giovedì 15 novembre 2018


SEMI DEL CREPUSCOLO

Autore: Raymond Z. Gallun
Anno: 1938
Titolo originale: Seeds of Dusk
Lingua: Inglese
Conlang(s): Itorloo
Tipologia narrativa: Racconto lungo 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Xeno SF, fantabotanica, fantabiologia,
    fantapatologia, fantascienza apocalittica  
1a edizione it.: 1979
2a edizione it.: 1984
Editori (it.): Editrice Nord (1979),
Arnoldo
     Mondadori Editore (1984)

Edizione italiana (antologie):
     1979: Avventure nel tempo e nello spazio, Grandi
          Opere Nord 5
     1984: Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttori:
     Giuseppe Lippi (1984),
     Rita Botter Pierangeli (1979)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione dell'umanità  
Catalogo Vegetti: 



Trama:

La Terra è ormai moribonda. Le specie più evolute che vi si trovano sono gli umanoidi Itorloo, discendenti del genere umano, e un tipo di corvi altamente sociali in grado di parlare. In questo scenario, già di per sé non troppo allegro, fa la sua comparsa qualcosa di imprevisto quanto letale: sono le spore aliene provenienti da Marte. Per la verità, nemmeno Marte era il luogo d'origine di questi temibilissimi agenti infestanti. Prima di prosperare sul Pianeta Rosso, avevano infestato Ganimede. Quando gli Itorloo si accorgono del flagello, è già troppo tardi: i tentativi di disinfestazione risultano fallimentari. Le piante aliene, dotate di prodigiose capacità di adattamento e di grandissima intelligenza, fabbricano e diffondono un patogeno studiato a bella posta per annientare gli Itorloo. Una febbre mortale divora gli eredi dell'umanità, proprio quando fervono i preparativi per la loro migrazione su Venere.  

Recensione: 

Un angosciante racconto di xenobiologia. Del resto, se un autore che tratta di xenobiologia non scrivesse cose angoscianti, farebbe meglio a occuparsi dei Puffi! Il geniale fondamento della narrazione di Seeds of Dusk è una pianta infestante i cui semi vagano tra gli spazi interstellari, cullati dai venti cosmici, programmati per attecchire su pianeti adatti e uccidere tutti i viventi autoctoni che vi si trovano. Una pianta mostruosa dotata tra l'altro di raffinati organi di senso e di una potente memoria epigenetica, essendo persino in grado di riconoscre le sagome degli umanoidi e i loro veicoli, avendone visti di simili innumerevoli altre volte in passato. Quando lessi da giovane quest'opera di Gallun ero febbricitante e sentii in me il comando del genoma che mi imponeva di sopravvivere all'infezione, proprio come Zar, il sanguigno protagonista Itorloo, che si imponeva di lottare anche quando ormai era contaminato e condannato. Adesso, a distanza di tempo, sono convinto che l'annientamento dell'umanità ad opera di una pandemia sarebbe una cosa quanto mai auspicabile, in grado di cancellare definitivamente ogni problema e ogni sofferenza. Sarebbe una delle soluzioni migliori, anche se lì per lì si soffrirebbe un po'. Ognuno di noi forse reagirebbe come Zar, che non voleva arrendersi per nessun motivo, che con i suoi ultimi barlumi di forze ancora sognava una stagione di piaceri brutali su Venere, avventure anche erotiche che non ci sarebbero mai state. Questa tensione genetica è descritta e comunicata in modo magistrale. La cosa davvero notevole è che Seeds of Dusk fu scritto nel lontano 1938, eppure non dimostra la sua età, anche se certi concetti come l'abitabilità di Venere sono ormai da tempo obsoleti.

Dinamiche involutive

Gli Itorloo, chiamati "i freddi, crudeli, astuti esserini che discendevano dagli uomini" (the cold, cruel, cunning little beings who were the children of men), sembrano il concentrato di ogni aspetto deteriore della nostra specie. Quelle che furono le doti dell'umanità si sono da lungo tempo dissolto, perché gli accoppiamenti hanno favorito i peggiori energumeni. Non è stata tanto l'intelligenza a svilupparsi, quanto la furbizia, la capacità di nuocere con l'inganno - anche se va detto che la tecnologia ereditata si è conservata abbastanza bene. Per gli Itorloo l'empatia è inesistente, la violenza anche sessuale è una somma virtù e la tortura è un genere voluttuario. Le dimensioni del corpo si sono ridotte rispetto a quelle degli antenati umani, con ogni probabilità per via della diminuzione delle risorse e dell'ostilità dell'ambiente. 

La lingua degli Itorloo

L'autore pianta i semi di una conlang che però non sviluppa. La frase "Itorloo loaaah!", pronunciata da un corvo in grado di parlare, significa "Itorloo, pericolo!"; già sappiamo che Itorloo è l'endoetnico degli epigoni degenerati dell'antica umanità (voce di etimologia incerta). Per coincidenza o per cosciente intenzione dell'autore, il termine loaaah "pericolo" richiama nella forma grafica al nome degli spiriti della religione Voodoo di Haiti e della Louisiana, anche se chiaramente il significato attribuito non ha connessione alcuna con quello del vocabolo pseudo-africano. In realtà la pronuncia è senz'altro diversa: nel linguaggio del Voodoo, loa suona /lwa/ e deriva dal francese le lois "la legge". Possiamo supporre che proprio questo termine religioso sia stato all'origine dell'ispirazione di Gallun. 

La ricerca onirica dell'Antico Kolum

Gli Itorloo compaiono in un racconto di Jordan S. Bassior, The Dream-Quest of Old Kolum, del 2013, di cui si può leggere il primo capitolo in questo blog:  


Non sono riuscito a trovare i capitoli seguenti. Il titolo dimostra un citazionismo spinto che trovo abbastanza fastidioso. Dell'autore non so praticamente nulla e quanto ho letto lo trovo poco avvincente.  

Biblioteca Galattica

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STELLE, VOLETE NASCONDERMI?

Autore: Ben Bova
Anno: 1966
Titolo originale: Stars, Won't You Hide Me?
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza apocalittica, Space opera,
     fantacosmologia
Edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore 
Edizione italiana (antologia):
   
Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttore: Giuseppe Lippi
Dettagli dell'antologia:    
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione dell'Universo

Catalogo Vegetti:



Trama: 

L'umanità è stata annientata dalla specie aliena degli Altri, che è riuscita ad uccidere ogni singolo individuo con l'unica eccezione di Holman, a tutti gli effetti il Superstite. In fuga sulla sua astronave, Holman apprende da un alieno della specie degli Osservatori l'origine e la cronistoria di questa guerra genocidaria. In origine il genere umano si era espanso tra le stelle e aveva subìto epurazione da parte degli Altri, che l'avevano confinato sulla Terra, causando una spaventosa era glaciale per impedirgli ogni nocivo progresso. Tuttavia la glaciazione era finita e una nuova ondata di espansione cosmica dell'umanità era iniziata, provocando una nuova rappresaglia da parte degli Altri, questa volta più radicale. Qual era l'origine di tutto questo? Semplice: gli umani avevano trovato il modo di rendersi immortali tramite il genocidio di una specie aliena indifesa, il Popolo dei Fiori. Per ogni persona immortale, un individuo del Popolo dei Fiori doveva morire. Così la voce dell'Osservatore spiega al Superstite che anche durante la prima espansione cosmica l'umanità aveva individuato in un popolo alieno pacifico una fonte di composti dell'immortalità, avviandone l'annientamento. A questo punto l'Osservatore tace. Un rappresentante degli Altri si manifesta con la propria voce prendendo possesso del computer dell'astronave e afferma la necessità della totale estinzione della specie umana: ucciso Holman, il compito sarà concluso. Giudice, giuria e boia al contempo, l'araldo degli Altri sta per eseguire la sentenza, quando all'improvviso la sua voce tace. Si manifesta una catastrofe improvvisa: l'universo collassa di colpo in totale spregio della relatività gemerale. Sbalzata fuori dal cosmo, l'astronave di Holman è l'unico oggetto sopravvissuto alla forza stritolatrice della gravità. L'ultimo uomo dell'universo urla di gioia e di trionfo: egli è il peccatore che in modo del tutto inatteso è riuscito a sfuggire al Giudizio.  

Recensione: 

La natura conflittuale e aberrante della specie Homo sapiens non è davvero messa in discussione in questo racconto, nonostante le molte pecche insanabili che sono rinfacciate al Superstite, suo ultimo rappresentante, prima dalla voce di un Osservatore e poi da quella di uno degli Altri. Anche se Holman rimane in preda allo shock di fronte alla rivelazione del progetto genocidario nei confronti del Popolo dei Fiori per creare umani immortali, scatta alla fine in lui un orgoglio tipico dell'americano medio: affermare come un vanto ogni aberrazione. La sentenza degli Altri è chiara: "Appartieni a una razza maledetta. Una razza di assassini. La vostra punizione è l'estinzione. Estinzione totale. Per tutta l'umanità. Tutta. Non hai il diritto di resistere. La tua razza è malvagia." Di fronte a parole tanto chiare e condivisibili, Holman reagisce con il solito crogiolo di baggianate, facendo il panegirico di un'umanità viva e vitale, la cui natura comprende aspetti creativi e assassini indissolubilmente legati, che avrebbe quindi diritto di propagarsi a qualsiasi costo. 

Un ritmo apocalittico 

Il racconto è inframmezzato dai versi di un canto religioso di un certo interesse. Ne riporto il testo:

O peccatore, dove pensi di nasconderti 
O peccatore, dove pensi di nasconderti
 
O peccatore, dove pensi di nasconderti 
Quando sarà venuto il giorno? 
 
Ti nasconderai sulla luna: o luna, vuoi nascondermi?
Ma disse il Signore: O peccatore, la luna sanguinerà
Quel giorno.

Correrai verso il mare: o mare, mi nasconderai?
Ma il Signore disse: O peccatore, il mare sarà prosciugato
Quel giorno.

Ti nasconderai presso il Signore: O Signore, vuoi nascondermi?
Ma il Signore dice: O peccatore, dovrai a lungo pregarmi
Quel giorno. 

Ti nasconderai presso Satana: O Satana, vuoi nascondermi?
E Satana risponde: O peccatore, tira dritto
Perché è venuto il giorno.

Ti nasconderai fra le stelle: Stelle, volete nascondermi?
Ma il Signore disse: O peccatore, le stella cadranno
Quel giorno. 

Angoscia assoluta, senso di inesorabilità, Morte Eterna che incombe: il testo è un autentico capolavoro poetico. Si tratta di Sinner Man (Sinnerman), un tradizionale spiritual afroamericano, interpretato negli anni '50 da Les Baxter, the Swan Silverstones, the Weavers e altri, e nel 1965 da Nina Simone in una versione estesa. Diversi testi che ho trovato nel Web sono un po' diversi da quello riportato da Ben Bova. L'originale più aderente a quello usato dall'autore deve essere il seguente: 


(Refrain)
O sinner-man, where are you going to run to?
O sinner-man, where are you going to run to?
O sinner-man, where are you going to run to
     All on that day?

Run to the moon: O moon, won't you hide me?
Run to the moon: O moon, won't you hide me?
Run to the moon: O moon won't you hide me
     All on that day?

The Lord said : O sinner-man, the moon'll be a-bleeding,
The Lord said : O sinner-man, the moon'll be a bleeding,
The Lord said : O sinner-man, the moon'll be a-bleeding
     All on that day.

(Refrain: O sinner-man, etc.)
Run to the stars: O stars, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, the stars'll be a-falling, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to the sea: O sea, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, the sea'll be a-sinking, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to the rocks: O rocks, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, the rocks'll be a-rolling, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to the Lord : O Lord, won't you hide me? etc.
The Lord said : O sinner-man, you ought to been a-praying, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Sinner-man says: Lord, l've been a-praying, etc.
The Lord said : O sinner-man, you prayed too late, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Run to Satan: O Satan, won't you hide me? etc.
Satan said : O sinner-man, step right in, etc.
(Refrain: O sinner-man, etc.)

Come si può vedere, nel racconto mancano soltanto le pietre e le stelle sono messe per ultime.

Le opinioni di Giuseppe Lippi sul racconto

Queste sono le parole del traduttore dell'antologia Catastrofi! nella sua introduzione, Le catastrofi liriche, a proposito del singolare racconto di Ben Bova:

"Parliamo della morte, allora, per differirla, per farne un oggetto di burla. Ben Bova sembra addirittura tentato di negarla: il genere umano uscirà sempre e comunque vincitore, in una visione del mondo che non fa pensare tanto a Prometeo quanto a John Campbell e ai Berretti Verdi. La morte sono gli Altri, gli alieni spietati e invisibili, mentre noi siamo "all right" anche di fronte al collasso dell'universo."

Quale nuovo inizio?

In effetti è un racconto di grande arroganza. Merita di essere segnalato per la sua natura mostruosa. Alla fine, di fronte al Big Crunch, una catastrofe cosmica che fa collassare tutte le galassie in un punto, ecco il superstite che giubila, tremando di esaltazione per essere riuscito a sottrarsi chissà come alla spaventosa forza gravitazionale. Sicuro della cessazione definitiva della minaccia degli Altri, subito pensa di poter dare un nuovo inizio al genere umano, anche in condizioni tanto avverse ed estreme. Sì, certo, tramite parto anale!

Fissismo linguistico

Notiamo un gravissimo difetto che ricorre in un numero immenso di opere fantascientifiche: la lingua dell'umanità, l'inglese americano, è considerata immutabile nei millenni e addirittura nei milioni, nei miliardi di anni. Manca la consapevolezza del mutamento linguistico, nonostante sia sotto gli occhi di tutti che l'inglese di Beowulf è tanto diverso da quello di Obama e di Trump da essere irriconoscibile. Se una lingua è tanto cambiata in poco più di un millennio, a quali stravolgimenti andrebbe incontro in tempi più lunghi? Ve lo dico io: nel giro di diecimila anni, se questo sciagurato genere umano potesse sopravvivere tanto - e mi auguro che così non sia - la lingua inglese darebbe origine a un gran numero di discendenti tra loro mutuamente inintelligibili, lontani da tutto quello che oggi conosciamo come il francese è lontano dal turco. 

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VIA DAL FUOCO 

Autore: Harry Harrison
Anno: 1975
Titolo originale: Run from the Fire
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Realtà parallele, viaggi nel tempo,
     ucronie, fantascienza apocalittica  
Edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore
Edizione italiana (antologia):
    Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttore: Giuseppe Lippi
Dettagli dell'antologia:    
    Titolo originale: Catastrophes
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione del sole

Catalogo Vegetti:


Trama:

Mark Greenberg è un avvocato ashkenazita newyorkese che viene avvicinato da Arinix, un agente di un'organizzazione in grado di viaggiare tra le linee temporali. Di colpo viene messo di fronte a una realtà sconvolgente. Esistono infiniti universi paralleli e in molti di questi esiste una copia della Terra. In moltissimi di questi pianeti gemelli non si è mai sviluppata la vita, in altri la vita è presente ma non esiste la specie umana, in altri ancora invece esiste, ma il corso storico è stato molto diverso dal nostro. Cosa inquietante, anzi, spaventosa, è il fatto che la maggior parte di queste Terre è accomunato da un evento catastrofico: il sole ha la tendenza a subire una trasformazione esiziale. Nel gergo degli astronomi e dei fisici, si definisce così il fenomeno: il sole abbandona la sequenza principale, nel suo nucleo si innesca il ciclo dell'elio (reazione di Salpeter) e avviene così l'evoluzione in una stella gigante rossa. A causa di questo, il sole si espande e la sua radiazione crescente comincia a diventare una minaccia per la vita. I viaggiatori tra gli universi paralleli provengono da un pianeta chiamato Odio, perché sfigurato dal sole mutato. Un individuo geniale di quel mondo ha trovato il modo per compiere viaggi in altre linee temporali, così ne è nata un'organizzazione votata al salvataggio del maggior numero possibile di esseri umani dalla furia del mostro solare. Arinix rivela a Mark il motivo della scelta: è dovuta al solo fatto che parla la lingua degli Oneida, essendo cresciuto tra loro. In una linea temporale in cui il sole è destinato a mutare entro la fine del secolo, l'Europa è sprofondata in una perenne preistoria a causa di religioni granitiche, la cui superstizione impedisce di uscire dal Neolitico. L'America non è mai stata raggiunta e la Lega delle Nazioni Civili Irochesi è la massima potenza sul globo. Il precedente inviato tra gli Oneida, il Mohawk Joseph Wing, è stato ucciso per essersi mostrato un po' troppo esuberante con una fanciulla, così è necessario qualcuno che, avendo le necessarie conoscenze linguistiche, possa sostituirlo. Mark si reca così nel mondo alternativo descritto, col compito di trasferire gli Irochesi in un mondo vergine, tuttora popolato dalla megafauna pleistocenica e privo di esseri umani, il cui sole è tranquillo.   

Recensione:

Un capolavoro esaltante, che mi ha profondamente colpito quando l'ho letto per la prima volta e che ha lasciato in me un segno: nel corso degli anni non l'ho mai dimenticato. All'epoca in cui venni a conoscenza di Via dal fuoco ero giovane e simili narrazioni mi aprivano la mente, proiettandola nell'Infinito, erano come boccate di ossigeno che mi mantenevano in vita, impedendomi di avvizzire nel grigio mondo che mi circondava. Bizzarramente per me l'autore, Harry Harrison (1925-2012), è finora rimasto per me soltanto un nome. Non ho mai approfondito la sua ricchissima bibliografia, che include un gran numero di romanzi e di racconti, né ho letto altre sue opere oltre a quella in analisi. Una mancanza a cui intendo porre quanto prima rimedio. Del resto non faccio mistero del fatto che la mia cultura fantascientifica è abbastanza erratica e piena zeppa di lacune che per molti appassionati sarebbero inconcepibili. Quello a cui guardo è la sostanza delle cose, che cerco di indagare con ogni mezzo, e mi faccio beffe dell'isterismo delle comunità di lettori idolatri e della limitatezza estrema dei loro intelletti.

Problemi ontologici

L'ontologia temporale presupposta dal racconto è complessa e sembra implicare l'esistenza di infiniti universi sviluppatisi a partire da un singolo evento primordiale. Non è tuttavia un multiverso del tipo presupposto dal fisico americano Hugh Everett III (1939-1982), in cui i corsi temporali si dipartono ad ogni collasso della funzione d'onda quantistica in ogni singolo universo a partire da ogni singolo evento - modello questo che è fortemente critico, come ho mostrato a suo tempo in un articolo sul problema degli infiniti eruttivi. Le linee temporali descritte da Harrison sono universi paralleli nel senso più letterale del termine: in condizioni naturali, senza influenze esterne, evolvolo l'uno accanto all'altro senza la benché minima interazione reciproca. Il passaggio da uno di questi universi all'altro, operato dagli agenti del pianeta Odio, non comporta la benché minima violazione di regole di selezione e non ha effetti deleteri sull'universo in cui i viaggiatori arrivano, né su quello da cui sono partiti. Tutto ciò è suggestivo e oltremodo interessante, anche se non privo di difficoltà concettuali. Per ottenere due universi, caratterizzati entrambi dall'esistenza della Terra e da corsi storici tra loro abbastanza simili, con entità riconoscibili come il Cristianesimo, gli Stati Uniti d'America, il Sudafrica e via discorrendo, sarebbero necessari lunghissimi periodi in cui le interazioni tra ogni singola particella sono assolutamente identiche nei due contesti, per poi cambiare a un certo punto - che possiamo chiamare Punto di Divergenza, anche se mi rendo conto che questa designazione è abbastanza arbitraria. Oppure dovremmo supporre che i due universi, pur avendo corsi storici confrontabili, si siano prodotti a partire da stati iniziali molto diversi tra loro, senza un vero Punto di Divergenza, nel qual caso le somiglianza sarebbero il prodotto di una serie di enigmatiche convergenze. Come definire i rapporti tra gli eventi nei diversi universi paralleli? Oppure dobbiamo ammettere l'esistenza di un'Entità esterna, un Cosmocratore, un Demiurgo, una spaventosa forza che ha modellato consapevolmente queste diverse linee cosmiche per far sì che assumessero un dato aspetto, insito in un progetto predefinito e per noi inconoscibile? Domande a cui per ora non c'è risposta, né sono sicuro che lo stesso autore del racconto si sia posto questi problemi filosofici. 

Note etimologiche

Nel racconto di Harrison è riportato il termine amerindiano orenda, che indica una forza soprannaturale che possiede un individuo e gli fa compiere miracoli, ossia azioni portentose, impossibili a un comune essere umano. Il concetto è diffusissimo tra le tribù del Nordamerica. L'orenda di uno sciamano determina il suo grande potere magico, la sua capacità di profetare e di leggere la sorte. L'orenda di un cacciatore determina la sua capacità di avere successo nel catturare o abbattere selvaggina. L'orenda delle nazioni determina l'esito della guerra. Anche la Natura ha orenda, ad esempio il termine è usato in riferimento a fenomeni in cui si scatena la forza bruta degli elementi, come le tempeste. Si può dire che l'orenda sia una forza panteista che innerva ogni cosa, che si manifesta dovunque, ma che è distinta dalla vita, dallo spirito delle persone e dai fantasmi. Le nazioni Mohawk, Oneida e Cayuga pronunciano la parola orenna o karenna. In Tuscarora la forma in uso è urente, presso gli Uroni (Wyandot) è - o meglio era - orenda o iarenda. In Lakota è chiamato wakd o mahopa, nelle lingue Algonchine è chiamato manitowi (è il famoso Manitou tradotto come "Grande Spirito"), nel remoto Shoshone è chiamato pokunt. La parola irochese per indicare un uso malvagio, letale e distruttivo dell'orenda è otgon.


Biblioteca Galattica

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Considerazioni finali

A quanto pare c'è stata un'unica edizione italiana di questo splendido e meritorio racconto. Questo ci dice il Catalogo Vegetti. Trovo che sia senz'altro il caso di riproporre Via dal fuoco: trovo inconcepibile che una simile gemma possa scivolare nell'Oblio.

mercoledì 14 novembre 2018


NEL CENTRO

Autore: Larry Niven
Anno: 1966
Titolo originale: At the Core
Aka: Pubblicità negativa
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera, grottesco, fantascienza
     apocalittica
1a edizione it.: 1974
2a edizione ita: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore 

Edizione italiana (antologie):
    1974: Reliquia dell'Impero, Urania 642
    1984: Catastrofi!, Oscar 1767

Traduttori:

     Beata della Frattina (1974),
     Giuseppe Lippi (1984)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!:     
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione della Terra

Catalogo Vegetti:


Trama:

Un'avventura spaziale con i Burattinai, che sono grotteschi e bizzarrissimi alieni con due teste. Questi alieni bicipiti inviano Beowulf Shaeffer fino al nucleo galattico perché da quelle regioni cosmiche inesplorate provengono segnali a loro avviso assai preoccupanti. L'uomo, avvicinatosi alla destinazione con un'astronave innovativa, la Lunga gittata, scopre che la distruzione è in atto: una serie di supernove in esplosione ha già reso inabitabile il centro della galassia. Anzi, l'espansione del fronte apocalittico non lascia speranza: la galassia è destinata a diventare intabitabile, anche se ci vorranno circa 20.000 anni prima che le radiazioni giungano a devastare l'Ecumene. Shaeffer ritorna e fa il suo rapporto ai Burattinai, ricevendo il compenso pattuito. A questo punto le creature bicipiti fanno subito qualcosa di molto logico, di cui nessun umano a parte l'eroico Shaeffer potrebbe sospettare il motivo... 

Recensione:

Notevole e interessante, anche se purtroppo è fantascienza obsoleta a tutti gli effetti: all'epoca in cui fu scritta le conoscenze sugli esopianeti e sulla loro formazione erano praticamente nulle. I viaggi interstellari li si faceva abbastanza facili nel mondo della fantascienza, concependo a getto continuo ogni sorta di escamotage per aggirare i vincoli imposti dalla teoria della relatività di Albert Einstein. Negli anni '70 si credeva ancora che l'intera galassia fosse potenzialmente abitabile. Lo stesso Asimov non vedeva nulla di assurdo nell'idea di pianeti simili alla terra posti proprio nel bel mezzo della Via Lattea. Ricordo ancora i primi timidi sospetti di inabitabilità causati dall'elevata densità stellare nel nucleo della galassia, che avrebbero innalzato temperatura e radiazione di eventuali pianeti formatisi in condizioni tanto estreme. Oggi siamo consapevoli del fatto che le regioni del nucleo galattico sono inabitabili a causa della spaventosa intensità delle radiazioni cosmiche dovuta non soltanto alla densità di stelle, ma anche alla presenza di buchi neri supermassicci, autentiche mostruosità al cui confronto i biblici Leviathan e Behemoth ci apparirebbero tranquillizzanti come la favola di Cappuccetto Rosso... o come i Puffi! Se sospendiamo l'incredulità, quest'opera di Larry Niven resta tuttora godibile. L'umorismo del protagonista Beowulf Shaeffer è leggero ma penetrante, ha l'effetto di una boccata d'ossigeno. 

Alcune parole aliene

Kdatlyno è il nome di una civiltà galattica. Non si capisce se sia un endoetnico o se sia il nome attribuito loro dai Burattinai. Bizzarramente il traduttore, il buon Giuseppe Lippi, utilizza gli articoli "il, i, un, etc." con questo nome: i Kdatlyno, dei Kdatlyno, quando a me parrebbe assai più logico usare gli articoli "lo, gli, uno, etc.", ossia gli Kdatlyno, degli Kdatlyno. Questo accade perché la maggior parte della gente fatica molto a pronunciare gruppi consonantici iniziali e immagina che le consonanti K- e -d- debba esserci una vocale sfuggente, come se fosse Kadatlyno. Come viene precisato, questi Kdatlyno sono ciechi a tutte le lunghezze d'onda tranne le onde radar. Una loro opera d'arte, esposta in un museo dei Burattinai e mostrata a Beowulf Shaeffer, è chiamata Hrodenu e ha come titolo SPAZIO IPERLUCE. Sul reale significato della parola non posso avanzare che timide ipotesi. Sarà un vocabolo dei Burattinai o degli Kdatlyno? A quanto pare, il modo migliore per godere dell'esperienza artistica con questo Hrodenu è leccarlo, come se fosse un succoso cunnus o un ano femminile simile a un bocciolo di rosa. Evidentemente le questioni igieniche derivanti da stratificazioni di salive promiscue non preoccupano troppo i Burattinai, che sotto sotto devono essere ben laidi.

Kzinti è il nome di una civiltà galattiva di energumeni assai bellicosi, di abitudini puramente carnivore. Anche questa volta non si capisce se Kzinti sia un endoetnico o se sia un epiteto poco lusinghiero appioppato dai Burattinai. L'unico modo per trattare con questi Kzinti è, a detta degli stessi Burattinai, assestare terribili mazzate ma astenersi dallo sterminio, concedendo qualcosa al commercio, vendendo loro cibarie, acquistando strani metalli e inviando come ludo-terapista qualche fellatrice particolarmente disinibita. Bizzarramente, il buon Giuseppe questa volta utilizza nella sua traduzione gli articoli "lo, gli, uno, etc." davanti al nome di questo popolo alieno: gli Kzinti, degli Kzinti. Perché gli Kzinti ma i Kdatlyno? Misteri della linguistica aliena!

Che dire? Larry Niven aveva una gran fantasia che ne avrebbe fatto un buon creatore di lingue costruite. Sapeva plasmare parole assai peculiari, con una fonotassi stravagante quanto suggestiva. Peccato a quanto pare che la glottopoiesi non fosse per lui una passione dominante! 

I Burattinai, che bizzarramente hanno dato alla loro società commerciale il nome inglese General Products, sono senza dubbio la forma di vita più intelligente della galassia plasmata da Niven. Consapevoli che l'annientamento incombe, lasciano precipitosamente la Via Lattea: anche un lasso di tempo di molti millenni li mette in grande allarme e li incoraggia a non perdere tempo, come se l'arrivo delle radiazioni mortifere potesse violare le leggi stesse della fisica ed essere questione di pochi giorni. Di fronte a questa trovata geniale, possiamo dire che la paranoia sia uno svantaggio evolutivo? Certo che no! 

Biblioteca Galattica

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IL GIORNO DEL GIUDIZIO

Autore: Lloyd Biggle Jr.
Anno: 1953
Titolo originale: Judgement Day
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto  
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Fantascienza apocalittica
Edizione it.: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore
Edizione italiana (antologia):
    Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttore: Giuseppe Lippi
Dettagli dell'antologia:
    Titolo originale:
 Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione del sole
Catalogo Vegetti: 


Trama:

Lem Dyer è capace di trasformare in realtà le sue visioni. Ognuna di queste immagini mentali è un possibile futuro, che una volta che l'uomo compie la sua scelta, questa si realizza immancabilmente. Nemmeno lui sa perché, ma è così, questo gli ha insegnato la sua esperienza. Accade però un giorno che viene condannato a morte perché accusato di un atroce delitto che non ha commesso. La folla lo vuole linciare. Mentre Lem si trova sul patibolo, pronto per l'impiccagione, cerca disperatamente qualcosa che lo salvi. Le alternative passate in rassegna non lo convincono. Alla fine però vede il sole esplodere. Ecco la sua scelta!

Recensione:

La breve e secca narrazione di Lloyd Biggle Jr. (1923-2002) si fonda sulla teoria tensionale del tempo con futuro ramificato. Come nel racconto Next (The Golden Man) di Philip K. Dick, del 1954, il protagonista non ha soltanto la facoltà di vedere diversi futuri possibili, ma anche quella di decidere quale si realizzerà. Se il mutante descritto da Dick sceglieva tra varie alternative che non dipendevano dalla sua volontà - in pratica scrutava le possibilità in anticipo - alla fine del racconto si ha quasi l'impressone che l'uomo descritto da Lloyd Biggle Jr. abbia il potere di fabbricarsi dal nulla le visioni e di inverarle con la sua sola forza di volontà. Questo pone gravi interrogativi ontologici. Il sole infatti, stando alle leggi della fisica, non può esplodere senza una causa, così, all'improvviso. Un'esplosione deve originarsi nel nucleo e quindi propagarsi verso la superficie, cosa che non può essere istantanea: date le dimensioni dell'astro, ci vorrebbe del tempo. Quindi l'onda catastrofica dell'esplosione dovrebbe raggiungere la Terra, posta a 149.597.870,7 chilometri dal sole, una distanza che la luce impiega 8,31 minuti a percorrere. Visto che l'esplosione non può viaggiare a velocità superluminali, ne consegue che nel momento in cui Lem Dyer vede il sole esplodere e riversare la distruzione sulla Terra, le cause dell'esplosione devono già essere reali da almeno 8,31 minuti. Quindi, stando così le cose, se davvero il sole esplode e incenerisce ogni cosa sul pianeta... sarebbe esploso comunque, in qualsiasi circostanza, indipendentemente dall'immagine mentale dell'uomo e dalla sua scelta. E se Lem avesse scelto di morire e di non innescare la catastrofe? Cosa sarebbe successo? Come sarebbe stata definita la catena di causazione? Comprendete il paradosso?

Questo è un sito che può aiutare a capire meglio il problema: 


Ecco come viene descritta l'immagine mentale di Lem, che disegna la visione definitiva:

"Il sole estivo, alto e brillante a mezzogiorno, che all'improvviso esplodeva come impazzito, squarciava i cieli, inceneriva la campagna e i vermi umani in un'unica vampa abbacinante, e faceva evaporare i fumi, fondeva il cemento, mandava in ebollizione la polvere sotto i piedi..."

L'annuncio dell'Araldo di Distruzione è sublime, semplicemente sublime! Ben deprimente è invece la descrizione del villaggio in cui Lem Dyer conduce la sua infelice esistenza, un paesino americano dominato dal Ku Klux Klan, in cui il reverendo della Chiesa Metodista è al contempo un Gran Dragone degli Incappucciati - e Gran Maestro della locale loggia massonica, ça va sans dire. Anche se queste connessioni non vengono menzionate esplicitamente, le si può comunque inferire da numerosi indizi. La tipica ottusità statunitense, l'ignoranza essenziale che esala dal suolo, fa sì che un uomo non sposato, che non ha mai avuto la ragazza, che ha fama di essere un po' tocco, sia automaticamente accusato di essere un assassino e un pedofilo, nel momento stesso in cui recupera il corpo estinto di una bambina dalle acque del fiume. L'onda solare, annichilitrice di vermi umani, è in realtà la personificazione di Nemesi, incaricata di rimuovere l'Iniquità! 

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto, con annessa valutazione:


NAVE DA PREDA

Autore: Cyril M. Kornbluth
Anno: 1958
Titolo originale: Shark Ship

Aka:
Nave squalo, La Nave-Squalo, La virtù
     sterminatrice  

L
ingua:
Inglese
Tipologia narrativa: Racconto lungo / romanzo breve 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Distopia, fantascienza sociale,
     fantareligione, fantascienza post-apocalittica 
1a edizione it.: 1964

2a edizione it.:
1967
3a edizione it.: 1984
4a edizione it.: 1987
Editori (it.):
     Arnoldo Mondadori Editore (1964, 1984, 1987),
     Giacomo Feltrinelli Editore (1967)
Edizioni italiane (antologie): 
   1964:
Dimensioni vietate, Urania 334
   1967:
Fantasesso, Il brivido e l'avventura 25
   1984:
Catastrofi! Oscar 1767
   1987: Oltre la luna, Urania 1056

Traduttori:

    Cesare Scaglia (1964, 1967),
    Giuseppe Lippi (1984),
    Delio Zinoni (1987)

Dettagli dell'antologia Catastrofi!: 

   Titolo originale: Catastrophes! 

   Curatore: Isaac Asimov 

   Sezione: Distruzione della civiltà

Catalogo Vegetti:
 


Nota: Nel catalogo il titolo del racconto è riportato con il trattino (hyphen)Shark-Ship. Eppure non sembrano trovarsi riscontri di questa variante nel mondo anglosassone.

Trama:

Un futuro cupissimo. Gli abitanti dell'AMEN (Area Metropolitana del Nord Est), un opprimente megalopoli, avevano da tempo abbandonato il loro brulicante formicaio umano per vivere su una flotta di navi di acciaio, vincolati da un solenne giuramento a non avvicinarsi mai alla terraferma. L'unico sostentamento per questo popolo di navigatori è il pesce catturato nelle acque degli oceani. La flotta è formata da più convogli, ognuno agli ordini di un commodoro, ma ogni nave è autosufficiente e il suo capitano ha il potere assoluto. La disciplina è rigidissima: anche un'insignificante macchia di ruggine può compromettere la sopravvivenza e quando il pescato è scarso gli ultrasessantenni sono obbligati all'eutanasia. Le peregrinazioni della flotta duravano ormai da circa tre secoli, quando la nave del comandante Salter perde la rete. L'unica possibilità di salvezza è raggiungere la costa, sperando di riuscire a trovare acqua e cibo. Quello che i marinai vedono è spaventoso. Le antiche nazioni sono crollate, ci sono state morie catastrofiche su tutto il pianeta e sono sopravvissuti alcuni sparuti gruppuscoli di adepti di una setta sanguinaria di sadici cannibali che adorano il loro fondatore, un profeta chiamato Merdeka, il Prescelto, soprannominato anche Il Completo Straniero e l'Arci-Forestiero. Morto a causa di un aneurisma, il suo spirito aveva continuato ad aleggiare sui continenti, dando origine a spaventosi olocausti! 

Recensione:

Angosciante quanto geniale e profetico parto dell'ingegno di Cyril M. Kornbluth (1923-1958), l'uomo dai denti verdi che si innamorò perdutamente di una maliarda appartenente a un'importante famiglia mafiosa e diede inizio alla diffusione delle dottrine anarcocapitaliste, che ancora oggi affliggono il genere umano. Pregevole la trattazione di un tema che ancor oggi è visto come un tabù dalle istituzioni come dalle masse decerebrate: la sovrappopolazione con annesse conseguenze funeste. 

La storia del fanatico religioso all'origine del crollo della civiltà su cui si fonda il racconto è di una tristezza assoluta. Bambino esposto nell'immondizia - ci spiega Kornbluth - Merdeka aveva avuto un inizio più difficile di altri. Cresciuto in strada, tra i gangster, i lenoni e le prostitute, ha presto manifestato tratti di grave psicopatia, associati però a un immenso carisma che lo portava a lanciarsi in una violenta predicazione. Come la popolarità di Merdeka cresceva, si delineavano in lui tratti di estrema ferocia e di puritanesimo radicale: egli era la reazione stessa della Natura alla sovrappopolazione che soffocava il pianeta. La sua lotta contro la pornografia era senza quartiere. Preso dall'ira, diceva che i giornali pornografici "tu li bruci e quelli si moltiplicano come vermi in un secchio della spazzatura". Se l'eiaculazione era un delitto, il sadismo più efferato era incoraggiato, tanto che gli adepti iniziarono a massacrarsi a vicenda, persino in seno alla stessa famiglia. "La famiglia che prega assieme, si ammazza assieme" divenne un motto. In una vivida descrizione, ecco un bambino usare la fiamma ossidrica per farsi strada nella camera blindata dei suoi genitori, strangolando il padre nel sonno con un filo di acciaio e colpendo la madre al cranio con un pomolo massiccio: prima di morire la madre la aveva freddato a pistolettate nel cranio. Eppure Merdeka in indonesiano significa "libertà"! Il Prescelto, quando gli chiedevano che razza di nome fosse il suo, "rispondeva che lui non era un inglese bugiardo o un irlandese dalla voce assordante o un francese pervertito o un ebreo spilorcio o un russo barbaro o un tedesco dal grugno di rospo o uno scandinavo con la testa di segatura". Il buonismo politically correct gli era del tutto sconosciuto, e per lui una ragazza nuda era il Male personificato. Sarebbe bello se Valentina Nappi leggesse il racconto.

Un condominio dell'Apocalisse

A un certo punto il comandante Salter e i suoi uomini si imbattono in iscrizoni su targhe d'ottone, apposte all'entrata di un massiccio edificio formato da cubi di cemento, ormai in rovina. Eccone il testo:

APPARTAMENTI HERBERT J. BROWNELL JR. 

Nota a tutti gli inquilini

Un appartamento del Progetto è un Privilegio e non un Diritto. L'Ispezione Quotidiana è un Punto Fondamentale del Progetto. La Presenza almeno una volta alla settimana in una Chiesa o in una Sinagoga di vostra Scelta è Richiesta a tutte le Famiglie che vogliono mantenere la Buona Condotta; su Richiesta, la Famiglia dovrà fornire Prova della sua Presenza. Il possesso di Alcool e di Tabacco verrà considerata Prova Inoppugnabile di Indesiderabilità. Eccessivo uso d'Acqua, Eccessivo uso d'Energia e Spreco di Cibo saranno considerati come capi sufficienti a una completa Revisione della Desiderabilità. L'uso di una lingua diversa dall'Americano da parte di persone di età superiore ai Sei Anni sarà considerato Prova Inoppugnabile di Inassimilabilità, sebbene questo punto non vieti di usare lingue diverse dall'Americano a scopo liturgico.

Sotto c'era una targa più piccola, sempre in ottone:

Nulla di quanto detto potrà essere usato per sorvolare su Pratiche di Depravazione mascherate da Religione di qualsiasi tipo, e tutti gli Inquilini sono avvertiti che ogni tentativo di coprire Pratiche di Depravazione risulterà nell'immediata Espulsione e Denuncia. 

L'autore specifica che qualcuno vi aveva disegnato sopra un immenso cazzo, definito "volgare dettaglio anatomico". Come se il cazzo lo avessero soltanto gli uomini del volgo.

Il Costruttore di Ponti

Il finale interlocutorio, una raffinatezza stilistica poco apprezzata al giorno d'oggi, è stato evitato per un soffio: la narrazione si conclude con una nota etimologica sul significato della parola Pontifex, tradotta alla lettera come "Costruttore di Ponti", seguita dal sospiro di sollievo del cappellano della nave di Salter, felice di constatare che qualcuno ancora pregasse. A dover esser franco, sospiro di sollievo al pensiero che l'autore immaginasse che qualcuno tra gli epigoni di un'umanità terminale ancora rammentasse qualche nozione dell'augusta lingua di Roma!

Capacità profetiche e fallimenti

Come spesso accade, un'opera di fantascienza presenta elementi profetici. In questo caso, senza dubbio ha anticipato i tempi la capacità dell'autore di prevedere  qualche avvisaglia della spaventosa crisi ambientale causata dagli eccessi procreativi della popolazone planetaria. Suppongo che Kornbluth sia stato molto ottimistico a plasmare con la sua immaginazione una soluzione efficace come quella proposta da Merdeka il Prescelto, che ora della fine porrebbe fine a non pochi problemi. Molto più nociva è la cecità dell'IPCC con le sue baggianate sull'ossimoro chiamato "sviluppo sostenibile". Quel branco di moralisti ipocriti quanto pingui si dimostra incapace di comprendere e di ammettere che la causa dell'aumento delle emissioni climalteranti con conseguenti scovolgimenti climatici è una sola: la sovrappopolazione. Visto che non si vuole accettare questa verità innegabile e che non si vogliono controllare le nascite, si manifesteranno spaventosi genocidi e olocausti, di proporzioni mai viste. Una volta Charles Manson, uomo mitissimo, disse che per salvare l'Amazzonia bisognerebbe massacrare un miliardo di persone. Non basterebbe: i procreatori sopravvissuti colmerebbero i buchi demografici in men che non si dica. La speranza è che si insinuerà un virus capace di fare ciò che alla ragione appare impossibile. Quello che Kornbluth non è riuscito a prevedere è la rovina degli oceani, che è già in atto ai nostri giorni e che porterà presto all'anossia globale delle acque marine, con conseguenze catastrofiche. La flotta dei discendenti dell'AMEN non garantirebbe alcuna possibilità di sostentamento a nessuno in un mondo i cui oceani sono privi di vita e pieni di continenti fatti di plastiche galleggianti compattate.   

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto lungo di Kornbluth, ai confini col romanzo breve, con annessa valutazione:

sabato 10 novembre 2018

LE LINGUE HELLICONIANE MINORITARIE

L'Olonets e il Sibish non sono le sole lingue parlate dai popoli umani del pianeta Helliconia, nato dalla fertile fantasia di Brian W. Aldiss. Oltre agli umani e a i Phagor, vi sono poi alcuni popoli di ominidi, ciascuno dotato di lingua propria. Facciamo il punto su quanto siamo riusciti a comprendere e a catalogare. 

La lingua degli Ondod

Nel terzo volume della trilogia helliconiana, L'inverno di Helliconia, sono fornite alcune parole della lingua degli Ondod di Sibornal, ominidi imparentati con i Nondad (le due denominazioni risalgono evidentemente alla stessa protoforma). Queste parole Ondod sono incorporate in frasi in inglese, spesso non sono provviste di glossa, tanto che soltanto analizzando il contesto si possono trarre le seguenti sicure nozioni: 

biwack "dormire; avere sesso" 
gumtaa
"buono"
ishto? "vero?" (particella interrogativa)
kakool "cattivo, cosa cattiva, male"
kharber "dannazione, evento funesto"
loobiss "grazie"
occhara "specie di tabacco", "erba-pipa"
smrtaa "vendetta, morte" (lett. "retribuzione",
     traduce il greco nemesis)
takit "bere"
yaya "signora" 

Aldiss spiega che l'erba chiamata occhara e usata per fumare è un'erba che cresce sulle montagne. Non è affatto certo che sia simile all'erba da fumo chiamata veronika in Olonets, resa per comodità con "tabacco". Il significato della parola yaya è abbastanza congetturale, anche se mi pare verosimile; la parola più ardua è kharber, che dà problemi. In un'occorrenza sembra proprio un'imprecazione violenta, qualcosa come "dannazione!", mentre in un altro passo potrebbe sembrare più che altro un'alterazione del toponimo Sibish Kharnabhar.

Lo stesso autore glossa l'endoetnico Ondod come "Spirit People" o "Spirited People", che possiamo tradurre con "Popolo dello Spirito" (o "Popolo Spiritato"). Da questa informazione deduciamo che anche Nondad debba avere lo stesso significato ancestrale. La radice della protoforma doveva essere *NOND- "spirito", avendo poi perso la prima n- in Sibornal per un naturale processo di dissimilazione.

Possiamo dedurre anche un'altra importantissima parola:

-gatt "montagna, montagne"

Esiste una regione montuosa di Sibornal che è chiamata Sharagatt. Nel continente di Campannlat esiste invece una regione montuosa chiamata Cosgatt, nella terra dei barbari Driat. Probabilmente la parola -gatt "montagna" è un antichissimo resto della lingua dei Nondad, comune agli Ondod, che affiora in entrambi gli oronimi.

Aldiss vuole dare l'idea di come potrebbe essere la lingua di un popolo estremamente primitivo. Con sua buona pace, non esistono lingue primitive. Infatti la fonotassi dei termini Ondod non sembra elementare. Una lingua primitiva dovrebbe avere soltanto poche sillabe aperte: già la presenza di gruppi consonantici e di consonanti finali di parola dimostra che ha una lungua storia di usura fonetica.

L'etimologia esterna di queste voci, ovvero la fonte della loro ispirazione, è spesso determinabile con sicurezza:

biwack "dormire; avere sesso" : inglese bivouac
      "campo temporaneo"
kakool "cattivo" : greco
κακός (kakós) "cattivo"
ishto? "vero?" : russo есть (jest') "c'è"
loobiss "grazie" : russo любишь (ljubiš) "tu ami"
smrtaa "morte" : russo смерть (smjert') "morte"

Abbiamo poi alcuni antroponimi Ondod, la cui fonetica è davvero interessante:

Ipaak (f.)
Moub (f.)
Uuundaamp (m.)

Purtroppo non abbiamo la benché minima traccia di un indizio per arrivare a capire il loro significato.

La lingua dei Madi

Sappiamo per certo che Madi non è soltanto l'esoetnico attribuito a un tipo di ominidi dai parlanti Olonets: è anche l'endoetnico con cui queste creature singolari designano se stesse. Non soltanto: L'estate di Helliconia ci rivela anche il nome della loro lingua: hr'Madi'h. L'apparato flessivo sembra avere qualcosa in comune con la lingua dei Phagor, che probabilmente ne costituisce l'origine. Si tratterà di una semplice formazione genitivale: "che appartiene ai Madi", "la cosa dei Madi". Un'altra parola che ci viene spiegata è Ahd, che indica la Via, il cammino degli ominidi nomadi che sono i Madi, ciò che fonda la loro religione e che costituisce la sola ragione della loro esistenza. Essendo il sentiero migratorio chiamato uct in Olonets, deduciamo una cosa mirabile: si tratta di un remoto prestito dalla lingua hr'Madi'h. Ahd è diventato uct. Vediamo che spesso passando all'Olonets, parole di altre lingue mostrano un cambiamento di /a/ in /o/ o in /u/. Così Sibish yahdahl "vino di alghe" diventa in Olonets yoodhl. Allo stesso modo si è avuto il passaggio da Ahd a uct. La consonante -h- seguita da altra consonante si trasforma in un suono trascritto in modo sistematico con la lettera c. Il toponimo Phagor Hrrm-Bhhrd-Ydohk è diventato così Embruddock in Olonets. Ecco dimostrata l'etimologia di uct. Domanda: Aldiss era consapevole di tutto questo?

Un antroponimo dei Madi è menzionato ne La primavera di HelliconiaCathkaarnit. Il nome designa una coppia, così per distinguere i coniugi si preficce un pronome. Nell'originale inglese, il maschio è chiamato Cathkaarnit-he e la femmina Cathkaarnit-she. Evidentemente ad Aldiss interessava esprimere il concetto in modo comprensibile, così non ha usato forme pronominali hr'Madi'h oppure Olonets, che i lettori avrebbero trovato complicate. Ne consegue però un'importante deduzione: sia in hr'Madi'h che in Olonets esistevano - proprio come in inglese - pronomi di terza persona singolare differenziati per genere. Nel secondo romanzo, L'estate di Helliconia, abbiamo un antroponimo simile a Cathkaarnit portato da una Madi meticcia che è stata sposata dal Re di Oldorando. La Regina è chiamata Bathkaarnet-she. Il pronome inglese she non è stato riconosciuto: chi ha eseguito la traduzione ha pensato che fosse parte del nome originale. Forse i nomi propri di persona usati dai Madi sono tutti formati secondo questo schema: consonante + -athkaarn- + vocale + -t. Una molteplicità davvero scarsa, con poche combinazioni possibili:

Bathkaarnat, Bathkaarnet, Bathkaarnit,
Bathkaarnot, Bathkaarnut, Cathkaarnat,
Cathkaarnet, Cathkaarnit, Cathkaarnot,
Cathkaarnut, Dathkaarnat, Dathkaarnet,
Dathkaarnit, Dathkaarnot, Dathkaarnut,
Fathkaarnat, Fathkaarnet, Fathkaarnit,
Fathkaarnot, Fathkaarnut, Gathkaarnat,
Gathkaarnet, Gathkaarnit, Gathkaarnot,
Gathkaarnut, Hathkaarnat, Hathkaarnet,
Hathkaarnit, Hathkaarnot, Hathkaarnut,
Jathkaarnat, Jathkaarnet, Jathkaarnit,
Jathkaarnot, Jathkaarnut, Kathkaarnat,
Kathkaarnet, Kathkaarnit, Kathkaarnot,
Kathkaarnut, Lathkaarnat, Lathkaarnet,
Lathkaarnit, Lathkaarnot, Lathkaarnut,
Mathkaarnat, Mathkaarnet, Mathkaarnit,
Mathkaarnot, Mathkaarnut, Nathkaarnat,
Nathkaarnet, Nathkaarnit, Nathkaarnot,
Nathkaarnut
, etc. 

Originale ma un po' monotono, non trovate?

La lingua dei Kaci

I Kaci sono un popolo di Campannlat, che risiede in una regione selvosa e impervia chiamata Kace. La loro capitale è Akace. Non sappiamo con certezza se Kace sia una denominazone autoctona poi passata anche in Olonets, o se sia sorta in Olonets e l'endoetnico sia del tutto diverso. Come ci viene spiegato dall'autore, i Kaci sono pagani e hanno combattuto aspramente contro l'oppressiva Chiesa di Akhanaba. Possiamo dedurre che la lingua dei Kaci fosse diversa dall'Olonets. Il grado di parentela tra le due lingue non risulta chiaro, più che altro per mancanza di materiale da analizzare. Queste sono le poche nozioni estraibili dall'opera di Aldiss:

pabowr "idromele" :
     corrisponde all'Olonets beethel "idromele"
shoatapraxi "erba spinosa" :
     corrisponde all'Olonets brooth "spina" (lunga)

Evidentemente pabowr è formato dalla radice pab "miele", che corrisponde all'Olonets beeth. In shoatapraxi si vede in modo abbastanza agevole un composto formato da shoat "erba" e da praxi "spina": è il secondo elemento che si deve paragonare all'Olonets brooth. A questo punto si comprende all'istante il nome di un capo ribelle dei Kaci, menzionato nel secondo vomume della trilogia:

Skrumppabowr "Bevitore di Idromele" (n. pers.)

Così si aggiunge un altro interessantissimo vocabolo:

skrump- "bere"

Si tratta di una delle poche radici verbali deducibili con questi metodi dal materiale di Aldiss. Approfondendo l'analisi del poco che conosciamo, possiamo azzardarci ad affermare che il Kaci e l'Olonets derivano da una protolingua comune molto remota. Queste sono le protoforme attese:

*PɁAPƟJ- "miele" 
*PɁRAHƟW- "spina"

Non escludo che in futuro si potranno moltiplicare le deduzioni e le conoscenze.

I popoli maledetti di Helliconia

Nel secondo romanzo della trilogia, L'estate di Helliconia, troviamo un cenno significativo all'esistenza di popolazioni di colore nel continente di Campannlat. Il brano in questione è il seguente: 

"Re Sayren Stund inviò a JandolAnganol un uomo gobbo e dalla pelle scura chiamato Fard Fantil, munito di credenziali che lo qualificavano come un esperto in fatto di fornaci di ferro e di nuovi metodi. JandolAnganol lo mise immediatamente al lavoro."

Questo è il testo originale in inglese:

"King Sayren Stund sent JandolAnganol a dark hunchbacked man called Fard Fantil. Fard Fantil came with credentials showing him to be an expert in iron furnaces who understood new methods. JandolAnganol sent him to work immediately." 

La traduzione in spagnolo è molto significativa e soprattutto priva di ipocrisia. Il "dark hunchbacked man" di Aldiss è descritto in modo molto realistico come "negro jorobado"

"El rey Sayren Stund envió a JandolAnganol un negro jorobado llamado Fard Fantil. Las credenciales de Fard Fantil afirmaban que era un experto en fundición de hierro y que conocía los nuevos métodos. JandolAnganol lo puso a trabajar de inmediato." 

Ovvio che non ci si poteva attendere da Aldiss l'uso di parole come negro, nigger, Jim Crow e simili, anche se possiamo vedere che Fard Fantil, uomo di condizione servile, non era molto ben visto dall'etnia dominante di Campannlat. Interessante è la connessione tra questa infelice persona e il mestiere del fabbro. Presso molti popoli, i fabbri sono malvisti e creduti capaci di lanciare incantesimi. Questo pregiudizio nei confronti dei lavoratori di metalli si trova ad esempio tra i Tuareg. Il fabbro aveva come epiteto l'aggettivo "nero" nell'antica Irlanda. Persino in inglese troviamo la parola blacksmith "fabbro" (che fonde il ferro), che mostra incorporato l'aggettivo black, riferito alle polveri di ossidi scuri che emanano dalle fucine. Dalla narrazione di Aldiss, si capisce che Fard Fantil ha come lingua materna l'Olonets. La spiegazione più probabile è che la sua gente fosse ormai assimilata linguisticamente, ma sempre guardata con estremo sospetto e detestata. 

Driat e Thribriat

I Driat, il cui paese è chiamato Mordriat in Olonets, sono descritti più volte come barbari. Sono considerati subumani dai seguaci della religione di Akhanaba e spesso associati agli ominidi Madi e Nondad, eppure sembano più che altro umani marginali, odiati da tutti per i loro costumi pagani e per la loro ferocia. Sappiamo che parlano una lingua diversa dall'Olonets, ma non ne abbiamo potuto acquisire nemmeno una parola. Altre popolazioni considerate barbariche abitano più a sud. C'è il paese chiamato Thribriat in Olonets, il cui nome può essere analizzato come "Driat Meridionali", da un originario *Thrib-Driat, essendo il suffisso thrib- "sud" opposto a sib- "nord", donde vengono Sibornal e Sibish. Anche in questo caso non abbiamo molte informazioni. Aldiss menziona una regina barbara di Thribriat, Shannana, il cui nome richiama senza dubbio il materiale mitologico relativo a Tarzan e ai Tarzanidi. L'autore del libro epico intitolato Thribriatiad porta un nome assai singolare, Brakst, anche se è certo che l'opera è stata scritta in Olonets.

Il mitico paese di Ponipot

Anticamente esisteva il Regno di Ponpt, con le sue gloriose città, Powachet, Prowash e Gal-Dundar, che sorgeva sulle rive del fiume Aza, le cui acque sono definite "gelide". All'epoca dei fatti narrati ne L'estate di Helliconia, la regione era quasi disabitata e il toponimo Ponpt era pronunciato Ponipot per via della difficoltà di un così complicato gruppo di consonanti, che aveva reso necessario l'inserimento di due vocali eufoniche. Possiamo dedurre che nell'antica lingua di Ponpt la parola aza significasse "freddo, gelido". Penso che si trattasse di una lingua imparentata con l'Olonets, forse come il greco antico è imparentato col latino. Pur avendo molto in comune, tra i parlanti delle due lingue non sussisteva mutua intelligibilità. Proprio la mitica città di Gal-Dundar, il cui nome interpreto come "Mille Torri", doveva essere il centro di irradiazione del megalitismo helliconiano. Ne L'inverno di Helliconia si menzionano alcuni porti di Campannlat con nomi singolari, come Vaynnwosh, Dorrdal e Dowwel. Il primo comprende certamente -osh "città", mentre il secondo richiama il nome della regione di Findowel, che deve essere formato a partire dalla stessa parola. Non è impossibile che questi porti appartenessero all'area in cui anticamente si parlava la lingua di Ponpt. 

L'enigma di Oldorando

Il nome Oldorando fu attribuito dal sacerdote Yuli a uno stanziamento che in seguito sarebbe diventato un importantissimo regno. Aldiss ci spiega nel primo volume della trilogia, che quando Yuli dimorava nella città sotterranea di Pannoval e voleva diventare un sacerdote del dio ctonio Akha, era rimasto incantato da una melodia conosciuta come Oldorando. Quando poi riuscì a fuggire da Pannoval e a trovare spazio per sé, per sua moglie Iskador e per la sua progenie, usò proprio questa misteriosa parola, Oldorando, come nome della nuova fondazione. Ecco il brano tratto da La primavera di Helliconia, in cui si parla della fonte d'ispirazione di Yuli: 

"I cori erano importanti, e la monodia lo era anche di più, con una voce solista lanciata nella cavità della tenebra; ma ciò che Yuli finì per amare di più erano gli interventi delle voci inumane, le voci degli strumenti di Pannoval.
Nelle Barriere non s’era mai udito nulla di simile. L’unica musica conosciuta dalle tribù assediate era il rullo prolungato d’un tamburo di pelle, il ticchettare delle ossa animali battute l’una contro l’altra, e il battito delle mani umane accompagnate da una cantilena monotona. La lussureggiante complicatezza della nuova musica convinse Yuli della realtà della sua vita spirituale ancora in fase di risveglio. Una grande melodia, in particolare, lo travolgeva: “Oldorando”, che aveva una parte in cui uno strumento dominava tutti gli altri, e poi si confondeva con essi e finalmente si ritraeva in un suo rifugio armonioso."

Da tutto questo possiamo dedurre che Oldorando non era una parola del linguaggio corrente. Potrebbe essere una forma antica e ormai incomprensibile di Olonets, persino anteriore a quello che era conosciuto come antico Olonets, nel qual caso la sillaba ol- potrebbe stare per olle "dieci", ma non si può escludere che la lingua sacerdotale da cui il vocabolo Oldorando è stato tratto non avesse alcun nesso con l'Olonets. Trovo notevole che Aldiss, che plasmò Oldorando da El Dorado, abbia inserito questo nome come un masso erratico nel continente di Campannlat, ammantandolo di mistero e rendendolo inanalizzabile. 

Il senso degli studi su Helliconia

La filologia helliconiana, scienza inutile agli occhi delle genti, sembra provare che una creazione fantastica contiene una coerenza interna indipendente dall'autore, ossia che uno scrittore evoca qualcosa che esiste indipendentemente piuttosto che crearla da zero. So che può sembrare pazzesco, ma tutto mi spinge a crederlo. Tra l'altro, Aldiss in un'occasione ha scritto che tutto ciò che di filologico c'è nelle trilogia di Helliconia ("anything sound philological") si deve al Professor Thomas Shippey (si noterà l'errato verbo "sound" per "sounds", di certo è solo un refuso). Ho dato un'occhiata ad alcune delle creazioni di questo, e mi sembrano qualcosa di molto diverso dalle conlangs helliconiane. Già soltanto per questioni pratiche, non mi sembra possibile che Aldiss abbia consultato il Professor Shippey ogni volta prima di scrivere anche un semplice nome: la sua scrittura ne avrebbe risentito e si sarebbe inceppata di continuo.


Sarebbe una bella cosa se l'accademico in questione, che mentre mi accingo a pubblicare questo contributo risulta vivente, leggesse i miei articoli sulle conlangs helliconiane e dicesse la sua. Naturalmente questo mio appello cadrà nel vuoto, come è accaduto ogni volta che ho invitato un accademico. Convinzione disgraziatamente comune è che i blog siano merda e che nemmeno una sillaba di ciò che vi è scritto meriti una qualsiasi considerazione.