Quando si parla della lingua segreta degli Incas, in genere si pensa al complesso sistema di scrittura tramite cordicelle che in Quechua sono chiamate khipu (scritto anche quipu, quipo). Non è di questo che intendo trattare nel presente contributo. Alludo invece a una lingua parlata, diversa dal Quechua, che era usata unicamente dall'Inca, dalla sua famiglia e dai suoi cortigiani. Non sono mancati studiosi che hanno ritenuto una leggenda l'esistenza di questo misterioso e sconosciuto idioma. Eppure esistono testimonianze che non lasciano adito a dubbi. Procedo a passarle in rassegna.
In uno scritto datato 1586, Rodrigo de Cantos de Andrada riporta quanto segue:
"In questo regno c'è molta differenza tra le lingue tra gli indigeni; tuttavia in tutto il regno i capi e i notabili dei distretti hanno l'obbligo di conoscere la lingua generale che chiamano Quichua, per sapere e per capire ciò che veniva loro comandato dall'Inca, e perché, andando alla sua corte, comprendessero senza interprete; e tra loro lo stesso Inca, la sua famiglia e gli Orecchioni ne parlavano un'altra, e di questa lingua nessun capo né alcuna persona del regno avevano il permesso di apprendere nemmeno un vocabolo."
Si ricorda che i nobili erano chiamati Orecchioni per via delle orecchie deformate da grandi gioielli, non per loro inclinazioni sessuali (tra l'altro l'omosessualità era aborrita dagli Incas). Questo è il testo originale in spagnolo:
"En este reino hay mucha diferencia en los naturales de lenguas; pero en todo él los caciques y principales de los repartimientos tenían obligación de saber la lengua general que llaman quíchua, para saber y entender lo que se les mandaba de parte del inga, y para que, yendo a su corte, la entendiesen sin intérprete; y entre el mismo inga y su linaje y orejones hablaban otra, y ésta ningún cacique ni demás personas de su reino tenían licencia para aprendella ni vocablo de ella."
In uno scritto datato 1609, Garcilaso de la Vega ci rende noto "che gli Incas avevano un'altra lingua particolare che parlavano tra loro, che non era compresa dagli Indiani, né era loro lecito apprenderla, come [se fosse] un linguaggio divino" ("que los Incas tuvieron otra lengua particular que hablavan entre ellos, que no la entendían los demás indios ni les era lícito aprenderla, como lenguaje divino"). Aggiunge anche che questa lingua segreta "si era completamente perduta, perché, come perì la particolare repubblica degli Incas, perì anche il loro linguaggio" ("ha[bía] perdido totalmente, porque, como pereció la república particular de los Incas, pereció también el lenguaje dellos").
In uno scritto datato 1653, lo storico e gesuita Bernabé Cobo riporta la stessa notiza e afferma che gli Incas conoscevano, oltre al Quechua, "un'altra [lingua] distinta, che usavano soltanto quando trattavano o conversavano con quelli della loro stirpe" ("otra distinta, de que usaban solamente entre sí cuando trataban y conversaban con los de su linaje"). Sostiene anche che l'esistenza di questa lingua segreta era stata certificata da don Alonso Topa Atau, nipote di Huayna Capac, il quale gli avrebbe assicurato che era "la stessa che parlavano gli Indiani della valle del Tambo" ("la misma que hablaban los indios del valle de Tampu"). In tale valle si trovava la mitica grotta di Pacaritambo ove, stando alle saghe della fondazone di Cuzco, sarebbero nati per generazione spontanea i fratelli Ayar. Infine, lo stesso Cobo sostiene che "col cambiamento che hanno subìto le cose di questo regno con il comando degli Spagnoli, [tale lingua] la hanno già dimenticata i discendenti degli Incas" ("que con la mudanza que han tenido las cosas deste reino con el nuevo mando de los españoles, [dicha lengua] la han ya olvidado los descendientes de los Incas").
Il materiale lessicale che Garcilaso de la Vega attribuisce, a volte implicitamente, alla lingua segreta degli Incas è costituito per la maggior parte da antroponimi e toponimi, il cui significato, non estraibile a partire dal Quechua, sfuggiva alla competenza linguistica dell'illustre meticcio. Nei suoi Commentari (Comentarios) segnala un certo numero di questi nomi, dichiarando di non conoscerne il significato e attribuendoli così alla lingua segreta. Tra questi riportiamo Ayar, Manco, Roca, l'elemento collcam- (in Collcampata), Chima, Rauraua, Hahuanina, Maita, Usca, Uicaquirai, Ailli, Çocço. Un caso notevole è quello del nome della capitale incaica, Cozco (Cuzco), "che nella lingua particolare degli Incas significa Ombelico della Terra" ("que en la lengua particular de los Incas quiere dezir ombligo de la tierra").
Per ulteriori informazioni, rimando al lavoro di Rodolfo Cerrón-Palomino (Pontificia Universidad Católica del Perú), La lengua secreta de los Incas, consultabile al seguente url:
Certamente è suggestiva l'idea che la lingua segreta della famiglia dell'Inca possa aver fornito una spiegazione a molti antroponimi e toponimi non trasparenti. Vediamo tuttavia che è facile impantanarsi e non venire a capo di nulla. In almeno un caso abbiamo un nome interpretabile senza problemi. Si tratta di Manco, trascrizione di Manqu. Sappiamo che in Quechua la parola manqu ha due significati: 1) "fondamento", "base"; 2) "furetto". Trovo verosimile che il primo sovrano incaico abbia tratto il suo nome dal significato di "fondamento", "base". Cerrón-Palomino non riporta questi dati e si lascia andare a voli pindarici. Ritiene l'antroponimo in questione una variante dell'Aymará *mallqu "signore". Tuttavia, a quanto mi consta, il vocabolo Aymará che indica il signore dei vassalli è invece mallku, con una semplice occlusiva velare /k/ e non con un'occlusiva uvulare /q/.
Natura della lingua segreta
Il mondo accademico è sempre stato diviso. Alcuni studiosi, completamente ignari del significato delle parole più elementari, si sono mostrati inclini a ritenere che la lingua segreta degli Incas fosse il Quechua (Hervás y Panduro, Markham, Riva Aguero) o l'Aymará (D'Orbigny, Forbes): non hanno inteso le testimonianze degli antichi o non le hanno tenute nel benché minimo conto. Su coloro che ancor oggi propugnano idee simili possiamo invocare la caduta del fulmine, dato che un cranio incendiato è meno dannoso di un cervello che produce con malizia sproloqui e falsità manifeste.
Convinto che la linguistica debba essere ridotta agli schemi di una scienza esatta, riporterò alcune dimostrazioni che spero potranno essere di qualche utilità, chiedendo fin d'ora venia per il loro carattere ripetitivo, seppur necessario.
1) La lingua segreta degli Incas non era una varietà di Quechua.
Dimostrazione
Questi sono i dati di fatto:
i) Le fonti ci dicono con la massima chiarezza che la lingua segreta degli Incas era diversa da quella comune, ossia dal Quechua.
ii) Le fonti precisano anche che a nessun suddito era permesso imparare anche soltanto una parola della lingua segreta.
Reductio ad absurdum:
Se la lingua segreta fosse stata un gergo formato a partire da parole della lingua Quechua, ogni sua parola sarebbe stata anche una parola Quechua, il che contraddice il punto ii).
Q.E.D.
Questi sono i dati di fatto:
i) Le fonti ci dicono con la massima chiarezza che la lingua segreta degli Incas era diversa da quella comune, ossia dal Quechua.
ii) Le fonti precisano anche che a nessun suddito era permesso imparare anche soltanto una parola della lingua segreta.
Reductio ad absurdum:
Se la lingua segreta fosse stata un gergo formato a partire da parole della lingua Quechua, ogni sua parola sarebbe stata anche una parola Quechua, il che contraddice il punto ii).
Q.E.D.
2) La lingua segreta degli Incas non era una varietà di Aymará.
Dimostrazione
Questi sono i dati di fatto:
i) Le fonti ci dicono con la massima chiarezza che la lingua segreta degli Incas era diversa dalle due lingue generali del Regno, ossia dal Quechua e dall'Aymará.
ii) Le fonti precisano anche che a nessun suddito era permesso imparare anche soltanto una parola della lingua segreta.
Reductio ad absurdum:
Se la lingua segreta fosse stata una varietà della lingua Aymará, sarebbe stata compresa da tutti quei sudditi che usavano tale idioma come lingua franca. Questi sudditi parlanti della lingua Aymará erano molto numerosi e l'assunzione contraddice il punto ii).
Q.E.D.
Questi sono i dati di fatto:
i) Le fonti ci dicono con la massima chiarezza che la lingua segreta degli Incas era diversa dalle due lingue generali del Regno, ossia dal Quechua e dall'Aymará.
ii) Le fonti precisano anche che a nessun suddito era permesso imparare anche soltanto una parola della lingua segreta.
Reductio ad absurdum:
Se la lingua segreta fosse stata una varietà della lingua Aymará, sarebbe stata compresa da tutti quei sudditi che usavano tale idioma come lingua franca. Questi sudditi parlanti della lingua Aymará erano molto numerosi e l'assunzione contraddice il punto ii).
Q.E.D.
Corollario:
Qualsiasi parlante Aymará si sarebbe potuto infiltrare come spia alla corte dell'Inca, tra gli Orecchioni, capendo ogni conversazione. La lingua segreta degli Incas non sarebbe stata affatto tale e avrebbe avuto qualche somiglianza col famoso segreto di Pulcinella.
Qualsiasi parlante Aymará si sarebbe potuto infiltrare come spia alla corte dell'Inca, tra gli Orecchioni, capendo ogni conversazione. La lingua segreta degli Incas non sarebbe stata affatto tale e avrebbe avuto qualche somiglianza col famoso segreto di Pulcinella.
Esiste un peculiare documento, una canzone conosciuta come canto dell'Inca Yupanqui, che non è in Quechua e che molti accademici tendono a considerare una prezionsa testimonianza della lingua segreta. Esso è riportato da Juan Díez de Betanzos (1510-1576) in un capitolo perduto e recentemente recuperato della sua opera Suma y narración de los Incas. La canzone glorifica l'Inca, vincitore del popolo dei Sora. Questo è il testo con la traduzione in castigliano riportata dallo stesso Betanzos:
YNGA YUPANGUE YNDIN YOCAFOLA YMALCA CHINBOLEIFOLA YMALCA AXCOLEY HAGUAYA GUAYA HAGUA YAGUAYA. Que quiere decir: "Ynga Yupangue hijo del Sol vencio los Soras e puso de borlas con el sonsonete postrero de Hayaguaya que es come la tanarara que nos decimos", ossia "Inca Yupanqui figlio del Sole vinse i Sora e mise le nappe con la cantilena finale di Hayaguaya, che è come la 'tanarara' che noi diciamo".
La presenza di F nel testo è a prima vista ostica: la lettera rappresenta un suono alieno al Quechua e all'Aymará, ma presente in Mochica, in Mapudungun e in Kakán. Si può dimostrare che nel canto dell'Inca Yupanqui questo F è una cattiva lettura di una S allungata. Così abbiamo un testo normalizzato:
1 Ynga Yupangue Ynga Yupangue
2 Yndi-n Yoca hijo del sol
3 Sola-y malca los Soras
4 chinbo-lei puso borlas
5 Sola-y malca los Soras
6 axco-ley venció
7 haguaya guaya tanarara
8 haguaya guaya tanarara
2 Yndi-n Yoca hijo del sol
3 Sola-y malca los Soras
4 chinbo-lei puso borlas
5 Sola-y malca los Soras
6 axco-ley venció
7 haguaya guaya tanarara
8 haguaya guaya tanarara
Cerrón-Palomino dimostra facilmente che si tratta di un testo in una varietà di Aymará. Oso trarre le debite conclusioni. Non è assolutamente questa la lingua segreta degli Incas!
Cerrón-Palomino identifica la lingua segreta degli Incas con il Puquina (Pukina), una lingua isolata e molto peculiare, un tempo parlata un tempo in una vasta area del Perù meridionale e in Bolivia, da tempo estinta. La sua area di origine è con ogni probabilità la regione del lago Titicaca, come provato anche dalla toponomastica (vedi Cerrón-Palomino 2016). A quanto pare gli ultimi parlanti vissero in un'epoca di poco precedente all'indipendenza del Perù dalla Spagna. Questa narrazione del Puquina come lingua segreta degli Incas è stata accettata da numerosi accademici, al punto che in non poche opere specialistiche è data come un fatto assodato. Permane il mio duro scetticismo, che posso sintetizzare in una dimostrazione.
3) La lingua segreta degli Incas non era il Puquina.
Dimostrazione
Questi sono i dati di fatto:
i) Le fonti ci dicono con la massima chiarezza che la lingua segreta degli Incas era diversa dalle due lingue generali del Regno.
ii) Gli autori più antichi ci dicono che il Puquina era una lingua generale del regno.
a) Il Viceré Toledo nell'ordinanza datata 10 settembre 1575 in Arequipa, scrisse: "...las lenguas quichua, puquina y aimará, son las que generalmente se hablan por los indios en estos Reinos u Provincias del Perú ...", ossia "le lingue Quechua, Puquina e Aymará sono quelle parlate abitualmente dagli Indani in questi regni o province del Perù."
b) In una Carta Annua del 1594, il padre Alonso de Barzana ci tramanda che "todos los pueblos puquinas, que son más de cuarenta o cincuenta, tanto en el Collao, como en Arequipa, y sobre todo en la costa de la mar hacia Arica y aun hacia otras costas, no ha tenido jamás predicador puquina que les enseñe la palabra de Jesucristo", ossia "tutti i popoli Puquina, che sono più di quaranta o cinquanta, sia in Collao che in Arequipa, e soprattutto lungo la riva del mare fino ad Arica e fino ad altre rive, non hanno mai avuto un predicatore puquina che insegnasse loro la parola di Gesù Cristo."
c) Nel 1599, Antonio de la Raya, vescovo di Cuzco, incaricò i Gesuiti di sostenere l'esame di sufficienza della padronanza della lingua, oltre al Quechua e all'Aymará, "porque asi mismo es necesario que la dicha lengua aymará y puquina se lean en esta Ciudad, por hablarse en muchas partes deste Obispado", ossia "perché è anche necessario che le lingue Aymará e Puquina siano lette in questa città, essendo parlate in molte parti di questo vescovato."
d) Sul portale di accesso al battistero della chiesa di San Pedro de Andahuaylillas - a 45 km da Cuzco - costruita agli inizi del XVII secolo, c'è la scritta di orazione battesimale "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" in latino, spagnolo, Quechua, Aymará e Puquina.
iii) Le fonti precisano anche che a nessun suddito era permesso imparare anche soltanto una parola della lingua segreta.
Reductio ad absurdum:
Se la lingua segreta fosse stata una varietà della lingua Puquina, sarebbe stata compresa da tutti quei sudditi che usavano tale idioma come lingua franca. Questi sudditi parlanti della lingua Puquina erano molto numerosi e l'assunzione contraddice i punti i) e ii).
Q.E.D.
Questi sono i dati di fatto:
i) Le fonti ci dicono con la massima chiarezza che la lingua segreta degli Incas era diversa dalle due lingue generali del Regno.
ii) Gli autori più antichi ci dicono che il Puquina era una lingua generale del regno.
a) Il Viceré Toledo nell'ordinanza datata 10 settembre 1575 in Arequipa, scrisse: "...las lenguas quichua, puquina y aimará, son las que generalmente se hablan por los indios en estos Reinos u Provincias del Perú ...", ossia "le lingue Quechua, Puquina e Aymará sono quelle parlate abitualmente dagli Indani in questi regni o province del Perù."
b) In una Carta Annua del 1594, il padre Alonso de Barzana ci tramanda che "todos los pueblos puquinas, que son más de cuarenta o cincuenta, tanto en el Collao, como en Arequipa, y sobre todo en la costa de la mar hacia Arica y aun hacia otras costas, no ha tenido jamás predicador puquina que les enseñe la palabra de Jesucristo", ossia "tutti i popoli Puquina, che sono più di quaranta o cinquanta, sia in Collao che in Arequipa, e soprattutto lungo la riva del mare fino ad Arica e fino ad altre rive, non hanno mai avuto un predicatore puquina che insegnasse loro la parola di Gesù Cristo."
c) Nel 1599, Antonio de la Raya, vescovo di Cuzco, incaricò i Gesuiti di sostenere l'esame di sufficienza della padronanza della lingua, oltre al Quechua e all'Aymará, "porque asi mismo es necesario que la dicha lengua aymará y puquina se lean en esta Ciudad, por hablarse en muchas partes deste Obispado", ossia "perché è anche necessario che le lingue Aymará e Puquina siano lette in questa città, essendo parlate in molte parti di questo vescovato."
d) Sul portale di accesso al battistero della chiesa di San Pedro de Andahuaylillas - a 45 km da Cuzco - costruita agli inizi del XVII secolo, c'è la scritta di orazione battesimale "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" in latino, spagnolo, Quechua, Aymará e Puquina.
iii) Le fonti precisano anche che a nessun suddito era permesso imparare anche soltanto una parola della lingua segreta.
Reductio ad absurdum:
Se la lingua segreta fosse stata una varietà della lingua Puquina, sarebbe stata compresa da tutti quei sudditi che usavano tale idioma come lingua franca. Questi sudditi parlanti della lingua Puquina erano molto numerosi e l'assunzione contraddice i punti i) e ii).
Q.E.D.
Corollario:
Qualsiasi parlante Puquina si sarebbe potuto infiltrare come spia alla corte dell'Inca, tra gli Orecchioni, capendo ogni conversazione. La lingua segreta degli Incas non sarebbe stata affatto tale e avrebbe avuto qualche somiglianza col famoso segreto di Pulcinella.
Qualsiasi parlante Puquina si sarebbe potuto infiltrare come spia alla corte dell'Inca, tra gli Orecchioni, capendo ogni conversazione. La lingua segreta degli Incas non sarebbe stata affatto tale e avrebbe avuto qualche somiglianza col famoso segreto di Pulcinella.
Possiamo estendere il teorema della lingua segreta degli Incas.
4) La lingua segreta degli Incas non era una lingua naturale di alcuna popolazione india suddita del Tawantinsuyu.
Dimostrazione
Quale che fosse la lingua nativa di una popolazione dell'Impero detto Tawantinsuyu in Quechua, la sua lingua non poteva coincidere con la lingua segreta degli Incas. Un popolo che avesse parlato tale lingua avrebbe potuto infiltrare qualcuno come spia alla corte dell'Inca, tra gli Orecchioni, capendo ogni conversazione. La lingua segreta degli Incas non sarebbe stata affatto tale e avrebbe avuto qualche somiglianza col famoso segreto di Pulcinella.
Q.E.D.
Quale che fosse la lingua nativa di una popolazione dell'Impero detto Tawantinsuyu in Quechua, la sua lingua non poteva coincidere con la lingua segreta degli Incas. Un popolo che avesse parlato tale lingua avrebbe potuto infiltrare qualcuno come spia alla corte dell'Inca, tra gli Orecchioni, capendo ogni conversazione. La lingua segreta degli Incas non sarebbe stata affatto tale e avrebbe avuto qualche somiglianza col famoso segreto di Pulcinella.
Q.E.D.
Si noterà che don Alonso Topa Atau, parlando della Valle del Tambo e identificando la lingua dei suoi nativi con la lingua segreta, fa riferimento a un contesto mitologico. L'alternativa è supporre che la lingua in questione fosse sì parlata in quella valle, ma soltanto dalla nobiltà, che faceva parte della compagine incaica. Credo che ci vorranno ulteriori ricerche per appurare la verità.
La lingua segreta dei Callahuaya
Secondo lo studioso boliviano Oblitas Poblete (1968), la lingua segreta degli Incas sarebbe da identificarsi con la lingua segreta dei Callahuaya (Kallawaya), curanderos itineranti delle Ande, originari di Charazani, nella provincia di Bautista Saavedra, in Bolivia. La lingua Callahuaya, che purtroppo è ormai moribonda, ha preso la grammatica dal Quechua; parte del lessico mostra somiglianze col Puquina, per il resto è di origine sconosciuta. Uno dei suoi nomi è Pohena, che rimanda subito a Puquina. Questo è un breve elenco di corrispondenze lessicali (l'ortografia è molto variabile):
Callahuaya: atasi "donna"
Puquina: atago "donna"
Puquina: atago "donna"
Callahuaya: kampro "sangue"; "rosso"
Puquina: cami "sangue"
Puquina: cami "sangue"
Callahuaya: laja "uomo", "maschio"
Puquina: raago "uomo", "marito"
Puquina: raago "uomo", "marito"
Callahuaya: mini "uomo"
Puquina: mana, meñ, miñ "uomo"
Puquina: mana, meñ, miñ "uomo"
Callahuaya: pimpi "suolo"
Puquina: pampa "terra, suolo"*
Puquina: pampa "terra, suolo"*
*Cfr. Quechua pampa "pianura"; non è chiaro il vocalismo della forma Callahuaya.
Callahuaya: qaman, kkaman "giorno"
Puquina: kamen, qamen, gamen "giorno"
Puquina: kamen, qamen, gamen "giorno"
Callahuaya: qena "argento"
Puquina: scana "argento"
Puquina: scana "argento"
Callahuaya: qeri, kheri "ventre"
Puquina: karu, caru "stomaco"
Puquina: karu, caru "stomaco"
Callahuaya: sau "cuore", "petto"
Puquina: see "cuore"
Puquina: see "cuore"
Callahuaya: suu "due"
Puquina: so "due"
Puquina: so "due"
Callahuaya: kapi "tre"
Puquina: kapak, capa "tre"
Puquina: kapak, capa "tre"
Callahuaya: pill, pilli "quattro"
Puquina: sper "quattro"
Puquina: sper "quattro"
Il Callahuaya possiede vocaboli propri per indicare concetti espressi in Quechua e in Aymará con prestiti dallo spagnolo. Così ad esempio lajma "cavallo", chamatu "asino", ch'uru "vacca", k'apka (thapka) "maiale", walun "calzoni". In alcuni casi si ha una corrispondenza se si riesce a comprendere lo slittamento semantico: Callahuaya reqa "gatto" corrisponde al Puquina reega "strega". Un falso parente desta grande ilarità: raka in Callahuaya significa "lavoro", mentre in Quechua significa "vagina". Molte parole Callahuaya non hanno rispondenza alcuna col Puquina o l'hanno assai incerta, e tra questi vi sono diversi numerali. Vale anche l'inverso: di numerosi vocaboli Puquina non si hanno tracce in Callahuaya.
Callahuaya: jaa, hah "fiume"
Puquina: chaqa "fiume"
Puquina: chaqa "fiume"
Callahuaya: llalle "buono"
Puquina: huani "buono"
Puquina: huani "buono"
Callahuaya: maru "figlio"
Puquina: chuscu "figlio";
haya "figlio"
Puquina: chuscu "figlio";
haya "figlio"
Callahuaya: sui "mano"
Puquina: mohana, mokna "mano"
Puquina: mohana, mokna "mano"
Callahuaya: uksi, ujsi "uno"
Puquina: pesk, pesq, pesce "uno"
Puquina: pesk, pesq, pesce "uno"
Callahuaya: chisma "cinque"
Puquina: takpa, tajpa "cinque"
Puquina: takpa, tajpa "cinque"
Callahuaya: tajwa, tahma "sei"
Puquina: chichun, chichu "sei"
Puquina: chichun, chichu "sei"
Callahuaya: qajsi "sette"*
Puquina: stu "sette"
Puquina: stu "sette"
*Soria Lens (1951) riporta la forma tutin "sette", che potrebbe essere imparentata col numerale Puquina.
Callahuaya: wasa "otto"
Puquina: kino, quina "otto"
Puquina: kino, quina "otto"
Callahuaya: nuki "nove"
Puquina: cheqa "nove"
Puquina: cheqa "nove"
Callahuaya: qhocha "dieci"*
Puquina: sqata, scata "dieci"
Puquina: sqata, scata "dieci"
*Soria Lens (1951) riporta la forma khatu "dieci", sicuramente impartentato con il numerale Puquina.
Osservando bene i lemmi delle due lingue, si nota una certa somiglianza tra alcuni numerali con valori discordanti. Così il Callahuaya chisma "cinque" somiglia al Puquina chichu(n) "sei"; il Callahuaya tajwa "sei" somiglia al Puquina tajpa "cinque". Potrebbe trattarsi di alterazioni semantiche introdotte per rendere ancor più criptica la lingua? Non so dire se l'idea possa funzionare. In Callahuaya abbiamo il numerale tikun "cento", che è assai peculiare e non ha alcun rapporto con l'Aymará pataka "cento" (imparentato col Quechua pachak), vocabolo che è stato preso a prestito da molte lingue, giungendo fino in Mapudungun e in Tehuelche. Non sono riuscito a trovare la corrispondente forma in Puquina.
La tesi di Oblitas Poblete è stata criticata anche per via dell'oscurità del processo di formazione della lingua segreta dei guaritori boliviani, che potrebbe non essere remoto. L'opinione diffusa vuole che la genesi del Callahuaya sia iniziata nel XVIII secolo, continuando ancora in epoca recente, fino al primo ventennio del XX secolo. Non è chiaro se possa esistere un rapporto tra la lingua segreta degli Incas e certo materiale lessicale enigmatico presente nel Callahuaya, che del resto deve ben aver attinto a qualche fonte più antica. Tuttavia i due idiomi in questione potrebbero benissimo non avere alcunché in comune. Come è ben noto, in America del Sud esistono moltissime lingue isolate, chiamate così perché prive di sufficienti somiglianze esterne. Non si può assumere che due lingue debbano essere per necessità imparentate soltanto perché entrambe segrete. Per poter dire qualcosa di più abbiamo bisogno di dati che purtroppo sembrano non essere più disponibili. Temo che gli Incas si siano portati nella tomba un mistero che non troverà mai soluzione!