giovedì 27 ottobre 2016

LA POESIA DELL'ANELLO IN LINGUA GOTICA (MATTHEW CARVER)

La versione in lingua gotica della Poesia dell'Anello di Tolkien compiuta da David Salo non è l'unica. Ho scoperto che ne esiste un'altra, opera di Matthew Carver, studioso statunitense. Non sono riuscito a reperire il suo curriculum e non va taciuto che esistono diversi suoi omonimi, il che rende la ricerca più difficile: solo per fare un esempio, non so se si tratti dello stesso Matthew Carver traduttore dal tedesco e appassionato di inni protestanti. Questo è il testo:  

Þize Hrigge waurþun, hausida waurda
þreis du haldan Þiudanam Albe

tugglahulidaim triggwaba guldanai.

Sibunuh þaim in saliþwam staine
Fraujam Dwairge frikahwairbam,
waila witum, waurþun gibanai;
Diwa-Mans domidis dauþnan lofans
Niun nausandins afnemun Bauge;
Iþ Ains nauh ist, ainaha
þanei
faha filhiþ Frauja Riqizis
in sitla swartamma sitands þarei
liuhadalausai ligand aufto
skadjus mikilai Maurdaurlandam in.
Ist Ains finþan allans Hrigge
gawandjan, waldan jah gawidan allis
ana rune stadam riqizis
þarei
liuhadalausai ligand aufto
skadjus mikilai Maurdaurlandam in.


Testo in prosa inglese: 

Of the Rings I have heard tell that, Three were yielded to the Kings of the Elves to keep; Seven were rendered, well we know, to the lords of the Dwarves, ruled by their greed, in their Halls of Stone. The open palms of Mortal man, the corpselike ones doomed to die, received Nine of the Rings. There is one alone yet, which the Dark Lord hides in his grasp, sitting on his black throne in the Land of Mordor where indeed great lightless shadows lie. One (Ring) there is to find all of the Rings, to (turn and) bring them and rule them and surely to bind them in secret places of darkness in the land of Mordor where indeed great lightless shadows lie.


COMMENTI: 

Si tratta di una traduzione libera del testo di Tolkien, che viene riformulato ed esteso, pur restando i concetti immutati. Per certi versi mi pare più vicino alla mentalità dei Goti rispetto a quello di Salo. Ad esempio, si trova la costruzione Þiudanam Albe (dat. pl.) rispetto al pesante albiska-þiudanans (acc. pl.): in questo è in completo accordo con il mio pensiero. Si segnala l'uso di hriggs "anello", gen. pl. hrigge, in luogo di figgragulþ "anello" (lett. "oro del dito").

La forma Maurdaurlandam (dat. pl.) ha il pregio di chiarire la natura toponimica di Maurdaur, che magari non sarebbe evidente a chi non ha un'idea del materiale del Signore degli Anelli. Tuttavia non nascondo che la sua sonorità è un po' strana. Suona stravagante la costruzione Maurdaurlandam in con una postposizione, tanto che la emenderei, sostituendola con in Maurdaurlandam.

Pur trattandosi di un ottimo testo, si ha l'impressione di fondo di una certa sovrabbondanza rispetto all'originale. Nel caso Teodorico il Grande avesse qualche perplessità sul testo stringato di Salo, il cantore potrebbe declamare il testo di Carver per chiarirgli le idee, come se fosse una parafrasi.

LA POESIA DELL'ANELLO IN LINGUA GOTICA (DAVID SALO)

Ci è ben nota è una traduzione nella lingua dei Goti della Poesia dell'Anello di J.R.R. Tolkien, componimento che costituisce il cardine dell'immortale libro Il Signore degli Anelli. Non è difficile reperirla nel Web. Quando la vidi per la prima volta, molti anni fa, ero convinto che il suo artefice fosse proprio l'insigne scrittore sudafricano. Non avendo trovato le prove di questa mia supposizione, ho per anni classificato il componimento come di autore sconosciuto. Infine sono riuscito a risalire all'autore, certo David Salo. In realtà non è proprio uno sconosciuto: è un linguista americano dell'Università di Wisconsin-Madison che ha lavorato sulle conlangs create da Tolkien (Quenya, Eldarin, Sindarin e altre), facendo da consulente per la realizzazione dei film della trilogia del Signore degli Anelli. 

Ecco il testo:

Þrija figgragulþa faur þans albiska-þiudanans undar þana himin;
Sibun faur þans dwairga-fraujans in rohsnim seinaim stainahaim;
Niun faur mannans diwanans, domidans diwan;
Ain faur þana fraujan riqizeinan ana stola riqizeinamma seinamma,
In þamma landa Maurdauris þarei þai skadjus ligand.
Ain figgragulþ waldan ija alla, ain figgragulþ finþan ija,
Ain figgragulþ briggan ija alla jah in riqiza bindan ija.
In þamma landa Maurdauris þarei þai skadjus ligand. 

Testo in italiano:

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nell'oscurità incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.

COMMENTI:

Le frasi sono perfettamente wulfiliane e la traduzione è molto letterale. Forse Teodorico il Grande avrebbe trovato la poesia un po' inusuale, ma di certo l'avrebbe apprezzata. 

Maurdaur /'mɔrdɔr/:
Semplice trascrizione del lemma tolkieniano con ortografia tipicamente wulfiliana. È adattato naturalmente alla declinazione di nomi forti come dags "giorno" (tema in -a-), così si ha il genitivo Maurdauris /'mɔrdɔris/
 

albiska-þiudanans "Re degli Elfi" (acc. pl.):
È un composto formato da
þiudans "re". L'aggettivo prefisso è un derivato col suffisso produttivo -isk- a partire dalla forma ricostruita albs "elfo" < proto-germ. *alβiz (tema in -i-), vocabolo non attestato nei documenti a noi noti del gotico di Wulfila, che dovette però essere presente come parte della comune eredità germanica. Così avremo il plurale Albeis "elfi", dativo pl. Albim, accusativo pl. Albins. È piuttosto singolare questa forma con aggettivo prefisso. Avrei preferito tradurre con þiudanans Albe, usando un semplice genitivo plurale.  

dwairga-fraujans "Signori dei Nani" (acc. pl.):
È un composto formato da frauja "signore". La forma ricostruita dwairgs "nano" ha il tema in -a- e corrisponde alla perfezione al norreno dvergr "nano". In questo caso il composto ha come primo membro il sostantivo, a differenza del più complesso
albiska-þiudanans. 

martedì 25 ottobre 2016

LA CADUTA DEI GREUTUNGI - TERZO CANTO

Titolo: Drus Griutunge 
Titolo tradotto:
La Caduta dei Greutungi 
Lingua: Gotico
    Note: Gotico rivitalizzato (conlang neogotica)
Traduzione: Inglese
Genere: Poesia epica
Autore: Sconosciuto
Nazionalità dell'autore: Inglese
Autori del backup: Comunità Odinista Spagnola 
    (Comunitad Odinista de España-Ásatrú)
Link originale (conservato in Web Archive):
     http://www.oe.eclipse.co.uk/nom/drus.htm

Link del backup:
     http://asatru.es/drus-griutunge/
Probabile causa rimozione:
 Censura
Valutazione: Eccellente
 
Peculiarità ortografiche: Uso di -ng- anziché -gg-;
    uso di hv per non disponibilità del carattere ƕ.


TERZA PARTE 

Þridjo fitja – Fitt III 

Sildaleiko
warþ sauþs þizai naht,
iþ hlautatains
taiknida hreiþa,
þauhjabai ni windhun
witans ufkunþedun. 

Wondrous went the offering that night, and the lot that fell betokened a storm, though the wise could sense no wind.

“Ga-u-hva-saihvis, guma, gangan
jah and gang skewjan,
waihts unkunþos,
aiþþau wairans aufto?
Mildeis auk rudniþ
jah mairqus warþ
suns seljaizos
sunnons broþar.” 

“Doest thou see ought, friend, stepping, upon the way walking, strange beings, or men perhaps? For all reddened grows the gentle brother, and clouded suddenly, of the kindly sun.”

“Ik glaggwo ni wait,
hva and gang skewjan,
waihts unkunþos
aiþþau wairans, gasaihva;
iþ þugkeiþ mis,
ei þiuda farai
ufar þaurp jah hugs
jah faur þiudaahva,
fulk faiknaswinþ
jah funs badwos.” 

“I know not clearly what upon the way walking, strange beings, or men, I see; but it seems to me that a nation fares over field and acre and down by the great river, a host mighty in malice and keen for conflict.”

Ussandiþ was waurd
in swartai naht.
Uhtwo swe azgons
austaþro qam.
Iþ dauþudiups
drunjus haurne
jah þuthaurne
hausiþs was goljan
þana dag domis
ana Danapris staþam,
gaizagrewata mel
ana Gutþiudai,
hveila hardja
hilmis jah brunjons. 

Then word went out in black night. Dawn like ashes approached from the east. Deep as death, the din of horns and trumpets was heard to greet that day of judgement on the banks of the Dniepr, a spear-grey hour in Gothland, a hard hour of helm and byrnie.

Ubuþ-þan-wopida wair
ana waddjau baurgs,
Ibra sa junga
(sah was Alisins sunus):
“Mel ist nu gamunan,
þizeei at midau sworum.
Hveits auk skildus
skulds ist usgildan.
Und gibom gunþja
usgildan skulum.
Baugans berum
bairhtans ana armim,
daroþuns at dauhtai.
Niu gadaursum,
þan hiuhma atist
her ana wanga,
fulk unfraisan
jah faurhtjando?
Galaisidedum faurhtjan uns
filusna manne.
Uldinis usdreibam
arbjans us landa!” 

Now out cried a man, Ibra the young, on the fastness wall (He was Alisa’s son.): “It is time now to recall those oaths which we swore at mead-drinking. Shining shield must be repayed. For gifts we must pay with war. Bright rings we have borne on our arms, spears to a feast. Do we not dare when a multitude is present here upon the plain, a force untried and fearful? Many men have we taught to dread us. Let us drive Uldin’s heirs from the land.”

Iþ Audika qaþ
(Arans galesun sik.)
hauhai stibnai
jah faura harja raiþ:
“Afdumbn, Ibra,
alajunga þign!
Nis frasta mais.
Waitei þu þuk froknjana mant?
Hvana, dwala, ahjis,
þanei usdreiban mageis? 

But Audika said (Eagles gathered.) in a loud voice, and rode before the host, “Be thou silent, Ibra, warrior so young! Thou art yet no more than a boy. Perhaps thou thinkest thyself brave? Whom, fool, doest thou imagine that thou might drive out?

Gahaftidedun sik auk Hunim
hairizans markos.
Balþs Balambair
miþ seinaim brandam qam;
weisa jains uf waddjau
ana wigja nu sitiþ
miþ muldai wigis
jah miþ minþiladrupam.
Waldands ist þeins wulfeins
woþs allandjo;
nist þata fulgin
fairhvje barnam.
Þana kaldan ni karist
kaisar þeina.
Maurþrida Meringans
managizans, þau Huneis.
Jai, hveits skildus
skulds ist usgildan,
jah und gibom gunþja,
usgildan skulum,
jah ingibam,
und andi nu.” 

For the dukes of the border have joined the Huns. Bold Balamber with his blades has come, sits now beneath thy walls, yon chief upon charger with the grime of the road and the foam of the bit. Thy wolvish master is mad entirely; it is well known to all the sons of men. That cold kaiser cares not for thee. He has murdered more of us than have the Huns. Aye, shining shield must be repayed, and for gifts war we must pay, and for poisons now, to the last penny.”

Iþ is anduh-hof,
airls af waddjau:
“Hva unsis kara
aiþþau Amalingans,
þauhjabai gutane gulþ
uswok gairnein þus,
aiþþau sijai afmarzeins
uta ana markom?
Hlohjada ik haldis,
þatei ana hilmam nu
hairus meins skal singwan,
hairznakasa gatairan,
jah þatei rigke meins gais
skal ribja bitan,
jah þatei untriggweins
jus nimiþ allai laun. 

But the other retorted, warrior from the wall, “What concern is it of ours, or of the Amalings, though Gothic gold has stirred thy greed, or treachery out upon our borders be? Rather it gladdens me that my sword on helms shall sing and shatter brain-pots, and that my spear is to bite men’s ribs, and that ye all shall receive the reward for your disloyalty.”

Þanuh Audika qaþ,
unfaurhts haluþs,
handugs jah haþusnutrs,
du harjatugin:
“Ni wesun swaleika
waurda attins,
þan weis air uhtwon
usiddjejum
us alþeis baurg,
Alisins, geza.
Nist liufs imma
allwalda þeins,
fram þammei snuza seina
uf snaiwa gafalh
jah barnis barn
ana bel gawarft.
Nih gairnida gunþjos
gutane kindins;
fraiwis ju Gautis
faurstasseis gadraus,
sagjis sarwe laus,
sis silbin usqam.
Faura naht, niþjis,
skal ana nawihaiþjai
hugihus haluþs,
hauhhairt kolnan. 

Then quoth Audika, fearless fighter, wise and war-shrewd, to the general: “Such were not father’s words when we came yesterday in the dawn early from old Alisa’s stronghold. Thy supreme ruler is not dear to him since he laid his daughter-in-law to rest beneath the snow and thou didst cast his grandson upon the pyre. Nor did the governor of the Goths wish for war; the overlord of Gaut’s seed has already fallen, a defenceless man, took his own life. Before night, kinsman, even thy proud hero’s thought-house must, upon this heath of corpses, cool.”

Iþ Ibra hloh,
aifr waurd usbar:
“Balþs warst nu, broþar,
jah bredaba hva.
Hvar wast, þan usqemum
qenai þeinai
jah biþe frasta in fon,
frumabaura, ik atwarp?
Hilms gulþahrudans
ni sat ana haubida im.
Ni unþaþlauhun þan þo,
nih gaþliuham weis.” 

But Ibra laughed, answered sharply: “Bold hast thou become, brother, and rather suddenly. Where wast thou when we slew thy wife, or when I cast thy child, firstborn, into the fire? No gilt helm sate upon their heads. They fled not then, and nor shall we.”

“Jus þan,” sa qaþ, “airlos
allai gadauþniþ,”
modags manna
ana marhis baka,
jah meki uslauk,
maiþm fadreinais,
þanei Uzdagais
ufar unþjos þaka
(blindans gailida wulfans)
du waihjon atbar,
iþ Botareþs
ufar þo brugja, sei draus.
Þata was wulþags wair.
Nist wigs ibuks. 

“Then all ye doughty ones,” he said, “shall die,” wrothful rider, and drew his sword, that heirloom which Uzdagais bore over the wave’s thatch (He gave cheer to the blind wolves.) to battle, and Botareth over the bridge that fell. That was a fine man. There is no way back.

“Ga-nu-riqizjadau himins strelom
Humilins magiwe!
Inreiradau grundus jah gang
jah all gawi hrussam,
hveitaim jah swartaim
ana harjawiga!
Fraweitam þan þans walisans
afar wintruns swa filu!
Agja aitreina,
Iuþins laiba,
brand meinana þana fairnjan,
bloþis þaurseiþ;
maiþms melafaihs
mannanhun freideiþ.
Managa tagra
ni drausja du muldai in þis.” 

“So let the heavens be blotted with the bolts of Humila’s boys. Let the ground quiver, and the roads and the whole country, with our steeds, the white and the black on the highway. Let us then avenge those dear ones after so many winters. This envenomed blade, heirloom of Iutha, my ancient brand, thirsts for blood; that inlaid gift, none will it spare. Not many tears shall I let fall to earth on that account.”

Ni andhof sprauto,
iþ qaþ bi spedistin,
Ibra sa junga,
jah ask undgraip:
“Jai, wairþan magun
waurda þeina.
Wai þan unsis!
Wai Griutungam!
Hvaþro gahabam hairurigk
hardjana swe Unwen,
hvaþro þana ibnan
Airpamarhin,
Ansilin aiþþau Analin
aiþþau Austragutin?
Ins ni aiw saihvam;
eis ni aiw qimand,
þande airþa wisiþ
jah iuphimins.
Unsara auk usliþun allai
þai iusistans,
iþ aflifnand mans ainai
þai minnistans. 

He was not quick to reply, but quoth at last, Ibra the young, and seized his spear, “Indeed they may come to pass, these words of thine. Woe then to us! Woe to the Greutungs! Where shall we find a swordsman tough as Unwen, where Erpamarha’s equal, Ansila’s or Anala’s or Ostrogotha’s? We shall never see them. They will never come, so long as Earth lasts and High Heaven. For the best of us are all gone, and only the least will remain.

Jah wairþam wainah kuni,
wratonds, asnjos,
waurpanai du windam
wulþaus lausai.
Nist nu þizos aldais qius
ainshun manne,
saei fulk unsar,
habaiþ frijata saihvan,
nih barna is
nih barna ize.
In silubr weis sijum
swa frabauhtai.
Wairþai þan ushahans hvazuh
(Halka unsara sigisa!),
saei frabugjiþ oþal
aljakunjaim.
Baugabrutja mik baþ,
ei þizai baurg witau.
Ik fairra ni mag.
Sa was auk frauja meins.”

And we shall become a wretched people, wanderers, hirelings, cast to the winds, without glory. There is none now living of this generation who will see our folk free, nor his offspring, nor theirs. Thus are we sold for silver. So let any man be hanged (In vain our victories!) who sells off our homeland to strangers. My chief bade me hold this fort. I cannot leave; he was my lord.”

Iþ Audika qaþuh,
aihv spauram haihaggw,
“Ik þuk nu faigjana wait,
funsana haljos.
Du þaim airizam ju
aha þeins hvairbiþ.
Hva daug filu maþljan?
Mais letam skildu
skafta andhafjan!
Swa, broþar, skal wisan;
bota nist dwaliþos.” 

But Audika said, spurred his horse, “I know now that thou art dead already and eager for thy grave. Thy mind wanders already to the ancestors. What use much talk? Rather let us have shield answer shaft. So shall it be, brother; there is no cure for foolishness.”

Rodida þan anþar
uzdakampja,
harjonds haswafahs
ana hahista:
“Sijaidu afhugidai?
Haurjamu þaurbum usdreiban,
sainjans du sakjon,
izwis us saliþwom ut?” 

There spake then another vanguard warrior, some grey-haired harrier on horseback: “Are ye bewitched? With fires must we needs drive you, slow to strife, from out of your halls?”

“Þaurfts nist izwis haurje,
unte ni gaþlahsnam weis.
Daroþjus dunjandau
faura daurom gardis.” 

“Of fires have ye no need, for we shall not be afrighted. Let darts rain down before the gate.”

Þlaigidedun þignos
þlainam in hansa.
Faura skarjai þairhskritun
skilduns askeis.
Gaizos gullun,
jah grewasnaga.
Gol gunþifugls,
swaswe gumans gadrusun. 

Combattants let fly their barbs into the company. Before the troop, ash-shafted javelins sheared through shields. Spears whirred through the sky. Greycoat howled. War-bird crowed as men fell.

Baurd bluggwan was
brunamma hairau,
iþ hilms haggwans,
haþuwastjos jah.
Hune haurnabugans
dishnupun hari in twa. 

Board was beaten with brown blade, and helm hewn; war-weeds also. The horn-bows of the Huns tore the host in two.

Rukun faura naht naweis
naqadai ana aidam;
anþarans ana airþai
arans nu distaurun,
falwans uf tunglam
swe timr skaban.
Hune wesun ana hallau
hleiþros stakidos.
Atsnewun du saliþwom
sagjos afar hildja,
iftumein uhtwon,
Airmanareikis. 

Before night bodies smoked bare on balefires; others now eagles upon the earth did rend, pale under the stars like shaved timber. The tents of the Huns were pitched upon the rock. Next day at dawn to the halls they hastened (fighters after the fray)of Ermanaric.

Þata was auk þiudans
þiuþeigosts gibom;
þata was auk hilmje
hindarweisosts.

For that was the king most kind in gifts; for that was the sliest of sovereigns.

Jah ussandiþ was waurd,
þatei wulfs gaswalt.
Galaubja, þammei waiht ni was
wulþrais mannhun,
biþe saiwala brigus
fralailot us brustim.
Himins alls huliþs
harjis stubjau.
Mulda marhe
þo mildjon falh
(Þatainei naus nauh ains.)
niþjon menins.
Drugkana afar drauhtin
ni warþ þamma daga strawohun.
Riurjai waurþun rigkos
ana rohsnai baurgs,
bi Merjan stain
jah faur Mairqjan widu,
bi Hailago hlaiw,
ana harjawiga,
þaurpa jah hugsa,
jah in þiudaahvai.

And word went out that the wolf was dead. I doubt that it mattered a whit to any wight when the monarch let go the life from his breast. Heaven all veiled with the dust of the host. Dust of horses hid the mild (Just one more corpse.) kinswoman of the moon. No wake was drunk that day for a lord. Fighters rotted in the fortress yard, by the Famous Stone and the Dark Forest, round the Holy Howe, on the highroad, field and acre, and in the mighty river.

Lang mel galiþan.

Long time ago.

Falkan ik gasahv þar frijana
fiþro ana anza.
Haubiþ sein þata blindo
is wandida jah hidre, jah jaind,
ufar falwiskai.
Ik gasatida fotu in wig.
Unþaþlauhun þiujos.
Þeihvo in airþai.
Framis ni wili harpo,
ei si hausjaidau.

A falcon I saw there, free of feathers on its beam. It turned its blind head now this way, now that, above the cinders. I put my foot to the road. The servants had fled. Thunder in the earth. The harp does not want to be heard further.

COMMENTI:

ni windhun "nessun vento": Una forma indefinita e poetica, costruita a partire da pronomi come ni ainshun, ni mannahun "nessuno".

fulk "schiera" (n.): Termine di ottima tradizione germanica, non è direttamente documentato nei testi in lingua di Wulfila, ma è attestato negli antroponimi dei Burgundi, di lingua germanica orientale come i Goti.

austraþro "da Est": Una forma avverbiale di moto da luogo, da austr "Est, Oriente", col suffisso -þro che si trova in numerose altre occorrenze.

dauþudiups "profondo come la morte": Un composto poetico, da dauþus "morte" e diups "profondo".

daroþuns "dardi" (acc. pl.); daroþjus "dardi" (nom. pl.): Forma ricostruita su ottime basi, cfr. antico inglese daroð, antico alto tedesco tart, norreno darraðr.

Uldinis "di Uldin" (gen.): Antroponimo unno, attestato come nome di un predecessore di Attila. Nella lingua altaica degli Unni significa "Prospero", "Felice". La migliore trascrizione in gotico sarebbe a parer mio Uldein /'uldi:n/; la forma originale doveva essere tronca: /ul'din/

Hunim "agli Unni" (dat.): La forma gotica ricostruita è huns /hu:ns/ "unno", pl. huneis /'hu:ni:s/, con vocale tonica lunga.

Balambair "Balamir": Antroponimo unno, attestato come nome di un predecessore di Attila. La pronuncia gotica è /'balambɛr/. Nella lingua altaica degli Unni significa "Il Più Feroce". La trascrizione in gotico è ottima; dagli scritti di Iordanes si evince che vigeva anche la forma Balameir /'balami:r/. Le forme unne originali erano tronche: /balam'bɛr/, /bala'mir/, /bala'mur/.

rigke "dei guerrieri" (gen. pl.); hairurigk "spadaccino" (acc.): Il vocabolo ricostruito rigks "uomo, guerriero" è corradicale dell'anglosassone rinc "uomo, guerriero" e del norreno rekkr id.

airls "guerriero" (nom. sing.); airlos (nom. pl): Ricostruirei questa forma come airils con la variante airuls (cfr. il nome degli Eruli, scritto Heruli con una h- spuria). La forma proposta dall'autore è basata sul norreno jarl "conte", che tuttavia a parer mio viene da un più antico erilaR (attestato in iscrizioni runiche) con una precoce sincope. 

uzdakampja "guerriero dalla punta aguzza"Un antroponimo composto dal vocabolo ricostruito uzds "punta aguzza"; il secondo membro è stato ricostruito sulla base del norreno kapp "battaglia, contesa" (< *kamp-), antico alto tedesco camph "pugna" (tedesco moderno Kampf). Dal derivato *kampjan- derivano l'anglosassone cempa e l'antico alto tedesco cempho "campione". L'origine ultima è il latino campus.

harjonds haswafahs "saccheggiatore dalla chioma grigia": È evidente la natura di harjonds, participio presente di harjon "devastare, fare guerra" (norreno herja), derivato ricostruito del ben attestato harjis "esercito", di ottima tradizione germanica. Il composto è formato da haswa- "grigio" (norreno hǫs) e da fahs "criniera, chioma" (norreno fax).

Airmanareikis "di Ermanarico" (gen.): Nome del glorioso sovrano dei Goti di cui Iordanes descrive le epiche gesta. Sottomise un immenso numero di genti, giungendo ad imporre il proprio dominio a popoli remoti come i Mari e i Mordvini. L'antroponimo deriva da airmana- "immenso, enorme" e da reiks "sovrano". Corrisponde al norreno Jǫrmunrekr. Nella lingua degli scaldi il prefisso jǫrmun- era ancora vitale; da esse è stato formato anche il nome del Serpente del Mondo, Jǫrmungandr.

Uzdagais "Giavellotto Appuntito": Un antroponimo composto dal vocabolo ricostruito uzds "punta aguzza" e da gais "giavellotto" (gen. gaizis, nom. pl. gaizos), ben attestato nell'antroponimia. Corrisponde al norreno Oddgeirr.

Falkan "un falco" (acc.): La parola di origine latina, da falco: (gen. falco:nis) si trova in norreno come fálki, con la regolare declinazione debole. Se devo essere franco avrei preferito che fosse usato il termine germanico nativo, che in gotico è ricostruito come habuks (gen. habukis, dat. habuka, acc. habuk; cfr. norreno haukr): il verso suonerebbe Habuk ik gasahv þar frijana

lunedì 24 ottobre 2016

LA CADUTA DEI GREUTUNGI - SECONDO CANTO

Titolo: Drus Griutunge
Titolo tradotto:
La Caduta dei Greutungi 
Lingua: Gotico
    Note: Gotico rivitalizzato (conlang neogotica)
Traduzione: Inglese
Genere: Poesia epica
Autore: Sconosciuto
Nazionalità dell'autore: Inglese
Autori del backup: Comunità Odinista Spagnola 
    (Comunitad Odinista de España-Ásatrú)
Link originale (conservato in Web Archive):
     http://www.oe.eclipse.co.uk/nom/drus.htm

Link del backup:
     http://asatru.es/drus-griutunge/
Probabile causa rimozione:
 Censura
Valutazione: Eccellente

Peculiarità ortografiche:
Uso di -ng- anziché -gg-;
    uso di hv per non disponibilità del carattere ƕ.


SECONDA PARTE 

Anþara fitja – Fitt II 

Wasuþ-þan þiuda suma
þaþro fairra,
(soh was kuni kunje),
qrammiþai bigrabana,
balþa jah hvassa
badwos funsa.
Grimmiþai allai
waurþun grimmozans. 

Now, there was a people far from there (That was a kin of kins.), fenced about by damp, harsh and bold, keen for conflict. Fiercer they became than all fierceness.

Bisitanai salidedun
saiwim langa,
alja ni gafrehun
alde barna,
waiht ni wissedun
bi wundan gulþ,
nih gahausidedun huhraus
huzde aiw nauhþanuh,
sweþauh ei afar
im þata warþ kunþ. 

Surrounded by swamps they long had their dwelling. Of other sons of men no record reached their ears. No whit of awareness had they of twisted gold, nor ever yet had they heard of hunger for hoards, though afterwards that became known to them.

Þata was leitila waihts,
liþau unswinþa;
af hairdai hvarb
hinda aina.
Jah seiþu warþ.
Saurgandei warþ.
Fralusana in fanja,
si rann framis. 

It was a little thing, weak of limb; a hind wandered from the herd alone. It grew late. She grew sad. Lost in the fen, she ran on.

Ainata iddja
þata airpo dius,
qam maurnando
þairh Mairqjan widu,
haglakaurnam
kaldaim draibiþ
und dauþu nehv,
faur diup wato.
Harduba was anaprangan.
Si mahta halis gangan.
Bisnau faur Salwo swumfsl.
Þata suti ni was,
sa staþs, þarei niqis
nahtam laikiþ,
sa staþs, þarei wulfs
ni wili wraton ufta. 

Alone she went, the tawny creature, came anxiously through Mirkwood, by hailstones driven nigh unto death, by deep water. She was hard pressed. She could hardly walk. Sped by the Dark Mere. Pleasant it was not, that place where the things of the deep cavort by night, that place where the wolf is loath to linger.

Gaþ-þan-frehum, hvaiwa
(Si mahta halis þairhsaihvan.),
fram Filumera,
frasta Gadareikis,
bandjom jah miþ banjom
balwidos wesun
handugos, hunslfrodos
haljarunos. 

Now, we have heard of how (She could hardly see.) at Filimer’s hand, Gadaric’s child, they were tormented with bonds and with wounds: the wise witches, knowledgeable about sacrifice.

Qinom kunnandeim
warþ kindins hvass,
waurhta ijos du wargam,
weisa Hraide.
Ni andnemun þos brudeis at reik
bleiþein in waihtai.
Jah Wulþuwiseis
habaidedun winnan in þis. 

Cunning women the king grew harsh to, made outlaws of them, leader of the Hred-Goths. Those ladies got no mercy from the ruler. And the glorious Visigoths would suffer for that.

Gardins bigetun
miþ gramaim ahmam
aitrakaldans
aurahjom in,
þiubjo þahtedun
bi þatei du þaurftai fairrann. 

Venom-cold homes they found in the tombs with angry ghosts, and in stealth bethought themselves of what was needed.

Jah miþ unhulþam
arþu nemun,
sundro salidedun
samana miþ skohslam,
fram þammei ijos drauhtins usdraif
(Þata was doms sleideis.),
gatawida tibrmaujos,
trudan hreimawigans,
bauan brinnandeins
baurgim fairra,
wraiþein, iþ raigjon
rinnan lailotun.
Nahts neiþhardus;
izos nasos fraus smalos. 

And with fiends they dwelt, lodged apart with demons, since the commander drove them out (That was a dire judgement.), made the oblation-maidens to tread the rime-roads, dwell far from towns, burning with wrath, but the doe they let run. A hate-hard night; froze her little nose.

Aþþan sweþauh qam air uhtwon
(abraba was lasiwa)
dairnjos usdrustins
at Danapris staþam,
jah qam und andi
at Aujom dalaþ,
jah qam bi spedistin
(spaurde afmauida,
galdram ufhabaida),
at Griutungam,
und Hailago hlaiw,
þarei und hita standiþ. 

And still, for all that, she came in the early dawn (She was sorely exhausted.), by hidden tracks, to the banks of the Dniepr; and came in the end down to Aujos the Watermeadows, and came at last (by leagues wearied, by spells upheld) to the land of the Greutungs, unto the Holy Howe, there where it stands to this day.

Þaruh dauns woþi
urrais af wanga.
Iþ luftulukarn
ana landa warm
grundubauandam
du gamana skain,
milhmane skeima,
mannam du botai
in airdagam
swaswe ibno nauh.

And behold, a sweet scent arose from the plain, while sky’s candle warm upon the land, for the delight of dwellers upon Earth, did shine, lamp of the clouds, to the good of mankind, in days of yore as even yet.

Lausqiþra bi lagu
si laubis naut,
jah wato bigat
jah wen bigat
jah gras manag,
þarei groni wohs
in maurgina þar
midjungardis.
Jah qam aftra
þata airpo dius,
unte gang gaman,
jah izai gaumiþ warþ.
Jah nu sa fairhvus
hva fairniza ist. 

Empty-bellied by the beck, she enjoyed her fill of foliage, and found water, and found hope and much grass where it grew green in the morning, there, of the world. And she returned, the tawny creature, for she remembered the way, and was seen. And now this world is somewhat older.

COMMENTI: 

badwos funsa "pronto alla battaglia" (f.): L'aggettivo funs "pronto" è ben attestato nell'antroponimia dei Goti e di altri popoli germanici. Ad esempio il nome Ildefonso deriva da Hildifuns e significa "Pronto alla Battaglia" (cfr. norreno hildr "battaglia"). Il vocabolo badwa "battaglia" è anch'esso di ottima tradizione. Ha origini celtiche e corrisponde all'elemento antroponimico Boduo- ben attestato in gallico, oltre che al teonimo antico irlandese Boḋḃ

Grimmiþai "alla ferocia" (dat.): Il termine gotico ricostruito grimmiþa è una regolare derivazione da grimms "feroce, terribile", non attestto e corrispondente al norreno grimmr "severo; irato". Questo vocabolo esistette di certo, dato che è precisamente l'origine della parola italiana grinta, purtroppo in via di obsolescenza. Infondata e meritevole di scherno è l'idea di quei romanisti che interpretano la parola come "scabbia".

þairh Mairqjan widu "attraverso il bosco scuro": Si colgono gli echi del Bosco Atro creato dalla fantasia di Tolkien, chiamato Mirkwood in inglese, la cui forma gotica è stata ricostruita come Mairqrwidus. Il vocabolo widus, non documentato nei testi di Wulfila, era verosimilmente presente come parte dell'eredità germanica comune. 

haglakaurnam "ai chicchi di grandine" (dat. pl.): Composto formato dal vocabolo ricostruito hagl "grandine" e da kaurn "chicco di grano". Entrambe le parole sono di ottima tradizione germanica: norreno hagl, antico alto tedesco hagal, etc.

hunslfrodos "conoscibili tramite sacrificio" (pl. f.): Il composto deriva da hunsl "sacrificio", donde hunslastaþs "altare" (lett. "luogo del sacrificio"). In inglese vive ancora il vocabolo dotto housel "Eucarestia", che ha la stessa origine della parola gotica. Anche il norreno ha húsl "Eucarestia". L'aggettivo froþs "saggio" è dalla stessa radice proto-germanica da cui deriva il nome del Re Frotho e da cui Tolkien ha tratto il nome di Frodo.

haljarunos "streghe" (pl. f.). Il vocabolo è tramandato da Iordanes nella forma Aliorumnae (la -m- è spuria). Lo storico ci dice che queste streghe si sarebbero accoppiate con gli spiriti immondi del deserto, dando origine agli Unni. Il composto è formato da halja "Inferno" e da runa "segreto". Il nome germanico degli Inferi è dalla stessa radice dell'etrusco Calu, che indica lo stesso identico concetto.

Wulþuwiseis "Visigoti Gloriosi" (nom. pl.): L'etnonimo Wiseis "Visigoti" è la forma originale: la forma Visigothi con cui gli autori hanno trascritto il nome è abbastanza tarda. Il nome, di chiara origine indoeuropea, significa "Eccellenti". Nasce da un equivoco l'idea che Visigoti significhi "Goti Occidentali": si fonda tutto sul fatto che Ostrogoti significa "Goti Orientali".

aitrakaldans "freddi come il veleno" (acc. pl.): Il composto ha buone corrispondenze nel materiale poetico in norreno, dove il veleno è descritto come "freddo". Il termine ricostruito aitr corrisponde al norreno eitr, all'anglosassone ātor e all'antico alto tedesco eitar (tedesco moderno Eiter). Il significato originale della parola doveva essere "ghiandola", "pus". In epoca abbastanza antica si è avuto uno slittamento semantico verso "veleno"

nasos "narici" (acc. pl.): Il vocabolo nasa "narice; naso" (f.), pl. nasos "narici" non è attestato ed è stato ricostruito. Il norreno ha nǫs "narice; naso", antico alto tedesco nasa "naso" (tedesco moderno Nase, di genere femminile). Esistono molte altre varianti complesse, così non sappiamo quale fosse la parola più comune per indicare il naso. 

LA CADUTA DEI GREUTUNGI - PRIMO CANTO

Titolo: Drus Griutunge
Titolo tradotto: La Caduta dei Greutungi 
Lingua: Gotico
    Note: Gotico rivitalizzato (conlang neogotica)
Traduzione: Inglese
Genere: Poesia epica
Autore: Sconosciuto
Nazionalità dell'autore: Inglese
Autori del backup: Comunità Odinista Spagnola 
    (Comunitad Odinista de España-Ásatrú)
Link originale (conservato in Web Archive):
     http://www.oe.eclipse.co.uk/nom/drus.htm

Link del backup:
     http://asatru.es/drus-griutunge/
Probabile causa rimozione:
 Censura
Valutazione: Eccellente
Peculiarità ortografiche: Uso di -ng- anziché -gg-;
    uso di hv per non disponibilità del carattere ƕ.

PRIMA PARTE 

Frumei fitja – Fitt I

Ussandiþ was waurd,
þatei wulfs gaswalt.
Urrunnun Airjus
and allata land.
Urrisun Aistjus
jah Idumingos.
Maurginis, manwjai,
Meringos bidun.
Wens was in weihsa,
ana wairilom faheþs.
Ussandiþ was waurd.
Ni was sunjein. 

Word went out that the wolf was dead. Messengers fared forth throughout the land. The Ests rose up, and the Idumings. The Merings, ready, awaited morning. There was hope in hamlet and joy on lips. Word went out. It was not true.

Lang mel galiþan. 

Long time ago.

So was ubila wiko
allaim alja hrabna.
Gahausida Haima,
þatei hairus gabiti,
Haiþika jah Haþula,
jah qemun af hlainam dalaþ.
Fairraþro þan
af fairgunjam,
gumnans alafunsai,
du Gutþiudai,
Aþalins inkunjans,
ibukai gasnewun.
Iþ galgin ridun
Gunþirunos,
afslahanai stainam,
sunjus juþan bai. 

Ill was that week for all but the raven. Haima heard that the sword had bitten, Haithika and Hathula, and came down from the hills. From afar now, from off the mountains, men most eager, to Gothland, Athala’s compatriots, hastened home. But upon the gallows rode Gudrun’s, slain with stones, sons both by then.

Wasuþ-þan kuni kunje. 

Now, there was a kin of kins.

Abin airknamma,
(Nist izwis þizos aglons þaurfts.),
qenai qainondein,
fraqistjan ni skuluþ.
Balþans izwis, hva boteiþ,
jabai barn ugkar
hlasata in atiska,
haluþs, jus gadauþeiþ. 

My husband true (This anguish need not be.), weeping wife, ye must not kill. What good will it do you bold ones if our child, happy in the field, ye heroes slay.

Þeinis þiuþeigis
unsis þaurfts ist usqiman;
qenai qainondein
fraqistjan skulum.
Barn igqar, hva uns boteiþ
gabrannjan ni witum,
sunu þana taitan,
iþ gataujam swa. 

That fine man of thine we must needs kill, weeping wife we have to slay. We know not what good it will do us to burn your child, your merry son, but that is what we shall do.

Kuni was simle kunje.

There was once a kin of kins.

Fairhvjos þan faiflokun
ni fawai walisans
ana Danapris staþam,
dairnjai saurgai,
ana Gutþiudai,
Gautis knodais,
wenida ana Aujom,
Augeis kunjis,
usbeisneigai
du andja þis. 

There bewailed then not a few folk their dear ones on the banks of the Dniepr, in secret sorrow, in Gothland, of Gaut’s people, hoped in Aujom the Watermeadows, of Augis’s kin, patiently for an end to that.

Þata was auk þiudans
þiuþeigosts gibom;
þata was auk hilmje
hindarweisosts.
 

For that was the king most kind in gifts; for that was the sliest of sovereigns.

Riqis was in razna,
rauks af haurjam.
Skinun augona
þis armlausins,
fadis framaldris,
af flatja dalaþ.
Þwairhana þangil
þuls ni latida.
 

There was darkness in the hall, fumes from the fires. Shone the eyes of the armless one, aged lord, down from the dais. Moody monarch, his minister did not halt him.

Inna qam Ibra
jah Awimundus
miþ muldai wigis
jah minþiladrupam.
Indrauhtjans du im
insehvun Imrikins banins.
“Uzda jah miþ agjai
armaions wanai
gatalzidedum, frauja,
þans fijands þeinans.” 

In came Ibra and Awimund with the grime of the road and the foam of the bit. The household troop of Imrika’s slayer turned their gaze upon them. “With point and with edge, merciless, we have chastised, sire, those foes of thine.”

Iþ ni was fullafahiþ
ize fauramaþlja.
“Swikalai mis wesun
sunjus Gautis!
Duhve her ni haba
haubida þize warge?” 

But their leader was not satisfied: “Faithless to me were the sons of Gaut! Why have I not here these felons’ heads.”

Jah rinno rann
uf razna framis,
jah brunna sutis,
iþ braitrs was munþs,
faur þaurp jah hugs,
so þiudaahva. 

And the river ran on below the hall (sweet the spring, but the mouth was bitter), by field and acre, the mighty river.

Lang mel galiþan. 

Long time ago.

COMMENTI:

fitja "canto, parte di un poema" (f.): La parola ha la stessa etimologia indoeuropea di fotus "piede", ma con diversa apofonia (< *ped-). Cfr. anglosassone fitt "canto, parte di un poema"; antico sassone fittea "parte di un poema, testo"

Drus Griutunge "Caduta dei Greutungi" (gen.): I Greutungi (Greuthungi, Gruthungi) erano un popolo di stirpe gotica il cui nome è formato dalla parola ricostruita griutus "ghiaia" (cfr. anglosassone grēot "ghiaia"). Nell'ortografia wulfiliana il titolo del poema si scriverebbe Drus Griutugge

Aistjus "gli Esti": Gli antenati degli Estoni, un popolo di lingua finnica (gruppo uralico). Il tema in -u- è stato ricostruito a partire dall'estone Eestu < *Aistu.

Idumingos "gli Idumingi": L'etnonimo sembra derivato dal nome di un capostipite *Iduma, il cui significato è oscuro. Menzionati nel poema anglosassone Widsith: ond mid Eolum ond mid Istum . ond Idumingum. Sono stati ritenuti a torto un'interpolazione dei biblici Edomiti. Potrebbero essere identificati col popolo baltico degli Ydumaei, menzionati da Enrico di Ymera nel Chronicon Livoniae. Nell'ortografia wulfiliana sarebbe Idumiggos

Meringos "i Meringi": Un etnonimo derivato da un capostipite di nome Merja "Il Famoso". È il nome di una nobile stirpe dei Goti. Nell'ortografia wulfiliana sarebbe Meriggos

in weihsa "nel villaggio": weihs (n.) "villaggio" è un parente del latino vi:cus (< *weiko-) e del greco ὀῖκος "casa" (< *woiko-). La consonante -s- appartiene alla radice.

gumnans: Chiaramente un refuso per gumans "uomini".

Gunþirunos "di Gudrun" (gen.): La forma ricostruita Gunþiruna corrisponde perfettamente al norreno Guðrún: è formato da gunþi- "battaglia" e da runa /'ru:na/ "segreto".

Haþula: Nome proprio di persona maschile, derivato dalla forma ricostruita haþus "battaglia", ben attestata in norreno (hǫðr) e nel germanico occidentale (antico alto tedesco hadu, anglosassone heaþu). Corrisponde al celtico *katus, ben attestato negli antroponimi come Catu- e -catus

haluþs "eroi" (pl.): Forma ricostruita a partire dal norreno hǫlðr "uomo". A giudicare dai discendenti in altre lingue, il gotico avrebbe con maggior probabilità la forma haliþs, derivata da una variante della precedente. In ultima analisi corrisponde al celtico *kaletos "duro; coraggioso", attestato in etnonimi come Caleti, Caletes e nell'antroponimo Caletus.

Danapris "Dniepr" (gen. m. o n.): Notevole idronimo di origine scitica (iranica), derivato da da:n(u) "acqua, fiume" e apar(a) "del lato lontano". Ovviamente i Goti hanno preso a prestito il nome del fiume senza comprenderne il significato. Iordanes ci attesta Danaprum (n.) e Danaper (m.).  

Gautis "di Gaut" (gen.): Si ricostruisce il nominativo Gauts. Iordanes attesta il nome di questo capostipite come Gapt, rendendo in questo modo stravagante un dittongo -au- conservato nelle voci mitologiche anche dopo che nella lingua comune si era sviluppato nella vocale aperta /ɔ:/. La pronuncia doveva essere /gauts/ (gen. /'gautis/), non /*gɔ:ts/, anche in epoca tarda.

Aujom "Scizia", lett. "ai prati (ricchi d'acqua)": Iordanes ci fornisce questo nome nella forma Oium, che riproduce bene la pronuncia /'ɔ:jo:m/. Interessante forma dativa sclerotizzata. Il termine significa innanzitutto "isola". Presso molti Germani antichi il concetto di "isola" era intercambiabile con quello di "prato ricco d'acqua".

Augeis kunjis "della stirpe di Augis" (gen.): Il nome Augis, attestato da Iordanes, permette di ricostruire la forma Augeis (gen Augeis, dat. Augja, acc. Augi). Il significato è a mio avviso chiaro: è un derivato poetico e arcaico di augo "occhio", col significato di "colui che scruta" o "vigile".

hilmje "dei sovrani" (gen. pl.): La forma ricostruita hilmeis "sovrano" significa alla lettera "quello con l'elmo" e appartiene al linguaggio poetico. Non attestata in gotico, corrisponde perfettamente al norreno hilmir.

armlausins "del senza braccia" (gen.): Credo che armilausins sarebbe preferibile (arms "braccio" in gotico ha il tema in -i- e non in -a- come nelle altre lingue germaniche: acc. pl. armins). Nel tardo latino esisteva il vocabolo armilausa (armelausa, armilausia), che indicava una corta tunica militare: è un evidentissimo prestito dal gotico. Si nota che non è ancora del tutto chiaro il meccanismo relativo alla presenza o meno della vocale tematica -a- o -i- nel primo membro dei composti gotici. La possibilità più credibile è che dipendesse da una serie di fattori, tra cui l'accentazione preistorica e l'analogia. 

fadis "del signore" (gen.): Un termine arcaico e poetico, attestato nella lingua di Wulfila soltanto in composti come bruþfaþs "sposo" e hundafaþs "centurione". La radice indoeuropea è la stessa da cui il latino ha formato possum e potens

þangil (acc.) "sovrano": Termine arcaico e poetico, ricostruito a partire dal norreno þengill "principe, re".

þuls "ministro": Termine ricostruito a partire dal norreno þulr "uomo saggio" (gen. þular). Avrei preferito di certo la ricostruzione þulus (gen. þulaus), perché la forma norrena ci suggerisce che il tema era in -u-. L'etimologia mi pare molto oscura, non è detto che il termine esistesse in gotico e che fosse una traduzione credibile per il concetto di "ministro"

Ibra: Nome di oscura etimologia. Somiglia al nome ricostruito del cinghiale, ibur (gen. iburis, dat. ibura), ma non è evidentemente quella l'origine, per ragioni fonetiche e morfologiche.

Awimundus: Il primo membro del composto è lo stesso di awiliudon "ringraziare". Il secondo membro significa "protezione" ed è molto produttivo nell'antroponimia germanica. Se il primo membro fosse la parola per "isola", dovrebbe invece essere Aujamundus.

miþ minþiladrupam "con la schiuma al morso" (dat. pl.): Un composto davvero notevole, formato dalla base minþil- "morso del cavallo" (cfr. norreno mél, anglosassone míðl, antico alto tedesco mindil; ha la stessa radice di munþs "bocca") e da un derivato del verbo ricostruito driupan "gocciolare", di buona tradizione germanica (norreno drjúpa "gocciolare", inglese drop "goccia"). 

Imrikins (gen.): Nome di oscura etimologia. Al momento non sono riuscito a trovare paralleli credibili.

iþ braitrs was munþs "ma la bocca era amara": La forma corretta è baitrs (cfr. inglese bitter): si capisce all'istante che *braitrs è un refuso. Si deve correggere il verso in iþ baitrs was munþs

þiudaahva "fiume potente" (lett. "fiume della nazione"): A dire il vero ci aspetteremmo þiudahva. La -a- del tema avrebbe dovuto essere assorbita dalla a- iniziale del secondo membro del composto. La formazione è ricalcata sul norreno þjóð-á "grande fiume": esistono in quella lingua numerosi altri esempi simili. Non sono tuttavia certo che una simile formazione accrescitiva esistesse nella lingua di Wulfila. Probabilmente all'origine c'è un fraintendimento del prefisso in parole come þjóð-konungr "re della nazione", quindi "grande re", "re potente", donde sarebbe nata tra i poeti l'interpretazione di þjóð- come accrescitivo. Suggerisco in ogni caso la correzione in þiudahva per motivi fonetici.