I nostri avversari che professano idee materialistiche usano opporre alle nostre argomentazioni il cosiddetto Rasoio di Occam, uno strumento logico escogitato dal teologo inglese Guglielmo da Ockham (1288-1349), dell’Ordine di Francesco d’Assisi. Questo principio logico può essere formulato in diversi modi, che elenchiamo nel seguito:
1) A parità di fattori, la spiegazione più semplice è da preferire
2) Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem (Gli elementi non devono essere moltiplicati più del necessario)
3) Pluralitas non est ponenda sine necessitate (La pluralità non deve essere considerata se non è necessaria)
4) Frustra fit per multa quod fieri potest per pauciora (È inutile fare con più cose ciò che può essere fatto con meno cose)
2) Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem (Gli elementi non devono essere moltiplicati più del necessario)
3) Pluralitas non est ponenda sine necessitate (La pluralità non deve essere considerata se non è necessaria)
4) Frustra fit per multa quod fieri potest per pauciora (È inutile fare con più cose ciò che può essere fatto con meno cose)
In altre parole, se di un evento esistono diverse spiegazioni possibili, non deve essere scelta quella più più ingenua o che affiora alla mente in modo spontaneo, bensì quella più ragionevolmente vera e che non richiede inutili complicazioni tramite aggiunta di altri elementi causali. Si tratta di una forma di economia di pensiero: se per spiegare un fenomeno non occorre postulare un determinato ente, è ragionevole non postularlo, essendo logico scegliere la soluzione più plausibile e semplice. Ad esempio, se si può descrivere il meccanismo di formazione dei temporali a partire dalle caratteristiche delle nubi e dell’atmosfera, questo è preferibile all’idea di ammettere l’esistenza del dio Thor dalla barba rossa che scaglia folgori con un martello chiamato Mjöllnir.
Il francescano inglese ha sistemato logicamente qualcosa che era già noto al pensiero scientifico del Medioevo, impostando la sua critica sulla concezione volontarista della Creazione. In contrasto con Tommaso d’Aquino, che riteneva il mondo creato da Dio sulla base di volontà e intelletto, Guglielmo di Ockham credeva che la Creazione fosse unicamente un atto di volontà. Per questo motivo egli ha enunciato il Rasoio, per eliminare i concetti relativi a regole e leggi naturali, come ad esempio la Sostanza e gli Universali.
I molti usi illegittimi del Rasoio di Occam
Naturalmente, Frate Guglielmo da Ockham non sarebbe stato affatto contento dell’uso che i moderni fanno del suo strumento logico. Infatti esso viene applicato in modo assolutamente dissennato, senza nemmeno operare un controllo sull’effettiva necessità della sua applicazione. Esso viene utilizzato come metodo per risolvere qualsiasi questione filosofica ritenuta insolubile. Esiste Dio? Non esiste, dicono i materialisti, perché non serve: il Rasoio di Occam dimostra che non è necessaria la sua esistenza per spiegare il mondo. Esiste l’anima immortale? Esiste lo Spirito? Non esistono queste cose, dicono i materialisti, perché sono del tutto inutili: il Rasoio di Occam dimostra che un corpo funziona bene anche senza qualcosa di metafisico che lo faccia muovere.
Ad essere criticabile è proprio l’uso disinvolto del Rasoio di Occam, che dimostra la pochezza intellettuale di chi lo compie. Infatti di questi tempi esso è interpretato falsamente ed enunciato in questo modo:
1) La spiegazione più semplice è da preferire
2) Entia non sunt multiplicanda (Gli elementi non devono essere moltiplicati)
3) Pluralitas non est ponenda (La pluralità non deve essere considerata)
4) Frustra fit per multa aliquid (È inutile fare qualsiasi cosa con più cose)
2) Entia non sunt multiplicanda (Gli elementi non devono essere moltiplicati)
3) Pluralitas non est ponenda (La pluralità non deve essere considerata)
4) Frustra fit per multa aliquid (È inutile fare qualsiasi cosa con più cose)
Come si può osservare, è stato tralasciato qualcosa di fondamentale. Per quanto Frate Guglielmo sia stato chiaro ed abbia usato un linguaggio comprensibile, questo è ciò che di lui è arrivato ai contemporanei. Non viene compiuta quindi alcuna verifica sull’effettiva necessità di applicazione del Rasoio. Se si ignora il grado di complessità dell’argomento che si sta trattando, si corre il concreto rischio di eliminare informazioni cruciali.
Alcuni esempi dallo studio delle lingue
Nella lingua olandese esistono due interessanti parole: “Schande”, che significa “vergogna”, e “Schandaal”, che significa “scandalo”. Applicando il Rasoio di Occam senza disporre di altre informazioni, è naturale dedurre che “Schandaal” sia un derivato di “Schande”, che le due parole siano cioè imparentate tra loro. Questo non è tuttavia vero. Mentre “Schande” è un termine di origine germanica, “Schandaal” è derivato dal Greco del Nuovo Testamento “skandalon”, che significa “pietra d’inciampo”. Questo è un esempio di uso errato del Rasoio di Occam.
Nella lingua tedesca la parola “arm” significa “povero”. Così si dice “Dieser Mensch ist arm”, che significa “Quest’uomo è povero”. Orbene, in alcuni dialetti della stessa lingua esiste anche la parola “Armosen”, che significa “elemosina”, e che nell’idioma standard suona invece “Almosen”. Stando ai materialisti, se si considerasse soltanto l’ambito di un dialetto che ha “Armosen”, chi oserebbe negare che le due parole abbiano la stessa origine, visto che indicano entrambe qualcosa che ha a che fare con il concetto di povertà? Semplicità vorrebbe che questo “Armosen” sia un figlio naturale di “arm”, così come “Spirituosen”, che significa “alcolici” è un figlio naturale di “Spirit”, che significa “alcool”. Stesso suffisso, stessa procedura di derivazione: non possono esserci dubbi. Invece non è così, come già risulta evidente considerando la variante “Almosen”. È dimostrato che queste parole sono derivazioni del Greco del Nuovo Testamento “eleēmosynē”, che significa “questua”, e che deriva dal verbo ellenico “eleéō”, che significa “ho compassione”.
Esiste in Messico una città che è chiamata Cuernavaca. Nulla di più naturale che vedervi una derivazione dalle parole spagnole “cuerno”, ossia “corno”, e “vaca”, ossia “vacca”, entrambe di chiara origine romanza e derivate dal Latino “cornu” e “vacca” rispettivamente. Per chi considera la lingua spagnola parlata in Messico come un sistema isolato, questa etimologia sarà ineccepibile. Invece il toponimo deriva dal Nahuatl “Cuauhnahuac”, che significa “Vicino agli Alberi”: nella lingua parlata dagli Aztechi “cuahuitl” significa “legno” e “albero”, mentre “nahuac” è un suffisso che indica il concetto di vicinanza. Una persona che ignora la lingua Nahuatl, applicando il Rasoio di Occam in modo improprio e superficiale, arriva senza dubbio a proferire il falso.
Esite una tradizione radicata quanto falsa che attribuisce ai Rom e ai Sinti origini egiziane. Per questo tali genti hanno ricevuto il nome di Gitani, ossia Egiziani. Orbene, il termine che essi usano per designare l’uomo della propria etnia è “rom”. Sapendo che nella lingua Copta, che è erede dell’Antico Egizio, uomo si dice “rōme”, un osservatore superficiale potrebbe essere tentato di ritenere la consonanza significativa, e applicando il Rasoio di Occam ritenere inutile ogni ulteriore discussione. Ma noi sappiamo, conoscendo qualcosa di più del lessico della lingua dei Rom e di quella Copta, che il modo simile di indicare l’uomo è frutto di mera coincidenza. Basti allo scopo un breve elenco. In Romani “pani” significa “acqua”, che in Copto è “mou”. In Romani “iag” significa “fuoco”, che in Copto è “krōm”. In Romani “phu” significa “terra”, che in Copto è “to”. In Romani “kham” significa “sole”, che in Copto è “rē”. In Romani “chhon” significa “luna”, che in Copto è “iooh”. In Romani “kasht” significa “legno”, che in Copto è “she”. In Romani “phral” significa “fratello”, che in Copto è “son”. In Romani “rat” significa “sangue”, che in Copto è “snof”. In Romani “me” significa “io”, che in Copto è “anok”. In Romani “oi” significa “egli” o “ella”, mentre in Copto “egli” è “ntof” e “ella” è “ntos”. È diversa a fonetica, è diversa la grammatica, sono diversi i vocaboli, i pronomi, i numerali: non esiste nulla in comune.
Un esempio dallo studio della matematica superiore
Esistono rapporti tra numeri che non danno esito definito, e per questo sono conosciuti col nome di “forme di indecisione”. Così ad esempio, se si divide una quantità tendente a zero per un’altra quantità tendente essa stessa a zero, non si ottiene alcun risultato determinabile eseguendo il suo limite. Allo stesso modo se si divide una quantità tendente a infinito per un’altra quantità tendente essa stessa a infinito.
Esiste uno strumento matematico noto come Teorema di De l’Hôpital, che permette in alcuni casi di risolvere queste forme di indecisione. Verificate certe condizioni sulle funzioni in questione, quando hanno forma di quoziente, detto teorema stabilisce che se si applica una procedura chiamata “derivazione” al numeratore e al denominatore del quoziente analizzato, si ottiene un numero che è eguale al quoziente del numeratore e del denominatore di partenza. Così, se con usando il Teorema di De l’Hôpital si ottiene un numero finito, ecco che la forma di indecisione può dirsi risolta.
Per queste sue caratteristiche in grado di trarre dall’imbarazzo il matematico in certe occasioni, ecco che il Teorema di De l’Hôpital ha acquisito fama immeritata ed è diventato tra gli studenti di Fisica e Matematica una specie di bacchetta magica, una panacea a loro detta in grado di risolvere ogni problema. Dall’uso si è giunti presto all’abuso: ecco studenti pronti ad utilizzare De l’Hôpital per risolvere i limiti di qualsiasi quoziente di funzioni, anche dove non esiste forma di indecisione – ed è dimostrato che in simili casi il numero fornito applicando tale teorema non è necessariamente quello corretto.
Riporto qui il caso di un professore ingegnoso che metteva alla prova gli studenti spingendoli ad usare al posto di De l’Hôpital uno strumento in apparenza difficile ma sicuro: lo sviluppo di Taylor di una funzione. Egli insegnava ad usare la testa, ma era visto come una specie di carnefice dagli studenti, che si sentivano defraudati della sicurezza offerta dal Dogma di De l’Hôpital. Il professore dava come problemi da risolvere quozienti di funzioni in cui usando De l’Hôpital si passava con gran fatica da una forma di indecisione ad un’altra, senza ottenere nulla. Così, andando in marasma, i candidati sbagliavano sempre nell’appicare gli sviluppi di Taylor, decomponendo le funzioni del problema in un numero troppo basso di addendi. Trascurando addendi importanti, in grado di svolgere una funzione determinante sull’approssimazione, ecco che fallivano miseramente, ottenendo numeri errati. Uno studente introverso, foruncoloso e schernito come “nerd”, ha capito – solo tra tutti – che se si scomponevano le funzioni in un gran numero di addendi, superiore ad esempio a dieci, non si sbagliava mai: si otteneva sempre il corretto limite, il numero richiesto.
Ecco come l’applicazione di un teorema in modo troppo disinvolto può traviare e condurre lontano dal Vero.
Sono da preferire le teorie che spiegano più fatti
1) Immaginiamo di avere due teorie X e Y, in grado di spiegare quanto avviene nei due domìni A e B. La teoria X spiega ciò che avviene in A, la teoria Y ciò che avviene in B. La teoria X è più semplice della teoria Y, ma il dominio A è più piccolo del dominio B ed è in esso contenuto. Ossia, la teoria Y, più complessa di X, non solo spiega tutto ciò che ricade nel dominio A, ma anche altri fenomeni che X non può spiegare, perché B contiene A. La teoria Y, per quanto più complessa di X, deve essere preferita, perché rende conto di quanto accade nel dominio più vasto. Per poter applicare il Rasoio di Occam si deve avere parità di fattori.
2) Immaginiamo di avere n teorie a, b, c, …, che spiegano quanto avviene nei domini A, B, C,… Queste teorie sono, presa una per una, estremamente semplici, ma non hanno nulla in comune tra loro, in quanto pretendono di spiegare fatti diversi tra loro ricorrendo a cause dissimili. Immaginiamo ora di avere una teoria X, complessa ma capace di spiegare tutto ciò che avviene nei domini A, B, C, …, riducendo ogni fenomeno ivi studiato ad un’unica causa. Ecco che la teoria X, per quanto sia più complessa delle teorie a, b, c,…, deve essere ad esse preferita.
Non è possibile comprendere un sistema stando al suo interno
Si dice che gli antichi adoratori di Mithra ritenessero che i loro templi sotterranei, detti Mitrei, altro non fossero che raffigurazioni dell’Universo visto dall’esterno. Così in ognuna di queste cripte vi era una stele commemorativa che rappresentava il Dio Mithra in forma di giovane soldato in atto di uccidere un grande toro bianco, dando origine al Cosmo. Dal sangue scaturente dal dorso del Toro Cosmico trafitto dalla spada si formavano così spighe di grano, e i rivoli di fluido venivano lappati da un cane e da un serpente, mentre uno scorpione attaccava i genitali della vittima. Un corvo stava accanto al Dio, mentre i due Portatori di Torce, Cautes e Cautopates, rappresentavano rispettivamente il sole nascente e quello tramontante. Molte di queste reliquie della religione di Mithra possono tuttora essere viste, perché dopo l’epoca di Costantino le cripte sono state murate allo scopo di impedire saccheggi e si sono così conservate fino ai nostri giorni.
Hanno forse i materialisti una visuale privilegiata dell’Universo fisico? Guardano forse essi il mondo dall’esterno? No di certo. Usano forse essi parole di un altro Universo per spiegare le miserie di questo? No di certo. Non possono farlo. Quando si chiede loro cosa significhi “vedere”, essi possono soltanto rispondere che “vedere” equivale a “percepire la realtà circostante servendosi degli occhi, dei nervi ottici e dell’area del cervello preposta al senso della vista”. Spiegano cioè la “zuppa” definendola “pan bagnato”. La realtà del fenomeno che si chiede loro di descrivere non è minimamente spiegata. Possono essi spiegarla davvero ricorrendo a molte parole dove nella vita quotidiana se ne usa una sola? No di certo: la loro spiegazione fa riferimento – come ogni spiegazione concepibile – a mattoni fondamentali che sfuggono a ogni ulteriore analisi. Atomi di pensiero, dove la parola “atomo” deve essere intesa nella sua etimologia greca che rimanda al concetto di “indivisibile”.
Non è possibile dirimere una questione di cui si ignorano i fattori
Non è affatto lecito utilizzare il Rasoio di Occam allo scopo di risolvere questioni a cui la Scienza dei materialisti non è stata in grado di trovare una risposta. Il fatto che la risposta non sia stata trovata applicando il Metodo Scientifico significa che non sono state trovate prove irrefutabili capaci di decidere la questione. Così si deve ammettere che non si conoscono i fattori, e che pertanto il Rasoio non può essere applicato. Se non si è in grado di dare una definizione di ‘autocoscienza’, non si può pretendere che questa sia generata dal cervello e dalla sua neurochimica. Ora per quanto i materialisti si sforzino, non esiste nessuno tra loro che sia capace di definire l’oggetto delle questioni insolubili che affliggono la filosofia. Cos’è l’esistenza? Non essendo possibile dare una definizione dell’esistenza stando all’interno di ciò che esiste in questo universo, come potrà essere stabilito che non è necessaria una causa per l’universo stesso? Cos’è la percezione? Ogni possibile risposta si trova per necessità nell’ambito stesso della percezione. Pertanto, tutto ciò che i materialisti possono affermare a questo proposito pertiene alla sfera del metalinguaggio.
Il materialista e il televisore
Immaginiamo uno scienziato materialista in un remoto pianeta ove si trova un gigantesco televisore. Questo apparecchio ha uno schermo incastrato in una grande parete nera, tanto che nessuna sua componente interna è visibile a coloro che visitano il pianeta. Il televisore trasmette film e telegiornali di lontane galassie, ma il materialista non può comprendere quale sia la sorgente delle trasmissioni. Per noi, tutto è chiaro: il televisore è alimentato da corrente elettrica che viene prodotta in qualche recesso del pianeta e che alimenta l’apparecchio tramite una presa e dei cavi, in grado di far funzionare lo schermo. Senza questo flusso di corrente elettrica, il televisore non può funzionare. Allo stesso modo, esiste da qualche parte una sorgente di onde elettromagnetiche che il televisore riceve e decodifica, convertendole in immagini sul video e in parole che escono dal microfono. Senza la stazione che invia segnali video e audio, e senza un decodificatore, il televisore non potrebbe in alcun modo funzionare, seppur alimentato correttamente con il flusso di corrente elettrica: il video sarebbe nero e nessun suono intellegibile uscirebbe dall’altoparlante. Il materialista, non potendo indagare sull’origine della corrente elettrica che mantiene acceso il televisore, né tanto meno sul campo elettromagnetico oscillante che codifica immagini e parole, arriverebbe alla conclusione che l’apparecchio genera da sé la propria capacità di funzionare. In nome del Rasoio di Occam, ecco che i lontani generatori e la rete elettrica non sono necessari, ne viene dunque dichiarata l’inesistenza. Ecco che coloro che assemblano i programmi e li trasmettono nello spazio siderale sono mera fantasia, perché ammetterne l’esistenza è cosa troppo complicata. Dato però che il televisore esiste e che trasmette immagini e suoni la cui esistenza non può essere negata – in quanto oggetto dei sensi – ecco che il suoi funzionamento è dichiarato un prodotto del caso o della selezione naturale di elementi dapprima inerti che hanno acquisito un’inesplicabile animazione senza alcuna causa riconoscibile. Così se un uomo saggio spiega al materialista che antichi uomini hanno portato sulla desolata superficie del pianeta quella macchina, e che una civiltà di un lontano mondo madre tuttora trasmette film e documentari che vengono captati, ecco che il materialista insorge, pieno di furia, dichiarando ‘folle’ il saggio. I limitati sensi del materialista non scorgono le parti che costituiscono il televisore, e parimenti egli non ha nozione della civiltà che diffonde le trasmissioni, così dichiara entrambe le cose inesistenti – anche se esse sono dotate di una concreta esistenza a dispetto di ogni dissennato giudizio.
Le obiezioni dei nostri avversari materialisti a un simile argomento sono numerose. Essi dicono ad esempio che il cervello deve essere la sorgente prima dell’autocoscienza, perché se un suo qualsiasi componente subisce danno, la percezione stessa si altera o scompare del tutto, mutandosi la coscienza del paziente colpito in uno stato crepuscolare o in coma. A questa obiezione possiamo facilmente controbattere, affermando che il cervello è qualcosa che permette l’autocoscienza, che le rende possibile dimorare nel corpo, ma che non è la sua causa prima. Se infatti un componente di un televisore, di un computer o di altra simile macchina va in avaria, tale macchina smetterà di funzionare. Eppure è sotto gli occhi di tutti che tale macchina è solo un mezzo e non l’origine di quanto compie. I materialisti confondono l’utente di un televisore o di un computer con l’apparecchio da lui usato. Il fatto che un componente di un televisore o di un elaboratore si rompa non significa che la rete elettrica è venuta meno, né che a subire il danno sia stato l’utente stesso.
Corpi senz’anima e falsi uomini di Scienza
Può il materialista enunciare in modo chiaro il problema che affligge la Scienza e si vuole risolvere in questa sede? No. Si vede soltanto totale ignoranza del problema stesso. Come si può pretendere di radere la complessità e di ridurre ogni cosa alla spiegazione più elementare se non si conoscono neanche le ipotesi? Abbiamo a che fare con falsi uomini di Scienza, che non seguono alcuna logica rigorosa e che pretendono di sentenziare senza neppure enunciare i termini del problema. Cos’è necessario? Cos’è superfluo? Essi dicono: “Un corpo senz’anima funziona altrettanto bene di un corpo dotato di anima, quindi non è necessario avere un’anima perché un corpo funzioni”. Se però si chiede loro di definire il concetto di anima e di spiegare come il funzionamento di un corpo avviene in concreto, non sono in grado di farlo. Noi vediamo che a un televisore o a un computer è necessaria corrente elettrica per funzionare, altrimenti abbiamo solo inutili carcasse metalliche e plastiche senza barlume di attività propria. Questo perché i televisori e i computer che utilizziamo sono stati costruiti dalla nostra civiltà e conosciamo a grandi linee i principi secondo cui funzionano. Come possiamo quindi, messi di fronte a macchinari costruiti e concepiti da altri, dichiarare con arroganza che non esiste la fonte del loro funzionamento, alimentandosi essi da sé ed essendo stati plasmati senza causa? Prima di far agire il Rasoio di Occam noi dobbiamo investigare ciò che compone l’oggetto del nostro studio e trovare una serie di possibili risposte ai nostri interrogativi – da vagliare con attenzione. I materialisti non agiscono in questo modo: usano uno pseudo-Rasoio di Occam con arroganza e fanatismo, come crociati in una guerra di religione, e reagiscono in modo furioso ad ogni critica. Questo loro modo di procedere si è ormai consolidato in una vera e propria medodologia stereotipa.
Enti complessi devono avere cause complesse
Qualcuno obietterà che non si può paragonare un essere umano a un televisore o a un computer, in quanto si tratta di realtà completamente dissimili che non funzionano allo stesso modo. Infatti le persone nascono dall’accoppiamento di altre persone di sessi diversi, perdendosi la genealogia nella notte dei tempi, mentre le macchine sono assemblate da artefici umani a partire da componenti fatti di materia inanimata. In altre parole, un essere vivente sarebbe il naturale prodotto delle leggi dell’Evoluzione, mentre il manufatto è artificiale e non avrebbe in Natura alcuna esistenza. Tuttavia si vede che un essere vivente, come ad esempio una persona umana, è infinitamente più complesso di un televisore o di un computer. Essendo i viventi tanto complessi, devono per necessità avere cause complesse, che non è facile determinare seguendo filosofia o metodo scientifico. Pertanto, dato che le cause sono complesse e che ci sfuggono i fattori che le definiscono, risulta provata una volta di più l’illegittimità dell’uso del Rasoio di Occam come strumento risolutore.
Non si può usare il Rasoio di Occam per negare che un evento abbia una causa
Molti nostri avversari, che hanno nome di materialisti, sostengono che la creazione dell’universo fisico abbia avuto luogo a partire da un evento simile in tutto a un’immensa deflagrazione, a cui attribuiscono il nome di Big Bang. Tuttavia, quando essi sono interrogati sulla natura esatta di tale evento cosmico, rispondono che non ha avuto causa alcuna, e che anzi non ha senso domandarsi cosa ci fosse prima di detta deflagrazione. Essi sostengono che dal Big Bang hanno avuto origine le leggi fisiche, oltre a tutti i parametri matematici e le caratteristiche geometriche che definiscono in mondo in cui viviamo, e che sono uguali in ogni luogo del Cosmo, dalla Terra fino ai quasar più remoti. Seguendo quanto Aristotele ci insegna, tutto ciò deve per necessità avere una causa. Eppure i materialisti, per non dover ammettere la necessità di un Artefice, sorprendentemente affermano che tutte queste leggi fisiche si sono formate senza alcuna necessità di una causa qualsiasi. Interrogati sull’argomento ed esortati a fornire informazioni più approfondite, essi sostengono che il Rasoio di Occam è proprio ciò che rade la necessità del Fattore del Cosmo, in quanto le leggi fisiche, nate da sé senza causa dal Big Bang, spiegherebbero altrettanto bene il funzionamento di ogni cosa, visibile ed invisibile. Purtuttavia, se una legge fisica si trova ad operare nel mondo sensibile, e il suo funzionamento esatto è provato dall’applicazione del Metodo Scientifico, come possiamo concepire che la sua esistenza non scaturisca da sorgente alcuna? Possiamo noi definire detta legge “priva di causa” solo perché il Metodo Scientifico stesso non ci consente ancora di esplorare il suo universo d’origine? I nostri organi di senso e i nostri strumenti di indagine non possono sondare ciò che vigeva prima del Big Bang, ma affermare che da questa impossibilità derivi l’inesistenza è pura e semplice stoltezza. Anzi, l’idea dei materialisti viene ora ad assomigliare molto a quella di coloro che ammettono per dogma la Creazione dal Nulla ad opera di Dio, visto che essi pensano di risolvere il problema dell’assenza di causa chiamando “Dio” una particella che a loro detta causerebbe la coesione di tutta la materia e l’energia del Cosmo. Altri di loro affermano che debba invece chiamarsi “Dio” l’insieme delle leggi fisiche, scaturite appunto dal Big Bang, ingannando così le genti con un ambiguo metalinguaggio. Etichettando eventi e prodotti di una causa sconosciuta, di cui negano l’esistanza, con il nome fittizio di “Dio”, che i Monisti attribuiscono a detta causa, credono così di aver risolto ogni problema. Questo occorre riconoscere, che a un simile imbroglio verbale e a una simile insipienza non si deve dare il nome di Metodo Scientifico, dacché si tratta invece di un grave abuso delle facoltà razionali dell’essere umano. Si dovrà una volta di più chiamare Arroganza l’uso dello pseudo-Rasoio di Occam volto a negare l’esistenza delle cause degli eventi.
Compendio del Dualismo Anticosmico, cap. 5 - Obiezioni al Dualismo, loro confutazione