Bliss Blanton: Amy
    Daryl Sabara: Lars
    Magda Apanowicz: Samantha
    Matías López: Carlos
Doppiatori italiani:    
    Francesca Manicone: Justine
    Marco Vivio: Alejandro
    Alessandro Messina: Jonah
    Benedetta Degli Innocenti: Kaycee
    Andrea Mete: Daniel
    Annabella Calabrese: Amy
    Maria Letizia Scifoni: Samantha
    Luca Graziani: Nick

Trama (da Comingsoon.it):
Justine, giovane studentessa di un college d’élite di New York e figlia di un funzionario delle Nazioni Unite, convinta dal dal discorso di Alejandro, studente carismatico e pericolosamente affascinante, decide di entrare a far parte di un gruppo di attivisti che hanno in progetto di andare nella foresta amazzonica e incatenarsi a degli alberi che stanno per essere abbattuti. Il loro scopo e filmare il tutto e grazie a Social Network mostrare a tutti la distruzione perpetrata dall'uomo. Il progetto ha successo, e felici i ragazzi si apprestano a tornare a casa. Ma durante il volo di ritorno l'aereo precipita nel bel mezzo della foresta amazzonica. Gli studenti sono feriti e terrorizzati. Nel frattempo, la tribù di nativi che erano andati a salvare raggiunge lentamente il luogo dell'incidente e, inaspettatamente, li prende in ostaggio. Oscure usanze primitive dominano ancora la giungla amazzonica: atti barbarici, cannibalismo e altri rituali che distruggono la mente, il corpo e l'anima.

Recensione: 
Una cosa è certa: poche locuzioni sono state sfruttate nella storia del cinema più di "Green Inferno". A quanto ne so, il suo uso compare per la prima volta in Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato: così si intitola la seconda parte di tale film. Poi è stata utilizzata come titolo alternativo del film Natura contro, al punto che sono moltissimi i cinefili confusi inclini a non operare distinzioni tra il film di Eli Roth del 2013 e il quasi omonimo di Antonio Climati, risalente al 1988. Eppure i due film non potrebbero essere più diversi nella loro ontologia. La pellicola di Climati non parla in buona sostanza di popolazioni native dedite all'antropofagia: tratta della perdita di identità della massa dei meticci dell'America Latina, che hanno dimenticato tutto del passato e dei loro Padri, persino la lingua. Per dare un senso alle loro desolanti esistenze è necessario un professore del tutto estraneo al contesto, che insegna loro a mascherarsi da Indios. Il cannibalismo non è presente, se non in allusioni nei titoli, che abusivamente collegano l'opera ai film del filone cannibal per ragioni meramente pubblicitarie. La pellicola di Eli Roth tratta invece di una vera e propria catabasi, è una discesa agli Inferi. I protagonisti, ingenui idealisti adoratori di Gaia, pieni di fumo e di baggianate New Age, rimangono intrappolati in un mondo che con l'esterno non ha mai avuto contatti e che continua in epoca moderna un contesto tipico del Neolitico, le sole innovazioni essendo alcuni animali domestici (pollame, suini e bovini) che sono giunti da contatti con tribù vicine nel corso dei secoli. Si nota anche una sostanziale differenza rispetto a Cannibal Holocaust di Deodato. Vi è infatti assente qualsiasi accenno al tema dei portatori di civiltà che si dimostrano più feroci dei cannibali. Non c'è comunicazione possibile tra i due mondi, quello della tribù amazzonica e l'esterno, nemmeno a livello rudimentale. Non c'è la possibilità che un professore si possa recare tra quelle genti native e rimanere indenne, cavandosela con la partecipazione a un pasto cannibalico: esiste soltanto ostilità assoluta nei confronti di ciò che non proviene dalle tenebre demoniache della foresta. Le scene truculente sono numerosissime e non si dimenticano facilmente: è l'intero mondo dei giovani caduti prigionieri ad essere smantellato istante per istante come il girone dantesco dei cannibali si disvela loro in tutta la sua brutalità. Il film, vietato ai minori in diversi paesi a causa dell'estrema violenza delle sue scene, non ha suscitato proteste simili a quelle scatenate da Cannibal Holocaust, dato che non vi vengono massacrati animali. Nella sensibilità odierna guai a toccare un roditore, ma si possono maciullare in tutta tranquillità esseri umani, tanto che se anche The Green Inferno fosse stato un reale snuff movie, nessuno avrebbe avuto una sillaba da ridire. 

Mutilazioni sessuali

Si sa che alcune popolazioni amazzoniche di etnia Caribe praticano mutilazioni sessuali femminili, come l'escissione del clitoride. Nel film, Justine viene scelta per un simile rito cruento. La donna-sciamano della tribù esamina accuratamente i genitali delle tre prigioniere per controllare la loro verginità. Infila uno strumento rituale ricavato dall'artiglio di una fiera nella cavità sessuale di ciascuna delle ragazze. A quanto può constatare, due di loro non sono vergini, mentre Justine perde sangue: non è mai stata penetrata da un membro turgido. Quindi viene designata per la mutilazione. Le donne la levano e la preparano cospargendola con un pastone di manioca che la rende bianca come un cadavere. Proprio quando la donna-sciamano si accinge a incidere i genitali della giovane, subentra un contrattempo che la salva da un tremendo destino. 

Un mondo perverso, in cui nulla è innocente

Una delle prigioniere dei cannibali, in preda a violenti coliche intestinali, non resiste e si mette a defecare. Anche se non si vede la materia fecale deposta, si sente il crepitare del ventre, il passaggio rumoroso delle scorregge che escono dall'ano assieme a fiotti di diarrea. I bambini dal corpo dipinto di rosso sono lì ad osservare la ragazza smerdante, e nei loro occhi è dipinta la malizia. Si fanno aria con le mani, come fanno anche i bambini alle nostre latitudini quando sentono una puzza insopportabile, ma sui loro volti è dipinto un sorriso malsano che ha qualcosa di raccapricciante. Justine riesce ad ammansire uno di questi piccoli diavoli usando un minuscolo flauto metallico: il suono di quello strumento piace tanto al bambino, ma si capisce che anche in questo caso siamo di fronte a qualcosa di perverso. Sembra come se il bambino, che aiuterà Justine a fuggire, in qualche modo la concupisca, sia attratto dal suo corpo. Davvero disturbante.    

Fame chimica

Quando la ragazza che si è messa a defecare in preda alle coliche mangia il cibo che i cannibali le hanno passato, capisce subito che qualcosa non va. All'improvviso vede sul fondo della ciotola qualcosa che la fa raggelare. Capisce di aver mangiato la carne della sua amica: i bambini diabolici giocano con lembi della sua pelle che mostra ancora i tatuaggi ben riconoscibili. Allora accade qualcosa di allucinante, che senza dubbio merita di essere inclusa nella classifica delle scene più spaventose della storia del cinema. Non anticiperò l'accaduto: basti sapere che la ragazza smette di soffrire per sempre e che i cannibali la cucinano. Tuttavia non si accorgono che conteneva al suo interno qualcosa che le era stato cacciato a viva forza in gola da un suo compagno: una grossa quantità di marijuana. Questa fa sì che la carne della morta abbia un effetto potentissimo su tutta la tribù. Ancora una volta una scena agghiacciante: uomini, donne e bambini si agitano in preda alla fame chimica! 

Alcune curiosità 

È uno dei pochi film in cui si menziona la lingua Quechua. Due barcaioli si scambiano poche parole e uno dei volontari dice entusiasta: "È Quechua". Le ragazze, di una tale giuliva stupidità da sembrare studentesse di Erasmus, trasecolano, come se il loro amico avesse parlato di una mostruosità appena giunta sulla Terra da Yuggoth. Nella siglia di chiusura si menziona il luogo dell'Amazzonia Peruviana da cui provengono gli attori che hanno recitato la parte dei cannibali: si tratta di un villaggio dal nome Quechua, CALLANAYACU, che significa "acqua di ceramica" (e non "acqua salata" come spesso si legge nel Web).

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