I FLAGELLANTI
La giornata si preannunciò subito portentosa. Come P. "Nodens" si presentò all’appuntamento, subito mi accorsi che indossava abiti esattamente identici ai miei. Non era possibile che si trattasse di una semplice coincidenza: i motivi del gilet e della camicia erano abbastanza complessi, eppure non c’era un solo dettaglio fuori posto. La cosa mi inquietò molto, e anche P. "Nodens" presagiva qualcosa. Arrivati a Milano, ci dirigemmo verso recessi particolarmente oscuri e decadenti, dove si trovava un negozio di videocassette pornografiche. P. "Nodens" aveva cercato per anni un film inquietante la cui scena finale era un’orgia di uomini mascherati. Quelle maschere bianche, quella musica abissale, erano diventati per lui una vera ossessione. Ora aveva parlato con il proprietario del negozio in questione e il film era stato trovato. Appena usciti da quel loculo incastonato nei muri anneriti, poco distante da un’orrida strada sopraelevata, fui in grado di percepire presenze inumane. Con la seconda vista vedevo le Volpi. Era in atto una processione di flagellanti spettrali e c’erano anche angoscianti figure gobbe con nere maschere di scimmia. I flagellanti si fustigavano la schiena nuda con rozze fruste o con gatti a nove code. Molti di loro erano lebbrosi, altri avevano la testa coperta di grossi bruchi di farfalla sfinge. Alcune figure erano prive di piedi e pareva che traslassero sospesi nell’aria. Suoni striduli e orrendi sembravano espandersi nel mio labirinto acustico, provenienti da una serie di rozzi strumenti metallici. Avevo l’impressione che quella cacofonia avrebbe mandato in frantumi la struttura stessa dell’Universo. Comunicai a P. "Nodens" ciò che i miei sensi alterati mi stavano trasmettendo, e con mia grandissima sorpresa, mi disse che lui vedeva e udiva proprio le stesse cose. La funesta processione ci accompagnò per tutta la giornata in ogni angolo di Milano che visitammo. Andammo in Via Legnone, e le rotaie del tram tra gli statici filari di alberi malati erano esse stesse teatro della cerimonia. Prendemmo il pullman alla stazione di Sesto San Giovanni, e anche lì sui binari della ferrovia li notammo. Ormai era quasi buio, la luce solare stava offuscandosi nel cielo di un innaturale blu cianidrico. Eravamo in contatto con Universo delle Entelechie: intuimmo che quei demoni, che io chiamavo Volpi, erano abitanti di un mondo sovrapposto al nostro. In condizioni normali non li avremmo mai potuti vedere, ma un evento anomalo doveva aver reso possibile la risonanza con quel Continuum dimensionale. P. "Nodens" rivolse gli occhi al cielo prussico e a quel punto il suo stesso pensiero passò in me quasi per telepatia. Nel mondo delle Volpi si festeggiava il passaggio di una cometa nera dalla coda bifida. L’evento nel nostro Universo sarebbe sommamente nefasto - e forse fisicamente impossibile - ma in quella realtà era considerato molto fausto. Per un istante fui certo di scorgere l’ombra statica dell’immensa cometa nel cielo. La stoltezza della gioventù mi spingeva spesso ad azioni dissennate. Pensai infatti di esprimere alcuni desideri, ritenendo che il potere della Cometa Nera li avrebbe realizzati. Quanto ero stolto! Di questi desideri, due non si avverarono mai e a questo punto credo proprio che ogni speranza si possa ritenere perduta. L’ultimo invece si realizzò perché ineluttabile per legge di Natura di questo Universo fisico - ma solo dopo molti anni di strazi e di difficoltà. Ciò che arreca sommo beneficio a qualcuno può essere veleno per altri e portare alla loro nemesi. Avrei dovuto capirlo. Introdurre una tale contaminazione nell’ordine delle cose che governa la mia vita, ecco cosa mi ha ridotto a ciò che sono. Metto in guardia chi legge queste righe dal fare ciò che ho fatto. Questo io ritengo per certo, che non è affatto un uso salutare esprimere desideri quando nel Regno di Ohork compaiono “comete nere beneauguranti”!
Marco "Antares666" Moretti
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