venerdì 18 agosto 2017


CRASH

Titolo originale: Crash
Autore:
James G. Ballard
Paese: Regno Unito
Lingua: Inglese
Genere: Romanzo postmoderno
Editore: Jonathan Cape
Data di pubblicazione: Giugno 1973
Prima edizione italiana: 1990
Codice ISBN: 0-224-00782-3
Codice OCLC: 797233
Ambientazione: Londra

Trama:

Il regista televisivo James Ballard, omonimo dell'autore ed evidente suo alter ego, ha un grave incidente stradale mentre torna dall'appuntamento con la sua segretaria e amante Renata. Invasa la corsia opposta, fa un frontale con l'auto di una coppia. L'uomo al volante rimane ucciso sul colpo, mentre la sua consorte sopravvive. Incastrato nella sua vettura, il regista guarda la donna ferita e la concupisce, proiettando su di lei pensieri morbosi. Arrivati i soccorsi, Ballard viene ricoverato nell'ospedale dell'aeroporto, unico paziente in una corsia desolata. Ha entrambe le rotule fratturate e rimane immobilizzato a lungo. Sua moglie, Catherine, lo viene a trovare spesso e gli racconta dettagli morbosi delle sue avventure adulterine, cosa che fa parte di un consolidato gioco della coppia. Quando Ballard comincia a riprendersi e a muovere i primi passi nello spettrale nosocomio, fa due incontri inquietanti. La prima persona in cui si imbatte è la dottoressa Helen Remington, la moglie dell'uomo perito nell'incidente. Lei si rifiuta di parlare e lo evita come un fantasma, comprensibilmente, potremmo aggiungere. Poi l'attenzione del regista è richiamata dalla sinistra figura di un uomo in camice bianco, col volto sfregiato da cicatrici. Questo è il punto di non ritorno, l'inizio dell'incubo. Catherine e James sono dominati da una singolare depravazione che a quanto pare non era mai stata descritta prima in nessun manuale di psicopatologia sessuale. In qualche modo entrambi identificano la loro sessualità con le automobili, con la velocità e con tutto ciò che ne consegue: incidenti, traumi, invalidità, sangue e morte. La macchina è vista come un'estensione del corpo, capace di moltiplicare all'infinito il piacere sessuale, come se la tecnologia fosse in grado di fondersi completamente con la biologia filogeneticamente ereditata. La stessa mente dei coniugi è una macchina pornografica in cui si realizzano le nozze tra Eros e Thanatos. Lo sfregiato in camice bianco si rivela essere Robert Vaughan, uno scienziato informatico che può essere descritto come la somma di tutte le perversioni concepibili. Un tempo era un conduttore televisivo di successo, ma in seguito a uno spaventoso incidente si è trasformato come un anodino dottor Jekyll in uno spietato Mr. Hyde. Il coinvolgimento dei coniugi Ballard e di Helen Remington con Vaughan si rivelerà assolutamente catastrofico. In una spaventosa catabasi lungo sentieri di sangue e di lamiere accartocciate, finiranno tutti stritolati nelle spire del Serpente Biomeccanico, annichilitore dell'Essere, perdendo se stessi.    

Recensione:

Questo capolavoro del postmodernismo descrive un mondo in rovina, popolato da individui simili a ombre che guizzano negli oscuri diverticoli dell'Ade. Molti lo vedono come un'anticipazione del genere cyberpunk, appartenente al vasto reame della Science Fiction, anche se si tratta di un'opinione a mio avviso un po' controversa, che non mi sento di sottoscrivere appieno. L'integrazione tra uomo e macchina non è qui la tendenza generale di una società ipertecnologica, ma è piuttosto l'eruzione del vero protagonista di ogni opera ballardiana: il Dio della Psicopatologia. Manca del tutto il concetto di progresso tecnologico che incorpora l'essere umano come naturale evoluzione che travalica la mera biologia. L'eruzione del Mostro della Follia è puramente immateriale, anche se le sue devastanti conseguenze sono tangibili e più dense della materia collassata di una stella a neutroni. Le vicende narrate in Crash non necessitano alcuno speciale supporto ipertecnologico: potrebbero essere ambientate in un qualsiasi anno a partire dalla diffusione dell'automobile come mezzo di locomozione di massa. Un'ambientazione fantascientifica è del tutto inutile. La fusione tra uomo e macchina non è qui il mero frutto di un'ideologia futurologica. Potremmo invece definirla il risultato dell'estrema, estenuante e incessante ricerca di nuovi stimoli erotici in seguito a una rapida assuefazione che conduce in modo ineluttabile a ricercare qualcosa di più forte. Andare oltre la stessa forma fisica del corpo per esplorare nuovi sconvolgenti mondi in cui il piacere, il dolore e la Morte diventano tutt'uno, perdendo la loro identità in un nuovo fluido micidiale. L'uomo postmoderno si muove come un vettore impazzito in un universo marasmico e sostanzialmente inconoscibile. A mancargli è lo stesso Logos. Nessuna facoltà razionale e morale può essergli di aiuto. Il rassicurante spazio euclideo a tre dimensioni non garantisce più alcun sistema di riferimento. Il solo panorama che si spalanca davanti agli occhi allucinati è quello della schizofrenia. Così ebbe a commentare l'autore nel 1996: "La sola cosa che amplia il paesaggio del XX secolo è la psicopatologia, e questa psicopatologia se ne ride dei diktat della morale. Il narratore e sua moglie hanno conquistato questa immensa libertà che permette loro di giocare i loro strani giochi senza preoccuparsi delle conseguenze. La psicopatologia è divenuta il motore di gran parte della nostra vita quotidiana."             

Citazioni:

"Vaughan slacciò la giacca di cuoio, rivelando — con gesto da omosessuale squilibrato che mostrasse le ferite non rimarginate di un'operazione transessuale mal riuscita — le ferite riaperte che gli segnavano torace e addome. Abbassai la testa sul suo torace, premendo la guancia sui sanguinosi profili d'uno sterzo sfondato, sui punti  di  collisione  d'una  plancia-comando. Gli scorsi la clavicola sinistra con le labbra e gli succhiai il capezzolo sfregiato, sentendo fra le labbra l'areola risezionata. Scesi con la bocca lungo l'addome fino all'umido inguine, segnato di sangue e di  seme, la verga del pene vagamente odorosa di escrementi femminili. Quell'inguine era alluminato d'uno zodiaco di collisioni sfortunate, e io esplorai a una a una con le labbra quelle cicatrici, gustando il sangue e l'urina. Con le dita toccai la cicatrice al pene, poi sentii in bocca il glande. Gli slacciai i pantaloni macchiati di sangue: le sue natiche nude erano simili a quelle d'un adolescente pubere, senza segni come quelle di un bimbo. Cominciarono a scattarmi d'irritazione i nervi di gambe e braccia, le membra a flettermisi da sole in una serie di spasmi nervosi.  Mi  misi  carponi  dietro  di  lui,  forzandogli  le  cosce contro le mie. Il carapace sporgente della chiesuola del cruscotto presiedeva al solco oscuro fra le sue natiche. Con la destra gliele aprii, cercando l'orifizio caldo dell'ano. Per diversi minuti, nel bagliore cangiante delle pareti  dell'abitacolo che sembravano sforzarsi di assumere la deformata geometria delle carcasse sfondate del deposito, gli tenni il pene accosto alla bocca del retto. Poi l'ano gli si aprì sulla testa del pene, sistemandosi attorno all'asta, i rigidi muscoli  detrusori ora padroni del glande. Mentre compivo il mio va-e-vieni nel suo retto, i veicoli saettanti nella luce lungo l'autostrada mi aspirarono il seme dai testicoli. Dopo l'orgasmo, mi staccai lentamente da lui, tenendogli aperte le natiche con le mani per non danneggiargli il retto; e, tenendole aperte, osservai il mio seme colargli dall'ano sulle coste scanalate dell'imbottitura vinilica."

2 commenti:

J.M.R. ha detto...

Gran scrittore, Ballard! Per certo, qualche mesi fa appresi, leggendo la sua autobiografia "I miracoli della vita", che sua prima moglie morì quando la coppia faceva vacanze in Alicante (città dove ho vissuto quasi tutta la mia intera vita), ed é seppellita lí, nel chiamato "Cimetero dei protestanti". (Non é una informazione molto rilevante, ma mi risultò sorprendente trovare questo nesso inaspettato.)
Un abbraccio e grazie per i tuoi scritti, Marco.

Antares666 ha detto...

Ciao carissimo! Grazie a te del commento e delle informazioni!
Un abbraccio :)