domenica 22 marzo 2020

UNA LINGUA NON IDENTIFICABILE

Tornando a casa, per le vie di Seregno mi sono imbattuto in una donna che parlava senza sosta al cellulare in una lingua sconosciuta e del tutto impenetrabile. Era una persona di piccola statura e aveva i capelli biondissimi, direi che dall'aspetto sembrava proprio una giovane inglese. Un bambino procedeva davanti a lei in bicicletta, indossava un berretto rosa e aveva una faccia scialba. Più ascoltavo le parole della donna, più mi sembravano strane. Il punto è che quella non era affatto una lingua europea. Più in generale, direi che non si trattava una lingua ascrivibile ad alcun ceppo noto. La sonorità era bizzarra, a volte sembrava quasi di udire qualcosa a metà strada tra il francese e lo slavo, ma non sembrava che avesse suoni palatali. A quanto pare non aveva nemmeno una rotica. Ho distinto in modo nitido soltanto poche sillabe: la parola “bokùf” e un'uscita con un improbabile gruppo di consonanti, “-imdzki”. Tra l'altro quella sembrava essere l'unica occorrenza di una terminazione in “-ki”. A un certo punto la donna ha richiamato il figlio, che era andato troppo lontano con la bicicletta. Con mia grande sorpresa lo ha chiamato "Papi". Da dove diamine veniva quella strana bionda? Ho sentito in me un forte senso di disorientamento. Ero tentato di fermarla e di chiederle che lingua stava parlando, ma ho provato disagio e non l’ho fatto. 
 
Marco "Antares666" Moretti, marzo 2018 

mercoledì 18 marzo 2020

TURISTI EXTRATERRESTRI?

Sul treno per Seregno mi capitò di imbattermi in tre persone davvero singolari. Un giovane uomo con la barba corvina, una donna sua coetanea, forse sua moglie, e un anziano che aveva l'aspetto di un magherebino. I due giovani avevano invece sembianze tipicamente europee. La pelle dell'uomo attempato era però di una tonalità più scura della media, come se fosse molto abbronzato. Gli abiti del ragazzo erano strani: portava pantaloni corti di colore marrone scuro e di una foggia che non avevo mai visto prima. La ragazza era indistinguibile da una italiana media, quali se ne possono vedere in giro ogni santo giorno. I tre si esprimevano in una lingua incomprensibile che non sono riuscito a identificare, nonostante mi sia scervellato per capirci qualcosa. Nella loro fitta conversazione sono riuscito a isolare le seguenti parole, alcune delle quali ripetute più volte:

nan-diè
sho-bà
kagdòa
mulumìme-bobò
masìta
palète
itta-camicia
sittu-kolèke 
 
Uno di questi morfi mi sembra un chiaro prestito dall'italiano: camicia. Trovo difficile pensare che si tratti di una mera coincidenza. È stato aggiunto un prefisso itta- di cui non so specificare il senso, forse una specie di articolo o un pronome dimostrativo. Il morfo sittu-kolèke potrebbe contenere un prestito dall'italiano "collega", ma non ne sono affatto sicuro. Il prefisso sittu- deve essere affine a itta-, forse una forma declinata.

In che lingua parlavano i tre stranieri? Mi sono fatto una rapida quanto inconcludente mappatura mentale. 

Non si trattava di una lingua romanza. Non si trattava di una lingua germanica. Non si trattava di una lingua slava. Non si trattava di una lingua baltica. Non si trattava di una lingua celtica. Non si trattava di una lingua uralica. Non si trattava di una lingua altaica. Non si trattava di basco. Non si trattava di una lingua nord caucasica. Non si trattava di una lingua kartvelica. Non si trattava di una lingua semitica. Non si trattava di una lingua berbera. Non si trattava di una lingua iranica. Non si trattava di una lingua indiana. I tre non erano Rom e la loro lingua non era una varietà di romani e neppure di para-romani.
Sorge una domanda: che diavolo di lingua era?

Marco "Antares666" Moretti, luglio 2015

domenica 15 marzo 2020

IL TELEPATE

A volte, durante i miei quotidiani viaggi in treno verso il luogo di schiavitù salariata, mi imbatto in un individuo alquanto singolare. Nella maggior parte dei casi lo trovo la mattina presto andando verso Milano sul treno che proviene da Biasca, anche se qualche volta lo incrocio mentre mi dirigo verso Seregno dopo una defatigante giornata di lavoro. È un uomo maturo di statura molto bassa, con pochi capelli grigi, una bella pelata e baffetti esigui. Una fisionomia comune in Inghilterra, ma abbastanza inusuale in Italia. Il suo volto mi ricorda vagamente quello di Vittorio Sermonti, il noto e apprezzato dantista, ma il cranio ha una forma bombata davvero curiosa. Ha uno sguardo tremendo e di fuoco, con occhi chiari che sembrano di brace come quelli di Caronte. Ogni volta che lo vedo sono preso da un disagio insostenibile, e questo per una ragione molto semplice: so per certo che è un telepate. Riesce a scandagliare la mente di tutti i suoi vicini, scavando in profondità, leggendo i pensieri e dicifrando le emozioni. Il punto è che lo sento scavare nella mia anima come se usasse strumenti chirurgici, sono cosciente della reale esistenza dei suoi poteri perché li ho vissuti sulla mia pelle. Me ne sono accorto in occasione di una giornata estiva particolarmente afosa. Una donna bionda e formosa era seduta davanti a me, proprio di fianco al telepate. Guardando le gambe e i piedi di quella bellezza statuaria mi sono messo a fantasticare e ho pensato di strusciarle il fallo sulla pelle di tutto il suo corpo fino ad avere un'eiaculazione. Gli occhi dell'uomo simile a un piccolo Caronte mi hanno incenerito: poteva vedere nella mente ogni mia azione immaginaria e disapprovava fortemente tali fantasie. Mentre nella fantasia il mio fallo accarezzava il volto della maliarda, passandole prima sulle guance, poi sotto il naso, sulle labbra e cominciando quindi ad eruttare il seme, sono stato assalito da una sensazione difficile a definirsi, come una fitta, una scossa, in ogni caso qualcosa di molto fastidioso. Allora ho visto che il telepate mi fissava, pieno d'ira. La sua ostilità era totale, pur rimanendo egli immobile. Sembrava quasi che mi accusasse di aver commesso un atto di violenza! La donna non si è accorta di nulla: sonnecchiava beata senza nemmeno sapere cosa stava accadendo. Ho subito cambiato scompartimento e da allora ho deciso di oppormi ai tentacoli telepatici di quell'essere alieno, rifuggendolo. Non so chi o cosa sia, ma di certo non è un terrestre. Non è l'unico caso di individuo telepatico in cui mi sono imbattuto, ma devo dire che nel corso della mia esistenza ben poche cose sono state per me altrettanto spiacevoli.

Marco "Antares666" Moretti, gennaio 2017

giovedì 12 marzo 2020

DUE INDIANI UN PO' TROPPO GROTTESCHI

Oggi sul treno c'erano due uomini bizzarri e molto scuri di pelle, che sembravano genti dell'India. Avevano addosso un odore stranissimo, intenso, vagamente simile a quello del curry ma nauseabondo; i loro tratti somatici erano marcati, quasi caricaturali. La cosa che mi ha più colpito è che parlavano una lingua che non sono riuscito a identificare. Uno di loro, che era a dir poco obeso, ripeteva di continuo frasi con le seguenti parole: "IKSOS STAIR", "IKSOS SATAIR", "IKSOS SATRA". Qualcosa mi diceva che non erano di questo pianeta. Un pensiero è balenato in me nell'Antica Lingua. Sono uomini della specie che chiamo "TEDHAAR". Probabilmente sono giunti sulla Terra da DZAMBRA o da qualche pianeta di quel tipo. Un pensiero forte, netto, chiarissimo quanto inspiegabile, che nessuno potrà mai cancellare dalla mia memoria. 

Si potrà dire che si trattava semplicemente di cittadini dell'India, terrestri a tutti gli effetti. La lingua sarà stata una delle tante parlate nel Subcontinente, indoeuropea, dravidica o munda. Il problema è che la sonorità dell'eloquio di quegli uomini era chiara, tanto che coglievo le parole distintamente. Non presentavano suoni aspirati e retroflessi tipici delle lingue indiane. In ogni caso il TEDHAAR obeso mi sembrava un idiota. Continuava a fissare uno scontrino che teneva in mano, additando il prezzo e ripetendo sempre quelle stesse parole che evidentemente erano numerali. L'altro cercava di spiegargli qualcosa, anche se non ci riusciva. Il quoziente intellettivo di quegli individui mi sembrava minimo. A Sesto San Giovanni sono scesi dal treno e non li ho mai più rivisti. Per fortuna, non mi hanno fatto una bella impressione. In ogni caso, non è la prima volta che vedo elementi estranei a questo pianeta andarsene in giro allegramente per Milano e per l'hinterland come se nulla fosse. 

Marco "Antares666" Moretti, ottobre 2012

martedì 10 marzo 2020

IL NOBILUOMO E LA NEVE DELLA MORTE

Una giornata di sole, il cielo sereno e splendente nonostante sia inverno, senza nemmeno l'ombra di una nube. Sono a Milano in Via Melchiorre Gioia, appena uscito dal bar dove ho consumato un pasto scadente durante la pausa pranzo, un input a malapena migliore dell'output. All'improvviso vedo sopraggiungere un uomo quale mai ho visto prima nel corso della mia esistenza. È longilineo, magrissimo e scattante, con la pelle chiara come se non avesse sangue nelle vene, o come se il suo sangue non avesse quasi emoglobina. Somiglia a Sting, il famoso cantante, ma è incredibilmente longilineo, gli occhi sono grigi tanto da sembrare fatti di ghiaccio, i capelli sono rossi come il fuoco o come una varietà metallica di carota. Mi accorgo subito che la fisionomia è del tutto inusuale, non ci si potrebbe imbattere in nulla di simile nel capoluogo lombardo, nemmeno per caso. I suoi abiti sono neri, la sua andatura è sostenuta, il suo portamento è altero, aristocratico. Capisco subito che il lui c'è una nobiltà che non ha mai potuto avere origine su questo pianeta. Forse potrebbe essere un inglese, certo, ma ha comunque qualcosa di diverso, di inesplicabile. Non posso razionalizzare una presenza così incongrua. Se in strada si vedesse un gruppo di uomini di quel tipo, si urlerebbe di certo per lo stupore. Già uno così sfiora quasi l'assurdo, un gruppo sarebbe qualcosa di impossibile, di troppo impensabile per essere reale. A un certo punto sento in me la sua essenza, come se fosse avvenuto un contatto telepatico. Tutto dura pochi istanti, eppure mi cambia la vita. Mi rendo conto che è come se lo avessi riconosciuto, nonostante l'alienità che separa le nostre rispettive condizioni. Un pensiero pulsa nella mia testa: "BONDA GAVALANT!" Quella lingua, che il genere umano ritiene ignota, in realtà la conosco bene. Siamo soltanto in due a parlarla in questo mondo infelice, io e un fraterno amico. Per questo la mia sorpresa è ancora più grande. "BONDA GAVALANT!" significa "NOBILUOMO DI GAVALAN!" L'uomo dai capelli fulvi e lucenti capisce all'istante che ho capito la sua origine. Ha captato i miei pensieri, li ha sentiti in sé, ne sono certo. Mi guarda in preda all'inquietudine e si allontana a passo spedito, come se avesse visto la Morte. Solo allora capisco il perché della sua visita su questo globo terracqueo, proprio a Milano. È venuto a cercare la Neve della Morte, la cocaina!  
 
Marco "Antares666" Moretti, dicembre 2013  

venerdì 6 marzo 2020

INFILTRAZIONI

Mi trovavo alla stazione di Milano Porta Garibaldi, sul treno per Chiasso, in attesa della partenza. Due donne sedevano una di fronte all'altra, su due posti vicino al finestrino, non lontano da me. Erano molto diverse tra loro. Una aveva l'aspetto di una albanese biondiccia, ma con la pelle un po' più scura della media italiana. Aveva un braccio ingessato e vestiva in modo dimesso. Pantaloni sbiaditi e strappati in più punti, anche la camicia non era messa meglio. L'altra donna invece sembrava un'indiana e indossava un lussuoso sari variopinto. Aveva un ornamento nasale ed era molto truccata. I capelli corvini erano raccolti in una acconciatura molto elaborata che non avevo mai visto. Tuttavia la sua pelle non era quella di un'indiana comune: era molto chiara, quasi cadaverica. La donna col braccio ingessato parlava una lingua che non avevo mai sentito prima. Una struttura fonetica stravagante e la presenza di una consonante rotica uvulare molto sgradevole. Non era una semplice erre francese, era un trillo fatto con l'ugola, quasi un ringhio. Con mio grande stupore, la donna che sembrava un'indiana chiara di pelle si è messa a rispondere nella stessa lingua!

Marco "Antares666" Moretti, ottobre 2010

lunedì 2 marzo 2020

UN ALIENO A MILANO

Mi trovavo in Piazza San Babila. Da un po' giravo nervosamente nei pressi di un monumento a forma di piramide che sorge in quel luogo, aspettando il buon Alex "Logos" Tonelli. Intanto la mia attenzione è stata attirata da uno strano uomo che sembrava un sudamericano dai lineamenti grossolani. Forse un colombiano, ma chi poteva dirlo? Per un attimo ho pensato che fosse una specie di Maradona dei poveri. Andava in giro insieme a due prostitute piuttosto appariscenti, che evidentemente aveva rimorchiato in loco. Ecco che a un certo punto lo stravagante puttaniere si è avvicinato a me. In un italiano dalla pronuncia traballante mi ha chiesto quale fosse il nome del monumento. Gli ho risposto che lo ignoravo. Lui è rimasto stupefatto, chiedendomi come fosse possibile che non sapessi dargli una risposta. Dalle sue parti, diceva, se ci fosse stata una simile meraviglia, tutti l'avrebbero conosciuta e il suo nome sarebbe stato famoso. Poi ha pronunciato quella che doveva essere  la parola per indicare la piramide nella sua lingua. Sono rimasto esterrefatto, aveva una sonorità impressionate. Dovendo trascriverla, è qualcosa come T'KHRRYENN. Decisamente non è spagnolo.

Marco "Antares666" Moretti, novembre 2009

domenica 1 marzo 2020

STRANI E SINISTRI PORTENTI

Accadono cose molto strane. Sul treno mi sono addormentato e ho sognato che stringevo la testa di un grosso serpente nella mano sinistra. Questo era un rettile velenosissimo di color bruno verdastro, che ero riuscito ad afferrare senza farmi mordere. Ho preso una lesina e gli ho bucato il cranio, uccidendolo senza difficoltà. Mi sono svegliato di soprassalto e ho sentito qualcosa che mi toccava le gambe, come se un giornale fosse stato portato dal vento e mi fosse finito contro. Solo che non c'era nulla. Pochi posti oltre ho notato un gigantesco mandingo interamente vestito di nero che leggeva un corano giallo non rilegato: in pratica era una collezione di fogli color tuorlo d'uovo scritti in arabo, non senza una certa vena artistica, la parte scritta all'interno di una cornice nera. Avevo già visto qualche anno fa questo soggetto, che come me è sceso a Seregno. Per un attimo ho avuto la netta sensazone che si trattasse di un jihadista e ho accelerato il passo. Nulla può riuscire a togliermi dalla testa l'idea nettissima che ci sia qualcosa che non va in tutto questo. Ancora adesso, se appena ci penso, mi sento come se dentro di me suonasse senza sosta un campanello d'allarme, quasi che il futuro avesse messo radici nel presente.

Marco "Antares666" Moretti, gennaio 2015

martedì 25 febbraio 2020

 
IMPROVVISAMENTE, L'ESTATE SCORSA 
 
Titolo originale: Suddenly, Last Summer
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1959
Durata: 114 min
Colore: B/N
Rapporto: no
Genere: Drammatico 
Regia: Joseph L. Mankiewicz
Soggetto: Tennessee Williams (pièce teatrale)
Sceneggiatura: Tennessee Williams e Gore Vidal
Produttore: Sam Spiegel per Columbia Pictures
Fotografia: Jack Hildyard
Montaggio: William Hornbeck Thomas Stanford
Musiche: Malcolm Arnold, Buxton Orr
Interpreti e personaggi:
    Katharine Hepburn: Violet Venable
    Montgomery Clift: Dott. John Cukrowicz
    Elizabeth Taylor: Catherine Holly
    Albert Dekker: Dott. Hockstader
    Mercedes McCambridge: Sig.ra Holly
    Gary Raymond: George Holly
    Mavis Villiers: Miss Foxhill
    Patricia Marmont: Infermiera Benson
    Maria Britneva: Lucy
    Joan Young: Suor Felicity
    Sheila Robbins: Segretaria del dott. Hockstader
    David Cameron: Infermiere biondiccio
    Richard Bakalyan: Paziente
    Mark Cavell: Paziente
Doppiatori italiani:
    Giuseppe Rinaldi: Dott. John Cukrowicz
    Lydia Simoneschi: Catherine Holly
    Andreina Pagnani: Violet Venable
    Giorgio Capecchi: Dott. Hockstader
    Rosetta Calavetta: Sig.ra Holly
    Massimo Turci: George Holly
    Wanda Tettoni: Miss Foxhill
Budget (stimato):
3 milioni di dollari US
Box office: 6,37 milioni di dollari US
 

 
Trama e recensione:  
 

Suddenly, Last Summer è una pièce teatrale composta da Tennessee Williams (vero nome Thomas Lanier Williams). In italiano la traduzione è letterale: Improvvisamente, l'estate scorsa. È una tragedia di orrori, livida e tenebrosa. La storia racconta di Catherine, una donna che ha viaggiato per l'Europa in compagnia di suo cugino Sebastian. Durante un viaggio alle Canarie, Sebastian incontra una morte atroce e inspiegabile. Al ritorno da questa sfortunata spedizione, ogni frammento della sanità mentale di Catherine sembra compromesso definitivamente. La madre del morto, Violet, ha una personalità magnetica e inquietante. È a conoscenza dell'omosessualità del figlio, con cui aveva un rapporto malsano e morboso, al limite dell'incesto. Per evitare che la scomoda verità si risappia, preme affinché Catherine sia al più presto sottoposta a lobotomia. Dopo alterne vicende la verità emerge come un cadavere dal fondo di una palude. Si viene così a sapere che, in modo molto cinico, Sebastian usava la madre Violet come esca per procacciarsi rapporti sodomitici. Essendo però essa invecchiata troppo per tale scopo, egli aveva deciso di usare al suo posto la giovane cugina Catherine. La scelta si è rivelata poco felice: nel corso di uno sfortunato tentativo di adescamento, le genti delle Canarie lo hanno ucciso smembrandolo e divorandone brani di carne. 
 
Di questa opera fu tratto l'omonimo adattamento televisivo diretto da Joseph L. Mankiewicz e splendidamente recitato da Katharine Hepburn (Violet). Tra i personaggi principali ci sono anche Elizabeth Taylor (Catherine) e Montgomery Clift (il dottor Cukrowicz). Il film ebbe due nomination per l'Oscar per la Migliore Attrice (Katharine Hepburn) e per la Migliore Sceneggiatura. Il Codice Hays imponeva al cinema americano una ferrea censura, vietando in particolar modo di parlare di omosessualità. Eppure nonostante le limitazioni, questo capolavoro trasmette tuttora la plumbea atmosfera di uno scenario di feroce persecuzione, ricostruendo tramite meccanismi micrometrici le più intime pulsioni dei personaggi.  
 
Quello che a me interessa in particolar modo, è ciò che Violet Venable dice al dottor Cukrowicz in uno dei dialoghi più significativi e drammatici della storia del cinema. Tanto più che è un testo che trasmette il Dualismo Anticosmico e la consapevolezza dell'assoluta malvagità della creazione materiale e di ciò che gli umani chiamano "vita". Lo riporto qui di seguito: 
 
"È una cosa che non ho mai detto a nessuno, una cosa così... così strana e terribile. Lei penserà che sia pazza anch'io, ma è la verità, lo giuro. Sebastian ha visto il volto di Dio! Sì... sì, mi ricordo che era estate, tanti anni fa, ed eravamo proprio in questo giardino. Sebastian mi disse "mamma, ascolta", e si mise a leggere la descrizione che Melville fa delle Encantadas, le isole Galapagos. Lesse la descrizione e disse che dovevamo andarci. E ci andammo quell'estate stessa, con un trealberi preso in affitto che sembrava proprio la nave che avrebbe potuto portare Melville alle Encantadas. E vedemmo le Encantadas, ma sulle Encantadas vedemmo qualcosa di cui Melville non aveva scritto. Vedemmo le grandi tartarughe marine venire alla spiaggia per deporre le uova. Ogni anno le femmine di queste tartarughe risalgono dal mare sulle sabbie di quelle isole vulcaniche rese roventi dal sole equatoriale, per scavarvi le fosse e depositarvi le uova. È una lunga e terribile cosa, la deposizione delle uova dentro le fosse, e quando ha finito, la femmina, esausta di forze, si trascina di nuovo al mare semimorta. E non vede mai la prole. Ma noi sì. Sebastian sapeva con esattezza quando  si sarebbero dischiuse le uova, e tornammo lì apposta per vedere... In tempo per vedere le tartarughe appena nate e la loro disperata corsa al mare. L'esigua spiaggia, scura di colore, era tutta in movimento. Ma anche il cielo sopra brulicava nero di falchi, e il frastuono che facevano, le orribili strida che lanciavano volteggiando sulla piccola spiaggia arroventata dell'isola, mentre le tartarughe appena nate uscivano dalle buche e incominciavano la loro corsa verso il mare... Per sfuggire ai falchi marini, che rendevano il cielo del colore della sabbia. Io gli dissi: "Sebastian, no! Non può essere così!" Ma lui mi tenne lì, e mi fece assistere all'orribile spettacolo... Dicevo: "No! No! Non è vero!" Ma lui mi disse: "È così". Mi disse: "Guarda là, Violet, guarda là sulla spiaggia!" E io guardai, e vidi la sabbia come viva, come viva, mentre le tartarughe si affannavano verso il mare, e i falchi su di loro attendevano il momento opportuno. Aspettavano e volteggiavano. E poi si tuffavano sulle loro prede, e le rovesciavano per trovare il morbido ventre sotto il guscio. E lo squarciavano a colpi di rostro, per ingozzarsi avidi della loro carne. Sebastian mi disse che secondo lui nemmeno l'uno per cento degli animali doveva arrivare al mare... La Natura è crudele, questo Sebastian lo aveva sempre saputo, ma io no. Gli dissi: "No, qui si tratta di falchi e di tartarughe, non di noi." Non sapevo che per noi è lo stesso. E siamo tutti preda di questa Natura divoratrice.  Io non volevo affrontare l'orrore della verità. Anche l'ultimo giorno alle Encantadas, quando Sebastian mi lasciò e passò tutta l'arida giornata equatoriale sulla coffa del bastimento a guardare l'orribile scena sulla spiaggia, finché ci fu luce per vedere. E quando scese dalle sartie, mi disse: "Ora ho visto. HO VISTO DIO." 
 
Salta subito agli occhi che il Dio di cui si qui parla è il Creatore Malvagio di cui è scritto nel Libro dei Due Princìpi. Tanto potente è questa suggestione, che sembra quasi di vedere descritto un corso storico parallelo diverso dal nostro, in cui il Catarismo si è mantenuto influente e visibile. 
 
Poprio il Codice Hays che tanto schifiltosamente si adoperò per sostenere il vincolo del matrimonio, non si accorse del potere anticosmico di questo brano che descrive e denuncia l'implacabile mostruosità del Rex Mundi. 
 
(Il Volto Oscuro della Storia, 12 settembre 2009)

Alcune citazioni 

"La vita per molti che cos'è se non una scia di rovine? Ogni giorno un nuovo mucchio di ruderi, tutta una via fiancheggiata da ruderi. Ruderi che solo la morte può alla fine sgombrare."
(Violet Venable)

Sig.ra Venable: "Ma questa operazione che lei fa è proprio efficace?"
Dott. Cukrowicz: "Sì, sì, è efficace, ma certo è ancora qualcosa di sperimentale."
Sig.ra Venable: "Mi ha colpito quello che lei diceva nel suo articolo, quell'immagine della lama nella mente..."
Dott. Cukrowicz: "Che uccide il demone che vi alberga? Mi sono lasciato un po' trasportare."
Sig.ra Venable: "No, era un'immagine piuttosto poetica, davvero..." 

Catherine Holly: "Io volevo salvarlo, dottore."
Dott. Cukrowicz: "Salvarlo da che?"
Catherine Holly: "Staccarlo dall'idea che si era fatto di se stesso, di doversi sacrificare a una tremenda..."
Dottor Cukrowicz: "Divinità?"
Catherine Holly: "Sì! Sebastian, che era buono, gentile, vedeva solo cose tremende e spietate, in tutto l'Universo e persino... qualcosa di tremendo in se stesso."  
 
"La spiaggia era tutta bianca. Ah come bruciava il sole! Era come se l'occhio di Dio ci guardasse! La pelle scottava. Mancava l'aria, come se il sole l'avesse divorata tutta, e fuori pareva di essere in una fornace."
(Catherine Holly)
 
Sequenze memorabili
 
Catherine Holly, interpretata da Liz Taylor, rischia di finire nella fossa dei leoni. La donna bellissima entra in una porta, avanzando in un corridoio, e sotto c'è un luogo terribile dove stanno i pazzi furiosi. Non appena la vedono, gli uomini sbavano e si avventano su di lei, saltando, cercando di raggiungerla per violentarla. Un energumeno famelico riesce ad afferrarle una caviglia, ma a questo punto suona l'allarme. Arrivano gli infermieri, che la traggono in salvo.   

La figura di una donna anziana, seduta in una via assolata a Cabeza de Lobo, si rivela essere la stessa Morte. Sotto il cappuccio si scorge il suo teschio ghignante sbiancato dal sole, proprio poco prima dell'immolazione cannibalica di Sebastian su un altare pagano. Quando si vedono queste immagini da giovani, restano impresse vita natural durante!
 
Pronunce ortografiche di cognomi slavi 
 
Il dottor Cukrowicz fa un po' il vanesio in occasione quando si presenta e dice alla Signora Venable che il suo cognome in polacco significa "zucchero". Sì, secondo lui cukrowicz sarebbe proprio la parola per dire "zucchero". Quello che più stupisce è la sua pronuncia del proprio cognome, con una consonante velare iniziale: /'kukrovits/. In realtà la parola polacca per dire "zucchero" è cukor e si pronuncia con una /ts/ iniziale: /'tsukor/. Il cognome del dottore è per l'appunto un derivato di cukor tramite un tipico suffisso. L'equivoco si deve al fatto che in inglese la lettera c davanti alla vocale u trascrive sempre un suono velare /k/. Gli Anglosassoni hanno una fede incrollabile in quella diavoleria che è lo spelling: ognuno di loro passa mezz'ora a pronunciare le lettere che compongono il proprio cognome, per far sì che gli altri lo scrivano correttamente. Il problema è che non esiste un efficace meccanismo inverso che spieghi come si deve leggere un nome scritto di cui si ignora la pronuncia. Ecco come nascono le pronunce aberranti. 
 
Atrocità della medicina autoritaria 

La trapanazione del cranio è una pratica nota fin dal Paleolitico. La lobotomia, che ne è la naturale evoluzione, cominciò ad essere praticata già sul finire del XIX secolo: nel 1890 il dottor Sarles estrasse dal cranio parti dei lobi frontali di alcuni pazienti. Tuttavia la prima lobotomia controllata risale al 1936 e fu eseguita dal medico neurologo portoghese Antonio Egas Moniz tramite un'iniezione di alcol nel lobo frontale di alcuni pazienti, distruggendone la materia bianca. Quindi non si ha alcuna imprecisione quando il dottor Cukrowicz nel 1937 definisce la lobotomia "innovativa". 

Cabeza de Lobo 
 
Il toponimo Cabeza de Lobo, ossia "Testa di Lupo", è immaginario. Errano gravemente quanti lo identificano con l'omonimo paese di Cabeza de Lobo in Galizia, che è lontano dal mare. Si capisce subito che si tratta invece di una località insulare, dal clima molto caldo, che presenta importanti vestigia preispaniche, pagane: rovine di antichi luoghi di culto. Tali caratteristiche permettono di collocare tale luogo proprio nelle Canarie. 

Reazioni furiose 
 
Le restrizioni imposte dal Codice Hays non bastarono a evitare vigorosi attacchi da parte di elementi reazionari.

John Wayne reagì in modo furibondo al film di Mankiewicz, arrivando a definirlo "un veleno che inquina il sangue della Nazione, troppo disgustoso persino per discuterne", o qualcosa del genere. 

Il critico Bosley Crowther scrisse un articolo smerdante in cui condannava il film di Mankiewicz come opera di "degenerati ossessionati dallo stupro, dall'incesto, dalla sodomia e dal cannibalismo".

sabato 22 febbraio 2020

I PERCORSI DELLA MISTIFICAZIONE 

A tutti sono ben noti i mefitici miasmi delle mistificazioni di Dan Brown, che sono state propalate al preciso scopo di impedire una corretta informazione sulla Conoscenza del Bene e sulle conseguenze della sua Dottrina. Al giorno d'oggi è ben risaputo che Dan Brown ha utilizzato come fonte il pernicioso libro di Michael Baigent, Henry Lincoln e Richard Leigh intitolato "Il santo Graal" (The Holy Blood and the Holy Grail), che è stato pubblicato per la prima volta nel 1982 a Londra. In Italia è comparso nello stesso anno e ha conosciuto numerose ristampe. In ogni caso a quell'epoca di questi argomenti non parlava quasi nessuno, e non esisteva il prurito misteriologico che sarebbe esploso anni dopo. Esiste però un altro volume, il cui autore era più popolare di Baigent, Lincoln e Leigh. Si tratta del famoso "Libro dei fatti incredibili ma veri" (World of strange phenomena) di Charles Berlitz. Pubblicato nel 1995, contiene un gran numero di notizie stravaganti e di aneddoti, di cui appare in molti casi evidente la natura totalmente fabbricata. Alcune di queste brevi descrizioni sono entrate nell'immaginario collettivo e date per vere da molte persone, anche istruite. Spesso hanno tutti i caratteri delle leggende metropolitane, e neanche a farlo apposta non menzionata l'ombra di un riferimento bibliografico. Ho udito in diverse circostanze novellacce come quella del ragazzo che ha ricevuto una telefonata dalla nonna morta. In un mio racconto ho incluso una descrizione di un fulmine globulare capace di fintare e assalire gli esseri umani, senza ricordarne la fonte: ho poi scoperto che avevo letto qualcosa di simile sul libro di Berlitz. Ricordo che un noto scrittore, Danilo Arona, appassionato di discontinuità spazio-temporali, ha parlato in un'occasione della vicenda di una persona scomparsa nelle Filippine ed apparsa a Città del Messico, e di un altro uomo che abitava a Goa, in India, e si è ritrovato senza accorgersene a Lisbona. Ebbene, la fonte di questo racconto del terrore è ancora una volta il libro di Berlitz. Anche l'idea assurda che gli Indiani Mandan parlassero una lingua affine al gallese ha questa stessa origine (si può facilmente trovare un'efficace confutazione nel web). Non mi dilungherò troppo sul materiale virale prodotto e propalato da Berlitz. Ebbene, mi limiterò a riportare qualcosa che ho scoperto. Si tratta del seguente brano, trascritto in questa sede nonostante l'immane ripugnanza che mi ispira:

Un prete cataro

Avrebbe dovuto essere un povero prete di parrocchia. Invece Francois-Berenger Saunière era amico di una bellissima e celebre cantante lirica di Parigi e aveva quattro conti in banche estere, con cui finanziò il restauro di un'oscura cappella nella cittadina francese di Rennes-le-Château. La chiesa era decorata con una statua del diavolo, e questo indusse la gente a chiedersi se l'improvvisa ricchezza di Saunière provenisse da Dio o da Satana.
La risposta può essere trovata nelle leggende che circondano una setta eretica del tredicesimo secolo nota come dei Catari, che una volta controllava la provincia francese della Linguadoca, sulla costa del Mediterraneo. I Catari (dalla parola greca che significa "purificato") credevano che il mondo fosse stato creato dal Demiurgo, il rivale di Dio, per così dire.
Il Demiurgo, un male che doveva essere superato se si voleva raggiungere la salvezza, era ritenuto in grado di accordare favori ai suoi servitori così come il Dio dei cristiani poteva fare coi suoi devoti.
Il 2 marzo 1244 l'ultima roccaforte catara di Montségur fu espugnata dalle forze cattoliche. Ma si sussurrò poi che il tesoro dei Catari fosse stato portato al sicuro altrove prima della caduta finale. Stando alle chiacchiere dei villici, si trattava dello stesso tesoro che Saunière scoprì, poco dopo aver preso possesso della chiesetta di Sainte-Madeleine, a Rennes-le-Château, nel 1885.
Saunière fece in seguito un viaggio a Parigi, e la vita cambiò totalmente per il povero prete di campagna. I suoi parrocchiani si scandalizzarono quando l'umile Saunière ricevette a Rennes-le-Château la visita di Emma Calve, la soprano di fama mondiale. Essa continuò a vedersi col sacerdote fin dopo il suo matrimonio col tenore Gasbarri nel 1914.
Oltre alle altre spese da lui sostenute, Saunière sborsò più di un milione di franchi per restaurare e trasformare la chiesa, prima ignota, di Sainte Madeleine, compresi i demoni di pietra. Al di sopra del porticato anteriore aveva fatto incidere un'iscrizione: "Questo è un luogo terrificante".

È più che probabile che sul finire dello scorso secolo l'argomento presentato da Berlitz si sia diffuso in Italia con maggior efficacia rispetto alla trattazione di Baigent, Lincoln e Leigh, predisponendo al formarsi di tutto un humus pseudoculturale incentrato sulla fuffa di Rennes-le-Château. Si noti come la narrazione riportata sia piena zeppa di pregiudizi e falsità diffuse negli ambienti cattolici più conservatori. Evidentemente ignaro di qualsiasi fondamento di Dottrina Dualista, ecco che Berlitz racconta le solite baggianate sul presunto culto satanico dei Catari. I Buoni Uomini vengono descritti con infinite calunnie, addirittura come una conventicola di gente che pregava Satana per avere in cambio ricchezze. È ora che simili sconci siano esposti al pubblico ed etichettati per quello che sono: immondizia. E veniamo ora al diabolico Saunière e alle fanfaluche sul preteso "tesoro dei Catari". Questo oscuro curato di campagna, crapulone, lascivo e truffaldino, si è arricchito con un singolare espediente. Siccome i preti della Chiesa Romana possono chiedere piccole somme di denaro per la celebrazione di messe in suffragio dei defunti, capita che qualcuno di loro approfitti della dabbenaggine del popolino per accumulare somme ben più cospicue, semplicemente facendosi pagare per messe in realtà mai celebrate. Così ha fatto Saunière, e nei suoi appunti sono state trovate annotazioni di un tal numero di messe retribuite che nessuno sarebbe mai stato in grado di celebrare neanche in mille anni. Naturalmente di questo non parla quasi nessuno: fa più comodo ai media alimentare una misteriosa menzogna piuttosto che non presentare la squallida realtà. Allo stesso modo ai cortigiani di Roma Imperiale faceva più comodo credere che i Cristiani fossero cannibali, incestuosi e avvelenatori piuttosto che non considerarli persone semplici, povere e oneste. Sarebbe anche ora che non si sentisse mai più parlare di un figuro come Saunière in relazione ai Catari.