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sabato 6 dicembre 2014


BLACK LIZARD
(LA LUCERTOLA NERA
) 

Titolo originale: Kurotokage 
Regista:
Kinji Fukasaku
Nazione:
 Giappone
Anno: 1968 

Durata: 86’ 


Scritto da:
Rampo Edogawa (romanzo)
Yukio Mishima (adattamento teatrale) 


Cast: 
Akihiro Maruyama ....  Black Lizard
Isao Kimura ....  Detective Akechi
Kikko Matsuoka ....  Sanaye
Junya Usami ....  Shobei Iwasa
Yusuke Kawazu ....  Junichi Amamiya
Kô Nishimura ....  Private Detective Keiji Matoba
Toshiko Kobayashi ....  Hina
Sonosuke Oda ....  Harada
Kinji Hattori ....  Toyama
Koichi Sato ....  Ohkawa
Jun Kato ....  Sakai
Ryuji Funakoshi ....  Kozu
Mitsuko Takara ....  Show Dancer
Tetsuro Tamba  
Yukio Mishima ....  Statua umana  


Descrizione (dal Web, da fonte scomparsa): 
Psichedelico e stravagante thriller dallo stesso regista del brutale Battle Royale; basato su un adattamento teatrale di Yukio Mishima. Black Lizard (La Lucertola Nera) è una affascinante e sadica criminale appassionata di gioielli preziosi e di bambole di carne (esseri umani da lei uccisi e imbalsamati per il suo "Museo della Bellezza Eterna"). La parte della Lucertola Nera è recitata da Akihiro Maruyama, un famoso attore giapponese noto per i ruoli femminili, che, interpretati da uomini, hanno una lunga tradizione nel teatro Noh e nel Bunraku. 

Recensione: 
In questo film crepuscolare non mancano gli spunti di riflessione filosofica. La Lucertola Nera espone la sua folle e singolare teoria sull'esistenza umana: l'invecchiamento e la morte sono conseguenze della sofferenza spirituale, così a parer suo tutto ciò che non ha in sé uno spirito è destinato a non conoscere decadenza. Cita a sostegno di questi argomenti la perfezione dei diamanti: da qui la sua mania di imbalsamare i corpi con un sistema che ne preserva alla perfezione i tessuti, tanto da farli sembrare semplicemente addormentati. Interessante è anche la teoria del detective Akechi sulla natura della donna criminale. Per illustrarla egli descrive le reazioni di tre diverse donne che ricevono un mazzo di rose con dentro un bruco. La prima getta il mazzo di rose nel camino. La seconda getta nel camino il bruco e annusa i fiori. La terza si riempie d'ira e di odio, trova l'uomo che le ha inviato lo sgradito omaggio e lo getta nel camino. Ogni sequenza di questo capolavoro è innervata da un potente anelito di morte. Conturbante è la scena di necrofilia in cui la sadica criminale bacia sulla bocca il corpo statuario di un suo giovane amante, interpretato dall'eroico Yukio Mishima. 

sabato 11 ottobre 2014


IL TIRANNO DI CERE 

C'era un re in Etruria, che si chiamava Mezenzio (in lingua etrusca Mezentie). Era di una crudeltà indicibile, tanto che amava torturare i ribelli costringendoli al contatto con i cadaveri. Legava i condannati vivi ai morti decomposti, in modo che gli umori pestiferi fluissero senza sosta, portando alla lenta morte miasmatica. Coltivava perversioni indicibili. Si divertiva a far ingoiare sterco ed altre immondizie ai detrattori e ai prigionieri, fino a portarli alla consunzione. Era ritenuto un contemptor divum, uno spregiatore degli dèi. Il sommo Virgilio, che era tra le ultime sopravvivenze dell'Etruria Padana, ancora ricordava questo regnante, al punto di descriverlo nell'Eneide (Libro VIII) con queste parole: 

Mortua quin etiam iungebat corpora vivis, 
Componens manibusque manus atque oribus ora, 
Tormenti genus! et sanie tabosque fluentes, 

Complexu in misero, longa sic morte necabat.

In un lampo di intuizione mi sono visto questo sovrano come un uomo scheletrico dai capelli rossi che parevano di fuoco vivo, gli occhi così chiari da sembrare grigi. In questo bagliore di reminiscenza, ho intuito qualcosa del suo demonismo, ma presto ciò che ho colto mi è sfuggito.

DOTTOR JEKYLL E GENTILE SIGNORA

Anno: 1979

Genere: Commedia 

Regia: Steno (Stefano Vanzina)

Cast: Paolo Villaggio, Edwige Fenech, Gianrico Tedeschi, Gordon Mitchell, Paola Arduini 

Trama (da Cinema Il Sole 24 Ore): 
Consigliere di una potente multinazionale, l'inglese Pantac, che ha invaso il mondo con ogni sorta di prodotti inquinanti e dannosi per la salute, il dottor Jekyll - vero genio del male, prezioso per la ditta - ingoia, erroneamente convinto di farsi una robusta cura di cattiveria, il "siero del bene". Trasformatosi in un pacioso mister Hyde tutto sorrisi e bontà, di cui s'innamora la segretaria miss Barbara Wembley, egli fa fallire un complicato stratagemma, da lui stesso ideato nelle vesti di Jekyll, per coinvolgere la regina d'Inghilterra nella pubblicità di un micidiale "chewing-gum". I capi della Pantac, allarmati, ordinano allora a una squadra di Killer di eliminare quel pericoloso avversario della loro società. Per salvarsi, Hyde ingoia il siero giusto e torna ad essere Jekyll, il che gli complica i rapporti con Barbara, ormai definitivamente convertita al bene; per averne anche lei ingerito il siero. Finalmente, tornato per amore della ragazza nei panni di Hyde, il nostro, aiutato da lei, inventa una soluzione spray del "siero del bene", la quale, sparsa su tutta la Terra, la trasforma in un paradiso di bontà. I capi della Pantac, che le maschere antigas hanno difeso dal contagio, sono arcisoddisfatti; sono loro, infatti, a produrre il miracoloso siero, e i loro affari non sono mai andati così bene.  

Recensione: 

Tra i giudizi più lusinghieri trovati nel Web ci sono "bruttino", "mediocre", "filmaccio", "inaccettabile vaccata". Stroncata dalla critica, questa commediola è tuttavia riuscita in qualche modo profetica, come dimostra una singolare quanto grottesca notizia, pubblicata su Repubblica nel 2007 e tuttora consultabile. 


Sesso e coca a Fuckingham Palace  

È il visconte Linley il reale ricattato  

Secondo il "Sun" potrebbe decidere di raccontare pubblicamente quello che è successo 


I due presunti estorsori dicono che non c'è stato tentativo di ricatto Il visconte Linley

LONDRA - Non è il principe Carlo, non è il principe William, non è il principe Harry, ma è pur sempre il nipote della regina Elisabetta. L'identità del membro della famiglia reale britannica ricattato per una storia di omosessualità e droga sarebbe il visconte David Linley, 45 anni, figlio primogenito della defunta principessa Margaret di Windsor, sorella della regina, e del famoso fotografo inglese Lord Snowdown Linley. 
... 

David Linley è sposato, ha due figli ed è uno dei pochi membri della famiglia reale ad avere ottenuto un considerevole successo personale nel lavoro, come proprietario di un'azienda molto apprezzata di arredamento e design. L'unica volta in cui in passato il suo nome fu legato, indirettamente, a qualche scandalo fu quando un dipendente della sua società, di sesso maschile, fu indicato come la ragione del fallimento del matrimonio di un altro noto personaggio delle cronache londinesi, apparentemente per una relazione omosessuale trai due.  

A parte la differente natura degli atti sessuali, sembra proprio la trama del film di Steno, una delirante storia di fallimentari pornoricatti ai danni della degenerata Grande Casa di Windsor (possa presto essere espulsa dal Landsraad, esiliata a Tupile e costretta a cacciare tartarughe schlag per sopravvivere). Spero soltanto che saremo risparmiati dal mellifluo, nauseabondo profluvio di pestilenziale elisir della bontà: forse una doccia di gas nervino sarebbe meglio. 
 

PIEDIPIATTI (1991)

Regia di Carlo Vanzina 

Sceneggiatura di Carlo Vanzina, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi

Trama:
Silvio e Vasco sono due poliziotti, uno milanese e l'altro romano. Pur provenendo da ambienti molto diversi (viene addirittura simulata una certa difficoltà ad intendersi), cooperano per neutralizzare una temibile banda di narcotrafficanti che vogliono introdurre una devastante droga in Italia: quel crack che oggi è una triste realtà. Le loro indagini li portano a Milano, dove scoprono che l'insospettabile capo di una fondazione benefica per l'infanzia, il Commendator Rotelli, è in realtà il boss dell'intera organizzazione dello spaccio del crack. Benemerito, stimato persino da Madre Teresa, Rotelli cerca di assassinare i poliziotti, che solo per un fortunato caso riescono a sfuggire alla morte. Contrastati da superiori corrotti, riescono nonostante ogni avversità ad inchiodare il colpevole. A questo punto scatta la caccia al boss, che sta tenendo un ipocrita discorso di beneficenza in un palazzo del Canal Grande. Con le prove trovate a bordo di una nave, Silvio e Vasco smascherano il finto benefattore, ma l'uomo fugge prendendo in ostaggio una bambina. Il criminale fugge per i canali di Venezia usando un gommone, e viene inseguito da Vasco e Silvio a bordo di due motociclette anfibie.  Fortunatamente alla fine la polizia cattura il malvivente, ma a Vasco e Silvio va il merito di averlo smascherato.

Cast:

Enrico Montesano
 Brigadiere Vasco Sacchetti

Renato Pozzetto
 Brigadiere Silvio Camurati

Antonio Ballerio
 Rotelli

Anna Benny
 Maria Grazia

Angelo Bernabucci
 Angelo Bertoli, detto 'l'americano'

Victor Cavallo
 Proietti, detto 'Er Soffia'

Roberto Della Casa
 Questore di Milano

Mirella Falco
 Signora Motta

Luigi Petrucci (I)
 Questore di Roma

Norman Sanny
 Carlos

Tony Sperandeo
 Agente Buoncostume

Giorgio Trestini
 Armadio

Also Known As: Cops (1991)

Runtime: 92'

Country: Italy

Language: Italian

Color: Color

Recensione: 

Contro tutti i finti benefattori e tutti i mostri travestiti da salvatori dell'Umanità!

Questo film, definito insulso dalla critica, nasconde in realtà un nocciolo inattaccabile di verità pura: lo Sciacallo, il Mostro, non si presenterà mai come tale alla collettività, ma cercherà di insinuarsi in quegli ambiti che gli garantiscono l'impunità. Così i lupi, mascherati abilmente con pelli finte, fanno strage di agnelli e di capri, e usando il loro ripugnante fariseismo si guadagnano l'approvazione delle masse inebetite dai media asserviti al marketing più disgustoso. 

Una scena memorabile: 
Silvio e Vasco, appostati in una camera presa in affitto, spiano un narcotrafficante servendosi a turno di un cannocchiale. A un certo punto lo vedono mentre fa sesso con la sua amante: una lunga copula. Proprio quando i due agenti si distraggono per ascoltare ciò che sta registrando il microfono, accade qualcosa. La donna si mette a praticare la fellatio al malvivente, che ha un infarto e muore all'improvviso proprio mentre le sta rilasciando in bocca copiosi boli di sperma. Per recuperare il cadavere, il poliziotto milanese interviene in modo subitaneo, spacciandosi per il medico di una fantomatica "unità coronarica volante". La fellatrice si guadagna il nome di "bocca da killer". 

Citazione famosa:
"Giovane aitante massacrato a colpi di lingua".

domenica 5 ottobre 2014


L'EFFETTO DINOSAURO 

Autori: Kit Pedler, Gerry Davis 
Titolo originale: Brainrack
Anno: 1974 
Pubblicazioni italiane: Urania 650 (agosto 1974)
    Unica ristampa in Millemondi
Casa editrice: Arnoldo Mondadori Editore 
Genere: Fantascienza
Traduzione: Bianca Russo 
Copertina: Karol Thole 
Formato: 13 x 19
Pagine: 190 pagg.

Trama (da Mondourania):

"Una delle teorie più accreditate sull'estinzione dei dinosauri afferma che quei bestioni scomparvero dalla faccia della terra perchè il loro cervello troppo piccolo non riusciva più a controllare il loro corpo troppo grande. Lo scienziato-detective protagonista di questo romanzo applica la stessa teoria alla nostra società: il gigantismo che sta sotto gli occhi di tutti, l'inefficienza dei servizi, il caos in cui viviamo, dimostrerebbero che il "cervello" del pachiderma sociale non è ormai più in grado di coordinare e far funzionare niente. E' soltanto un'intuizione intelligente, o davvero qualche male "organico", e scientificamente dimostrabile, minaccia l'umanità? Si tratta di raccogliere dati significativi; ma ben presto si vede che per bloccare una simile indagine ci sono persone disposte a tutto e che la vita di un ricercatore può valere in certi casi molto poco." 
 


Recensioni: 

Mi sono occupato del volume in questione qualche anno fa: avendolo trovato in una bancarella dell'usato, sono stato attratto dal suo titolo e dalla sua trama, così l'ho comprato e l'ho letto. All'epoca ero un blogger attivo nella piattaforma Splinder, ormai scomparsa, così ho subito applicato il concetto portante del romanzo alla situazione di quella fatiscente blogosfera. Questo è ciò che ho scritto su Anobii

Splinder è la dimostrazione vivente dell'EFFETTO DINOSAURO! 

Questo volume di Urania descrive a meraviglia la situazione di Splinder. La Redazione della piattaforma è assolutamente incapace di controllare il pachiderma sociale, le sue capacità sono quelle di un cervello di tyrannosaurus rex, grande come un pacchetto di sigarette e destinato a muovere un corpo alto come un palazzo. 

Sul blog Esilio a Mordor e in Facebook ho approfondito il concetto: 

L'idea portante, mi rendo conto, può essere applicata tale quale alla situazione ormai imperversante nella blogosfera slinderiana: la piattaforma ha assunto proporzioni mastodontiche e le poche persone che ci lavorano stanno perdendo il controllo delle sue membra, pur essendo di certo animate dalla migliore volontà. Certo, ci sono in media quattordici pagine di utenti online, ma in ogni pagina almeno tre spammatori. Così vediamo che moltissimi sono i post che si possono visualizzare nelle pagine delle ultime pubblicazioni, ma almeno il 50% sono automatismi creati da splog-robot. Lo scenario è desolante e destinato a peggiorare di mese in mese. Anzi, ho il sentore che questa peste abbia già messo radici profonde in tutta la Rete. Presto non ci sarà più conoscenza condivisa, ogni cosa diverrà un veicolo di nuove infezioni. Ogni corpo sociale sarà solo un gigante paralitico e senza memoria. Non posso poi fare a meno di notare che l'ex Motime, oggi US.Splinder, detiene un record della presenza di splog. Se uno va in home, si rende conto che ci sono in media più di 5.000 utenti online, per una piattaforma fino a poco fa piccolissima, in cui gli utenti genuini saranno stati poche centinaia. Il tasso di crescita è stato mostruoso, addirittura tumorale. Prima che il contagio divorasse US.Splinder, gli utenti online erano sempre meno di 100. Poi con la crescita subitanea sono arrivati gli splogger. Tutto questo è accaduto perché il sistema immunitario della piattaforma non è stato più in grado di gestire le periferie della rete sociale elefantiaca. È un vero peccato che studiosi del calibro di Barabási non abbiano tenuto conto di questo fenomeno.
(scritto il 27 03 2011)

A distanza di tempo, penso che l'argomento sia sempre attuale. Se i miei contributi relativi alla situazione di Splinder sono obsoleti a causa dell'estinzione della piattaforma, il principio generale resta valido e serve a descrivere questo paese e l'intera società umana. Lo vediamo ogni giorno nelle nostre vite urbanoidi in costante peggioramento: dirigenti inamovibili e inetti, complicatissime procedure di semplificazione che aggiungono al danno la beffa, il moltiplicarsi esponenziale della burocrazia - tanto che si arriverà al giorno in cui nessuno potrà andare al cesso senza avere un protocollo in ingresso e uno in uscita - diritti civili che diventano barzellette perché costretti a passare nei mostruosi ingranaggi della produzione di documenti inutili, scartoffie digitali di quest'epoca di sfacelo, l'uso di un linguaggio orwelliano che chiama "riduzione" l'aumento delle tasse e del numero di elementi parassitari collocati ai vertici degli enti pubblici e privati. Il crollo è inevitabile, è soltanto questione di tempo.  

Non so se rileggerò il libro di Pedler e Davis: la narrazione mi è parsa soporifera e il finale non deve essere eclatante, visto che me lo sono del tutto dimenticato. È un po' come quando si ripongono grandi aspettative in qualcosa che si risolve in nulla di fatto. Ho l'impressione che un'idea geniale sia stata utilizzata male e sprecata, come spesso accade nel mondo della fantascienza.  

Sempre su Anobii, l'utente VM71 ha scritto questa recensione: 

L'inizio dell'estinzione 

Riflessione amara sulla parabola discendente dell'intelligenza umana in una società che si affida in maniera massiccia alla tecnologia. La visione ecologista contro il nucleare e l'inquinamento prodotto dalle auto è ancora valida oggi, anche se l'opera è di 35 anni fa. Lo stile ed i personaggi, molto british, rendono questo romanzo estremamente piacevole. In appendice si trova un articolo di divulgazione scientifica di Asimov: interessante ma un po' pesante. 

sabato 6 settembre 2014

ENTOMOLOGIA E PENSIERO AMERICANO

Così scrivevo nel novembre del 2008, alla vigilia dell'elezione di Obama: 

«Mi sorge il dubbio che i teocon non siano davvero esseri intelligenti. Essi sembrano piuttosto come le vespe. Se uno porta via a una vespa un bruco, quella non può far altro che cercarlo dove l'aveva posato. Non segue l'odore del bruco, ma la traccia feromonale da lei lasciata, anche a costo di morire di inedia. Pur vedendo che la preda non c'è più, la vespa continuerà a muoversi dove lei pensa che debba invece trovarsi il cibo (l'ho visto sia in documentario che dal vivo). Così i teocon sono solo capaci di vedere in una situazione presente qualcosa di passato che conoscono bene. La situazione dell'Iraq per Bush DOVEVA essere come quella dell'Italia occupata, a dispetto della diversità di religione e di modo di vedere la realtà dei soggetti coinvolti. E il suo fallimento è sotto gli occhi di tutti, come quello di una persona che si sfrega un foruncolo fino a farlo diventare un cancro. Se per i teocon il Nazismo è male, il Comunismo è male e l'Islam è male, essi ne deducono che Nazismo, Comunismo e Islam DEVONO essere la stessa identica cosa, nel noumeno, nell'ontologia, a dispetto di ogni evidenza e di ogni considerazione storica. Ma forse faccio torto agli insetti. Una volta una locusta mi volò su una mano e la fissai negli occhi. Percepii più autocoscienza in quell'insetto senz'anima che in tutti i teocon della terra.» 

Che possiamo dire a distanza di anni? Gli eventi non possono che confermare la futilità di ogni tentativo di distinguere i Repubblicani dai Democratici: li accomuna una ben precisa attitudine verso la realtà, che li rende del tutto incapaci di capire le conseguenze delle proprie azioni. 

sabato 2 agosto 2014

LA DICHIARAZONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI E LE SUE CONTRADDIZIONI

Ho trovato nella blogosfera gli articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, oggetto di spassionata ammirazione da parte di folle e moltitudini, spesso ai confini con l'idolatria. Nessuno si è mai accorto del fatto che contiene in sé i germi dell'autodistruzione. È la Nemesi dei suoi stessi princìpi, sia sul piano pratico che nel nucleo della sua definizione. Illustro la cosa brevemente, anche a costo di destare infinite polemiche. Rimando al Web per l'enunciato degli articoli, trascrivendo qui il mio commento: questi articoli contengono contraddizioni insanabili e non porteranno a nulla di buono.

ARTICOLO 1 
SIAMO TUTTI LIBERI ED UGUALI
E che succede se uno si rifiuta di agire verso gli altri in spirito di fratellanza? => Diventa oggetto di sanzioni, ergo di persecuzione, in netto contrasto con l'articolo stesso.

ARTICOLO 2 
NON DISCRIMINARE
Facciamo alcuni esempi. Senza distinzione di opinione politica? Sfido qualunque libertario ad applicare questo articolo a chi si professa nazionalsocialista. => L'articolo, al pari delle costituzioni nazionali, delinea soggetti illegali e passibili di persecuzione solo per le loro opinioni anche senza altra aggravante, in netto contrasto con l'articolo stesso.

ARTICOLO 3 
DIRITTO ALLA VITA
Sfido l'ONU a far rispettare questo articolo in quei paesi in cui ogni giorno si lapida, si tortura, si impicca e si trucida. Flatus vocis. => Questo articolo risulta inapplicabile, perché lapidazione, tortura, impiccagione e massacro fanno parte delle idee religiose e politiche di una gran parte degli abitanti del pianeta.

ARTICOLO 4 
NESSUNA SCHIAVITÙ
ARTICOLO 5 
NESSUNA TORTURA
"Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti." Ma che succede se a uno piace farsi sottoporre a pratiche BDSM? => L'articolo rischia di colpire persone solo per le loro inclinazioni sessuali.

ARTICOLO 6 
HAI I TUOI DIRITTI OVUNQUE TU VADA
Che succederebbe a un transex che decidesse di andare in Afghanistan? => L'articolo risulta inapplicabile. Se una religione radicata in un territorio condanna determinate persone in quanto tali, imporre la tolleranza andrebbe contro le opinioni religiose stesse. Ergo si pone una contraddizione.

ARTICOLO 7 
SIAMO TUTTI UGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE
Ne dedurremmo che una legge non può condannare un nazifascista solo per le sue idee, perché "tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione." Inutile dire che questo non accade nella realtà. Si deve pensare che la dichiarazione non sia affatto universale ma preveda ben definite eccezioni? => Contraddizione ontologica.

ARTICOLO 8 
TUTTI I TUOI DIRITTI SONO PROTETTI DALLA LEGGE
"Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge."
Ogni tribunale e ogni causa, anche per un giusto motivo, comporta perdita di sonno, di soldi e di salute. Nessun governo incoraggia il far valere i propri diritti tramite mezzi legali. Se uno insulta me io non posso nella pratica farmi valere, ma se uno insulta un VIP si trova subito ai ferri. => L'articolo risulta inapplicabile se non si rimuovono tutti gli ostacoli burocratici e il potere iniquo della casta degli avvocati.

ARTICOLO 9 
NESSUNA DETENZIONE INGIUSTA
Se non sbaglio esiste ancora, in un paese "civile" come l'Italia, la carcerazione preventiva. Non scavo in ciò che accade in altri paesi.

ARTICOLO 10 
DIRITTO AL GIUDIZIO
ARTICOLO 11 
INNOCENTE FINCHÉ DIMOSTRATO
Si risolve tutto nell'aggiungere la parola "presunto" ai capi di imputazione? 

ARTICOLO 12 
DIRITTO ALLA PRIVACY
Con tutti gli eserciti di malware e trojan, viene il dubbio che di privacy non si possa parlare quando è in contrasto con il marketing. E che dire della colossale rete planetaria di raccolta dati nota come Facebook?

ARTICOLO 13 
DIRITTO DI LIBERTÀ DI MOVIMENTO
Non ne godo neppure in questo paese: se mi reco in un certo quartiere di Milano posso incontrare una persona sgradita che mi farebbe pentire amaramente di aver valicato i confini di una zona off-limits. Altro esempio: alcuni miei amici sono stati aggrediti in un ristorante cinese da un discendente di coatti e non possono più mettervi piede. Chi si occuperebbe di questioni concrete per quanto piccole come queste? Basta un articolo per zittire streghe, arpie e malviventi?

ARTICOLO 14 
DIRITTO DI ASILO
In teoria, con l'applicazione di questi articoli, non dovrebbero esistere più persecutori né perseguitati, o mi sbaglio?

ARTICOLO 15 
DIRITTO ALLA NAZIONALITÀ
Che dire delle centinaia di migliaia di cinesi non registrati all'anagrafe perché violano la legge sul figlio unico?

ARTICOLO 16 
DIRITTO DI MATRIMONIO E FAMIGLIA
Essendo un credente cataro, reputo il matrimonio Male assoluto e la famiglia un'istituzione diabolica. Può una legge globale che ritiene che "la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato" tener conto della mia religione? => contraddizione ontologica. Se la famiglia dev'essere il nucleo NATURALE della società ne consegue che gli stati hanno il diritto di sanzionare e perseguitare chi la pensa diversamente. Questo contraddice vari articoli, come quello sulla libertà di pensiero, etc.

Should I continue? 

Vecchi ossimori. Se il tollerante non tollera l'intolleranza, allora non è davvero un tollerante, e deve agire da intollerante contro l'intolleranza stessa. Ma così facendo vien meno alla sua definizione di tollerante e si muta in un'altra forma di intollerante. Ergo, in buona sostanza, segue che la tolleranza contiene la radice ontologica dell'intolleranza. È come un farmaco che contiene in sé il cancro.
Any comment?

giovedì 31 luglio 2014

OVERFLOW
(26/10/2007)

Nel mentre di una sessione improvvisata di scrittura creativa. Il log della chat di Radionation, mentre i CindyTalk imperavano nel mood. Un grazie immenso a Oblio che ha curato l'editing.

<Zoon> colpe terribili e primordiali, di altre vite, che si pagano ora
<VardA> ...e in seguito pagheremo e sconteremo le attuali...
<Zoon> la fuga non serve
<Zoon> una foresta orribilmente nera non ha vie di fuga
<Zoon> inutile
<Zoon> la colpa è dentro
<Zoon> l'orrendo è dentro
<Zoon> la consapevolezza è dentro
<Oblio> labirinti entro altri labirinti
<Antares666> eppure cerco una via di uscita da questa densa e caliginosa materia
<Zoon> è un universo complesso
<Zoon> nero
...

<Oblio> ecco spalancarsi i cancelli oltre la caligine ed il bagliore di riflessi violacei trafigge lo spettro luminoso dei nostri ologrammi
<Zoon> in mezzo ai fumi dell'hashish
<Oblio> percezioni espanse
<Antares666> mi sembra quasi di vedere il fumo diffondersi, azzurrognolo
<VardA> azzurrognolo e denso, compatto
<Iazabel> grigio traslucido come il mercurio che scorre...sul derma...
<Oblio> assaporatene il colore, inalatene il profumo. la prospettiva perderà orizzonte
<Iazabel> il vapore sale alle nari e inebria, ora...l'orizzonte è quello di eventi dovuti ad una prospettiva quantistica...
<Oblio> menti chimicamente alterate bruciano lo stato gassoso della fallace biologia
<Antares666> le sinapsi si sparpagliano, come echi di quanti dall'ontologia alterata 
<Oblio> sono bianche galassie, inghiottiranno visceri, si nutriranno delle nostre alterazioni
<Oblio> la mediocrità avrà fine.
<Antares666> spettri di galassie alla deriva nel nulla...
<Iazabel> un battito cosmogonico nato dalla musica del nulla senziente
<VardA> corde mai sfiorate vibrano, espandendo il celestiale suono, come aurore boreali
<Oblio> è un impulso costante, consistente, irrefrenabile. La linea di demarcazione tra il Nulla che attende nella deriva del nostro fluttuare
<Antares666> la mia autocoscienza si offusca, ma un nucleo ben più profondo si risveglia, rivelandomi l'inesistenza dell'illusione che mi intrappola
<Oblio> odo l'Oscuro crescere, farsi strada nelle circuitazioni più profonde della meccanicità. Estirpare l'umano, assoggettarne la debolezza... quest'Oscurità è il mio risveglio
<Iazabel> ...un demiurgo...alza il velo e il sotteso senso...del nulla dilangante...una alchimia tra il mistico e il vacuo rumor dell'animo.
<Zoon> nulla senziente come una realizzazione
<Zoon> interiore
<Zoon> dell'inutilità della carne
<Iazabel> la carne che scivola nello sgretolio chimico...sfrigola come fuoco ...in un bracere per il sacrificio ...
<Zoon> i sensori della carne si traferiscono nel nulla che avvolge
<Antares666> sento un sussulto, come se stessi abbandonando la mia carcassa... bramo il congiungimento con il vuoto più profondo, là dove le galassie muoiono come fatuo pulviscolo
<VardA> sentori di un corpo che fu, spirito in evoluzione
<Iazabel> o involuzione della chimica?
<Antares666> lo spirito vola nella vertigine, si lascia alle spalle macrouniversi come corpuscoli. la schiavitù chimica è lontana...
<Zoon> fibrillazioni
<Zoon> di un cuore
<Zoon> due cuori
<Zoon> un estratto dalla carne che vuole elevarsi
<Zoon> nel nero nulla senziente
...
<VardA> tiepidi sorrisi inconsistenti increspano labbra di mercurio 
<Iazabel> un piacere estremo esternalizzato..sul pentagramma musicale..
<Oblio> questa vertigine è liberazione. l'organico muta tuffandosi nell'ardere nero. black. Nulla come nutrimento.
<Iazabel> mercurio...che sopravvive sulla punta della lingua della fenice elettronica-...burn&survive
<VardA> il Nulla ingloba e brucia con sonorità cristalline
<Zoon> estratti di dna alieno sulla punta di sperma postumano
<Antares666> quarkioni anomali che si insinuano nei costituenti primi della materia sfasandone il noumeno
<Iazabel> leccare..ogni remora dell'umano che decade!
<Zoon> cosa leccare, cosa assorbire, cosa mangiare e ingoiare?
<Oblio> fagocitare le basi promordie stesse
<Iazabel> il mercurio...che cola dal derma senso perfetto del post.umanesimo
<Antares666> nel metallo liquido si va delineando una struttura genetica
<VardA> impulsi verde-acido infestano ogni connessione sinaptica. Istinto, puro istinto
<Zoon> mercurio come immagine memetica, in cui sono racchiusi istanti di mistico esotismo carnale, vissuto in stanze d'alberga e urla
<Iazabel> l'istinto si diffonde...sul senso imperfetto del ricordo ..carne che si sfalda al comando demiurgico..
<Antares666> cromosomi metallorganici le cui sequenze sono costituite da equazioni senzienti
<Oblio> Bio-mech. Energia assoluta. Perfezione matematica. E' un nuovo Essere...
<Oblio> ...e tutto ciò che d'umano esiste intorno a me.... brucia.
<Antares666> un gelido fuoco blu lo divora, lo fa sfrigolare in un'opalescenza di gedanken e di paradossi
<Iazabel> un'ampolla nella quale traspirare e far eviscerare il senso dell'anima dell'asream stesso ....
<Oblio> consumazione nel mistico dolore d'ere perdute. rilasciando al passaggio ceneri violacee. pulviscolo d'inutilità nella quale maiali subumani sguazzano
<Antares666> fulmini cromati in un sole viola... bagliori assassini che calano nel profondo della notte incenerendo carcasse semoventi
<Iazabel> il piacere di atomi aggregati che restituiscono il colore viola di cenere soffaita al vento....
<Oblio> le stesse carcasse dalle quali siamo infestati
...
<Antares666> il mood è assoluto, di un nero cristallino, sconvolgente
<Zoon> un cristalliino nero e in grado di eviscerare l'anima
<Zoon> dal carapace biologico
<Zoon> per rinchiuderlo in un nero senziente che non ha nulla di comprensibile da umani, e postumani
<Oblio> questa è la chiusura.. nel pulviscolo delle ceneri i cancelli si richiudono...
<Oblio> e le coltri riprendono i loro domini

martedì 8 luglio 2014


DE REDITU - IL RITORNO
(Anno di uscita 2003) 

Genere: Drammatico
Durata: 100 - Origine: Italia


Inizio del V sec. d.C., crisi e decadenza dell'Impero. Cinque anni dopo il sacco di Roma ad opera dei Goti di Alarico, avvenuta nel 410 d.C., Claudio Rutilio Namaziano, un patrizio pagano che era stato Praefectus Urbis, decide di tornare nella natìa Tolosa, in Gallia, per verificare le condizioni della sua patria e dei suoi possedimenti dopo il passaggio dei Barbari. Rutilio decide di partire per mare, poiché la via consolare è divenuta impraticabile a causa delle devastazioni subite... 

CAST

Regia: Claudio Bondì 
Attori: Elia Schilton (Claudio Rutilio Namaziano), Rodolfo Corsato
(Minervio), Romuald Andrzej Klos (Socrate), Marco Beretta (Rufio), Caterina De Regibus (Sabina)

Soggetto: Claudius Rutilius Namatianus
Sceneggiatura: Alessandro Ricci, Claudio Bondi'
Fotografia: Marco Onorato
Distribuito da: Orango Film Distribuzione (2004)
Prodotto da: Alessandro Verdecchi per Misami Film


Note  
- Film riconosciuto di interesse culturale.


RECENSIONE 1

Io sono l’impudicizia

Così afferma la sacerdotessa di Elias, il Sole, che definitivamente cala sull’Impero Romano. Essa, questo film è l’impudicizia: immortalando un’epoca – anzi: l’Epoca - ne sviscera le indicibili vergogne, disegnando la fine della stessa. Altro che crollo: DE REDITU (un altro ritorno, ben altra cosa dall’omonimo veneziano) gironzola per le macerie, in punta di piedi per non calpestare frammenti di frammenti di statue, della Storia e del mondo. Ispirato dall’unica opera lasciata dal filosofo Namaziano, la pellicola è un diario di viaggio all’insegna della sottrazione, che si/ci diverte a spezzettare tabù: i gladiatori sono il contrario di Russel Crowe, ragazzini gracilini che si scannano in una fossa (incontri clandestini, in quanto all’epoca erano vietati) per il rivoltante vocio degli spalti – allora: chi sono i veri barbari? Il ritorno via mare di un sovversivo, (pazza?) figura solitaria che vuole rivoltare un declino ormai compiuto ed assimilato: un pagano inascoltato dagli amici e dagli dei, costretto a divincolarsi in una costellazione senza più credenza alcuna (il vecchio Protadio che dice: “mia moglie è cristiana, forse rinascerà”). Egli intraprende un happening decadente ed antiomerico (nonostante il mare…), dove incontrerà soldati sconfitti nell’animo, poveri diavoli come rematori (un ebreo armato dalla sua fede: ma pare un invasato), donne pronte a scoparselo, le truppe pretoriane che lo inseguono. Il film tesse il tranello di una dialettica soltanto immaginaria: il dissidio crollo-salvezza non esiste mai, neanche per un istante, già essendo emessa in partenza la condanna a morte. Ciò che conta è quindi raccontare un riverbero ammattito di esistenza umana, affannata nello spacciare virtù che non possiede (Namaziano cade nella corruzione della carne, se lo rimprovera, vi cade ancora) e millantare uno scopo anch’esso dubbio (ancora rivelatore Protadio: “Quando hai perso la tua donna hai intrapreso questa impresa disperata”). Al suo quarto lungometraggio Claudio Bondì, anche regista televisivo, confeziona un italiano moderno classicheggiante e misurato, relegando a Mel Gibson il sogno di girare in latino: egli conosce l’avvolgimento naturale come unica scenografia, uccidendo per scelta e per budget ogni ricostruzione di sorta (girato prevalentemente in Calabria, ma anche nella provincia laziale). Ne esce fuori un gioco di luci e colori (raggi solari increspati sulla vela dell’imbarcazione) ordinariamente filmato con spruzzate di handycam, che si ingabbia nella prima parte in una prigione dialoghistica da piccolo schermo, sfoderando qua e là qualche stereotipo del genere (il naufragio). Queste ed altre sparute macchioline galleggiano nel film (come la prova di Elia Schilton: perplesso/addolorato, ma alla lunga un po’ uguale a sé stesso), il quale mostra la sua criniera quando entra in scena il solito, immenso Roberto Herlitzka nelle vesti di Protadio (dopo Aldo Moro, un altro cadavere politico): il guizzo d’orgoglio nella desolazione, la sofferente consapevolezza della vecchiaia (i Romani) di fronte all’avanzare del nuovo (i Barbari). Egli distingue nitidamente le macerie ma per (im)pudicizia le nasconde: sotto un telo bianco c’è semplicemente il suo corpo che si suicida (anche le ceneri vanno nell’acqua), mentre il filosofo ed il film tutto sono imbrigliati a metà viaggio, dissolvendosi bruscamente, per regalare alla tetra fantasia un’esecuzione lasciata in omissis. DE REDITU esce nelle sale (si fa per dire, neanche dieci in tutta Italia) appesantito da una distribuzione sparuta e difficile, in picchiata verso un gustosissimo flop; in pochi vedranno questo ammirevole italiano che suona la cetra mentre Roma brucia, ma Protadio spiegherebbe anche questo: “Tutto secondo logica, senza pietà”.

Emanuele Di Nicola

RECENSIONE 2

Il saccheggio di Roma ad opera dei Visigoti di Alarico, avvenuto nel 410 d. C., secondo alcuni storici, ha provocato nella società romana un disorientamento paragonabile a quello prodotto dall'abbattimento delle Torri Gemelle. Cinque o sei anni dopo, Claudio Rutilio Namaziano, un patrizio pagano che era stato prefetto della città (carica equivalente a quella odierna di sindaco), decide di tornare nella Gallia Narbonese, sua terra d'origine, per verificare i danni delle scorrerie barbariche nei suoi possedimenti.
Siccome la via Aurelia è impraticabile a causa delle devastazioni e
insicura per la presenza di bande di briganti, Rutilio decide di partire per mare, tra autunno e inverno, nel periodo del cosiddetto mare clausum. A piccole tappe, e navigando di cabotaggio, risale lungo un'Italia che attraversa un difficile periodo di transizione, tra rovine, città abbandonate e nuovi stili di vita imposti dalle circostanze politiche (l'economia curtense) e religiose (il monachesimo), sostando presso amici o in locande, talvolta costretto a soste prolungate dal maltempo. Rutilio descrisse la cronaca di quel viaggio in una sorta di diario in versi che fu rinvenuto, incompleto, nel 1400 e chiamato De Reditu: Il Ritorno. Oggi è diventato un film che s'ispira liberamente a quel poemetto per assumere l'aspetto, più che del resoconto nostalgico di un viaggio di addio a un mondo felice, di una fuga dalle persecuzioni di un aristocratico incapace di accettare un mondo in piena trasformazione, un uomo in conflitto con la vitalità e l'arroganza di un potere che si fregia dei simboli della cristianità.
Infatti, lo sceneggiatore Alessandro Ricci e il regista Claudio Bondì,
documentarista già assistente di Rossellini, trascurano la parte più bella e poetica dell'opera, quella comunemente conosciuta come l'Inno a Roma, per privilegiare la dimensione epocale della vicenda, disegnando sì la nutrita galleria di persone, luoghi e ricordi mitologici, ma allo stesso tempo puntando maggiormente su temi come l'intolleranza religiosa e la paura della diversità, la confusione dei linguaggi e la difficoltà della comunicazione da essa generata. Il V secolo rappresenta per l'impero romano l'apice di quella parabola discendente che doveva portarlo alla dissoluzione: questo interessa al regista, il quale affida all'emblematica figura di Protadio (l'intenso Herlitzka), una specie di landlord alla Cincinnato, il compito d'interpretare il crollo delle illusioni. Albino, invece, il generoso ospite di Vada Volterrana, cerca di frenare l'impulso di Rutilio a combattere per "l'utopia di Roma", invitandolo, più realisticamente, all'attesa degli eventi, alla sicurezza di un'agricoltura chiusa e protetta da una milizia privata, preludio vero e proprio alla realtà socio-economica alto medievale.
Non scarseggiano in De Reditu le concessioni allo spettacolo tipiche del
peplum, come la scena del suicidio di Protadio, il combattimento dei gladiatori, praticato in clandestinità, o la sequenza finale dei cavalieri sulla spiaggia; né mancano le sentenze da scolpire sulla pietra, come quella suggestiva, ma anticristiana: "Un solo Dio per la ragione, molti dei per l'immaginazione", alla quale preferiamo di certo i versi di Namaziano (Libro I, vv. 63-67), omaggio a Roma e al valore universale della tolleranza:"Hai fatto di genti diverse una sola patria / la tua conquista ha giovato a chi viveva senza leggi: / offrendo ai vinti l'unione nel tuo diritto / hai reso l'orbe diviso unica Urbe."

Claudio Lugi  

Segnalo l'interessante post dedicato a De Reditu su Lankelot:


Aggiungo a questo punto alcune mie considerazioni:   

Quando ho cominciato ad interessarmi a questo film, nel 2004, non era affatto facile poterlo visionare, come se fosse scomparso in un buco nero. "Un caso di censura silenziosa, ma non per questo meno infame", così avevo scritto in più di un'occasione nella blogosfera di Splinder. La causa di tutto ciò era ovviamente la suscettibilità del Papato, in un'epoca in cui fervevano le polemiche sulle cosiddette radici cristiane dell'Europa. Era in corso una specie di guerra di religione: la Chiesa Romana cercava in tutti i modi di affermare il suo dominio sulle nazioni dell'Europa, operando con ogni mezzo per cancellare ogni traccia del mondo antico. Al Papato premeva infatti di rimuovere in modo chirurgico ogni testimonianza della violenza da cui la sua istituzione è nata e delle atrocità di cui si è macchiata nel corso dei secoli. Per merito degli amici Zoon e Nodens, che intendo in questa sede ringraziare di cuore, è stato alla fine posto in qualche modo rimedio all'oblio che aveva fagocitato l'opera di Claudio Bondì. Su Facebook esiste inoltre un gruppo dedicato al film De Reditu, anche se purtroppo non risulta più essere attivo. 

sabato 14 giugno 2014

UNA SPACE OPERA GROTTESCA

 

I RIBELLI DEI 50 SOLI 

Autore: Alfred Elton Van Vogt

Titolo originale: The Mixed Men

Noto anche come L'uragano galattico, Lo sciame delle stelle, La tempesta, Nascondiglio

Anno: 1945

Traduzioni in italiano: Pietro Leoni (1954), Riccardo Valla (1976), Ugo Malaguti (2008) e altri.   

Trama (da Mondourania):

Un gigantesco incrociatore spaziale della Terra Imperiale, in esplorazione astrografica nella Grande Nube Magellanica, scopre prove evidenti di una civiltà sconosciuta che si estende su settanta pianeti, ritenuti disabitati. Ma questi pianeti non possono essere identificati perchè sparsi in mezzo a un numero sterminato di altri pianeti e i loro abitanti, discendenti di una razza mista di esseri umani e robots, cioè Umanoidi, si oppongono a prendere contatto con la civiltà della Terra. Si ha così una lotta serrata, fitta di intrighi e di tremendi pericoli, che alla fine viene risolta in modo pacifico per merito della Grande Capitana dell'incrociatore spaziale della Terra Imperiale e di un capo degli Umanoidi che danno, col loro amore, l'esempio di quella perfetta armonia che governa tutto l'Universo. 

Riporto la mia breve recensione del volume, non proprio eulogistica, pubblicata nel 2008 su Anobii e sul defunto blog Esilio a Mordor

Un libro enfatico e infarcito di un gergo pseudoscientifico spesso pesante e incomprensibile al suo stesso autore. Come Asimov, Van Vogt ha una scarsa idea dei meccanismi che governano l'evoluzione delle lingue. Anche fingendo di non vedere l'ignoranza dei princìpi della termodinamica, pensare che dopo 15.000 anni colonie sperdute di anglofoni parlino ancora un inglese riconoscibile ha del ridicolo. 

Rispetto a quanto scritto in quell'occasione, aggiungo qualche ulteriore commento.  

Devo elogiare chi ha avuto l'idea di tradurre il piatto e insignificante titolo originale, The Mixed Men, con il poetico I ribelli dei 50 soli (immagino che si tratti del primo traduttore, Pietro Leoni). Questo titolo infatti fa sognare ben più della lettura del volume stesso: non oso neanche immaginare che recensioni avrei concepito se l'opera di Van Vogt fosse stata presentata in italiano come Gli uomini misti

Condivido senz'altro alcuni giudizi su Van Vogt che si ritrovano copiati e incollati in numerosi siti e forum sul Web. Nonostante l'imperante citazionismo hanno una loro validità intrinseca. Questa è l'opinione di Alexei Panshin: 

"Molte delle sue storie, comprese quelle che ci colpiscono maggiormente, cadono a pezzi se sottoposte ad un esame rigoroso. Il suo stile è rozzo: privo di sensibilità, privo di grazia e spesso vago. I suoi intrecci sono complicati, ma quando alla fine il turbine si ferma, appaiono contraddittori."  

Nel remoto 1945, mentre le ceneri dell'Europa ancora fumavano, un certo Damon Knight ha detto una cosa molto giusta sull'argomento

"Come scrittore Van Vogt non è affatto un gigante come si dice, è solo un pigmeo che usa una gigantesca macchina da scrivere."  

UNA GLOSSOLALIA DI ANTONIN ARTAUD

La poesia Cogne et foutre di Antonin Artaud si conclude con un singolare testo glossolalico: 

Ya menin
fra te sha
vazile
la vazile

a te sha menin
tor menin
e menin menila 

ar menila
e inema imen. 

In preda a un'inspiegabile ispirazione, nel 2007 ho tradotto la glossolalia, pubblicandola poi su Esilio a Mordor:

O spiriti
oscuri del cosmo,
radiosa
acqua radiosa,  

dagli spiriti del cosmo,
spiriti della pietra,
spiriti della terra, il vento,  

infiammate il vento
di spirito di conoscenza terrestre.  

La traduzione, se così si può chiamare, è stata da me composta leggendo un adattamento della glossolalia in questione per un brano musicale in cui i versi erano ripetuti diverse volte, e non avevo neanche letto il testo della poesia. Cosa avesse in mente Antonin Artaud quando proferì e mise per iscritto il suo componimento glossolalico può essere immaginato leggendo i versi di Cogne et foutre

Je connais un état hors de l'esprit, de la conscience, de l'être, 
et qu'il n'y a plus ni paroles ni lettres, 
mais où l'on entre par les cris et par les coups. 
Et ce ne sont plus des sons ou des sens qui sortent, 
plus des paroles 
mais des corps. 
Cogne et foutre, 
dans l'infernal brasier où plus jamais la question de la parole 
ne se pose ni de l'idée. 
Cogner à mort et foutre la gueule, foutre sur la gueule, 
est la dernière langue, la dernière musique que je connais 
et je vous jure qu'il en sort des corps 
et que ce sont des corps animés. 

Posso quindi immaginare che con la parola tradotta con "spiriti" indichi in realtà autentici demoni. Ormai l'autore non può più esprimere un'opinione in proposito, essendo morto da tempo. Non so quindi se esista una connessione tra la sua ispirazione e la mia. Tuttavia il testo ha una sua coerenza interna e se ne potrebbe trarre un breve vocabolario, anche se insufficiente alla costruzione di una conlang

L'INVOLUZIONE DELLA SPECIE

Catturati da una singolarità spaziotemporale, due umani morti nell'adolescenza si incontrano al di fuori di questo cosmo fisico. Conservano intatti i loro ricordi e le loro emozioni. Nativi dello stesso identico luogo, uno è vissuto nel Neolitico, l'altro nella prima decade del XXI secolo. Riporto qui il loro dialogo. 

Adolescente del Neolitico: 

"Semalkom autoidesk nebonaumonum arainateutaskom eunoim sebeldonsk alumotaidenomk alum reldonamankoim eleunos sebirolts kanamaindemont sebeldu lepondeums maundot leuropsink alebiom notomaunoms tautoimk anteutoima naharan tenimpsim salomu autondemsk leptirankas andemonts nodu mendumal enesamolkumsk kankonim denoimons demetom niranka neurankoim kalsin elunesk dabainaum olomansk skonskims alomu nodeumons. Akaramst neboimos elumonts eneskim? Aleurkom semalkomk neroima niranumont beldemonskilomsk anaurom selebiomu naromus ahar lebenstim keldobam lepondimansiter alemorsinoktiboms salomuts kelsik araimonaunonks relum sonum reldomansikonotomans tautoteutibomsk elsiansebeldomansk anteutim maundobaunem leuropsinkam anemo sebironaumoraim autonak nodaumos alutonemendimsk aslomandur autonamorskibamsk enuma lebondim enemskibamsk."  

Adolescente del XXI secolo d.C.: 

"kazzoffiga!"
 

Marco "Antares666" Moretti, ottobre 2008

sabato 31 maggio 2014


IL CAGNACCIO DEI BASKERVILLES
(The Hound of the Baskervilles, 1978)

Regista: Paul Morrissey

Scritto da: Peter Cook & Dudley Moore...

Data di uscita: Novembre 1980 (USA)

Genere: Commedia, parodia

Cast: 
 Peter Cook ... Sherlock Holmes
 Dudley Moore ... Doctor Watson / Mr. Spiggot / Mrs. Ada
 Holmes / Piano Player
 Denholm Elliott ... Stapleton
 Joan Greenwood ... Beryl Stapleton
 Hugh Griffith ... Frankland
 Irene Handl ... Mrs. Barrymore
 Terry-Thomas ... Dr. Mortimer
 Max Wall ... Arthur Barrymore
 Kenneth Williams ... Sir Henry Baskerville
 Roy Kinnear ... Selden the Axe Murderer
 Lucy Griffiths ... Iris (as Lucy Griffith)
 Dana Gillespie ... Mary Frankland
 Penelope Keith ... Massage Receptionist
 Jessie Matthews ... Mrs. Tinsdale
 Prunella Scales ... Glynis

TRAMA: 

Qualcuno è fermamente determinato ad estinguere la casata nobiliare dei Baskervilles. L'ultimo erede è sconvolto da un terrificante cagnaccio, che ha già sbranato suo zio. Si rivolge quindi a Sherlock Holmes e a Watson, descrivendo loro la bestia come un mostro perverso dotato di genitali smisurati, con la tendenza a violentare le sue vittime prima di ucciderle. Sherlock Holmes invia a Baskervilles Hall il suo fedele assistente Watson, e qui ha inizio una girandola di eventi a mio parere esilaranti. Gli abitanti dei pantani si rivelano genti stravaganti e dedite ad aberrazioni di ogni specie. Troviamo così un campionario incredibile di degenerati: un assassino cannibale che fa a pezzi la gente con un'ascia, una domestica rinchiusa da anni in una  latrina piena di mosche, un cacciatore folle legato alla sorella da una relazione incestuosa, una ninfomane scatenata che sogna di copulare con il cagnaccio, un allevatore di chihuahua dall'apparato urinario incredibilmente sviluppato. Tutto il film è giocato sull'ambiguità e sul grottesco.
Anche il ritratto di Sherlock Holmes è molto diverso dal solito stereotipo: lo vediamo tra l'altro in un bordello le cui "ragazze" sono carampane ipertricotiche e manesche, mentre l'unica donna appetibile, la maitresse, non trova di meglio che proporgli un "cetriolino eccitante" da assumersi a mo' di supposta. E che dire delle perle di Logica Lapalissiana esibite da Holmes? Egli arriva a dedurre, dopo elaborati giri di parole, che dove avviene un furto si viene a scoprire sempre che il colpevole è un ladro. Vi è persino una maliziosa allusione a John Holmes, quando il nome dell'investigatore di Baker Street viene convertito in codice in un irresistibile "Salsiccia Holmes". 

CRITICA:

Il Cagnaccio dei Baskervilles è stato ritenuto la peggiore pellicola di tutta la storia del cinema. A mio parere questo giudizio è ingeneroso. Era l'epoca in cui Dudley Moore era sposato con una Rothschild, che a quanto pare era una domina spietata che lo costringeva a pratiche di umiliazione estrema. Questo clima morboso deve avere influenzato l'opera.

Questa recensione, in assoluto la più significativa che ho trovato, è apparsa a suo tempo anche sul Corriere: 

Quante volte è stato portato sullo schermo il romanzo The Hound of the Baskervilles, scritto da Sir Arthur Conan Doyle nel 1902? Sfogliando l’Encyclopedia of Mistery & Detection (McGraw Hill, 1976), alla voce «Sherlock Holmes» ci imbattiamo subito in un film francese del 1915, seguito due anni dopo da un film tedesco diretto da Richard Oswald che lo rifà in Gran Bretagna nel 1929. Pochi anni dopo, nel 32, altro remake britannico con Robert Rendel; nel 39 è la volta di Basil Rathbone in un film hollywoodiano diretto da Alfred Werker; nel 59 l’inchiesta sul mastino omicida viene ripresa in patria da Peter Cushing, regia di Terence Fisher; dieci anni fa la caratteristica casquette dell’investigatore finisce sulla testa di Stewart Granger. Ora l’americano Paul Morrissey si è buttato sul vecchio libro con il programma di strappare risate a tutti i costi. Non sempre ci riesce, in un clima esagitato di comica finale, ma nel suo insieme lo spettacolaccio regge. Ai numerosi ammiratori di Flesh e di Trash, che si stupiranno di veder coinvolto l’ex allievo di Warhol in un’impresa tanto incongrua, consigliamo di ripescare l’agghiacciante intervista fatta a Morrissey da Dante Matelli (su La Repubblica», 6 agosto 78). In questo colloquio il cineasta si proclama di estrema destra e aggiunge: «Sa perché sono contento che in USA non si studi più il greco? Perché il greco significa democrazia».
Da Tullio Kezich, Il nuovissimo Mille film. Cinque anni al cinema 1977-1982, Oscar Mondadori

Questa è la sommaria descrizione fornita dal Morandini:

Sherlock Holmes in burletta: indagando in casa Baskerville inciampa in situazioni al limite del paradosso e, mentre il cagnaccio si diverte, deve persino difendersi dalle attenzioni di una "ninfomane" scatenata. E una parodia dell'arcifamoso romanzo (1902) di Arthur Conan Doyle, portato più volte sullo schermo. Nonostante le premesse e la presenza di attori discreti, è un film mancato. Oltre a interpretare Watson e, travestito, la madre di Holmes, Moore ha collaborato alla sceneggiatura e ha firmato le musiche.

Ancor più lapidaria ed impietosa la recensione del Dizionario del Cinema:

Terribile parodia della storia di Conan Doyle, scritta da Cook (che interpreta Sherlock Holmes), Moore (allo stesso tempo Watson e madre di Holmes) e dal regista Morrissey. Dopo un po' di risate, il film scade nello squallido e non recupera più. Che spreco di talento! La versione americana dura 78 minuti, con sequenze in ordine diverso.

I commenti aggiunti dai navigatori sono ancora più impietosi. Ne riporto uno abbastanza rappresentativo quanto devastante, lasciato in imdb il 9 settembre 2001:

A deeply horrendous film

I have scarcely, if *ever*, been so disappointed with a film as I was with this. My expectations were hardly particularly high going into the viewing... I certainly did expect more from a film involving Peter Cook, based around the enjoyable Holmesian mythos.
To begin with, the direction was appallingly unsuitable. Paul Morrissey evidently had all the wrong ideas about how to film a comedy and how to illicit comedic performances; he is following the Carry On formula, but this film considerably outstrips the majority of those in terms of the cringe-worthy. Morrissey merely 'directs' an astonishingly experienced and talented cast to go horribly - and I mean horribly - Over The Top, shout a lot, and mixes this with pointless, inapposite crudity. The veteran comic talents of Max Wall - barely in the film, much to his overwhelming relief I suspect - Joan Greenwood, Cook, Moore and Spike Milligan are frittered away carelessly, and allowed to dissolve in an acrid bath of self-abuse. The ageing Greenwood is given an appallingly crass role and embarrassing 'things to do'; Terry-Thomas, clearly an ill man by all accounts at this time, looks completely out of it: a saddening sight. Is Kenneth Williams another to be added to this unfortunate role-call of British comedy greats forcibly desecrated...? Well yes, his performance is every bit the unsubtle, irritating stereotype that many expect of him, including it seems, Paul Morrissey. Such a waste considering the ill-tapped talent the man clearly had; it is hardly surprising to read his increasing despondency about this project in his diaries.
Apparently, Pete n' Dud had a hand in the script-writing, but it really doesn't show; this is committee stuff to the letter, including 'topical' take-offs of "The Exorcist" (1973) as well as the spirit-crushingly inept attempts to 'emulate' the Carry Ons. There are, at best, perhaps one or two middling gags of theirs that surface, but they seem hopelessly out of kilter with the film's remainder. Cook is an aloof, stony-but-insubstantial presence as an 'actor' in this 'picture', Morrissey allowing him no scope for his usual absurdism, shoehorning him into a cardboard nonentity of a role - though surely he himself is culpable, if scripting? Moore is worse, faring poorly as an inept, 'Welsh' Holmes; never once amusing.
This truly is a dire, unspeakable film. The production side of matters is, if anything, as shabby as the rest of the picture; a slipshod shoddiness makes the visuals outright repellent. Strikingly, there is no attempt to truly parody or spoof the Sherlock Holmes mythos; it makes even mediocre films like "The Adventure of Sherlock Holmes's Smarter Brother" (1975) or "The Seven Per Cent Solution" (1976) seem like satiric masterworks in comparison. All this ends up doing is lamentably degrading the Holmes mythos it claims association with.
I hated this film intensely - as I am sure you gathered - and can say with the utmost confidence that it symbolises the utter fall from grace of a tradition of British (film) comedy.

In tutto il Web ho trovato soltanto un timido utente a difendere il Cagnaccio. Il suo intervento, che mi ha commosso, è questo: 

"Versione comica del mastino dei baskervilles. Mi ha fatto morire dal ridere.Pieno di situazioni assurde..."