venerdì 16 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI CAZZAGAZARO 'INQUISITORE'

Ormai pochi sanno che cazzagàzaro era il termine veneto usato per indicare l'inquisitore. Questa voce non dovrebbe cadere nel dimenticatoio, eppure è stata relegata all'oscurità dell'Ignoto perché è caduta in disuso l'istutizione maligna che serviva a descrivere. Letteralmente significa 'caccia-catari': si tratta di un composto di cazzar 'cacciare' e di gàzaro 'cataro'. Di solito il cazzagàzaro era un frate domenicano, ma spesso l'odioso incarico era ricoperto da francescani o da cistercensi. Sarebbe un errore lasciarsi ingannare dalla proverbiale mitezza dell'Ordine di San Francesco d'Assisi, visto che al suo interno si sono trovate anche delle autentiche belve. 

Nel Glossarium mediæ et infimæ latinitatis, un meritorio sito dell'Università della Sorbona, troviamo questa definizione:

CAZZAGAZARO, vox Ferrariensis dialecti, qua Cazaro, pro Cattaro, dicebatur : Itali pronunciarent Caccia Cattaro ; quo titulo utebantur hi, qui Catharos seu eorum sectarios insectabantur ex officio, uti notat Murator. ad Examen testium ab ann. 1270. tom. 5. Antiq. Ital. med. ævi col. 124 : 

    Dominus Henricus, qui erat officialis inquisitoris in 1270. die iij. exeunte Novembri juratus dicit, etc.

Et col. 127 :

    Dominus Nicolaus......
    []
    juratus dicit, quod modo sunt octo anni vel circa, quod ipse testis erat officialis inquisitoris et Cazzagazaro pro ecclesia Veronæ.

ETIMOLOGIA DI GAZARAR 'IMBROGLIARE'

In veneziano è tuttora in uso il verbo gazarar, ossia 'imbrogliare'. La connessione etimologica è con Gàzari 'Catari', per una complessa serie di slittamenti semantici. La motivazione profonda è di carattere dottrinale. Il Catarismo condanna ferocemente il matrimonio e la procreazione, che sono le cause prime della condizione infernale in cui l'essere umano si trova imprigionato. Come conseguenza ritiene la sodomia - per quanto peccaminosa - migliore di un rapporto procreativo. Così i cattolici iniziarono a collegare i Catari con la sodomia. 

In questo modo in Veneto, territorio in cui la denominazione Gàzari era assai diffusa, il verbo gazarar è stato usato per indicare l'immissio penis in anum, cioè il coito sodomitico (indipendentemente dal sesso del soggetto ricevente). Si capisce a questo punto come  gazarar sia passato da 'sodomizzare' a 'imbrogliare'. In modo abbastanza naturale - se mi si consente l'ironia. Colui che è stato imbrogliato, ingannato, è paragonato a colui a cui è stata carpita la verginità anale. Per questo spesso si dice inculare per 'imbrogliare' e inculato per 'imbrogliato'.

Un parallelo meno ovvio ma semanticamente simile è il verbo italiano infinocchiare 'imbrogliare', che in origine significava alla lettera 'rendere finocchio', ossia 'sodomizzare un uomo' - essendo finocchio derivato da un diminutivo del latino femina (cfr. napoletano femminiello), usurato foneticamente e venuto a collassare col nome del vegetale.

ALBIGESI E ALBANESI

Com'è risaputo, le genti del mondo chiamano i Buoni Uomini e i Credenti usando molte denominazioni, tra cui una delle più note ed usate è Albigesi. Ad esempio, la funesta guerra di sterminio bandita da Innocenzo III contro la Linguadoca è chiamata crociata contro i Catari e gli Albigesi. Il funesto pontefice romano voleva sradicare i suoi ex correligionari dalla società umana, emanando un Decreto di Estinzione che non è mai stato revocato: così come gli Israeliti hanno tuttora il comandamento di estinguere la stirpe di Amalek, allo stesso modo è ancora incluso nei canoni della Chiesa Romana il comandamento di annientarci, dovunque noi siamo, anche se tutto ciò che ci resta è un'idea. Il nome Albigesi è stato attribuito in modo prevalente ai Buoni Uomini e i loro Credenti per tutto il XIX secolo e buona parte del XX. Eppure non si tratta di una definizione teologica, bensì geografica. 

Come fa notare il Duvernoy, l'origine del termine Albigesi risiede nella lingua del Paese di Oïl, dove era uso comune chiamare in questo modo l'intera popolazione della Linguadoca. In particolare l'aggettivo si riferisce alla città di Albi, che in epoca antica era chiamata Albiga. Pars pro toto. Si pensa che il toponimo sia di origine ligure, anteriore all'arrivo dei Celti: è derivato da una radice *alb- che indica l'altura, la montagna, e che si ritrova non soltanto nel nome delle Alpi, ma anche in quelli di città come Alba Longa. A conferma dell'uso geografico dell'epiteto, sono stati chiamati Albigesi non soltanto i Buoni Uomini e i loro Credenti, ma anche i Valdesi, che non aderiscono certo all'Entendensa de Be. Non sono rare le menzioni di autori del XVIII e del XIX secolo riguardanti i Valdesi, descritti erroneamente come discendenti di Albigesi. Ancora oggi alcuni integralisti cattolici sono convinti dell'origine catara del Valdismo soltanto perché alcune comunità di Credenti Catari hanno trovato scampo nelle Valli Valdesi in Piemonte, permanendovi a lungo. 

Altro significativo problema è quello dell'origine del termine Albanese, che in Italia indicava coloro che professavano il Dualismo Assoluto della Chiesa di Dragovitsa - ad esempio la comunità di Desenzano. Secondo alcuni tale epiteto sarebbe semplicemente derivato dal nome di un Vescovo chiamato Albano, ma va detto che di un tale prelato dualista non si trova alcuna traccia sicura nelle cronache. Resta ad illuminarci come un faro il Compendio scritto da Giovanni di Lugio, che afferma in una frase: "i Veri Cristiani che a giusto titolo sono chiamati Albanesi"

Jean Duvernoy nota: "Se si trattasse di un appellativo di convenzione derivato da una località oppure da una persona, ormai dimenticata, "a giusto titolo" (recto nomine) non avrebbe senso. Quale sinonimia può esserci tra "veri cristiani" e "albani o albanesi"? Se, invece, Albanenses è la forma italiano di Albigesi, come non vedere dei veri cristiani in coloro che si richiamano ai martiri dell'immenso massacro?" (maiuscole e minuscole sono dell'autore).

Altre ipotesi più stravaganti ipotizzano che il termine Albanesi sia derivato da Alba, in Piemonte, oppure dall'Albania. Secondo i dati del sito Gens Labo, il cognome Albigese, inequivocabile, è presente in due soli comuni, uno i Friuli e uno in Campania. Un cognome Albigesi, altrettanto sicuro, si trova nei pressi di Torino. 

mercoledì 14 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI CASTELNAUDARY

Situato a circa 55 km da Tolosa e a circa 30 km da Carcassonne, Castelnaudary sorge nei pressi del centro che nell'antichità era chiamato Sostomagus. Il toponimo, chiaramente preromano, mostra il tipico suffisso celtico -magos 'campo'. In lingua occitana l'abitato è invece conosciuto come Castelnau d'Arri, che è da interpretarsi come 'Castelnuovo di Ario', con riferimento al gran numero di dissidenti dualisti che vi abitavano quando fu edificato il maniero che diede nome al centro medievale. In latino il luogo è citato come Castellum Novum Arri. La prima menzione risale al 1103; in un altro documento del 1118 si cita: "Castellum novum quod cognominatur Arri". Si trova anche la variante Castellum novum Arianorum, ossia 'Castello Nuovo degli Ariani'. 

Alcuni autori hanno messo in dubbio questa etimologia, interpretando invece Arri come la parola guascone arri, harri, che indica il rospo. Questa connessione con il nome di un anfibio non è probabile, dato che non rende conto delle forme latine e non è giustificabile a livello grammaticale. La parola guascone (h)arri 'rospo' è senza dubbio un termine del sostrato preindoeuropeo, ma non sono al momento in grado di fornirne una spiegazione più profonda. Non mi sembra molto credibile l'opinione di coloro che associano il vocabolo in analisi al basco harri 'pietra', affermando che un grosso batrace verrucoso somiglierebbe a una roccia scabra. Nel lessico neolatino del guascone la consonante h- in genere è derivata da una precedente f- (es. hemna 'femmina'). 

Esiste in provincia di Mantova un comune chiamato Castel d'Ario (o Casteldario). Certo, sarebbe suggestivo immaginare che l'origine sia simile a quella di Castelnaudary. Ebbene, possiamo escluderlo. Fino al 1867 Castel d'Ario si chiamava più prosaicamente Castellaro (in mantovano Castlàr). Il sindaco Luigi Boldrini chiese a Giosuè Carducci, suo amico, di trovare una denominazione poetica per il borgo lombardo, qualcosa che facesse sognare. Ecco che il poeta, autore degli eroici versi "Vino e ferro vogl'io, come a' begli anni...", trasse spunto dalle tradizioni locali che volevano il paesino fondato da un centurione chiamato Ario (o Dario). Nacque così Castel d'Ario, che nulla ha a che fare con l'eresiarca alessandrino o con i Dualisti medievali - pure molto numerosi in quelle terre.

ARIANO, ARRIANO, ARIÀN

Nel Vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini è riportata la voce ariàn per indicare il bestemmiatore, nella locuzione "bestemmà come on ariàn", facente rima con "bestemmà come on can". Questo vocabolo non era sconosciuto all'italiano, nelle forme ariano e arriano. Anche in alcuni dialetti piemontesi se ne trovava traccia. 

L'origine del termine è dal nome del prete alessandrino Ario (256 - 336 d.C.), che negava la consustanzialità del Figlio rispetto al Padre, ritenendolo invece una sua creatura. Ario diede origine alla Chiesa Ariana, che si diffuse soprattutto tra i popoli di lingua germanica, come Ostrogoti, Visigoti, Vandali, Eruli, Burgundi e Longobardi. 

In passato era molto diffusa l'idea che non esistesse differenza tra opinioni eterodosse e parole blasfeme, e ancora oggi si sente a volte usare la parola eresia con il senso di 'bestemmia' o di 'sproposito'.  

Ci si potrebbe chiedere come mai fino a non molto tempo fa persistessero ricordi dei seguaci di Ario in Italia. La risposta a questo interrogativo è semplice: non si tratta di una denominazione conservata ininterrottamente dai tempi della Chiesa Ariana, ma di una sua reintroduzione avvenuta nel XI secolo per designare i Protocatari. Come riporta Duvernoy, la prima attestazione sicura di questo termine attribuito a dissidenti dualisti è molto precoce, addirittura del 1048. In una lettera del Vescovo Vasone di Liegi al Vescovo di Châlons si parla esplicitamente di eresia ariana con riferimento al rifiuto di certi eretici di uccidere animali per cibarsene. Il Legato Enrico di Marsiac nel 1178 affermò che "Ario è risorto in Occidente"

In epoca successiva ricorre specialmente in Francia la denominazione Ariani o Arriani, applicata specificamente ai Buoni Uomini e ai loro Credenti. Ad esempio Bernardo di Chiaravalle nel XII secolo scrisse della presenza di una setta a Tolosa, i cui membri erano da lui chiamati Ariani. Il fatto che egli li definisse anche Tessitori è prova sicura che fossero Catari. A dire il vero, il Duvernoy sostiene che il termine sarebbe stato usato soprattutto dai Cistercensi, ritenendolo quasi esclusivo della Francia, cosa quest'ultima che forse è un po' esagerata, dato il perdurare di suoi residui cristallizzati in Italia almeno fino al secolo XIX. Una simile imprecisione nell'opera dello studioso francese la trovo a dir poco singolare.  

Occorre fare a questo punto qualche precisazione. La dottrina di Ario, l'Arianesimo, non è dualista. Tecnicamente parlando non è nemmeno antitrinitaria: ammette la Trinità, ma anziché ritenerla composta da persone uguali e distinte come fa la dottrina della Chiesa Romana, ritiene che il Padre sia distinto dal Figlio e dallo Spirito Santo e che ne sia il Creatore. Così Ario afferma che c'era un tempo in cui esisteva unicamente il Padre. La creazione delle altre persone della Trinità sarebbe quindi avvenuta tramite il meccanismo platonico delle emanazioni.

I Buoni Uomini professavano parimenti la creaturalità di Cristo, che divenne Figlio di Dio essendo in origine un angelo, ma per il resto non esiste nulla in comune con gli insegnamenti della Chiesa Ariana. I seguaci di Ario credevano nell'Incarnazione e ritenevano che esistesse un solo Principio, il Dio unico che al pari dei Niceni credevano essere il Creatore del Cielo e della Terra. Chiamare Ariani i Catari è quindi frutto non solo di un malinteso, ma della scarsa preparazione dei teologi della Chiesa di Roma nel XI secolo. 

Va infine notato che i termini Ariani e Arianesimo qui discussi non hanno nulla a che fare con le dottrine razziali di Adolf Hitler. In tale accezione il termine Ariani deriva invece dalla parola sanscrita ārya, che significa 'di stirpe nobile'. Trovo necessario specificarlo, perché mi è capitato di udire una persona usare in modo improprio la parola Arianesimo con riferimento al colore chiaro dei capelli, facendo un commento sui bambini-zombie del film Il villaggio dei dannati (Wolf Rilla, 1960). Non aveva neppure idea dell'esistenza di un significato diverso.

MANI, MANICHEO, MANICHEISMO

Il significato più comune della parola manicheismo di questi tempi è quello di "ideologia, teoria, dottrina che ponga in netto contrasto il bene e il male" (fonte: Il Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana). Per estensione, il manicheo è "chi accentua le differenze di opinioni, teorie, posizioni, ecc., ritenendole inconciliabili". Secondo il dizionario di Wikipedia, la definizione è una persona che "vede il mondo o bianco o nero e non percepisce una zona grigia". Questa in sintesi l'accezione dei vocaboli in questione nel mondo moderno. 

Tempo fa ho trovato persino un blog in Splinder (ora estinto), manicheo.splinder.com, che era gestito da un personaggio da caricatura. Costui si presentava come Nero-Bianco e apponeva ad ogni cosa una netta etichetta: "bene" o "male". Così riteneva Sartre, Prevert e Kerouac "male", e per colmo del paradosso venerava Ratzinger e il Vaticano, definendoli "bene" - con tutto quello che la Chiesa Romana ha fatto ai veri Manichei. In giorni più recenti, un amico ha protestato in un suo post contro il "manicheismo da stadio" che a sua detta affliggerebbe questa nazione. 

Anche senza arrivare a simili grotteschi estremi, non ci sono dubbi che in questo mondo moderno termini come manicheo e manicheismo siano molto impopolari, quasi capri espiatori dell'assurda condizione in cui siamo costretti a vegetare. Vediamo quindi di recuperare la corretta etimologia di queste parole, a pubblica edificazione. 

Il termine manicheo non proviene da manica e nemmeno da manichino, come qualche individuo faceto ed irriverente osa talvolta supporre, bensì dal nome di Mani, fondatore di una forma di Dualismo Anticosmico che ebbe vasta diffusione a partire dal III secolo d.C., irradiandosi dalla Persia fino in Britannia, in Spagna, in Africa, in India, in Cina e persino in Siberia. 

Il Profeta Mani era chiamato Mar Mani, dove l'epiteto Mar significa "Signore". In Aramaico, era noto come Mani Hayya, ossia "Mani il Vivente", donde è derivato proprio il Greco Manichaios, dato in prestito al Latino come Manichaeus. Le varianti attestate sono numerose: in Greco troviamo anche Manys, genitivo Manytos o Manentos, mentre in Latino è molto comune Manes, genitivo Manetis

Molti fanno correttamente notare che non esiste una derivazione diretta del Catarismo dal Manicheismo, e che i Buoni Uomini sono andati al rogo accusati di essere Manichei, pur senza aver mai sentito nominare Mani. Eppure la Dottrina dei Buoni Uomini è ancora più radicale di quella di Mani, attribuendo al Male anche la creazione degli astri. In realtà non esiste contraddizione: il Catarismo trae la sua vera origine nei Vangeli, letti nella corretta esegesi radicale, e questa stessa esegesi è anche il fondamento primo della religione di Mani.  

Ritengo scorretto il significato corrente di manicheo e manicheismo, parole che devono essere riportate alla loro corretta origine. Così si deve intendere manicheo soltanto come: 

1) Un seguace della Religione di Mani;
2) Un Cristiano Dualista, ossia un Marcionita, un Bogomilo, un Pauliciano, un Cataro. 


È bene ricordare che nella nostra accezione i Cristiani Dualisti sono i soli Veri Cristiani. Questo indipendentemente dall'origine filogenetica e dal percorso storico della religione professata.

lunedì 12 agosto 2019

BOGOMIL, L'AMICO DI DIO

Il nome Bogomil significa 'Amico di Dio' ed è la traduzione slava del greco Philos Theou. Si noti come la locuzione Philos Theou sia completamente diversa dal nome Theophilos, che significa invece 'Amato da Dio': nel secondo caso l'uomo che porta il nome è oggetto dell'Amore Divino. 

Cosma, il prete bulgaro che durante il regno dello Zar Pietro (927-969) scrisse un trattato contro i Dualisti di Bulgaria, faceva discendere il Movimento Bogomilo da un prete di nome Bogomil, il cui nome egli traduce erroneamente con Theophilos. Egli scrisse infatti empiamente che i Bogomili trassero il loro nome "da un prete chiamato Bogomil, ma in verità indegno della misericordia di Dio"

Come fa notare il Duvernoy, la radice mil- ha il significato di 'grazia' e 'misericordia' se unita al prefisso po-, tanto che Kyrie eleison è tradotto in slavone con Gospodi pomiloui. Tuttavia se usata senza il prefisso, tale radice ha significato di 'amore' e 'benevolenza'. L'espressione Philos Theou, corrispondente a Bogomil, compare nella Lettera di Giacomo, che rimanda a Isaia 41,8 nel parlare di Abramo (Giac 22,24). Eusebio di Cesarea la usa nel rivolgersi ai fedeli nell'atto di inaugurare la basilica di Tiro, verso il 315: Philoi Theou kai hiereis, ossia 'Amici di Dio e sacerdoti'.  

Anche in Origene se ne trovano interessanti menzioni. Questo dettaglio rimanda quindi al Cristianesimo più antico e non alle tradizioni sviluppatesi in epoca posteriore. Il titolo di Philos Theou è usato da Origene per indicare i Cercatori di Verità che riescono ad avere accesso a insegnamenti escatologici che non possono essere conosciute dai comuni fedeli, in quanto "Solo Dio le conosce e coloro che sono suoi amici grazie a Cristo e allo Spirito Santo". Questi dettagli possono ben rendere conto dell'origine del Catarismo dalla Linea degli Apostoli. 

Più che un nome dato a un bambino all'atto del battesimo di Giovanni, Bogomil sembra dunque essere un titolo religioso acquisito in età adulta. Se questo fosse provato, ignoreremmo il nome con cui il Pop Bogomil era noto prima di dedicarsi alla diffusione dell'Insegnamento. Il nome Amico di Dio era infatti attributo di ogni Buon Cristiano. 

In Occidente la locuzione Amici di Dio fu usata dai Catari. A Maurens-Scopont nell'Alta Garonna, nel 1225 una donna incontrò alcuni Buoni Uomini che non conosceva, e chiese loro chi fossero, e le fu risposto che essi erano Amici di Dio. Un'altra documentazione si ha nel Manoscritto di Tolosa, contenuto nel Registro d'Inquisizione del 1245-1253, in cui un imputato è accusato di aver creduto "che gli eretici fossero dei buoni uomini ed avessero una giusta credenza e fossero veritieri e amici di Dio". Questa formula notarile non faceva che registrare il linguaggio stesso dei Buoni Uomini, come confermato da altre testimonianze. 

Nel 1273 un Buon Uomo a Tolosa usò le seguenti parole nella sua opera missionaria: "Gli Amici di Dio, che la Chiesa Romana perseguita, si sobbarcano a grandi fatiche, fanno grandi penitenze e conducono una vita di austerità" (Ms. Doat, t. XXXV, f. 46v.). A Montaillou, all'inizio del XIV secolo, i Buoni Uomini erano definiti "Santi, Probi Viri, Amici di Dio, Signori". Alcuni anni dopo l'esecuzione di Guilhem Belibasta, l'ultimo Buon Uomo noto in Linguadoca, una donna fu bruciata sul rogo per aver detto che Peire Autier era un vero Amico di Dio. 

Con buona pace di coloro che negano la connessione tra Catarismo Occitano e Bogomilismo, fino alla fine visse nel Sabarthès un epiteto che è l'esatta traduzione di Bogomil. Questo perché il Catarismo non è una Chiesa Nazionale originatasi nella regione pirenaica, come tuttora qualcuno si ostina a credere, ma in buona sostanza Bogomilismo d'Occidente. 

La locuzione Amici di Dio non deve comunque trarre in inganno e ingenerare confusioni, in quanto fu in seguito usata in ambiti che non hanno alcuna connessione con il significato che aveva assunto in contesto dualista. Si chiamarono Amici di Dio persino le comunità religiose che in Svizzera e in Germania nel XIV seguirono gli insegnamenti mistici dei Domenicani tedeschi come Meister Eckhart. Persino Josemaría Escrivá De Balaguer, fondatore dell'Opus Dei, scrisse un'opera intitolata Amici di Dio.

Lo scrittore di fantascienza Philip K. Dick nel suo romanzo Valis ha descritto una comunità i cui membri si definiscono Amici di Dio. Questi non hanno nulla a che vedere con i Buoni Uomini, trattandosi di deliranti tossicomani californiani convinti di essere in realtà ciclopi alieni sotto mentite spoglie umane. 

ETIMOLOGIA DI PATARINO

In origine si indicava con il termine patarino un seguace della Pataria milanese, movimento pauperista del XI secolo che predicava la lotta contro gli ecclesiastici corrotti e simoniaci. Eroi che guidarono questa rivoluzione furono Arialdo di Carimate e Landolfo Cotta, nobiluomini discendenti dei Longobardi. 

Alcuni autori sostengono che la Pataria traesse il suo nome dal milanese pattée 'cenciaiolo', 'rigattiere' (cfr. italiano patta, in origine 'cencio', dal longobardo paita 'veste'). Altri ancora scrivono che la stessa parola milanese pattée indicasse invece le discariche di rifiuti (cfr. italiano pattume, pattumiera): nei pressi di quei luoghi si sarebbero adunati i Patarini rivoltosi. Difficile non vedere in queste associazioni ai cenci o ai rifiuti un intento di scherno e di denigrazione da parte del clero ben pasciuto e abusivo.

Tuttavia nei secoli XII-XIII si diffuse ampiamente una nuova accezione del termine, tanto che patarino (variante paterino) divenne semplicemente sinonimo di cataro. In un primo tempo la parola avrebbe indicato anche altri eretici, come ad esempio i Valdesi e gli Umiliati, per poi passare a designare soltanto i dissidenti dualisti. Le ipotesi sono ancora una volta molteplici. Qualcuno pensa che i Catari fossero detti Patarini per semplice assonanza con la più antica Pataria. Una variante Patari è ben documentata, ma non è certo se si pronunciasse Pàtari o piuttosto Patàri - in opposizione a Càtari, Gàzari che ha sempre l'accento sulla prima sillaba. Per altri questa denominazione deriverebbe da personaggi storici connessi con il Catarismo. Mi sono imbattuto in due ipotesi: o un fantomatico Filippo Pateron, o il nobile Roberto Patta di Giussano (vissuto in pieno XIII secolo). A mio avviso si tratta di favole. Se il Pateron non è un parto di fantasia, dovette guadagnarsi il soprannome per via dell'abitudine di recitare di continuo il Pater (vedi sotto). Per quanto riguarda il nobile giussanese Patta, sembra che portasse un epiteto di scherno, come se girasse coperto di cenci o fosse incline a estrarre con troppa facilità i genitali dai calzoni.

L'etimologia più probabile della parola patarino è invece un'altra. I Patarini sarebbero stati chiamati così perché l'unica preghiera che ammettevano era il Pater: rifiutavano ogni altra invocazione usata dai fedeli della Chiesa Romana. È nota una variante slava Patereni si trova anche in Bosnia per indicare i Catari balcanici, i Bogomili. A riprova di questo, faccio notare qualcosa che a dispetto dell'apparenza banale potrebbe avere una certa importanza: non mi risulta che il Catarismo sia mai stato chiamato Pataria. Questo nonostante l'opinione sostenuta dal Feedback di Google, che reputa Pataria un recente derivato astratto in -ia (cfr. magia, porcheria, etc.) costruito a partire da patarino

Nel Morgante Maggiore di Luigi Pulci (1432 - 1484) troviamo un saraceno apostrofato come marran rinnegato paterino (Cantare ventesimosettimo, 8), segno che la parola aveva subìto uno slittamento semantico passando a significare 'empio, irreligioso'. Nel XVIII secolo in Toscana si usava ancora paterino come sinonimo di 'furfante, briccone, birbaccione'.

ALCUNE PRECISAZIONI SULL'ETIMOLOGIA DI CATARO

Il termine catharus (dal greco katharos 'puro') è un epiteto già in uso con riferimento agli antichi Manichei e anche agli Orfici, chiamati Cathari o Catharistae. Si pensa che la parola sia stata usata dai teologi della Chiesa di Roma principalmente per questo motivo. I Catari chiamavano se stessi in vari modi: Buoni Uomini, Amici di Dio, Buoni Cristiani, Veri Cristiani. In particolare si nota che Amico di Dio è la traduzione letterale di Bogomil, a sua volta traduzione slava del greco Philos Theou. Nei testi di autori catari non si trova mai la parola cataro (forse esiste una singola eccezione scoperta di recente, ma non ho potuto averne conferma).

Innanzitutto dico qualcosa sulla corretta pronuncia della parola cataro, perché troppe volte mi sono imbattuto in persone che la ignorano. L'accento, come dovrebbe essere chiaro anche dall'etimologia, cade sulla prima sillaba: càtaro, Càtari. Non bisogna mai, per nessun motivo, dire *catàro, *Catàri - anche se questo malcostume è diffuso.

Il termine Catarismo è un comodo neologismo formato tramite il produttivo suffisso -ismo: il vero nome della religione catara è Conoscenza del Bene, o anche semplicemente Bene. I Catari della Linguadoca dicevano Entendensa de Be (o Entendensa del Be). Sorprende la semantica di Entendensa, che potrebbe essere una perfetta traduzione in occitano del greco Gnosis 'Conoscenza'.

Tutto parrebbe chiaro. Restano però alcune questioni insolute, legate a forme popolari che sembrano derivate direttamente dal greco katharos, senza mediazione latina. 

In Italia settentrionale i Catari erano chiamati Gàzari. La -z-, che è sonora, indicherebbe una tarda pronuncia bizantina, e starebbe a provare un'origine orientale diretta del termine. Questa denominazione persiste tuttora in alcuni dialetti piemontesi come gàser 'mago, marito della strega'.

In tedesco si hanno le forme Ketzer 'eretico' e Ketzerei 'eresia', chiaramente derivate da Cathari. È interessante notare a questo punto un altro problema. La -th- potrebbe essere divenuta -tz- (sorda) per pronuncia bizantina e la forma essere recente. Potrebbe però darsi che -th-, divenuta un'occlusiva dentale -t-, si sia poi regolarmente evoluta in -tz- a causa della seconda rotazione consonantica, un mutamento regolare che ha colpito l'Alto Tedesco, agendo tra l'altro su molti prestiti dal latino ecclesiastico. In questo caso la parola sarebbe abbastanza antica. A conferma di questo c'è il vocalismo: la presenza dell'Umlaut palatale che trasforma la -a- in -e-. Così Cathari deve essere la forma originaria, plurale ma usata poi anche come singolare, donde l'Umlaut che altrimenti non si potrebbe spiegare in alcun modo. 

Infine va menzionata un'etimologia falsa e infamante, che purtroppo trova ancora sostenitori. Il teologo cattolico Alano di Lilla suppose un'origine dal latino catus 'gatto', accusando i Catari di baciare il posteriore di un felino nel corso di fantomatici riti orgiastici. Tutto ciò è una pura e semplice calunnia: i Buoni Uomini avevano come regola la castità assoluta. La pseudoetimologia da catus è parte di un apparato ideologico e denigratorio micidiale, già visto all'opera in molte occasioni nel corso dei secoli. Va riportato che alcuni studiosi francesi ancora di recente hanno sostenuto la suddetta analisi fallace. Tra questi Duvernoy e Roquebert. Roquebert è ostile al Catarismo, e la cosa non deve stupire.

sabato 10 agosto 2019


LA RELIGIONE DEI CATARI
FEDE - DOTTRINE - RITI 

Autore: Jean Duvernoy
Titolo originale: La religion des cathares : le catharisme
Anno: 1976 
Lingua originale: Francese 

Edizione italiana: 2000 Editore: Edizioni Mediterranee
Collana: Pentagramma
Codice ISBN-10: 8827213724
Codice ISBN-13: 978-8827213728
Tematiche: Catarismo, Cristianesimo, religione, dissidenza
      religiosa, storia
Pagine: 352 pp.
Formato: Illustrato, 17 x 24
Illustrazioni: 4 tavole fuori testo
Traduzione in italiano: Adriano Lanza


Risvolto:
Molto noto al grande pubblico, grazie a una copiosa letteratura di divulgazione sull'argomento, il catarismo ha beneficiato negli ultimi anni di considerevoli lavori eruditi che ne hanno interamente rinnovato lo studio.
Tra questi, il presente libro, incentrato sulla dottrina e sulla religione dei catari, costituisce una sintesi accessibile a tutti e nello stesso tempo un'analisi scientifica dell'importante dottrina eretica diffusasi in Europa dall'XI secolo in poi.
L'Autore, collegando le fonti letterarie portate alla luce dai migliori studi critici recenti con le testimonianze desunte dai grandi registri dell'Inquisizione, in gran parte inediti, presenta il catarismo come una religione vivente, radicata nel contesto sociale dell'epoca e nella mentalità della gente di cui ha così duramente segnato il destino.
Ridimensionato entro i confini d'Europa, attraverso i paralleli con le fonti slave e bizantine, il fenomeno cataro viene approfondito all'interno della cornice storica delle sue origini, non lontane da quelle del cristianesimo. 


Le ipotesi di Duvernoy contribuiscono in tal modo a separare e a distinguere il catarismo dal manicheismo, dallo gnosticismo e dal paulicianesimo, cui sovente è stato legato, e aprono le porte ad uno stimolante e fruttuoso confronto.

Sinossi (da www.ibs.it)
È il primo lavoro complessivo sui Catari che utilizza i testi originali, scoperti e pubblicati dagli anni Quaranta in poi, dissolvendo così il luogo comune tradizionale di una religione misteriosa, cancellata dalla storia, che può essere ricostruita solo con difficoltà. L'opera affronta il dogma, la liturgia, il culto e l'ecclesiologia della religione catara e ne dimostra il carattere indubitabilmente unitario.

L'autore: 
Laureato in Legge e in Lettere si è dedicato per oltre vent'anni allo studio delle origini storiche delle eresie medievali e dell'Inquisizione. È autore di libri riguardanti le Cronache del Medioevo e l'Inquisizione; ha pubblicato numerosi articoli apparsi in riviste e negli atti di convegni organizzati in Europa sui temi da lui approfonditi. Nel 1988 è stato nominato responsabile dell'Académie des Jeux Floraux. È deceduto nel 2010.  

Struttura: 
Riporto qui l'indice del volume di Jean Duvernoy, sperando di invogliare i navigatori interessati all'argomento a procurarsene una copia e ad immergersi nella sua lettura.  

INDICE
PREFAZIONE di Francesco Zambon
PREMESSA il Catarismo

PARTE PRIMA: IL DOGMA 

INTRODUZIONE

Capitolo I: LE FONTI DELLA FEDE
1. L'ANTICO TESTAMENTO
2. IL NUOVO TESTAMENTO
3. GLI APOCRIFI
  3.1. La Visione d'Isaia
  3.2. La Cena Segreta
  3.3. Il Vangelo dei Nazarei
4. I MITI
5. LA LETTERATURA POLEMICA

Capitolo II: IL DUALISMO
1. I DUE PRINCIPI
  1.1. La teologia del Principio buono
  1.2. La teologia del Principio malvagio
    1.2.1. Contraddizione col Vangelo
    1.2.2. Un dio incostante, crudele e mentitore
  1.3. La creazione buona
  1.4. La creazione cattiva
    1.4.1. Il mondo visibile
    1.4.2. La cattiva creazione e il niente 

Capitolo III: COSMOLOGIA E MESCOLANZA
   1. LA PRIMA PERTURBAZIONE
   2. LA SECONDA PERTURBAZIONE
   3. LA CADUTA E LA CREAZIONE DELL'UOMO
     3.1. Il primo mito della creazione dell'uomo
     3.2. Il secondo mito della creazione dell'uomo
   4. IL COMPOSTO UMANO
     4.1. Il corpo carnale
     4.2. L'anima
     4.3. Lo spirito
   5. LIBERO ARBITRIO E ORIGINE DEL MALE
     5.1. La negazione del libero arbitrio
     5.2. La responsabilità della Caduta
  6. L'ORIGINE DELLA VEGETAZIONE


APPENDICE I: Variazioni sul tema della Caduta
  1. L'ALBIGEISMO-ALBANISMO
  2. LA SCUOLA DELLA BOSNIA
  3. LA CADUTA PER I MODERATI ITALIANI 

Capitolo IV: LA RIVELAZIONE
  1. LA CRISTOLOGIA
    1.1. "Colui che si chiamava Giovanni"
    1.2. Natura del Figlio
    1.3. Discesa in questo mondo e kenosi: la parabola del 
           pellicano
    1.4. L'adombramento
    1.5. Il docetismo
    1.6. I miracoli
    1.7. La Passione
  2. LA RIVELAZIONE E GLI APOSTOLI
    2.1. Giovanni Battista, Maria e Giovanni evangelista
    2.2. Gli Apostoli e lo Spirito Santo
    2.3. Il messaggio 


Capitolo V: L'ESCATOLOGIA
  1. LA METEMPSICOSI
    1.1. Esposizione e parabola del cavallo
    1.2. Reincarnazione e meriti
  2. LA SALVEZZA
    2.1. Il matrimonio spirituale
    2.2. L'anima gloriosa
    2.3. Il paradiso della "nuova terra"
  3. FINE DEI TEMPI E APOCATASTASI
    3.1. Il Giudizio è già avvenuto
    3.2. La risurrezione
    3.3. La distruzione del mondo malvagio
    3.4. L'apocatastasi


Capitolo VI: GLI SCISMI
  1. LA SCUOLA DI CONCOREZZO
  2. LA SCUOLA DI BAGNOLO
  3. GIOVANNI DI LUGIO
  4. DESIDERIO
  Appendice II: Le autorità a sostegno dell'esegesi catara
  Appendice III: L'informazione introduttiva di Moneta

PARTE SECONDA: LA LITURGIA E LA CHIESA CATARA 

Capitolo I: IL BATTESIMO
  1. IL BATTESIMO DEI PERFETTI
    1.1. Il noviziato
    1.2. La trasmissione della Preghiera
      1.2.1. La trasmissione del Libro
      1.2.2. La catechesi
      1.2.3. La trasmissione vera e propria della Preghiera
    1.3. Il Consolamentum
       1.3.1. Il celebrante
       1.3.2. I voti
       1.3.3. La catechesi
       1.3.4. Il rito
   2. IL BATTESIMO DEI MORENTI
     2.1. Il patto o convenenza
     2.2. Il rito
     2.3. Il ministro
     2.4. L'"endura" 

Capitolo II: LA REGOLA DI GIUSTIZIA E VERITA'
   1. L'ASTINENZA
     1.1. L'alimentazione carnea
     1.2. Il vino
     1.3. Le quaresime e i giorni
     1.4. L'osservanza
  2. LA CONTINENZA
     2.1. La motivazione
     2.2. La teoria e la pratica
  3. LA PREGHIERA
     3.1. Le Ore
     3.2. Il Pater
     3.3. La preghiera di Giovanni Maury
 4. LA VERITA'
    4.1. Il giuramento
    4.2. La menzogna
 5. TU NON UCCIDERAI
 6. "NON GIUDICATE"
    6.1. Il rifiuto del potere
    6.2. Il rifiuto della giustizia penale
    6.3. Il rifiuto della giustizia civile - L'arbitrato
  7. IL LAVORO
    7.1. Il precetto
    7.2. La pratica

Capitolo III: I RITI
 
1. IL SERVIZIO
    1.1. Il rituale
    1.2. La funzione penitenziale
  2. IL MELIORAMENTUM
    2.1. Il rito
    2.2. L'importanza
  3. IL BACIO DI PACE (Caretas)
  4. IL PANE DELLA SANTA PREGHIERA
     4.1. La forma
     4.2. La critica dell'eucaristia cattolica
     4.3. Il valore del Pane della Preghiera

Capitolo IV: LA PREDICAZIONE
   1. L'ESORTAZIONE
   2. LA SCRITTURA
   3. LA PREDICA 
Capitolo V: LA PERSECUZIONE
  1. L'ARCANO
  2. L'ARRESTO
  3. IL ROGO
  4. I DELATORI E I PERSECUTORI

Capitolo VI: LA CHIESA
  1. LA DEFEZIONE DALLA CHIESA DI ROMA
     1.1. La sua violazione del Vangelo
     1.2. La sua avidità
     1.3. La sua idolatria
     1.4. I suoi omicidi
     1.5. La sua corruzione
  2. LA CHIESA CATARA
    2.1. I credenti
    2.2. Ordinato, perfetto, consolato
    2.3. L'anziano
    2.4. Il diacono
    2.5. Il Vescovo e i suoi Figli
    2.6. Il papa
    2.7. Il concilio 

Capitolo VII: SOCIOLOGIA DEL CATARISMO
   1. L'ECONOMIA
     1.1. I beni temporali
        1.1.1. La comunanza dei beni
        1.1.2. I lasciti
        1.1.3. Il lavoro
        1.1.4. Le offerte e le taglie
        1.1.5. Gli intendenti (nuntii)
        1.1.6. Il tesoro
  2. LA MORALE
     2.1. Le calunnie
     2.2. I credenti
 3. LA SOVVERSIONE CATARA
    3.1. Il catarismo e le istituzioni
    3.2. L'origine rivoluzionaria del catarismo
    3.3. La donna

Capitolo VIII: CULTURA E CATARISMO
   1. LETTERATURA E SPIRITUALITA'
      1.1. La letteratura catara
      1.2. La spiritualità catara
      1.3. Il catarismo: una "religio"
  2. I TROVATORI
      2.1. La Linguadoca
      2.2. La Francia del Nord
      2.3. L'erotica cortese
 3. L'ARCHEOLOGIA
     3.1. Montségur
     3.2. I rifugi sotterranei e le grotte
     3.3. Le stele discoidali
     3.4. Le "stecci" della Bosnia-Erzegovina 


PARTE TERZA: ORIGINI E PARALLELI 

Capitolo I: I NOMI DEL CATARISMO
  1. I NOMI RIVENDICATI
     1.1. Poveri di Cristo
     1.2. Cristiani
     1.3. Amici di Dio
     1.4. "Bonshommes"
     1.5. Chiese, Barbe
  2. I NOMI DATI DAGLI AVVERSARI
     2.1. Ariani
     2.2. Catari
     2.3. Patarini
     2.4. Poplicani, Piphli, "telonarii"
     2.5. Tessitori
     2.6. Albigesi
     2.7. Bugri (Bulgari)

Capitolo II: LA FILIAZIONE STORICA
   1. I BOGOMILI
      1.1. La dogmatica
      1.2. Riti e Chiesa
      1.3. I nomi dei Bogomili
      1.4. Scuole catare e scuole bogomile
         1.4.1. La tesi italiana - Cronologia
         1.4.2. La tesi italiana - Dogmatica
         1.4.3. Le fonti non italiane - Cronologia
         1.4.4. Le fonti non italiane - La dogmatica
         1.4.5. Conclusione
  2. I CRISTIANI DI BOSNIA
      2.1. I dati storici
      2.2. La dogmatica
      2.3. Riti e Chiesa
  3. I PAULICIANI
      3.1. Dati storici e fonti
      3.2. Dogmatica
      3.3. Riti e Chiese
  4. I MESSALIANI
  5. GIUDAISMO, ISLAM, MANICHEISMO, MANDEISMO  

Capitolo III: LA FILIAZIONE TIPOLOGICA
  1. I LUOGHI TOPICI DOTTRINALI
  2. I LUOGHI TOPICI RITUALI

CONCLUSIONE
INDICE DEI NOMI


Recensione:
Un'opera seminale, una vera e propria pietra miliare a cui fare riferimento. L'autore è esaustivo e rigoroso, non c'è un particolare anche minimo che sfugga alla sua trattazione. Quando si ha bisogno di controllare una fonte, di verificare qualcosa, il volume col serpente rossiccio sulla copertina nera è assolutamente indispensabile. C'è persino un indice di citazioni scritturali importanti usate dai Catari come argomenti per la dimostrazione delle dottrine dualiste in opposizione a quelle della Chiesa Romana. Si potrebbe produrre un ponderoso volume teologico discutendole una ad una. Certo, qualche interpretazione la ritengo un po' controversa (ad esempio l'origine stessa della parola "cataro"), ma la mole di evidenze riportate è notevole e le discussioni sono sempre di un livello eccellente. Tutto ciò che riguarda la ricchissima descrizione della dissidenza dualista medievale è riportato in modo minuzioso quanto puntuale, esatto come un verbale. Un altro grande pregio dell'opera è la dimostrazione del carattere unitario del Catarismo non solo da Oriente a Occidente, ma anche lungo l'intero arco della sua esistenza. La dottrina di Peire Autier e di Guilhem Belibasta (inizi XIV secolo) era pura e cristallina quanto quella dei loro predecessori del XIII e del XII secolo, non era affatto - come alcuni ancora sostengono - il risultato di un processo di involuzione o addirittura di degenerazione degli insegnamenti originari. Non posso però nascondere che ci sono gravi criticità nel testo. Per la precisione, i problemi sorgono nella Parte Terza, Origini e paralleli, quando l'autore si addentra in una selva oscura nel tentativo di appurare una volta per tutte quali siano le vere origini di questo enigmatico pensiero religioso. In particolare è preziosa la descrizione della dogmatica del Bogomilismo, mentre è assai discutibile il capitolo sulla filiazione tipologica del Catarismo. Nella sua prefazione all'opera di Duvernoy, il professor Francesco Zambon rimarca a questo proposito alcuni punti molto delicati e cruciali, che riporto in questa sede esercitando il diritto alla citazione:

"Ma, oltre a fornire l'esposizione più completa e aggiornata della dottrina e della liturgia catare, il libro di Duvernoy apre anche nuove piste di ricerca sulle loro origini, sulla loro evoluzione e sulla loro natura essenziale. Scartando la tesi di una derivazione dal marcionismo o da altri movimenti gnostici e riprendendo una proposta di Marcel Dando, Duvernoy pensa di poter individuare la matrice ideologica del catarismo nella tradizione origenista, cioè in quella corrente del pensiero cristiano dei primi secoli che si ispira alle dottrine di Origene ed ha alcuni fra i suoi maggiori esponenti in Gregorio Nisseno, Basilio, Ambrogio."

E ancora: 

"Più precisamente, il catarismo sarebbe riconducibile a quel monachesimo basiliano che fu condannato da Giustiniano nel 553. Sarebbe questa la ragione degli aspetti monastici che molti studiosi hanno osservato nell'eresia catara, specie per quanto riguarda i riti d'iniziazione e l'ascesi. Negli ambienti basiliani si sarebbero a poco a poco formati, attraverso una oscura gestazione durata parecchi secoli e della quale non sappiamo quasi nulla, sia il bogomilismo balcanico sia il catarismo dell'Europa occidentale."  

Si giunge quindi a quello che è un punto dolente in cui è insito un pericolo gravissimo: 

"Il dualismo - che a partire dai polemisti cattolici del Medioevo è sempre stato considerato il nucleo dottrinale dell'eresia, magari allo scopo di ricondurla al modello manicheo - rappresenterebbe dunque soltanto uno sviluppo secondario della teologia bogomila e catara, risultato - come scrive Duvernoy - "di una elaborazione razionale spontanea": il che conduce peraltro anche a una rivalutazione della ricerca esegetica e filosofica di questi eretici, sulla scia di studiosi come Dondaine e Nelli."  

A volte ho l'impressione che l'autore francese, nel tentativo di indagare le origini del Catarismo, si sia perso in un ginepraio di nessi multilaterali e di convergenze spesso soltanto apparenti, tralasciando cose essenziali e scambiando per essenziali meri accidenti. A volte la confusione è definitoria, come quando ritiene che l'identificazione della Creazione materiale col Nulla non sia distante dall'absentia boni di Agostino d'Ippona. Se da una parte concordo appieno sul fatto che il Catarismo non possa essere ritenuto una filiazione diretta del Manicheismo, dello Gnosticismo o del Marcionismo, dall'altra rifiuto in modo netto le tesi di un'origine da fermenti origenisti all'interno del monachesimo basiliano. Il Diavolo stesso ha insufflato il suo fumo per ottenere il massimo danno, e lo ha fatto in un modo che difficilmente si sarebbe potuto immaginare. Questo errore primario è da ricercarsi nell'idea secondo cui un elemento costitutivo come il Dualismo ontologico sarebbe invece un prodotto accidentale di un'evoluzione spontanea a partire da un corpo monista. Ecco individuato il vulnus, il tarlo satanico che si è fatto strada nell'edificio accademico per dare poi frutti spaventosi. Si sa sempre da dove si inizia, ma non si riesce a prevedere dove si finirà. Così nella prima fase del processo il Dualismo è stato ridotto a uno sviluppo secondario. Credo che ciò sia stato fatto da Duvernoy e da altri, di certo in buona fede e senza malizia. Poi qualcuno si è appigliato a questa idea per negare l'esistenza stessa del Dualismo - una tendenza che mi pare di ravvisare già in Anne Brenon, tanto per fare un esempio. Infine sono arrivati veri e propri decostruzionisti come Alessia Trivellone, Monique Zerner, Robert I. Moore, Uwe Brunn, Mark G. Pegg et alteri, che negano spudoratamente l'esistenza stessa dei Catari e del Catarismo. A questo punto l'odore di zolfo è talmente forte da permettere di risalire al responsabile ultimo di questo scempio.   

Altre recensioni e reazioni nel Web

Nonostante la mia avversione per i media tradizionali, riporto alcuni estratti significativi di una recensione ad opera di Claudia Gualdana, intitolata Niente sesso, beni in comune: la sfida persa dei catari, comparsa sul Corriere nel 2001 e recuperata tramite Google: 


"Ogni epoca produce i ribelli che merita. Se sono i valori legati al denaro a trionfare su tutti gli altri, non ci si deve meravigliare che le ribellioni divengano inconsistenti, perché alla fine sono incantate dalle stesse sirene che mostrano di combattere. Non a caso i ribelli più radicali si perdono nelle nebbie del passato, e del medioevo in particolare. Occorre ritornare in questa epoca per trovare quelli che desideravano rovesciare il mondo in nome della fede."

"La loro regola era severa: si sottomettevano a digiuni estenuanti e rifiutavano l'alimentazione carnea; sostituirono il battesimo tradizionale con l'imposizione delle mani e concepirono un'originalissima liturgia in volgare." 

Essere accusati di "follia dogmatica" è tutto sommato irrilevante, visto che poi la dottrina viene comunque esposta per sommi capi e divulgata: 

"Tanto rigore non fu però immune da stravaganze reincarnazionistiche e toni apocalittici. È infatti la concezione dell'esistenza a celare una follia dogmatica che avvelenò il corpo della comunità cristiana per quasi cinque secoli. Per i buoni cristiani la vita è la manifestazione dell'inferno: il mondo è opera di Satana, il principio del male, antagonista di Dio. Di qui discende la condanna del matrimonio, della maternità e di ogni contatto fra i due sessi. Per i catari la Chiesa, favorendo l'istituzione della famiglia, fa sua la parte di mezzana di Satana."  

Questa citazione è una perla: 

"Raimondo VI, conte di Tolosa, ebbe a dire: «Si vede bene che è il diavolo che ha fatto il mondo, poiché niente ci capita secondo i nostri desideri»." 

A quanto l'esperienza mi ha insegnato, molte rappresentanti del Gentil Sesso tendono a dimostrare una certa ostilità verso qualsiasi religione o altra dottrina che non attribuisca un valore positivo alla funzione procreativa e alla corporeità. Possiamo comprendere in questo ambito alcune dichiarazioni della giornalista, non proprio eulogistiche, che sono tuttavia temperate  da una certa ammirazione per la coerenza con cui i Martiri dualisti hanno vissuto la propria Fede, difendendola fino all'estremo sacrificio:

"La Chiesa ebbe la meglio su questi signori un po' torvi, che tanto le rimproveravano di proteggere il cammino dell'uomo in questo mondo. Né possiamo dispiacerci troppo della loro sconfitta: è sufficiente immaginare in quale apocalisse nichilista sarebbe sprofondato il cristianesimo, se avessero trionfato. Eppure la passione con cui costoro difesero idee tanto stravaganti ispira simpatia. Molti di loro finirono sul rogo. Seppero accettare la sorte con dignità, e talvolta mostrarono di non dispiacersi di morire. Avevano un pregio enorme: non amavano lamentarsi, né mai si lagnarono di essere perseguitati. Sapevano che il regno dei cieli non si guadagna a poco prezzo: e soprattutto che si trova altrove."

Dato che ha pubblicizzato "la Religione dei Catari" di Duvernoy, destando la curiosità di eventuali lettori, perdoniamo con facilità all'autrice della recensione certe affermazioni stravaganti e poco favorevoli al Catarismo, così come la sua scarsa capacità di distinguere tra Credenti e Consolati. 

Bello questo intervento, scritto da Alessandro nel 2015 e comparso sul sito www.ilgiardinodeilibri.it:

"Potessi dare più di 5 stelle a questo meraviglioso libro, le darei alla velocità della luce, ma il software non me lo permette. E' poderosamente un tomo che chiarifica, al di là delle mere mitologie romanzesche fiorite nel corso di questi ultimi anni, la fede, i riti, le idee e la vita quotidiana delle comunità catare. Si capisce bene quale travaglio geografico abbiano dovuto compiere le incredibili credenze dualiste, nate fra i Bogomili e poi giunte nella Francia meridionale. Interessante la parte dottrinale, con la differenziazione fra dualisti moderati e assoluti. Vi consiglio di leggerlo assieme alla fondamentale opera dello Zambon, dal titolo "La Cena Segreta", edito dai tipi di Adelphi."