Autore: Ferruccio Parazzoli
Anno: 2008
Lingua: Italiano
Editore: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Thriller teologico, politica, fantapolitica
Codice ISBN-10: 8804577908
Codice ISBN-13: 978-8804577904
Pagine: 123 pagg., rilegato
Sinossi (da www.libreriauniversitaria.it):
Sconcerto e scandalo. Paolo VI denuncia la presenza del Diavolo nell'intera società, "un essere oscuro e conturbante che semina errori e sventure nella storia umana". Un Satana scassone e buffonesco raccoglie la sfida e scommette, con un Dio troppo sicuro di sé, di scardinare nel Vicario la saldezza della Fede mettendolo di fronte alle sofferenze del Giusto. Ha inizio la diabolica messa in scena di una delle più buie storie italiane: il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro abbandonato al proprio assurdo destino contro il cui tragico epilogo a nulla serviranno le suppliche del Papa al suo Dio, ai politici, alle Brigate Rosse. Paolo VI morirà tre mesi dopo avere pronunciato nella basilica lateranense, assente la salma dello statista, il discorso di esequie in cui chiede conto a Dio del suo silenzio. "Adesso viene la notte" saranno le ultime parole sul letto di morte. In una serie di serrate sequenze Ferruccio Parazzoli affronta il dramma della Fede di fronte ai cinismi della Politica e ai crimini della Storia.
Recensione:
Certo, coloro che lessero questo testo parazzoliano quando uscì, nell'ormai lontano 2008, non avrebbero mai potuto immaginare la piega che avrebbero assunto gli eventi. Soltanto qualche anno più tardi, nel 2012, uscì un altro testo dello stesso autore, Eclisse del Dio Unico, da intendersi come l'atto di abiura. Nella sostanza Parazzoli rinunciava alla Chiesa di Roma e alla sua dottrina, dichiarandosi panteista. Sull'intera faccenda è calato un silenzio di piombo. Nessuno ne parla. Eppure esiste sempre qualcuno che le cose le ricorda e che non tace. Ecco, io sono tra questi e non mi arrendo. Adesso viene la notte testimonia il conflitto interiore che sconvolge il Parazzoli, preludendo alla trasformazione descritta in Eclisse del Dio Unico. Paragono il processo alle forze ctonie e magmatiche che in una crisalide sciolgono e riassemblano i tessuti del bruco. Soltanto con l'emergere della farfalla si può comprendere l'intima teleologia di questa riorganizzazione cellulare.
Il dialogo tra Dio e Satana
Questa è la dialettica teologica parazzoliana, su cui si regge l'impianto del presente romanzo:
1) Dio è un prete marchigiano, rozzo, grossolano e approssimativo nella sua lingua italiana male articolata, ricca di inflessioni dialettali, capace di esprimere soltanto concetti sfocati. Tutti i suoi ragionamenti sono rudimentali, appena abbozzati, quasi ai limiti della demenza. Quando rimane a corto di argomenti, il tirannello si mette a fare le bizze, a ricordare che lui ha creato tutto e tutti, pretendendo per questo l'ultima parola. Deludente. Un ragazzotto affetto da trisomia 21 forse potrebbe fare di meglio.
2) Satana è un dottissimo gesuita di Tubinga, rotto ad ogni artificio logico e teologico. I suoi ragionamenti sono acuti e penetranti. A impedirgli di mangiarsi il marchigiano Dio in un boccone è in buona sostanza un dogma del catechismo cattolico, che l'autore del romanzo non se la sente di sfidare. Satana non può nulla contro Dio, che or della fine è il suo stesso Creatore, ripete la vocina stridula di una maestrina delle elementari.
3) Sia Dio che Satana indossano l'abito talare: coloro che li osservano non sospettano nulla e pensano di avere a che fare con due chierici della Chiesa di Roma. Due preti. Dio e Satana: "nulla di più nero e nulla di più prete" (cit.).
Piaccia o no, Satana vince. Prevale sulla stupidità delle creature e del loro preteso Creatore. La sua trappola elaborata ha la meglio su tutto. Non è affatto "scassone e buffonesco": dalla sua è il ferreo rigore della logica. Schiaccia e crocifigge il Papa. Frega un Dio che è infantile, a cui non resta che battere i piedi per terra, millantando di aver inventato la Morte. Un Dio che millanta perché non ha inventato proprio nulla, nemmeno le feci. Si ha a questo punto il fondato sospetto che il prete marchigiano sia soltanto un costumante, un pazzo convinto di essere quello che le genti chiamano "l'Onnipotente". Un oligofrenico che dovrebbe stare in un reparto di psichiatria a sbavare, anziché ammorbare il mondo con le sue ripugnanti pantomime.
Un tragico errore di valutazione
Ecco quanto scrive Parazzoli su Satana, sminuendone tragicamente la figura:
Autunno 1972
Come sostengono gli esorcisti, e contrariamente a quanto si pensa, Satana non ha una grande fantasia e neppure grandi mezzi per indurre gli uomini in tentazione, specie se il soggetto sul quale impegna la sua scommessa con Dio, questo antico gioco che si svolge tra Cielo e Inferno, ha già scoperto e vinto gli assalti basati su vecchi trucchi da repertorio, quali in sesso, il denaro, il potere. In tal caso rimane a Satana un repertorio da baraccone, articoli piuttosto fastidiosi e in qualche caso assai debilitanti, ma non decisivi per vincere la partita.
Tutto questo, è ovvio, Satana lo sa, ma non rinuncia a metterlo in atto, non almeno finché la sua intelligenza - tanto più pericolosa quanto mediocre e, quanto a questo, non meno pericolosa della stupidità che, però, è soltanto un retaggio umano - non riesce a partorire un'idea che, anche se prova di originalità, è volta a scalfire nell'intimo la coscienza che l'uomo ha del senso da attribuire alla proprioa vocazione nella vita e, soprattutto, è volta a minare la base su cui fonda la propria fiducia. La vittoria di Satana, nel gioco con Dio, sarà tanto più completa quanto più la fiducia alla quale fa ricorso l'uomo nelle maggiori difficoltà si chiama fede in Dio. Un Dio sempre presente e onnipotente, come vuole quel Catechismo che non per nulla recitava il parroco di campagna nei giardinetti di San Giovanni in Laterano.
Certo, un Dio marchigiano. E vi pare plausibile? Gli esorcisti scadono in esorcicci. Sono pieni di vanità e di superbia, credono di poter parlare a Satana da pari a pari. Credono di poterlo dominare e manipolare con formule superstiziose. Credono che obbedisca ai loro comandi. Non lo vedono nei mafiosi e in altri assassini spregevoli, grandi finanziatori della Chiesa Romana e delle sue nocive opere idolatriche, ma lo vedono in poveri handicappati che vomitano e imprecano facendo colare dalla bocca distorta fiotti di saliva.
Il Silenzio di Dio
Quando una dottrina monoteista, come quella cattolica per esempio, non riesce a rendere conto della realtà dei fatti, non può fare altro che andare alla deriva in una condizione di autismo profondo. Chi la professa non ha altre risorse che uscirsene con trovate grottesche quanto illogiche. "Non si muove foglia senza che Dio non voglia", dicono alcuni. Benissimo, allora Dio muove la mano di ogni omicida ed è omicida egli stesso. Muove la volontà di ogni peccatore ed è peccatore egli stesso. Egli ha ispirato Mengele ed è responsabile di ogni sua azione. Lui è proprio il colpevole di ogni crimine compiuto da Heydrich e da Eichmann. Altri dicono che "Dio permette il Male perché lo usa per fare il Bene". Certo, certo. Si può pensare che se un padre snaturato abusa sessualmente dei suoi figli, lo faccia per il loro bene, per insegnare loro qualcosa? Non siamo ridicoli! Poi ci sono quelli, ancora più squallidi, che riducono il Male a un banale frutto di una chimera chiamata "Libero Arbitrio". Come giudichereste voi un padre che permette il rapimento del proprio figlioletto da parte di produttori di snuff pedofili e cannibali? Come giudichereste voi un padre che permette che il suo bambino cada in un precipizio per non turbare la sua libertà? Lo riterreste un buon padre o un mostro? Mi è persino capitato di incontrare persone che si chiedevano come mai esiste il Male (si Deus bonus est, unde malum?), ma poi non ne volevano sapere di ascoltare la mia risposta manichea (il Male non è assenza, è opera del Dio Malvagio). Ebbene, il tanto strombazzato "Silenzio di Dio" è la misura dell'ignoranza di coloro che negano la realtà del Male e poi non sanno come spiegarsi le martellate che tutti gli esseri viventi ricevono senza tregua.
Ricordo un giornalista, uno dei pochi esseri di quella tristissima categoria ad avere un barlume di dignità, che disse qualcosa di importante mentre commentava gli orrori dell'Afghanistan dei Talebani. Egli definì la religione come "quella cosa che rende insopportabile la condizione umana". Quindi ne tracciò la genesi nella stoltezza dei popoli, che "cerca di far quadrare l'Infinito nel finito". Che dire di più?
Una singolare eresia parazzoliana
L'ambientazione è la camera e studio privato del Papa. Con immenso stupore ho letto queste righe:
Sa che deve farlo. Quell'uomo, del quale ha visto l'immagine oscura contro lo stipite della finestra mentre la folla gridava «Viva il Papa!», aspetta ormai soltanto questo. È stato condannato a morte due volte, dagli amici e dai nemici. Il Regista ha condotto bene il dramma. Il Papa non ha scelta. Se Dio non risponde, toccherà a lui rispondere, non più nel nome di Dio, ma nel proprio: Giovanni Battista Montini, Concesio, Brescia, 26 settembre 1897, secondogenito di Giorgio Montini e Giuditta Alghisi.
«Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse...» Si ferma. Ha un istante di perplessità. Uomini? È giusto chiamarli uomini? E come, altrimenti Se è certo che abbiano un'anima, come è certo che l'hanno poiché l'anima non viene da Dio ma nasce dal basso, con il corpo, se è certo che abbiano un'anima, a chiunque l'abbia spetta il nome di uomo. Quanto alla sua immortalità, che ognuno se la guadagni.
Materialismo: l'anima non è infusa da Dio a ogni uomo, ma ha la sua origine nel corpo.
Neopelagianesimo: la Salvezza viene dalle opere.
Addirittura l'immortalità per il pontefice parazzoliano - secondo le parole che l'autore gli mette in bocca - è condizionata: se uno agisce rettamente se la guadagna, altrimenti la sua anima si dissolve con gli elementi corporali.
Mi piacerebbe proprio sapere cosa avrebbe pensato Papa Montini di tutto questo.
Altre recensioni e reazioni nel Web
Segnalo senz'altro la recensione di Alessandro Zaccuri, apparsa su Carmillaonline:
Questo è l'incipit, che trovo molto suggestivo:
"Nel Vangelo secondo Giovanni, poco prima di donare la vista al cieco nato, Gesù pronuncia una sentenza indecifrabile e allusiva. Le opere del Padre, afferma, devono compiersi alla luce del giorno perché poi venit nox, viene la notte, e al sopraggiungere delle tenebre nessuno può più operare, neppure colui che pure si proclama «luce del mondo». Il Paolo VI che Ferruccio Parazzoli elegge a protagonista del suo Adesso viene la notte (Mondadori, pagine 128, euro 13,00) è, al contrario, un Papa notturno, impegnato in lunghe veglie di preghiera, lettura, meditazione e lotta contro il Demonio. La prima scena del libro — che conserva ben riconoscibile l’impronta dell’originario e mancato progetto teatrale — descrive infatti l’appartamento privato del Pontefice a poche settimane dalla sua morte, con gli operai ancora indaffarati a rimuovere le tracce delle ripetute battaglie fra il Vicario di Cristo e l’Avversario del genere umano: pareti scurite dallo zolfo, pentacoli, sedie dalle gambe spezzate e, sotto il letto, un deposito innominabile di insetti soffocati."
Una cosa mi ha colpito nella recensione di Zaccuri. Il Papa Notturno, sfinito dalla lotta contro l'Avversario, "mette in guardia i fedeli sull’autentica natura del male: non soltanto un’agostiniana ‘deficienza’, ma anche e specialmente «un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore»". Ebbene, ammettendo questa autentica ontologia del Male, si allontana dal dogma di Nicea su cui si fonda il Cristianesimo mainstream, per addentrarsi senza nemmeno accorgersene in pieno territorio del Manicheismo. Un barlume di Verità filtra nel testo di Parazzoli, una particella di Luce nella tenebra compatta e solida.
Qualcuno ha commentato persino in un luogo squallido come Amazon.it!
Glauco Cartocci vorrebbe vedere il dramma parazzoliano recitato a teatro:
"Nato come testo per uno spettacolo teatrale, chissà perché non fu mai realizzato. Peccato, perché questa breve pièce potrebbe risultare al meglio con le luci di scena. L'idea di narrare il rapimento Moro alla luce delle sue ripercussioni su Paolo VI è ottima e ben condotta da Parazzoli. L'antica disputa fra Dio e il Diavolo, con evidenti echi e citazioni della storia di Giobbe, finisce per riproporre il sempiterno interrogativo sulla presenza (o meglio, sull'assenza) di Dio nelle vicende di tutti i giorni, anche qualora riguardino il suo più "stretto collaboratore", ovvero un successore di Pietro. (Peccato per un evidente lapsus a un certo punto, che tuttavia non inficia il risultato complessivo). Il libro merita, e parecchio, coinvolgente e struggente al tempo stesso."
Un maggior numero di interventi lo troviamo su Anobii.com.
Saturdaycure scrive:
Troppo lontano dalle mie corde.
Come quando ti raccontano una storia affascinante , grottesca finanche, ma proprio non riesci a trovarci un senso , una ragione.
Scivola via.
Troppo.
Carissimo (/-a?) Saturdaycure, il senso non ce lo trovi perché or della fine hai i mezzi per trovarcelo. Dal punto di vista filosofico lo devi prendere per quello che è. Devi però riconoscere che come documento ha comunque un certo interesse storico, coglibile da tutti i lettori.
Più interessante dal punto di vista teologico e filosofico è la recensione anobiana di Sinclair, intitolata La notte di una nazione. Invito a leggerla, anche se non condivido il pensiero di chi l'ha scritta.
"Ma se Parazzoli in questa sua surreale e allegorica opera teatrale, successivamente trasposta in romanzo, trova alla fine rifugio nella fede e nella speranza cristiana di una vittoria del Bene - evento ineluttabile vista la nullità categorica del Male - cosa resta ad un laico? Il dolore per l'incapacità dello Stato di proteggere uno dei suoi più alti rappresentanti, nel bene o nel male simbolo vivente di un regime comunque democratico?"
Una speranza malriposta, come spesso accade. La stessa frase "speranza cristiana nella vittoria del Bene" è di per sé surreale e contraddittoria. Se si spera che il Bene trionfi, significa che non si è affatto certi che ciò possa accadere. Altrimenti si parlerebbe di "certezza cristiana nella vittoria del Bene". Una simile certezza l'ha soltanto il coglione di cui narra la famosa barzelletta di Nino Manfredi, quello scemo che stava per affogare e mandava via i canotti di salvataggio, uno dopo l'altro, convinto che Dio stesso l'avrebbe tratto dal pericolo - per poi sentirsi rinfacciare da San Pietro, Custode del Paradiso: "Ahó! Tre canotti t'avemo mannato!"
Sempre restando in tema notturno, VittorioC giunge a un'interessante conclusione:
Ma “Adesso viene la notte” non è un libro sul caso Moro. E’ piuttosto il tentativo, lucido e provocatorio, di spiegare la lunga notte del mondo politico italiano negli ultimi trent’anni.
Anche il mondo politico, proprio come la Chiesa di Roma, è passato attraverso un processo di metamorfosi, che lo ha infine portato alla presente discarica di immondizia.